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Il ruolo della filosofia

Aperto da paul11, 09 Marzo 2020, 00:44:16 AM

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Ipazia

Citazione di: paul11 il 30 Marzo 2020, 18:23:36 PM
@ipazia
sono d'accordo sul post  meno che sul termine adeguamento(adaequatio...). Lo trovo, almeno per me, troppo approssimativo

"adaequatio" è corrispondenza, non adeguamento. In mezzo tra i due sta la verità.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

giopap

#61
CitazioneIpazia



La "adaequatio rei et intellectus" è esaustiva del concetto di verità. Perchè funzioni è necessario definire rigorosamente il res e il suo campo di esistenza e contrapporvi un intelletto onesto, ermeneuticamente consapevole dei propri pregiudizi e capace di non farsi da essi sopraffare. Sospendendo il giudizio qualora gli elementi probatori non siano adeguati al paradigma veritativo necessario. E rivedendolo quando ulteriori elementi modifichino il campo di esistenza dell'oggetto indagato.
Paul11
sono d'accordo sul post  meno che sul termine adeguamento(adaequatio...). Lo trovo, almeno per me, troppo approssimativo[/size]
Ipazia
"adaequatio" è corrispondenza, non adeguamento. In mezzo tra i due sta la verità.
Concordo in pieno con l' iniziale definizione di Ipazia (mi pare ripresa dalla vecchia Scolastica).


Invece non capisco (e chiedo chiarimenti) in che senso la verità non starebbe nella corrispondenza ma in questa per me oscura via di mezzo fra corrispondenza e adeguamento, concetto che a me pare caratterizzato da una componente attiva da parte del soggetto.
Attivamente modificatrice (tecnica), non semplicemente attivamente ricercatrice che é implicata ovviamente anche nella ricerca della corrispondenza e comprende l' importante ruolo della verifica pratica (prassi); e per questo in qualche misura "minata" (a mio parere) da soggettivismo e relativismo epistemologico (che personalmente disapprovo, come mi pare evidente).



Ipazia

Perché la corrispondenza scientifica contiene sempre un margine di errore, pure stimabile, mentre la corrispondenza metafisica della Scolastica nol consente. Le verità scientifiche adeguano il modello teorico alla realtà cercando la miglior corrispondenza tecnicamente ed ontologicamente  possibile.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

giopap

Dunque corrispondenza limitata, relativa (concordo).

Phil

Citazione di: paul11 il 30 Marzo 2020, 18:23:36 PM
sai bene che non ci si è mossi più di tanto dal Tractaus di Wittgenstein nell'analitica.
Per quel che so, lo stesso Wittgenstein si è mosso abbastanza scrivendo in seguito le Ricerche filosofiche, ben differenti dal Tractatus (tanto quanto il formalismo lo è dal pragmatismo); gli altri autori si sono mossi ancor di più (filosofia della mente, epistemologia, scienze sociali, etc.).

Citazione di: paul11 il 30 Marzo 2020, 18:23:36 PM
E se le parole per lui e gli analitici devono  essere fondate sulla dimostrazione e giustificazione  di quel che vedono gli occhi e non la mente, ovvero nel dominio sensibile, lascio i S. Tommaso a cercarsi le piaghe mistiche esistenziali.
Non è solo questo ciò che propongono gli analitici; ad esempio, c'è tutta la storia dei carrelli e dei binari (trattata in altro topic) a dimostrarlo; o anche la logica deontica, per chi non ama gli esperimenti mentali ma vuole prescindere dall'empirico; cercando troverai che la filosofia analitica non è solo filosofia del linguaggio (il che non sarebbe comunque poco, a mio giudizio, essendo ogni filosofia, prima di tutto, linguaggio).
Oggi inizia a diffondersi anche la consulenza filosofica (Achenbach) per lenire le piaghe esistenziali.

Citazione di: paul11 il 30 Marzo 2020, 18:23:36 PM
Il principio fondante  è la verità incontrovertibile ed assoluta.
[...]
Il filosofo si trova a relazionare fra una verità assoluta di un principio che governa l'intero universo, lo sente come reale, ma la mente non è in grado di svelarla, ma di avvicinarsi.
C'è una verità quindi inconfutabile e c'è un uomo interpretante che ha necessità di leggerla ,ma senza possibilità di svelarla.


Non è solo un fatto esistenziale, perché senza la verità reale, non esiste la regola e l'ordine per poter definire le virtù morali che a loro volta dovrebbero governare l'organizzazione umana, la sua stessa vita.
[...]
La verità filosofica è molto di più di una definizione da wikipedia per tutte le babele linguistiche.
E' l'essere stesso.
Passi che illustrano limpidamente la differenza paradigmatica e logica fra continentali ed analitici: l'appello a un "sentire" l'assoluto nel reale, il compito titanico di una filosofia bifronte in quanto metà fisica e metà trascendente, l'esigenza di un fondamento perenne che produce una certa circolarità (e non solo ermeneutica), l'appello all'ontologia della verità, etc.
D'altronde, essendo proprio abitanti di Babele, alcuni credono di saper parlare la "vera" lingua (la loro), altri, con velleità meno zetetiche, preferiscono fare solo gli interpreti (in tutti i sensi); è noto che la verità, come la fede, rende forti, mentre l'interpretazione rende deboli (o è forse il contrario? Questione, appunto, di interpretazioni).

Sulla verità segnalo anche un altro saggio della D'Agostini, piacevolmente divulgativo, in cui la coniuga con l'eristica e una "pedagogia aletico-democratica":
https://pdfs.semanticscholar.org/e9f3/b7632c745e87901404d61a1392bab31c5abc.pdf
Per come la interpreto (viziato dalla mie tendenze), si potrebbe partire da queste premesse per ammiccare, più che al funzionalismo dell'adaeguatio, al finzionalismo della «filosofia del come se» (Vaihinger).


P.s.
Nota sull'adaequatio: nella Summa Teologica, il passo successivo da cui è tratto l'aforisma (Tommaso lo attribuisce a Isacco Israeli) è forse meno realista di quanto sia stata strumentalizzata la citazione (sostituendo a Dio la psiche o la mente) e chiama in causa il concetto di «misura» (Protagora sorride nella tomba):
«D'altra parte una cosa non si dice vera se non in quanto è adeguata all'intelletto, per cui il vero si trova nelle cose in secondo luogo, in primo luogo invece nell'intelletto. Ma bisogna sapere che la cosa si rapporta in un modo all'intelletto pratico e in altro a quello speculativo; l'intelletto pratico infatti causa le cose, per cui è la misura delle cose che mediante esso vengono fatte, mentre l'intelletto speculativo, dato che attinge dalle cose, è in certo qual modo mosso dalle cose stesse, e cosi le cose lo misurano; per cui appare chiaro che le cose naturali, da cui il nostro intelletto riceve la scienza, misurano il nostro intelletto, come è detto nella Metafisica, ma sono misurate dall'intelletto divino, nel quale tutte le cose si trovano come tutti gli artefatti nella mente dell'artefice: cosi dunque l'intelletto divino è misurante non misurato, la cosa naturale invece misurante e misurata, il nostro intelletto infine misurato e non misurante le cose naturali, ma [misurante] soltanto quelle artif‌iciali.» (S. Tommaso D'Aquino, Le Questioni disputate, vol. 1).

Ipazia

Citazione di: Phil il 05 Aprile 2020, 12:32:05 PM
P.s.
Nota sull'adaequatio: nella Summa Teologica, il passo successivo da cui è tratto l'aforisma (Tommaso lo attribuisce a Isacco Israeli) è forse meno realista di quanto sia stata strumentalizzata la citazione (sostituendo a Dio la psiche o la mente) e chiama in causa il concetto di «misura» (Protagora sorride nella tomba):
«D'altra parte una cosa non si dice vera se non in quanto è adeguata all'intelletto, per cui il vero si trova nelle cose in secondo luogo, in primo luogo invece nell'intelletto. Ma bisogna sapere che la cosa si rapporta in un modo all'intelletto pratico e in altro a quello speculativo; l'intelletto pratico infatti causa le cose, per cui è la misura delle cose che mediante esso vengono fatte, mentre l'intelletto speculativo, dato che attinge dalle cose, è in certo qual modo mosso dalle cose stesse, e cosi le cose lo misurano; per cui appare chiaro che le cose naturali, da cui il nostro intelletto riceve la scienza, misurano il nostro intelletto, come è detto nella Metafisica, ma sono misurate dall'intelletto divino, nel quale tutte le cose si trovano come tutti gli artefatti nella mente dell'artefice: cosi dunque l'intelletto divino è misurante non misurato, la cosa naturale invece misurante e misurata, il nostro intelletto infine misurato e non misurante le cose naturali, ma [misurante] soltanto quelle artif‌iciali.» (S. Tommaso D'Aquino, Le Questioni disputate, vol. 1).

Che gli Scolastici fossero maestri di epistemologia non ne ho mai dubitato. Basti pensare al rasoio.

Da incorniciare il nerettato. Se Bellarmino l'avesse meditato meglio, avrebbe visto Galileo in tutt'altra luce. Ma forse il Bellarmino, che da giovane si dette da fare per salvare Giordano Bruno, da vecchio avrà rivalutato la lezione del suo antico maestro inquisitore, decidendo secondo scienza piuttosto che coscienza, che Roma val bene un'abiura. Della sua stessa ragione.
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Sariputra

#66

«allo sbocciare della Hikmat [disvelamento della Sapienza] il sapere si muta in visione»;


Io sono quel falco di cui i cacciatori del mondo

hanno bisogno in ogni momento:

la mia preda sono le gazzelle dagli occhi neri

ché il sapere è come le  lacrime degli occhi:

davanti a me scompare il senso letterale,

presso di me si illumina il senso vero.


Shihab ud-Din YahyaSuhrawardi: condannato a morte ad Aleppo nel 1191, aveva dedicato la breve vita (36 anni) all'esplorazione delle possibili vie per conciliare la koiné platonico- eripatetica ereditata dalle scuole greche e già rielaborata da Avicenna, e la mistica sufi  dell'annientamento, alla luce di una ricerca dominata dall'idea-guida dell'Oriente musulmano, la dottrina chiamata ishraq.


Ho sempre visto la filosofia come la cerca della sapienza. Sapienza nel senso di dote, oltre che intellettuale, anche spirituale e morale, intesa quindi come saggezza unita a oculato discernimento nel giudicare e nell'operare, sia sul piano etico, sia sul piano della vita pratica. Ormai è una definizione desueta , ma che si ritrova ancora in forma moderna in alcuni filosofi contemporanei. Mi viene in mente, visto che ho letto qualcosa di suo in questi giorni, la Arendt, per esempio, in cui la speculazione s'intreccia con una forte visione etico-storica, e quindi necessariamente anche pratica...Pensiamo poi alla necessità di saggezza nelle scelte etiche da operare in questa pandemia, in cui l'interesse per il bene dei vecchi va a collidere con il diritto alla libertà dei giovani, allo studio, financo all'amore, visto che è Primavera e che la vita si (dovrebbe) rinnovare, praticamente non colpiti da questa malattia naturale...L'etica diventerà nel futuro prossimo il terreno sul quale la sapienza filosofica dovrà maturare scelte, anche difficili, visto il probabile massiccio uso delle limitazioni alla libertà individuale al quale assisteremo, ben oltre la fine dell'epidemia, in quanto come status isolato ( e ben controllabile..) dell'uomo contemporaneo..."homo mappabilis"...(google traduttore dice "Homo mappable".. ;D  Poveraccio!)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Ipazia

Tornando alla casa materna ho incontrato questo testo, consigliato da Phil, o forse nel consiglio c'era solo l'argomento: l'infosfera.

Un libro importante che partendo quatto quatto da domande basilari:

1) Che cosa è una domanda filosofica
2) Che cosa è una risposta filosofica


invita a rivisitare l'abc della filosofia fornendo un armamentario strumentale utile per elevarsi dal livello conversativo, cominciando ad annusare l'odore di un approccio filosofico più strutturato. Ci si inoltra quindi verso il cuore della questione:

3) La filosofia come design concettuale

con 5 succinti corollari:

4) Cinque lezioni filosofiche

L'intenzionalità dell'opera è nelle Conclusioni

CitazioneLa storia della filosofia assomiglia un po' a un'onda sinusoidale (o a una montagna russa, se si preferisce). Va su e poi giù, e poi di nuovo su e giù. I momenti di picco, la cresta dell'onda, sono i periodi innovativi, in cui abbiamo a che fare con i problemi filosofici. Si tratta di quei periodi in cui la filosofia è impegnata ad affrontare problemi aperti e fondamentali per il nostro tempo. Quando ha successo, la filosofia finisce per innamorarsi della propria immagine, che è indubbiamente bella e attraente per ogni mente speculativa. I momenti di basso, il ventre dell'onda, sono i periodi scolastici, quando abbiamo a che fare con i problemi dei filosofi.

L'infosfera corrisponde ad una cresta filosofica del nostro tempo secondo l'autore. Un'occasione da non perdere per gli amanti del surf metafisico filosofico.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

cvc

#68
Una questione che mi intriga riguardo alla filosofia è se la filosofia sia da considerarsi un fenomeno intellettuale.
Guardando le filosofie orientali, per esempio, dove la filosofia si fonde con la religione, è indubbio che la filosofia sia una pratica che coinvolge la sfera intellettuale. Ma all'interno del suo ambito dominante - la meditazione - l'intellettualità si divide il ruolo di protagonista con la spiritualità, l'esercizio e in generale è un fenomeno che coinvolge molto la fisicità (impostazione corporea, alimentazione, respiro, ecc)
Seguendo la nascita della filosofia greca, per certi versi, la filosofia sembra sorgere come la ricerca o l'ancorarsi ad uno stato d'animo: il sentimento della verità, dello stare nella verità, salda e incontrovertibile.
Ci sono atteggiamenti nella filosofia antica che paiono contrastare in modo evidente con l'intellettualismo astratto che la materia filosofica ha via via assunto sempre più.
Penso ad Epicuro, nella cui scuola, agli adepti meno eccelsi, veniva detto che era sufficiente imparare a memoria alcune massime del Maestro della Scuola per essere sempre nella verità.
Penso a Marco Aurelio che nei suoi Ricordi faceva uso della fisica come strumento per raggiungere uno stato d'animo, l'apatia stoica.
Da Platone im poi, con la ricerca del puro intelleggibile, della realtà non percepita dai sensi, con la nascita della metafisica, col disprezzo in un certo senso della natura che ha valore solo come imitazione della perfezione dell 'idea, la filosofia è diventata nel tempo un fenomeno sempre più intellettuale.
Ma la filosofia, forse, andrebbe vista - anche quando si indugia nel particolare - sempre nella sua interezza, nel suo stare insieme. Per non perdere il significato della sua origine, come scrive Severino nella sua Storia della Filosofia.


Saluti.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Ipazia

Citazione di: cvc il 16 Aprile 2020, 16:42:28 PM
Una questione che mi intriga riguardo alla filosofia è se la filosofia sia da considerarsi un fenomeno intellettuale...

La filosofia è diventata un fenomeno intellettuale quando si è lasciata sedurre dal serpente del logos che le prometteva una vita eterna nel mondo delle idee. Ma non è nata così, non è quella la sua natura e i filosofi hanno sempre cercato di scrollarsi di dosso quel peccato originale ricercando un contatto reale con la vita di cui il logos è strumento, non destino o fine.

Però, non è sufficiente esecrare. Difficile per chiunque non lasciarsi sedurre dall'albero della conoscenza e dal suo fuoco prometeico che promette di elevarci dalla miseria della carne trovando la salvezza nell'alto dei cieli ideali. I miti antichi, di cui Platone si fa demiurgo teorico, hanno una loro razionalità che si radica ancora più a fondo in un destino che trova nella dualità del pensiero, nous, Spirito, la chiave del nostro successo evolutivo. Puntando sull'intensità qualitativa del cogito piuttosto che sulla invasiva replicazione quantitativa del suo più acerrimo avversario extenso, che proprio in questi giorni si sta prendendo qualche soddisfazione.

L'idealismo segue questa fatalità evolutiva facendosi anoressico, stilita, eremita. Prediligendo altezze solitarie oltre i 6000 piedi, esclusive per spiriti nobili. Ed anche in ciò c'è un giusto istinto, perchè la quantità distrugge la nostra specie non solo irrompendo da fuori con un nemico alieno, ma pure da dentro quando superiamo i limiti di sostenibilità del pianeta e, bulimicamente, i limiti della nostra sostenibilità individuale (sulla quale bulimia anche il nostro avversario fisicamente e metafisicamente volteggia macabro di trionfo in trionfo), degradando la qualità stessa delle nostre vite collettive e individuali.

Diverso nella forma, ma non nella sostanza, l'idealismo orientale, che contempera più armonicamente la natura materiale - fino al kama sutra e al panteismo metempsicotico - al suo interno, ma mirando analogamente, dalle alte vette himalaiane, ad una redenzione ideale nell'immateriale nirvana.

Non mi sento di dire che in ciò vi sia solo errore, come non lo affermarono le correnti filosofiche più antiche, occidentali e orientali, che cercarono il senso a partire dalla natura perseguendo la sintesi con la specificità umana cognitiva di natura spirituale, o psicologica, se si preferisce.

Tale percorso mediano si dipana, in occidente, dal naturalismo milesio, attraverso Epicuro fino alle narrazioni tardo rinascimentali dell'Universo e del Deus sive Natura, da cui fiorì il sapere inarrestabile della modernità. Di tale sintesi dialettica tra psiche e soma, spirito e materia, si fa carico la filosofia moderna da oriente ad occidente verso una koinè unitaria che al meglio delle sue possibilità viaggia sul crinale affilato, come un rasoio di Occam, tra due abissi: il delirio sterile post idealistico e il macchinismo intrusivo post materialistico. Nel non precipitare da una parte o dall'altra sta la salvezza filosofica.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

cvc

Ciao Ipazia. Certo l'edificio intellettuale di Platone affascina comunque, anche se non si concorda con le sue conclusioni, anche se ora si sa che l'Iperurano non esiste o, almeno, non nel posto dove è stato collocato da Platone. Si prova a prescindere ammirazione per la grandezza di tale edificio, per la profondità del suo pensiero. Però, di fatto, se Socrate ha a suo modo contrastato le istanze sofistiche - dell'impossibilità della conoscienza o della conoscienza asservira agli scopi personali - attraverso la consapevolezza del non sapere, Platone dal canto suo è ancora un facile bersaglio per la sofistica. Laddove Platone ha edificato la filosofia sulla parola, Socrate l'ha fatto con la sua vita, con l'esempio. La stessa strada hanno seguito di fatto i vari Diogene, Zenone, Pirrone, Epicuro. I quali non cercavano di costruire un edificio di pensiero (non oltre quanto richiesto per sostenere le loro tesi almeno) ma cercavano semplicemente uno stato d'animo. Per loro la filosofia era una sorte di meditazione. Questa almeno l'interpretazione di alcuni studiosi di filosofia antica come Hadot.
Saluti.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

giopap

#71
Citazione di: cvc il 18 Aprile 2020, 19:40:30 PM
Ciao Ipazia. Certo l'edificio intellettuale di Platone affascina comunque, anche se non si concorda con le sue conclusioni, anche se ora si sa che l'Iperurano non esiste o, almeno, non nel posto dove è stato collocato da Platone. Si prova a prescindere ammirazione per la grandezza di tale edificio, per la profondità del suo pensiero. Però, di fatto, se Socrate ha a suo modo contrastato le istanze sofistiche - dell'impossibilità della conoscienza o della conoscienza asservira agli scopi personali - attraverso la consapevolezza del non sapere, Platone dal canto suo è ancora un facile bersaglio per la sofistica. Laddove Platone ha edificato la filosofia sulla parola, Socrate l'ha fatto con la sua vita, con l'esempio. La stessa strada hanno seguito di fatto i vari Diogene, Zenone, Pirrone, Epicuro. I quali non cercavano di costruire un edificio di pensiero (non oltre quanto richiesto per sostenere le loro tesi almeno) ma cercavano semplicemente uno stato d'animo. Per loro la filosofia era una sorte di meditazione. Questa almeno l'interpretazione di alcuni studiosi di filosofia antica come Hadot.
Saluti.




Da incorreggibile politicamente scorretta non resisto alla tentazione di proclamare solennemente che io personalmente non sono affatto affascinata da Platone.
Oltre a dissentire in toto dalla sua filosofia, lo considero un bieco reazionario irrazionalista e negatore della libertà di espressione; non per niente, in lapalissiana -ante litteram- carenza di argomenti, cercò di entrare in possesso e di distruggere tutti i manoscritti di Democrito; e questa é per me una gravissima onta incancellabile, un indelebile marchio d' infamia sul personaggio in questione (nel mio personalissimo e politicante scorrettissimo "museo degli orrori filosofici" lo colloco accanto a Nietzsche).


La filosofia é meditazione (per parte mia razionale quanto più possibile) su tanti problemi.
Innanzitutto sulla conoscenza e i suoi fondamenti e la sua attendibilità (in generale gnoseologia; epistemologia per quanto riguarda in particolare la conoscenza scientifica), poi sulla realtà intesa nella sua accezione più generale, ampia, complessiva possibile (ontologia); sul buon vivere pratico e i doveri che comporta a livello individuale e (etica) e sociale (politica); sul piacere artistico (estetica); e su altre questioni ancora, di rilevanza certamente torica ma in molti casi e in larga misura anche pratica. 

Ipazia

Hadot mi era sconosciuto, ma ora posso dire di concordare con due aspetti cruciali del suo pensiero: la filosofia come prassi e il superamento (dialettico) del conflitto apparente tra spirito del cielo e spirito della terra, tra idealismo e materialismo. Posizione implicita in una filosofia della prassi.

Pure contenuta nel grande orizzonte filosofico di Platone, e non poteva essere che così visto che quello che chiamiamo Socrate è in realtà Platone, traduzione riportata dall'allievo del pensiero del maestro. Platone cercò con forza una filosofia della prassi (Repubblica) e arrivò pure a sperimentarla, ma quando si rese conto che i suoi sforzi per realizzare repubbliche di filosofi finivano inesorabilmente in repubbliche di tiranni, cercò salvezza filosofica nell'iperuranico mondo perfetto delle idee; da cui lo stereotipo storiografico non lo schioderà più. Cosa peraltro improbabile visto che il suo più importante allievo, Aristotele, ci mise niente a riportare la filosofia in terra dai cieli platonici ed ebbe almeno la soddisfazione di educare un grande tiranno, Alessandro, che avrebbe esportato la koinè greca in tutto il mondo antico da cui l'avrebbe tratta un'altra grande tirannide, la civis romana, immergendosi in essa abbondantemente e consegnandola alfine al cristianesimo con quella premessa, potentemente greca e filosofica, alla favola ebraica che recita: En archè en o lògos, in principio era la Parola, il Verbo. Archè non dell'universo fisico, ma certamente dell'universo antropologico. Che è quello del discorso filosofico.

@giopap

Ignoravo l'episodio degli scritti di Democrito. Quel gesto è profondamente cristiano ante litteram, ma conferma che a modo suo Platone era un filosofo della prassi, convinto che le idee possano cambiare il mondo. Il mondo materiale, mica quello delle idee, già perfetto di suo. Peraltro anche nei totalitarismi del secolo scorso questa persecuzione degli intellettuali di parte avversa si è manifestata epidemicamente.

Qualche intellettuale eretico di quel mondo totalitario, mi pare Solženicyn, venuto finalmente a contatto col "mondo libero", finì col rimpiangere quei tiranni perchè si rese conto che laddove l'intellettuale è perseguitato la cultura, e l'intellettuale medesimo, vale, nel senso che significa, ancora qualcosa.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

cvc

Anche io sono per la filosofia intesa come meditazione. Credo però che quando si parla di Platone e Nietzsche, al di là dei propri gusti filosofici, non si può negare l'enorme influenza che essi hanno avuto sulla nostra civiltà. La scienza è in un certo senso conseguenza del platonismo, della capacità di astrazione che ci mostra quanto spesso la realtà sia contro-intuitiva. Sia Platone che Galileo davano grande importanza alla geometria. La quale si basa su figure che non sorgono dall'esperienza ma da assiomi della ragione. Eppure tali figure si mostrano la cosa più efficace per misurare i fenomeni dell'esperienza sensibile.
Nietzsche è stato il precursore dell'individualismo edonistico di cui la nostra civiltà oggi trabocca.
Il punto è se questi pensatori siano stati autenticamente l'origine di tali atteggiamenti della nostra civiltà, oppure, se siano semplicemente stati i primi ad accorgersi di un cambiamento che sarebbe inevitabilmente avvenuto come conseguenza evolutiva.

Ma anche quando si parla di filosofia della prassi bisogna fare un grande distinguo. Un conto è la filosofia della prassi individuale che, sebbene faccia anch'essa un suo proselitismo coi suoi ideali, è comunque rivolta all'interiorità della persona, da ammaestrare alla luce dei valori e degli ideali che la sua fede filosofica professa. Altra cosa è quando la filosofia si propone di guidare moltitudini e interi popoli. La filosofia della prassi  parte dalla convinzione di sapere con certezza quale è il vero bene. E la storia ci ha mostrato casi in cui si è dimostrata pronta ad imporlo con la forza. La filosofia della prassi è una filosofia chiusa. Ma, ripeto, un conto è quando si tratta di scelta individuale e altra cosa è quando si tratta di imporla a tutti.

Saluti
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Ipazia

La filosofia della prassi non può essere chiusa perchè...panta rei, e bisogna corrergli dietro. O anticiparlo se si è davvero sapienti. Le filosofie della prassi utopiche hanno fallito per errore di calcolo e/o autocristallizzazione. Tali fallimenti sono preziosi per ritarare le procedure e conoscere meglio l'animale a cui si applicano e il suo ambiente. La sua etologia. Da cui nasce l'etica razionale. Running pure essa.

P.S. individuale e collettivo diventano un falso problema se contrapposti maneisticamente, booleanamente.
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