In che senso Nietzsche oggi?

Aperto da PhyroSphera, 09 Gennaio 2024, 01:11:06 AM

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Jacopus

Anche secondo me, rispetto all'eterno ritorno, l'interpretazione giusta è quella di Green. La scommessa è quella di riuscire a cambiare perfino il passato per non lasciarsi condizionare e creare così le premesse di una umanità che va oltre perfino la sua storia. Un compito paradossale ma che spiega bene un punto centrale di Nietzsche. Ed anche la sua valutazione (negativa) della storia dell'uomo, ritenuta il vero freno inibitore della sua forza vitale.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Il passato è il Dio di green. L'eterno ritorno è quello di Dioniso, dei cicli naturali. Gli idealisti dovrebbero smetterla di insudiciare Nietzsche con una trasvalutazione spiritualista. La fede nella terra è chiaramente invocata da Zarathustra. Solo così si diviene "quello che si è".
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

Credo che l'eterno ritorno di Nietzsche non abbia nulla di spirituale ma sia una trans valutazione sia dello spirito che della natura. Oltre la descrizione ciclica antica ma anche oltre la descrizione escatologica successiva. In questa "esplosione" vitale sta il bello e il brutto di Nietzsche. Un autore difficile da maneggiare e difficile da far schierare a destra come a sinistra. Nella mia personale bacheca filosofica è una specie di confine, come una sorta di ultimo filosofo in grado di filosofare, apparentemente, in modo creativo. Anche in questo cercando di restare fedele al concetto di "eterno ritorno" come cancellazione della tradizione storica e filosofica.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Difficile da maneggiare, concordo. "Per tutti e per nessuno". Filosofare col martello produce danni anche su ciò che merita di essere conservato e sviluppato. Questo è il limite superabile di Nietzsche. Una visione darwiniana ottocentesca che necessitava ancora di mirabolanti escatologie transumananti. Ma la critica del passato teista è ineccepibile e nel suo superamento sta l'(oltre)umanesimo sempre attuale. Pure letto da sinistra come eternamente ritornante alla platonica repubblica dei filosofi, apollineamente interpretata da Raffaello, e dionisiacamente incarnata da una ricerca infinita di armoniche stelle danzanti.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

niko

#19
Se Dio e' morto, il passato non puo' e non deve diventare, per l'uomo, il nuovo feticcio a cui inchinarsi, il nuovo Dio.

Dio deve restare morto.

Ma Dio, in Nietzsche significa l'inattingibile alla volonta' umana, l'essere sottratto al divenire. Quindi, dire che:

"il passato non deve essere pensato come tradizionalmente viene pensato Dio, con le sue stesse divine caratteristiche, prendendone il posto",

significa dire che il passato deve essere pensato come diveniente, e disponibile alla volonta' umana, e in un qualche senso modificabile. Se Dio e' l'indiveniente e l'immodificabile, il giusto modo di pensare il passato e' pensarlo come un non Dio, come un qualcosa di diverso da Dio.

Ma l'unico modo di rendere il passato modificabile, cangiante e festoso, e oggetto leggittimo di una volonta' cangiante e festosa, e' pensare che esso ritorni. E non che ritorni secondo micro cicli in linea di principio conoscibili, ma secondo mega cicli anche singolarmente piu' grandi di ogni estensione abbaracciabile dalla coscienza e dalla conoscenza umana: il ritorno del passato si compie anche grazie all'oblio intrinseco proprio del trapassato, del passato non piu' noto perche' non piu' memorico; insomma non potrebbe proprio compiersi come processo interamente cosciente.

Se il passato ritorna, e questo e' il punto fondamentale, allora ritorna disponibile alla umana volonta', ritorna sotto le nostre mani, perche' noi a questo punto, accettando e accattato che ritorni, questo benedetto passato, lo possiamo prendere "per le corna" a partire dal presente e dal futuro, nell'attimo stesso in cui ci esso ritorna e ci ritorna in faccia. E non sempre e solo "per la coda", inseguendolo vanamente, accettando sempre e solo la sua (presunta, e ormai insostenibile) natura teoretica, indistruttibile, lineare e divina, che fu creduta natura propria di Dio, e ora, in tempi meno teologici, ma altrettanto decadenti, e' creduta natura propria del passato.

Ma perche' ritorni disponibile alla umana volonta', il passato deve tornare disponibile alla umana non-conoscenza, alla dimensione della tenebra, dell'inoggettuale e dell'istintuale, a cui pure, deve essere recuperato; insomma il passato ci torna "sotto le mani", solo se in una certa misura ci sfugge "da sotto gli occhi", solo se e' qualcosa di molto di piu' del passato inteso come passato memorico e teoretico: per questo poi, nella metafora, il ciclo cosmico e' qualcosa di molto di piu', di molto piu' lungo anche come durata, del ciclo rammemorabile dall'uomo.

Il futuro viene quando, in senso doppio, e forte, il passato e' passato; il futuro e' il passare del passato nel senso del suo tornare (continuamente) disponibile alla volonta', insomma in questa concezione non c'e' il tempo, e' la volonta' stessa, che manda avanti, e che come una talpa che scava si getta indietro, il tempo.

Dire che passato e futuro sono uguali, che sono due cicli che si corrispondono, vuol dire anche dire che passato e futuro sono sommamente inadatti a contenere il bene e il male, che, invece, sono, e restano, diversi. Ogni sia pur grande pensiero umano che abbia mai pensato l'eskaton, cioe' il futuro migliore del passato, o che abbia mai pensato la decadenza, cioe' il passato migliore del futuro, e' un pensiero superato, da abbandonare.

L'uomo deve farsene qualcosa di diverso, e di nuovo, di bene e male, piuttosto che collocarli alternativamente nel passato o nel futuro, piuttosto, insomma, che continuare a giocare al solito vecchio gioco del mondo teoretico (esemplarmente greco/gnostico) e del mondo fideistico (esemplarmente cristiano).

