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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: paul11 il 09 Marzo 2020, 00:44:16 AM

Titolo: Il ruolo della filosofia
Inserito da: paul11 il 09 Marzo 2020, 00:44:16 AM
 Ultimamente in diverse discussioni filosofiche, emerge un diverso intento filosofico.
Mi chiedo e chiedo, ma quale ruolo ha, o dovrebbe avere la filosofia in generale?
Ha avuto un ruolo storico e quale?
Quale ruolo dovrebbe avere la filosofia oggi?


Queste domande me le pongo io stesso periodicamente.
Quando iniziai , parecchi anni fa a studiare filosofia, la mia motivazione era che la filosofia segnava una cultura. Il modo in cui la filosofia costruiva i suoi fondamentali determinava il modo in cui le persone rappresentavano le loro domande e risposte e di conseguenza si comportavano.
La scuola insegna che ogni periodo storico, ogni civiltà ha avuto dei pensatori, artisti, scienziati, che
anticipavano i tempi e segnavano le epoche.


Heidegger il secolo scorso disse il famoso e provocatorio "la filosofia è morta". E' morta davvero?
Un altra domanda è implicita: ma che cosa è la filosofia?
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: iano il 09 Marzo 2020, 04:00:23 AM
Cosa non è filosofia:
si pensa , senza volere.
Volendo , è filosofia.
Siccome il pensiero influenza il fare , la filosofia ci rende responsabili , e costituisce una coscienza che può essere diffusa e condivisa.
In effetti chi fa' filosofia , sente il bisogno di condividere , come dimostra questo forum.
In conseguenza di ciò è possibile sincronizzare il fare fra diversi individui di una società.
Questa sincronizzazione è la premessa necessaria al nascere della scienza , la quale richiede che vi sia una visione comune che comporta un agire comune.
Siccome questa visione può mutare e muta  , allora per alcuni si tratta di una tensione alla verità.
Ma questa è solo una opinione che viene confusa storicamente  con la filosofia , e che è stata ereditata dalla scienza.
Sembra così che la scienza si sia sostituita alla filosofia nella ricerca della verità.
La conseguenza è che la filosofia è  stata messa da parte.
Quindi si torna a pensare , senza volere , mettendo in pericolo le fondamenta stesse della scienza.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Jacopus il 09 Marzo 2020, 08:33:55 AM
La filosofia è stata nel medioevo l'ancella della teologia e in epoca moderna la parente povera della scienza.
Come per la letteratura italiana, il suo massimo fulgore lo ha avuto all'inizio, in Ellade. Io proverei a dare un'occhiata da quelle parti per cercare una risposta.
Detto questo si può provare anche a dare risposte altre.
La filosofia può essere pensata come ad un serbatoio di senso, duttile e critico allo stesso tempo. La filosofia non deve e non può piegarsi alla verità di una singola disciplina né essere essa stessa una singola disciplina ma può indagare i nessi e i fondamenti nascosti del pensiero umano e delle istituzioni che ne discendono.
Si può pensarla come un saggio che guarda i saperi specializzati e li seziona per scoprirne significati nascosti e/o mistificatori. È la critica razionale e metafisica allo stesso tempo il campo della filosofia. Razionale e metafisica insieme, perché  deve essere in grado di mettere in discussione sia la razionalità dal lato della metafisica sia la metafisica dal lato della razionalità. La filosofia è la libertà del pensiero.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 09 Marzo 2020, 08:36:03 AM
Prima di interrogarsi sul suo ruolo bisognerebbe definire cos'è filosofia e, credendo al suo stesso nome, dare per certo che essa è amore del sapere. Sapere che si concretizza in episteme, in (cono)scienza. Quindi il suo ruolo è di conatus verso la conoscenza, motore antropologico di produzione di sapere.

In tale significato riprenderei la felice osservazione di phil in altra discussione che ha generato questa: in ogni epoca i filosofi si sono occupati di tutto il sapere che stava loro intorno e ne hanno tratto nutrimento per il loro sapere. Direi che questo è il ruolo più importante che la filosofia ha storicamente svolto e che è cresciuto via via che il sapere cresceva e con esso le sue specializzazioni. Fungere la collante razionale dell'accumularsi di conoscenze da cui deriva un secondo irrinunciabile ruolo: riempire tutto ciò di significato. Non arbitrariamente, ma intessendo sapientemente i fili dell'episteme in un abito mentale di pregio, di valore antropologico. Metafisico.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: paul11 il 09 Marzo 2020, 15:30:18 PM
 @iano


sono d'accordo su tutto.
Ma che cosa è accaduto nel ruolo della filosofia nel passaggio al dominio delle scienze perpetuato, voluto e cercato dagli stessi pensatori filosofici?
Il modo e gli scopi che si prefigge la filosofia, mutano storicamente e contraddistinguono anche la pratiche. La morale a mio parere è fondamentale ed è implicita nella costruzione del pensiero filosofico, diventa il vissuto del pensiero.


@jacopus


penso che il naturalismo sia stata la risposta culturale alla nausea verso la filosofia ancella della teologia. Sono d'accordo, la filosofia è anche il nesso di senso delle varie discipline del sapere.


@ipazia


penso che la filosofia abbia per mezzo il sapere, ma il sapere non può essere fine a se stesso.
E' implicito che il filosofo essendo testimone del proprio tempo viva i saperi del suo tempo.
Bisogna vedere come ne fa uso.
Come con jacopus è corretto a mio parere che la filosofia costruisca il nesso delle discipline dei saperi.




Allora aggiungo altri quesiti:
- il libero esercizio del pensiero deve sottrarsi alla omologazione del proprio tempo, vale  a dire deve in un certo modo essere provocatore? Uno spirito forte dicevano gli antichi o spirito libero i moderni, deve essere semplice testimone del proprio tempo conformisticamente  o innovativamente?
- un appunto della contemporaneità è la sterilità filosofica in quanto contemplativa e non pratica? E' vero?
- pensare non è ancora filosofia, il pensare filosoficamente è diverso dal semplice pensare?
- la filosofia può avere un ruolo salvifico?
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: viator il 09 Marzo 2020, 16:00:46 PM
Salve. Dal mio punto di vista l'aspetto che crea inevitabile confusione circa la caratterizzazione della scienza piuttosto che della filosofia consiste nella inevitabile interferenza tra la psiche e la mente. Ennesimo irresolubile dualismo al cui interno diventa impossibile appunto il discernerne gli aspetti conflittuali da quelli sinergizzanti.

Nei confronti del concetto di scienza - ad esempio - l'atteggiamento psichico consiste nel considerare la scienza lo strumento di elezione della ricerca della verità. Lo strumento "oggettivo" che permetta di affrontare e chiarire le problematiche relazionali tra il sè psichico e la "realtà/verità" collocata al nostro esterno.

Ma questo è solo un nostro atteggiamento psichico, cioè tutto sommato un nostro desiderio.

Infatti, sempre a proposito di scienza, il relativo atteggiamento mentale (intellettuale) viene seccamente capovolto, in quanto è noto che culturalmente e ragionevolmente la scienza altro non è che la sistematica del dubitare (mentalmente) opposta alla fede, la quale sarà la sistematica del credere (psichicamente).

E la filosofia ?. La filosofia consiste nell'attività mentale, nota ovviamente dall'epoca prescientifica, che in origine incorporava sia la necessita psichica di trovare delle risposte che la augurabile possibilità di vederle emergere attraverso i sensi.

Quindi si trattava e si tratta tuttora di un sistema di indagine del mondo utilizzante la speculazione concettuale (il mentale) applicata al sensoriale (l'apparentemente "fisico"), nella vana ricerca di "realtà vere".

Il sorgere del "metodo scientifico" ha prodotto la scissione di ciò che risultava "impropriamente" connesso all'interno della filosofia come fino allora praticata, ed ha generato la schizofrenia culturale separante e riunente (a seconda delle circostanze) la "filosofia naturale" (prendente appunto il nome di scienza) e la "filosofia puramente speculativa".

A questo punto, se lo desideriamo, possiamo continuare a dedicarci alla speculazione mentale......ovviamente senza illuderci di trarne qualcosa di diverso dal nostro divertimento (a men che si voglia diventare od apparire dei professionisti della filosofia, finchè ci sarà chi li paga). Saluti.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: iano il 09 Marzo 2020, 16:05:16 PM
Citazione di: paul11 il 09 Marzo 2020, 15:30:18 PM







Allora aggiungo altri quesiti:
1
- il libero esercizio del pensiero deve sottrarsi alla omologazione del proprio tempo, vale  a dire deve in un certo modo essere provocatore? Uno spirito forte dicevano gli antichi o spirito libero i moderni, deve essere semplice testimone del proprio tempo conformisticamente  o innovativamente?
2
- un appunto della contemporaneità è la sterilità filosofica in quanto contemplativa e non pratica? E' vero?
3
- pensare non è ancora filosofia, il pensare filosoficamente è diverso dal semplice pensare?
4
- la filosofia può avere un ruolo salvifico?
Direi che se si concorda col punto 3 , allora l'uno vien da se' , diventando impossibile essere solo semplici testimoni del proprio tempo , laddove il pensiero non proceda per pura inerzia. Poi strada facendo si può provar gusto alla provocazione , ma non è quella la molla.


La filosofia , in quanto contemplativa , è sterile inevitabilmente , solo se vivi sull'isola deserta delle barzellette.
Vero è che stante la considerazione di cui gode oggi la filosofia ci si sente un po' soli nella folla.
Ma credo che paradossalmente ciò sia dovuto al fatto che si associ automaticamente  la filosofia alla storia del pensiero più che all'esercizio del pensiero.
Succede però che la storia del pensiero possa essere considerata una ricchezza a cui attingere solo se si ha l'abitudine all'esercizio del pensiero , cosa in se' naturale , se non è stata castrata.
Poche discipline come la filosofia ti permettono di dialogare con gli uomini di ogni tempo.
Non credo che la filosofia possa avere un ruolo salvifico , non più di quanto  possa averlo la musica , anche se quando ti ci immergi ti sembra si stare in cielo, a volte .
Il paragone non è scelto a caso , perché nulla sembra più futile della musica ,ma nessuno vi rinuncerebbe.
Per rigenerarsi la filosofia dovrebbe recuperare la leggerezza originaria di una canzone , così come in origine era , prima che la sua storia la appesantisse .
Il godimento per la musica dipende dalla propria cultura musicale ,ma quando la ascolti non ci pensi.
Ogni lezione di filosofia dovrebbe essere preceduta da un laboratorio del pensiero , diversamente da come avviene per le lezioni di scienza.


Tutti guardano le partite di calcio , ma solo chi ha praticato questo sport non penserà' mai che si tratti di cosa prova di senso.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: green demetr il 09 Marzo 2020, 16:16:22 PM
La filosofia è sempre stata una ricerca del senso dell'esistere. E ha sempre dovuto combattere con i suoi esiti manipolati ed esulati dal contesto di quella ricerca.
Questo irrigidimento delle conoscenze, ha portato nei secoli all'approdo della scienza moderna, laddove con Newton si separa definitivamente dalla saggezza.
Una volta isolata, e dunque senza senso, è stato facile per le politiche ideologiche servirsene in chiave militare dal nazismo all'occupazione dell'Europa di questi giorni è sembrato un sogno, le menti si sono scisse, e si sono auto-proiettate in un mondo auto-implodentesi. Il che rinvierebbe alla gnosi, ma appunto, ormai siamo al punto di non ritorno.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: paul11 il 10 Marzo 2020, 01:29:36 AM
 @ viator
L'aspetto psichico che relazioni al desiderio è implicito all'atto conoscitivo, sia nelle scienze che filosofia. L'intenzionalità al sapere è omologo alle due discipline ,ammesso che siano divise, perché prima della modernità coincidevano.


La scissione fra scienze moderne e filosofia non riguarda la fede, perché la mente umana, che sia scienziato, filosofo o quant'altro ha caratteristiche e proprietà identiche.
Più semplicemente la scienza ha scelto che l'accertamento della verità fossero i sensi a dichiararla.
Ma attenzione, dove sta scritto che il filosofo non si confronti con le scienze, non è mai avvenuto nemmeno nel periodo antico.
La scienza naturale per sua peculiarità si ferma all'accertamento fisico e sensoriale, la prova giustificativa di una verità. E fin qui nulla da dire , e non è contestabile, anzi va benissimo.
Il problema è che se la filosofia sposa questa tesi è giusto che la scienza predomini, perché seguendo l'esempio di Jacopus, la filosofia come ancella delal teologia, diventa nella modernità ancora ancella, ma della scienza.


Ma attenzione, perde tutte le forme ed essenze del pensiero, fra cui la morale.
La differenza fra filosofia antica e moderna ,non è nel ruolo delle scienze moderne che fanno il loro lavoro in un metodo, lo facevano anche gli antichi e non è lo sviluppo scientifico il problema, ma la scienze asservite alla tecnica sganciate dal limite morale.
La differenza è che nella filosofia antica il fine era il bene e la felicità e questo implicava un'argomentazione morale.Il fine della scienza naturale essendo appiattito sul fenomeno naturale non ha morale, perché una meteora che cade sulla Terra,un ciclone, non hanno morale.
Il fine della tecnica, e qui ci vorrebbe F.Bacone, contemporaneo a Galileo, era già il benessere grazie alla tecnica, ma la morale già in Bacone è eteronoma, è esterna al pensiero della tecnica.
Le virtù antiche dovevano con la temperanza limitare saggiamente la relazione e uomo.
La modernità non ha una normativa morale interna ed è per questo che la tecnica è inarrestabile, che il ricco non si ferma che chi ha il potere non lo molla.
Il criterio di giustizia è fallito nella modernità, nonostante le scienze umane abbiano cercato di temperare i limiti del potere tecnico. Infatti hanno limitato il potere politico, non quello economico e tentato meno il gotha scientifico. Lo scienziato per suo statuto professionale non svolge un ruolo morale o immorale, è neutrale: questo è paradossale se si pensa seriamente. Quando toglie il camice è un umano che pensa e ha una sua morale quanto meno o no?
Il pensiero fuoriesce dal dominio naturale e tutto ciò che è solo pensiero è indimostrabile tramite l'accertamento sperimentale.
Gli interventi etici (che comunque non è la morale) intervengono esternamente sulla biogenetica, sull'eutanasia, sull'ambiente ecologico, ecc.
la giustizia richiesta diventa protesta esterna lla cultura dominante, perché questa cultura non ha ,ribadisco, morale interna che ne limiti la responsabilità pratica perché non è interna alla teoresi.
Le deontologie professionali sono contraddittorie rispetto ai ruoli sociali economici, vince nettamente tecnica ed economia sulla morale e politica, ma per statuto culturale scelto.
Così la tecnica è inarrestabile e travolge qualsiasi morale oppositiva.
Questo è uno dei ruoli filosofici.


@ iano
mi trovi d'accordo.
La filosofia ha il dovere di misurarsi sulle contraddizioni del proprio tempo e quello passato, tesaurizzando la critica per un mondo migliore, in armonia con se stesso e la vita.
Già in questo, penso sia salvifico


Forse  e questo è vero, la filosofia ha avuto soprattutto nell'antichità un linguaggio  gergale  che allontana perché la rende ostica; penso a volte per narcisismo e megalomania dei filosofi, o proprio perché non volevano essere compresi dalle masse. Oggi è sicuramente un errore.
Tendo a pensare che chi riesce con parole semplici a rendere un contenuto difficile sia da ammirare
senza banalizzare  e perdere i requisiti filosofici. Diffido di chi spiega nei libri divulgativi  la filosofia in maniera superficiale e molto spesso è così. Un conto è fare propedeutica, ma poi necessariamente si passa al testo dei filosofi. La matematica . la geometria la grammatica che abbiamo imparato alle elementari richiedono pedagogie idonee, così per la filosofia.
Forse bisogna iniziare con linguaggio piano a discutere di problemi filosofici, così intendo un laboratorio di pensiero, e questo forum offre delle discussioni, poi se rimane inevasa la problematica ha poca importanza, è già il fatto di ragionarci che fa propedeutica.




@ green


e' vero, la filosofia cerca il senso della vita.
Mi auguro nonostante tutto che la richiesta di senso dell'esistenza non rimanga inevasa da parte della filosofia.




Altri punti emersi:
a) che cosa è utile? Che cosa è bene? Possono coincidere?
b) perché cerchiamo un senso all'esistenza? Esiste questo senso?
c) la separazione di saggezza dalla scienze moderne:è possibile riunire questa scissione?
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: iano il 10 Marzo 2020, 04:44:01 AM
Citazione di: paul11 il 10 Marzo 2020, 01:29:36 AM




Altri punti emersi:
a) che cosa è utile? Che cosa è bene? Possono coincidere?
b) perché cerchiamo un senso all'esistenza? Esiste questo senso?
c) la separazione di saggezza dalla scienze moderne:è possibile riunire questa scissione?
Difficile dire cosa sia bene, e in fondo nemmeno cosa sia utile, e almeno una certa coincidenza ,in levare ,c'è
Non parliamo poi del perché cerchiamo un senso all'esistenza , che non è ben chiaro cosa significhi.
Sul punto c però una opinione c'è l'ho.
Ed e' che non c'è nessuna scissione , sebbene ne esista la percezione .
Gli uomini hanno sempre pensato e sempre fatto e non c'è una vera discontinuità in ciò, anche se per esigenze di narrazione si cerca di individuare sempre possibili punti di svolta che ci regalino una data da mandare a memoria.
Ma queste svolte sono sospette perché in effetti sembrano nascere dal nulla.
A un certo punto si percepisce un punto di discontinuità, ma questo non vuol dire che ci sia una sostanziale svolta , nel senso qualitativo , nel senso della sostanza.
Quindi , diciamolo ....c'è qualcosa che non quadra l e quando c'è qualcosa che non quadra di solito c'è una assunzione nascosta.
Allora ti faccio una domanda.
Baratteresti il bene in cambio di un regresso della coscienza?
Magari no.Magari perché pensi che un progresso della coscienza sia un bene.
Propio nel precedente rigo temo si nasconda l'inghippo.
Però è vero , bene o male che sia , che vi è stato un incremento di coscienza , per il quale si è stimata alla grossa una data, e si è coniato per l'occasione un nuovo vocabolo: scienza .
La curva della coscienza è salita , ma rimane continua , anche se noi percepiamo questo balzo come discontinuità.
Da questa percezione inesatta altre inesattezze seguono logicamente.
Come ad esempio il conflitto fra tecnica e morale che a me pare sia sempre stato , e neanche questo sia una novità dirompente , se non fosse che ne abbiamo più coscienza.
Stanti queste "novità' " in che termini possiamo far fare un balzo anche alla filosofia , laddove invece non si percepisce alcuna discontinuità, provando a resettare ciò che è utile e/o bene ?
Azzardo nel promuovere una maggiore responsabilità personale , che in effetti dovrebbe naturalmente seguire l'aver maggior coscienza .
Quando avremo smesso di trovare capri espiatori per ogni nostro problema potremo dire che il processo con cui il senso di responsabilità arranca dietro alla coscienza sia andato a buon fine.
Allora si rinnoverà il vocabolario della filosofia , magari solo snellendosi.
Non sappiamo se la tensione alla conoscenza sia un bene.
Non sappiamo se la ricerca di un senso sia un bene.
Non sappiamo se la tecnica inarrestabile sia un bene.
Noi possiamo solo sperare che sssere noi stessi sia un bene, e tutto l'elenco qui sopra  fatto...siamo noi.
Non mi pare sia utile pensare che il male siamo noi , purché siamo veramente noi.
Purché sempre più coscienti della nostra responsabilità.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: iano il 10 Marzo 2020, 05:28:54 AM
La latitanza della filosofia è il sintomo che ancora non ci siamo.
Per essere noi dobbiamo rimetterci tutti insieme , senza lasciare pezzi per strada , come a volte succede nella fretta , e qualche pezzo va' troppo avanti e qualche pezzo arranca dietro.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Sariputra il 10 Marzo 2020, 08:28:00 AM

La f. può definirsi come una forma di sapere che, pur nella grande varietà delle sue espressioni, presenta quali note pressoché costanti due vocazioni: una all'universalità e una alla prescrizione di una saggezza. La prima si manifesta in due modi: la f. si pone come una forma di sapere perfetta, comunque quale forma di sapere migliore possibile all'uomo, rispetto ad altre inferiori, o almeno come la forma di sapere più generale e comprensiva; oppure si pone come un sapere che trae altre forme di sapere a suo oggetto, per studiarne le caratteristiche, gli ambiti di validità, i significati impliciti. In entrambi i casi la f. finisce per riguardare tutte le forme dell'attività umana, che essa indaga criticamente all'interno degli ambiti individuati dalle denominazioni correnti delle diverse discipline filosofiche: logica, etica, metafisica, estetica, f. della storia, del diritto, della religione, della natura, della scienza, e così via. La vocazione alla prescrizione di una saggezza si configura come indicazione di una condotta conforme ai risultati della ricerca filosofica. (diz.Treccani)


Personalmente vedo anch'io la f. come riflessione critica ad ogni sapere e pertanto con una vocazione 'universale'. La f. come forma di sapere non subordinata ad altre ed accessibile pertanto a tutti. Questa accessibilità è anche spinta verso la saggezza, che vedo come l'approdo personale del filosofare e sua ragione. La f. è quindi, a mio parere, catarsi...F. come pensiero che ha un potere liberatorio.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: green demetr il 10 Marzo 2020, 17:45:46 PM
@Iano


"Magari no.Magari perché pensi che un progresso della coscienza sia un bene.Propio nel precedente rigo temo si nasconda l'inghippo.Però è vero , bene o male che sia , che vi è stato un incremento di coscienza , per il quale si è stimata alla grossa una data, e si è coniato per l'occasione un nuovo vocabolo: scienza ."

Anche se rivolta a Paul, ne approfitto per dare una mia risposta.
Il punto è che stai dando per scontato l'idea che ci sia un bene senza la coscienza annessa.
Ed errore ancora più grave, ma che rientra nell'alveo della produzione ideologica del progresso, che la coscienza non sia già regressa.
Già Pasolini negli anni 60 aveva promosso pubblicamente la distinzione tra sviluppo e progresso. Laddove l'ideologia del progresso è in realtà appunto lo sviluppo (tecnologico, riassociandoci all'asse Heidegger-Severino, per così dire en-passant).

