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Il ruolo della filosofia

Aperto da paul11, 09 Marzo 2020, 00:44:16 AM

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paul11

 Ultimamente in diverse discussioni filosofiche, emerge un diverso intento filosofico.
Mi chiedo e chiedo, ma quale ruolo ha, o dovrebbe avere la filosofia in generale?
Ha avuto un ruolo storico e quale?
Quale ruolo dovrebbe avere la filosofia oggi?


Queste domande me le pongo io stesso periodicamente.
Quando iniziai , parecchi anni fa a studiare filosofia, la mia motivazione era che la filosofia segnava una cultura. Il modo in cui la filosofia costruiva i suoi fondamentali determinava il modo in cui le persone rappresentavano le loro domande e risposte e di conseguenza si comportavano.
La scuola insegna che ogni periodo storico, ogni civiltà ha avuto dei pensatori, artisti, scienziati, che
anticipavano i tempi e segnavano le epoche.


Heidegger il secolo scorso disse il famoso e provocatorio "la filosofia è morta". E' morta davvero?
Un altra domanda è implicita: ma che cosa è la filosofia?

iano

#1
Cosa non è filosofia:
si pensa , senza volere.
Volendo , è filosofia.
Siccome il pensiero influenza il fare , la filosofia ci rende responsabili , e costituisce una coscienza che può essere diffusa e condivisa.
In effetti chi fa' filosofia , sente il bisogno di condividere , come dimostra questo forum.
In conseguenza di ciò è possibile sincronizzare il fare fra diversi individui di una società.
Questa sincronizzazione è la premessa necessaria al nascere della scienza , la quale richiede che vi sia una visione comune che comporta un agire comune.
Siccome questa visione può mutare e muta  , allora per alcuni si tratta di una tensione alla verità.
Ma questa è solo una opinione che viene confusa storicamente  con la filosofia , e che è stata ereditata dalla scienza.
Sembra così che la scienza si sia sostituita alla filosofia nella ricerca della verità.
La conseguenza è che la filosofia è  stata messa da parte.
Quindi si torna a pensare , senza volere , mettendo in pericolo le fondamenta stesse della scienza.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Jacopus

La filosofia è stata nel medioevo l'ancella della teologia e in epoca moderna la parente povera della scienza.
Come per la letteratura italiana, il suo massimo fulgore lo ha avuto all'inizio, in Ellade. Io proverei a dare un'occhiata da quelle parti per cercare una risposta.
Detto questo si può provare anche a dare risposte altre.
La filosofia può essere pensata come ad un serbatoio di senso, duttile e critico allo stesso tempo. La filosofia non deve e non può piegarsi alla verità di una singola disciplina né essere essa stessa una singola disciplina ma può indagare i nessi e i fondamenti nascosti del pensiero umano e delle istituzioni che ne discendono.
Si può pensarla come un saggio che guarda i saperi specializzati e li seziona per scoprirne significati nascosti e/o mistificatori. È la critica razionale e metafisica allo stesso tempo il campo della filosofia. Razionale e metafisica insieme, perché  deve essere in grado di mettere in discussione sia la razionalità dal lato della metafisica sia la metafisica dal lato della razionalità. La filosofia è la libertà del pensiero.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Prima di interrogarsi sul suo ruolo bisognerebbe definire cos'è filosofia e, credendo al suo stesso nome, dare per certo che essa è amore del sapere. Sapere che si concretizza in episteme, in (cono)scienza. Quindi il suo ruolo è di conatus verso la conoscenza, motore antropologico di produzione di sapere.

In tale significato riprenderei la felice osservazione di phil in altra discussione che ha generato questa: in ogni epoca i filosofi si sono occupati di tutto il sapere che stava loro intorno e ne hanno tratto nutrimento per il loro sapere. Direi che questo è il ruolo più importante che la filosofia ha storicamente svolto e che è cresciuto via via che il sapere cresceva e con esso le sue specializzazioni. Fungere la collante razionale dell'accumularsi di conoscenze da cui deriva un secondo irrinunciabile ruolo: riempire tutto ciò di significato. Non arbitrariamente, ma intessendo sapientemente i fili dell'episteme in un abito mentale di pregio, di valore antropologico. Metafisico.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

 @iano


sono d'accordo su tutto.
Ma che cosa è accaduto nel ruolo della filosofia nel passaggio al dominio delle scienze perpetuato, voluto e cercato dagli stessi pensatori filosofici?
Il modo e gli scopi che si prefigge la filosofia, mutano storicamente e contraddistinguono anche la pratiche. La morale a mio parere è fondamentale ed è implicita nella costruzione del pensiero filosofico, diventa il vissuto del pensiero.


