Intellettualismo e anti-intellettualismo

Aperto da doxa, 10 Novembre 2019, 22:27:46 PM

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Ipazia

L'orizzonte di senso da dove lo trae la filosofia ?
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve Ipazia. "L'orizzonte di senso da dove lo trae la filosofia ?".
Dall'istinto di sopravvivenza mentalmente interpretato. Utilizzando l'unica arma mentale - l'intelligenza - allo scopo di contrastare vanamente ma inevitabilmente il frutto di ciò che a sua volta generò l'intelligenza. La consapevolezza della propria mortalità rivelataci dell'acquisizione di una coscienza. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

Secondo me, l'orizzonte di senso ogni filosofia lo fonda più di quanto lo tragga; l'orizzonte di senso, come dicevo, è la concludenza (e talvolta la conclusione) del filosofare di un filosofo: ogni autore ci propone infatti il suo orizzonte di senso da interpretare (ermeneutica), ponderare, attualizzare, etc.
Dove fonda una filosofia o, per semplificare, un autore, il suo orizzonte di senso? Chiaramente sul suo filosofare. Su cosa si fonda tale filosofare? Sui ragionamenti dell'autore. Su cosa di fondano tali ragionamenti? Su osservazioni, interpretazioni, intuizioni, etc. Su cosa di fondano queste osservazioni, interpretazioni, etc.? Sull'imprinting culturale, sulle esperienze vissute, sulle pregresse riflessioni dell'autore, etc.
Almeno mi pare sia questa, in breve, la catena (aporie e tautologie comprese).

Ipazia

#18
Citazione di: Phil il 23 Novembre 2019, 21:21:02 PMSecondo me, l'orizzonte di senso ogni filosofia lo fonda più di quanto lo tragga; l'orizzonte di senso, come dicevo, è la concludenza (e talvolta la conclusione) del filosofare di un filosofo: ogni autore ci propone infatti il suo orizzonte di senso da interpretare (ermeneutica), ponderare, attualizzare, etc. Dove fonda una filosofia o, per semplificare, un autore, il suo orizzonte di senso? Chiaramente sul suo filosofare. Su cosa si fonda tale filosofare? Sui ragionamenti dell'autore. Su cosa di fondano tali ragionamenti? Su osservazioni, interpretazioni, intuizioni, etc. Su cosa di fondano queste osservazioni, interpretazioni, etc.? Sull'imprinting culturale, sulle esperienze vissute, sulle pregresse riflessioni dell'autore, etc. Almeno mi pare sia questa, in breve, la catena (aporie e tautologie comprese).

Dunque all'origine della catena causale dell'orizzonte di senso troviamo l'imprinting culturale, le esperienze vissute, - l'istinto di conservazione mentale ... dice viator - , ovvero un insieme di fattori socioculturali, anche molto materiali, che il filosofo sistematizza in conclusioni che originano l'orizzonte di senso. Ma allora la mia domanda successiva è: perchè Platone e non Carneade ? Mi rispondo da sola così saltiamo un passaggio. Non tutti gli orizzonti di senso si equivalgano, ovvero certe altezze "orizzontali" vengano replicate da miriadi di Carneadi senza nulla aggiungere - o molto poco - al Platone che quell'orizzonte ha fissato. Questo polarizzarsi personale ed epocale di determinati orizzonti non potrebbe avere a che fare con una lettura più "sentita" del reale circostante tale da prenotare il successo di una filosofia, in sintonia con l'ermeneutica che interpreta le ragioni di quel successo ?

