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Il "vuoto" ed il "nulla"

Aperto da Eutidemo, 09 Ottobre 2024, 12:29:44 PM

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Bruno P

Citazione di: Alberto Knox il 17 Ottobre 2024, 23:06:53 PMSì capisco il tuo invito a riflettere su ciò che noi diamo per scontato come taluni definizioni. Si tratta di un problema che forse rientra nella filosofia del linguaggio . Come nasce una definizione? e in più perchè vi sono cose la cui definizione non è solo una ma diverse?. Io credo che fin quanto si tratta di definire cose semplici e pratiche la nostra idea di definizione è univoca; Per definire che cos'è una casa non ci metteremmo troppo a discutere , ci capiremmo subito. Ma quando si tratta di definire cose sfuggenti , astratte e/o metafisiche come la natura della matematica, la coscienza, Dio, , anima, mondo , nulla, tempo. Ecc le persone smettono di capirsi e cominciano a dare definizioni diverse. Lo stesso termine "osservatore" non sfugge a questa critica. La soluzione per come la vedo io è quella di accordarci su una definizione e ragionare in base a quella definizione , poi se mai si può ragionare usando per base un altra definizione e così via.

Siamo fuori tema ormai da diverse pagine, in cui ad iniziare dal sottoscritto è stato detto di tutto e di più, ma personalmente la cosa non mi disturba e finché qualcuno non ci ferma....
Sono d'accordo con quanto afferma Alberto.
In tal senso propongo una riflessione sul tema "definizione".
Vestiti i panni dello scienziato (non ne ho titolo ma è tanto per dire che l'approccio è quello della scienza sperimentale) prima di studiare un fenomeno devo definire rigorosamente l'oggetto di studio. Se non lo faccio rischio di eseguire un esercizio che non spiega un bel nulla oppure qualcosa di completamente diverso da ciò che intendevo studiare.
Si provi ad esempio dare una definizione di un qualcosa di semplice e pratico - come dice Alberto - qualcosa che rientra nella quotidianità di tutti: la sedia. Riesco a dare una definizione rigorosa e comunemente condivisa (affinché anche altri possano riprodurre l'esperimento che mi accingo a fare, di "sedia"? Ovverosia, riesco a dare una definizione che non si confonda con quella di divano, poltrona, sgabello, ecc.?
Ho fatto questo esempio solo per riflettere su quanto sia complesso dare rigorosamente, e con la veste dello sperimentatore scientifico, una definizione di un qualcosa con cui abbiamo a che fare quotidianamente; figuriamoci con un concetto astratto. Ovviamente ci si riesce anche quando si ha a che fare con dei "costrutti".
Se poi smetto i panni dello sperimentatore e il mio approccio è ad esempio di tipo filosofico le cose si complicano enormemente e cadere nel fraintendimento è facilissimo. Non per questo la Filosofia si è estraniata dalla sua ricerca della conoscenza, tutt'altro. Ma bisogna comunque ben intendersi sull'accezione che viene data all'oggetto di studio e riflessione.