Se passato e futuro sono uguali, allora e' il nichilismo (sono morte sia la decadenza, che l'eskaton) ma e' anche la possibilita' della inconecepibile, immensa liberta'; se passato e futuro sono uguali, discreti, e formano due cicli sostanzialmente autosufficienti e autocausati, il passato e' liberato, dal gravoso compito, di essere (solo) la causa del futuro, e il futuro e' liberato dalla gravosa minorita', di essere (solo) l'effetto del passato. La sfida, e' immagginare il passato come qualcosa di diverso, dalla mera causa del futuro, e il futuro come qualcosa di diverso, dal mero effetto del passato.

Il passato ha in se' tutte le cause e tutti gli effetti (e' causa sui) e il futuro, doppiamente, pure.

E adesso, che non li possiamo piu' pensare "uniti" in un rapporto causale, e nemmeno, per quanto detto prima, in un rapporto etico-morale, in che (nuovo) rapporto li pensiamo?

In un rapporto libero, di desiderio, come fossero due amanti che si amano, ma che all'occorrenza camminano anche sulle loro gambe, non hanno bisogno, l'uno dell'altro per esistere, e non sono l'uno, il modello di perfezione irraggiungibile dell'altro.

La volonta' vuole, fare in modo che il futuro stia in piedi da solo, e vuole, fare in modo che altrettanto il passato, stia in piedi da solo, per collocarsi nel punto di contatto, nell'attimo, tra i due cicli ed essere cosi' libera di essere, libera di iniziare.
La volonta' non e' sconfitta quando un generico determinismo si impone, come concezione, su un generico libero arbitrio: la volonta' e' sconfitta quando il passato e' la causa del futuro. E finche' non saranno, due cicli uguali e completi, il passato sara' sempre, quello che ai fini della volonta' esso non deve essere, ovvero la causa del futuro, il suo precompletamento.

Il doppio mondo, dionisiaco, e' l'unica alternativa, al mondo dietro il mondo, apollineo. Se non vuoi, chimere metafisiche, e non puoi, volere il nulla, allora, per esclusione, vuoi cio' che c'e', vuoi riplasmare il cosmo in un suo ciclo successivo. Non vuoi che oltre il velo del non ancora rivelato ci sia il diverso, ma che ci sia l'uguale, desiderato sotto il segno del desiderio.
Si tratta di affermare che il desiderio, il vero desiderio nel cuore di un uomo, non puo' essere tolto da un oggetto, o da una filosofia della rassegnazione, ma solo, infinitamente, da un'altro uomo, altro uomo che agira' in corrispondenza e in servizio al nostro, presente, desiderio, solo se lui ha liberamente in se', lo stesso identico desiderio. Per questo, il superuomo vorrebbe vivere infinitamente e infinite volte la propria vita, nonostante tutto il dolore che questo comporterebbe. Non si tratta, di trovare una risposta alla precarieta' dell'essere, alla morte propria, che e' il falso problema dei falsi problemi, l'assurdita' stessa della metafisica. Ma una risposta alla precarieta' del divenire, alla morte dell'altro (e quindi al lutto come unica esperienza reale possibile della morte).

Se il passato non diviene, non tutto diviene. Se non tutto diviene, non c'e' salvezza per l'uomo.

Che e' salvezza dalla salvezza, salvezza nonostante l'inevitabilita' e la certezza della salvezza; salvezza nonostante il fatto che la vita, reale e corporea, in noi, scegliera', e sceglierebbe, sempre e comunque di vivere e di vivere ancora, nonostante tutta l'immensita' del dolore.

E anche chi si suicida, si suicida sempre contro la vita, e non mai contro la volonta' di vivere.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

PhyroSphera


Direi che dire ritorno è sufficiente senza specificare 'ritorno dell'uguale', perché se qualcosa di diverso accade non è un ritorno. Il fatto che intellettuali di grido come il Cacciari se ne siano scordati è sintomatico dell'assurdità e incapacità del tentativo di sinistra di accattivarsi l'opera di Nietzsche. Sanno di aver ricevuto una opposizione cui non possono reagire e si rifugiano in tattiche di aggiramento che obiettivamente raggiungono solo il ridicolo.

Mauro Pastore 

Autodidatta

Citazione di: green demetr il 17 Gennaio 2024, 22:21:05 PMciao autodidatta ben tornato.
io lo disprezzo, ma visto che ormai siamo nel mondo dominato da questi traditori del pensiero, a cui la maggioranza, e quindi anche un autodidatta si affida, ti rimando a cacciari.

Il superuomo vuole il tramonto del tempo, ossia della circolarità che il demone, ossia la scimmia (coloro che agiscono per induzione e giammai per deduzione) vorrebbe che tutti abbracciassero: ossia l'eterno ritorno dell'uguale.
Nietzche non ama le scimmie cha amano la ripetizione, anzi le detesta.
Qua sta facendo confusione tra l'amor fati della volontà dell'uomo a diventare superuomo, ossia dio, con il suo opposto ossia la volontà dell'umano troppo umano che vuole permanere nel suo immobilismo ebete (l'ebetismo dei vari galimberti e company)
nietzche non è autore per tutti!
mi dispiace deluderti  ;)

Per capire cosa sia l'industria culturale ti rimando a minima moralia, il testo fondamentale per qualsiasi autodidatta.
lasciando perdere l'introduzione  ;) in cui rimanda ad hegel, altro autore difficile difficile.
ma adorno si capisce anche senza hegel  ;)