Ovvero, esemplificando: non è che l'idea di un principio spirituale unitario di Platone sollevasse l'orizzonte dal coacervo terra-terra di idoli d'ogni sorta fornendo al modello trascendente un orizzonte a cui si farà riferimento per qualche millennio a seguire ? Se è così: è sensato trarre dalla storia, sociologia, antropologia anche la koinè da cui ogni grande interprete del suo tempo è partito per porre il suo orizzonte di senso.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 23 Novembre 2019, 22:59:12 PM
perchè Platone e non Carneade ? Mi rispondo da sola così saltiamo un passaggio. Non tutti gli orizzonti di senso si equivalgano, ovvero certe altezze "orizzontali" vengano replicate da miriadi di Carneadi senza nulla aggiungere - o molto poco - al Platone che quell'orizzonte ha fissato. Questo polarizzarsi personale ed epocale di determinati orizzonti non potrebbe avere a che fare con una lettura più "sentita" del reale circostante tale da prenotare il successo di una filosofia, in sintonia con l'ermeneutica che interpreta le ragioni di quel successo ?
Decisamente sì; è il senso della mia battuta sulle fritture che non sono tutte uguali e, aggiungo ora, non soddisfano ugualmente i palati del grande pubblico; per quanto anche i gusti dei palati mutino con il tempo: i Protagora, i Gorgia, i Buddha, i Diogene, i Lao Tzu, persino i Carneade, etc. sono ad esempio più "appetibili" oggi che magari mille anni fa; inversamente, proprio Platone risulta oggi un po' più insipido di mille anni fa; altri, di cui magari si sono perse le tracce, non sono stati appetibili in passato né lo sono ora. Ciò che è cambiato è sia il "sentire", che la lettura della "realtà circostante".

Citazione di: Ipazia il 23 Novembre 2019, 22:59:12 PM
esemplificando: non è che l'idea di un principio spirituale unitario di Platone sollevasse l'orizzonte dal coacervo terra-terra di idoli d'ogni sorta fornendo al modello trascendente un orizzonte a cui si farà riferimento per qualche millennio a seguire ?
Eppure la constatazione del successo di quel modello, trattandosi di una constatazione storiografica, non va per me confusa con la sua valutazione filosofica; guardare ad oriente giova sempre per attingere differenti possibilità di pensiero e differenti successi storici, oppure si può semplicemente considerare come la cultura analitico-americana, nata "tardi", recepisca le nostre filosofie antiche. Non a caso oggi si sta rivalutando proprio il "terra-terra" (inteso come materialismo) da cui Platone (neoplatonici, etc.) sembrava averci emancipato e, altro esempio, molte riflessioni sul linguaggio degli antichi sofisti potrebbero essere impeccabilmente assegnate ai neopositivisti logici di inizio novecento (e l'antica dottrina buddista del non-io, anatta, risulta più compatibile con le attuali scienze cognitive, di quanto lo siano molte delle dottrine occidentali successive al buddismo).

Citazione di: Ipazia il 23 Novembre 2019, 22:59:12 PM
è sensato trarre dalla storia, sociologia, antropologia anche la koinè da cui ogni grande interprete del suo tempo è partito per porre il suo orizzonte di senso.
Concordo; volevo solo sottolineare l'importanza di distinguere l'approccio storico, quello antropologico, etc. da quello specificamente filosofico, senza che ciò significhi rifiutare il prezioso legame contestuale fra una filosofia e l'epoca in cui è stata pensata e/o si è affermata; fare storia della filosofia non è fare filosofia, per quanto indubbiamente partire dalla prima agevoli la seconda.

