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Il tragico

Aperto da Jacopus, 26 Aprile 2024, 10:56:26 AM

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Jacopus

Citazione di: Phil il 26 Aprile 2024, 14:47:22 PMIn realtà il pensatore tragico polarizza: la sua consapevolezza della tragicità della vita si oppone infatti ad una inconsapevolezza altrui, non ad una differente consapevolezza. Il pensatore tragico sa che la vita è tragica, quasi fosse una verità che alcuni colgono e gli altri, gli inconsapevoli, non colgono, ma per lui la verità è una ed è quella della tragicità dell'umano esistere. Egli è impossibilitato a concepire che la vista possa non essere tragica, proprio perché «La condizione tragica dell'uomo è una condizione universale»(cit.) è un assioma vero e assoluto; così egli si chiede, tragedia nella tragedia, come mai gli altri non lo capiscano (proprio come il religioso si chiede come mai gli altri non capiscano che la divinità c'è).
La democrazia è invece l'antitesi della tragedia, in quanto possibilità collaborativa di un "lieto vivere" (un "lieto fine" inteso teleologicamente), addirittura condiviso con gli altri, "alla faccia" del sentimento tragico individuale. La democrazia non è nemmeno semplicemente una risposta alla tragicità, perché tutto ciò che rende tragica la vita, rimane perlopiù tale anche in democrazia.
(Poi, se proprio vogliamo parlare davvero "tragichese", la tragicità più radicale per il soggetto sarebbe se fosse la sua vita ad essere tragica, in quanto sua, non in quanto vita umana in generale... e qui direi che il tragico Fantozzi docet).
Questa visione del tragico e delle democrazia mi sembra classicamente rieccheggiare una visione "borghese" sia del tragico che della democrazia, ovvero una descrizione da "migliore dei mondi possibili". Polarizzazione e tragico sono antitetici, a mio parere, poichè il tragico ha il senso dell'errore nella propria azione e già la critica nel momento in cui la compie. La condanna del tragico è infatti quella di agire comunque in modo errato e da quell'errore trarre insegnamento. Porre il concetto di polarizzazione al "tragico" è lo stesso errore che si fa, quando si denuncia il razzismo di chi si oppone al razzismo (essendo razzista verso i razzisti).
La democrazia è sicuramente un percorso di collaborazione, ma al di là delle parole più o meno enfatiche usate da tutte le Costituzioni democratiche del mondo, è anche un percorso che attraversa la condizione tragica. Una per tutti (tanto per cambiare): il dissidio fra Creonte e Antigone è un dissidio di rottura democratica di stampo tragico, poichè entrambi hanno ragione ed entrambi hanno torto. Il tragico della democrazia sta nella sua natura nascosta, che è anarchica. La democrazia nasce dalla demistificazione di ogni potere fondato sulla tradizione, sugli antenati, sulla religione. L'uomo democratico dice come Kant, che vuole superare lo stato di minorità (in questo caso dato da poteri fondanti - Grundnormen - che si scoprono non aver alcun fondamento). Superarlo però significa vivere sempre in equilibrio precario ed instabile, poichè la vera democrazia implica l'assenza di gerarchia oppure la messa in discussione continua di ogni gerarchia. Una situazione tale, però, implica l'impossibilità di decidere sulla cosa pubblica, e pertanto il tragico della democrazia consiste proprio in questa consapevolezza di dover agire in contrasto con la sua stessa concezione più profonda.
La consapevolezza di doverlo fare con questi limiti, può lenire il contrasto, così come sarebbe potuto accadere fra Antigone e Creonte se avessero concordato una sorta di mediazione fra le loro rispettive posizioni, nessuna delle due così identificabile nel bene o nel male, come invece vuole qualsiasi concezione politica o filosofica o religiosa o psicologica, fondata sulla polarizzazione.
Anche in merito al "tragico" considerato come status "privato" ci sarebbe molto da scrivere. Fantozzi è davvero un "singolo" che tragicizza la sua vita a causa della sua indole, oppure la sua condizione tragica proviene da una storia, personale e sociale che è sempre una storia collettiva?
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Phil

Citazione di: Jacopus il 28 Aprile 2024, 23:29:02 PMQuesta visione del tragico e delle democrazia mi sembra classicamente rieccheggiare una visione "borghese" sia del tragico che della democrazia, ovvero una descrizione da "migliore dei mondi possibili".
Chi non riconosce il tragico dell'esistenza è incline a credersi nel migliore dei mondi possibili? Anche questa è a sua volta una polarizzazione (come volevasi dimostrare): la democrazia «in quanto possibilità collaborativa di un "lieto vivere" (un "lieto fine" inteso teleologicamente)»(autocit., corsivo aggiunto) non può essere associata al credersi nel "migliore dei mondi possibili", altrimenti non avrebbe senso aver parlato di possibilità (non di realtà) e di teleologia (che presuppone solitamente che il telos sia di fatto assente, da raggiungere).