@jacopus


penso che il naturalismo sia stata la risposta culturale alla nausea verso la filosofia ancella della teologia. Sono d'accordo, la filosofia è anche il nesso di senso delle varie discipline del sapere.


@ipazia


penso che la filosofia abbia per mezzo il sapere, ma il sapere non può essere fine a se stesso.
E' implicito che il filosofo essendo testimone del proprio tempo viva i saperi del suo tempo.
Bisogna vedere come ne fa uso.
Come con jacopus è corretto a mio parere che la filosofia costruisca il nesso delle discipline dei saperi.




Allora aggiungo altri quesiti:
- il libero esercizio del pensiero deve sottrarsi alla omologazione del proprio tempo, vale  a dire deve in un certo modo essere provocatore? Uno spirito forte dicevano gli antichi o spirito libero i moderni, deve essere semplice testimone del proprio tempo conformisticamente  o innovativamente?
- un appunto della contemporaneità è la sterilità filosofica in quanto contemplativa e non pratica? E' vero?
- pensare non è ancora filosofia, il pensare filosoficamente è diverso dal semplice pensare?
- la filosofia può avere un ruolo salvifico?

viator

Salve. Dal mio punto di vista l'aspetto che crea inevitabile confusione circa la caratterizzazione della scienza piuttosto che della filosofia consiste nella inevitabile interferenza tra la psiche e la mente. Ennesimo irresolubile dualismo al cui interno diventa impossibile appunto il discernerne gli aspetti conflittuali da quelli sinergizzanti.

Nei confronti del concetto di scienza - ad esempio - l'atteggiamento psichico consiste nel considerare la scienza lo strumento di elezione della ricerca della verità. Lo strumento "oggettivo" che permetta di affrontare e chiarire le problematiche relazionali tra il sè psichico e la "realtà/verità" collocata al nostro esterno.

Ma questo è solo un nostro atteggiamento psichico, cioè tutto sommato un nostro desiderio.

Infatti, sempre a proposito di scienza, il relativo atteggiamento mentale (intellettuale) viene seccamente capovolto, in quanto è noto che culturalmente e ragionevolmente la scienza altro non è che la sistematica del dubitare (mentalmente) opposta alla fede, la quale sarà la sistematica del credere (psichicamente).

E la filosofia ?. La filosofia consiste nell'attività mentale, nota ovviamente dall'epoca prescientifica, che in origine incorporava sia la necessita psichica di trovare delle risposte che la augurabile possibilità di vederle emergere attraverso i sensi.

Quindi si trattava e si tratta tuttora di un sistema di indagine del mondo utilizzante la speculazione concettuale (il mentale) applicata al sensoriale (l'apparentemente "fisico"), nella vana ricerca di "realtà vere".

Il sorgere del "metodo scientifico" ha prodotto la scissione di ciò che risultava "impropriamente" connesso all'interno della filosofia come fino allora praticata, ed ha generato la schizofrenia culturale separante e riunente (a seconda delle circostanze) la "filosofia naturale" (prendente appunto il nome di scienza) e la "filosofia puramente speculativa".

A questo punto, se lo desideriamo, possiamo continuare a dedicarci alla speculazione mentale......ovviamente senza illuderci di trarne qualcosa di diverso dal nostro divertimento (a men che si voglia diventare od apparire dei professionisti della filosofia, finchè ci sarà chi li paga). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#6
Citazione di: paul11 il 09 Marzo 2020, 15:30:18 PM







Allora aggiungo altri quesiti:
1
- il libero esercizio del pensiero deve sottrarsi alla omologazione del proprio tempo, vale  a dire deve in un certo modo essere provocatore? Uno spirito forte dicevano gli antichi o spirito libero i moderni, deve essere semplice testimone del proprio tempo conformisticamente  o innovativamente?
2
- un appunto della contemporaneità è la sterilità filosofica in quanto contemplativa e non pratica? E' vero?
3
- pensare non è ancora filosofia, il pensare filosoficamente è diverso dal semplice pensare?
4
- la filosofia può avere un ruolo salvifico?
Direi che se si concorda col punto 3 , allora l'uno vien da se' , diventando impossibile essere solo semplici testimoni del proprio tempo , laddove il pensiero non proceda per pura inerzia. Poi strada facendo si può provar gusto alla provocazione , ma non è quella la molla.