baylham

Citazione di: Phil il 23 Novembre 2019, 00:42:47 AM
Citazione di: baylham il 20 Novembre 2019, 14:15:56 PM
Per esempio, questo argomento di discussione oppure in generale il forum Logos sono concludenti o inconcludenti?
Domanda con gradevole "doppio fondo" filosofico, velato dall'assonanza fra «concludente» e «conclusivo», entrambi derivati da «chiudere» («claudere»). La filosofia, o più umilmente, il ragionare in questo forum, dove (si) conclude e/o che cosa dischiude?
I discorsi concludenti e conclusivi su un argomento spettano, di diritto e di fatto, alle scienze ("scienze della natura" diceva Dilthey) con le loro verifiche empiriche, dimostrazioni oggettive, esperimenti, validità extra-soggettive, etc. alla filosofia "appartiene" (con compito talvolta socialmente ingrato) molto di ciò che è fuori da tali conclusioni inconfutate. All'epoca dei fisici presocratici, la filosofia "doveva" deontologicamente interrogarsi sull'archè, sulle sostanze, etc. perché erano domande senza riposta concludente (tantomeno conclusiva); poi la scienza ha fornito risposte solide che hanno sollevato la filosofia da tale inadatto incarico. Oggi la filosofia può discutere di etica, politica, etc. perché nessuna «scienza dello spirito» (ancora Dilthey) ha proposto risultati così concludenti e conclusivi da risolvere tutte le divergenze alla luce di un'"oggettività", al punto da rendere inopportuna o impraticabile ulteriore proficua riflessione. E forse è proprio questo il punto: in assenza di un'evidenza conclusiva, la pluralità dei discorsi filosofici (o, più poveramente, forumistici), presenta molteplici approcci concludenti, uno per ogni prospettiva che sia ben argomentata e minimamente compatibile con la lettura del reale circostante (quindi non ogni prospettiva solo in quanto tale). L'apertura del discorso filosofico si basa sull'inconclusa ricerca di una soluzione definitiva, quindi sull'apertura dei possibili orizzonti di senso, concludenti nei rispettivi risultati (più o meno teoretici), ma non conclusivi per l'interrogazione di partenza. La condizione di possibilità della riflessione filosofica è quindi l'assenza di un discorso concluso in quanto "risolto" (e l'inconcludenza logico-semantica di alcune interrogazioni, filosofiche e non, rivela come alcune questioni siano falsi problemi, effetti collaterali di un domandare maldestro o malposto).

Non condivido la netta distinzione tra scienza e filosofia. Secondo me la scienza, come la filosofia, non è concludente, non è conclusiva. 
La filosofia discute anche di scienza, in particolare di epistemologia e di gnoseologia, e viceversa.
Sono entrambe metaforicamente esplorazioni.

Phil

Citazione di: baylham il 24 Novembre 2019, 11:47:44 AM
Non condivido la netta distinzione tra scienza e filosofia. Secondo me la scienza, come la filosofia, non è concludente, non è conclusiva.
La filosofia discute anche di scienza, in particolare di epistemologia e di gnoseologia, e viceversa.
Sono entrambe metaforicamente esplorazioni.
Indubbiamente ci sono punti di contatto e di scambio fra i due ambiti (come osservava il citato Dilthey), ma credo che la divergenza essenziale non venga mai compromessa, in virtù della specificità e settorialità dei rispettivi discorsi, metodi, approcci e conclusioni (tanto innegabili quanto, talvolta, provvisorie). Quando la filosofia si declina in epistemologia non entra nel merito delle procedure, dei dati, degli strumenti, etc. in un modo che possa definirsi scientifico; se non sbaglio, resta solitamente su un piano meno specialistico, più interdisciplinare (l'epistemologia non si differenza troppo a seconda che si parli di biologia, chimica, fisica, etc. la cui distinzione è invece preliminare per ogni impostazione e applicazione scientifica). Nel discutere di scienza, la filosofia non rinnega la sua differenza essenziale rispetto alla scienza, non si con-fonde con essa.
Quando la scienza si dà alla filosofia, il discorso diventa più ambiguo, proprio perché la filosofia ha coordinate di discorso molto più ampie e meno pragmatiche (v. distinzione fra ciò che la filosofia fa e ciò che essa fa fare), potendosi giovare di una apparente "carta bianca" che alla scienza è preclusa dalla strutturale esigenza di calcoli, esperimenti e dimostrazioni (empiriche o teoriche, ma mai solo "filosofiche").
La filosofia sconfina spesso nell'estetica, nell'esistenzialismo, nella politica, etc. ambiti che per la scienza sono quasi solo delle divagazioni, ma che per lo scienziato hanno quel tepore umano che non può lasciarlo indifferente. Inoltre, nella scienza è sempre più rilevante l'apporto dei macchinari e dell'informatica; alla filosofia bastano carta e penna, anzi, matita (di quelle con la gomma inclusa). Storicamente, non è poi da sottovalutare come la scienza abbia sottratto terreno d'indagine alla filosofia, ma non viceversa; è sensato dire che la scienza sia nata da una costola della filo-sophia, ma credo anche si possa osservare, senza voler provocare la nota suscettibilità dei filosofi, che la scienza ha risolto problemi nati in filosofia (all'interno di una collaborazione basata sulla complicità a cui ho accennato in precedenza).
Direi che quindi la distinzione fra le due è piuttosto marcata, anche se la separazione non è certo radicale né priva di punti di contatto; se non altro perché la filosofia in quanto disciplina corteggia la scienza (affascinata dalle sue certezze), lo scienziato in quanto uomo corteggia la filosofia (mosso dalle sue incertezze).