Ciao Green.
Non è proprio l'amor fati a permettere all'oltreuomo di "godere" dell'eterno ritorno dell'uguale? Una trasformazione della volontà dell'umano che le permetta di abbracciare cio che è stato e ciò che ancora per infinite volte sarà. Certo, questo può farlo colui che ha vissuto quel momento, quella vetta del pensiero, delle emozioni etc.. che giustifichi il suo piacere nel pensarla ripetersi infinite volte.
Vedo l'eterno ritorno dell'uguale come la vera rivincita della volontà dell'uomo, che invece di rodersi l'anima per ciò che estato, ne abbraccia i momenti che sono stati degni di essere vissuti.

green demetr

Citazione di: Autodidatta il 18 Gennaio 2024, 13:30:05 PMCiao Green.
Non è proprio l'amor fati a permettere all'oltreuomo di "godere" dell'eterno ritorno dell'uguale? Una trasformazione della volontà dell'umano che le permetta di abbracciare cio che è stato e ciò che ancora per infinite volte sarà. Certo, questo può farlo colui che ha vissuto quel momento, quella vetta del pensiero, delle emozioni etc.. che giustifichi il suo piacere nel pensarla ripetersi infinite volte.
Vedo l'eterno ritorno dell'uguale come la vera rivincita della volontà dell'uomo, che invece di rodersi l'anima per ciò che estato, ne abbraccia i momenti che sono stati degni di essere vissuti.

Al contrario è invece uno dei sintomi della nostra epoca, l'illusione di godere di un presente infinito: ma il tempo non può essere fermato, e la nevrosi emerge fino alle conseguenze mortifere contemporanee, che per quel che mi riguarda significa che la gente non pensa più a niente.


Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

#23
Citazione di: niko il 18 Gennaio 2024, 10:45:48 AMSe Dio e' morto, il passato non puo' e non deve diventare, per l'uomo, il nuovo feticcio a cui inchinarsi, il nuovo Dio.

Dio deve restare morto.

Ma Dio, in Nietzsche significa l'inattingibile alla volonta' umana, l'essere sottratto al divenire. Quindi, dire che:

"il passato non deve essere pensato come tradizionalmente viene pensato Dio, con le sue stesse divine caratteristiche, prendendone il posto",

significa dire che il passato deve essere pensato come diveniente, e disponibile alla volonta' umana, e in un qualche senso modificabile. Se Dio e' l'indiveniente e l'immodificabile, il giusto modo di pensare il passato e' pensarlo come un non Dio, come un qualcosa di diverso da Dio.

Ma l'unico modo di rendere il passato modificabile, cangiante e festoso, e oggetto leggittimo di una volonta' cangiante e festosa, e' pensare che esso ritorni. E non che ritorni secondo micro cicli in linea di principio conoscibili, ma secondo mega cicli anche singolarmente piu' grandi di ogni estensione abbaracciabile dalla coscienza e dalla conoscenza umana: il ritorno del passato si compie anche grazie all'oblio intrinseco proprio del trapassato, del passato non piu' noto perche' non piu' memorico; insomma non potrebbe proprio compiersi come processo interamente cosciente.

Se il passato ritorna, e questo e' il punto fondamentale, allora ritorna disponibile alla umana volonta', ritorna sotto le nostre mani, perche' noi a questo punto, accettando e accattato che ritorni, questo benedetto passato, lo possiamo prendere "per le corna" a partire dal presente e dal futuro, nell'attimo stesso in cui ci esso ritorna e ci ritorna in faccia. E non sempre e solo "per la coda", inseguendolo vanamente, accettando sempre e solo la sua (presunta, e ormai insostenibile) natura teoretica, indistruttibile, lineare e divina, che fu creduta natura propria di Dio, e ora, in tempi meno teologici, ma altrettanto decadenti, e' creduta natura propria del passato.

Ma perche' ritorni disponibile alla umana volonta', il passato deve tornare disponibile alla umana non-conoscenza, alla dimensione della tenebra, dell'inoggettuale e dell'istintuale, a cui pure, deve essere recuperato; insomma il passato ci torna "sotto le mani", solo se in una certa misura ci sfugge "da sotto gli occhi", solo se e' qualcosa di molto di piu' del passato inteso come passato memorico e teoretico: per questo poi, nella metafora, il ciclo cosmico e' qualcosa di molto di piu', di molto piu' lungo anche come durata, del ciclo rammemorabile dall'uomo.

Il futuro viene quando, in senso doppio, e forte, il passato e' passato; il futuro e' il passare del passato nel senso del suo tornare (continuamente) disponibile alla volonta', insomma in questa concezione non c'e' il tempo, e' la volonta' stessa, che manda avanti, e che come una talpa che scava si getta indietro, il tempo.

Dire che passato e futuro sono uguali, che sono due cicli che si corrispondono, vuol dire anche dire che passato e futuro sono sommamente inadatti a contenere il bene e il male, che, invece, sono, e restano, diversi. Ogni sia pur grande pensiero umano che abbia mai pensato l'eskaton, cioe' il futuro migliore del passato, o che abbia mai pensato la decadenza, cioe' il passato migliore del futuro, e' un pensiero superato, da abbandonare.

L'uomo deve farsene qualcosa di diverso, e di nuovo, di bene e male, piuttosto che collocarli alternativamente nel passato o nel futuro, piuttosto, insomma, che continuare a giocare al solito vecchio gioco del mondo teoretico (esemplarmente greco/gnostico) e del mondo fideistico (esemplarmente cristiano).

Se passato e futuro sono uguali, allora e' il nichilismo (sono morte sia la decadenza, che l'eskaton) ma e' anche la possibilita' della inconecepibile, immensa liberta'; se passato e futuro sono uguali, discreti, e formano due cicli sostanzialmente autosufficienti e autocausati, il passato e' liberato, dal gravoso compito, di essere (solo) la causa del futuro, e il futuro e' liberato dalla gravosa minorita', di essere (solo) l'effetto del passato. La sfida, e' immagginare il passato come qualcosa di diverso, dalla mera causa del futuro, e il futuro come qualcosa di diverso, dal mero effetto del passato.