Senza un progresso effettivo della coscienza, o meglio delle coscienze, è abbastanza naturale considerare la stessa idea di persona (giuridico-morale che ha radici antichissime).
Non serve continuare come fanno i mass media (e certa filosofia politica liberale) a insistere sul concetto di responsabilità.

Il punto di non ritorno è stato già ampiamente passato. (Basterebbero le guerre a testimoniarlo).

Su questo punto si tratta di essere realisti, e darsi da fare per rilanciare nuovi progetti se non proprio nuove filosofie.
E' inutile cadere nella schisi della gnosi.






Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: green demetr il 10 Marzo 2020, 18:14:21 PM
@Paul


"Altri punti emersi:
a) che cosa è utile? Che cosa è bene? Possono coincidere?
b) perché cerchiamo un senso all'esistenza? Esiste questo senso?
c) la separazione di saggezza dalla scienze moderne:è possibile riunire questa scissione?"

Il bene sostanzialmente è l'utile di una comunità. Ecco laddove Nietzche insiste nel ricordare quale fosse l'utilità originaria del tabuico, e di come invece l'idea di bene si sia poi staccata finendo per diventare una catena soffocante peggiore della causa a cui quello stesso  bene si era imposto come rimedio.
Siamo lontanissimi da questo incipit Nicciano. E' veramente difficile non essere pessimisti.

E' proprio da questa condizione di pessimismo, dallo status quo delle cose, che l'uomo tenta di riappropriarsi del proprio essere nel mondo, e lo fa attraverso tentativi, sbagli sopratutto (in inglese wanderer, viaggiare a caso, termine inesistente in italiano).

Anche questo è presente in Nietzche (e nei moralisti francesi prima e dopo Montaigne).

Dunque il senso è una direzione, non è veramente una cosa, essa si configura come progetto, come ideazione di uno tentativo di stare al mondo, ovviamente è una fantasia, una utopia.

Ma l'utopia laddove è grande, si confronta e rimanda sempre ad un reale possibile.
(uno degli insegnamenti di Cacciari che più mi ha colpito).

In questo "senso", il senso (dell'esistere) "esiste". Financo quando diventa religione.
Una religione è tanto più grande quanto è vicina ai bisogni delle persone, non solo come scudo contro il pensiero di morte, ma anche e sopratutto come ideazione di una società migliore.
Penso sopratutto all'ebraismo, ma stavolta anche al cristianesimo. In questo sono due grandi religioni. Le religioni orientali di derivazione indiana, invece sono prettamente individuali.

Ovviamente il "senso" e la "domanda di senso" sono cose molto diverse.
Se da una parte vi è il progetto, dall'altra vi è il desiderio (compreso quello animico, che dovrebbe interessarci).Sulla seconda difficile dare giudizi critici.

Infine l'annosa questione del rapporto filosofia-scienza.

E' impossibile a meno che una persona riesca a stare in entrambi i mondi.

Finora l'ultimo a provarci fu proprio Kant.

E' praticamente impossibile stare dentro la matematica, troppo vasta, troppo piramidale.
Non è come la filosofia che può sempre rifarsi da capo.
La matematica chiede basi solidissime, per poi finire nell'astrazione più elitaria.

D'altronde la persona che si perde nell'astrazione pura difficilmente ha dentro di sè il demone filosofico, che lo sprona ad una continua critica.
E di fatti per lo più gli scienziati, che ne sanno di filosofia, si fermano alle domande di senso, senza però entrare in una critica serrata contro se stessi.
Per lo più il loro rapporto con la filosofia si scioglie in una liquidazione sprezzante, se non  denigratoria (posizione che è nella maggioranza degli scienziati che ho letto) della stessa.

E' ovvio che è uno scontro politico, non perchè lo sia per davvero, mi fanno sorridere i filosofi alla Cacciari che non capiscono questo punto, è ovvio che Cacciari ha ragione, nel senso che la filosofia deve per forza di cose, fare i conti con il pensiero scientifico, il pensiero filosofico che non pensa alla questione è un pensiero che nasconde in sè la paura del confronto.
Ma detto questo, e certo capisco la rabbia del nostro, e non  solo del nostro, che ho citato perchè è il più polemico sulla qeustione (nel senso positivo).
Bisogna pur considerare il contesto in cui questa stessa relazione è situata.
Chiamiamola per generalizzazione scientismo, ma non è solo dello scientismo, è proprio della scienza, la polemica con il mondo della filosofia.
Sopratutto se spiegata in questo modo....purtroppo i professori stanno postando le lezioni via piattaforma You Tube, senza mettere l'opzione di privato, e consegnandosi al giudizio pubblico, ossia il mio, nessuno li ascolta davvero, a meno che le classi di oggi siano composte di 10 persone. Ovviamente spengo appena dopo qualche secondo.
Siamo ancora al filosofo contro il filosofo che lo precede.....

Che tristezza!!! Ma dico a che serve il dibattito pubblico filosofico se gli stessi professori di filosofia non gliene frega niente....MAH!

Altro che rapporto filosofia scienza, intanto recuperiamo il rapporto filosofia chi insegna la filosofia.....

;) ;D
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: green demetr il 10 Marzo 2020, 18:33:55 PM
Citazione di: iano il 10 Marzo 2020, 05:28:54 AM
La latitanza della filosofia è il sintomo che ancora non ci siamo.
Per essere noi dobbiamo rimetterci tutti insieme , senza lasciare pezzi per strada , come a volte succede nella fretta , e qualche pezzo va' troppo avanti e qualche pezzo arranca dietro.


Su questo hai ragione, purtroppo sinceramente non ho mai progettato un tentativo di collante della filosofia.


Ma d'altronde nemmeno gli organi addetti come l'istitui superiore di filosofia. O il progetto filosofico che era dietro ai filmati rai, di raieducational. Isifi mi pare si chiamasse.


Praticamente in questo spirito, di dialogo con il pubblico, si erano ripromessi di aprire un forum, cosa che non è mai avvenuta.
Sono ormai 20 anni che aspetto inutilmente, ma il logo lavori in corso è sempre lì.
Forse ultimamente hanno tolto tutto. E' una semplice vetrina del nulla a cui la filosofia istituzionale è arrivata.
Zero progetti, zero idee, e probabilmente zero finanziamenti. A dire come veramente le cose funzionano.


Gli unici forum in questo ventennio sono stati quello di fusaro, che però è stato chiuso in maniera omertosa e vile dallo stesso.
(pur lui non avendoci MAI partecipato). Quello di forumcomunity, che ha perso via via i moderatori e (colpa anche mia che non ho mai voluto fare l'administrator) che infine ha chiuso portandosi con sè migliaia di considerazioni bellissime.E infine questo forum su cui scriviamo, e verso cui nutro una grande stima. E per cui voglio ringraziare tutti i MOD per la pazienza.


I filosofi sono chiusi nella torre d'avorio, non solo delle università, dei dottorati, dei progetti individuali letti da 3 persone, e postati sottoforma di blog.


Ho provato varie volte (non spesso) a interagire, niente da fare! la volontà del blog nasce come una testimonianza di una produzione individuale. Nessun confronto, niente di niente.


Ma come dicevo anche e direi ormai devo ammetterlo anche a livello mentale.


Non capirò mai come si faccia a scrivere della ideologia in terza persona, e non  accorgersi di quello che la stessa sta facendo a te stesso....




MA COME!! la filosofia è diventata proprio per questo motivo la mia preferita, perchè è entrata nel fortino del pensiero religioso (induista allora).
Evidentemente è stata proprio una cosa mia personale.


hai ragione Iano, io però non saprei proprio da dove partire. a parte il fatto di entrare subito nel fuoco della discussione.


Non importa quante sciocchezze si dicano, anche io ne dicevo e ne dico ancora, l'importante è che la passione ci leghi in qualche maniera.


Evidentemente non funziona, il problema del numero degli iscritti e dei contributi effettivi è stato fin dai tempi di fusaro molto basso.


Questione intrinseca alla fatica del pensare, certo, ma forse è proprio che nessuno abbia idea di come fare a ovviare alla paura del giudizio, ed altre meravigliosi complessi che l'uomo si porta con sè da lungo tempo.


Insomma Iano hai toccato veramente un punto caldissimo dell'intera questione filosofica, una patata bollente che nessuno tiene in mano.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Phil il 10 Marzo 2020, 21:56:52 PM
Parlare della filosofia come qualcosa di unitario, o addirittura di una disciplina che abbia un ruolo o un programma o un obiettivo, contrasta per me con tutto ciò che la filosofia è stata, è e potrà essere: ovvero un insieme estremamente eterogeneo di temi, proposte, approcci, discorsi, etc. Osservare che il denominatore comune di tale "inventario" sia l'attività del riflettere, non rende giustizia alla qualità (e agli strumenti) del pensare definibile «filosofico» (basta uscire a fare una passeggiata per poter affermare «faccio sport» o «sono uno sportivo»? Se muovere le gambe non è sempre fare sport, riflettere non è sempre fare filosofia).
La filosofia, intesa non come attività ma come insieme storico-dinamico delle proposte filosofiche, è l'antitesi del "pensiero unico", essendo intimamente plurale (e talvolta persino pluralista); eppure spesso viene, per ironia del suo "destino", dipinta come "singolarità coesa": come una impostazione che ha un fine "centripeto", come una disciplina che fra i suoi stessi temi deve mirare a questo ma non a quello, etc. Gli stessi filosofi, proponendo ognuno la sua definizione (qui alcuni esempi) non fanno che confermare, loro malgrado, che l'insieme (e l'attività) della filosofia non ha un unico criterio denotativo, al punto che l'insieme stesso contiene o non contiene alcuni pensatori/correnti a seconda di chi decide quale criterio usare (e quindi impone alla sua filosofia il suo progetto).

Per alcuni interrogativi su come si possa intendere la filosofia suggerisco, fra i tanti, questo video.


P.s.
Citazione di: Ipazia il 09 Marzo 2020, 08:36:03 AM
In tale significato riprenderei la felice osservazione di phil in altra discussione che ha generato questa: in ogni epoca i filosofi si sono occupati di tutto il sapere che stava loro intorno e ne hanno tratto nutrimento per il loro sapere. Direi che questo è il ruolo più importante che la filosofia ha storicamente svolto e che è cresciuto via via che il sapere cresceva e con esso le sue specializzazioni. Fungere la collante razionale dell'accumularsi di conoscenze
Parlavo di guardarsi intorno, ovvero di prestare attenzione alle proposte delle altre discipline, di conciliare le tematiche classiche con l'attualità, ma probabilmente il "nutrirsi" a cui alludi va ben oltre tutto ciò: infatti, che la filosofia funga da «collante» (cit.) tra gli altri saperi, curiosamente lo affermano quasi solamente i filosofi (e mi pare fatichino poi a dimostrarlo nella loro prassi filosofica), per quanto forse ciò voglia essere un accademico auspicio o un'ambizione, più che una constatazione "diagnostica".
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: paul11 il 10 Marzo 2020, 23:57:06 PM

@iano
A mio parere utile ha un significato strumentale, uno strumento è utile.
Il bene è un fine, di un'azione di un pensiero.
Hanno acquisito nei tempi storici significazioni diverse col finire che il termine utile è persin abusato ,pensiamo all'utile economico. Il bene invece è diventato un termine retorico,come se tutto fosse "a fin di bene". Così che l'utilità ha preso il posto del bene.


Ci sono momenti storici in cui qualcosa sta finendo e qualcosa d'altro sta nascendo: è come se fosse nell'aria.
Poi avviene un qualcosa d'innovativo e allora c'è la separazione fra vecchio e nuovo.


La continuità è data dalle strutture sociali che mutano per rimane poi alla fine sempre se stesse.
Cambiano le tecnologie, avvengono scoperte e invenzioni enormemente amplificate nella modernità, sicuramente merito delle scienze. La continuità è l'essere umano che naviga pian piano nella coscienza. I mutamenti sono negli scenari artefatti umani.
Come ho già scritto la velocità della tecnica è nettamente superiore a quella della presa di coscienza umana. E ad un bambino giocare con l'atomica con le bioingegnerie......finchè eran frecce o polvere da sparo.


La responsabilità la vedo decadere. La capacità di responsabilità si dice sia figlia della conseguenza di una azione. Ma è anche la capacità di decidere e prima di agire e decidere significa presupporre il sapere cosa è giusto e sbagliato, cosa è bene e male. Il politico segue i desideri dei gruppi sociali,  i desideri non è detto che siano il bene. L'imprenditore economico agisce per il bene dell'azienda quando fa utili, profitti (fare o mettere a profitto...) .


Allora vediamo le confusioni dei termini,quando invece nei dialoghi socratici di Platone erano chiari i fini del bene, Basta rileggersi l'Alcibiade maggiore, quando Platone chiede al futuro re di Atene se si sente pronto per governarla. Quale è l'iter educativo oggi di un politico? Insegnano nelle scuole il bene e il male, o come concupire le folle?
Oggi forse potremmo magari far corrispondere al bene altro di ciò che dice Socrate.
Ma non si può eluderlo come fine il bene, perché potrebbe presupporre a sua volta valori come eguaglianza, libertà, dignità.


E' difficile fare paragoni socio culturali sulla percezione di coscienza fra l'antichità , modernità fino ai nostri giorni. Possiamo dire che nell'antichità pochi si potevano permettere di leggere, scrivere, pensare . Socialmente è chiaro che è meglio oggi, anche materialmente, soprattutto per noi occidentali. Ma il saggio era ritenuto importantissimo e questo arriva fin quasi alla modernità.
Aristotele ricordiamo era il precettore personale di Alessandro il Grande. I nobili si nobilitivano con saggi, artisti.I figli avevano educatori nel medioevo come i gesuiti.
Nella modernità la saggezza sparisce prima lentamente e poi.........persino i vecchi sono un peso.
Con la scolarizzazione di massa e grazie a conquiste nei diritti, abbiamo straordinarie crescite culturali nelle masse.......ma un appiattimento fino alla decadenza. Oggi la scuola non ha il fine di costruire saggezze, ma funzionali alla tecnica, quindi ai ruoli nel mondo del lavoro.
Allora potremmo dire che è cresciuta la conoscenza, e forse la coscienza, degli strati sociali di massa. Ma è sparita negli strati superiori manageriali e dei potenti, la saggezza. Sono funzionari.
E' alla coscienza personale e individuale che viene delegata la possibilità di seguire vie di saggezza.


@ sariputra
direi perfetta la definizione della filosofia. Molti pensano oggi un luogo comune volutamente spacciato come disprezzo verso quella filosofia ,come se fossero dei "sognatori" persi nel mondo degli dei. Basterebbe leggersi i dialoghi socratici o gli esempi educativi nei libri sapienziali antichi.
Hanno esempi nelle vite quotidiane di uomini comuni. Per gli antichi la via della saggezza era implicita nella conoscenza che doveva diventare coscienza attraverso condotte virtuose.


Come ho scritto a Iano, oggi la saggezza è purtroppo una via personale e individuale, e questo a mio parere non va bene. Perchè nascono differenze di coscienze incolmabili e rischiano di creare barriere di comunicazione. Perchè manca la pedagogia generale che porti quanto meno ad una propedeutica.
La cultura moderna se ne frega altamente, perché non è pericoloso a se stessa, le vie individuali,
Ci vive sulle differenze e incomunicabilità. E' passato il  desiderio materico sulla virtù saggia.
Oggi impera  il benessere materico e non il bene del saggio




@green
Sì ,il senso è una direzione.
Per Nietzsche il senso della vita è la vitalità. Ma nasce dalla constatazione dell'infiacchimento umano soprattutto nei riguardi della cultura tedesca. Per questo torna all'uomo tragico greco, consapevole della tragedia che cura con la vitalità; per poi immetterla nella cultura tedesca ed è anche per questo che la  prima musica wagneriana  della sega tedesca gli è piacevole.


Non dimenticherei la struttura sociale che impone la tecnica: la ruolificazione standardizzata quanto il metodo sperimentale e i suoi protocolli.
Lo scienziato è funzionale e utile alla  tecnica che è sempre più un alveare che spersonalizza gli individui dentro un'idea comune di benessere. Lo scambio è fra alienazione e benessere materico.
Non mi aspetto che lo scienziato o l'operaio prendano coscienza. La coscienza non è materica, e tutto ciò che è indimostrabile dentro il meccanismo causa effetto accertato dentro la natura, lo hanno posto come "insensato". Il benessere economico è molto più attrattivo perché è fisicità e non  "illusione", in quanto eterico, idea. Lo scienziato è dentro fino al collo, ma non è consapevole.
E' finito il tempo dove i grandi uomini di scienza erano anche filosofi. La tecnica non può permettere che si sganci dal suo meccanismo.
Lo scientismo è il chiacchiericcio filosofico dello scienziato, che vuole la filosofia come portaborse.


Eppure i festival filosofici riscuotono un enorme successo.
Essendo il pensiero impalpabile e il benessere economico non corrispondente al bene, accade
che più di qualcuno abbia interesse a pensare a prescindere dal ruolo sociale all'interno del meccanismo sociale. Per quanto la mente sia condizionabile il pensiero e la coscienza si difendono nell'impalpabilità .
Il problema è nei numeri e la massa oggi è soggetto passivo storico.
Nell' antichità erano pochi da dover persuadere, oggi il paradosso è che la tecnica è impersonale, tutti ne sono schiavi, compresi gli straricchi, e il cambiamento passa per gli ultimi delle scale sociali. Perchè lo straricco vive sui loro desideri spacciando beni materiali, se gli ultimi non acquistano o cambiano coscienza salta tutto. I sogni degli ultimi sono l'invidia verso gli straricchi, e fin quando questo regge......il vento è in poppa e la nave viaggia tranquilla.
La cura non è costruire una società di uomini eguali, perché viene coltivata comunque l'idea della tecnica, il benessere per dare beni a desideri materiali : così a Taylor risponde Stakanov:e non cambia nulla.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: paul11 il 11 Marzo 2020, 00:12:14 AM
 @ phil
non mi risulta un pensiero unico culturale nella storia della filosofia.

E' appunto guardandosi attorno che nascono le critiche e il pluralismo è che ognuno è libero di pensare e dire ciò che ritiene opportuno, compreso il tuo pensiero.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 11 Marzo 2020, 00:27:06 AM
Citazione di: Phil il 10 Marzo 2020, 21:56:52 PM
Parlavo di guardarsi intorno, ovvero di prestare attenzione alle proposte delle altre discipline, di conciliare le tematiche classiche con l'attualità, ma probabilmente il "nutrirsi" a cui alludi va ben oltre tutto ciò: infatti, che la filosofia funga da «collante» (cit.) tra gli altri saperi, curiosamente lo affermano quasi solamente i filosofi (e mi pare fatichino poi a dimostrarlo nella loro prassi filosofica), per quanto forse ciò voglia essere un accademico auspicio o un'ambizione, più che una constatazione "diagnostica".

Ma anche no. Le figure più innovative della conoscenza hanno sempre effettuato questo collegamento, perchè il cambio dei paradigmi scientifici accompagnò in ogni epoca un rivolgimento della visione del mondo dei contemporanei e posteri. Così da Pitagora, Platone fino a Darwin, Marx, Freud, Einstein, passando per Pascal, Descartes, Newton,...

Anche il dibattito epistemologico svolge una funzione di "interprete" dell'episteme scientifica aprendo verso la metafisica del cambio di prospettiva.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 11 Marzo 2020, 09:19:51 AM
Citazione di: paul11 il 10 Marzo 2020, 23:57:06 PM
Eppure i festival filosofici riscuotono un enorme successo.
Essendo il pensiero impalpabile e il benessere economico non corrispondente al bene, accade che più di qualcuno abbia interesse a pensare a prescindere dal ruolo sociale all'interno del meccanismo sociale. Per quanto la mente sia condizionabile il pensiero e la coscienza si difendono nell'impalpabilità.
...

Anche il bene ha una sua palpabilità in assenza della quale si scade nel chiacchericcio scolastico dell'epigono nostalgico. Nei festival filosofici la dialettica tra tecnoscienza ed etica é centrale per il successo e la persuasività del discorso. La dimensione del cui uditorio non trovo così cruciale essendo essa storicamente proporzionata ai mezzi e modalità di comunicazione.

Il medium e il messaggio viaggiano da sempre in simbiosi e, considerando  l'esclusione delle masse incolte, non credo che l'antichità abbia molto da insegnare sul piano etico (composizione di classe) alla modernità, escludendo piccole comunità di tipo comunistico, in cui la proprietà comune spingeva verso una comune responsabilizzazione.

Ogni epoca ha utilizzato i mezzi e tarato i messaggi sull'omologazone alla propria ideologia dominante. Questa non fa eccezione, ma mi pare più aperta delle precedenti alla varietà delle evoluzioni individuali e associative. Più trasparente nel rivestire regnanti e cortigiani dei loro abiti ideologici. Grazie, e si ritorna alla struttura, agli strumenti (tecnoscientifici) innovativi della comunicazione. Sui quali la lotta, anche filosofica, continua.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Phil il 11 Marzo 2020, 09:36:50 AM
Citazione di: Ipazia il 11 Marzo 2020, 00:27:06 AM
Citazione di: Phil il 10 Marzo 2020, 21:56:52 PM
Parlavo di guardarsi intorno, ovvero di prestare attenzione alle proposte delle altre discipline, di conciliare le tematiche classiche con l'attualità, ma probabilmente il "nutrirsi" a cui alludi va ben oltre tutto ciò: infatti, che la filosofia funga da «collante» (cit.) tra gli altri saperi, curiosamente lo affermano quasi solamente i filosofi (e mi pare fatichino poi a dimostrarlo nella loro prassi filosofica), per quanto forse ciò voglia essere un accademico auspicio o un'ambizione, più che una constatazione "diagnostica".

