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Il tempo "percepito"

Aperto da Eutidemo, 21 Settembre 2021, 12:32:34 PM

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Eutidemo

Ciao Iano. :)
Come io stesso avevo scritto, la mia problematica è molto simile a quella "zenoniana"; però il mio approccio è alquanto diverso.
***
Ed infatti, come tu hai correttamente compreso, secondo il mio esempio abbiamo un "segmento temporale" composto da due secondi diviso in due, dove il primo è il passato e il secondo è il futuro; però a me non interessa affatto stabilire quale sia il "punto" che divide in due il "segmento temporale"!
Quello che io intendevo rimarcare, invece, è che, se ciascuno dei due secondi (uno passato e uno futuro) durano ciascuno un un tempo limitato ed esattamente "misurabile", a noi non avanza più alcun tempo "misurabile" da metterci in mezzo per separarli; altrimenti non sarebbero più "due secondi", bensi "due secondi più qualcosa", il che va contro la nostra premessa.
***
In altre parole, secondo me, non c'è nessuno "iato" tra passato e futuro, in quanto il primo fluisce nel secondo senza la benchè minima "soluzione di continuità" (ammesso che scorra realmente, e non si tratti di una mera illusione); per cui l'"istante presente" che li separa, secondo me è solo una illusoria convenzione della nostra mente e del nostro linguaggio.
Il "presente", cioè, almeno tecnicamente, "non esiste"!
***
Quello che noi classifichiamo come  "presente", in realtà, è solo un "mix" mentale tra il "passato recente" e il "futuro prossimo"; che noi "fondiamo" concettualmente insieme per dare un senso al nostro discorso e alle nostre azioni.
Però, tecnicamente, neanche il "passato recente" e il "futuro prossimo" esistono, in quanto:
- il primo, per quanto recente, "non c'è più" (quindi, al netto dell'avverbio, in realtà "non c'è");
- il secondo, per quanto prossimo, "non c'è ancora" (quindi, al netto dell'avverbio, in realtà "non c'è").
***
Per cui, non esistendo nè il passato, nè il presente nè il futuro, tutto, per me, si potrebbe ridurre ad una illusione soggettiva per dare un senso alla "successione fenomenica degli eventi", la quale può essere vista:
- sia come un "liquido" fiume che scorre realmente in avanti;
- sia come un fiume "ghiacciato", sopra il quale la nostra "coscienza percettiva" scivola in avanti, dandoci l'illusione del "movimento" e del "tempo".
***
Tutto dipende dalla nostra scelta tra Eraclito e Parmenide!
***
Un saluto! :)
***

atomista non pentito

Un conto e' "quando succede " ed un conto e' "quando lo percepisco" , su questo sono assolutamente d'accordo, basta guardare un cielo stellato ed essere consapevoli che quell'immagine ( che e' la ns realta' soggettiva nel ns tempo soggettivo) e' una totale illusione , infatti se le distanze si misurano in migliaia , milioni di anni / luce quella che vediamo e' una immagine composta da molto tempo addietro ( e nemmeno uniforme/omogenea) pero' , a prescindere dall'osservatore esiste una sottostante realta' che genera l'illusione , realta' che ,ovviamente , nessuno in tutto l'universo potra' mai cogliere affidandosi ai sensi.

iano

#17
@Ciao Eutidemo.
Non si può dire che il tuo ultimo post manchi di interesse ( come tutti i tuoi post) quanto di coerenza.
Tuttavia devo notare che esso si basa su un assunto criticabile, e cioè che zero non valga come valore di una misura, e che anzi non sia proprio un valore.
Ma questa è cosa di cui abbiamo già discusso, di come lo zero abbia faticato e ancor fatichi ad essere ammesso fra i numeri, e prima ancora di lui la stessa unità.
Ciò vale più in generale per i concetti matematici nuovi, i quali faticano ad affermarsi, ma quando ci riescono non mancano poi di disegnare nuovi mondi che riescono a resistere alla verifica dei fatti, come quello che con le geometrie non euclidee ha disegnato Einstein.
Il mondo di Einstein però non ne esclude altri alternativi come quello quantistico, per cui, obtorto collo, a quanto pare Eraclito , Parmenide e compagnia possono coesistere.
Motivo per cui è da un po' che io ho smesso di cercare la verità dentro e con la filosofia, intesa in senso largo, scienza compresa, e siccome non vedo altri mezzi per cercarla , ho proprio smesso di cercarla.
Da un punto di vista matematico è ammesso rappresentare il presente con un punto purché poi non si creda che la rappresentazione del presente coincida con la sua realtà.