Il passato ha in se' tutte le cause e tutti gli effetti (e' causa sui) e il futuro, doppiamente, pure.

E adesso, che non li possiamo piu' pensare "uniti" in un rapporto causale, e nemmeno, per quanto detto prima, in un rapporto etico-morale, in che (nuovo) rapporto li pensiamo?

In un rapporto libero, di desiderio, come fossero due amanti che si amano, ma che all'occorrenza camminano anche sulle loro gambe, non hanno bisogno, l'uno dell'altro per esistere, e non sono l'uno, il modello di perfezione irraggiungibile dell'altro.

La volonta' vuole, fare in modo che il futuro stia in piedi da solo, e vuole, fare in modo che altrettanto il passato, stia in piedi da solo, per collocarsi nel punto di contatto, nell'attimo, tra i due cicli ed essere cosi' libera di essere, libera di iniziare.
La volonta' non e' sconfitta quando un generico determinismo si impone, come concezione, su un generico libero arbitrio: la volonta' e' sconfitta quando il passato e' la causa del futuro. E finche' non saranno, due cicli uguali e completi, il passato sara' sempre, quello che ai fini della volonta' esso non deve essere, ovvero la causa del futuro, il suo precompletamento.

Il doppio mondo, dionisiaco, e' l'unica alternativa, al mondo dietro il mondo, apollineo. Se non vuoi, chimere metafisiche, e non puoi, volere il nulla, allora, per esclusione, vuoi cio' che c'e', vuoi riplasmare il cosmo in un suo ciclo successivo. Non vuoi che oltre il velo del non ancora rivelato ci sia il diverso, ma che ci sia l'uguale, desiderato sotto il segno del desiderio.
Si tratta di affermare che il desiderio, il vero desiderio nel cuore di un uomo, non puo' essere tolto da un oggetto, o da una filosofia della rassegnazione, ma solo, infinitamente, da un'altro uomo, altro uomo che agira' in corrispondenza e in servizio al nostro, presente, desiderio, solo se lui ha liberamente in se', lo stesso identico desiderio. Per questo, il superuomo vorrebbe vivere infinitamente e infinite volte la propria vita, nonostante tutto il dolore che questo comporterebbe. Non si tratta, di trovare una risposta alla precarieta' dell'essere, alla morte propria, che e' il falso problema dei falsi problemi, l'assurdita' stessa della metafisica. Ma una risposta alla precarieta' del divenire, alla morte dell'altro (e quindi al lutto come unica esperienza reale possibile della morte).

Se il passato non diviene, non tutto diviene. Se non tutto diviene, non c'e' salvezza per l'uomo.

Che e' salvezza dalla salvezza, salvezza nonostante l'inevitabilita' e la certezza della salvezza; salvezza nonostante il fatto che la vita, reale e corporea, in noi, scegliera', e sceglierebbe, sempre e comunque di vivere e di vivere ancora, nonostante tutta l'immensita' del dolore.

E anche chi si suicida, si suicida sempre contro la vita, e non mai contro la volonta' di vivere.


Per quello che ho letto, Nietzche è assolutamente antimetafisico, quindi rigetto le accuse che mi ha portato Ipazia.
Nemmeno mi soffermerei così tanto sui cicli cosmici, il meccanicismo di Nietzche è dovuto come già detto da Ipazia dal fatto che è un autore dell'800.
E di fatto la sua filosofia non sa che farsene di quei principi fisici, in quanto è una filosofia della volontà.
Una volontà liberatrice della storia anzitutto come almeno Jacopus concorda con me.
Penso che egli cercasse di inventare una nuova etica, completamente umana, e che e non lasciasse alcuno spazio a qualsiasi metafora, allegoria, anagogia.
Il discorso di Nice non è il mio, ma un potentissimo propellente anzitutto agli errori dellla metafisica, ma sopratutto alla creazione di un nuovo dio, come egli si chiamerà firmandosi Cristo.
Infatti questo trasformazione richiama a fondo kierkegaard, di cui gadamer ci aveva dato un video bellissimo in quel della rai e che ho postato nel 3d aperto da koba.
Come a dire che l'antimetafisica di Nietzche apre necessariamente a Kierkegaard.
(e quindi di nuovo san agostino, boezio e platone).

Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: PhyroSphera il 18 Gennaio 2024, 13:16:27 PMDirei che dire ritorno è sufficiente senza specificare 'ritorno dell'uguale', perché se qualcosa di diverso accade non è un ritorno. Il fatto che intellettuali di grido come il Cacciari se ne siano scordati è sintomatico dell'assurdità e incapacità del tentativo di sinistra di accattivarsi l'opera di Nietzsche. Sanno di aver ricevuto una opposizione cui non possono reagire e si rifugiano in tattiche di aggiramento che obiettivamente raggiungono solo il ridicolo.

Mauro Pastore
Citando il pessimo Cacciari intendevo dire solo che almeno lui fa notare che non è il viandante che parla dell'eterno ritorno, ma la scimmia.
E quindi le interpetazioni idiote della contemporaneità, figlie dell'industria culturale, forse ma forse vanno rilette con sdegno.
(Non che Cacciari poi disegni un Nietzche credibile, il suo appiattimento al pensiero americano va ben oltre un discorso di semplice ignoranza, come nel caso di tanti altri, ma di una sua sottile diabolicità)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