Citazione di: Jacopus il 28 Aprile 2024, 23:29:02 PMla vera democrazia implica l'assenza di gerarchia oppure la messa in discussione continua di ogni gerarchia. Una situazione tale, però, implica l'impossibilità di decidere sulla cosa pubblica, e pertanto il tragico della democrazia consiste proprio in questa consapevolezza di dover agire in contrasto con la sua stessa concezione più profonda.
Fuori dal "pantragicismo", che si condanna a non slacciarsi dalla tragicità destinale (profezia autoavverante, direbbe qualcuno), la democrazia in atto ha una gerarchia chiara e distinta, quella che pone la scelta della maggioranza al vertice; quella della "quantità orizzontale", che non risulta impossibilitata a decidere sulla cosa pubblica (di fatto decisioni vengono prese, talvolta persino direttamente dal popolo).

Citazione di: Jacopus il 28 Aprile 2024, 23:29:02 PMAnche in merito al "tragico" considerato come status "privato" ci sarebbe molto da scrivere. Fantozzi è davvero un "singolo" che tragicizza la sua vita a causa della sua indole, oppure la sua condizione tragica proviene da una storia, personale e sociale che è sempre una storia collettiva?
Un detto recita «mal comune, mezzo gaudio...»; la tragicità di Fantozzi è invece tragica perché individuale (Filini è già molto meno tragico, ad esempio); ma anche estendendo la sua tragicità ad emblema dei suoi colleghi, non si ottiene una generica "tragicità dell'esistenza umana universale"; il mega-direttore-intergalattico non è tragico, molte altre figure di "caste intermedie" non sono tragiche. Il "monopolio della tragicità" è spesso negli occhi, o meglio, nel monocolo, del pensatore tragico che vede tragicità ovunque, anche nella democrazia, e magari anche nel mega-direttore, in quanto destinato comunque a morire.

Jacopus

CitazioneFuori dal "pantragicismo", che si condanna a non slacciarsi dalla tragicità destinale (profezia autoavverante, direbbe qualcuno), la democrazia in atto ha una gerarchia chiara e distinta, quella che pone la scelta della maggioranza al vertice; quella della "quantità orizzontale", che non risulta impossibilitata a decidere sulla cosa pubblica (di fatto decisioni vengono prese, talvolta persino direttamente dal popolo).
Ma proprio in ciò sta la valenza tragica della democrazia. Che la maggioranza decida è una posizione funzionale ma di certo non democratica, o meglio è democratica ma la democrazia non è possibile descriverla solo attraverso elezioni e maggioranze, sarebbe una visione davvero molto naive. Proprio per questo, nelle democrazie sono tutelate le minoranze, sia etniche che politiche e vi sono tutta una serie di stratagemmi, di pesi e contrappesi come li chiamava Montesquieu, o in certi casi vi è la democrazia diretta.
Ad ogni buon conto, l'esito tragico della democrazia non è necessariamente un dramma per piagnistei. Semplicemente, avendo presente il suo sempre possibile esito tragico, il politico democratico deve essere sempre consapevole che la sua decisione è condizionata da una serie contrastante di interessi, posizioni, diritti che vanno il più possibile mediati. Se invece si ritiene la democrazia come il gradino più alto nella speciale classifica dei regimi politici, si dimentica il suo lato oscuro e si rischia di rovesciarla nuovamente nella demagogia o nella tirannia. Sarebbe bello  vivere in un mondo dove tutti sono megadirettori galattici, ma visto che questo non è possibile, occorrerebbe costruire un mondo dove il megadirettore galattico non sia "ereditario", come qualche volta si ascolta nei film di Fantozzi, ma che sia scelto come "migliore". Ma decidere chi è il migliore ci fa tornare di nuovo nel dilemma del tragico. Non considerare questa peculiarità della democrazia, significa farla decadere a semplice ornamento o a una sorta di rito (le elezioni), il che è ben comprensibile in un mondo che ha sostituito il politico con l'economia (oikos, era in greco il luogo del privato, ciò che non afferiva al mondo della polis, ma chi non si occupava della polis ed era solo attento al suo oikos era considerato idiotes. Oggi i greci antichi darebbero dell'idiotes alla maggioranza degli occidentali).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

bobmax

Tragica è una situazione di cui si ha consapevolezza della impossibilità di un lieto fine.