La filosofia , in quanto contemplativa , è sterile inevitabilmente , solo se vivi sull'isola deserta delle barzellette.
Vero è che stante la considerazione di cui gode oggi la filosofia ci si sente un po' soli nella folla.
Ma credo che paradossalmente ciò sia dovuto al fatto che si associ automaticamente  la filosofia alla storia del pensiero più che all'esercizio del pensiero.
Succede però che la storia del pensiero possa essere considerata una ricchezza a cui attingere solo se si ha l'abitudine all'esercizio del pensiero , cosa in se' naturale , se non è stata castrata.
Poche discipline come la filosofia ti permettono di dialogare con gli uomini di ogni tempo.
Non credo che la filosofia possa avere un ruolo salvifico , non più di quanto  possa averlo la musica , anche se quando ti ci immergi ti sembra si stare in cielo, a volte .
Il paragone non è scelto a caso , perché nulla sembra più futile della musica ,ma nessuno vi rinuncerebbe.
Per rigenerarsi la filosofia dovrebbe recuperare la leggerezza originaria di una canzone , così come in origine era , prima che la sua storia la appesantisse .
Il godimento per la musica dipende dalla propria cultura musicale ,ma quando la ascolti non ci pensi.
Ogni lezione di filosofia dovrebbe essere preceduta da un laboratorio del pensiero , diversamente da come avviene per le lezioni di scienza.


Tutti guardano le partite di calcio , ma solo chi ha praticato questo sport non penserà' mai che si tratti di cosa prova di senso.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

green demetr

La filosofia è sempre stata una ricerca del senso dell'esistere. E ha sempre dovuto combattere con i suoi esiti manipolati ed esulati dal contesto di quella ricerca.
Questo irrigidimento delle conoscenze, ha portato nei secoli all'approdo della scienza moderna, laddove con Newton si separa definitivamente dalla saggezza.
Una volta isolata, e dunque senza senso, è stato facile per le politiche ideologiche servirsene in chiave militare dal nazismo all'occupazione dell'Europa di questi giorni è sembrato un sogno, le menti si sono scisse, e si sono auto-proiettate in un mondo auto-implodentesi. Il che rinvierebbe alla gnosi, ma appunto, ormai siamo al punto di non ritorno.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

paul11

 @ viator
L'aspetto psichico che relazioni al desiderio è implicito all'atto conoscitivo, sia nelle scienze che filosofia. L'intenzionalità al sapere è omologo alle due discipline ,ammesso che siano divise, perché prima della modernità coincidevano.


La scissione fra scienze moderne e filosofia non riguarda la fede, perché la mente umana, che sia scienziato, filosofo o quant'altro ha caratteristiche e proprietà identiche.
Più semplicemente la scienza ha scelto che l'accertamento della verità fossero i sensi a dichiararla.
Ma attenzione, dove sta scritto che il filosofo non si confronti con le scienze, non è mai avvenuto nemmeno nel periodo antico.
La scienza naturale per sua peculiarità si ferma all'accertamento fisico e sensoriale, la prova giustificativa di una verità. E fin qui nulla da dire , e non è contestabile, anzi va benissimo.
Il problema è che se la filosofia sposa questa tesi è giusto che la scienza predomini, perché seguendo l'esempio di Jacopus, la filosofia come ancella delal teologia, diventa nella modernità ancora ancella, ma della scienza.