iano

#136
Citazione di: Bruno P il 18 Ottobre 2024, 08:39:16 AMSiamo fuori tema ormai da diverse pagine, in cui ad iniziare dal sottoscritto è stato detto di tutto e di più, ma personalmente la cosa non mi disturba e finché qualcuno non ci ferma....
Sono d'accordo con quanto afferma Alberto.
In tal senso propongo una riflessione sul tema "definizione".
Vestiti i panni dello scienziato (non ne ho titolo ma è tanto per dire che l'approccio è quello della scienza sperimentale) prima di studiare un fenomeno devo definire rigorosamente l'oggetto di studio. Se non lo faccio rischio di eseguire un esercizio che non spiega un bel nulla oppure qualcosa di completamente diverso da ciò che intendevo studiare.
Si provi ad esempio dare una definizione di un qualcosa di semplice e pratico - come dice Alberto - qualcosa che rientra nella quotidianità di tutti: la sedia. Riesco a dare una definizione rigorosa e comunemente condivisa (affinché anche altri possano riprodurre l'esperimento che mi accingo a fare, di "sedia"? Ovverosia, riesco a dare una definizione che non si confonda con quella di divano, poltrona, sgabello, ecc.?
Ho fatto questo esempio solo per riflettere su quanto sia complesso dare rigorosamente, e con la veste dello sperimentatore scientifico, una definizione di un qualcosa con cui abbiamo a che fare quotidianamente; figuriamoci con un concetto astratto. Ovviamente ci si riesce anche quando si ha a che fare con dei "costrutti".
Se poi smetto i panni dello sperimentatore e il mio approccio è ad esempio di tipo filosofico le cose si complicano enormemente e cadere nel fraintendimento è facilissimo. Non per questo la Filosofia si è estraniata dalla sua ricerca della conoscenza, tutt'altro. Ma bisogna comunque ben intendersi sull'accezione che viene data all'oggetto di studio e riflessione.
Lo schema che propongo è.
1. Di ciò che ho costruito (ad es. la sedia) dico come l'ho costruita, che è più che dare una definizione.
2. Di ciò che non ho costruito, o non ho coscienza di aver costruito, (es. ciò che percepisco) do una descrizione, che vale in ogni caso come un ''tradimento'' della percezione, perchè descrivere non equivale in genere a percepire.
3.Ciò che definisco, che lo faccia sotto la spinta della realtà, o in piena libertà, cioè senza un necessario collegamento diretto con la realtà, ha in ogni caso una vita propria, cioè indipendente a priori dagli eventuali motivi per cui ho dato la definizione, che intesa in tal senso,  è il primo passo del lavoro matematico ''puro''.
Se questa dipendenza era ancora presente nella filosofia di Euclide, da essa , dopo Euclide, la matematica si è svincolata, ma non ancora del tutto il ragionare dei non matematici, che traggono ancora la ragion d'essere dei numeri dal fatto che ne abbiamo percezione.
Questa percezione si è dimostrato però in via definitiva non esser necessaria, se un computer, privo di coscienza , coi numeri è in grado di operare.

Il nostro quesito è, come fa la matematica pura a trovare riscontro a volte nella realtà a posteriori, laddove applicandola alla realtà ne da una spiegazione, non essendo ciò necessario?

Possiamo considere ciò quando avviene una coincidenza?
Può essere ciò che si ripete una coincidenza?
E ancor più, indipendentemente dal fatto che la matematica venga scoperta o inventata, cosa diremo del fatto che tale ''inveperta'' avvenga quasi in contemporanea con la sua eventuale applicazione alla realtà, ciò che si configura come una coincidenza al quadrato?
Noi siamo liberi nonostante tutto di considerarla una coincidenza, ma ciò vorrebbe dire ignorare volutamente gli indizi che la storia della scienza ci fornisce.

Una possibile risposta vale una lode della filosofia, se è vero che, se pur in modo indipendente, respiriamo tutti la stessa aria , fatta di ossigeno, azoto e pensieri.
Il quando una data branca della matematica venga ''inveperta'' non tenderei a considerarlo un caso.
Cose apparentemente indipendenti vanno a convergenza, ma sono davvero indipendenti se nascono dentro a uno stesso schema di pensiero,  che è lo schema filosofico corrente?
Non è dal tal motivo che possiamo trarre la non casualità della inattesa convergenza fra matematica e fisica.
Aggiungiamo a ciò, per maggior peso, che le cose che giungono a convergenza non sono cose separate, ma che artificiosamente abbiamo separato.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alberto Knox

Citazione di: Il_Dubbio il 18 Ottobre 2024, 08:36:52 AMTieni presente quello spazio vuoto, ora prendi in esame cosa ci dice la fisica quantistica per quanto riguarda la posizione per esempio di un elettrone. Prendiamo ad esempio un elettrone che sta dentro la tua testa (uno qualsiasi).
Si potrebbe dire (o cosi direbbero i fisici) che la probabilità che quel elettrone stia nella tua testa è molto alta, ma esiste una probabilità diversa da zero che quello stesso elettrone sia ovunque nell'universo. 
Quindi in quella stanza vuota dove pensi di aver tolto tutto, anche l'aria, gira il "tuo" elettrone. 
Allora non dovremmo considerare solo la particella (l 'elettrone) ma anche il campo elettromagnetico . In più oggi, con lo studio della fisica quantistica dei campi le particelle non vengono più considerate come le vere entità materiali fondamentali, ma i campi. Le particelle vengono considerate come perturbazioni presenti nei campi, e sono state così ridotte a uno stato derivato. Si pensa che i campi di forza elettrici, magnetici , gravitazionali e nucleari siano costituiti da un mare di particelle virtuali che riempiono tutto lo spazio, così come prevede la teoria quantistica dei campi. La differenza fra ciò che è forza e ciò che è materia , quindi, appare quanto mai sfumata.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