niko

#25
Citazione di: green demetr il 18 Gennaio 2024, 20:01:17 PMPer quello che ho letto, Nietzche è assolutamente antimetafisico, quindi rigetto le accuse che mi ha portato Ipazia.
Nemmeno mi soffermerei così tanto sui cicli cosmici, il meccanicismo di Nietzche è dovuto come già detto da Ipazia dal fatto che è un autore dell'800.
E di fatto la sua filosofia non sa che farsene di quei principi fisici, in quanto è una filosofia della volontà.
Una volontà liberatrice della storia anzitutto come almeno Jacopus concorda con me.
Penso che egli cercasse di inventare una nuova etica, completamente umana, e che e non lasciasse alcuno spazio a qualsiasi metafora, allegoria, anagogia.
Il discorso di Nice non è il mio, ma un potentissimo propellente anzitutto agli errori dellla metafisica, ma sopratutto alla creazione di un nuovo dio, come egli si chiamerà firmandosi Cristo.
Infatti questo trasformazione richiama a fondo kierkegaard, di cui gadamer ci aveva dato un video bellissimo in quel della rai e che ho postato nel 3d aperto da koba.
Come a dire che l'antimetafisica di Nietzche apre necessariamente a Kierkegaard.
(e quindi di nuovo san agostino, boezio e platone).




I cicli cosmici sono, invece, fondamentali.

Non c'e' antinomia alcuna, in Nietzsche, tra eterno ritorno come principio deterministico naturale, da una parte, e come destino antropologico, dall'altra.

Per quanto alcuni interpreti "umanistici", di Nietzsche, come ad esepio Lewith, abbiano voluto vedere tale antinomia.

La volonta' vive ogni volta (diciamo pure: ad ogni ciclo) lo "sforzo" di far ritornare il mondo e il tempo identicamente, realmente.
NON c'e' un determinismo meccanico o destinale che si sostituisca alla volonta' nel riplasmare il mondo, c'e' semmai una volonta' che deve ripetere un compito apparentemente assurdo infinite volte, insomma un determinismo della volonta', che pero', e' assurdo solo per chi non lo ama e non lo comprende.

Ogni volta, il mondo potrebbe virtualmente non riplasmarsi identico, e, ogni volta, ad opera della volonta' e dell'eterogenesi dei fini intrinseca alle azioni di tutti i viventi, esso si riplasma identico; ogni volta c'e' la fatica, e ogni volta, c'e' il senso psicosomatico del se' e illusione dell'unico, l'incombere della morte, su ogni attore individuale, di tale innumerabile riplasmazione.
Ogni volta, non e' la stessa volta della volta precedente; "ritornano" solo le forze attive, quelle che non hanno mai valorizzato l'effimero nella pretesa di verita' di una qualche metafisica sia pure atea, quelle che hanno gia' dimostrato, di meritare il loro ritorno desiderandolo.
Ma il problema, non e' quello della morte, e' quello del lutto: che non muoia l'altro, che ti puo' desiderare retrospettivamente, a partire dal futuro, nei momenti in cui tu, non sai (ancora) desiderarti.

Il sistema e' dionisiacamente, e anche teoreticamente, cioe' apollineamente, doppio, espansivo nella direzione e nella dimensione del doppio; cioe', SE davvero nella tua vita c'e' un attimo di gioia immenso per cui tu personalmente rivivresti la tua vita infinitamente infinite volte nonostante il dolore (motivazione alla riplasmazione attiva, del mondo), allora, ANCHE l'attimo in cui tu comprendi teoreticamente, e impersonalmente, la realta' e la necessita' dell'eterno ritorno, e' un secondo attimo di gioia altrettanto immenso (contemplazione della riplasmazione passiva).
Non rivivresti la tua vita per un (solo) attimo, passato, ma per (almeno) due attimi, di cui uno passato e uno presente: attimo presente per cui puoi essere pago, anche esperienzialmente, della sensazione che ti darebbe rivivere la tua vita sapendo di riviverla.

E questi due attimi, che entrambi possono "stare" nell'interiorita' e nell'autocomprensione di un singolo uomo, stanno tra di loro (anche), figurativamente, come uomo e superuomo.

L'uomo, che e' l'attimo immenso del demone inteso nel suo senso intimistico, di ricordo felice singolarmente redimente il mondo ma insussistente nella sua fraintesa e illusiva singolarita', e', risiede, nel (tuo) passato; il superuomo, che e' una autocomprensione positiva del se' e del mondo sempre disponibile anche nel momento di massima disperazione, autocomprensione che, appunto, recupera tutto il tuo passato memore e noto, e non solo il tuo ricordo felice, alla disponibilita' della tua volonta' pur senza apparentemente cambiarlo, e' nel (tuo) presente.
E il (tuo) futuro dovrebbe cambiare, grazie a questa rivelazione, perche' dovrebbero cambiare le tue priorita'.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

PhyroSphera

Citazione di: green demetr il 18 Gennaio 2024, 20:04:55 PMCitando il pessimo Cacciari intendevo dire solo che almeno lui fa notare che non è il viandante che parla dell'eterno ritorno, ma la scimmia.
E quindi le interpetazioni idiote della contemporaneità, figlie dell'industria culturale, forse ma forse vanno rilette con sdegno.
(Non che Cacciari poi disegni un Nietzche credibile, il suo appiattimento al pensiero americano va ben oltre un discorso di semplice ignoranza, come nel caso di tanti altri, ma di una sua sottile diabolicità)
L'eterno ritorno è in Nietzsche un pensiero che non esclude la libertà e non è un'illusione, è un richiamo alla realtà, oltre gli inganni del progresso, non qualcosa che esiste per gli stupidi. Nietzsche lo coniugava alla possibilità della creatività ma non pensava che si potesse andare oltre di esso.

Mauro Pastore 

green demetr

Citazione di: niko il 18 Gennaio 2024, 23:21:12 PMI cicli cosmici sono, invece, fondamentali.

Non c'e' antinomia alcuna, in Nietzsche, tra eterno ritorno come principio deterministico naturale, da una parte, e come destino antropologico, dall'altra.