La settorialità delle discipline e il fattore umano extra-disciplinare ci ricollegano al discorso di partenza sull'intellettualismo: visto dall'interno, ogni settore non è mai intellettualistico per gli addetti ai lavori, ma può esserlo visto dall'esterno, quando i contenuti della sua specificità marcano la differenza nozionistica (e non solo) rispetto ad un pubblico non specializzato. Ad esempio, il contesto popolare dei mass media presuppone che la massa non sia, per definizione, competente di alcune tematiche specifiche, per cui citare nei dettagli una teoria settoriale o l'opinione di uno specialista, può essere letto come intellettualismo (usato per affabulare e convincere, oppure per confondere e azzittire l'interlocutore, sia esso singolare o plurale). Inversamente, l'anti-intellettualismo non è forse il dare in pasto alla massa (o a un individuo) informazioni divulgative, semplificate e sintetiche, digeribili senza troppo sforzo (e magari associabili spontaneamente ad emozioni primarie)?
Dietro questo uso dell'anti-intellettualismo c'è a sua volta l'"intellettualismo" delle discipline che si occupano della comunicazione, sebbene quando vengono trattate in pubblico corrono appunto il rischio di essere tacciate di intellettualismo (almeno se la platea non è incuriosita da quelle discipline e disposta ad approfondirle, magari per "legittima difesa").

baylham

Nei corsi di economia che ho frequentato l'epistemologia, in particolare Popper e Kuhn, era propedeutica e le veniva dato uno speciale rilievo. Molti insegnanti, specie i più giovani, tenevano degli spazi aperti alle altre discipline. La metafora della scienza come una palafitta costruita su sabbie mobili era ben avvertita, le certezze erano apparenti.

Sono d'accordo che i contenuti, i metodi della filosofia siano distinti da quelli della scienza, ma entrambe partecipano alla conoscenza: se uno scienziato approfondisce il suo campo di studio finisce coll'imbattersi in problemi schiettamente filosofici e viceversa.

Phil

A proposito di intellettualismo, credo che questa storiella possa risultare simpaticamente eloquente:

Un giovanotto ebreo, figlio di una di quelle famiglie secolarizzate, laiche, progressiste, moderne, dopo la laurea in logica e dialettica socratica, vuole darsi un'infarinatura di cose ebraiche. Si sa... fa cosi chic! Si reca dunque da un grande rabbino e gli dice:
"Rabbino, vorrei arrotondare la mia cultura con un po' di ebraismo. Mi
darebbe qualche lezioncina?". "Capisco giovanotto - risponde il rabbino - ma tu hai studiato il nostro Toyre? la Bibbia nostra
intendo, il Talmud?". "Andiamo rabbino! Io sono laureato in Logica e Dialettica socratica! Non so se mi spiego!". "D'accordo figliolo questa è una bella cosa, ma "leshon ha Kodesh" la nostra lingua santa, l'ebraico lo conosci? E l'aramaico?". "Rabbino, lei mi sta solo facendo perdere tempo. Mi faccia un test! Mi metta alla prova per vedere se sono all'altezza!". "Come tu vuoi, figliolo". Il rabbino alza di scatto due dita proprio davanti agli occhi del baldanzoso
giovane e...: "Attento giovanotto! Due uomini scendono dallo stesso
camino: uno ha la faccia sporca e l'altro ce l'ha pulita, chi si lava
la faccia?". "Hahaha! Ma rabbino, questa è una domanda per bambini
deficienti! È evidente. Quello con la faccia sporca". "Sbagliato
figliolo. Quando quello con la faccia sporca vede che l'altro ce l'ha
pulita, pensa di avere la faccia pulita e non si lava la faccia. E
quello con la faccia pulita che vede che l'altro ce l'ha sporca, pensa
di avere la faccia sporca e quindi si lava la faccia". "Ah!... Certo
rabbino! Come ho potuto cadere in una trappola cosi' banale. La prego,
mi sottoponga ad un altro test per favore, comincio a capire... Molto,
molto sottile!". "Va bene figliolo, come tu vuoi, non c'è problema!
Attento". Di nuovo il rabbino fa scattare le due dita in alto: "Due
uomini scendono dallo stesso camino: uno ha la faccia sporca e l'altro
ce l'ha pulita, chi si lava la faccia?". "Rabbino, non sono mica
scemo, lo abbiamo già detto. Quello con la faccia pulita". "Sbagliato
figliolo. Quello con la faccia sporca vede che l'altro ce l'ha pulita,
pensa di avere la faccia pulita e non si lava. Quello con la faccia
pulita vede l'altro con la faccia sporca, pensa di avere la faccia
sporca e si lava la faccia. Ma... quando quello con la faccia sporca
vede che quello con la faccia pulita si lava la faccia, pensa di
doversi anche lui lavare la faccia. Quindi tutti e due... si lavano il
faccia". "Ah! mmm... certo ...il ribaltamento dialettico ...molto
arguto... Vede rabbino, sono un po' freddino... La prego, mi faccia
un'altra domanda". "Come tu vuoi, figliolo, non c'è problema". Ancora
una volta il rabbino alza le due dita di scatto: "Molto attento,
ragazzo! Due uomini scendono dallo stesso camino: uno c'ha la faccia
sporca e l'altro ha la faccia pulita, chi si lava la faccia?".
"Rabbino, insomma non mi esasperi! Non lo abbiamo appena detto? Sono
totalmente d'accordo con lei. Tutti e due si lavano la faccia!".
"Sbagliato figliolo. Vedi, quando quello con la faccia sporca vede
quello con la faccia pulita, pensa di avere la faccia pulita e non si
lava la faccia. Cosi, quando quello con la faccia pulita vede che
l'altro con la faccia sporca non si lava la faccia, pensa anche lui
che non c'e' nessuna ragione per lavarsi la faccia. Quindi... nessuno
dei due si lava la faccia". Lo studente è quasi a pezzi, ma per non
essere umiliato dice: "Adesso ho capito, rabbino, ne sono sicuro.
Riconosco di essere stato presuntuoso, ma lei non deve negarmi
un'ultima domanda. La scongiuro!". "Va bene, come tu vuoi, figliolo,
come vuoi. Allora vediamo...". Il rabbino immancabilmente fa scattare
in su le due dita e...: "Molto, molto attento mio caro giovanotto! Due
uomini scendono dallo stesso camino, uno ha la faccia sporca e l'altro
ha la faccia pulita. Chi si lava la faccia?". "Pietà di me, rabbino!
Me l'ha appena detto e io ne convengo assolutamente, non insista!
Nessuno dei due. Nessuno dei due si lava la faccia. Non è cosi?".
"Sbagliato figliolo. Senti figliolo, ma come puoi pensare che due
uomini scendano dallo stesso camino, e abbiano uno la faccia sporca e
l'altro la faccia pulita! L'intera questione è un'idiozia! Passa la
tua vita a rispondere a stupide questioni della tua dialettica... e
vedrai cosa capirai di ebraismo!". 
(da "L'ebreo che ride", di Moni Ovadia; tratto da qui).