''Non è dal tal motivo che possiamo trarre la non casualità della inattesa convergenza fra matematica e fisica.''
Errata corrige:
''Non è dal tal motivo che possiamo trarre la non casualità della pur inattesa convergenza fra matematica e fisica ?''
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Il_Dubbio

Citazione di: Alberto Knox il 18 Ottobre 2024, 09:16:12 AMAllora non dovremmo considerare solo la particella (l 'elettrone) ma anche il campo elettromagnetico . In più oggi, con lo studio della fisica quantistica dei campi le particelle non vengono più considerate come le vere entità materiali fondamentali, ma i campi. Le particelle vengono considerate come perturbazioni presenti nei campi, e sono state così ridotte a uno stato derivato. Si pensa che i campi di forza elettrici, magnetici , gravitazionali e nucleari siano costituiti da un mare di particelle virtuali che riempiono tutto lo spazio, così come prevede la teoria quantistica dei campi. La differenza fra ciò che è forza e ciò che è materia , quindi, appare quanto mai sfumata.
ti dirò di più, c'è una storiella che indica ogni elettrone uguale ad un altro. Infatti ho messo tra virgolette (se ti accorgi il post che ho scritto) l'aggettivo "tuo" in riferimento  all'elettrone. 
Siccome non è possibile stabilire che il tuo elettrone sia diverso dal mio e siccome lo stesso elettrone vive nel suo campo elettronico, diremmo che il tuo e il mio elettrone è lo stesso elettrone. 
In pratica c'è solo un elettrone... che condividiamo  :))

Alberto Knox



Citazione di: Il_Dubbio il 19 Ottobre 2024, 19:18:33 PMIn pratica c'è solo un elettrone... che condividiamo  :))
Ancora non abbiamo definito lo spazio oltre l universo però...
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Il_Dubbio

Citazione di: Alberto Knox il 19 Ottobre 2024, 20:16:33 PMAncora non abbiamo definito lo spazio oltre l universo però...

L' universo è uno. Se ci fosse uno spazio fuori l'universo, quello spazio fuori, sarebbe sempre l'universo.


Alberto Knox

Citazione di: Il_Dubbio il 19 Ottobre 2024, 20:35:50 PML' universo è uno. Se ci fosse uno spazio fuori l'universo, quello spazio fuori, sarebbe sempre l'universo.


Che l'universo sia uno è un affermazione arbitraria, universo , unico -verso. Ma non possono esserci altri-versi? se no, su cosa si fonda tale radicale convinzione che non su la mera ragione ?
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Il_Dubbio

Citazione di: Alberto Knox il 19 Ottobre 2024, 20:39:46 PMChe l'universo sia uno è un affermazione arbitraria, universo , unico -verso. Ma non possono esserci altri-versi? se no, su cosa si fonda tale radicale convinzione che non su la mera ragione ?

non mi sono spiegato completamente. L'universo è uno per l'elettrone. Eravamo partiti dall'elettrone e da ciò che ho detto a tal proposito. Penso tu abbia risposto pensando all'elettrone che abbiamo in comune...no?

