Imperfezione umana e perfezione dell'umanità

Aperto da Aspirante Filosofo58, 04 Gennaio 2022, 16:11:06 PM

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viator

Salve AsFil58. E qui casca l'asino ! Ovviamente tu come la maggioranza, non puoi che fare un "articolo di fede" di ciò in cui tu speri.

Infatti, citandoti : "È probabile che io, nella vita precedente a questa sia stato un criminale; che abbia inflitto atroci sofferenze ai miei simili; che mi sia macchiato di delitti indicibili. Diversamente non riesco a spiegarmi la mia vita attuale. Che senso avrebbe, infatti, se questa mia vita fosse l'unica o facesse parte di un disegno divino? Ecco perché per me è di estrema importanza fare la mia parte verso la perfezione dell'umanità".Impensabile che tu non speri, e quindi non creda, che ti tocca un qualche riscatto, risarcimento.

Che poi per la maggioranza della maggioranza la fede sia quella nella "vita eterna" quale premio divino, mentre per te la fede sia quella nel credere in ulteriori esistenze (reincarnazioni) più o meno risarcitorie................il SENSO resta il medesimo.

All'uomo (tu ovviamente incluso) non frega nulla del senso cosmico, divino, evolutivo, biologico della propria vita, ammesso che possano esistere in tali variate vesti.

All'uomo serve solamente ed a tutti i costi IL SENSO UMANO della propria vita, e tale senso umano - se il soggetto non è molto influenzabile dalle credenze e fedi tradizionali, verrà cercato e verrà trovato, collocandosi a seconda della levatura intelletttuale di chi cerca e poi crede di aver trovato il proprio senso.

Così gli sciocchi ed i poveri di spirito si daranno da sè un senso ingenuo o materialistico della propria vita, mentre i saggi e gli ispirati si daranno un senso trascendente. Poi ci sono tutte le infinite vie di mezzo, e questa è la ragione per la quale DI SENSI DELLA VITA UMANA NE ESISTONO CENTINAIA DI MILIONI, TUTTI UN POCO O MOLTO DIVERSI TRA LORO. Saluti.

Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Kobayashi

Leggendo gli ultimi post mi è tornato in mente il lungo brano 55 della "Volontà di potenza" di Nietzsche.
Più o meno ecco il suo ragionamento.

Ogni morale, ogni concezione religiosa, servono a rafforzare coloro che hanno meno potere e sono quindi più soggetti alle ingiustizie. In certi periodi della storia dell'umanità la miseria e la disperazione sono state così intense che l'unico modo per sopportare l'esistenza era quello di attaccarsi a idee estreme, ardite, impossibili.
C'è in questa creatività qualcosa di notevole. Ma questa creatività ha la stessa natura della forza che spinge i più forti a combattere per predare e appropriarsi di ciò che desiderano: sete di dominio, volontà di aumentare la propria potenza.
Cosa rimarrebbe alla vittima se smettesse di sentirsi dalla parte della giustizia, del bene comune, e si rendesse conto invece di non essere su un piano diverso da quello dei potenti, fino a quel momento giudicati come i malvagi per eccellenza?
Sarebbe annientata. Esposta al pericolo di forze che non può dominare vedrebbe l'esistenza solo come un nauseante ed eterno processo privo di senso.
Per questo motivo la tendenza rimane quella di difendersi tramite le idee di morale e religione.
Oppure ci si difende attaccandosi alle proprie piccole sicurezze, alle proprie abitudini, al proprio benessere. A parole si è scettici, nichilisti, nel concreto si è piccoli uomini, uomini di paglia.
Ma chi riuscirà a dire sì alla vita senza cadere nella tentazione di morale e religione (nelle forme più diverse come quelle del progresso, dello scientismo etc.), o in quella del rimpicciolire l'esistenza?
L'uomo capace di ammettere, anzi accettare con gioia che nella vita ci sia una bella componente di casualità, assurdità, non senso.

Ora, il mio dubbio: un uomo del genere è stato veramente messo alla prova nel dolore? Non si tratta semplicemente di un uomo fortunato, che quindi può permettersi di affrontare le sfide della vita con una certa leggerezza e con il gusto per l'esperimento?

L'oltre-uomo nietzscheano è un'immagine limite che ha la funzione di aiutarci a non indietreggiare per cercare conforto nelle idee di morale e religione, e di spingerci a perseverare nel tentativo di dire sì alla vita.
Da questo punto di vista Nietzsche stesso ha dovuto, in un certo senso, estremizzare il suo ruolo di filosofo, l'importanza per se stesso della conoscenza, per poter sopportare la sua di vita, per poter dire sì al suo di destino, per non essere travolto dalla nausea.
Un sotterfugio, una maschera, diciamo così...

iano

#32
Un piccolo passo di un filosofo per  un grande passo dell'umanità.
Se questo è un nichilista...