Ma questo vale per ogni cosa che rappresentiamo, presente compreso.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

paul11

 Detto in metafora, il tempo fisico è un metronomo che aiuta a collocare eventi dentro una storia che scorre; la percezione, in termini di coscienza , è la capacità di presentificare, seppur dentro il metronomo fisico( perché anche pensare dura un  tempo, anche parlare dura un tempo) eventi passati e futuri. Ma laddove gli eventi storicizzati fisicamente dal metronomo hanno avuto anch'essi percezioni di coscienza. Il che significa che l'emotività, la psiche, insomma la coscienza ha la capacità di riemozionare il passato nel presente e dare al futuro presentificato (mentre daccapo il metronomo continua a battere  il tempo fisico) un'emozione dell'ora e adesso pensando e quindi presentificando il futuro.
Il tempo nella coscienza ,per usare due termini di Bergson , ha durate e simultaneità che non appartengono al tempo fisico, essendo quest'ultimo neutro. Per cui il tempo di una giornata essendo vissuto prima di tutto dalla coscienza , ha durate inferiori, superiori o uguali a quello fisico.

Ipazia

Il tempo convenzionale della scienza, utile ai suoi calcoli, e il tempo antropologico non sono né commensurabili, né convertibili, perche hanno unità di misura diverse. Il tempo cronometrico ha come unità di misura grandezze convenzionali derivate da eventi astronomici. L'unità di misura del tempo antropologico è la vita umana, suddivisibile in sottomultipli di frammenti esistenziali. La verifica dell'incommensurabilità è facile confrontando il tempo cronometrico percepito durante una coda alle poste e durante un amplesso.

Quale dei due sia il tempo "vero" è materia oziosa per chi ha tempo da perdere. Ma dovendo fare riflessioni filosofiche ritengo più interessante nella sua variabilità, così simile al tempo atmosferico, e denso di significato,  il tempo antropologico.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr

Nella mia visione come ammetti anche tu in ouverture, del tempo fisico (o di quello biologico) non so che farmene.

Ma dalla mia posizione idealista, il tempo è esattamente la differenza tra t2 e t1.
Naturalmente devo partire da uno posizione successiva temporale, rispetto al mio percetto.
Lo spiega Hegel in ouverture, e lo vedremo insieme quando aprirò il gruppo di studio sulla fenomenologia.
Se vedo un albero, ma poi mi giro, non so più se quell'albero esiste ancora.
E' solo quando ritorno alla posizione originaria, che posso dire di rivedere lo stesso albero, più o meno.
Come direbbe Peirce che reinterpreta le categorie kantiane, è la serie inferenziale delle percezioni che costituisce quell'unità che chiamiamo a posteriori tempo.
Ma il tempo è un illusione.

Infatti la tua domanda è se esista o meno un t0.
Nella fenomenologia classica esso esiste, ed è la posizione originaria, da cui si costituisce la spirale dei pensieri.
Ossia è Dio.
Ma in realtà non esiste un soggetto che possa percepire un t0.
In quanto il soggetto inizia solo con t2, nemmeno con t1.
Vi è certo una relazione tale che t2-t1 da un nuovo t1 che deve aspettare un t3 etc...
Dunque il tempo esiste ma (in quanto soggetti) non sappiamo cosa è.

La relazione ipotetica tra t1 e t0 è il Dio Ur. La condizione primo-genitale, uterina, pre-fetale. E' la posizione dell'intero occidente (e ora anche dell'oriente).
Una posizione che Severino chiamava "folle". Concordo col nostro.

Per Severino il tempo è la necessaria negazione affinchè vi sia un soggetto.
Ma questo soggetto, è nichilista. In quanto si pensa immortale, in quanto figlio del Dio Ur.
In questa posizione non vi è salvezza alcuna.

Etc..etc...il tema del tempo come dello spazio è alla base di tanta ideologia e metafisica.
Si può assumere, ma con consapevolezza che si tratta di una ricostruzione, di una genealogia, il cui valore veritativo è pari allo zero, da cui deduce se stessa.