Alberto Knox

Citazione di: Il_Dubbio il 19 Ottobre 2024, 20:43:04 PMnon mi sono spiegato completamente. L'universo è uno per l'elettrone. Eravamo partiti dall'elettrone e da ciò che ho detto a tal proposito. Penso tu abbia risposto pensando all'elettrone che abbiamo in comune...no?
In realtà con universo intendo lo spazio, la materia , l energia , le leggi naturali, le forze fondamentali e tutto quanto possa celarsi alla vista e agli strumenti dell osservatore pur facente parte del medesimo insieme . Tuttavia tu prendi in considerazione una particella talmente piccola da essere a metà strada fra l'esistere e non esistere per spiegare l'infinitamente grande.
Purtroppo devo dire che la particella in se non esiste, esiste in relazione ad altro che a sua volta esiste in relazione ad altro . Se si continua con l escaletion delle relazioni si arriva ad un certo momento specifico , dove materia e antimateria erano in perfetta simmetria. Cosa ha prodotto la rottura di simmetria fra materia e antimateria?
Durante la fase inflazionaria l'universo si trovava in una condizione di simmetria perfetta. Esso consisteva in uno spazio vuoto perfettamente omogeneo e isotopro. Inoltre, dato che la velocità di espansione era esattamente uniforme un istante di tempo era indistinguibile da un altro , in altre parole l'universo era simmetrico per inversione e traslazione temporale. "Era" non "diveniva" . La fine dell espansione fu la prima grande rottura di una simmetria; uno spazio vuoto privo di peculiarità si popolò improvvisamente di miliardi di particelle , rappresentanti un colossale aumento di entropia . Fu un passaggio assolutamente irreversibile , che impresse all universo una freccia del tempo che sopravvive fino al giorno d oggi.
Se uno è d'accordo con questa teoria, o con qualcosa del genere, bisogna credere che all inizio il creato non contenesse più o meno niente , una cosa era sicuramente presente, il calore. Il complesso universo che vediamo oggi si è evoluto un passo alla volta attraverso una sequenza di rotture di simmetria causate dal raffreddamento. Ogni passaggio è irreversibile e genera una gran quantità di entropia ma è anche estremamente creativo, nel senso che libera nuove potenzialità e opportunità che rendono la materia più organizzata e complessa.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Il_Dubbio

Citazione di: Alberto Knox il 19 Ottobre 2024, 21:13:00 PMIn realtà con universo intendo lo spazio, la materia , l energia , le leggi naturali, le forze fondamentali e tutto quanto 

no aspetta, un passo alla volta. Hai buttato dentro qualsiasi cosa. 

L'elettrone fa parte di un campo elettronico. 

Il campo presumo sia l'intero universo. 

Ora sta da definire l'universo per l'elettrone. 

Alberto Knox

Citazione di: Il_Dubbio il 19 Ottobre 2024, 21:26:32 PMOra sta da definire l'universo per l'elettrone.
il fondamento costitutivo dell elettrone è l'energia . Resta da identificare cosa intendiamo per energia.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Il_Dubbio

Citazione di: Alberto Knox il 19 Ottobre 2024, 21:34:44 PMil fondamento costitutivo dell elettrone è l'energia . Resta da identificare cosa intendiamo per energia.


io non penserei tanto a ciò che costituisce l'elettrone (troppo sofisticato come quesito). Mi accontento al momento solo di stabile quale sia la sua zona di appartenenza. E quello sarebbe il campo elettronico. Se quello fosse l'intero universo sarebbe solo da stabilire cosa costituisce l'universo. Ammesso che a l'elettrone importi esattamente cosa costituisca l'universo per come lo stiamo vedendo noi. 