Per quanto alcuni interpreti "umanistici", di Nietzsche, come ad esepio Lewith, abbiano voluto vedere tale antinomia.

La volonta' vive ogni volta (diciamo pure: ad ogni ciclo) lo "sforzo" di far ritornare il mondo e il tempo identicamente, realmente.
NON c'e' un determinismo meccanico o destinale che si sostituisca alla volonta' nel riplasmare il mondo, c'e' semmai una volonta' che deve ripetere un compito apparentemente assurdo infinite volte, insomma un determinismo della volonta', che pero', e' assurdo solo per chi non lo ama e non lo comprende.

Ogni volta, il mondo potrebbe virtualmente non riplasmarsi identico, e, ogni volta, ad opera della volonta' e dell'eterogenesi dei fini intrinseca alle azioni di tutti i viventi, esso si riplasma identico; ogni volta c'e' la fatica, e ogni volta, c'e' il senso psicosomatico del se' e illusione dell'unico, l'incombere della morte, su ogni attore individuale, di tale innumerabile riplasmazione.
Ogni volta, non e' la stessa volta della volta precedente; "ritornano" solo le forze attive, quelle che non hanno mai valorizzato l'effimero nella pretesa di verita' di una qualche metafisica sia pure atea, quelle che hanno gia' dimostrato, di meritare il loro ritorno desiderandolo.
Ma il problema, non e' quello della morte, e' quello del lutto: che non muoia l'altro, che ti puo' desiderare retrospettivamente, a partire dal futuro, nei momenti in cui tu, non sai (ancora) desiderarti.

Il sistema e' dionisiacamente, e anche teoreticamente, cioe' apollineamente, doppio, espansivo nella direzione e nella dimensione del doppio; cioe', SE davvero nella tua vita c'e' un attimo di gioia immenso per cui tu personalmente rivivresti la tua vita infinitamente infinite volte nonostante il dolore (motivazione alla riplasmazione attiva, del mondo), allora, ANCHE l'attimo in cui tu comprendi teoreticamente, e impersonalmente, la realta' e la necessita' dell'eterno ritorno, e' un secondo attimo di gioia altrettanto immenso (contemplazione della riplasmazione passiva).
Non rivivresti la tua vita per un (solo) attimo, passato, ma per (almeno) due attimi, di cui uno passato e uno presente: attimo presente per cui puoi essere pago, anche esperienzialmente, della sensazione che ti darebbe rivivere la tua vita sapendo di riviverla.

E questi due attimi, che entrambi possono "stare" nell'interiorita' e nell'autocomprensione di un singolo uomo, stanno tra di loro (anche), figurativamente, come uomo e superuomo.

L'uomo, che e' l'attimo immenso del demone inteso nel suo senso intimistico, di ricordo felice singolarmente redimente il mondo ma insussistente nella sua fraintesa e illusiva singolarita', e', risiede, nel (tuo) passato; il superuomo, che e' una autocomprensione positiva del se' e del mondo sempre disponibile anche nel momento di massima disperazione, autocomprensione che, appunto, recupera tutto il tuo passato memore e noto, e non solo il tuo ricordo felice, alla disponibilita' della tua volonta' pur senza apparentemente cambiarlo, e' nel (tuo) presente.
E il (tuo) futuro dovrebbe cambiare, grazie a questa rivelazione, perche' dovrebbero cambiare le tue priorita'.



La vontà di apertura a qualsiasi possibilità futura, e nel futuro ad una nuova apertura verso il futuro etc....
E' la formula impossibile di creatività che Nice si illude di poter arrivare, ma che è il contrario dell'eterno ritorno.
il mio maestro l'ha chiamata serendipity (formula matematica), che comprende anche la patafisica a cui il mio maestro aderì all'epoca.
Oggi quel progetto è fallito.
Ovviamente è fallito, se prima non ci concentra con le coazioni della ripetizione.
Nietzche lo aveva già detto è la scimmia che fa il discorso sull'eterno ritorno.
Eterno ritorno è la ripetizione, oggi malattia del secolo nota come coazione a ripetere. arma di distruzione di massa del pensiero.
abbiamo una scimmia sulle spalle.....ma nice ce l'aveva già detto.
come l'industria culturale sia riuscita a ribaltare tutto questo è incredibile.

io non so se tu parli di creazione o se è la scimmia sulla tua spalla a suggerirti le cose.
ripeto leggi minima moralia non domani ma subito, ora adesso!!!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

niko

Citazione di: green demetr il 21 Gennaio 2024, 00:27:31 AMLa vontà di apertura a qualsiasi possibilità futura, e nel futuro ad una nuova apertura verso il futuro etc....
E' la formula impossibile di creatività che Nice si illude di poter arrivare, ma che è il contrario dell'eterno ritorno.
il mio maestro l'ha chiamata serendipity (formula matematica), che comprende anche la patafisica a cui il mio maestro aderì all'epoca.
Oggi quel progetto è fallito.
Ovviamente è fallito, se prima non ci concentra con le coazioni della ripetizione.
Nietzche lo aveva già detto è la scimmia che fa il discorso sull'eterno ritorno.
Eterno ritorno è la ripetizione, oggi malattia del secolo nota come coazione a ripetere. arma di distruzione di massa del pensiero.
abbiamo una scimmia sulle spalle.....ma nice ce l'aveva già detto.
come l'industria culturale sia riuscita a ribaltare tutto questo è incredibile.

io non so se tu parli di creazione o se è la scimmia sulla tua spalla a suggerirti le cose.
ripeto leggi minima moralia non domani ma subito, ora adesso!!!



Non c'e' contraddizione tra eterno ritorno e creazione, perche' la volonta' non e' libera, non e' una liberta' del volere.

Cosi' come non c'e' contraddizione tra dimensione antropologica e dimensione naturalistica dell'eterno ritorno.