Ma attenzione, perde tutte le forme ed essenze del pensiero, fra cui la morale.
La differenza fra filosofia antica e moderna ,non è nel ruolo delle scienze moderne che fanno il loro lavoro in un metodo, lo facevano anche gli antichi e non è lo sviluppo scientifico il problema, ma la scienze asservite alla tecnica sganciate dal limite morale.
La differenza è che nella filosofia antica il fine era il bene e la felicità e questo implicava un'argomentazione morale.Il fine della scienza naturale essendo appiattito sul fenomeno naturale non ha morale, perché una meteora che cade sulla Terra,un ciclone, non hanno morale.
Il fine della tecnica, e qui ci vorrebbe F.Bacone, contemporaneo a Galileo, era già il benessere grazie alla tecnica, ma la morale già in Bacone è eteronoma, è esterna al pensiero della tecnica.
Le virtù antiche dovevano con la temperanza limitare saggiamente la relazione e uomo.
La modernità non ha una normativa morale interna ed è per questo che la tecnica è inarrestabile, che il ricco non si ferma che chi ha il potere non lo molla.
Il criterio di giustizia è fallito nella modernità, nonostante le scienze umane abbiano cercato di temperare i limiti del potere tecnico. Infatti hanno limitato il potere politico, non quello economico e tentato meno il gotha scientifico. Lo scienziato per suo statuto professionale non svolge un ruolo morale o immorale, è neutrale: questo è paradossale se si pensa seriamente. Quando toglie il camice è un umano che pensa e ha una sua morale quanto meno o no?
Il pensiero fuoriesce dal dominio naturale e tutto ciò che è solo pensiero è indimostrabile tramite l'accertamento sperimentale.
Gli interventi etici (che comunque non è la morale) intervengono esternamente sulla biogenetica, sull'eutanasia, sull'ambiente ecologico, ecc.
la giustizia richiesta diventa protesta esterna lla cultura dominante, perché questa cultura non ha ,ribadisco, morale interna che ne limiti la responsabilità pratica perché non è interna alla teoresi.
Le deontologie professionali sono contraddittorie rispetto ai ruoli sociali economici, vince nettamente tecnica ed economia sulla morale e politica, ma per statuto culturale scelto.
Così la tecnica è inarrestabile e travolge qualsiasi morale oppositiva.
Questo è uno dei ruoli filosofici.


@ iano
mi trovi d'accordo.
La filosofia ha il dovere di misurarsi sulle contraddizioni del proprio tempo e quello passato, tesaurizzando la critica per un mondo migliore, in armonia con se stesso e la vita.
Già in questo, penso sia salvifico


Forse  e questo è vero, la filosofia ha avuto soprattutto nell'antichità un linguaggio  gergale  che allontana perché la rende ostica; penso a volte per narcisismo e megalomania dei filosofi, o proprio perché non volevano essere compresi dalle masse. Oggi è sicuramente un errore.
Tendo a pensare che chi riesce con parole semplici a rendere un contenuto difficile sia da ammirare
senza banalizzare  e perdere i requisiti filosofici. Diffido di chi spiega nei libri divulgativi  la filosofia in maniera superficiale e molto spesso è così. Un conto è fare propedeutica, ma poi necessariamente si passa al testo dei filosofi. La matematica . la geometria la grammatica che abbiamo imparato alle elementari richiedono pedagogie idonee, così per la filosofia.
Forse bisogna iniziare con linguaggio piano a discutere di problemi filosofici, così intendo un laboratorio di pensiero, e questo forum offre delle discussioni, poi se rimane inevasa la problematica ha poca importanza, è già il fatto di ragionarci che fa propedeutica.




@ green


e' vero, la filosofia cerca il senso della vita.
Mi auguro nonostante tutto che la richiesta di senso dell'esistenza non rimanga inevasa da parte della filosofia.




Altri punti emersi:
a) che cosa è utile? Che cosa è bene? Possono coincidere?
b) perché cerchiamo un senso all'esistenza? Esiste questo senso?
c) la separazione di saggezza dalla scienze moderne:è possibile riunire questa scissione?