Viceversa la fede nella Verità è fiducia che vi sarà comunque un lieto fine.
Questa fede, che è l'unica autentica fede, è fede nel Nulla.
In quanto nulla sa riguardo al come potrà comunque avvenire il lieto fine. E neppure di quale fine si tratti.

Questa fede richiede pertanto uno slancio nel vuoto, lasciando ogni certezza, dimenticando persino se stessi.
Nulla è garantito, anzi, dal punto di vista razionale questa fede è follia.

Il tragico è perciò necessario affinché si manifesti lo slancio di fede.
Che può nascere solo da noi stessi.
Lo richiede la metamorfosi.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Pio

Il tragico è un sentimento che un fatto, o più fatti, fanno nascere nell'animo. Di fronte ad un particolare fatto si possono però avere sentimenti opposti. Ricordo un fatto di tanti anni fa: un gatto messo sotto da un'auto , che saltava e rimbalzava, per poi andare a morire tra i cespugli. Eravamo adolescenti e le ragazze erano inorridite dalla scena, mentre alcuni ragazzi ridevano. Quello che provavo io era un sentimento che potrei definire come tragico, ma non tanto per la fine del povero animale, non solo, ma più per questa profonda differenza di reazione. Mi pareva impossibile essere così insensibili. Realizzai allora , e la vita non me lo ha mai smentito, che noi tutti siamo uguali nel destino, ma profondamente diversi nei nostri sentimenti VERSO quel destino. Non è possibile pertanto trovare un accordo sulla tragicità o meno della vita. E per fortuna direi. È un sentimento personale. Per me prezioso, perché permette una maggiore empatia e compassione verso la sofferenza altrui. Diciamo che è un sentimento che permette un'apertura, un' USCITA  dall' ingombrante razionalità.
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

Aspirante Filosofo58

Buongiorno, secondo me non è tanto l'inconsapevolezza di essere tragici, quanto il suo opposto che dovrebbe far riflettere. Perché definiamo "tragico" qualcuno? In base a quale criterio, a quali canoni, caratteristiche? Perché mai religione o scienza dovrebbero offuscare la "tragedia" della vita? Ma, soprattutto, perché la vita dovrebbe essere una tragedia? Secondo me ogni vita, ogni momento che ognuno di noi vive, ha un suo perché, anche se il più delle volte non siamo consapevoli tanto del fatto che lo abbia, quanto di quello di cosa sia questo perché. 
Tra gli altri, il mondo delle disabilità (fisiche, psiche o sensoriale) dovrebbe aiutare a capire certi concetti: in pratica è  la difficoltà che  aguzza l'ingegno.
Spesso non siamo consapevoli che certe situazioni apparentemente tragiche, possono essere superate, anche senza una fede in qualche religione o scienza. In 65 anni di vita ho avuto diverse occasioni per fare delle tragedie, ma ho preferito rimboccarmi le maniche e, come nel gioco dell'oca, ripartire dal via. A cosa mi sarebbe servito rendere tragico ogni momento poco piacevole della mia vita? Io credo, a nulla. Non faccio l'elenco di tutto ciò che ho superato, perché poi qualcuno pubblicherebbe un suo elenco più "importante" del mio, tanto dal punto di vista della quantità, quanto di quello della qualità. Quindi, parafrasando più o meno le parole di Socrate sulla cattiveria dell'uomo (https://www.skuola.net/filosofia-antica/socrate-l-etica-socratica.html ): l'essere umano è tragico perché non sa che può superare ogni tragedia. 

 
La teoria della reincarnazione mi ha dato e mi dà risposte che altre teorie, fedi o religioni non possono, non sanno o non vogliono darmi. Grazie alle risposte ottenute dalla reincarnazione oggi sono sereno e sono sulla mia strada che porterà a casa mia!

Phil

Citazione di: Jacopus il 29 Aprile 2024, 01:19:57 AMChe la maggioranza decida è una posizione funzionale ma di certo non democratica, o meglio è democratica ma la democrazia non è possibile descriverla solo attraverso elezioni e maggioranze, sarebbe una visione davvero molto naive. Proprio per questo, nelle democrazie sono tutelate le minoranze, sia etniche che politiche e vi sono tutta una serie di stratagemmi, di pesi e contrappesi come li chiamava Montesquieu, o in certi casi vi è la democrazia diretta.
Quindi, ricapitolando: in democrazia decide la maggioranza e nondimeno le minoranze vengono tutelate... dov'è il tragico? La mediazione fra istanze differenti, con cui il politico deve fare i conti, può essere tragica solo alla luce ("celeste") dell'utopia, un mondo senza dissidi o divergenze da mediare (un "paradiso in terra").
Così come la prospettiva della morte è tragica se non se ne comprende la necessità (in senso di inevitabilità). Mi pare che la radice del tragico sia dunque la non accettazione individuale del reale, abbinata all'incapacità di trovare una soluzione a ciò che non si accetta e crea disagio. Questione di come si legge il mondo, prima che di sensibilità drammatica.