L'atto di ricreare in serie identica il mondo, il ciclo temporale, e' semplicemente il farsi esplicito di una volonta' implicita che sta (risiede) in tutti i viventi e che vuole vivere nonostante l'immensita' del (loro) dolore: questa volonta', istintuale deve farsi esplicita nel superuomo.

In questo senso, il ciclo temporale e' sia una possibilita' che una necessita'.

Vediamo meglio:

Una possibilita' >

Perche' esso, il ciclo temporale, certo non si compie da solo se non lo compi tu (a costo anche di mille sforzi e mille sofferenze).

Non e' e non rappresenta una sostituzione, o una prostituzione, dell'uomo o del soggetto (e della sua "dignita' ") ad opera del fato o di chissa' quali forze esterne.

Non esiste SOLO il tempo ciclico: esiste ANCHE il tempo lineare, che la volonta' deve, ogni volta contraddire. Il tempo ciclico e' un tempo "emergente come vincitire", ma non e' un tempo unico, non e' l'unica forma del tempo: la linearita', sconfitta, dalla volonta', idealmente, dovrebbe sopravvivere solo nel fatto, fantasmatico e gettato sulla sfondo, ma non percio' meno reale, che i cicli temporali, contemplati in serie sono, e restano, ineffabilmente diversi. L'uno non e' l'altro. E la loro diversita' e' una trascendenza che valorizza l'ultimo come eskaton, come teleologia; e' ognuno dei cicli e', o e' stato ultimo. 
Non si tratta di costruire la ripetibilita' dell'attimo presente al termine del ciclo presente, o "lungo" esso (la ripercorribilita' dell'attimo sul ciclo data la limitatezza del ciclo stesso), ma la proiezione "orizzontale" dell'attimo presente sulla serie dei cicli come attimo nuovo, costato gioie e dolori nuovi, ai viventi che di fatto sempre vivono a stento, a fatica. Insomma il trascendimento del ciclo nella serie dei cicli, eterno ritorno del differente, il che di fatto espande, ad ogni ciclo, la serie (che va pensata come una molla/spirale, con uno spessore, esistenziale, tridimensionale, e non come una serie di cicli invisibili perche' sovrapposti e coincidenti, apparenti esclusivamente nell'uno) soddisfando una volonta' "espansiva" e non una "intrappolata", nel singolo ciclo inteso come unica realta', perche' conserva la forma minima della differenza, sia pure intesa come differenza solo temporale tra identici.)

Una necessita'> 

Perche' comunque il ciclo si compie, in quanto la volonta' non e' liberta' del volere, e' volonta' di potenza.
Vivere nonostante il dolore e' quello che la vita ha voluto finora (dato di fatto), che vuole adesso (altro dato di fatto), e, con ogni probabilita', quello che vorra' in futuro (facilissima induzione).

Se la vita vuole vivere nonostante il dolore, riprodurra' il dolore pur di ritornare in quanto vita.

Del resto, che cosa mai potrebbe impedirglielo? 

Il nichilismo e' l'eclissi delle cause e dei fini, ma laddove non si e' causati ne' finalizzati, si e' desiderati retrospettivamente a partire dal futuro; non c'e' un passaggio alla liberta' e al regno della liberta', ma una transvalutazione di tutti i valori: il superuomo fonda come desiderio quello che nella modernita' nichilistica non puo' piu' essere fondato come causa o come fine: lui, il superuomo, si auto desidera, e quindi implicitamente desidera (anche) noi, che siamo (figuriamo) tra le sue cause. Noi che, in quanto "temporalmente" esauriti, non possiamo piu' desiderarci se non come sue cause, che in qualche modo dobbiamo rispindere, e corrispindere, a una chiamata evolutiva.

Il desiderio come desiderio umano e dell'uomo:  uomo e superuomo si desiderano attraverso il tempo.

Dunque, tirando le somme:

La creazione in Nietzsche ha senso perche' si iscrive come un negativo, e come una sovversione, in un'epoca di eteronomia e anticreativita', e perche' la implica, una tale epoca. Sia in particolare, come momento storico presente e decadente da superare; sia in generale, come sogno, tentativo, vicenda e impossibilita' di una creazione umana che sia definitiva e (dunque) distruttrice e trattenitrice di tutte le altre possibili creazioni, insomma come vissuto attivo del platonismo e del cristianesimo in quanto manifestazioni della volonta' di potenza.
Il che e' archetipico e di monito anche per tutte le grandi creazioni umane precedenti e successive, probabili e possibili; perche' si riferisce in generale alla convenzionalita' e alla pericolosita' e all'oblio filogenetico della fondazione di tutti i valori.

In un tempo eternamente ritornante e insensato, tu puoi "creare", istituire il "nuovo" nel ciclo eterno del tempo, solo nella misura in cui il ritmo stesso di questo tempo, che in definitiva in quanto ritmo non e' in tuo potere, si riferisce specificamente all'oblio e alla presenza (enantiodromica, e alternata) della creativita' e del suo opposto: l'eteronomia e la non creativita'; e solo nella misura in cui tu, di questo, di questa alternanza fondamentale, oltreche' della creazione stessa, ne sei consapevole.



Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

green demetr

Citazione di: niko il 21 Gennaio 2024, 12:33:28 PMNon c'e' contraddizione tra eterno ritorno e creazione, perche' la volonta' non e' libera, non e' una liberta' del volere.

Cosi' come non c'e' contraddizione tra dimensione antropologica e dimensione naturalistica dell'eterno ritorno.

L'atto di ricreare in serie identica il mondo, il ciclo temporale, e' semplicemente il farsi esplicito di una volonta' implicita che sta (risiede) in tutti i viventi e che vuole vivere nonostante l'immensita' del (loro) dolore: questa volonta', istintuale deve farsi esplicita nel superuomo.