Vai avanti tu che mi vien da ridere

Eutidemo

Ciao Iano. :)
A dire il vero, io, con riguardo alla questione del tempo, io non ho mai parlato dello "zero", il quale, "matematicamente", è senz'altro un "numero" (quasi) come gli altri; non ho mai messo in dubbio una cosa del genere.
Vedi, al riguardo, il mio topic <<Lo "zero matematico", lo "zero fisico", lo "zero metafisico" e l'"Uno">>.
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/lo-'zero-matematico'-lo-'zero-fisico'-lo-'zero-metafisico'-e-l''uno'/msg51930/#msg51930
***
Per quanto, però, riguarda il "tempo percepito", "zero secondi" è un tempo assolutamente "non percepibile"; e, quindi, ai fini del presente topic denominato <<il tempo "percepito">>, è esattamente "tamquam non esset"!
***
Per questo dicevo che cercare di "cogliere l'attimo fuggente", in realtà, è come cercare di "abbracciare un fantasma"!
***
Un saluto! :)
***

iano

#22
Citazione di: Eutidemo il 23 Settembre 2021, 06:06:16 AM
Ciao Iano. :)
A dire il vero, io, con riguardo alla questione del tempo, io non ho mai parlato dello "zero", il quale, "matematicamente", è senz'altro un "numero" (quasi) come gli altri; non ho mai messo in dubbio una cosa del genere.
Vedi, al riguardo, il mio topic <<Lo "zero matematico", lo "zero fisico", lo "zero metafisico" e l'"Uno">>.
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/lo-'zero-matematico'-lo-'zero-fisico'-lo-'zero-metafisico'-e-l''uno'/msg51930/#msg51930
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Per quanto, però, riguarda il "tempo percepito", "zero secondi" è un tempo assolutamente "non percepibile"; e, quindi, ai fini del presente topic denominato <<il tempo "percepito">>, è esattamente "tamquam non esset"!
***
Per questo dicevo che cercare di "cogliere l'attimo fuggente", in realtà, è come cercare di "abbracciare un fantasma"!
***
Un saluto! :)
***
È quel quasi che mi preoccupa, infatti.😅
Lo spunto che ci dai è comunque non banale e molto stimolante.
Non si può non considerare infatti che l'essere è dato nel presente, e che se questo non esiste allora l'essere non è. Non vi è alcun oggetto.
Si può ancora notare che proprietà attribuite agli oggetti, come ad esempio una velocità, non sarebbero proprie dell'oggetto, come cosa esistente nel presente.
Infatti a rigore , per la fisica, esiste solo ciò che si misura, e ciò che si misura è una velocità media, non riferita quindi ad un oggetto propriamente detto, come esistente nel presemte, ma dentro ad un intervallo temporale non nullo, e quindi non esistente nel presente , e quindi come non esistente.
Per poter attribuire all'oggetto una velocità istantanea occorre eseguire un calcolo infinitesimale, come processo al limite, riferito quindi ad un oggetto che però esiste in un tempo che non è limitato al presente.
Se possiamo, seppure indirettamente, attribuire una velocità istantanea, ad un oggetto, ciò prova che l'oggetto esiste, perché ne abbiamo prova indiretta, pur non avendone percezione istantanea.
Ciò dimostra che la nostra percezione, che sia quella sensibile o quella scientifica, prevede stratificazioni alla cui superficie sta ciò che appare.
Se occorreva una prova che il nostro rapporto con la realtà è indiretto ne abbiamo appena adesso illustrata una.
Percezione sensibile o scienza non fa' sostanziale differenza.
Sono modi diversi di fare  la stessa cosa per tramiti stratificati.
In conclusione, o non esitono gli oggetti come li definiamo, come esistenti nel presente, o, se esistono, non hanno una velocità, e magari chissà' quanti altri attributi che gli riconosciamo chiudendo tre occhi.
Quando definiamo un oggetto lo facciamo con precisione e rigore, ma quando il gioco fuori dalle definizioni si fa' reale gli oggetti mostrano insospettabile flessibilità, fino a perdere la loro fisionomia.
Eppure è come se avessero un loro "io" che c'è lì fa' individuare , come quando incontriamo un amico dopo tanti anni, trasformato, eppure è proprio lui, senza dubbio.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Eutidemo