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#33
Citazione di: Kobayashi il 08 Gennaio 2022, 18:21:02 PM
Leggendo gli ultimi post mi è tornato in mente il lungo brano 55 della "Volontà di potenza" di Nietzsche.
Più o meno ecco il suo ragionamento.

Ogni morale, ogni concezione religiosa, servono a rafforzare coloro che hanno meno potere e sono quindi più soggetti alle ingiustizie. In certi periodi della storia dell'umanità la miseria e la disperazione sono state così intense che l'unico modo per sopportare l'esistenza era quello di attaccarsi a idee estreme, ardite, impossibili.
C'è in questa creatività qualcosa di notevole. Ma questa creatività ha la stessa natura della forza che spinge i più forti a combattere per predare e appropriarsi di ciò che desiderano: sete di dominio, volontà di aumentare la propria potenza.
Cosa rimarrebbe alla vittima se smettesse di sentirsi dalla parte della giustizia, del bene comune, e si rendesse conto invece di non essere su un piano diverso da quello dei potenti, fino a quel momento giudicati come i malvagi per eccellenza?
Sarebbe annientata. Esposta al pericolo di forze che non può dominare vedrebbe l'esistenza solo come un nauseante ed eterno processo privo di senso.
Per questo motivo la tendenza rimane quella di difendersi tramite le idee di morale e religione.
Oppure ci si difende attaccandosi alle proprie piccole sicurezze, alle proprie abitudini, al proprio benessere. A parole si è scettici, nichilisti, nel concreto si è piccoli uomini, uomini di paglia.
Ma chi riuscirà a dire sì alla vita senza cadere nella tentazione di morale e religione (nelle forme più diverse come quelle del progresso, dello scientismo etc.), o in quella del rimpicciolire l'esistenza?
L'uomo capace di ammettere, anzi accettare con gioia che nella vita ci sia una bella componente di casualità, assurdità, non senso.

Ora, il mio dubbio: un uomo del genere è stato veramente messo alla prova nel dolore? Non si tratta semplicemente di un uomo fortunato, che quindi può permettersi di affrontare le sfide della vita con una certa leggerezza e con il gusto per l'esperimento?

L'oltre-uomo nietzscheano è un'immagine limite che ha la funzione di aiutarci a non indietreggiare per cercare conforto nelle idee di morale e religione, e di spingerci a perseverare nel tentativo di dire sì alla vita.
Da questo punto di vista Nietzsche stesso ha dovuto, in un certo senso, estremizzare il suo ruolo di filosofo, l'importanza per se stesso della conoscenza, per poter sopportare la sua di vita, per poter dire sì al suo di destino, per non essere travolto dalla nausea.
Un sotterfugio, una maschera, diciamo così...
Bello il brano e belli i dubbi in chiusura.
Direi che F.N. ci invita a prendere coscienza dei meccanismi cui siamo soggetti per poter andare oltre, ma mi chiedo io cosa può esserci oltre se non meccanismi diversi ma simili?
Prendere coscienza di questi meccanismi, come morale e religione, equivale a criticarli, senza poterli sostituire contemporaneamente con altri, da cui l'accusa di nichilismo.
Nella misura in cui questa critica resta un opinione personale, si fa' un passo oltre restando isolati, prendendo così  coscienza del confort sociale in cui si viveva, e che davamo per scontato, per chiedersi se il conformismo non avesse poi il suo perché.
Il passo però non è reversibile, e capisci come si possa dissipare in poco tempo una reputazione costruita in una vita.
Noi lo sappiamo  che i lupi non aspettano altro che si faccia un passo per andare oltre il gregge.
Ma se abbiamo fatto il passo è perché abbiamo il coraggio di affrontarli .Però' quello che ci farà più male sarà il constatare che quelli che ci stanno azzannando sono pecore, le stesse che fino a ieri reclamavano giustizia e pene severe per i lupi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

"Volontà di potenza" è un'opera postuma, manipolata dalla sorella alquanto bigotta,  desiderosa di dare un'immagine edulcorata del pensiero del fratello, incapace a quel punto di difendere l'autenticità della sua concezione.

Il linguaggio riportato contrasta molto con quello delle ultime opere di FN redatte da lui stesso. Assomiglia più alla analisi marxiana sull'"oppio dei popoli". Una interpretazione pietistica che espunge l'idea autenticamente nicciana della perversione tarantolata della volontà di potenza nel "mondo dietro il mondo" e del ressentiment, connessi alla religione.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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