In questo senso, il ciclo temporale e' sia una possibilita' che una necessita'.

Vediamo meglio:

Una possibilita' >

Perche' esso, il ciclo temporale, certo non si compie da solo se non lo compi tu (a costo anche di mille sforzi e mille sofferenze).

Non e' e non rappresenta una sostituzione, o una prostituzione, dell'uomo o del soggetto (e della sua "dignita' ") ad opera del fato o di chissa' quali forze esterne.

Non esiste SOLO il tempo ciclico: esiste ANCHE il tempo lineare, che la volonta' deve, ogni volta contraddire. Il tempo ciclico e' un tempo "emergente come vincitire", ma non e' un tempo unico, non e' l'unica forma del tempo: la linearita', sconfitta, dalla volonta', idealmente, dovrebbe sopravvivere solo nel fatto, fantasmatico e gettato sulla sfondo, ma non percio' meno reale, che i cicli temporali, contemplati in serie sono, e restano, ineffabilmente diversi. L'uno non e' l'altro. E la loro diversita' e' una trascendenza che valorizza l'ultimo come eskaton, come teleologia; e' ognuno dei cicli e', o e' stato ultimo.
Non si tratta di costruire la ripetibilita' dell'attimo presente al termine del ciclo presente, o "lungo" esso (la ripercorribilita' dell'attimo sul ciclo data la limitatezza del ciclo stesso), ma la proiezione "orizzontale" dell'attimo presente sulla serie dei cicli come attimo nuovo, costato gioie e dolori nuovi, ai viventi che di fatto sempre vivono a stento, a fatica. Insomma il trascendimento del ciclo nella serie dei cicli, eterno ritorno del differente, il che di fatto espande, ad ogni ciclo, la serie (che va pensata come una molla/spirale, con uno spessore, esistenziale, tridimensionale, e non come una serie di cicli invisibili perche' sovrapposti e coincidenti, apparenti esclusivamente nell'uno) soddisfando una volonta' "espansiva" e non una "intrappolata", nel singolo ciclo inteso come unica realta', perche' conserva la forma minima della differenza, sia pure intesa come differenza solo temporale tra identici.)

Una necessita'>

Perche' comunque il ciclo si compie, in quanto la volonta' non e' liberta' del volere, e' volonta' di potenza.
Vivere nonostante il dolore e' quello che la vita ha voluto finora (dato di fatto), che vuole adesso (altro dato di fatto), e, con ogni probabilita', quello che vorra' in futuro (facilissima induzione).

Se la vita vuole vivere nonostante il dolore, riprodurra' il dolore pur di ritornare in quanto vita.

Del resto, che cosa mai potrebbe impedirglielo?

Il nichilismo e' l'eclissi delle cause e dei fini, ma laddove non si e' causati ne' finalizzati, si e' desiderati retrospettivamente a partire dal futuro; non c'e' un passaggio alla liberta' e al regno della liberta', ma una transvalutazione di tutti i valori: il superuomo fonda come desiderio quello che nella modernita' nichilistica non puo' piu' essere fondato come causa o come fine: lui, il superuomo, si auto desidera, e quindi implicitamente desidera (anche) noi, che siamo (figuriamo) tra le sue cause. Noi che, in quanto "temporalmente" esauriti, non possiamo piu' desiderarci se non come sue cause, che in qualche modo dobbiamo rispindere, e corrispindere, a una chiamata evolutiva.

Il desiderio come desiderio umano e dell'uomo:  uomo e superuomo si desiderano attraverso il tempo.

Dunque, tirando le somme:

La creazione in Nietzsche ha senso perche' si iscrive come un negativo, e come una sovversione, in un'epoca di eteronomia e anticreativita', e perche' la implica, una tale epoca. Sia in particolare, come momento storico presente e decadente da superare; sia in generale, come sogno, tentativo, vicenda e impossibilita' di una creazione umana che sia definitiva e (dunque) distruttrice e trattenitrice di tutte le altre possibili creazioni, insomma come vissuto attivo del platonismo e del cristianesimo in quanto manifestazioni della volonta' di potenza.
Il che e' archetipico e di monito anche per tutte le grandi creazioni umane precedenti e successive, probabili e possibili; perche' si riferisce in generale alla convenzionalita' e alla pericolosita' e all'oblio filogenetico della fondazione di tutti i valori.

In un tempo eternamente ritornante e insensato, tu puoi "creare", istituire il "nuovo" nel ciclo eterno del tempo, solo nella misura in cui il ritmo stesso di questo tempo, che in definitiva in quanto ritmo non e' in tuo potere, si riferisce specificamente all'oblio e alla presenza (enantiodromica, e alternata) della creativita' e del suo opposto: l'eteronomia e la non creativita'; e solo nella misura in cui tu, di questo, di questa alternanza fondamentale, oltreche' della creazione stessa, ne sei consapevole.




La necessità del futuro nei cicli naturali io la chiamo semplicemente possibilità.
Comunque si, questo potrebbe benissimo essere stata la visione di Nietzche.
Ma Nietzche non lo leggerei mai come un semplice positivista.
Infatti benchè sono d'accordo con te con questa visione, io ritengo, e testo alla mano di Umano Troppo Umano, e ora che sto scolpendo lentamente dentro di me il dovere della lettura, presto anche del resto dell'opera nicciana, mi aspetto piuttosto una lettura degli aspetti critici che si frappongono a questa visione utopica e vitalistica.
Compito dell'uomo è superarli perchè giunga l'uomo che è già dopo tutti i suoi pregiudizi morali.
Siamo in una fase storica che d'altronde grida l'urgenza del ritorno ad un etica critica.
Riuscirà l'umanità a togliersi la scimmia?
Se devo basarmi sul livello di atroce demenza contemporaneo, la mia risposta è no.



Vai avanti tu che mi vien da ridere

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