Citazione di: iano il 23 Settembre 2021, 23:20:40 PM
Citazione di: Eutidemo il 23 Settembre 2021, 06:06:16 AM
Ciao Iano. :)
A dire il vero, io, con riguardo alla questione del tempo, io non ho mai parlato dello "zero", il quale, "matematicamente", è senz'altro un "numero" (quasi) come gli altri; non ho mai messo in dubbio una cosa del genere.
Vedi, al riguardo, il mio topic <<Lo "zero matematico", lo "zero fisico", lo "zero metafisico" e l'"Uno">>.
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/lo-'zero-matematico'-lo-'zero-fisico'-lo-'zero-metafisico'-e-l''uno'/msg51930/#msg51930
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Per quanto, però, riguarda il "tempo percepito", "zero secondi" è un tempo assolutamente "non percepibile"; e, quindi, ai fini del presente topic denominato <<il tempo "percepito">>, è esattamente "tamquam non esset"!
***
Per questo dicevo che cercare di "cogliere l'attimo fuggente", in realtà, è come cercare di "abbracciare un fantasma"!
***
Un saluto! :)
***
È quel quasi che mi preoccupa, infatti.😅
Lo spunto che ci dai è comunque non banale e molto stimolante.
Non si può non considerare infatti che l'essere è dato nel presente, e che se questo non esiste allora l'essere non è. Non vi è alcun oggetto.
Si può ancora notare che proprietà attribuite agli oggetti, come ad esempio una velocità, non sarebbero proprie dell'oggetto, come cosa esistente nel presente.
Infatti a rigore , per la fisica, esiste solo ciò che si misura, e ciò che si misura è una velocità media, non riferita quindi ad un oggetto propriamente detto, come esistente nel presemte, ma dentro ad un intervallo temporale non nullo, e quindi non esistente nel presente , e quindi come non esistente.
Per poter attribuire all'oggetto una velocità istantanea occorre eseguire un calcolo infinitesimale, come processo al limite, riferito quindi ad un oggetto che però esiste in un tempo che non è limitato al presente.
Se possiamo, seppure indirettamente, attribuire una velocità istantanea, ad un oggetto, ciò prova che l'oggetto esiste, perché ne abbiamo prova indiretta, pur non avendone percezione istantanea.
Ciò dimostra che la nostra percezione, che sia quella sensibile o quella scientifica, prevede stratificazioni alla cui superficie sta ciò che appare.
Se occorreva una prova che il nostro rapporto con la realtà è indiretto ne abbiamo appena adesso illustrata una.
Percezione sensibile o scienza non fa' sostanziale differenza.
Sono modi diversi di fare  la stessa cosa per tramiti stratificati.
In conclusione, o non esitono gli oggetti come li definiamo, come esistenti nel presente, o, se esistono, non hanno una velocità, e magari chissà' quanti altri attributi che gli riconosciamo chiudendo tre occhi.
Quando definiamo un oggetto lo facciamo con precisione e rigore, ma quando il gioco fuori dalle definizioni si fa' reale gli oggetti mostrano insospettabile flessibilità, fino a perdere la loro fisionomia.
Eppure è come se avessero un loro "io" che c'è lì fa' individuare , come quando incontriamo un amico dopo tanti anni, trasformato, eppure è proprio lui, senza dubbio.
Il tuo è un ragionamento molto appropriato; e, almeno secondo me, pienamente condivisibile.
In particolare mi è piaciuta la tua formulazione "Ci sono modi diversi di fare  la stessa cosa per tramiti stratificati."
;)

green demetr

Citazione di: iano il 23 Settembre 2021, 23:20:40 PM

Eppure è come se avessero un loro "io" che c'è lì fa' individuare , come quando incontriamo un amico dopo tanti anni, trasformato, eppure è proprio lui, senza dubbio.

Oddio Iano  è proprio la posizione di Husserl! Io però lo chiamo il "delirio di Husserl".
Infatti se è vero che l'oggetto si dà misteriosamente a noi, è anche vero che questo mistero è nel soggetto che noi non siamo, è proprio la nostra spiritualità che è in ballo, cioè è l'io spirituale che percepisce e non il soggetto percepente, e l'oggetto che volontariamente si fa percepire in una sola parola l'intenzionalità (husserliana).
Soggetto (sintesi positiva) e l'oggetto (sintesi passiva) che si incontrano dietro l'oggetto, prima ancora che lo percepiamo direttamente, lo immaginiamo cioè.
In queste regioni dello stratificato, come lo avete chiamato, risiede ancora molta filosofia ontologia a venire. Bravi.
Io rimango invece al mio quadrato che sono un soggetto in un tempo determinato.
;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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