Ipazia

Citazione di: baylham il 24 Novembre 2019, 19:37:19 PMSono d'accordo che i contenuti, i metodi della filosofia siano distinti da quelli della scienza, ma entrambe partecipano alla conoscenza: se uno scienziato approfondisce il suo campo di studio finisce coll'imbattersi in problemi schiettamente filosofici e viceversa.

Sono d'accordo. La figura e l'opera di Carlo Rovelli sono esemplificativi di questa evoluzione che diviene sempre più obbligata man mano che la materia (in tutti i sensi) scientifica si fa più rarefatta. L'epistemologia è l'anello - non più mancante - di questo processo di unificazione del sapere.

Unificazione che non è marcia trionfale ma crinale pericoloso, lungo il quale solo il verbo di Ockham (epistemologo ante litteram) ci può salvare da scivoloni fatali.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

baylham

Citazione di: Ipazia il 25 Novembre 2019, 09:58:12 AM
Citazione di: baylham il 24 Novembre 2019, 19:37:19 PMSono d'accordo che i contenuti, i metodi della filosofia siano distinti da quelli della scienza, ma entrambe partecipano alla conoscenza: se uno scienziato approfondisce il suo campo di studio finisce coll'imbattersi in problemi schiettamente filosofici e viceversa.

Sono d'accordo. La figura e l'opera di Carlo Rovelli sono esemplificativi di questa evoluzione che diviene sempre più obbligata man mano che la materia (in tutti i sensi) scientifica si fa più rarefatta. L'epistemologia è l'anello - non più mancante - di questo processo di unificazione del sapere.

Unificazione che non è marcia trionfale ma crinale pericoloso, lungo il quale solo il verbo di Ockham (epistemologo ante litteram) ci può salvare da scivoloni fatali.

Penso che gli scivoloni, gli errori irreparabili siano essenziali, facciano parte del processo normale della scienza, della filosofia: il mondo risponde no alle tue interrogazioni.

La mia propensione per l'intellettualismo, che concretamente è rivolta alla scienza e alla filosofia, non significa che auspichi la separazione dell'intelletto dai sentimenti: per esempio il piacere che mi dà il lavoro intellettuale è un sentimento.

Ipazia

Certamente, l'amor culturae è il motore della conoscenza.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Sariputra