Ma anche no. Le figure più innovative della conoscenza hanno sempre effettuato questo collegamento, perchè il cambio dei paradigmi scientifici accompagnò in ogni epoca un rivolgimento della visione del mondo dei contemporanei e posteri.
Forse è una questione di metafore: se parliamo di "guardarsi intorno" rivolgendosi anche alle altre discipline, ne va dell'attualità delle riflessioni filosofiche; se parliamo di "nutrimento", quindi di apporto vitale, bisogna prendere atto che ci sono filosofie che (soprav)vivono egregiamente anche senza il confronto attento con la contemporaneità; se parliamo di "collante", ovvero qualcosa che media e/o lega due o più elementi, non direi che occuparsi di filosofia e scienza, o leggere filosoficamente l'economia, etc. significhi usare la filosofia come «collante razionale dell'accumularsi di conoscenze» (cit.); se parliamo di "collegamento" già descriviamo meglio, secondo me, un rapporto meno gerarchico, più verosimile e tuttavia non necessario (anche se lo trovo preferibile).
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: green demetr il 12 Marzo 2020, 14:18:39 PM
Di solito apro un notepad e poi faccio copia incolla, poi mi sono deciso a scrivere qua, così mi corregge gli infiniti errori che faccio della lingua italiana,
E mi sono dimenticato che ogni tanto il browser si chiude alla cavolo.....e ho perso tutto quello che ho scritto.... >:(


Vabbè sintetizzo cosa stavo pensando.


1) il senso è la priorità della filosofia.


2) il senso ha bisogno di una visione complessiva del mondo, che si chiama orizzonte o destino.


3) Pochi filosofi lo hanno fatto, mi vengono in mente severino e cacciari. sini pur grande per esempio no.
Nietzche il  mio sommo maestro no.


4) i festival di filosfia sono happening culturale, un modo per riempire il vuoto e la solitudine del popolino.




5) siamo rimasti in pochi là fuori caro paul a pensare nella maniera GIUSTA.




Gli altri sono in errore, ed errando vanno! chi diventa vittima dell'ideologia e si schiera come think tank delle lobby, e chi svagheggia parlando di questo e di quell'altro senza avere una idea complessiva del mondo.


>:(  (è triste punto e basta)

Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: paul11 il 12 Marzo 2020, 15:37:28 PM
@green


1)Anche per me il senso , il senso della vita in specifico è direi tutto. Per questo tendo a filosofie
  che quanto meno ne argomentino.
2) E' il concetto di mondo che cambia prospettiva del senso della vita. La problematica filosofica cambia quando interpreta in modo diverso  intuito e concetto, realtà e rappresentazione, soggetto e oggetto, esperienza empirica e concetto astratto, e così via.
3) A seconda di come si rappresenta il mondo può cambiare il senso della vita.
E cerco di capire anche i diversi punti di vista. Se tempo, spazio e causalità sono apriori della intuizione umana, la relazione diventa una realtà come rappresentazione distinta da quella  in sè(Kant)  da chi invece sostiene che è  solo rappresentazione(Schopenhauer).Sono solo due esempi
fra i più celebri. Tolto assoluto, tolta l'ontologia, il soggetto umano mentale viene esaltato nella volontà(Schopenhauer). In questo modo cambia il senso della vita, rispetto all'antichità.
4) E' vero sono solo happening culturali, ma meglio di niente. Soprattutto significa che le persone , magari solo alcune, hanno ancora voglia di pensare.
5) non so se penso in modo "giusto", caro  green, cerco.....
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 12 Marzo 2020, 17:48:50 PM
E' la vita che cambia la prospettiva del mondo e i concetti che ne derivano.

L'attuale crisi pandemica è di una eloquenza tragica: economia o salute ? Prevenzione o PIL ? Individuo o collettività ?

E' bastato un virus per fare alta filosofia. Quella che conta ed è incontrovertibilmente inaggirabile.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: green demetr il 14 Marzo 2020, 14:20:16 PM
Citazione di: Ipazia il 12 Marzo 2020, 17:48:50 PM
E' la vita che cambia la prospettiva del mondo e i concetti che ne derivano.

L'attuale crisi pandemica è di una eloquenza tragica: economia o salute ? Prevenzione o PIL ? Individuo o collettività ?

E' bastato un virus per fare alta filosofia. Quella che conta ed è incontrovertibilmente inaggirabile.


Compagna Ipazia, è mai possibile che ti devo rimembrare in continuazione che sono le sovrastrutture che determinano le relazioni padrone-schiavo?


Ti fissi troppo sul reale, non sapevo fossi un chimico, ora mi spiego molto, se non tutto. (appunto che ti fissi troppo sul reale).


E comunque questa pandemia (la narrazione di questa pandemia) è tutto ciò che non è filosofico.



Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: green demetr il 14 Marzo 2020, 14:28:36 PM
Paul hai ragione. A seconda della rappresentazione della relazione, cambiano i giudizi.


Ma il reale è sempre quello. Che sia fantasmatico come presume Schopenauer (anche se ho qualche dubbio che sia così, infatti come al solito il manuale dice una cosa, ma quando stavo leggendo la sua La quadruplice radice del principio di ragione sufficiente,[/size][size=78%] [/size] mi pareva che invece egli partisse propio da Kant. ) o che sia induttivo come presumeva Kant, entrambi finivano nelle forche caudine dell'etica.


Per capire che l'etica sia anch'essa una forma della dialettica, e non del giudizio, si arriva ad Hegel.


Senza Hegel nessun Nietzche che ragiona sulla presumibilità della dialettica (giustamente ravvisandone, sulla scorta del maestro schopenauer, la fantasmatica).


Ma appunto è proprio su questa tensione di sguardi sul reale, che l'analisi del reale si arricchisce.


In questione non è la relazione (che è ovvio che sia una fantasmatica), che facilmente come sappiamo finisce in una mimesi ideologica, o del triste filosofo contro filosofo.


Come dice Ipazia a noi interessa il reale.


Saluti.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 14 Marzo 2020, 14:54:29 PM
Citazione di: green demetr il 14 Marzo 2020, 14:20:16 PM
Citazione di: Ipazia il 12 Marzo 2020, 17:48:50 PM
E' la vita che cambia la prospettiva del mondo e i concetti che ne derivano.

L'attuale crisi pandemica è di una eloquenza tragica: economia o salute ? Prevenzione o PIL ? Individuo o collettività ?

E' bastato un virus per fare alta filosofia. Quella che conta ed è incontrovertibilmente inaggirabile.

Compagna Ipazia, è mai possibile che ti devo rimembrare in continuazione che sono le sovrastrutture che determinano le relazioni padrone-schiavo?

Filosofo green è possibile che tu capisca la differenza del rapporto struttura-sovrastruttura nell'universo naturale e in quello antropologico ? Il rapporto padrone-schiavo quando si reifica in istituti di proprietà e giurisdizione diventa struttura nell'universo antropologico e la sovrastruttura è l'ideologia che giustifica e "legittima" tale contesto storico "strutturale"

CitazioneTi fissi troppo sul reale, non sapevo fossi un chimico, ora mi spiego molto, se non tutto. (appunto che ti fissi troppo sul reale).

Perchè il reale è struttura anche quando è fatta solo di materia ideologica. L'archè, Dio compreso, nasce da questa materia ideologica che a sua volta nasce dalla materia naturale come rappresentazione e intenzione.

CitazioneE comunque questa pandemia (la narrazione di questa pandemia) è tutto ciò che non è filosofico.

Infatti io intendo il virus tal quale non la sua narrazione. Il virus che scardina le aporetiche consolidate dell'ideologia e mostra il re in tutta la sua nudità che va dai panfili ancorati a Porto Cervo alla feticistica fantasmatica del PIL che non si può toccare costi quel che costi, mentre non si trovano nemmeno DPI idonei per chi opera nelle terapie intensive e finisce col contagiarsi.

In questa cena delle beffe ideologica le epidemie l'hanno sempre fatta da padrone della verità, oggetto filosofico per eccellenza. Perfino nella paranoia da panopticon caotico in cui gli esperti navigano a vista vi è molta filosofica critica della istituzionalizzata prassi antropologica.

E infine un peana al silenzio ritrovato di queste città, che neanche nelle domeniche ecologiche è così perfetto. Un silenzio liberatorio dei fantasmi inutili, lasciando spazio solo a quelli che più da vicino ci accompagnano e con cui, obtorto collo, dobbiamo fare i conti fino alla fine.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: green demetr il 14 Marzo 2020, 15:11:51 PM
Ciao Ipazia,


si molto meglio spiegato.


Infatti non è tanto il panottico ideologico, ma le istituzioni giuridiche, ad avere consistenza reale.


Mi pare che tu sia ottimista, sul fatto che ci si liberi dai fantasmi ideologici, perchè come ho già detto all'infinito tutti questi sono posseduti dal fantasma paranoico, che si ciba delle paure, producendo schisi su schisi.


In mezzo a questa polverizzazione della capacità di resistenza (ossia di pensare), la stessa è sempre meno probabile che si attivi, in chi ne è sprovvisto.


Si il virus se ne frega della cena dell beffe, ma questo non impedisce alla cena stessa di continuare su altri tavoli.


A me pare insomma come d'altronde ampiamente prevedibile che i fantasmi si stiano moltiplicando piuttosto che dissolversi.


Siccome sò che questo mio modo di pensare non ti si addice, sono d'accordo, e ti vengo incontro volentieri, che alla fine la vera resistenza è quella che già canguillelm segnalava, ossia quella della nuda e dura biologia.


L'essere vivi in sè, della biologia, del bios. E' lui alla fine che è sotto attacco reale. (su questo penso che siamo d'accordo).
E certamente a questa resistenza viene affidata anche la capacità ad una certa adattabilità (al peggio ovviamente che arriverà, se i tempi della bio-politica sono già arrivati, e che io NON VOGLIO VIVERE, e che spero DI NON VIVERE, ma dopo un attenta indagine sulle mie relazione umane, sono costretto a tentare di VIVERE.)


Immagino che questo orizzonte ci accomuni (anche se io ci vedo il fantasma paranoico, impaziente di cucinarci vivi).
;)


ah ah la cena delle beffe....mi hai rallegrato! bella invenzione!  :)
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: davintro il 14 Marzo 2020, 17:42:31 PM
parlare di "ruolo della filosofia" conduce a implicazioni ambigue, riguardo l'intenzionalità tramite cui un eventuale "ruolo" verrebbe assunto. Il filosofo che pone un ruolo del suo filosofare estrinseco al filosofare stesso, rende la filosofia mezzo, strumento. Ora, tutto ciò che è "utile", "mezzo", "strumento" rientra nell'ordine degli enti che non hanno in se stessi il proprio fine, la propria ragion d'essere, l'ordine degli enti finiti. Una filosofia che si fa strumento di qualcosa che è altro da sé dovrebbe dunque porre come proprio contenuto di indagine la dimensione della finitezza, contingente, fisica assumendo lo stesso ambito delle scienze naturali, confondendosi e annullandosi in esse. Se, chiedo scusa per essere ripetitivo nel ribadire questo concetto sempre per me fondamentale, dal mio punto di vista, la filosofia può avere un senso solo a condizionare che le sia attribuita un proprio oggetto di conoscenza distinto da quello di ogni altro sapere, cioè facendosi sinonimo di metafisica, allora la preservazione dalla sua ragion d'essere resta l'essere coltivata, nell'intenzione di chi la coltiva, come un godimento intellettuale fine a se stesso, nell'accezione aristotelica del punto, filosofia come sapere più nobile di tutti gli altri, proprio perché libero, che non "serve a niente", cioè senza alcun ruolo strumentale. La coincidenza filosofia-metafisica porta il filosofo a porre come obiettivo (obiettivo, non ruolo) la conoscenza dei princìpi primi, le realtà eterne che non necessitano di essere spiegati e legittimati risalendo oltre loro stesse, e che dunque appagano l'animo di chi ricerca questo tipo di conoscenza. D'altra parte, però, dalla necessità, per la preservazione della ragion d'essere della filosofia, di non assumere alcun ruolo estrinseco come motivazione del suo essere, non discende la necessità che i benefici (o più in generale qualunque implicazione, che la si giudichi positivamente o meno) della filosofia debbano restare interni alla pura teoresi del tutto autoreferenziale, senza allargarsi alle pratiche della nostra vita quotidiana. Questo allargamento accade, in un certo senso, in automatico, spontaneamente, senza bisogno che ci sia un preciso istante in cui il filosofo decida di passare dalla pura teoresi alla prassi. Lo studio, la meditazione sui princìpi primi sviluppa una forma mentis che si applica in ogni circostanza, anche le più apparentemente banali della nostra vita, forma mentis che è una disposizione a ragionare andando alla radice, al nucleo essenziale dei problemi, in quanto di ogni questione si tende a rintracciare i presupposti fondamentali, i punti di partenza che non rimandano oltre se stessi, espressione di quelle verità fondamentali di cui la filosofia-metafisica si occupa. In questo ultimo senso si può parlare di "ruolo della filosofia", ma si tratta di un ruolo non assunto come motivazione originaria del filosofare, ma come conseguenza, implicazione concomitante, presente, al di là di essere desiderata e perseguita o meno dal filosofo
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Jacopus il 14 Marzo 2020, 19:57:56 PM
Per Davintro: accetto la tua visione della filosofia ma non è sicuramente la mia. Poteva forse andare bene prima di Galilei, ma una filosofia che sia "otium" contrapposta a "negotium" non ha alcun valore e rischia di essere di nuovo assorbita dalla teologia. La filosofia ha il compito di indagare, anche in modo metafisico, tutto ciò che è conoscenza, mettendolo in questione e criticandolo, dicendosi sempre che chi conosce davvero è chi ancora non conosce. Ma il filosofo non può isolarsi dal mondo e dal confronto con ciò che accade nel mondo della conoscenza. Il filosofo non può fingere che non esistono gli studi sulla genetica, sull'evoluzionismo, sulla fisica quantistica, sull'informatica.
E nello stesso tempo non può neppure dimenticare gli insegnamenti dei grandi filosofi del passato. Deve avere, se può, tutto presente e collegare i fili che restano nascosto, demistificare ciò che viene mistificato. Pensare alla filosofia come passatempo sofisticato per la classe degli "oziosi" è molto lontano dalla mia visione della filosofia, ma so benissimo che è una interpretazione che ha una lunga tradizione e dei grandi teorici.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Hlodowig il 14 Marzo 2020, 21:01:58 PM
- che ne pensi

- perché voglio pensare

- perché lo stai cercando

- perché voglio cercarlo

- perchè vivi?

- perché voglio vivere
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: davintro il 14 Marzo 2020, 23:40:43 PM
Citazione di: Jacopus il 14 Marzo 2020, 19:57:56 PM
Per Davintro: accetto la tua visione della filosofia ma non è sicuramente la mia. Poteva forse andare bene prima di Galilei, ma una filosofia che sia "otium" contrapposta a "negotium" non ha alcun valore e rischia di essere di nuovo assorbita dalla teologia. La filosofia ha il compito di indagare, anche in modo metafisico, tutto ciò che è conoscenza, mettendolo in questione e criticandolo, dicendosi sempre che chi conosce davvero è chi ancora non conosce. Ma il filosofo non può isolarsi dal mondo e dal confronto con ciò che accade nel mondo della conoscenza. Il filosofo non può fingere che non esistono gli studi sulla genetica, sull'evoluzionismo, sulla fisica quantistica, sull'informatica.
E nello stesso tempo non può neppure dimenticare gli insegnamenti dei grandi filosofi del passato. Deve avere, se può, tutto presente e collegare i fili che restano nascosto, demistificare ciò che viene mistificato. Pensare alla filosofia come passatempo sofisticato per la classe degli "oziosi" è molto lontano dalla mia visione della filosofia, ma so benissimo che è una interpretazione che ha una lunga tradizione e dei grandi teorici.



personalmente considero l'uso in termini spregiativi dell' "otium" considerato sterile nullafacenza la più grande malattia di cui soffre la cultura. Perché si basa su un'inversione del corretto ordine logico per il quale ciò che è utile, pratico, strumentale, proprio in quanto ha la propria ragion d'essere al di fuori di sè dovrebbe essere subordinato rispetto a ciò che vale per se stesso, ciò che è bello e piacevole per sé, come può essere il godimento per la bellezza di un'opera d'arte o per la perfetta razionalità insita in un modello teorico. Mentre l'Otium ha in se stesso il proprio senso, il Negotium lo deriva dall'Otium, tutto ciò che è utile va sempre perseguito in quando conduce a realizzare un bene di cui si può godere per se stesso, il fine ultimo, e se la filosofia ha una ragion d'essere, cioè, un proprio contenuto di sapere distinto da quello delle altre forme di sapere, onde evitare la sua sterilità, cioè il suo non aggiungere nulla ai contenuti di queste altre forme di sapere, allora questo contenuto dovrà per forza essere qualcosa di trascendente rispetto al complesso degli enti finiti, utilizzabili dalle pratiche che possono giovarsi delle scienze a cui la conoscenza di questi enti finiti è adeguata. E lo stesso Galilei, a mio avviso, rivendicando l'autonomia del metodo sperimentale per la conoscenza del mondo naturale, e al contempo riconoscendo la distinzione tra il Libro della Natura, scritto in termini matematici, e quello della Salvezza, a cui filosofia e teologia sono riferite, ha confermato l'idea della distinzione dei piani tra metafisica e fisica. Essendo un fisico ha combattuto per l'autonomia di quest'ultima, ma in questo modo ha finito anche per riconoscere l'autonomia della prima, che resta padrona per quanto riguarda l'ambito dello spirituale e del sovrasensibile. La sua epistemologia mira a preservare l'autonomia delle scienze naturali dalle invasioni di campo della religione e della filosofia speculativa, ma non ha nulla a che fare con l'invasione in senso opposto del positivismo, per il quale la filosofia non potrebbe rivendicare alcuna conoscenza distinta rispetto a quelle delle scienza naturali, il cui campo di applicazione viene assolutizzato. Se tutto ciò che è utile ha il proprio senso come relativo rispetto a qualcosa che ha in se stesso il proprio valore, allora è un errore ritenere che la filosofia, occupandosi di verità assolute, di una conoscenza di princìpi che si autolegittimano finirebbe con lo svalutare il mondo delle pratiche, degli oggetti finiti, portando chi la coltiva a isolarsi da questo mondo. Al contrario, proprio focalizzando lo sguardo sui fini ultimi, sui princìpi primi, sull'ambito dell'incondizionato, valorizza la pratica, in quanto le ricorda l'ideale della meta definitiva appagante, il senso ultimo, che solo offre a ogni pratica, a ogni 'utile, la ragione della loro attività, la direzione finale verso cui orientare gli sforzi. Distaccarsi dal mondo dell'utile per scoprire ciò a partire da cui l'utile è riferito e subordinato, è cosa ben diversa dall'ignorare l'utile in assoluto, allo stesso modo di come un uccello, staccandosi da terra (astrazione, senso della trascendenza) per volare nel cielo non necessariamente finisce con l'ignorare la terra, ma assume una prospettiva altra, da cui poterla osservare scoprendone parti diverse da quelle che avrebbe osservato continuando a tenere le zampe attaccate ad essa.


per quanto riguarda l'assorbimento nella teologia, direi che questo sarebbe necessariamente un rischio solo a partire dalla premessa per cui ogni discorso su Dio cada necessariamente nell'irrazionalismo, nel fideismo, nella mera apologetica dogmatica. Ma se ammettiamo, quantomeno, la possibilità che Dio possa essere tema di una conoscenza filosofica e razionale (magari non necessariamente sul modello teologico delle religioni rivelate, ma anche nel modello del Dio di un razionalismo di stampo deista, come si avvicinerebbe più al mio caso), non vedo perché un esito del genere dovrebbe essere una motivazione squalificante per questo tipo di filosofia
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: green demetr il 15 Marzo 2020, 13:41:57 PM
Davintro ma non ti viene in mente che è proprio la paura della filosofia ontologica quella di essere investita da quella speculativo-religiosa, a mettere ancora più in evidenza visto che tu sei un fisico, di come la filosofia sia appunto quell'invasore di cui il fisico ha paura?


Ovviamente la filosofia è specultativo-religiosa, e i continui tentativi della filsoofia analitica di parlare di metafisica analatica, che è appunto una ontologia, mi fanno solo ridere, infatti la metafisica vera è quella che raggiunge gli spazi speculativo religiosi.


L'ontologia è appunto come dici anche tu, mera struttura, mero strumento. Importantissimo certo, ma senza senso se non calato in una dimensione, se non proprio religiosa (visto i danni che ha fatto,e ti capisco) almeno fenomenologico.


Ciao!  ;)
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: green demetr il 15 Marzo 2020, 13:44:41 PM
Citazione di: Hlodowig il 14 Marzo 2020, 21:01:58 PM
- che ne pensi

- perché voglio pensare

- perché lo stai cercando

- perché voglio cercarlo

- perchè vivi?

- perché voglio vivere




Si certo, credo che però manchi quel collante che chiamiamo logos, che unisca tutte queste bellissime e fondamentali domande della filosofia.
Però insomma certo la sostanza è quella che indichi.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Hlodowig il 15 Marzo 2020, 15:41:23 PM
Hai notato?

Quanto è bello il parlar semplice.

Come bambini che si guardan negli occhi.

Come anziani la cui saggezza è madre per la conoscenza.

Citazione
- perché lo stai cercando

- perché voglio cercarlo
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: green demetr il 16 Marzo 2020, 13:31:32 PM
"Imparentati a tutto ciò che esiste, convincendosi
e frequentando il futuro nella vita di ogni giorno,
non si può non incorrere alla fine, come in un'eresia,
in un'incredibile semplicità.

Ma noi non saremo risparmiati,
se non sapremo tenerla segreta.
Più d'ogni cosa è necessaria agli uomini,
ma essi intendono meglio tutto ciò che è complesso..."

estratto dalla poesia le onde di Pasternak, un opera che ho amato e amo tutt'ora alla follia fin dalla mia adolescenza.
Certo che ti capisco.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: paul11 il 16 Marzo 2020, 15:10:42 PM
 @green
il reale non è affatto "quello". Nessun filosofo , neppure nella modernità, fa corrispondere il fenomeno alla ragione( il noumenico kantiano, il cogitan cartesiano, la volontà schopenhaueriana)-
Cosa si intende allora per reale?


L'etica (preferisco morale, ma va beh.....) è dipendente dall'ontologia sulla realtà.
In Kant è totalmente contraddittoria, non è possibile parlare del fenomeno se poi la conoscenza sta fra gli a priori e il noumenico. La sua si risolve come processo gnoseologico, pur sapendo che la
"la cosa in sé "non è risolvibile.  L'imperativo categorico da dove scaturisce? Dal fenomenico?
Si inventa necessariamente che fuoriesce dalla pratica, ennesima su contraddizione, perché non è un oggetto è ancora un processo umano teoretico prima di tutto a dichiarare la modalità morale umana
Schopenhauer stima molto Kant, ma se ne allontana in " Il mondo come volontà e rappresentazione" che ha influito su Nietzsche che non accetta la parte pessimistica, in quanto per Schopenhauer la realtà è negativa.