iano

#9
Citazione di: paul11 il 10 Marzo 2020, 01:29:36 AM




Altri punti emersi:
a) che cosa è utile? Che cosa è bene? Possono coincidere?
b) perché cerchiamo un senso all'esistenza? Esiste questo senso?
c) la separazione di saggezza dalla scienze moderne:è possibile riunire questa scissione?
Difficile dire cosa sia bene, e in fondo nemmeno cosa sia utile, e almeno una certa coincidenza ,in levare ,c'è
Non parliamo poi del perché cerchiamo un senso all'esistenza , che non è ben chiaro cosa significhi.
Sul punto c però una opinione c'è l'ho.
Ed e' che non c'è nessuna scissione , sebbene ne esista la percezione .
Gli uomini hanno sempre pensato e sempre fatto e non c'è una vera discontinuità in ciò, anche se per esigenze di narrazione si cerca di individuare sempre possibili punti di svolta che ci regalino una data da mandare a memoria.
Ma queste svolte sono sospette perché in effetti sembrano nascere dal nulla.
A un certo punto si percepisce un punto di discontinuità, ma questo non vuol dire che ci sia una sostanziale svolta , nel senso qualitativo , nel senso della sostanza.
Quindi , diciamolo ....c'è qualcosa che non quadra l e quando c'è qualcosa che non quadra di solito c'è una assunzione nascosta.
Allora ti faccio una domanda.
Baratteresti il bene in cambio di un regresso della coscienza?
Magari no.Magari perché pensi che un progresso della coscienza sia un bene.
Propio nel precedente rigo temo si nasconda l'inghippo.
Però è vero , bene o male che sia , che vi è stato un incremento di coscienza , per il quale si è stimata alla grossa una data, e si è coniato per l'occasione un nuovo vocabolo: scienza .
La curva della coscienza è salita , ma rimane continua , anche se noi percepiamo questo balzo come discontinuità.
Da questa percezione inesatta altre inesattezze seguono logicamente.
Come ad esempio il conflitto fra tecnica e morale che a me pare sia sempre stato , e neanche questo sia una novità dirompente , se non fosse che ne abbiamo più coscienza.
Stanti queste "novità' " in che termini possiamo far fare un balzo anche alla filosofia , laddove invece non si percepisce alcuna discontinuità, provando a resettare ciò che è utile e/o bene ?
Azzardo nel promuovere una maggiore responsabilità personale , che in effetti dovrebbe naturalmente seguire l'aver maggior coscienza .
Quando avremo smesso di trovare capri espiatori per ogni nostro problema potremo dire che il processo con cui il senso di responsabilità arranca dietro alla coscienza sia andato a buon fine.
Allora si rinnoverà il vocabolario della filosofia , magari solo snellendosi.
Non sappiamo se la tensione alla conoscenza sia un bene.
Non sappiamo se la ricerca di un senso sia un bene.
Non sappiamo se la tecnica inarrestabile sia un bene.
Noi possiamo solo sperare che sssere noi stessi sia un bene, e tutto l'elenco qui sopra  fatto...siamo noi.
Non mi pare sia utile pensare che il male siamo noi , purché siamo veramente noi.
Purché sempre più coscienti della nostra responsabilità.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

La latitanza della filosofia è il sintomo che ancora non ci siamo.
Per essere noi dobbiamo rimetterci tutti insieme , senza lasciare pezzi per strada , come a volte succede nella fretta , e qualche pezzo va' troppo avanti e qualche pezzo arranca dietro.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Sariputra


La f. può definirsi come una forma di sapere che, pur nella grande varietà delle sue espressioni, presenta quali note pressoché costanti due vocazioni: una all'universalità e una alla prescrizione di una saggezza. La prima si manifesta in due modi: la f. si pone come una forma di sapere perfetta, comunque quale forma di sapere migliore possibile all'uomo, rispetto ad altre inferiori, o almeno come la forma di sapere più generale e comprensiva; oppure si pone come un sapere che trae altre forme di sapere a suo oggetto, per studiarne le caratteristiche, gli ambiti di validità, i significati impliciti. In entrambi i casi la f. finisce per riguardare tutte le forme dell'attività umana, che essa indaga criticamente all'interno degli ambiti individuati dalle denominazioni correnti delle diverse discipline filosofiche: logica, etica, metafisica, estetica, f. della storia, del diritto, della religione, della natura, della scienza, e così via. La vocazione alla prescrizione di una saggezza si configura come indicazione di una condotta conforme ai risultati della ricerca filosofica. (diz.Treccani)


Personalmente vedo anch'io la f. come riflessione critica ad ogni sapere e pertanto con una vocazione 'universale'. La f. come forma di sapere non subordinata ad altre ed accessibile pertanto a tutti. Questa accessibilità è anche spinta verso la saggezza, che vedo come l'approdo personale del filosofare e sua ragione. La f. è quindi, a mio parere, catarsi...F. come pensiero che ha un potere liberatorio.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

green demetr

@Iano


"Magari no.Magari perché pensi che un progresso della coscienza sia un bene.Propio nel precedente rigo temo si nasconda l'inghippo.Però è vero , bene o male che sia , che vi è stato un incremento di coscienza , per il quale si è stimata alla grossa una data, e si è coniato per l'occasione un nuovo vocabolo: scienza ."