Il problema principale che si riscontra in moltissimi intellettuali è l'ipocrisia. I filosofi poi sono , tra gli intellettuali, i più ipocriti. Se invece di leggere i loro testi filosofici si leggono le loro biografie vien spontaneo esclamare: "dio! Che razza di ipocrisia!"...E' vero che lo siamo un pò tutti, ipocriti intendo, ma in un tipo intellettuale è ben più disgustoso, perchè queste persone pretendono di avere una sorta di 'autorità' data dal loro saper usare meglio di altri l'intelletto...Così, come dice quel famoso passo evangelico, più ti 'elevi' più vieni 'abbassato' dalla tua miseria esistenziale stessa. E' vero che queste persone son capaci di farti credere, con incredibili giravolte e ghirighori linguistici, che anche l'ipocrisia non è un male, semmai un vezzo, un tocco di classe; e mentre son capaci di stigmatizzare l'incoerenza del poveraccio, del buzzurro, non vedono letteralmente la "trave nei loro occhi". Poi c'è anche questa idea che l'intellettuale, in fin dei conti,  è importante per le sue idee e non è così determinante che le metta in pratica. E' come se un tuo amico ti consigliasse un certo ristorante, ma che lui si tenesse  ben lontano dal frequentare, preferendone altri...
L'intellettuale poi ama la politica. Forse sarebbe più esatto dire che usa la politica. Non sei un intellettuale serio se non ti occupi di politica e non la usi per farci su una bella carriera da intellettuale che si occupa di politica. L'importante è occuparsene, non importa da che parte, ma occupatene perdiana...
Quando sono triste mi guardo delle belle scene in tv di intellettuali che discutono sui problemi del mondo e fanno politica. Devo dire che , per un pò, funziona...è rasserenante. Dopo tutto...vedere che ci sono persone così argute che si occupano del bene comune ti tira su...senti nascere quasi una speranza...quasi...per un pò...poi iniziano a litigare fra loro, ad insultarsi, a fare commedia grottesca, a latrare indispettiti e capisci che, se queste sono le persone che sanno usare l'intelletto meglio della massa dei pecoroni, si comprende il perché siam messi così bene... :(
Ci sono però anche intellettuali che adoro. Per esempio c'è un tale Guido che mi telefona spessissimo e che vorrebbe che lo aiutassi a convincere medici e farmacisti, o loro apprendisti, a dedicare parte del loro preziosissimo tempo gratis per le persone che sono nel bisogno e che non hanno i centocinquanta euri minimi a 'botta' che ci vogliono per farti visitare da cristiano (o da musulmano , se preferite...). E' un filosofo laureato che non ha potuto far fortuna negli ambienti intellettuali, me è preparatissimo, sissignori...Se ho un dubbio...che so...su Fichte (non è che mi vengano spesso dubbi su Fichte o chi per lui, devo ammetterlo, ma è per fare un esempio...) Guido mi tiene due ore al telefono per spiegarmi l'evoluzione del pensiero filosofico dalla caduta dell'Impero Romano d'Occidente ai giorni nostri. E' un mito... ma non è ancora riuscito a convincere uno, che sia uno, medico o farmacista a dare del tempo gratis per i poveracci..
Ecco, Guido è un vero intellettuale coerente. Ha classificato e messo in ordine una biblioteca ridotta al lumicino solo per il piacere di farlo. Peccato che, vista l'età, non possa più guidare l'auto col buio, come il sottoscritto peraltro, e questo lo fa soffrire parecchio. Sto tentando di convertirlo al Buddhismo, ma è troppo intellettuale per farlo. Se gli dico "lascia andare" lui istintivamente afferra ancor più saldamente il libro che ha in mano e se lo nasconde nel cappotto... :) Eh il karma non è ancora 'maturo' per lui.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Ipazia

#28
Scagli la prima pietra chi è senza peccato, cominciando dalla filosofia che ha inventato gli intoccabili, ma salva le formiche. Non è una critica ad personam filosofica, ma è la constatazione che la coerenza manca in qualsiasi visione del mondo fin qui formulata e che la questione non è dovuta ad una certa innata imperfezione umana, ma alla oggettiva difficoltà di trovare il filo di arianna che congiunga in un logos soddisfacente la santissima trinità dell'universo antropologico: physis, ethos e nomos. Quando ci riusciremo, la filosofia diventerà scienza. E i comportamenti umani diventeranno più razionali e responsabili. Soprattutto meno ipocriti, a loro insaputa.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Sariputra, mi sa che il tuo amico Guido non può proprio abbracciare il Buddismo, così come nessun altro credo.

È il destino di ogni autentico intellettuale non poter mai essere "convertito".

Riguardo all'ipocrisia di tanti "pseudo" intellettuali... sarebbe sufficiente vi fossero più bambini a gridare: "Il re è nudo!".

Forse questi bimbi preziosi stanno ora arrivando. Sta a noi invogliarli a gridare.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

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