@ipazia
E' da qualche hanno che penso che il rapporto marxista e materialista fra struttura che determina la sovrastruttura, non funzioni affatto. Non funziona nemmeno in termini cultural filosofici, nonostante la selva di pensatori filo marxisti che sono più sociologi e antropologi nelle loro considerazioni, che filosofi.
La mia considerazione è che solo una morale può impedire lo sfruttamento umano dichiarandolo immorale e nelle pratiche giuridiche bollandolo come non legittimo. Quindi è il contrario di ciò che pensa Marx, è la sovrastruttura culturale teoretica e pratica politica giuridica che deve decidere: non si può aspettare che sia l'economia con il mercato o il materialismo ideologico a decidere quello che non verrà mai deciso. E non è neppure la condizione materiale economica a creare le condizioni per ribaltamenti culturali.


La parte giuridica di come il bios umano venga sottratto è spiegato nella "Nuda vita" di Giorgio Agamben, di cui a volte ho scritto nelle varie discussioni del forum.


@davintro
come spesso accade capisco e sono d'accordo in generale sulle tue argomentazioni.
Quì seguono solo alcune considerazioni.


il ruolo della filosofia, nasce da una constatazione ,prima ancora di una intenzionalità.
Come saprai il filosofo antico era phranesis, saggezza ed era ritenuto il livello culturale più alto da cui apprendere per gli stessi re greci. Aristotele era precettore di Alessandro Magno.


Possiamo dire che oggi è lo stesso? Oggi il filosofo è un saggio? Oggi della saggezza , la post modernità cosa se ne fa?
Cosa è allora oggi il filosofo?


Ritengo un po' ambiguo ritenere che la filosofia debba dire altro, negli spazi lasciati da altre discipline naturali e umane. Il filosofo se vuole fare cultura deve conoscere il suo tempo  e saperne leggere le contraddizioni e possibilmente dare una filosofia originale.
Non si può cadere nell'autocompiacimento, Aristotele poteva permetterselo per il ruolo che aveva assunto la filosofia nel contesto greco,di cui ho detto poco sopra.
Concordo che la filosofia debba essere anche, ma non solo, metafisica.


La modernità, per quanto non mi compiaccia molto di essa, ha posto nuove problematiche del tutto inevase dalla filosofia metafisica antica. Uno è ad esempio l'uomo, un altro il procedimento gnoseologico ormai acquisito nella filosofia della mente attuale, un altro le bioingegnerie, eutanasia, un altro il rapporto non ancora risolto fra fenomeno studiato dalle scienze e realtà della "cosa in sè".


Non è così automatico il passaggio fra teoresi filosofica e pratiche umane: avvengono dispositivi culturali mimetici che stravolgono l'autore filosofo da parte delle interpretazioni  storiche interessate non ha stravolgere il pensiero dell'autore, ma interpretando la mancanza di relazioni fra teorie  pratiche, piegandole ai propri interessi e spesso di bottega.
Avverto storicamente la mancanza della filosofia, di un ruolo culturale che non fosse solo un autocompiacimento. Il filosofo sembra dire: "ti do la mia verità", adesso sta a te cosa fartene.


Il lasciar fare ad altri, il lasciar interpretare, ha condotto la storia umana a ripetere sempre le stesse contraddizioni fra teoresi e prassi. Ma se al tempo di  Platone lo schiavo e il popolano erano analfabeti, oggi i contesti culturali sono diversi. Oggi il figlio dell'operaio può accedere all'università e leggersi Platone se vuole e diventare a sua volta filosofo , se vuole.


I contesti storici mutano anche le comunicazioni e le forme relazionali, oltre ai linguaggi.
Non si tratta di perdersi in sociologia, antropologia, politica, ecc. Ma  i principi che tengono in piedi le discipline naturali e umane sono i termini fondamentali che reggono la stessa filosofia: che cosa è la vita, la giustizia, la realtà, la cultura, il bene, la morale.


La storia filosofica ha letteralmente tolto termini filosofici antichi, rendendoli obsoleti e creando neologismi. Ma perché ha costruito un nuovo filosofare, bello o brutto, giusto  o sbagliato,
permeando l'intera cultura occidentale degli ultimi secoli. C'è un altro approccio filosofico, dove la metafisica non è più nello schema soprasensibile e sensibile, Schopenhauer quando parla di volontà come principio noumenico oltre la "cosa in sè", fa metafisica, come Spinoza fa panteismo. Come l'ontologia dell'essere heideggeriana è diversa dall'ontologia platonica.


Galileo e poi Newton ,non è che rivendicano spazi di autonomia facendo crociate contro Dio, e i più intelligenti teologi che lo processarono capirono questo. Semmai le scienze dichiararono nei fatti che la natura doveva essere reinterpretata, non Dio. Sarà l'illuminismo semmai a porre il problema ateo. Fu F.Bacone il vero ideologo del benessere tecnico scientifico.
Nessun filosofo moderno, come ho scritto a Green, ha convalidato la tesi che la scienza che studia il fenomeno trova la verità della "cosa in sè" ed è  a tutt'oggi non risolta, anzi ha creato nuove problematiche: cosa sono Io, come soggetto conoscente? Cosa è l'oggetto della "cosa in sè"? Quali sono le relazioni fra soggetto ed oggetto?
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 16 Marzo 2020, 19:18:49 PM
Citazione di: paul11 il 16 Marzo 2020, 15:10:42 PM
@ipazia
E' da qualche hanno che penso che il rapporto marxista e materialista fra struttura che determina la sovrastruttura, non funzioni affatto. Non funziona nemmeno in termini cultural filosofici, nonostante la selva di pensatori filo marxisti che sono più sociologi e antropologi nelle loro considerazioni, che filosofi.
La mia considerazione è che solo una morale può impedire lo sfruttamento umano dichiarandolo immorale e nelle pratiche giuridiche bollandolo come non legittimo. Quindi è il contrario di ciò che pensa Marx, è la sovrastruttura culturale teoretica e pratica politica giuridica che deve decidere: non si può aspettare che sia l'economia con il mercato o il materialismo ideologico a decidere quello che non verrà mai deciso.

Il materialismo storico spiega la patologia non la cura. La cura passa attraverso la coscienza (di classe) che modifica le condizioni materiali della produzione e dell'appropriazione rivoluzionando la struttura socioeconomica che quelle condizioni eterna. Il rapporto tra struttura e sovrastruttura è dialettico, retroattivo, non meccanicamente deterministico come la caricatura capitalistica del marxismo ideologicamente spaccia. Si agisce su entrambi i livelli della struttura socioeconomica e della coscienza della sua inumanità. Di cui abbiamo un esempio eclatante nella reazione del Mercato alla crisi epidemica (borsa, spread).

CitazioneE non è neppure la condizione materiale economica a creare le condizioni per ribaltamenti culturali.

E che altro ? Sospendiamo Spartaco e Rousseau nell'iperuranio ?

Pensiamo davvero che scrivere su papiri statici (in pochi) o su bit naviganti (in tanti) sia indifferente nei ribaltamenti culturali ?
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: green demetr il 17 Marzo 2020, 18:22:40 PM
@Paul

cit Paul
"il reale non è affatto "quello". Nessun filosofo , neppure nella modernità, fa corrispondere il fenomeno alla ragione( il noumenico kantiano, il cogitan cartesiano, la volontà schopenhaueriana)-
Cosa si intende allora per reale?"

Non so come tu faccia a pensare che per me il reale sia corrispondente alla ragione, quello è Ceravolo.

Il reale (per me) è l'intersecazione tra simbolico, immaginario e corpo (pulsionale).
Mi ricollego cioè a Lacan. (ma in sede forum lo tralascio, perchè devo ancora costruire una relazione con la proposta lacaniana, cioè devo ancora leggerlo).

Indi per cui nel forum dico sempre che:

Il reale in sè non esiste, è sempre una percezione di cosa sia reale.
Sta a noi e all'analisi il capire cosa sia il reale per noi.
(ossia lo scontro tra le diverse dimensioni del fenomeno).

Scontro che avviene appunto dentro il corpo vivente (bio-logico).

cit paul
"L'etica (preferisco morale, ma va beh.....) è dipendente dall'ontologia sulla realtà.
In Kant è totalmente contraddittoria, non è possibile parlare del fenomeno se poi la conoscenza sta fra gli a priori e il noumenico. La sua si risolve come processo gnoseologico, pur sapendo che la
"la cosa in sé "non è risolvibile.  L'imperativo categorico da dove scaturisce? Dal fenomenico?
Si inventa necessariamente che fuoriesce dalla pratica, ennesima su contraddizione, perché non è un oggetto è ancora un processo umano teoretico prima di tutto a dichiarare la modalità morale umana
Schopenhauer stima molto Kant, ma se ne allontana in " Il mondo come volontà e rappresentazione" che ha influito su Nietzsche che non accetta la parte pessimistica, in quanto per Schopenhauer la realtà è negativa."

L'etica (imperativo categorico) è lo svolgimento della premessa che esiste la libertà.
E' proprio dentro la verità che si dipana nel fenomeno come analisi del giudizio (l'astruso tribunale della ragione kantiano) che dipende l'impossibilità di una determinazione certa. Da cui induttivamente appunto decidiamo che questa libertà esista. (cioè la libertà consiste nella giusta pratica dell'analisi, ossia nell'assunzione pura, pratica ed estetica del giudizio).
La filosofia di Kant non mi appartiene in nessuna maniera.
Essa è semplicemente una fantasia di dominio del reale, infatti non a caso vi è l'esempio di un tribunale.
Per me è orripilante, una tale assunzione.
Schopenauer nemmeno lo considero, uno che si basa sulla traduzione fantasiosa delle upanishad (unica edizione allora disponibile, non che quelle moderne aiutino gran che) e che ravvisa il reale(fenomenologico) come quello magico dell'induismo, mi fa solo sorridere.
Ma Nietzche lo liquida immediatamente come ben merita.
(e terrà solo la parte che noi oggi, in fenomenologia, chiamiamo intezionalità, e in psicanalisi, fraintendendolo ovviamente, chiamano pulsione, ma queste sono altre considerazioni)

cit Paul
"La mia considerazione è che solo una morale può impedire lo sfruttamento umano dichiarandolo immorale e nelle pratiche giuridiche bollandolo come non legittimo. Quindi è il contrario di ciò che pensa Marx, è la sovrastruttura culturale teoretica e pratica politica giuridica che deve decidere: non si può aspettare che sia l'economia con il mercato o il materialismo ideologico a decidere quello che non verrà mai deciso. E non è neppure la condizione materiale economica a creare le condizioni per ribaltamenti culturali."


Difficile liquidare la questione senza sforare troppo l'argomento.
Diciamo che la mia critica principale alla tue (di conseguenza) fantasie utopiche, è che la morale sia influenzata dalle sovrastrutture (mentre tu in maniera dogmatica ed autoritaria sembra addirittura la fai combaciare).
Ma è proprio la sovrastuttura che aliena l'uomo.
Il problema principale è quello!
Probabilmente poi hai scritto male, in marx le strutture non determinano le sovrastrutture, è invece il contrario.

Andiamo avanti (sforando il ruolo della filosofia secondo me):

Come ben sappiamo la sovrastruttura marxiana, è poi stata declinata e molto più opportunamente ampliata come concetto di dispotivo da Derrida.
Che appunto proprio Agamben riprende e che insieme a Focault poi scopriamo è come impianto giuridico che il dispositivo si rivela nella sua dimensione giuridica.
Ed è lì l'errore della metafisica che l'ha permesso e ideato, dunque attenzione ai discorsi sull'etica! essi sono i discorsi dei cani dell'impero, coloro ai quale è stato delegato il compito inutile (visto che l'ideologia e tra poco le neuroscienze lo fanno in maniera diretta) di suffragare il già dato, il già giudicato.

Visto che ho colpito i miei nemici, ossia i moralisti dell'impero, vado avanti con gli altri nemici.

Nessuna ontologia, nessuna analisi che tenda a confermare cosa già ci appare in un primo momento, nessuna tautologia, nessun automatismo potrà mai spiegare il dispiegamento della storia.
Se non proprio la metafisica, ossia il discorso della metafisica.

E' una scelta obbligata a cui auspico prima o poi ci si arriverà a chiedere della necessità per lo meno.
Ossia non esiste metafisica all'interno dell'ontologia.
la metafisica è il contrario dell'ontologia.E l'ontologia è la nemica giurata del metafisico.
L'ontologia è il discorso dell'identico che torna, è il discorso della scimmia.

D'altronde sia Heidegger che Kant (nella sua forma oppressiva) avevano capito che è nel dispiegamento della storia, nella sua dimensione dinamica, dialettica, poi specificherà Hegel, che vanno ravvisate gli orizzonti del fare filosofia.

Mi paiono cose diverse, anche se poi i loro autori finiscono proprio per dare una dimensione giuridica alle loro filosofie.
(una delle tante aporie della filosofia, che non pratichi l'analisi)

Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: paul11 il 17 Marzo 2020, 22:56:39 PM
 

@ipazia
Sulla patologia sono d'accordo, il problema fu già dall'antichità il disinteresse.
Non per sottovalutazione, ma è come se fosse accettato che lo schiavo dovesse essere schiavo.
Non c'è mai stata, questa è la verità, una volontà teoretica e pratica di intervenire sul problema, ma proprio perché non fu ritenuto un problema. E questo anche per me è contraddittorio.
Il primo a porlo fu Gesù. Ma non basta prendere la parte degli ultimi se poi si dichiara che
"...bisogna dare a Cesare". Da cristiano trovo poco chiaro dichiarare che la giustizia è nell'aldilà e
implicitamente si accetta che nell'aldiquà ci sono altre regole che  sono quindi ingiuste. Avvalora la tesi che qua bisogna penare e sopportare.
Il feticcio della coscienza di classe è fallito e non solo per evidenti motivi sociologici che per ogni  crisi del ciclo economico hanno perso l'autobus e la rivoluzione industriale e l'evoluzione capitalistica dura da troppo tempo. Che cosa è il feticcio coscienza di classe, quando identificato l'operaio quest'ultimo si identificava a sua volta con il desiderio che suo figlio fosse un borghese? L'invidia è più forte della coscienza di classe.
Tutti a credere più alla piramide sociale da ascendere sposando la tesi del benessere progressivo che offriva occasioni.
La mia più che una critica vuole essere una serie di  considerazioni,riflessioni.
Credo anch'io nella giustizia sociale.
Non credo affatto che basti scrivere per scuotere le coscienze.
Il problema è che i servi tendono ad asservire e non basta la crescita culturale, l'alfabetizzazione ,anzi, più erano ignoranti e più non cadevano nella tentazione della mobilità sociale,...di arrivisti. E questo avvalora la tesi di chi sostiene  la società di ineguali.


Rimane comunque a mio parere un problema filosofico ancora aperto.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: paul11 il 18 Marzo 2020, 00:32:25 AM
 @green
non ho scritto che il reale è ragione, ma che nessuno ha mai dato una risposta chiara e non contraddittoria. La scienza sperimentale studia il fenomeno rendendolo razionale con la logica e la matematica. Questo era già chiaro fin dall'ottocento. Nessuno sa e tutti interpretano la "vera" realtà, che è la kantina"cosa in sè" .
A noi il fenomeno arriva come ragione, diversamente non sarebbe razionalizzabile, non sarebbe intellegibile. Questa proprietà è  il mentale, che sia poi intenzionalità, intuito, intelletto, ragione, psiche ,anima; per mentale attribuisco, almeno qui e per ora per non confondere, il contenitore di tutte queste proprietà umane.


E' un 'interpretazione anche quella che fai , degna di nota. Ma spiega solo la parte umana attiva per la conoscenza, anche se non per via diretta razionale della ragione, non spiega la realtà universale ,del mondo.
Tanto per essere più chiari, se la realtà filosoficamente è rappresentazione e non verità, si tratta di indagare ancora, ad es. per Schopenhauer è volontà quella "cosa in sè".


E' la morale che è interna all'ontologia che fa fare scelte nelle prassi, l'etica. Il comportamento umano necessariamente deve avere delle premesse, Ci può essere anche un'etica meccanicistica, un comportamento già predefinito che non ha margini di libertà. E' la morale che è libera.
Quando non mi sento libero nel comportamento(etica) è il pensiero stesso che mi rende consapevole della mancanza di libertà(morale). Non sono la stessa cosa e non vanno confusi morale ed etica.
Il pensiero, per quanto possa essere condizionato, ha margini di libertà; semmai l'etica delle prassi è ancora più condizionato e costrittivo. Ritenere che non ci sia la libertà nell'uomo la ritengo una fesseria. Allora siamo già robot. Ma se fossimo robot o zombie, presupporrebbe un artefice, un demiurgo che così volle, Perchè non si capirebbe il motivo per cui gli uomini abbiano una ragione e possano ,come qui, discutere della libertà. E' un paradosso sentenziare liberamente di una non libertà, ma allo stesso tempo pensarne e scriverne.


Nietzsche viene folgorato dalla volontà di Schopenhauer, perché svincolata dal fenomeno rappresentativo del mondo.
Intuisce che il volere può far mutare la rappresentazione; cambia la valutazione del pessimismo di Schopenhauer, in costruttiva volontà di poter pensare e fare.


La morale determina la sovrastruttura se viene intesa come cultura e filosofia, e non viceversa.
Semmai è l'etica delle prassi che può creare delle differenze fra intenzione e azione.
Certo, una cultura in quanto condizionante può alienare l'uomo


Marx crede alla struttura materialistica economica ed è centrale nel suo pensiero, la sovrastruttura farebbe da servitrice alla struttura.


E come spiegheresti che nella modernità la metafisica  non è al potere culturale? Come spieghi il problema dell'etica moderna e contemporanea? Vuol dire che non è la metafisica che determina
laa differenza fra morale d etica, ma è l'interpretazione umana che fa compromessi fra morale ed etica, magari predicando bene e razzolando male. Ci sono concetti come volontà, come desiderio che son ben potenti e si esplicano nel materico, nell'economico, nel politico e persino nel giuridico.
E' come dire che la Costituzione italiana non muta, ma mutano i comportamenti delle generazioni di italiani  e la loro interpretazione di popolo, patria, famiglia, ecc.
Nessuna filosofia arriva  a dirti per ogni cosa, per ogni scenario, come comportarsi. Detta regole generali , una condotta virtuosa, ma non può essere dentro la mente di ciascun umano.
I filosofi contemporanei che danno ancora colpa a Platone,  o chi per esso, sono fasulli perché non sanno o non vogliono entrare nei reali problemi sociali, non ne sono all'altezza o tutto sommato gli fa comodo che il mondo sia così.


Che la storia sia fondamentale è fuori di dubbio, ognuno è figlio del proprio tempo, compreso i filosofi.
Non so cosa tu intenda per metafisica e cosa per ontologia. La metafisica è il soprasensibile e quindi cerca la verità nel pensiero e non nel fenomeno, e ci sono diverse metafisiche. L'ontologia tratta del TO ON, dell'essere, Per me quindi sono relazionate per forza metafisica ed ontologia.
Forse vuoi dire che la trattazione dell'essere non è chiara da parte della metafisica?
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: davintro il 18 Marzo 2020, 01:19:40 AM
 
Citazione di: paul11 il 16 Marzo 2020, 15:10:42 PM
@green
il reale non è affatto "quello". Nessun filosofo , neppure nella modernità, fa corrispondere il fenomeno alla ragione( il noumenico kantiano, il cogitan cartesiano, la volontà schopenhaueriana)-
Cosa si intende allora per reale?


L'etica (preferisco morale, ma va beh.....) è dipendente dall'ontologia sulla realtà.
In Kant è totalmente contraddittoria, non è possibile parlare del fenomeno se poi la conoscenza sta fra gli a priori e il noumenico. La sua si risolve come processo gnoseologico, pur sapendo che la
"la cosa in sé "non è risolvibile.  L'imperativo categorico da dove scaturisce? Dal fenomenico?
Si inventa necessariamente che fuoriesce dalla pratica, ennesima su contraddizione, perché non è un oggetto è ancora un processo umano teoretico prima di tutto a dichiarare la modalità morale umana
Schopenhauer stima molto Kant, ma se ne allontana in " Il mondo come volontà e rappresentazione" che ha influito su Nietzsche che non accetta la parte pessimistica, in quanto per Schopenhauer la realtà è negativa.


@ipazia
E' da qualche hanno che penso che il rapporto marxista e materialista fra struttura che determina la sovrastruttura, non funzioni affatto. Non funziona nemmeno in termini cultural filosofici, nonostante la selva di pensatori filo marxisti che sono più sociologi e antropologi nelle loro considerazioni, che filosofi.
La mia considerazione è che solo una morale può impedire lo sfruttamento umano dichiarandolo immorale e nelle pratiche giuridiche bollandolo come non legittimo. Quindi è il contrario di ciò che pensa Marx, è la sovrastruttura culturale teoretica e pratica politica giuridica che deve decidere: non si può aspettare che sia l'economia con il mercato o il materialismo ideologico a decidere quello che non verrà mai deciso. E non è neppure la condizione materiale economica a creare le condizioni per ribaltamenti culturali.


La parte giuridica di come il bios umano venga sottratto è spiegato nella "Nuda vita" di Giorgio Agamben, di cui a volte ho scritto nelle varie discussioni del forum.


@davintro
come spesso accade capisco e sono d'accordo in generale sulle tue argomentazioni.
Quì seguono solo alcune considerazioni.


il ruolo della filosofia, nasce da una constatazione ,prima ancora di una intenzionalità.
Come saprai il filosofo antico era phranesis, saggezza ed era ritenuto il livello culturale più alto da cui apprendere per gli stessi re greci. Aristotele era precettore di Alessandro Magno.


Possiamo dire che oggi è lo stesso? Oggi il filosofo è un saggio? Oggi della saggezza , la post modernità cosa se ne fa?
Cosa è allora oggi il filosofo?


