IL RUOLO DOMINANTE E DECISIVO DELL’OSSERVATORE NELL’UNIVERSO

Aperto da Mario Barbella, 02 Aprile 2017, 20:50:58 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Mario Barbella

IL RUOLO DOMINANTE E DECISIVO  DELL'OSSERVATORE NELL'UNIVERSO
Chi è l'Osservatore e chi, invece, l'osservatore (quest'ultimo nel senso comunemente inteso del termine)?
            Mentre l'osservatore, ovvero proprio ciò che comunemente s'intente con questo termine, è semplicemente colui o colei che osserva, discute, manipola, pensa, in una parola, osserva in senso pratico e quotidiano le molteplici evoluzioni delle cose del mondo, la notazione di Osservatore, invece, vuole alludere ad un'entità più astratta intesa come una specialissima sintesi dell'insieme di ciò che comunemente s'intende col termine al plurale di osservatori (cioè l'insieme degli oggetti comunemente noti, appunto, come tali e facenti inevitabilmente parte dell'universo). Con una metafora aritmetica si direbbe che: "l'Osservatore sta all'osservatore come il Legislatore sta al gruppo di funzionari addetto a redigere i testi delle leggi decise da un organo legislativo ufficiale". Da questo tentativo metaforico di definizione deriva, prima di ogni altra cosa, l'unicità dell'Osservatore col e nel suo Universo, inteso, questo, in tutta la sua complessità, totalità e, appunto, unicità, talché il solo ipotizzare la possibilità, non dico di un altro universo, ma di qualsiasi cosa ideale o reale che non sia inclusa nell'unico Universo,è semplicemente una banale contradizione logica anche perché il fatto stesso che l'Osservatore accenni o pensi ad una tale possibilità subito include, quanto pensato o immaginato, nell'unico Suo Universo facendone un oggetto di questo, non importa se classificabile come immaginario, reale oppure semplice errore.
            Per quanto detto, l'Osservatore è necessariamente ente interno del Suo universo e non esterno, come si è indotti a pensare per ovvie motivazioni pratiche, infatti è più facile per l'Osservatore supporre di poter gestire (osservare) un sistema standone al di fuori, cioè senza coinvolgersi nelle involuzioni del sistema che osserva e che proprio l'osservazione (intesa, in senso lato, come azione attiva su qualcosa)modifica. Se si fa attenzione al senso fondamentale di ciò che stiamo dicendo, l'Osservatore non solo è parte, ma, è proprio l'Universo stesso e non lo si potrebbe pensare diversamente.
Quando dice "sistema" l'Osservatore allude automaticamente ad una qualche struttura logicamente intrecciata di "sentiti" percepiti ovvero "principi", questi, intesi come anelli di catene logiche di cause ed effetti. Se si pensa al sistema Universo, i sentiti non sono che i normali principi di base o di riferimento scelti in modo che la logica del sistema sia soddisfacente per l'Osservatore, giudice unico del suo universo ancorché consapevole della debolezza della sua Conoscenza, cioè del suo dominio sull'Universo. Qui si potrebbe addurre la facile obiezione classica che bandisce tassativamente, nel parlar di cose con qualche riguardo scientifico, concetti non matematizzabili come soddisfazione, gradimento, bellezza, semplicità, facilità e così via. Ciò poteva valere prima dei tempi –non remoti- di Planck, W. Pauli, di W. Heisenberg ed altri notevoli geni del primo ventennio del '900, cioè dell'avvento e lo sviluppo storico del "quantum" energetico; oggi bisognerebbe fare attenzione su questo punto per evitare gaffe prima impensabili. Per convincersi di questo problema bisogna soprattutto abituarsi ad accettare l'inevitabile centralità ed onnipresenza dell'Osservatore in ogni passo della vita dell'Universo, il ché implica il ripensamento della storica e sacrale certezza attribuita alla "prova sperimentale", detta pure "prova oggettiva" quale conferma estrema della verità di qualsivoglia affermazione.
Chi potrebbe mettere in discussione tale prova? Ebbene, la sua validità sussiste solo se convince appieno l'Osservatore, ma è limitata alla durata ed alla forza di questo convincimento (si noti, per inciso, l'uso, appena fatto, di termini come durata e forza, che sono i sentiti difficilmente definibili in senso generale e che perciò indebolirebbero le certezze formali di cui discutiamo). L'Osservatore è, dunque, consapevole delle complesse difficoltà che minano il suo già flaccido "dominio" (= Conoscenza) dell'Universo, parimenti  parziale e flaccida.Una prova, quale che sia, è tale solo dopo il convincimento dell'Osservatore universale.
A proposito del termine "flaccidità" valga questa metafora: immaginiamo un non vedente che stringa in una mano un grosso fascio di guinzagli di lunghezza da pochi centimetri a diversi chilometri, ciascuno con un cagnetto all'estremità; questi guinzagli sanciscono sicuramente l'assoluta titolarità formale del tale sui suoi cani ma pure sanciscono la incertezza del suo dominio o potere su di essi: l'incertezza ordinaria ma continua del controllo a distanza mediante guinzagli è aggravata dalla flaccidità, cioè della discontinuità del controllo stesso che s'interrompe quando i guinzagli non sono percepiti in tensione. Va meglio per il dominio sui pochi cani con brevissimo guinzaglio. La metafora simulerebbe, senza pretese di rigore, soprattutto l'idea della struttura Universo-Osservatore-Universo. Da precisare che nella metafora, la parte osservabile dell'Universo, va dal corpo del proprietario dei cani fino ai cani stessi, tramite il braccio, lo spazio, i guinzagli e i cani stessi, il tutto, però è completato e consacrato dalla mente cosciente, cioè dalla singolarità dell'IO (l'Osservatore universale unico) che è anche il centro di riferimento assoluto del sistema ma è anche l'altra faccia della moneta Universo. La flaccidità, o conoscenza debole e discontinua dell'Osservatore, potrebbe essere anche misurata dall'inverso della lunghezza media dei guinzagli, ma ciò lo diciamo qui  ai soli fini esplicativi del concetto di "Conoscenza" (ovvero: capacità di dominio dell'Osservatore), argomento su cui insistiamo.
Il problema fondamentale della lamentata debolezza complessiva dell'Universo, quindi, dell'Osservatore universale, appare evidente proprio nel linguaggio usato in questa riflessione: nessuna parola usata, infatti, risulta rigorosamente definita nei suoi significati precisi né prima né dopo l'uso stesso, ma se pure avessimo voluto farlo, a quali altri termini avremmo dovuto e potuto ricorrere se non abbondantemente agli stessi già qui usati e ad altri della stessa natura? Però qualcuno potrebbe innocentemente rispondere: "alla matematica!", altri, con maggior riflessione, farebbero invece riferimento ai più vaghi contesti circostanziali in cui le stesse parole sono state o potrebbero esserlo, anche rimescolandole con altre, in nuovi contesti di difficoltà pratiche e teoriche. Se prendessimo per buona la prima risposta, "la matematica", dichiareremmo solo di non aver approfondito l'analisi di cosa sia il linguaggio matematico, infatti, pur senza entrare nei dettagli delle sue definizioni, che pure mostrerebbero qualche punto deboluccio: definizioni e teoremi si avvalgono di termini, idee e concetti non esprimibili solo con termini rigorosamente matematici ma, anche dagli stessi termini usati in queste riflessioni (non rigorose) e in altre argomentazioni simili.
Una conclusione importante di questa parte della riflessione ci porta direttamente alla questione centrale del come considerare abbastanza correttamente il sistema, anzi, l'auto-sistema universale unico "IO-Universo". Sistema la cui caratteristica essenziale sta nell'auto-referenza e nell'autocoscienza globali, il tutto incentrato sulla singolarità di riferimento universale assoluto che è l'Osservatore universale cioè sull'IO, unico responsabile e giudice assoluto delle scelte del suo agire (osservare). Va qui evidenziato che l'Osservatore giudica "vera" qualsiasi cosa che giudica logicamente coerente col Suo sistema.  L'Osservatore è bensì cosciente della debolezza del suo potere conoscitivo sicché rimane disponibile per possibili revisioni del Suo giudizio, revisioni che potrebbero riguardare , si, una precedente accettazione, ripudiandola o adattandola mediante variazioni opportune, ma anche adattando il sistema (universo) sicché possa ospitare quell'oggetto logico che vorrebbe "vero". Insomma l'Osservatore vuole un Universo il più possibile di suo gradimento. Forse ciò è una risposta alla meraviglia di Einstein e di altri, per la inspiegabile ottima coerenza della matematica con moltissimi fatti naturali.
La centralità dell'Osservatore si evidenzia concretamente nel quadro scientifico e matematico, e non solo, se consideriamo almeno che sono sue decisioni o scelte:
·        La scelta e la decisione dell'azione e/o della ricerca in rapporto agli scopi voluti dall'Osservatore stesso
·        La definizione di una teoria dimostrativa che dovrebbe fornire dati o segni che sono, a priori, giudicati idonei perché l'Osservatore possa stabilire il grado di successo della sua teoria, ovvero della prova sperimentale, tenuto conto dei mezzi operativi disponibili
·        Il giudizio conclusivo sul grado di soddisfazione conseguito dall'Osservatore grazie all'esito della procedura sperimentale attuata e dell'efficacia dimostrativa effettiva dei fatti e dei segni che sono derivati dal ciclo sperimentale.
Bastano queste poche note per capire che anche le così dette "scienze esatte" sono tali solo se così vengono sentite ovvero percepite dal giudice assoluto ed autocritico che è l'Osservatore. E' chiaro che il valore positivo o gradimento dell'Osservatore deriva dal grado di soddisfazione delle prove stabilite e valutate sempre dall'Osservatore medesimo. L'autoreferenza circolare dell'Universo è evidente.
Va notato che il termine di "sentito", qui spesso usato, è cruciale per queste considerazioni; lo è per il fatto che, pur percezione intima e generalmente indefinibile ed indiscussa, proprio per questo il sentito viene accettato come principio o riferimento base per l'Osservatore e l'osservazione. I sentiti, quando sembrano non collegati l'un l'altro, possono essere assunti come principi di riferimento, sono convincenti agganci in tutti gli ambiti logici compreso il linguaggio matematico; basti, in proposito, menzionare la definizione di "retta" negli "Elementi" di Euclide dove si legge, pressappoco, che la linea retta è definita tale se permane immutata (all'Osservatore) quando viene ruotata su se stessa, più tardi si sono cercati criteri più rigorosi per questa parte della definizione. Si capisce, comunque, che forse sarebbe valso dire che il concetto di "retta" è semplicemente un sentito e così accettato come credibile dall'Osservatore e senza tema di contro-osservazioni.
Va, per inciso notato, lasciando tuttavia a chi legge le sue interpretazioni e le sue riflessioni, che un "sentito è pure quello di "spiritualità".
Abbiamo qui pensato l'Osservatore come l'Universo nella sua totalità ma anche come l'osservatore di Sé stesso, oppure come centro nonché sistema di riferimento assoluto che compendia e, nello stesso tempo, inquadra la struttura logica quale è, appunto, l'Universo. Potremmo dilungarci in un mare, sempre incompleto, di definizioni, ciò però rafforza la convinzione che questo mostro di autoreferenzialità, quale è l'Osservatore, cioè l'IO cioè l'Universo,non può essere definito, ma come potrebbe esserlo rigorosamente se una eventuale definizione è pur essa un oggetto facente parte dell'universo? Per uscire questo difficile impasse ecco che l'Osservatore conclude definendo l'Universo un sentito di Sé stesso, sulla base o riferimento del quale tutti gli altri tanti sentiti trovano sostegno, riferimento e giustificazione. Con questa conclusione abbiamo conferito autorevolezza all'Osservatore ma così lo abbiamo anche messo in difficoltà peggiori di quanto qui potremmo pensare. Penso immediatamente alla instabilità dell'importantissimo riferimento che è il linguaggio e segnatamente il linguaggio matematico, un emblema ideale di stabilità. L'instabilità di questo particolarissimo sistema sta nel suo essere ancorato nell'interno del sistema Universo che si modifica anche in conseguenza del linguaggio stesso, quasi come una barchetta in mare che cambia, spesso in modo incontrollabile, il suo assetto in conseguenza dei movimenti di chi, in piedi sul di essa,  cerca di guidarla verso una precisa direzione. Questo fatto fu vissuto, forse senza una precisa consapevolezza di operare in questa sorta di difficoltà, proprio da Einstein alle prese con la Relatività generale. Questo problema fu brillantemente risolto grazie, fra l'altro, alla valorizzazione del concetto di tensore. Einstein era però consapevole di operare (osservare) dal di dentro il sistema in osservazione, non dall'esterno come avveniva ed avviene secondo i canoni della fisica classica, forse qui stanno buona parte delle radici del successo delle idee di Einstein. Il tensore, lo preciso brevemente per chi non avesse nessunissima conoscenza del lavoro di Einstein, è una specie di vettore-guida che contiene in sé le informazioni necessarie per dirigere un corpo in movimento nello spazio-tempo determinandone la traiettoria di fatto. Il tensore è, dunque, un guidatore automatico di un automezzo, che percorre uno spazio aperto, senza strade tracciate, decidendo, punto per punto, l'evoluzione della traiettoria effettiva, in base ad elaborazioni delle situazioni puntuali del percorso di massima, obiettivo voluto dall'Osservatore, e secondo le informazioni che il tensore ha in sé.   
Va notato un fatto importante: l'Osservatore decide sia gli obiettivi del percorso, sia il contenuto del tensore, il tutto tenendo conto degli obbiettivi fissati. Si noti come il cerchio si chiude (sperabilmente bene) secondo il giudizio conclusivo dell'Osservatore. Questa conclusione è riassunta in questa equazione paradigmatica:
                         Rab- (1/2)Rgab = -8πGTab'.
Per semplice curiosità, In questa equazione T è il simbolo del tensore.
Qualsiasi giovane studente di fisica ben presto capisce che questa equazione è poco adatta ad un'applicazione di calcolo diretto, perché è solo una sintesi rappresentativa, seppure elegante, del complesso filo logico della relatività a cui lo studioso applicativo deve ispirarsi per poi fissare i limiti e i dettagli da studiare, sulla base dei quali scrivere poi le equazioni effettive per il calcolo applicativo.

:)  
Un augurio di buona salute non si nega neppure a... Salvini ! :)
A tavola potrebbe pure mancare il cibo ma... mai il vino ! Si, perché una tavola senza vino è come un cimitero senza morti  ;)  (nota pro cultura (ed anche cucina) mediterranea)

salvatore

ma l'Osservatore non potrebbe essere l'>Essere e l'osservatore l'ente? come il mare e le sue onde?

Eutidemo

Dovreste dare un'occhiata al lungo scambio di post tra SGIOMBO e me, nel TOPIC "Aldilà dell'aldilà", che, mi sembra, avrebbe forse trovato allocazione più corretta in questo TOPIC (per chi è interessato all'argomento). :)

Discussioni simili (5)