Alberto Knox

#148
Citazione di: Il_Dubbio il 19 Ottobre 2024, 22:00:09 PMio non penserei tanto a ciò che costituisce l'elettrone (troppo sofisticato come quesito). Mi accontento al momento solo di stabile quale sia la sua zona di appartenenza. E quello sarebbe il campo elettronico. Se quello fosse l'intero universo sarebbe solo da stabilire cosa costituisce l'universo. Ammesso che a l'elettrone importi esattamente cosa costituisca l'universo per come lo stiamo vedendo noi.
bhè la zona di appartenenza dipende; abbiamo flusso di elettroni che scorrono all interno di conduttori elettrici mossi da un generatore di differenza di potenziale e che formano il circuito elettrico allora l ambito è quello.
Li misuriamo nei gusci atomici allora l ambito è quello dell atomo
E poi li abbiamo come onde di probabilità nel caso della meccanica quantistica allora l'ambito è quello della funzione d'onda che rispetta l'equazione di Srodinger .
Li troviamo nei campi elettrmomagnetici allora la zona di appartenenza è quello di quanto di campo di energia elettromagnetica, quello che stai prendendo in esame tu. Ma in questo caso è una perturbazione del campo , sono delle eccitazioni di campo quantistico. Pensare all elettrone come una particella puntiforme è un modo preso in prestito dalla matematica , pensarla come onda è preso in prestito dalla teoria ondulatoria della particella e ci sono dimostrazioni fisiche che la descrivono come un onda , ma poi ci sono dimostrazioni altrettanto fisiche che la descrivono come corpuscolo. Allora che cos'è un elettrone? è una particella elementare di carica negativa o positiva, ma in quanto particella elementare (quindi costituita da nient altro che da se stessa) non ha struttura interna rilevabile e non ha nemmeno struttura esterna rilevabile tutta via  sappiamo che ha una massa quindi c'è , è da qualche parte all interno del campo ma è esso stesso , fa parte del campo , è un derivato del campo elettromagnetico. Per tali motivi non penso all elettrone come una sferetta carica che viaggia liberamente all interno di uno spazio  (se mai sarà influenzato dalle linee di forza del campo )  è un immagine fuorviante e quindi per me impercorribile.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#149
Io propongo di passare da una natura galileiana analoga a un libro scritto in caratteri  geometrici, alla natura come libro che noi scriviamo in caratteri geometrici, anche quando non sappiamo di farlo, come quando la percepiamo, e che perciò ci sembra permeata  di forme geometriche, per quanto imperfette.
Passare cioè da un descrivere la natura che percepiamo, a un percepire ciò che descriviamo, e questo ci permetterà di prescindere dalla tendenza di ridurre tutto a ciò che percepiamo, considerando la percezione come solo uno dei possibili esiti della nostra conoscenza, e non il punto da cui essa necessariamente parte.
C'è una natura che sta oltre ciò che percepiamo, e che percependola impropriamente diciamo natura,  qualcosa che della nostra percezione è la causa, laddove l'effetto non può coincidere con la causa.
Voler ridurre la conoscenza alla percezione, che di essa è solo un modo, significa limitarla, ed è ciò che facciamo quando tentiamo di comprendere qualcosa, non accontentandoci di poter operare con quella cosa che pur non comprendiamo, come se la comprensione avesse un valore in sè, e non per la funzione di consentirci di operare con la realtà.
Laddove non percepiamo ci accontentiamo anche solo di riuscire ad immaginare, ma non verificandosi una cosa ne l'altra, per l'oggetto impossibile per noi da comprendere, diventa impossibile l'esistenza, come se non ci fosse altro modo di dimostrane l'esistenza che prescinda dalla nostra percezione, o in subordine dal suo derivato, l'immaginazione.
Per contro siamo disposti ad ammettere l'esistenza dell'impossibile, se ciò può supportare la nostra immaginazione, e questa discussione in parte è la testimonianza di ciò.
E se di una teoria scientifica che non comprendiamo troviamo a livello divulgativo una analogia con ciò che possiamo riuscire ad immaginare, per quanto stiracchiata possa essere l'analogia, assumiamo che la teoria con quella immagine coincida.
Quindi per quanto improbabile sia l'immagine di una particella/onda, ci chiederemo come fà un entità ad essere una cosa e al contempo un altra, scambiando l'analogia con la realtà, quando già scambiare la teoria, seppur l'avessimo compresa, con la realtà è già un errore, per quanto ancor scusabile.
C'è la presunzione di poter considerare la nostra conoscenza come un rapporto diretto con la realtà, che laddove pur non appaia, ad esso deve essere riportato.
Il poter operare attraverso la conoscenza, qualunque sia la sua forma, con la realtà, passa in secondo piano, considerando comunque che solo il pensiero sia degno di considerazione, disprezzando la manualità, come se si potessero davvero scindere fra loro pensiero ed azione, come se solo il pensiero può comportare azione non il contrario.
Forse perchè l'azione va prima pensata, mentre il pensiero sembra venire da sè, e non come effetto della nostra interazione con la realtà.
La realtà non gira attorno ai nostri pensieri i quali sono l'effetto del nostro girare intorno alla realtà.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''