Ritengo un po' ambiguo ritenere che la filosofia debba dire altro, negli spazi lasciati da altre discipline naturali e umane. Il filosofo se vuole fare cultura deve conoscere il suo tempo  e saperne leggere le contraddizioni e possibilmente dare una filosofia originale.
Non si può cadere nell'autocompiacimento, Aristotele poteva permetterselo per il ruolo che aveva assunto la filosofia nel contesto greco,di cui ho detto poco sopra.
Concordo che la filosofia debba essere anche, ma non solo, metafisica.


La modernità, per quanto non mi compiaccia molto di essa, ha posto nuove problematiche del tutto inevase dalla filosofia metafisica antica. Uno è ad esempio l'uomo, un altro il procedimento gnoseologico ormai acquisito nella filosofia della mente attuale, un altro le bioingegnerie, eutanasia, un altro il rapporto non ancora risolto fra fenomeno studiato dalle scienze e realtà della "cosa in sè".


Non è così automatico il passaggio fra teoresi filosofica e pratiche umane: avvengono dispositivi culturali mimetici che stravolgono l'autore filosofo da parte delle interpretazioni  storiche interessate non ha stravolgere il pensiero dell'autore, ma interpretando la mancanza di relazioni fra teorie  pratiche, piegandole ai propri interessi e spesso di bottega.
Avverto storicamente la mancanza della filosofia, di un ruolo culturale che non fosse solo un autocompiacimento. Il filosofo sembra dire: "ti do la mia verità", adesso sta a te cosa fartene.


Il lasciar fare ad altri, il lasciar interpretare, ha condotto la storia umana a ripetere sempre le stesse contraddizioni fra teoresi e prassi. Ma se al tempo di  Platone lo schiavo e il popolano erano analfabeti, oggi i contesti culturali sono diversi. Oggi il figlio dell'operaio può accedere all'università e leggersi Platone se vuole e diventare a sua volta filosofo , se vuole.


I contesti storici mutano anche le comunicazioni e le forme relazionali, oltre ai linguaggi.
Non si tratta di perdersi in sociologia, antropologia, politica, ecc. Ma  i principi che tengono in piedi le discipline naturali e umane sono i termini fondamentali che reggono la stessa filosofia: che cosa è la vita, la giustizia, la realtà, la cultura, il bene, la morale.


La storia filosofica ha letteralmente tolto termini filosofici antichi, rendendoli obsoleti e creando neologismi. Ma perché ha costruito un nuovo filosofare, bello o brutto, giusto  o sbagliato,
permeando l'intera cultura occidentale degli ultimi secoli. C'è un altro approccio filosofico, dove la metafisica non è più nello schema soprasensibile e sensibile, Schopenhauer quando parla di volontà come principio noumenico oltre la "cosa in sè", fa metafisica, come Spinoza fa panteismo. Come l'ontologia dell'essere heideggeriana è diversa dall'ontologia platonica.


Galileo e poi Newton ,non è che rivendicano spazi di autonomia facendo crociate contro Dio, e i più intelligenti teologi che lo processarono capirono questo. Semmai le scienze dichiararono nei fatti che la natura doveva essere reinterpretata, non Dio. Sarà l'illuminismo semmai a porre il problema ateo. Fu F.Bacone il vero ideologo del benessere tecnico scientifico.
Nessun filosofo moderno, come ho scritto a Green, ha convalidato la tesi che la scienza che studia il fenomeno trova la verità della "cosa in sè" ed è  a tutt'oggi non risolta, anzi ha creato nuove problematiche: cosa sono Io, come soggetto conoscente? Cosa è l'oggetto della "cosa in sè"? Quali sono le relazioni fra soggetto ed oggetto?



quando parlavo di automatismo (ma sarebbe meglio parlare di spontaneità) nel passaggio dalla teoretica filosofica alla prassi, lo intendevo dal punto di vista individuale della coerenza fra la propria personale visione del mondo, che ciascuno di noi ha, al di là dei vari livelli di sistematizzazione intenzionale dati dal fatto di essere stati stimolati da letture ad hoc, ed azioni. La mediazione che si interpone fra filosofia e prassi che consisterebbe nel complesso delle interpretazioni che deviano l'autentico pensiero di un filosofo rispetto  alle applicazioni che dovrebbero essere consequenziali, penso sia una possibilità che esiste nella misura in cui si identifica filosofia e storia della filosofia. Il pensiero dei filosofi che riceveremmo alterato da interpretazioni sarebbe quello dei filosofi del passato che studiamo all'interno della storia della filosofia, interpretazioni che costituiscono quel margine di distanza storica per la quale un modello teorico del passato perviene alla nostra conoscenza sempre tramite mediazioni. Il mio punto di vista era molto più ampio e generale e non considera una presunta identità filosofia-storia della filosofia. La filosofia che spontaneamente mettiamo in pratica nelle nostre azioni e perfino piccoli gesti riguarda questa personale visione del mondo, che nel caso di chi ha alle spalle uno studio scolastico/accademico della storia della filosofia, è certamente ispirato ai pensatori del passato, ma che al di là delle ispirazioni da cui trae spunto, è un complesso di idee assunto come riferimenti del nostro modo di pensare, anche quello che applichiamo nella pratica quotidiana, è la forma mentis, che appunto "forma" tutta la personalità e conseguentemente le scelte, nella misura in cui queste riflettono la nostra libertà. Noi, ciascuno di noi, siamo le filosofie di cui siamo convinti, ed ecco perché tra le convinzioni e le azioni c'è un nesso diretto, nesso dato dal fatto che sono due dimensioni che, seppur nella differenza, e anche nei conflitti, interagiscono sempre all'interno dell'unità di una persona di un soggetto, pensante ed agente. Sarò forse strano io, ma non mi sono quasi mai posto seriamente il problema di sospendere un ragionamento teorico per applicarlo nella pratica, in un momento estemporaneo, non perché pensi che la teoria sia più importante della pratica, ma proprio perché penso che siano due elementi che vanno sempre insieme, al di là di una volontà cosciente di armonizzarli o separarli, senza alcuna necessità di autoimporsi una discontinuità per cui si deve smettere di teorizzare per passare all'azione. Sono convinto che le mie personali  convinzioni filosofiche (che certo non sono sistematiche al punto da pretendere di considerarmi un vero filosofo/intellettuale, ma solo, si può dire, un modestissimo cultore) incidano sul mio modo di pensare in generale, che si riflette in ogni pratica quotidiana, nel modo di scrivere, di leggere, nelle relazioni sociali, forse persino nel modo di mangiare o nella scelta dei vestiti. Sono convinto esista un certo grado di coincidenza tra carattere psicologico e preferenze filosofiche, il che non andrebbe però male interpretato in un'ottica psicologista/relativista, per cui sarebbe impossibile ogni argomentazione razionale sulla verità di un discorso, perché il discorso sarebbe del tutto determinato dalla storia personale di chi pensa. Difatti, un conto è un argomentare razionale che resterebbe possibile in linea di principio anche se di fatto viene a confliggere con l'elemento soggettivo e arbitrario dell'uomo, un conto la squalifica in assoluto di ogni tentativo, anche parziale, di riconoscere razionalmente una qualche verità entro i limiti in cui possiamo ragionare in nome di una comune logica. Dall'uno non discende l'altra
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 18 Marzo 2020, 09:16:57 AM
@paul

E' vero che la rivoluzione ha perso l'autobus, ma gli autobus ripassano e la coscienza (di classe) tiene i muscoli in allenamento per prendere il prossimo.

Coscienza tenuta sempre accesa dalla struttura (socioeconomica) sottostante che non manca mai di mostrare la nudità del re. E della regina. Nella thatcheriana terra dove si predica l'olocausto dei vecchi improduttivi e l'inutilità dei tamponi, tutto Buckingham Palace è stato tamponato e trovati due positivi la vegliarda si è rifugiata di corsa a Windsor dove presumo si tamponeranno anche i cani. Così la coscienza (di classe) resta vigile e medita sul concetto di "gregge" rivolgendo un pensiero affettuoso al suo più improbabile mentore: il marchese del Grillo.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: paul11 il 18 Marzo 2020, 12:31:52 PM
 @davintro


sono d'accordo .
Farei alcune considerazioni.
Le forme mentis individuali possono essere raccolte in una identità socio culturale, vale a dire in una filosofia che comunque determina, almeno in qualche modo,le modalità della forma mentis?


Il sistema di credenze a cui personalmente ognuno aderisce costruendo una propria filosofia ha la problematica di una coerenza interna fra il pensare le proprie convinzioni e l'agire che spesso è un compromesso non solo con quello che noi pensiamo, ma con quello che sono i modelli sociali, da quelli normativi a quelli convenzionali.
Penso che abbiamo problematiche relazionali quindi che sono interne a noi, esterne con la società,
e con quella che ritengo sottovalutata, ma c'è, che è la cultura filosofica che permea l'intera tradizione e nello specifico quella moderna.


citaz.Davintro
Sono convinto esista un certo grado di coincidenza tra carattere psicologico e preferenze filosofiche, il che non andrebbe però male interpretato in un'ottica psicologista/relativista, per cui sarebbe impossibile ogni argomentazione razionale sulla verità di un discorso, perché il discorso sarebbe del tutto determinato dalla storia personale di chi pensa. Difatti, un conto è un argomentare razionale che resterebbe possibile in linea di principio anche se di fatto viene a confliggere con l'elemento soggettivo e arbitrario dell'uomo, un conto la squalifica in assoluto di ogni tentativo, anche parziale, di riconoscere razionalmente una qualche verità entro i limiti in cui possiamo ragionare in nome di una comune logica. Dall'uno non discende l'altra  


Trovo che sia una importante considerazione la tua e che è stata posta anche da Vito C,, se la soggettivazione della realtà riesca a mantenere la logica relazionale e con la propria storia personale e quindi le proprie impressioni e interpretazioni. Non a caso l'esistenzialismo è la massima espressione soggettivata. Eppure ha una sua fascinazione, e bisognerebbe capire se questo saper catturare le forme mentis altrui è già una condivisione che identifica l'autore filosofico con chi lo legge trovandovi qualcosa di suo.
Leggendo quasi in contemporanea i testi di Platone con quelli di Nietzsche e Schopenhauer ,in questo periodo, mi accorgo di tre modalità di descrivere il mondo e di porre le proprie visioni problematiche, con linguaggi diversi, con contenuti a volte molto differenti. Non so se sia possibile una sinergia.
Platone è il classico filosofo, Nietzsche è un narratore, Schopenhauer una via di mezzo che prima introduce in forma logica i problemi della "cosa in sè" kantiana,per poi costruire sue considerazioni.
La differenza penso fra antichità e modernità, sta nel fatto che i diversi concetti come volontà, bene, amore, buon governo, ecc. fossero derivazioni che rispondessero al più alto livello ontologico;
nella modernità, tolta, se così si può dire, la metafisica antica, gli stessi concetti assurgono as un ruolo più importante, ma proprio perché non devono più rispondere, relazionarsi all'ontologia.
Essendo accettato il divenire, si cercano per altre vie quella verità da sempre cercata.


Sono solo considerazioni nemmeno molto meditate.......


@ipazia


ma cosa è questa coscienza? Cosa unisce per costruire una identità comune la coscienza di classe?
A mio parere sono due concetti linguisticamente simili, ma filosoficamente molto differenti.
Se indichiamo la nostra coscienza emerge tutto meno che il materico.
La coscienza di classe identifica un ruolo sociale economico politico, è un concetto  sociologico che ha poco in comune con la definizione di coscienza come proprietà umana: è intuito, psiche, anima.
Affinchè l'altrui, pur essendo fianco a fianco sul lavoro, non basta una affinità di appartenenza ad un ruolo sociale. I suoi problemi diventano i miei, i miei suoi, deve essere sorretta da una empatia che rompe i muri, fino a solidarizzare se uno di noi è colpito, tutti gli altri accorrono in soccorso.
Se si scava bene, non sono le crisi  cicliche economiche a costruire la coscienza, nemmeno la denuncia dei problemi economici e politici. Furono i balconi a ringhiera con i cortili in mezzo dove ci si parlava e si chiedeva ad altri se avevano il sale o lo zucchero. Erano le chiavi di casa che tutti lasciavano sopra la porta d'ingresso o sotto lo zerbino, tutti sapevano e nessuno rubava. C'era fabbrica e società che erano unite e lo sentivano come unico destino, nei rosari di maggio, nelle osterie che sapevano di vino fin dai muri
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: green demetr il 18 Marzo 2020, 13:20:25 PM

ho usato notepad, scusate gli errori di grammatica. e visto che ci sono pure la confusione che si è creata nel tentativo di dare delle sintesi.

@Paul



Ma bisognerà che mi metti tra parentesi cosa intendi per le prossime volte.
E' chiaro che se all'interno di morale scrivi libertà, la cosa diventa il contrario di ciò che io intendo per morale.
Infatti siamo d'accordo dunque.
Idem per mentale, se bizzaramente inseriamo intenzionale all'interno del mentale.
Assume valenza diversa.
Ma direi di lasciar perdere l'approfondimento sull'intezionale andremmo troppo nei tecnicismi.
Chiamiamola molto genericamente volontà.


Dunque libertà e volontà, cominciamo ad avvicinarci al cuore della filosofia (come prassi).


Dunque struttura come economia-politica, e non come impianto coercitivo. Non saprei, mi manca ancora la lettura del nostro, in maniera completa.


Per quanto riguarda Schopenauer la tua è una domanda molto interessante. Per quel poco (molto poco) che so, non saprei ravvisare traccia di questo problema.
Sperando di aver capito: tu intendi chiedere se la volontà coincida con la cosa in sè, giusto?
Per sommi capi credo che questo è esattamente quello che crede, non Schopenauer, bensì Husserl, fino al paradosso per me impossibile da accettare, che le cose abbiano una loro volontà (leggi intenzionalità, ma qui semplifichiamo per non perdere di vista il fulcro della rivoluzione filosofica).
Molto interessante questa riflessione. Certo andrebbe distinta da quella di Husserl, che implode in un oggettivismo esasperato. La volontà (la cosa in sè) che vuole diventare oggetto (io ci vedo una schisi pazzesca).
Ma se la cosa in sè, o volontà, coincidesse invece non con l'oggetto ma con mettiamo l'anima, le cose cambiano decisamente. Ci devo ancora pensare. (chissà forse la Stein).


Per quanto riguarda la verità universale del mondo, la cosmogonia, sinceramente so che è la tua ricerca fondamentale, ma faccio fatica a pensare anche solo un modo perchè si possa giustificare e financo intravedere. Temo ci si debba accontentare dei "mondi" intermedi.


La morale interna all'ontologia (cosa che ho letto anche in davintro), faccio fatica a decifrare questo.


Possiamo e vogliamo forse dire che la libertà è all'interno dell'idea dell'essere? Si naturalmente.


Ma e qui arriva sempre la mia critica (che poi è anche quella di heidegger) che di solito si intende essere QUALCOSA, e non l'essere in sè.
E se la libertà è all'interno di qualcosa, non è più libertà.
E infatti è così, la libertà come la intendiamo oggi è sempre dentro un impianto coercitivo, e le analisi etiche, ragionano su come ridurre sempre di più lo spazio che la libertà ha all'interno delle giurisprudenze. (che poi è il vero problema su cui è naufragato, non solo il Marxismo, ma anche ogni utopismo, e per cui è necessaria un ripensamento radicale del giuridico, non bastano è evidente le rappresentanze di mediazione, così insiste anche Zizek).
Ripeto una ontologia che sia solo dell'essere, si chiama metafisica, non ontologia. Lo so per esperienza, non dalla manualistica.


Una sovrastruttura che sia costruita dalla filosofia (libertaria). Ma certo è un filone che apprezzo.
Non vedo come sia possibile costruirlo, tutto qui.




cit Paul
"E come spiegheresti che nella modernità la metafisica  non è al potere culturale?"


Più che una domanda è un thread a parte.


Ma strigatamente: proprio perchè la modernità è la chiusura del soggetto nel proprio oggetto. E' la scissione dell'anima in res cogitans ed extensa.
Come se l'anima fosse res.
E' cioè il processo di disumanizzazione umana, che è tutt'ora in corso.
Non è forse quello che ci stiamo dicendo da un mesetto a questa parte?


Pensare che la metafisica sia una cosa in sè, è una follia.
E' sempre il soggetto che parla.


Siamo noi che decidiamo cosa sia metafisico, e cosa no.
Nel mondo dell'analitica americana, si parla di un metafisico per esempio. Il che è un paradosso.


Secondo me bisogna prima o poi capire, che Dio non è una personificazione, il cristianesimo ha fallito in ogni senso.


Bisogna tornare alle idee ebraiche del Dio che non si vede.
Possiamo vederlo apocalitticamente come immanenza, o come io preferisco come lotta angelica, laddove l'angelo è il fantasma del metafisico, la tradizione gnostica, laddove è il male, ha comunque studiato il bene.
Ha studiato il fantasma: come si è determinata la fantasia biblica, anche quella agnostica.
Pensa se il fantasma della gnosi si impossessa (e lo fa) delle menti, e pensa che fine fa il mentale.
Se il fantasma è un oggetto, e se la modernità è quel processo per cui il soggetto si crede il fantasma. E non come dovrebbe il fantasma dell'oggetto. E lo fa proprio grazie al fatto che nella modernità il soggetto è il suo oggetto.
Secondo te Marx dove parte? Dal feticismo.


Il metafisico non è qualcosa di intatto come pensi tu.
E' anzi il terreno di battaglia umano, è il terreno dove la guerra angelica viene portata dentro le menti umane.


E' cioè una faccenda umana, troppo umana.
E' per questo che il fantasma dell'oggetto va dissolto.
O percorso fino al suo esaurimento. Fino al far capire all'angelo che ci può essere un patto fra angeli ed umani.
Proprio per intendere DIO.


Il metafisico è questo, qualcosa di primordiale, è la bibbia in sostanza vista nel suo carattere allegorico più allucinato che noi possiamo raggiungere.


La Grecia è il male. E' questo il messaggio Nicciano.
Chiaro chiarissimo lampante.


E infatti come dici Sini, e auspico che tramite youtube tu possa recuperarlo, per Nietzche il serpente (che è la cultura) va decapitato.


E' la cultura il nemico. L'esatto opposto di quello che tu pensi.


O la cultura è continuamente ripensata, o diventerà un oggetto culturale.


Diciamolo è troppo tardi, ormai la cultura è happening culturale.


E' strumento di distrazione di massa.


La vera lotta è fra i vari gruppi gnostici.


La nostra è invece dissolvere il fantasma dell'oggetto, che si pensa essere un fantasma.


Ma noi non siamo fantasmi noi siamo natura (la declinerei così secondo la tua ricerca archetipica)!


Penso purtroppo che non si possa sintetizzare amico mio.


Va veramente spiegato il tutto. Ma come dicevo nel mio dies irae. Non si può.


Rimaniamo pure nelle nostre considerazioni.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: viator il 18 Marzo 2020, 13:27:09 PM
Salve Paul11. Citandoti: XXXXX"ma cosa è questa coscienza? Cosa unisce per costruire una identità comune la coscienza di classe?
A mio parere sono due concetti linguisticamente simili, ma filosoficamente molto differenti"XXXXX.


A livello filosofico i concetti saranno separabili ma secondo me il nesso tra la coscienza "interiore" e quella "di classe" consiste nel fatto che esse non sono altro che i due bordi opposti di una unica dimensione, quella appunto coscienzial-mnemonica.

Tale dimensione o funzione risulta posta "a cavallo" tra una psiche ed una mente, connettendole e provvedendo a tradurre una parte della realtà esterna (quella che la psiche stessa decide di far divenire consapevole alla mente, appunto) in nozioni consapevoli e mentalmente utilizzabili.

Tale funzione coscienziale quindi trasforma una parte dei contenuti psichici, facendo in modo che quelli istintivi ed immediabili (non mediabili perchè da affrontare in via automatica da parte dell'istinto di sopravvivenza) rimangano a livello psichico inconsapevole, mentre altri contenuti (meno "urgenti) che richiedono o possono essere soggetti a risposte razionali e non univoche (facoltà di scelta in base al ragionamento ed all'esperienza), vengono "instradati" (lasciati accedere) verso la consapevolezza mentale ove formeranno il terreno di coltura destinato a confrontarsi con la memoria esperienzale (anch'essa di tipo consapevole, ovviamente) allo scopo di prendere decisioni, scegliere, costruire scenari di propria visione del mondo.