Citazione di: Jacopus il 29 Aprile 2024, 01:19:57 AMMa decidere chi è il migliore ci fa tornare di nuovo nel dilemma del tragico. Non considerare questa peculiarità della democrazia, significa farla decadere a semplice ornamento o a una sorta di rito (le elezioni)
Anche qui non scorgo molta tragicità: la scelta del migliore (politicamente parlando) può avere molti canoni, molti paradigmi di giudizio e il fatto stesso che si abbia la possibilità di scegliere il migliore e che costui non si imponga con la forza bruta, direi che è un buon passo di allontanamento dalla tragicità della sottomissione.
Parlando di grecità, non andrebbe dimenticato che, anche solo etimologicamente, la demo-crazia non può essere la "miglior" forma di governo qualitativamente, ma solo quantitativamente (per il "meglio" qualitativo bisognerebbe usare altri prefissi, dall'infelice percorso storico: aristo-, episto-, con il percorso storico proprio a fungere da vaccino per la tragicità della loro assenza... o no?).

Pio

#22
Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 29 Aprile 2024, 10:28:13 AM
Buongiorno, secondo me non è tanto l'inconsapevolezza di essere tragici, quanto il suo opposto che dovrebbe far riflettere. Perché definiamo "tragico" qualcuno? In base a quale criterio, a quali canoni, caratteristiche? Perché mai religione o scienza dovrebbero offuscare la "tragedia" della vita? Ma, soprattutto, perché la vita dovrebbe essere una tragedia? Secondo me ogni vita, ogni momento che ognuno di noi vive, ha un suo perché, anche se il più delle volte non siamo consapevoli tanto del fatto che lo abbia, quanto di quello di cosa sia questo perché.
Tra gli altri, il mondo delle disabilità (fisiche, psiche o sensoriale) dovrebbe aiutare a capire certi concetti: in pratica è  la difficoltà che  aguzza l'ingegno.
Spesso non siamo consapevoli che certe situazioni apparentemente tragiche, possono essere superate, anche senza una fede in qualche religione o scienza. In 65 anni di vita ho avuto diverse occasioni per fare delle tragedie, ma ho preferito rimboccarmi le maniche e, come nel gioco dell'oca, ripartire dal via. A cosa mi sarebbe servito rendere tragico ogni momento poco piacevole della mia vita? Io credo, a nulla. Non faccio l'elenco di tutto ciò che ho superato, perché poi qualcuno pubblicherebbe un suo elenco più "importante" del mio, tanto dal punto di vista della quantità, quanto di quello della qualità. Quindi, parafrasando più o meno le parole di Socrate sulla cattiveria dell'uomo (https://www.skuola.net/filosofia-antica/socrate-l-etica-socratica.html ): l'essere umano è tragico perché non sa che può superare ogni tragedia.

 

Sono due aspetti diversi della tragicità: il "fare una tragedia" e il "senso tragico" del vivere. Del primo si dice quando per es.  esageriamo un particolare fatto o aspetto che ci tocca personalmente ( "Mia moglie se n'è andata. È una tragedia!"). Il secondo è una specie di sguardo sulla storia (È veramente tragico che dopo millenni l'umanità non sia in grado di superare la violenza per risolvere le controversie"). Il primo è un tragico strettamente personale, spesso legato al pessimismo . Il secondo è un tragico più esterno, aperto sul mondo e indirettamente su noi stessi.
Concordo con te che dalle tragedie , o che sentiamo come tali, personali, si possono mettere in moto energie positive, ma non sempre. Un sopravvissuto ai lager nazisti è molto difficile che viva la sua esperienza come foriera di positività.😞
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

sapa

Credo che un'immagine quasi perfetta della tragicità dell'esistenza sia rinvenibile in questo famosissimo passo dei I Promessi Sposi: "  Lascio pensare al lettore, come dovessero stare in viaggio quelle povere bestie, così legate e tenute per le zampe a capo all'in giù, nella mano di un uomo il quale, agitato da tante passioni, accompagnava col gesto i pensieri che gli passavan a tumulto per la mente. (...) e dava loro di fiere scosse, e faceva sbalzare quelle teste spenzolate; le quali intanto s'ingegnavano a beccarsi l'una con l'altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura."