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Il ruolo della filosofia

Aperto da paul11, 09 Marzo 2020, 00:44:16 AM

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Phil

Parlare della filosofia come qualcosa di unitario, o addirittura di una disciplina che abbia un ruolo o un programma o un obiettivo, contrasta per me con tutto ciò che la filosofia è stata, è e potrà essere: ovvero un insieme estremamente eterogeneo di temi, proposte, approcci, discorsi, etc. Osservare che il denominatore comune di tale "inventario" sia l'attività del riflettere, non rende giustizia alla qualità (e agli strumenti) del pensare definibile «filosofico» (basta uscire a fare una passeggiata per poter affermare «faccio sport» o «sono uno sportivo»? Se muovere le gambe non è sempre fare sport, riflettere non è sempre fare filosofia).
La filosofia, intesa non come attività ma come insieme storico-dinamico delle proposte filosofiche, è l'antitesi del "pensiero unico", essendo intimamente plurale (e talvolta persino pluralista); eppure spesso viene, per ironia del suo "destino", dipinta come "singolarità coesa": come una impostazione che ha un fine "centripeto", come una disciplina che fra i suoi stessi temi deve mirare a questo ma non a quello, etc. Gli stessi filosofi, proponendo ognuno la sua definizione (qui alcuni esempi) non fanno che confermare, loro malgrado, che l'insieme (e l'attività) della filosofia non ha un unico criterio denotativo, al punto che l'insieme stesso contiene o non contiene alcuni pensatori/correnti a seconda di chi decide quale criterio usare (e quindi impone alla sua filosofia il suo progetto).

Per alcuni interrogativi su come si possa intendere la filosofia suggerisco, fra i tanti, questo video.


P.s.
Citazione di: Ipazia il 09 Marzo 2020, 08:36:03 AM
In tale significato riprenderei la felice osservazione di phil in altra discussione che ha generato questa: in ogni epoca i filosofi si sono occupati di tutto il sapere che stava loro intorno e ne hanno tratto nutrimento per il loro sapere. Direi che questo è il ruolo più importante che la filosofia ha storicamente svolto e che è cresciuto via via che il sapere cresceva e con esso le sue specializzazioni. Fungere la collante razionale dell'accumularsi di conoscenze
Parlavo di guardarsi intorno, ovvero di prestare attenzione alle proposte delle altre discipline, di conciliare le tematiche classiche con l'attualità, ma probabilmente il "nutrirsi" a cui alludi va ben oltre tutto ciò: infatti, che la filosofia funga da «collante» (cit.) tra gli altri saperi, curiosamente lo affermano quasi solamente i filosofi (e mi pare fatichino poi a dimostrarlo nella loro prassi filosofica), per quanto forse ciò voglia essere un accademico auspicio o un'ambizione, più che una constatazione "diagnostica".

paul11


@iano
A mio parere utile ha un significato strumentale, uno strumento è utile.
Il bene è un fine, di un'azione di un pensiero.
Hanno acquisito nei tempi storici significazioni diverse col finire che il termine utile è persin abusato ,pensiamo all'utile economico. Il bene invece è diventato un termine retorico,come se tutto fosse "a fin di bene". Così che l'utilità ha preso il posto del bene.


Ci sono momenti storici in cui qualcosa sta finendo e qualcosa d'altro sta nascendo: è come se fosse nell'aria.
Poi avviene un qualcosa d'innovativo e allora c'è la separazione fra vecchio e nuovo.


La continuità è data dalle strutture sociali che mutano per rimane poi alla fine sempre se stesse.
Cambiano le tecnologie, avvengono scoperte e invenzioni enormemente amplificate nella modernità, sicuramente merito delle scienze. La continuità è l'essere umano che naviga pian piano nella coscienza. I mutamenti sono negli scenari artefatti umani.
Come ho già scritto la velocità della tecnica è nettamente superiore a quella della presa di coscienza umana. E ad un bambino giocare con l'atomica con le bioingegnerie......finchè eran frecce o polvere da sparo.


La responsabilità la vedo decadere. La capacità di responsabilità si dice sia figlia della conseguenza di una azione. Ma è anche la capacità di decidere e prima di agire e decidere significa presupporre il sapere cosa è giusto e sbagliato, cosa è bene e male. Il politico segue i desideri dei gruppi sociali,  i desideri non è detto che siano il bene. L'imprenditore economico agisce per il bene dell'azienda quando fa utili, profitti (fare o mettere a profitto...) .


Allora vediamo le confusioni dei termini,quando invece nei dialoghi socratici di Platone erano chiari i fini del bene, Basta rileggersi l'Alcibiade maggiore, quando Platone chiede al futuro re di Atene se si sente pronto per governarla. Quale è l'iter educativo oggi di un politico? Insegnano nelle scuole il bene e il male, o come concupire le folle?
Oggi forse potremmo magari far corrispondere al bene altro di ciò che dice Socrate.
Ma non si può eluderlo come fine il bene, perché potrebbe presupporre a sua volta valori come eguaglianza, libertà, dignità.


E' difficile fare paragoni socio culturali sulla percezione di coscienza fra l'antichità , modernità fino ai nostri giorni. Possiamo dire che nell'antichità pochi si potevano permettere di leggere, scrivere, pensare . Socialmente è chiaro che è meglio oggi, anche materialmente, soprattutto per noi occidentali. Ma il saggio era ritenuto importantissimo e questo arriva fin quasi alla modernità.
Aristotele ricordiamo era il precettore personale di Alessandro il Grande. I nobili si nobilitivano con saggi, artisti.I figli avevano educatori nel medioevo come i gesuiti.
Nella modernità la saggezza sparisce prima lentamente e poi.........persino i vecchi sono un peso.
Con la scolarizzazione di massa e grazie a conquiste nei diritti, abbiamo straordinarie crescite culturali nelle masse.......ma un appiattimento fino alla decadenza. Oggi la scuola non ha il fine di costruire saggezze, ma funzionali alla tecnica, quindi ai ruoli nel mondo del lavoro.
Allora potremmo dire che è cresciuta la conoscenza, e forse la coscienza, degli strati sociali di massa. Ma è sparita negli strati superiori manageriali e dei potenti, la saggezza. Sono funzionari.
E' alla coscienza personale e individuale che viene delegata la possibilità di seguire vie di saggezza.


@ sariputra
direi perfetta la definizione della filosofia. Molti pensano oggi un luogo comune volutamente spacciato come disprezzo verso quella filosofia ,come se fossero dei "sognatori" persi nel mondo degli dei. Basterebbe leggersi i dialoghi socratici o gli esempi educativi nei libri sapienziali antichi.
Hanno esempi nelle vite quotidiane di uomini comuni. Per gli antichi la via della saggezza era implicita nella conoscenza che doveva diventare coscienza attraverso condotte virtuose.


Come ho scritto a Iano, oggi la saggezza è purtroppo una via personale e individuale, e questo a mio parere non va bene. Perchè nascono differenze di coscienze incolmabili e rischiano di creare barriere di comunicazione. Perchè manca la pedagogia generale che porti quanto meno ad una propedeutica.
La cultura moderna se ne frega altamente, perché non è pericoloso a se stessa, le vie individuali,
Ci vive sulle differenze e incomunicabilità. E' passato il  desiderio materico sulla virtù saggia.
Oggi impera  il benessere materico e non il bene del saggio




@green
Sì ,il senso è una direzione.
Per Nietzsche il senso della vita è la vitalità. Ma nasce dalla constatazione dell'infiacchimento umano soprattutto nei riguardi della cultura tedesca. Per questo torna all'uomo tragico greco, consapevole della tragedia che cura con la vitalità; per poi immetterla nella cultura tedesca ed è anche per questo che la  prima musica wagneriana  della sega tedesca gli è piacevole.


Non dimenticherei la struttura sociale che impone la tecnica: la ruolificazione standardizzata quanto il metodo sperimentale e i suoi protocolli.
Lo scienziato è funzionale e utile alla  tecnica che è sempre più un alveare che spersonalizza gli individui dentro un'idea comune di benessere. Lo scambio è fra alienazione e benessere materico.
Non mi aspetto che lo scienziato o l'operaio prendano coscienza. La coscienza non è materica, e tutto ciò che è indimostrabile dentro il meccanismo causa effetto accertato dentro la natura, lo hanno posto come "insensato". Il benessere economico è molto più attrattivo perché è fisicità e non  "illusione", in quanto eterico, idea. Lo scienziato è dentro fino al collo, ma non è consapevole.
E' finito il tempo dove i grandi uomini di scienza erano anche filosofi. La tecnica non può permettere che si sganci dal suo meccanismo.
Lo scientismo è il chiacchiericcio filosofico dello scienziato, che vuole la filosofia come portaborse.


Eppure i festival filosofici riscuotono un enorme successo.
Essendo il pensiero impalpabile e il benessere economico non corrispondente al bene, accade
che più di qualcuno abbia interesse a pensare a prescindere dal ruolo sociale all'interno del meccanismo sociale. Per quanto la mente sia condizionabile il pensiero e la coscienza si difendono nell'impalpabilità .
Il problema è nei numeri e la massa oggi è soggetto passivo storico.
Nell' antichità erano pochi da dover persuadere, oggi il paradosso è che la tecnica è impersonale, tutti ne sono schiavi, compresi gli straricchi, e il cambiamento passa per gli ultimi delle scale sociali. Perchè lo straricco vive sui loro desideri spacciando beni materiali, se gli ultimi non acquistano o cambiano coscienza salta tutto. I sogni degli ultimi sono l'invidia verso gli straricchi, e fin quando questo regge......il vento è in poppa e la nave viaggia tranquilla.
La cura non è costruire una società di uomini eguali, perché viene coltivata comunque l'idea della tecnica, il benessere per dare beni a desideri materiali : così a Taylor risponde Stakanov:e non cambia nulla.

paul11

 @ phil
non mi risulta un pensiero unico culturale nella storia della filosofia.

E' appunto guardandosi attorno che nascono le critiche e il pluralismo è che ognuno è libero di pensare e dire ciò che ritiene opportuno, compreso il tuo pensiero.

Ipazia

Citazione di: Phil il 10 Marzo 2020, 21:56:52 PM
Parlavo di guardarsi intorno, ovvero di prestare attenzione alle proposte delle altre discipline, di conciliare le tematiche classiche con l'attualità, ma probabilmente il "nutrirsi" a cui alludi va ben oltre tutto ciò: infatti, che la filosofia funga da «collante» (cit.) tra gli altri saperi, curiosamente lo affermano quasi solamente i filosofi (e mi pare fatichino poi a dimostrarlo nella loro prassi filosofica), per quanto forse ciò voglia essere un accademico auspicio o un'ambizione, più che una constatazione "diagnostica".

Ma anche no. Le figure più innovative della conoscenza hanno sempre effettuato questo collegamento, perchè il cambio dei paradigmi scientifici accompagnò in ogni epoca un rivolgimento della visione del mondo dei contemporanei e posteri. Così da Pitagora, Platone fino a Darwin, Marx, Freud, Einstein, passando per Pascal, Descartes, Newton,...

Anche il dibattito epistemologico svolge una funzione di "interprete" dell'episteme scientifica aprendo verso la metafisica del cambio di prospettiva.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: paul11 il 10 Marzo 2020, 23:57:06 PM
Eppure i festival filosofici riscuotono un enorme successo.
Essendo il pensiero impalpabile e il benessere economico non corrispondente al bene, accade che più di qualcuno abbia interesse a pensare a prescindere dal ruolo sociale all'interno del meccanismo sociale. Per quanto la mente sia condizionabile il pensiero e la coscienza si difendono nell'impalpabilità.
...

Anche il bene ha una sua palpabilità in assenza della quale si scade nel chiacchericcio scolastico dell'epigono nostalgico. Nei festival filosofici la dialettica tra tecnoscienza ed etica é centrale per il successo e la persuasività del discorso. La dimensione del cui uditorio non trovo così cruciale essendo essa storicamente proporzionata ai mezzi e modalità di comunicazione.

Il medium e il messaggio viaggiano da sempre in simbiosi e, considerando  l'esclusione delle masse incolte, non credo che l'antichità abbia molto da insegnare sul piano etico (composizione di classe) alla modernità, escludendo piccole comunità di tipo comunistico, in cui la proprietà comune spingeva verso una comune responsabilizzazione.

Ogni epoca ha utilizzato i mezzi e tarato i messaggi sull'omologazone alla propria ideologia dominante. Questa non fa eccezione, ma mi pare più aperta delle precedenti alla varietà delle evoluzioni individuali e associative. Più trasparente nel rivestire regnanti e cortigiani dei loro abiti ideologici. Grazie, e si ritorna alla struttura, agli strumenti (tecnoscientifici) innovativi della comunicazione. Sui quali la lotta, anche filosofica, continua.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 11 Marzo 2020, 00:27:06 AM
Citazione di: Phil il 10 Marzo 2020, 21:56:52 PM
Parlavo di guardarsi intorno, ovvero di prestare attenzione alle proposte delle altre discipline, di conciliare le tematiche classiche con l'attualità, ma probabilmente il "nutrirsi" a cui alludi va ben oltre tutto ciò: infatti, che la filosofia funga da «collante» (cit.) tra gli altri saperi, curiosamente lo affermano quasi solamente i filosofi (e mi pare fatichino poi a dimostrarlo nella loro prassi filosofica), per quanto forse ciò voglia essere un accademico auspicio o un'ambizione, più che una constatazione "diagnostica".

Ma anche no. Le figure più innovative della conoscenza hanno sempre effettuato questo collegamento, perchè il cambio dei paradigmi scientifici accompagnò in ogni epoca un rivolgimento della visione del mondo dei contemporanei e posteri.
Forse è una questione di metafore: se parliamo di "guardarsi intorno" rivolgendosi anche alle altre discipline, ne va dell'attualità delle riflessioni filosofiche; se parliamo di "nutrimento", quindi di apporto vitale, bisogna prendere atto che ci sono filosofie che (soprav)vivono egregiamente anche senza il confronto attento con la contemporaneità; se parliamo di "collante", ovvero qualcosa che media e/o lega due o più elementi, non direi che occuparsi di filosofia e scienza, o leggere filosoficamente l'economia, etc. significhi usare la filosofia come «collante razionale dell'accumularsi di conoscenze» (cit.); se parliamo di "collegamento" già descriviamo meglio, secondo me, un rapporto meno gerarchico, più verosimile e tuttavia non necessario (anche se lo trovo preferibile).

green demetr

Di solito apro un notepad e poi faccio copia incolla, poi mi sono deciso a scrivere qua, così mi corregge gli infiniti errori che faccio della lingua italiana,
E mi sono dimenticato che ogni tanto il browser si chiude alla cavolo.....e ho perso tutto quello che ho scritto.... >:(


Vabbè sintetizzo cosa stavo pensando.


1) il senso è la priorità della filosofia.


2) il senso ha bisogno di una visione complessiva del mondo, che si chiama orizzonte o destino.


3) Pochi filosofi lo hanno fatto, mi vengono in mente severino e cacciari. sini pur grande per esempio no.
Nietzche il  mio sommo maestro no.


4) i festival di filosfia sono happening culturale, un modo per riempire il vuoto e la solitudine del popolino.




5) siamo rimasti in pochi là fuori caro paul a pensare nella maniera GIUSTA.




Gli altri sono in errore, ed errando vanno! chi diventa vittima dell'ideologia e si schiera come think tank delle lobby, e chi svagheggia parlando di questo e di quell'altro senza avere una idea complessiva del mondo.


>:(  (è triste punto e basta)

Vai avanti tu che mi vien da ridere

paul11

@green


1)Anche per me il senso , il senso della vita in specifico è direi tutto. Per questo tendo a filosofie
  che quanto meno ne argomentino.
2) E' il concetto di mondo che cambia prospettiva del senso della vita. La problematica filosofica cambia quando interpreta in modo diverso  intuito e concetto, realtà e rappresentazione, soggetto e oggetto, esperienza empirica e concetto astratto, e così via.
3) A seconda di come si rappresenta il mondo può cambiare il senso della vita.
E cerco di capire anche i diversi punti di vista. Se tempo, spazio e causalità sono apriori della intuizione umana, la relazione diventa una realtà come rappresentazione distinta da quella  in sè(Kant)  da chi invece sostiene che è  solo rappresentazione(Schopenhauer).Sono solo due esempi
fra i più celebri. Tolto assoluto, tolta l'ontologia, il soggetto umano mentale viene esaltato nella volontà(Schopenhauer). In questo modo cambia il senso della vita, rispetto all'antichità.
4) E' vero sono solo happening culturali, ma meglio di niente. Soprattutto significa che le persone , magari solo alcune, hanno ancora voglia di pensare.
5) non so se penso in modo "giusto", caro  green, cerco.....

Ipazia

E' la vita che cambia la prospettiva del mondo e i concetti che ne derivano.

L'attuale crisi pandemica è di una eloquenza tragica: economia o salute ? Prevenzione o PIL ? Individuo o collettività ?

E' bastato un virus per fare alta filosofia. Quella che conta ed è incontrovertibilmente inaggirabile.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr

Citazione di: Ipazia il 12 Marzo 2020, 17:48:50 PM
E' la vita che cambia la prospettiva del mondo e i concetti che ne derivano.

L'attuale crisi pandemica è di una eloquenza tragica: economia o salute ? Prevenzione o PIL ? Individuo o collettività ?

E' bastato un virus per fare alta filosofia. Quella che conta ed è incontrovertibilmente inaggirabile.


Compagna Ipazia, è mai possibile che ti devo rimembrare in continuazione che sono le sovrastrutture che determinano le relazioni padrone-schiavo?


Ti fissi troppo sul reale, non sapevo fossi un chimico, ora mi spiego molto, se non tutto. (appunto che ti fissi troppo sul reale).


E comunque questa pandemia (la narrazione di questa pandemia) è tutto ciò che non è filosofico.



Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Paul hai ragione. A seconda della rappresentazione della relazione, cambiano i giudizi.


Ma il reale è sempre quello. Che sia fantasmatico come presume Schopenauer (anche se ho qualche dubbio che sia così, infatti come al solito il manuale dice una cosa, ma quando stavo leggendo la sua La quadruplice radice del principio di ragione sufficiente,[/size][size=78%] [/size] mi pareva che invece egli partisse propio da Kant. ) o che sia induttivo come presumeva Kant, entrambi finivano nelle forche caudine dell'etica.


Per capire che l'etica sia anch'essa una forma della dialettica, e non del giudizio, si arriva ad Hegel.


Senza Hegel nessun Nietzche che ragiona sulla presumibilità della dialettica (giustamente ravvisandone, sulla scorta del maestro schopenauer, la fantasmatica).


Ma appunto è proprio su questa tensione di sguardi sul reale, che l'analisi del reale si arricchisce.


In questione non è la relazione (che è ovvio che sia una fantasmatica), che facilmente come sappiamo finisce in una mimesi ideologica, o del triste filosofo contro filosofo.


Come dice Ipazia a noi interessa il reale.


Saluti.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Ipazia

Citazione di: green demetr il 14 Marzo 2020, 14:20:16 PM
Citazione di: Ipazia il 12 Marzo 2020, 17:48:50 PM
E' la vita che cambia la prospettiva del mondo e i concetti che ne derivano.

L'attuale crisi pandemica è di una eloquenza tragica: economia o salute ? Prevenzione o PIL ? Individuo o collettività ?

E' bastato un virus per fare alta filosofia. Quella che conta ed è incontrovertibilmente inaggirabile.

Compagna Ipazia, è mai possibile che ti devo rimembrare in continuazione che sono le sovrastrutture che determinano le relazioni padrone-schiavo?

Filosofo green è possibile che tu capisca la differenza del rapporto struttura-sovrastruttura nell'universo naturale e in quello antropologico ? Il rapporto padrone-schiavo quando si reifica in istituti di proprietà e giurisdizione diventa struttura nell'universo antropologico e la sovrastruttura è l'ideologia che giustifica e "legittima" tale contesto storico "strutturale"

CitazioneTi fissi troppo sul reale, non sapevo fossi un chimico, ora mi spiego molto, se non tutto. (appunto che ti fissi troppo sul reale).

Perchè il reale è struttura anche quando è fatta solo di materia ideologica. L'archè, Dio compreso, nasce da questa materia ideologica che a sua volta nasce dalla materia naturale come rappresentazione e intenzione.

CitazioneE comunque questa pandemia (la narrazione di questa pandemia) è tutto ciò che non è filosofico.

Infatti io intendo il virus tal quale non la sua narrazione. Il virus che scardina le aporetiche consolidate dell'ideologia e mostra il re in tutta la sua nudità che va dai panfili ancorati a Porto Cervo alla feticistica fantasmatica del PIL che non si può toccare costi quel che costi, mentre non si trovano nemmeno DPI idonei per chi opera nelle terapie intensive e finisce col contagiarsi.

In questa cena delle beffe ideologica le epidemie l'hanno sempre fatta da padrone della verità, oggetto filosofico per eccellenza. Perfino nella paranoia da panopticon caotico in cui gli esperti navigano a vista vi è molta filosofica critica della istituzionalizzata prassi antropologica.

E infine un peana al silenzio ritrovato di queste città, che neanche nelle domeniche ecologiche è così perfetto. Un silenzio liberatorio dei fantasmi inutili, lasciando spazio solo a quelli che più da vicino ci accompagnano e con cui, obtorto collo, dobbiamo fare i conti fino alla fine.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr

#27
Ciao Ipazia,


si molto meglio spiegato.


Infatti non è tanto il panottico ideologico, ma le istituzioni giuridiche, ad avere consistenza reale.


Mi pare che tu sia ottimista, sul fatto che ci si liberi dai fantasmi ideologici, perchè come ho già detto all'infinito tutti questi sono posseduti dal fantasma paranoico, che si ciba delle paure, producendo schisi su schisi.


In mezzo a questa polverizzazione della capacità di resistenza (ossia di pensare), la stessa è sempre meno probabile che si attivi, in chi ne è sprovvisto.


Si il virus se ne frega della cena dell beffe, ma questo non impedisce alla cena stessa di continuare su altri tavoli.


A me pare insomma come d'altronde ampiamente prevedibile che i fantasmi si stiano moltiplicando piuttosto che dissolversi.


Siccome sò che questo mio modo di pensare non ti si addice, sono d'accordo, e ti vengo incontro volentieri, che alla fine la vera resistenza è quella che già canguillelm segnalava, ossia quella della nuda e dura biologia.


L'essere vivi in sè, della biologia, del bios. E' lui alla fine che è sotto attacco reale. (su questo penso che siamo d'accordo).
E certamente a questa resistenza viene affidata anche la capacità ad una certa adattabilità (al peggio ovviamente che arriverà, se i tempi della bio-politica sono già arrivati, e che io NON VOGLIO VIVERE, e che spero DI NON VIVERE, ma dopo un attenta indagine sulle mie relazione umane, sono costretto a tentare di VIVERE.)


Immagino che questo orizzonte ci accomuni (anche se io ci vedo il fantasma paranoico, impaziente di cucinarci vivi).
;)


ah ah la cena delle beffe....mi hai rallegrato! bella invenzione!  :)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

davintro

parlare di "ruolo della filosofia" conduce a implicazioni ambigue, riguardo l'intenzionalità tramite cui un eventuale "ruolo" verrebbe assunto. Il filosofo che pone un ruolo del suo filosofare estrinseco al filosofare stesso, rende la filosofia mezzo, strumento. Ora, tutto ciò che è "utile", "mezzo", "strumento" rientra nell'ordine degli enti che non hanno in se stessi il proprio fine, la propria ragion d'essere, l'ordine degli enti finiti. Una filosofia che si fa strumento di qualcosa che è altro da sé dovrebbe dunque porre come proprio contenuto di indagine la dimensione della finitezza, contingente, fisica assumendo lo stesso ambito delle scienze naturali, confondendosi e annullandosi in esse. Se, chiedo scusa per essere ripetitivo nel ribadire questo concetto sempre per me fondamentale, dal mio punto di vista, la filosofia può avere un senso solo a condizionare che le sia attribuita un proprio oggetto di conoscenza distinto da quello di ogni altro sapere, cioè facendosi sinonimo di metafisica, allora la preservazione dalla sua ragion d'essere resta l'essere coltivata, nell'intenzione di chi la coltiva, come un godimento intellettuale fine a se stesso, nell'accezione aristotelica del punto, filosofia come sapere più nobile di tutti gli altri, proprio perché libero, che non "serve a niente", cioè senza alcun ruolo strumentale. La coincidenza filosofia-metafisica porta il filosofo a porre come obiettivo (obiettivo, non ruolo) la conoscenza dei princìpi primi, le realtà eterne che non necessitano di essere spiegati e legittimati risalendo oltre loro stesse, e che dunque appagano l'animo di chi ricerca questo tipo di conoscenza. D'altra parte, però, dalla necessità, per la preservazione della ragion d'essere della filosofia, di non assumere alcun ruolo estrinseco come motivazione del suo essere, non discende la necessità che i benefici (o più in generale qualunque implicazione, che la si giudichi positivamente o meno) della filosofia debbano restare interni alla pura teoresi del tutto autoreferenziale, senza allargarsi alle pratiche della nostra vita quotidiana. Questo allargamento accade, in un certo senso, in automatico, spontaneamente, senza bisogno che ci sia un preciso istante in cui il filosofo decida di passare dalla pura teoresi alla prassi. Lo studio, la meditazione sui princìpi primi sviluppa una forma mentis che si applica in ogni circostanza, anche le più apparentemente banali della nostra vita, forma mentis che è una disposizione a ragionare andando alla radice, al nucleo essenziale dei problemi, in quanto di ogni questione si tende a rintracciare i presupposti fondamentali, i punti di partenza che non rimandano oltre se stessi, espressione di quelle verità fondamentali di cui la filosofia-metafisica si occupa. In questo ultimo senso si può parlare di "ruolo della filosofia", ma si tratta di un ruolo non assunto come motivazione originaria del filosofare, ma come conseguenza, implicazione concomitante, presente, al di là di essere desiderata e perseguita o meno dal filosofo

Jacopus

Per Davintro: accetto la tua visione della filosofia ma non è sicuramente la mia. Poteva forse andare bene prima di Galilei, ma una filosofia che sia "otium" contrapposta a "negotium" non ha alcun valore e rischia di essere di nuovo assorbita dalla teologia. La filosofia ha il compito di indagare, anche in modo metafisico, tutto ciò che è conoscenza, mettendolo in questione e criticandolo, dicendosi sempre che chi conosce davvero è chi ancora non conosce. Ma il filosofo non può isolarsi dal mondo e dal confronto con ciò che accade nel mondo della conoscenza. Il filosofo non può fingere che non esistono gli studi sulla genetica, sull'evoluzionismo, sulla fisica quantistica, sull'informatica.
E nello stesso tempo non può neppure dimenticare gli insegnamenti dei grandi filosofi del passato. Deve avere, se può, tutto presente e collegare i fili che restano nascosto, demistificare ciò che viene mistificato. Pensare alla filosofia come passatempo sofisticato per la classe degli "oziosi" è molto lontano dalla mia visione della filosofia, ma so benissimo che è una interpretazione che ha una lunga tradizione e dei grandi teorici.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

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