La coscienza accomuna da una parte l'istinto (contenuto psichico inconsapevole di base remotamente genetica e gestente comportamenti automatici universali) e dall'altra la componente etica personale consistente nell'insieme delle nostre nozioni, esperienze,scelte, (consapevolezze specifiche individuali) la quale, trasferita a livello sociale, genererà tra l'altro la nostra eventuale "coscienza di classe". Saluti.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: paul11 il 18 Marzo 2020, 23:14:10 PM
@viator


La coscienza di classe è una nozione concettuale, non si origina dalla coscienza.
La coscienza cerca identità individuale e sociale, e tu pensi che gli operai leggessero, e seppur lo abbiano letto capivano Marx soprattutto nell' Ottocento? Marx esprime concetti sociologici su analisi economiche materialiste,  e su questo adesso non mi metto adesso a fare analisi filosofico sociali sul marxismo. Semmai posso dire che all'operaio arrivava il messaggio "siamo tutti uguali" e il simbolo della bandiera rossa con falce e martello  e chi lo mediava erano avanguardie che ci credevano, il ruolo mediatore fra pensiero e prassi era svolto da partiti e sindacati.
E' stato proprio il benessere a ridividerli, il desiderio e sottolineo desiderio che fosse più fattibile e quindi praticabile una via individuale di poter cambiare le proprie sorti rispetto ad una rivoluzione che non arrivava.
Posso dirti che c'è un parallelismo con la nascita del cristianesimo. Prima arriva il messaggio, e deve essere forte e semplice, immediatamente il simbolo, la croce, ma la salvezza non arrivò con i primi morti cristiani che non resuscitavano dalla morte....e qui interviene S.Paolo con  le sue lettere alle comunità cristiane.
Ciò che unisce le persone non è un concetto, ma un simbolo identitario che li unifichi e questo non nasce dalle condizioni di alienazione, tutti siamo alienati in qualche modo in senso umano e non economico.
Insomma quello che intendo dire è che la coscienza individuale di fidarsi di un simbolo e delle e persone altre come lui, solo dopo può sorgere lo spirito gregario del gruppo.
E' come dire: prima ti devo parlare al cuore per aprire alla fiducia (= fede=credere), poi posso dare i concetti e le nozioni. Il viceversa è possibile, sia chiaro, ma in maniera individuale e intellettuale, ed è ciò che è accaduto al marxismo.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Phil il 21 Marzo 2020, 17:27:23 PM
La tematica del ruolo (e dell'approccio) della/e filosofia/e è stato anche al centro della "diatriba" fra analitici e continentali, i cui sviluppi contemporanei sono tratteggiati da una dei suoi più attenti osservatori, Franca D'Agostini, in questo saggio (in cui si allude anche al caso Sokal, che non conoscevo ma la cui idea di fondo aveva sempre stuzzicato la mia fantasia). La divergenza viene trattata anche da questo altro articolo di Paolo Costa, che giunge a conclusioni simili (ibridazione delle due prospettive nelle nuove generazioni di filosofi).
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Kobayashi il 26 Marzo 2020, 11:21:49 AM

La filosofia per me è liberazione dalle illusioni (nel suo aspetto conoscitivo), è lavoro di distacco da se stessi, dalle proprie dinamiche psicologiche e dai bisogni del corpo (necessario per accedere ad una dimensione universale, trascendente la propria prospettiva particolare), ed un esercitarsi alla virtù.
Quindi tutt'altro rispetto a quello che per lo più ho letto nei precedenti interventi e che riflette lo stato delle cose, ovvero la filosofia come analisi critica dei saperi o della tradizione filosofica stessa. Ma una cultura che non è in grado di costruire persone nobili ha senso? A cosa serve?
Almeno la scienza produce conoscenze che trasformano il nostro mondo, che hanno un vero impatto.
Ma la filosofia come critica, come ermeneutica, che costruisce visioni che non sanno trasformare alcunché (perché alla fine, posato il libro, l'appassionato filosofo torna a vivere esattamente come tutti gli altri), pur continuando a promettere grandi cose tradisce dolorosamente chi si era fidato di lei...
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: viator il 26 Marzo 2020, 12:47:08 PM
Salve Paul11. Citandoti : "all'operaio arrivava il messaggio "siamo tutti uguali" e il simbolo della bandiera rossa con falce e martello  e chi lo mediava erano avanguardie che ci credevano, il ruolo mediatore fra pensiero e prassi era svolto da partiti e sindacati.
E' stato proprio il benessere a ridividerli, il desiderio e sottolineo desiderio che fosse più fattibile e quindi praticabile una via individuale di poter cambiare le proprie sorti rispetto ad una rivoluzione che non arrivava.".Infatti all'operaio od a chiunque non interessa minimamente il sapersi uguale se non come pretesto per veder generato un insieme di eguali abbastanza numeroso da acquistare la forza per imporre non la generica supremazia di un'eguaglianza, bensì il miglioramento delle condizioni del singolo. Saluti.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 27 Marzo 2020, 11:39:21 AM
Ho nerettato alcune parti di questo notevole post su cui mi trovo d'accordo, o quantomeno che trovo stimolanti pur non condividendole in toto. Cercherò pertanto di reinterpretarle secondo la mia visione del mondo

Citazione di: green demetr il 18 Marzo 2020, 13:20:25 PM
Per quanto riguarda la verità universale del mondo, la cosmogonia, sinceramente so che è la tua ricerca fondamentale, ma faccio fatica a pensare anche solo un modo perchè si possa giustificare e financo intravedere. Temo ci si debba accontentare dei "mondi" intermedi.

La morale interna all'ontologia (cosa che ho letto anche in davintro), faccio fatica a decifrare questo.

Possiamo e vogliamo forse dire che la libertà è all'interno dell'idea dell'essere? Si naturalmente.

Ma e qui arriva sempre la mia critica (che poi è anche quella di heidegger) che di solito si intende essere QUALCOSA, e non l'essere in sè.
E se la libertà è all'interno di qualcosa, non è più libertà.
E infatti è così, la libertà come la intendiamo oggi è sempre dentro un impianto coercitivo, e le analisi etiche, ragionano su come ridurre sempre di più lo spazio che la libertà ha all'interno delle giurisprudenze. (che poi è il vero problema su cui è naufragato, non solo il Marxismo, ma anche ogni utopismo, e per cui è necessaria un ripensamento radicale del giuridico, non bastano è evidente le rappresentanze di mediazione, così insiste anche Zizek). Ripeto una ontologia che sia solo dell'essere, si chiama metafisica, non ontologia. Lo so per esperienza, non dalla manualistica.

Una sovrastruttura che sia costruita dalla filosofia (libertaria). Ma certo è un filone che apprezzo.
Non vedo come sia possibile costruirlo, tutto qui.

Neppure io. E non lo vedo perchè la libertà non è coniugabile con un essere astratto, metafisico, ma necessita di un corpo che la possa esperire sapendo fin da subito che sarà una libertà condizionata da elementi oggettivi e materiali su cui possiamo incidere poco e da fantasmi su cui invece i nostri esorcismi praxi-filosofici possono funzionare.

Citazione di: green demetr il 18 Marzo 2020, 13:20:25 PM
cit Paul
"E come spiegheresti che nella modernità la metafisica  non è al potere culturale?"

Più che una domanda è un thread a parte.

Ma strigatamente: proprio perchè la modernità è la chiusura del soggetto nel proprio oggetto. E' la scissione dell'anima in res cogitans ed extensa.
Come se l'anima fosse res.
E' cioè il processo di disumanizzazione umana, che è tutt'ora in corso.
Non è forse quello che ci stiamo dicendo da un mesetto a questa parte?

Pensare che la metafisica sia una cosa in sè, è una follia.
E' sempre il soggetto che parla.


Siamo noi che decidiamo cosa sia metafisico, e cosa no.
Nel mondo dell'analitica americana, si parla di un metafisico per esempio. Il che è un paradosso.

Secondo me bisogna prima o poi capire, che Dio non è una personificazione, il cristianesimo ha fallito in ogni senso.

Bisogna tornare alle idee ebraiche del Dio che non si vede.
Possiamo vederlo apocalitticamente come immanenza, o come io preferisco come lotta angelica, laddove l'angelo è il fantasma del metafisico, la tradizione gnostica, laddove è il male, ha comunque studiato il bene.
Ha studiato il fantasma: come si è determinata la fantasia biblica, anche quella agnostica.
Pensa se il fantasma della gnosi si impossessa (e lo fa) delle menti, e pensa che fine fa il mentale.
Se il fantasma è un oggetto, e se la modernità è quel processo per cui il soggetto si crede il fantasma. E non come dovrebbe il fantasma dell'oggetto. E lo fa proprio grazie al fatto che nella modernità il soggetto è il suo oggetto.
Secondo te Marx dove parte? Dal feticismo.

Considerare il pensiero in quanto res può essere effettivamente uno di quei sentieri sbagliati che portano alla reificazione. La lezione di Marx rispetto al suo punto di partenza resta tremendamente attuale. Ma mentre la macchina robotica continua a procedere "gnosticamente", gli angelici fantasmi del metafisico se ne stanno chissà dove e tocca ai soggetti cosificati recuperare da soli la loro soggettività, defeticizzando l'oggetto fantasmizzato:

Citazione di: green demetr il 18 Marzo 2020, 13:20:25 PM
Il metafisico non è qualcosa di intatto come pensi tu.
E' anzi il terreno di battaglia umano, è il terreno dove la guerra angelica viene portata dentro le menti umane.


E' cioè una faccenda umana, troppo umana.
E' per questo che il fantasma dell'oggetto va dissolto.
O percorso fino al suo esaurimento...

In assenza di angeli e divinità chiudo qui e sottoscrivo.

Citazione di: green demetr il 18 Marzo 2020, 13:20:25 PM

...Fino al far capire all'angelo che ci può essere un patto fra angeli ed umani.
Proprio per intendere DIO.

Il metafisico è questo, qualcosa di primordiale, è la bibbia in sostanza vista nel suo carattere allegorico più allucinato che noi possiamo raggiungere.

La Grecia è il male. E' questo il messaggio Nicciano.
Chiaro chiarissimo lampante.

E infatti come dici Sini, e auspico che tramite youtube tu possa recuperarlo, per Nietzche il serpente (che è la cultura) va decapitato.

E' la cultura il nemico. L'esatto opposto di quello che tu pensi.

O la cultura è continuamente ripensata, o diventerà un oggetto culturale.

Diciamolo è troppo tardi, ormai la cultura è happening culturale.

E' strumento di distrazione di massa.


La vera lotta è fra i vari gruppi gnostici.

La nostra è invece dissolvere il fantasma dell'oggetto, che si pensa essere un fantasma.

Ma noi non siamo fantasmi noi siamo natura
(la declinerei così secondo la tua ricerca archetipica)!
...

Sì, siamo natura. Dove non si vedono angeli di foggia diversa da quella umana. Mentre quelli immaginari popolano di incubi gnostici e agnostici un mondo fantasmatico di cui forse i poveri greci, da Pitagora e Platone, hanno le loro responsabilità (non è che l'oriente brillii tanto più), ma non è che chi è venuto dopo di loro abbia fatto meglio. Semmai peggio, addomesticando il serpente ai propri fini sempre più macchinici e spettrali.

Il recupero e la bonifica del-soggetto-l'umano resta comunque il ruolo d'elezione della filosofia. Il massimo della libertà, cogitans, impropriamente res.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Mariano il 29 Marzo 2020, 15:01:48 PM
      Salve Paul11, due anni fa, in questa rubrica, proposi il tema "qual'è lo scopo della filosofia" ed ancora oggi mi sento di sottoscriverlo. Ora tu ti interroghi sul ruolo della filosofia; io ritengo che sia diverso a secondo del contesto in cui si opera:
  -a volte (per i veri filosofi) è uno strumento per tentare di esaminare le circostanze della vita ed elaborare indicazioni che possono essere intese come regole che facilitino il vivere nella società, e nel fare questo, quando rinunciando alla cosiddetta razionalità si enunciano verità incontestabili, la filosofia si trasforma in religione;
- nella comune pratica di "fare filosofia" assume il ruolo di stimolo al dialogo nella ricerca della conoscenza.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: paul11 il 30 Marzo 2020, 00:39:03 AM
 @green
in effetti ci sono tematiche come morale, intenzionalità, mentale, libertà, volontà, che andrebbero sviluppate singolarmente e nei loro intrecci.


Più che una cosmogonia alla Esiodo, è necessaria per una seria filosofia stilare i fondativi che poi determinano l'esistenza e i processi universali causali. Senza questa parte metafisica, la fisica, la natura, l'esistenza, non reggono da sole in quanto diventano fine a sè stesse, autoreferenti. E gli esistenzialisti lo sanno e lo hanno esposto.

Il fatto che sia possibile  anche solo umanamente pensare alla libertà ed altro pensabile,  rispetto alle condizioni che sarebbero quelle fattuali esistenti, significa che già il pensarla la libertà costruisce una consapevolezza di relazioni. La relazione fra stati di possibilità e di necessità che sono  le relazioni fra le forme metafisiche determinano il senso. Allora se si pensa che tutto risponda alla causalità meccanicista e l'uomo si riduce ad oggetto, diventa privo di libertà. Ma bisognerebbe daccapo spiegare come sia possibile la contraddizione fra il pensare la libertà e la prigionia esistenziale che invece non vi sia.


L'ontologia è il TO ON greco, è l'essere ed è necessariamente interna alla metafisica reale, non in quella esistenziale che perde l'essere come nascondimento per esaltare l'esser-ci.
L'ontologia del TO ON anche a mio parere rimane ambigua.
Ci sono tre concetti; morale, etica e diritto, fra loro fortemente correlati, ma essenzialmente diversi.
Il diritto mi dice cosa non fare, mi dice non fare del male. La morale mi dice fai del bene perché la metafisica deve dirmi cosa sia il Bene. L'etica come prassi si muove nello spazio fra morale e diritto.


Ho iniziato proprio da anarchico e libertario alle scuole superiori di parecchi decenni fa a indagare politica, economia ,psicologia e infine filosofia. Non c'è spiegazione interna all'anarchia, è uno stato d'animo,  è una sensibilità esistenziale e sociale che non trova senso internamente alla sua costituzione, Per questo è necessaria la filosofia come anfitrione della cultura.
E' necessario dare risposte sulla natura umana, sull'esistenza, sulla giustizia, volontà ,libertà, dignità. Queste domande non hanno risposte nei domini delle prassi, semmai richiedono verifiche all'interno delle prassi le teoretiche filosofiche.
La mia domanda prima originaria da anarchico adolescente, fu del  perché gli uomini non sanno vivere in santa pace  e rispettandosi, materialmente ,spiritualmente, sensibilmente, in piena libertà.


Eppure la cosa in sé è velato quanto ciò che avvolge il meccanismo che appare. Il problema è che ciò che è determinato è causato proprio dalla cosa in sé e da ciò che avvolge le apparenze.
La disumanizzazione è avvenuta quando l'uomo ha rivolto il suo sguardo alle sole apparenze, non sapendo  più cosa fosse  coscienza, bene, giustizia: appunto ciò che ontologicamente è, e  non appare e scompare.
Dio è una forma dell' essere nella teologia. Chi  antropoformizza, ne fa un cartone animato.


Ti contraddici se ritieni che l'ebraismo dia risposte alle tue domande di lotta fra bene e male. Devi semmai cercarle nelle mistiche.
Il fantasma è sempre l'essere filosofico, o se vuoi lo spirito teologico, o se vuoi l'inconscio psicologico, o se vuoi l'esistenza rispetto all'universo. Non se ne esce scegliendo una singola strada. Per questo le religioni necessitano di corollari e testi mistici secondari, per questo il metafisico ha necessità del fisico come il fisico del metafisico. Per questo se dico Bene chiamo in causa implicitamente o esplicitamente anche il Male.


Attenzione a ridurre il tutto come psicologismo di un umano psicopatico, perché quello steso umano possiede anche razionalità, capacità di relazioni, volontà. E' ovvio, almeno per me, che il fantasma dell'essere ontologico sia simbolico dentro la stessa mente umana, perché lo interroga sulla stessa propria esistenza. Il micromondo umano corrisponde al macro universale. Per cui io penso al fantasma mio quando penso a quell'essere universale, così come quando mi interrogo sulla metafisica dell'essere cerco risposte implicite alla domanda di una risposta del perché esisto.
Non è possibile percorrere una sola strada, c'è la necessità dell'errore, dell'errare.


Nietzsche ama la tragedia greca, aborre la sistematizzazione del pensiero ,soprattutto morale.
Decapito la cultura e cosa mi resta? Ho risposto al fantasma?
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: paul11 il 30 Marzo 2020, 00:45:19 AM
 @phil
la D'Agostino l'ho letta anni fa sulla storia dell'analitica. Per quanto riguarda lo scritto che indichi
inizia male e finisce bene. Inizia male perché non discute sui fondamenti delle diversità fra continentali e analitici, che non ha origine moderna, diversamente non si spigherebbe a sua volta da dove nasca la scuola analitica.
La scuola analitica ha un pregiudizio di fondo,che la metafisica sia in fondo fantasia e perdita di tempo. Di fatto e non ci vuole un genio a capire, sono incapaci di risposte filosofiche importanti. E a differenza loro, li ho studiati quanto la metafisica, quindi conosco i limiti e pregi di entrambi.
Sono complementari fra loro, ma difficilmente se non impossibile unirli.


@kobayashi
sembrerebbe la tua una esigenza esistenziale.
Si tratta  di capire quale cultura potrebbe creare persone nobili.
La scienza naturale moderna studia i meccanismi, non ciò che è all'origine e nemmeno al fine.
Fotografare un' osservazione non è ancora capire e tanto meno comprenderla.
Qualunque cultura, bella o brutta,giusta o sbagliata,  costruisce condizioni al pensiero.
La filosofia non è salvezza.


@viator
è fallito il materialismo storico, o meglio, da solo non regge. C'è l'identità sociale.....


@mariano


il compito della filosofia è cercare di capire il perché l'universo è dato nel modo che si dà.
Qualunque tentativo di risposte particolari, come del perché debba ad esempio funzionare una società umana, non ha risposte se non relazionata coerentemente con una tesi originaria sui fondamenti universali che la governano. Diversamente basta una bestiola pestilenziale invisibile per mettere in crisi l'intero sistema umano.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 30 Marzo 2020, 10:12:51 AM
Citazione di: paul11 il 30 Marzo 2020, 00:45:19 AM

è fallito il materialismo storico, o meglio, da solo non regge. C'è l'identità sociale.....


Regge ancora alla grande quando il gioco si fa duro. Gioco nel quale la bestiola pestilenziale si è infilata allegramente dentro contenitori too important to stop. Disintegrando pure l'dentità sociale. Mentre le stelle filosofiche stavano a guardare. Probabilmente prese da altre danze. O affascinate dal chaos. Chissà ?!
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Kobayashi il 30 Marzo 2020, 12:26:02 PM
cit. paul11: "La filosofia non è salvezza".
In realtà il termine greco sozein (salvezza), prima di essere assorbito dal cristianesimo, era presente diffusamente nella filosofia greca e in quella ellenistica, in particolare nella sua accezione di custodire, proteggere. Per cui le cose sono un po' più complesse e la tua asserzione andrebbe almeno argomentata.


cit. paul11: "Sembrerebbe la tua un'esigenza esistenziale".
Perché c'è qualcuno che fa filosofia senza sentire che l'effetto di ritorno di essa ha un impatto fondamentale sulla propria esistenza? Tu fai filosofia con lo stesso spirito del collezionista di insetti?


cit. paul11: "Si tratta di capire quale cultura potrebbe creare persone nobili"
Ci sono alcune osservazioni molto suggestive di Simone Weil su quello che per lei è stato l'ultimo tentativo di costruire una civiltà all'altezza di quella greca: la Francia del Sud del XIII secolo con i catari. Caratteristica fondamentale della nobiltà di quegli uomini: trattare l'altro come proprio pari, sempre, qualunque sia il posto che occupa nella società.


cit. paul11: "Fotografare un' osservazione non è ancora capire e tanto meno comprenderla"
Ti rimando all'insegnamento sopra...
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Phil il 30 Marzo 2020, 13:00:11 PM
Citazione di: paul11 il 30 Marzo 2020, 00:45:19 AM
La scuola analitica ha un pregiudizio di fondo,che la metafisica sia in fondo fantasia e perdita di tempo. Di fatto e non ci vuole un genio a capire, sono incapaci di risposte filosofiche importanti. E a differenza loro, li ho studiati quanto la metafisica, quindi conosco i limiti e pregi di entrambi.
Eppure anche l'identificazione stessa di (eventuali) «risposte filosofiche importanti» dipende da quale dei due (o altri) approcci si utilizza: ciò che è "risposta" per l'uno magari non lo è per l'altro, ciò che è "importante" per l'uno forse non lo è per l'altro, etc.
Un sicuro valore filosofico di tale bipolarismo è la comprensione di entrambi (nel doppio senso del genitivo); lo schierarsi da una parte o dall'altra, prima che diventino ulteriormente anacronistiche, per me non è attività filosofica, piuttosto una questione di "empatia biografico-psicologico-culturale".
Certamente la filosofia è chiamata ad essere anche prassi (e non solo di comprensione), nondimeno l'aporia filosofica per eccellenza è che valutare un paradigma in base alle sue performance, alle "risposte importanti" fornite (con tutta l'ambiguità di tale "metodo") richiede comunque l'uso di un (meta)paradigma valutativo (e così via... suggerisce Sesto Empirico).

Considera le varie teorie sulla verità1 (tema che scorrazza selvaggio anche qui sul forum): corrispondentista, coerentista, pragmatista, deflazionista, scetticista, misticista, etc. il sofista di turno potrebbe porre la meta-domanda: quali di queste teorie della verità è vera? Così chiedendo dimostrerebbe di non aver compreso che per alcune di esse il concetto di verità non è applicabile a una teoria; per cui da tale domandare trapela già che il domandante non appartiene ad alcuni di quegli approcci (oppure non li ha capiti, o vuole faziosamente escluderli dal discorso).
Ogni interpretare e domandare filosofico non è mai totalmente neutro e super partes (circolo ermeneutico docet); tuttavia tentare di comprendere, meno viziosamente possibile, le differenti proposte in gioco, è secondo me un'attività filosofica che può essere decisamente formativa (la eventuale conseguente attuazione in prassi presenterà poi altre problematiche).


1Può essere curioso notare come la voce «verità» sia trattata differentemente nella wikipedia italiana e in quella in inglese (qui tradotta in italiano, con qualche "sgrammaticatura" da sorvolare).
Una vistosa asimmetria fra le due wiki la si può osservare anche fra la voce «metafisica» in italiano e quella in inglese che, a differenza dell'altra, spazia sino ad oriente (che sarebbe il terzo polo filosofico, oltre ad analitici e continentali; sicuramente Kobayashi apprezza, ma non divaghiamo...). Non intendo far assurgere un repertorio generalistico e open source a testo sacro dello scibile umano (i vocabolari settoriali sono sempre differenti da quelli generici), ma potrebbe risultare a suo modo una "cartina al tornasole" di alcune spontanee impostazioni culturali.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 30 Marzo 2020, 14:49:02 PM
La "adaequatio rei et intellectus" è esaustiva del concetto di verità. Perchè funzioni è necessario definire rigorosamente il res e il suo campo di esistenza e contrapporvi un intelletto onesto, ermeneuticamente consapevole dei propri pregiudizi e capace di non farsi da essi sopraffare. Sospendendo il giudizio qualora gli elementi probatori non siano adeguati al paradigma veritativo necessario. E rivedendolo quando ulteriori elementi modifichino il campo di esistenza dell'oggetto indagato.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Lou il 30 Marzo 2020, 17:25:05 PM
Citazione di: Kobayashi il 26 Marzo 2020, 11:21:49 AM

La filosofia per me è liberazione dalle illusioni (nel suo aspetto conoscitivo), è lavoro di distacco da se stessi, dalle proprie dinamiche psicologiche e dai bisogni del corpo (necessario per accedere ad una dimensione universale, trascendente la propria prospettiva particolare), ed un esercitarsi alla virtù.
Quindi tutt'altro rispetto a quello che per lo più ho letto nei precedenti interventi e che riflette lo stato delle cose, ovvero la filosofia come analisi critica dei saperi o della tradizione filosofica stessa. Ma una cultura che non è in grado di costruire persone nobili ha senso? A cosa serve?
Almeno la scienza produce conoscenze che trasformano il nostro mondo, che hanno un vero impatto.
Ma la filosofia come critica, come ermeneutica, che costruisce visioni che non sanno trasformare alcunché (perché alla fine, posato il libro, l'appassionato filosofo torna a vivere esattamente come tutti gli altri), pur continuando a promettere grandi cose tradisce dolorosamente chi si era fidato di lei...
Mi trovo molto in accordo sul tuo incipit, ritengo che lo sforzo incessante della filosofia che attraversa numerosi filosofi è quello sguardo da "altrove" capace di provare a non essere catturati dalla propria prospettiva, da una sorta di incanto che ogni sapere, anche la filosofia, mette in gioco e dalle superstizioni  in cui anch'essa sa invischiarsi.. E' un grande sogno non solo conoscitivo, ma che si incarna sia come esercizio etico, che di metodo. Frequentare la verità è forse anche questa consapevolezza di sapere di stare sognando. Anche la consapevolezza è una forma di conoscenza che trasforma il mondo.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: paul11 il 30 Marzo 2020, 18:23:36 PM
 @kobayashi


un conto è il termine salvezza e un conto sono le accezioni custodire e proteggere.
Non c'è, tanto per capirci, una salvezza fideistica data dalle sacre scritture come nelle religioni, nella filosofia greca. C'è semmai custodire e proteggere ad esempio le virtù per Socrate.