Anche se rivolta a Paul, ne approfitto per dare una mia risposta.
Il punto è che stai dando per scontato l'idea che ci sia un bene senza la coscienza annessa.
Ed errore ancora più grave, ma che rientra nell'alveo della produzione ideologica del progresso, che la coscienza non sia già regressa.
Già Pasolini negli anni 60 aveva promosso pubblicamente la distinzione tra sviluppo e progresso. Laddove l'ideologia del progresso è in realtà appunto lo sviluppo (tecnologico, riassociandoci all'asse Heidegger-Severino, per così dire en-passant).

Senza un progresso effettivo della coscienza, o meglio delle coscienze, è abbastanza naturale considerare la stessa idea di persona (giuridico-morale che ha radici antichissime).
Non serve continuare come fanno i mass media (e certa filosofia politica liberale) a insistere sul concetto di responsabilità.

Il punto di non ritorno è stato già ampiamente passato. (Basterebbero le guerre a testimoniarlo).

Su questo punto si tratta di essere realisti, e darsi da fare per rilanciare nuovi progetti se non proprio nuove filosofie.
E' inutile cadere nella schisi della gnosi.






Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

@Paul


"Altri punti emersi:
a) che cosa è utile? Che cosa è bene? Possono coincidere?
b) perché cerchiamo un senso all'esistenza? Esiste questo senso?
c) la separazione di saggezza dalla scienze moderne:è possibile riunire questa scissione?"


Il bene sostanzialmente è l'utile di una comunità. Ecco laddove Nietzche insiste nel ricordare quale fosse l'utilità originaria del tabuico, e di come invece l'idea di bene si sia poi staccata finendo per diventare una catena soffocante peggiore della causa a cui quello stesso  bene si era imposto come rimedio.
Siamo lontanissimi da questo incipit Nicciano. E' veramente difficile non essere pessimisti.

E' proprio da questa condizione di pessimismo, dallo status quo delle cose, che l'uomo tenta di riappropriarsi del proprio essere nel mondo, e lo fa attraverso tentativi, sbagli sopratutto (in inglese wanderer, viaggiare a caso, termine inesistente in italiano).

Anche questo è presente in Nietzche (e nei moralisti francesi prima e dopo Montaigne).

Dunque il senso è una direzione, non è veramente una cosa, essa si configura come progetto, come ideazione di uno tentativo di stare al mondo, ovviamente è una fantasia, una utopia.

Ma l'utopia laddove è grande, si confronta e rimanda sempre ad un reale possibile.
(uno degli insegnamenti di Cacciari che più mi ha colpito).

In questo "senso", il senso (dell'esistere) "esiste". Financo quando diventa religione.
Una religione è tanto più grande quanto è vicina ai bisogni delle persone, non solo come scudo contro il pensiero di morte, ma anche e sopratutto come ideazione di una società migliore.
Penso sopratutto all'ebraismo, ma stavolta anche al cristianesimo. In questo sono due grandi religioni. Le religioni orientali di derivazione indiana, invece sono prettamente individuali.

Ovviamente il "senso" e la "domanda di senso" sono cose molto diverse.
Se da una parte vi è il progetto, dall'altra vi è il desiderio (compreso quello animico, che dovrebbe interessarci).Sulla seconda difficile dare giudizi critici.

Infine l'annosa questione del rapporto filosofia-scienza.

E' impossibile a meno che una persona riesca a stare in entrambi i mondi.

Finora l'ultimo a provarci fu proprio Kant.

E' praticamente impossibile stare dentro la matematica, troppo vasta, troppo piramidale.
Non è come la filosofia che può sempre rifarsi da capo.
La matematica chiede basi solidissime, per poi finire nell'astrazione più elitaria.

D'altronde la persona che si perde nell'astrazione pura difficilmente ha dentro di sè il demone filosofico, che lo sprona ad una continua critica.
E di fatti per lo più gli scienziati, che ne sanno di filosofia, si fermano alle domande di senso, senza però entrare in una critica serrata contro se stessi.
Per lo più il loro rapporto con la filosofia si scioglie in una liquidazione sprezzante, se non  denigratoria (posizione che è nella maggioranza degli scienziati che ho letto) della stessa.

E' ovvio che è uno scontro politico, non perchè lo sia per davvero, mi fanno sorridere i filosofi alla Cacciari che non capiscono questo punto, è ovvio che Cacciari ha ragione, nel senso che la filosofia deve per forza di cose, fare i conti con il pensiero scientifico, il pensiero filosofico che non pensa alla questione è un pensiero che nasconde in sè la paura del confronto.
Ma detto questo, e certo capisco la rabbia del nostro, e non  solo del nostro, che ho citato perchè è il più polemico sulla qeustione (nel senso positivo).
Bisogna pur considerare il contesto in cui questa stessa relazione è situata.
Chiamiamola per generalizzazione scientismo, ma non è solo dello scientismo, è proprio della scienza, la polemica con il mondo della filosofia.
Sopratutto se spiegata in questo modo....purtroppo i professori stanno postando le lezioni via piattaforma You Tube, senza mettere l'opzione di privato, e consegnandosi al giudizio pubblico, ossia il mio, nessuno li ascolta davvero, a meno che le classi di oggi siano composte di 10 persone. Ovviamente spengo appena dopo qualche secondo.
Siamo ancora al filosofo contro il filosofo che lo precede.....

Che tristezza!!! Ma dico a che serve il dibattito pubblico filosofico se gli stessi professori di filosofia non gliene frega niente....MAH!

Altro che rapporto filosofia scienza, intanto recuperiamo il rapporto filosofia chi insegna la filosofia.....

;) ;D
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: iano il 10 Marzo 2020, 05:28:54 AM
La latitanza della filosofia è il sintomo che ancora non ci siamo.
Per essere noi dobbiamo rimetterci tutti insieme , senza lasciare pezzi per strada , come a volte succede nella fretta , e qualche pezzo va' troppo avanti e qualche pezzo arranca dietro.


Su questo hai ragione, purtroppo sinceramente non ho mai progettato un tentativo di collante della filosofia.


Ma d'altronde nemmeno gli organi addetti come l'istitui superiore di filosofia. O il progetto filosofico che era dietro ai filmati rai, di raieducational. Isifi mi pare si chiamasse.


Praticamente in questo spirito, di dialogo con il pubblico, si erano ripromessi di aprire un forum, cosa che non è mai avvenuta.
Sono ormai 20 anni che aspetto inutilmente, ma il logo lavori in corso è sempre lì.
Forse ultimamente hanno tolto tutto. E' una semplice vetrina del nulla a cui la filosofia istituzionale è arrivata.
Zero progetti, zero idee, e probabilmente zero finanziamenti. A dire come veramente le cose funzionano.


Gli unici forum in questo ventennio sono stati quello di fusaro, che però è stato chiuso in maniera omertosa e vile dallo stesso.
(pur lui non avendoci MAI partecipato). Quello di forumcomunity, che ha perso via via i moderatori e (colpa anche mia che non ho mai voluto fare l'administrator) che infine ha chiuso portandosi con sè migliaia di considerazioni bellissime.E infine questo forum su cui scriviamo, e verso cui nutro una grande stima. E per cui voglio ringraziare tutti i MOD per la pazienza.


I filosofi sono chiusi nella torre d'avorio, non solo delle università, dei dottorati, dei progetti individuali letti da 3 persone, e postati sottoforma di blog.


Ho provato varie volte (non spesso) a interagire, niente da fare! la volontà del blog nasce come una testimonianza di una produzione individuale. Nessun confronto, niente di niente.


Ma come dicevo anche e direi ormai devo ammetterlo anche a livello mentale.


Non capirò mai come si faccia a scrivere della ideologia in terza persona, e non  accorgersi di quello che la stessa sta facendo a te stesso....




MA COME!! la filosofia è diventata proprio per questo motivo la mia preferita, perchè è entrata nel fortino del pensiero religioso (induista allora).
Evidentemente è stata proprio una cosa mia personale.


hai ragione Iano, io però non saprei proprio da dove partire. a parte il fatto di entrare subito nel fuoco della discussione.


Non importa quante sciocchezze si dicano, anche io ne dicevo e ne dico ancora, l'importante è che la passione ci leghi in qualche maniera.


Evidentemente non funziona, il problema del numero degli iscritti e dei contributi effettivi è stato fin dai tempi di fusaro molto basso.


Questione intrinseca alla fatica del pensare, certo, ma forse è proprio che nessuno abbia idea di come fare a ovviare alla paura del giudizio, ed altre meravigliosi complessi che l'uomo si porta con sè da lungo tempo.


Insomma Iano hai toccato veramente un punto caldissimo dell'intera questione filosofica, una patata bollente che nessuno tiene in mano.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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