C'è ,come sostengo nella risposta  a Green, un doppio binario.
C'è una filosofia che classifica e categorizza come una raccolta di insetti, per capire specie ,genere ,famiglia, ecc. e questa necessità sorse nella filosofia greca soprattutto in Aristotele
in quanto la filosofia allora tendeva a comprendere anche quelle che oggi chiamiamo scienze naturali e fisiche. Quella filosofia era metafisica reale.
C'è una filosofia, molto più moderna ad esempio gli esistenzialisti, che tendono a porre la
priorità sul soggetto che pensa perdendo il reale. A volte quest'ultima può diventare una via mistica.
Personalmente mi interessano attualmente entrambe le strade.


Se Simone Weil avesse ragione riguardo al movimento cristiano dei catari, che furono sterminati, si tratterebbe di capire quella nobiltà che si presuppone avessero ,su cosa fosse fondata, ed eventualmente capire cosa si sia alterato storicamente


@phil
sai bene che non ci si è mossi più di tanto dal Tractaus di Wittgenstein nell'analitica.
E se le parole per lui e gli analitici devono  essere fondate sulla dimostrazione e giustificazione  di quel che vedono gli occhi e non la mente, ovvero nel dominio sensibile, lascio i S. Tommaso a cercarsi le piaghe mistiche esistenziali. Il problema è fondamentale e lo è talmente che se cambiano i domini l'analitica sparisce.
Questo vale anche per i continentali, che da Kant in poi si sono appiattiti sulla "cosa in sè", mai risolta.
Il punto possibile di contatto fra le due scuole è comunque al di fuori delle grandi risposte che deve dare una filosofia. Sono due scuole in agonia dal punto di vista squisitamente filosofico.


Certo che una filosofia deve necessariamente avere una dialettica costante verificativa  fra fondativi, teoretica che ne deriva e prassi di vita.


Il principio fondante  è la verità incontrovertibile ed assoluta.
Perchè l'universo non si muove per volontà umana è a sua volta un dato fattuale, compresa la nostra esistenza. Tutto ciò prescinde quindi da ciò che accade all'interno dell'universo, da come la pensiamo.
Il soggetto umano deve tentare di ricostruire quella verità originaria ,se vuole dare un senso anche alla propria esistenza. Quindi l'elemento di chiarezza per me importante è:
-l'universo è, indipendentemente da come la pensano gli umani, e si dà ,si mostra agli umani, quindi è reale come la realtà;
-l'uomo può tentare ermeneuticamente, quindi interpretando quella verità che è ; lo fa con le scienze moderne che studiano SOLO il meccanismo, senza ciò che permane esse, che le avvolge.


Il filosofo si trova a relazionare fra una verità assoluta di un principio che governa l'intero universo, lo sente come reale, ma la mente non è in grado di svelarla, ma di avvicinarsi.
C'è una verità quindi inconfutabile e c'è un uomo interpretante che ha necessità di leggerla ,ma senza possibilità di svelarla.
Non è solo un fatto esistenziale, perché senza la verità reale, non esiste la regola e l'ordine per poter definire le virtù morali che a loro volta dovrebbero governare l'organizzazione umana, la sua stessa vita. Senza la stella polare ,non c'è bussola che tenga, e l'uomo si smarrisce nei suoi fantasmi.


La verità filosofica è molto di più di una definizione da wikipedia per tutte le babele linguistiche.
E' l'essere stesso.


@ipazia
sono d'accordo sul post  meno che sul termine adeguamento(adaequatio...). Lo trovo, almeno per me, troppo approssimativo
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 30 Marzo 2020, 21:20:25 PM
Citazione di: paul11 il 30 Marzo 2020, 18:23:36 PM
@ipazia
sono d'accordo sul post  meno che sul termine adeguamento(adaequatio...). Lo trovo, almeno per me, troppo approssimativo

"adaequatio" è corrispondenza, non adeguamento. In mezzo tra i due sta la verità.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: giopap il 31 Marzo 2020, 09:41:18 AM
CitazioneIpazia



La "adaequatio rei et intellectus" è esaustiva del concetto di verità. Perchè funzioni è necessario definire rigorosamente il res e il suo campo di esistenza e contrapporvi un intelletto onesto, ermeneuticamente consapevole dei propri pregiudizi e capace di non farsi da essi sopraffare. Sospendendo il giudizio qualora gli elementi probatori non siano adeguati al paradigma veritativo necessario. E rivedendolo quando ulteriori elementi modifichino il campo di esistenza dell'oggetto indagato.
Paul11
sono d'accordo sul post  meno che sul termine adeguamento(adaequatio...). Lo trovo, almeno per me, troppo approssimativo[/size]
Ipazia
"adaequatio" è corrispondenza, non adeguamento. In mezzo tra i due sta la verità.
Concordo in pieno con l' iniziale definizione di Ipazia (mi pare ripresa dalla vecchia Scolastica).


Invece non capisco (e chiedo chiarimenti) in che senso la verità non starebbe nella corrispondenza ma in questa per me oscura via di mezzo fra corrispondenza e adeguamento, concetto che a me pare caratterizzato da una componente attiva da parte del soggetto.
Attivamente modificatrice (tecnica), non semplicemente attivamente ricercatrice che é implicata ovviamente anche nella ricerca della corrispondenza e comprende l' importante ruolo della verifica pratica (prassi); e per questo in qualche misura "minata" (a mio parere) da soggettivismo e relativismo epistemologico (che personalmente disapprovo, come mi pare evidente).


Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 31 Marzo 2020, 11:06:00 AM
Perché la corrispondenza scientifica contiene sempre un margine di errore, pure stimabile, mentre la corrispondenza metafisica della Scolastica nol consente. Le verità scientifiche adeguano il modello teorico alla realtà cercando la miglior corrispondenza tecnicamente ed ontologicamente  possibile.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: giopap il 31 Marzo 2020, 13:53:11 PM
Dunque corrispondenza limitata, relativa (concordo).
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Phil il 05 Aprile 2020, 12:32:05 PM
Citazione di: paul11 il 30 Marzo 2020, 18:23:36 PM
sai bene che non ci si è mossi più di tanto dal Tractaus di Wittgenstein nell'analitica.
Per quel che so, lo stesso Wittgenstein si è mosso abbastanza scrivendo in seguito le Ricerche filosofiche, ben differenti dal Tractatus (tanto quanto il formalismo lo è dal pragmatismo); gli altri autori si sono mossi ancor di più (filosofia della mente, epistemologia, scienze sociali, etc.).

Citazione di: paul11 il 30 Marzo 2020, 18:23:36 PM
E se le parole per lui e gli analitici devono  essere fondate sulla dimostrazione e giustificazione  di quel che vedono gli occhi e non la mente, ovvero nel dominio sensibile, lascio i S. Tommaso a cercarsi le piaghe mistiche esistenziali.
Non è solo questo ciò che propongono gli analitici; ad esempio, c'è tutta la storia dei carrelli e dei binari (trattata in altro topic) a dimostrarlo; o anche la logica deontica, per chi non ama gli esperimenti mentali ma vuole prescindere dall'empirico; cercando troverai che la filosofia analitica non è solo filosofia del linguaggio (il che non sarebbe comunque poco, a mio giudizio, essendo ogni filosofia, prima di tutto, linguaggio).
Oggi inizia a diffondersi anche la consulenza filosofica (Achenbach) per lenire le piaghe esistenziali.

Citazione di: paul11 il 30 Marzo 2020, 18:23:36 PM
Il principio fondante  è la verità incontrovertibile ed assoluta.
[...]
Il filosofo si trova a relazionare fra una verità assoluta di un principio che governa l'intero universo, lo sente come reale, ma la mente non è in grado di svelarla, ma di avvicinarsi.
C'è una verità quindi inconfutabile e c'è un uomo interpretante che ha necessità di leggerla ,ma senza possibilità di svelarla.


Non è solo un fatto esistenziale, perché senza la verità reale, non esiste la regola e l'ordine per poter definire le virtù morali che a loro volta dovrebbero governare l'organizzazione umana, la sua stessa vita.
[...]
La verità filosofica è molto di più di una definizione da wikipedia per tutte le babele linguistiche.
E' l'essere stesso.
Passi che illustrano limpidamente la differenza paradigmatica e logica fra continentali ed analitici: l'appello a un "sentire" l'assoluto nel reale, il compito titanico di una filosofia bifronte in quanto metà fisica e metà trascendente, l'esigenza di un fondamento perenne che produce una certa circolarità (e non solo ermeneutica), l'appello all'ontologia della verità, etc.
D'altronde, essendo proprio abitanti di Babele, alcuni credono di saper parlare la "vera" lingua (la loro), altri, con velleità meno zetetiche, preferiscono fare solo gli interpreti (in tutti i sensi); è noto che la verità, come la fede, rende forti, mentre l'interpretazione rende deboli (o è forse il contrario? Questione, appunto, di interpretazioni).

Sulla verità segnalo anche un altro saggio della D'Agostini, piacevolmente divulgativo, in cui la coniuga con l'eristica e una "pedagogia aletico-democratica":
https://pdfs.semanticscholar.org/e9f3/b7632c745e87901404d61a1392bab31c5abc.pdf
Per come la interpreto (viziato dalla mie tendenze), si potrebbe partire da queste premesse per ammiccare, più che al funzionalismo dell'adaeguatio, al finzionalismo della «filosofia del come se» (Vaihinger).


P.s.
Nota sull'adaequatio: nella Summa Teologica, il passo successivo da cui è tratto l'aforisma (Tommaso lo attribuisce a Isacco Israeli) è forse meno realista di quanto sia stata strumentalizzata la citazione (sostituendo a Dio la psiche o la mente) e chiama in causa il concetto di «misura» (Protagora sorride nella tomba):
«D'altra parte una cosa non si dice vera se non in quanto è adeguata all'intelletto, per cui il vero si trova nelle cose in secondo luogo, in primo luogo invece nell'intelletto. Ma bisogna sapere che la cosa si rapporta in un modo all'intelletto pratico e in altro a quello speculativo; l'intelletto pratico infatti causa le cose, per cui è la misura delle cose che mediante esso vengono fatte, mentre l'intelletto speculativo, dato che attinge dalle cose, è in certo qual modo mosso dalle cose stesse, e cosi le cose lo misurano; per cui appare chiaro che le cose naturali, da cui il nostro intelletto riceve la scienza, misurano il nostro intelletto, come è detto nella Metafisica, ma sono misurate dall'intelletto divino, nel quale tutte le cose si trovano come tutti gli artefatti nella mente dell'artefice: cosi dunque l'intelletto divino è misurante non misurato, la cosa naturale invece misurante e misurata, il nostro intelletto infine misurato e non misurante le cose naturali, ma [misurante] soltanto quelle artif‌iciali.» (S. Tommaso D'Aquino, Le Questioni disputate, vol. 1).
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 05 Aprile 2020, 14:22:11 PM
Citazione di: Phil il 05 Aprile 2020, 12:32:05 PM
P.s.
Nota sull'adaequatio: nella Summa Teologica, il passo successivo da cui è tratto l'aforisma (Tommaso lo attribuisce a Isacco Israeli) è forse meno realista di quanto sia stata strumentalizzata la citazione (sostituendo a Dio la psiche o la mente) e chiama in causa il concetto di «misura» (Protagora sorride nella tomba):
«D'altra parte una cosa non si dice vera se non in quanto è adeguata all'intelletto, per cui il vero si trova nelle cose in secondo luogo, in primo luogo invece nell'intelletto. Ma bisogna sapere che la cosa si rapporta in un modo all'intelletto pratico e in altro a quello speculativo; l'intelletto pratico infatti causa le cose, per cui è la misura delle cose che mediante esso vengono fatte, mentre l'intelletto speculativo, dato che attinge dalle cose, è in certo qual modo mosso dalle cose stesse, e cosi le cose lo misurano; per cui appare chiaro che le cose naturali, da cui il nostro intelletto riceve la scienza, misurano il nostro intelletto, come è detto nella Metafisica, ma sono misurate dall'intelletto divino, nel quale tutte le cose si trovano come tutti gli artefatti nella mente dell'artefice: cosi dunque l'intelletto divino è misurante non misurato, la cosa naturale invece misurante e misurata, il nostro intelletto infine misurato e non misurante le cose naturali, ma [misurante] soltanto quelle artif‌iciali.» (S. Tommaso D'Aquino, Le Questioni disputate, vol. 1).

Che gli Scolastici fossero maestri di epistemologia non ne ho mai dubitato. Basti pensare al rasoio.

Da incorniciare il nerettato. Se Bellarmino l'avesse meditato meglio, avrebbe visto Galileo in tutt'altra luce. Ma forse il Bellarmino, che da giovane si dette da fare per salvare Giordano Bruno, da vecchio avrà rivalutato la lezione del suo antico maestro inquisitore, decidendo secondo scienza piuttosto che coscienza, che Roma val bene un'abiura. Della sua stessa ragione.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Sariputra il 06 Aprile 2020, 00:15:43 AM

«allo sbocciare della Hikmat [disvelamento della Sapienza] il sapere si muta in visione»;


Io sono quel falco di cui i cacciatori del mondo

hanno bisogno in ogni momento:

la mia preda sono le gazzelle dagli occhi neri

ché il sapere è come le  lacrime degli occhi:

davanti a me scompare il senso letterale,

presso di me si illumina il senso vero.


Shihab ud-Din YahyaSuhrawardi: condannato a morte ad Aleppo nel 1191, aveva dedicato la breve vita (36 anni) all'esplorazione delle possibili vie per conciliare la koiné platonico- eripatetica ereditata dalle scuole greche e già rielaborata da Avicenna, e la mistica sufi  dell'annientamento, alla luce di una ricerca dominata dall'idea-guida dell'Oriente musulmano, la dottrina chiamata ishraq.


Ho sempre visto la filosofia come la cerca della sapienza. Sapienza nel senso di dote, oltre che intellettuale, anche spirituale e morale, intesa quindi come saggezza unita a oculato discernimento nel giudicare e nell'operare, sia sul piano etico, sia sul piano della vita pratica. Ormai è una definizione desueta , ma che si ritrova ancora in forma moderna in alcuni filosofi contemporanei. Mi viene in mente, visto che ho letto qualcosa di suo in questi giorni, la Arendt, per esempio, in cui la speculazione s'intreccia con una forte visione etico-storica, e quindi necessariamente anche pratica...Pensiamo poi alla necessità di saggezza nelle scelte etiche da operare in questa pandemia, in cui l'interesse per il bene dei vecchi va a collidere con il diritto alla libertà dei giovani, allo studio, financo all'amore, visto che è Primavera e che la vita si (dovrebbe) rinnovare, praticamente non colpiti da questa malattia naturale...L'etica diventerà nel futuro prossimo il terreno sul quale la sapienza filosofica dovrà maturare scelte, anche difficili, visto il probabile massiccio uso delle limitazioni alla libertà individuale al quale assisteremo, ben oltre la fine dell'epidemia, in quanto come status isolato ( e ben controllabile..) dell'uomo contemporaneo..."homo mappabilis"...(google traduttore dice "Homo mappable".. ;D  Poveraccio!)
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 15 Aprile 2020, 19:09:57 PM
Tornando alla casa materna ho incontrato questo testo, consigliato da Phil, o forse nel consiglio c'era solo l'argomento: l'infosfera.

Un libro importante che partendo quatto quatto da domande basilari:

1) Che cosa è una domanda filosofica
2) Che cosa è una risposta filosofica


invita a rivisitare l'abc della filosofia fornendo un armamentario strumentale utile per elevarsi dal livello conversativo, cominciando ad annusare l'odore di un approccio filosofico più strutturato. Ci si inoltra quindi verso il cuore della questione:

3) La filosofia come design concettuale

con 5 succinti corollari:

4) Cinque lezioni filosofiche

L'intenzionalità dell'opera è nelle Conclusioni

CitazioneLa storia della filosofia assomiglia un po' a un'onda sinusoidale (o a una montagna russa, se si preferisce). Va su e poi giù, e poi di nuovo su e giù. I momenti di picco, la cresta dell'onda, sono i periodi innovativi, in cui abbiamo a che fare con i problemi filosofici. Si tratta di quei periodi in cui la filosofia è impegnata ad affrontare problemi aperti e fondamentali per il nostro tempo. Quando ha successo, la filosofia finisce per innamorarsi della propria immagine, che è indubbiamente bella e attraente per ogni mente speculativa. I momenti di basso, il ventre dell'onda, sono i periodi scolastici, quando abbiamo a che fare con i problemi dei filosofi.

L'infosfera corrisponde ad una cresta filosofica del nostro tempo secondo l'autore. Un'occasione da non perdere per gli amanti del surf metafisico filosofico.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: cvc il 16 Aprile 2020, 16:42:28 PM
Una questione che mi intriga riguardo alla filosofia è se la filosofia sia da considerarsi un fenomeno intellettuale.
Guardando le filosofie orientali, per esempio, dove la filosofia si fonde con la religione, è indubbio che la filosofia sia una pratica che coinvolge la sfera intellettuale. Ma all'interno del suo ambito dominante - la meditazione - l'intellettualità si divide il ruolo di protagonista con la spiritualità, l'esercizio e in generale è un fenomeno che coinvolge molto la fisicità (impostazione corporea, alimentazione, respiro, ecc)
Seguendo la nascita della filosofia greca, per certi versi, la filosofia sembra sorgere come la ricerca o l'ancorarsi ad uno stato d'animo: il sentimento della verità, dello stare nella verità, salda e incontrovertibile.
Ci sono atteggiamenti nella filosofia antica che paiono contrastare in modo evidente con l'intellettualismo astratto che la materia filosofica ha via via assunto sempre più.
Penso ad Epicuro, nella cui scuola, agli adepti meno eccelsi, veniva detto che era sufficiente imparare a memoria alcune massime del Maestro della Scuola per essere sempre nella verità.
Penso a Marco Aurelio che nei suoi Ricordi faceva uso della fisica come strumento per raggiungere uno stato d'animo, l'apatia stoica.
Da Platone im poi, con la ricerca del puro intelleggibile, della realtà non percepita dai sensi, con la nascita della metafisica, col disprezzo in un certo senso della natura che ha valore solo come imitazione della perfezione dell 'idea, la filosofia è diventata nel tempo un fenomeno sempre più intellettuale.
Ma la filosofia, forse, andrebbe vista - anche quando si indugia nel particolare - sempre nella sua interezza, nel suo stare insieme. Per non perdere il significato della sua origine, come scrive Severino nella sua Storia della Filosofia.


Saluti.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 17 Aprile 2020, 09:44:15 AM
Citazione di: cvc il 16 Aprile 2020, 16:42:28 PM
Una questione che mi intriga riguardo alla filosofia è se la filosofia sia da considerarsi un fenomeno intellettuale...

La filosofia è diventata un fenomeno intellettuale quando si è lasciata sedurre dal serpente del logos che le prometteva una vita eterna nel mondo delle idee. Ma non è nata così, non è quella la sua natura e i filosofi hanno sempre cercato di scrollarsi di dosso quel peccato originale ricercando un contatto reale con la vita di cui il logos è strumento, non destino o fine.

Però, non è sufficiente esecrare. Difficile per chiunque non lasciarsi sedurre dall'albero della conoscenza e dal suo fuoco prometeico che promette di elevarci dalla miseria della carne trovando la salvezza nell'alto dei cieli ideali. I miti antichi, di cui Platone si fa demiurgo teorico, hanno una loro razionalità che si radica ancora più a fondo in un destino che trova nella dualità del pensiero, nous, Spirito, la chiave del nostro successo evolutivo. Puntando sull'intensità qualitativa del cogito piuttosto che sulla invasiva replicazione quantitativa del suo più acerrimo avversario extenso, che proprio in questi giorni si sta prendendo qualche soddisfazione.

L'idealismo segue questa fatalità evolutiva facendosi anoressico, stilita, eremita. Prediligendo altezze solitarie oltre i 6000 piedi, esclusive per spiriti nobili. Ed anche in ciò c'è un giusto istinto, perchè la quantità distrugge la nostra specie non solo irrompendo da fuori con un nemico alieno, ma pure da dentro quando superiamo i limiti di sostenibilità del pianeta e, bulimicamente, i limiti della nostra sostenibilità individuale (sulla quale bulimia anche il nostro avversario fisicamente e metafisicamente volteggia macabro di trionfo in trionfo), degradando la qualità stessa delle nostre vite collettive e individuali.

Diverso nella forma, ma non nella sostanza, l'idealismo orientale, che contempera più armonicamente la natura materiale - fino al kama sutra e al panteismo metempsicotico - al suo interno, ma mirando analogamente, dalle alte vette himalaiane, ad una redenzione ideale nell'immateriale nirvana.

Non mi sento di dire che in ciò vi sia solo errore, come non lo affermarono le correnti filosofiche più antiche, occidentali e orientali, che cercarono il senso a partire dalla natura perseguendo la sintesi con la specificità umana cognitiva di natura spirituale, o psicologica, se si preferisce.

Tale percorso mediano si dipana, in occidente, dal naturalismo milesio, attraverso Epicuro fino alle narrazioni tardo rinascimentali dell'Universo e del Deus sive Natura, da cui fiorì il sapere inarrestabile della modernità. Di tale sintesi dialettica tra psiche e soma, spirito e materia, si fa carico la filosofia moderna da oriente ad occidente verso una koinè unitaria che al meglio delle sue possibilità viaggia sul crinale affilato, come un rasoio di Occam, tra due abissi: il delirio sterile post idealistico e il macchinismo intrusivo post materialistico. Nel non precipitare da una parte o dall'altra sta la salvezza filosofica.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: cvc il 18 Aprile 2020, 19:40:30 PM
Ciao Ipazia. Certo l'edificio intellettuale di Platone affascina comunque, anche se non si concorda con le sue conclusioni, anche se ora si sa che l'Iperurano non esiste o, almeno, non nel posto dove è stato collocato da Platone. Si prova a prescindere ammirazione per la grandezza di tale edificio, per la profondità del suo pensiero. Però, di fatto, se Socrate ha a suo modo contrastato le istanze sofistiche - dell'impossibilità della conoscienza o della conoscienza asservira agli scopi personali - attraverso la consapevolezza del non sapere, Platone dal canto suo è ancora un facile bersaglio per la sofistica. Laddove Platone ha edificato la filosofia sulla parola, Socrate l'ha fatto con la sua vita, con l'esempio. La stessa strada hanno seguito di fatto i vari Diogene, Zenone, Pirrone, Epicuro. I quali non cercavano di costruire un edificio di pensiero (non oltre quanto richiesto per sostenere le loro tesi almeno) ma cercavano semplicemente uno stato d'animo. Per loro la filosofia era una sorte di meditazione. Questa almeno l'interpretazione di alcuni studiosi di filosofia antica come Hadot.
Saluti.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: giopap il 19 Aprile 2020, 08:06:30 AM
Citazione di: cvc il 18 Aprile 2020, 19:40:30 PM
Ciao Ipazia. Certo l'edificio intellettuale di Platone affascina comunque, anche se non si concorda con le sue conclusioni, anche se ora si sa che l'Iperurano non esiste o, almeno, non nel posto dove è stato collocato da Platone. Si prova a prescindere ammirazione per la grandezza di tale edificio, per la profondità del suo pensiero. Però, di fatto, se Socrate ha a suo modo contrastato le istanze sofistiche - dell'impossibilità della conoscienza o della conoscienza asservira agli scopi personali - attraverso la consapevolezza del non sapere, Platone dal canto suo è ancora un facile bersaglio per la sofistica. Laddove Platone ha edificato la filosofia sulla parola, Socrate l'ha fatto con la sua vita, con l'esempio. La stessa strada hanno seguito di fatto i vari Diogene, Zenone, Pirrone, Epicuro. I quali non cercavano di costruire un edificio di pensiero (non oltre quanto richiesto per sostenere le loro tesi almeno) ma cercavano semplicemente uno stato d'animo. Per loro la filosofia era una sorte di meditazione. Questa almeno l'interpretazione di alcuni studiosi di filosofia antica come Hadot.
Saluti.




Da incorreggibile politicamente scorretta non resisto alla tentazione di proclamare solennemente che io personalmente non sono affatto affascinata da Platone.
Oltre a dissentire in toto dalla sua filosofia, lo considero un bieco reazionario irrazionalista e negatore della libertà di espressione; non per niente, in lapalissiana -ante litteram- carenza di argomenti, cercò di entrare in possesso e di distruggere tutti i manoscritti di Democrito; e questa é per me una gravissima onta incancellabile, un indelebile marchio d' infamia sul personaggio in questione (nel mio personalissimo e politicante scorrettissimo "museo degli orrori filosofici" lo colloco accanto a Nietzsche).


La filosofia é meditazione (per parte mia razionale quanto più possibile) su tanti problemi.
Innanzitutto sulla conoscenza e i suoi fondamenti e la sua attendibilità (in generale gnoseologia; epistemologia per quanto riguarda in particolare la conoscenza scientifica), poi sulla realtà intesa nella sua accezione più generale, ampia, complessiva possibile (ontologia); sul buon vivere pratico e i doveri che comporta a livello individuale e (etica) e sociale (politica); sul piacere artistico (estetica); e su altre questioni ancora, di rilevanza certamente torica ma in molti casi e in larga misura anche pratica. 
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 19 Aprile 2020, 08:49:54 AM
Hadot mi era sconosciuto, ma ora posso dire di concordare con due aspetti cruciali del suo pensiero: la filosofia come prassi e il superamento (dialettico) del conflitto apparente tra spirito del cielo e spirito della terra, tra idealismo e materialismo. Posizione implicita in una filosofia della prassi.

Pure contenuta nel grande orizzonte filosofico di Platone, e non poteva essere che così visto che quello che chiamiamo Socrate è in realtà Platone, traduzione riportata dall'allievo del pensiero del maestro. Platone cercò con forza una filosofia della prassi (Repubblica) e arrivò pure a sperimentarla, ma quando si rese conto che i suoi sforzi per realizzare repubbliche di filosofi finivano inesorabilmente in repubbliche di tiranni, cercò salvezza filosofica nell'iperuranico mondo perfetto delle idee; da cui lo stereotipo storiografico non lo schioderà più. Cosa peraltro improbabile visto che il suo più importante allievo, Aristotele, ci mise niente a riportare la filosofia in terra dai cieli platonici ed ebbe almeno la soddisfazione di educare un grande tiranno, Alessandro, che avrebbe esportato la koinè greca in tutto il mondo antico da cui l'avrebbe tratta un'altra grande tirannide, la civis romana, immergendosi in essa abbondantemente e consegnandola alfine al cristianesimo con quella premessa, potentemente greca e filosofica, alla favola ebraica che recita: En archè en o lògos, in principio era la Parola, il Verbo. Archè non dell'universo fisico, ma certamente dell'universo antropologico. Che è quello del discorso filosofico.

@giopap

Ignoravo l'episodio degli scritti di Democrito. Quel gesto è profondamente cristiano ante litteram, ma conferma che a modo suo Platone era un filosofo della prassi, convinto che le idee possano cambiare il mondo. Il mondo materiale, mica quello delle idee, già perfetto di suo. Peraltro anche nei totalitarismi del secolo scorso questa persecuzione degli intellettuali di parte avversa si è manifestata epidemicamente.

Qualche intellettuale eretico di quel mondo totalitario, mi pare Solženicyn, venuto finalmente a contatto col "mondo libero", finì col rimpiangere quei tiranni perchè si rese conto che laddove l'intellettuale è perseguitato la cultura, e l'intellettuale medesimo, vale, nel senso che significa, ancora qualcosa.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: cvc il 19 Aprile 2020, 09:45:20 AM
Anche io sono per la filosofia intesa come meditazione. Credo però che quando si parla di Platone e Nietzsche, al di là dei propri gusti filosofici, non si può negare l'enorme influenza che essi hanno avuto sulla nostra civiltà. La scienza è in un certo senso conseguenza del platonismo, della capacità di astrazione che ci mostra quanto spesso la realtà sia contro-intuitiva. Sia Platone che Galileo davano grande importanza alla geometria. La quale si basa su figure che non sorgono dall'esperienza ma da assiomi della ragione. Eppure tali figure si mostrano la cosa più efficace per misurare i fenomeni dell'esperienza sensibile.
Nietzsche è stato il precursore dell'individualismo edonistico di cui la nostra civiltà oggi trabocca.
Il punto è se questi pensatori siano stati autenticamente l'origine di tali atteggiamenti della nostra civiltà, oppure, se siano semplicemente stati i primi ad accorgersi di un cambiamento che sarebbe inevitabilmente avvenuto come conseguenza evolutiva.

Ma anche quando si parla di filosofia della prassi bisogna fare un grande distinguo. Un conto è la filosofia della prassi individuale che, sebbene faccia anch'essa un suo proselitismo coi suoi ideali, è comunque rivolta all'interiorità della persona, da ammaestrare alla luce dei valori e degli ideali che la sua fede filosofica professa. Altra cosa è quando la filosofia si propone di guidare moltitudini e interi popoli. La filosofia della prassi  parte dalla convinzione di sapere con certezza quale è il vero bene. E la storia ci ha mostrato casi in cui si è dimostrata pronta ad imporlo con la forza. La filosofia della prassi è una filosofia chiusa. Ma, ripeto, un conto è quando si tratta di scelta individuale e altra cosa è quando si tratta di imporla a tutti.

Saluti
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 19 Aprile 2020, 09:57:29 AM
La filosofia della prassi non può essere chiusa perchè...panta rei, e bisogna corrergli dietro. O anticiparlo se si è davvero sapienti. Le filosofie della prassi utopiche hanno fallito per errore di calcolo e/o autocristallizzazione. Tali fallimenti sono preziosi per ritarare le procedure e conoscere meglio l'animale a cui si applicano e il suo ambiente. La sua etologia. Da cui nasce l'etica razionale. Running pure essa.

P.S. individuale e collettivo diventano un falso problema se contrapposti maneisticamente, booleanamente.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: giopap il 19 Aprile 2020, 12:55:09 PM
Citazione

CVC
Sia Platone che Galileo davano grande importanza alla geometria. La quale si basa su figure che non sorgono dall'esperienza ma da assiomi della ragione. Eppure tali figure si mostrano la cosa più efficace per misurare i fenomeni dell'esperienza sensibile.
Citazione

giopap
"Di diritto" {sul piano epistemologico della critica razionale/giustificazione} si tratta di costrutti mentali a priori, arbitrariamente stabiliti per definizione.

Ma di fatto {sul piano della psicologia, della genealogia della conoscenza} secondo me, che in questo seguo la filosofia empirista, con la sua "tabula rasa", nascono a posteriori per astrazione {al generale/universale} dai particolari/concreti dell- esperienza sensibile
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Jacopus il 19 Aprile 2020, 15:40:26 PM
CitazioneSia Platone che Galileo davano grande importanza alla geometria. La quale si basa su figure che non sorgono dall'esperienza ma da assiomi della ragione. Eppure tali figure si mostrano la cosa più efficace per misurare i fenomeni dell'esperienza sensibile.


La geometria e la matematica disciplinano il ragionamento e lo educano alla precisione e alla misurazione, che sono gli antefatti del pensiero scientifico moderno. Ma geometria e matematica da sole non sarebbero certo in grado di spiegare i fenomeni fisici così come sono evidenziati dalla fisica contemporanea. Il bosone di higgs non credo potesse emergere dai soli calcoli matematici (anche se hanno aiutato) ma è stata necessaria la costruzione di un sofisticato apparato sotterraneo lungo decine di chilometri.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Jacopus il 19 Aprile 2020, 15:47:05 PM
CitazioneLa filosofia della prassi è una filosofia chiusa. Ma, ripeto, un conto è quando si tratta di scelta individuale e altra cosa è quando si tratta di imporla a tutti.
Al suo opposto c'è anche una filosofia della prassi totalmente aperta, quella del far West o dell'ultraliberismo, dove si è sicuramente liberi di morire di fame. Il problema centrale della filosofia etica è proprio la domanda: come si conciliano la libertà,  il merito e l'equità  senza sprofondare verso uno di questi principi minimizzando o (peggio) cancellando gli altri?
È ovviamente possibile considerare la filosofia un mero esercizio meditativo e paraspirituale, ma credo che ciò esula dalla storia della filosofia occidentale, fin dai suoi primordi (basti pensare al messaggio etico di Socrate e la sua cicuta).
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: viator il 19 Aprile 2020, 17:10:20 PM
Salve jacopus : Citandoti : "Il problema centrale della filosofia etica è proprio la domanda: come si conciliano la libertà,  il merito e l'equità  senza sprofondare verso uno di questi principi minimizzando o (peggio) cancellando gli altri?".Il problema centrale della speculazione umana è proprio la domanda: "come si conciliano i concetti umani da noi stessi concepiti per soddisfare le nostre speranze (libertà, merito ed equità non esistono in natura) con i meccanismi perfettamente impersonali della natura ?".Io credo di conoscere la risposta ma la taccio per rispetto delle speranze di molti. Saluti.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 19 Aprile 2020, 18:05:34 PM
Citazione di: viator il 19 Aprile 2020, 17:10:20 PM
Salve jacopus : Citandoti : "Il problema centrale della filosofia etica è proprio la domanda: come si conciliano la libertà,  il merito e l'equità  senza sprofondare verso uno di questi principi minimizzando o (peggio) cancellando gli altri?".Il problema centrale della speculazione umana è proprio la domanda: "come si conciliano i concetti umani da noi stessi concepiti per soddisfare le nostre speranze (libertà, merito ed equità non esistono in natura) con i meccanismi perfettamente impersonali della natura ?".Io credo di conoscere la risposta ma la taccio per rispetto delle speranze di molti. Saluti.

Si conciliano attraverso l'"evoluzione umana" denominata progresso, che apre il vaso di pandora dell'etica sulla quale physis non ha nulla da dire che non vada oltre i limiti calcolabili dello sviluppo. Quel vaso di pandora è cosa nostra e tocca a noi trovare la quadra senza "sperare" che la natura ci venga incontro. Semmai il problema etico consiste nel nostro andare incontro a lei, appunto calcolando bene i limiti dello sviluppo di una crescita a misura d'uomo (individuale e sociale) e di natura.
...
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: cvc il 19 Aprile 2020, 19:14:35 PM
Ipazia
Col dire che la filosofia della prassi (pratica) è chiusa, intendo dire che per agire ad un certo punto occorre smettere di pensare, chiudere il pensiero. L'idea diviene pratica, diviene prassi, ma con ciò smette di progredire, di perfezionare se stessa o comunque di sottoporsi a falsificazione.
La scelta individuale è libero arbitrio. La scelta collettiva imposta da qualcuno è altro.

Giopap
Io credo che, nella conoscenza, razionalità (a priori) ed esperienza (a posteriori) collaborano. Anche se non sempre in maniera così ordinata come vorrebbe la ragione.

Jacopus
Ma per costruire il sofisticato apparato sotterraneo servono sempre la geometria e la matematica.
Per fortuna non ci sono soltanto gli opposti.
Io non so se non si possano conciliare libertà, equità, merito....
Credo però che la filosofia etica debba essere consapevole di non poter essere perfetta ma di cercare un perfezionismo asintotico, di tendere ad un'ideale che sa di non poter raggiungere mai nella sua interezza. Sarà sempre meglio che rinuciarci del tutto.

Saluti.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 21 Aprile 2020, 11:03:16 AM
Citazione di: cvc il 19 Aprile 2020, 19:14:35 PM
Ipazia
Col dire che la filosofia della prassi (pratica) è chiusa, intendo dire che per agire ad un certo punto occorre smettere di pensare, chiudere il pensiero. L'idea diviene pratica, diviene prassi, ma con ciò smette di progredire, di perfezionare se stessa o comunque di sottoporsi a falsificazione.
La scelta individuale è libero arbitrio. La scelta collettiva imposta da qualcuno è altro.

Mi pare una "chiusura" eccessivamente statica della dialettica che sottende la filosofia della prassi. La pratica scorre insieme alla teoria nell'unico fiume che contiene il reale. La pratica insegna alla teoria ad aggiustare il tiro, ma è il tiro, e pure il suo errore, a correggere la teoria. La filosofia della prassi è dialettica tra una teoria e una prassi visceralmente intrecciate, retroattive, sensibili ai feedbacks che solo dall'agire possono nascere.

Ritengo assolutamente illusoria la originalità dell'individuo, appena si oltrepassi la sfera meramente biologica vita-morte: noi, fin dalle prime poppate, siamo animali plurali e la socialità è un destino inevitabile. Quello che possiamo evitare è farci imporre una socialità di parte.

CitazioneGiopap
Io credo che, nella conoscenza, razionalità (a priori) ed esperienza (a posteriori) collaborano. Anche se non sempre in maniera così ordinata come vorrebbe la ragione.

O piuttosto il desiderio di cui la ragione si fa portatrice e da cui si lascia, talvolta eccessivamente, sedurre. Il materialismo almeno una cosa la insegna alla ragione: che è sempre la materia, physis, a condurre le danze e a decidere la musica. Per cui, una razionalità realmente razionale, si pone a posteriori della realtà e sulle sue corde inventa nuove musiche, con le frequenze che la materialità del nostro essere può percepire. La ratio non può essere che a posteriori rispetto ad una materia che le offre i mattoncini lego per realizzare i suoi desideri.

CitazioneJacopus
Ma per costruire il sofisticato apparato sotterraneo servono sempre la geometria e la matematica.
Per fortuna non ci sono soltanto gli opposti.
Io non so se non si possano conciliare libertà, equità, merito....
Credo però che la filosofia etica debba essere consapevole di non poter essere perfetta ma di cercare un perfezionismo asintotico, di tendere ad un'ideale che sa di non poter raggiungere mai nella sua interezza. Sarà sempre meglio che rinuciarci del tutto.

Concordo con te e dissento da una interpretazione booleana del reale. Il medio stat virtus aristotelico vale sempre la pena di cercarlo, ma più che sull'asintoto "platonico" lo cercherei, calcolandolo, nella mischia laddove le forze naturali e umane disegnano i loro poligoni evolutivi col materiale storico ereditato. Mostrandosi alfine, se sono adeguatamente sapienti, degni di avere un futuro.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Lou il 21 Aprile 2020, 11:20:37 AM
Citazione di: Jacopus il 19 Aprile 2020, 15:47:05 PM
CitazioneLa filosofia della prassi è una filosofia chiusa. Ma, ripeto, un conto è quando si tratta di scelta individuale e altra cosa è quando si tratta di imporla a tutti.
Al suo opposto c'è anche una filosofia della prassi totalmente aperta, quella del far West o dell'ultraliberismo, dove si è sicuramente liberi di morire di fame. Il problema centrale della filosofia etica è proprio la domanda: come si conciliano la libertà,  il merito e l'equità  senza sprofondare verso uno di questi principi minimizzando o (peggio) cancellando gli altri?
È ovviamente possibile considerare la filosofia un mero esercizio meditativo e paraspirituale, ma credo che ciò esula dalla storia della filosofia occidentale, fin dai suoi primordi (basti pensare al messaggio etico di Socrate e la sua cicuta).
Con la responsabilità da cui tutti i tre elementi che citi, libertà, equità, merito, trovano la loro terra d'appartenza. Senza responsabilità non solo non è possibile conciliare questi aspetti, ma trovo, sia assai arduo anche che possano sorgere. A mio parere ovviamente.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: cvc il 21 Aprile 2020, 12:29:20 PM
Citazione di: Ipazia il 21 Aprile 2020, 11:03:16 AM
Citazione di: cvc il 19 Aprile 2020, 19:14:35 PM
Ipazia[size=78%]][/size]

Mi pare una "chiusura" eccessivamente statica della dialettica che sottende la filosofia della prassi. La pratica scorre insieme alla teoria nell'unico fiume che contiene il reale. La pratica insegna alla teoria ad aggiustare il tiro, ma è il tiro, e pure il suo errore, a correggere la teoria. La filosofia della prassi è dialettica tra una teoria e una prassi visceralmente intrecciate, retroattive, sensibili ai feedbacks che solo dall'agire possono nascere.

Ritengo assolutamente illusoria la originalità dell'individuo, appena si oltrepassi la sfera meramente biologica vita-morte: noi, fin dalle prime poppate, siamo animali plurali e la socialità è un destino inevitabile. Quello che possiamo evitare è farci imporre una socialità di parte.


L'espressione 'filosofia della prassi' sottende a considerare l'atto del pensare equiparabile al semplice atto fisico. Un pò come dire che se l'operaio lavora con chiavi e bulloni, analogamente il pensatore costruisce, svita e avvita, monta e smonta concetti e idee. E magari qualche martellata ogni tanto non guasta. È un concetto meccanico che mal si addice al contesto organico e biologico del pensiero. Può essere al massimo applicato nel contesto etico di una pratica spirituale che ben si guarda dallo scalfire i suoi dogmi, laddove tale meccanicità diviene funzionale alle norme di disciplina o ascetiche rischieste da tale pratica. Ma in un contesto egualitario, dove ognuno vive del lavoro delle proprie mani (fatte le dovute eccezioni per i lavoratori di concetto), dove si colloca il filosofo? Relegare la filosofia a semplice 'officina delle idee' mi parrebbe sminuirla non poco. La filosofia deve permeare l'essere, l'interiorità delle persone. A poco servono delle idee perfette, se non vanno in profondità. E in un contesto collettivo ugualitario può esserci profondità? Diceva Napoleone che persino nei sindacati tendono a formarsi delle èlite, delle aristocrazie. Credo che l'individualità dell'uomo sia insopprimibile e che anche in un'epoca come questa - che a sopprimerla ci sta riuscendo piuttosto bene soprattutto con gli apparati tecnologici - prima o poi salterà il tappo. Non che il tappo non sia già saltato nei singoli consumatori di pscicofarmaci, analisti e fatti di cronaca aberranti. Intendo dire che prima o poi il fenomeno affiorerà alla coscienza collettiva, una volta che l'uomo riuscirà a reimpadronirsi di una coerente visione di sè nella realtà che sta vivendo. Cosa che vedo oggi latitare. L'espressione dell'individualità viene soppressa - secondo me - nel momento stesso in cui si pretende di realizzarla pretendendo di sapere cosa serve ad ognuno per realizzare la propria. È come il paradosso dell'esclusività per tutti.

Saluti.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 21 Aprile 2020, 14:16:33 PM
Citazione di: cvc il 21 Aprile 2020, 12:29:20 PM
L'espressione 'filosofia della prassi' sottende a considerare l'atto del pensare equiparabile al semplice atto fisico. Un pò come dire che se l'operaio lavora con chiavi e bulloni, analogamente il pensatore costruisce, svita e avvita, monta e smonta concetti e idee. E magari qualche martellata ogni tanto non guasta. È un concetto meccanico che mal si addice al contesto organico e biologico del pensiero. Può essere al massimo applicato nel contesto etico di una pratica spirituale che ben si guarda dallo scalfire i suoi dogmi, laddove tale meccanicità diviene funzionale alle norme di disciplina o ascetiche rischieste da tale pratica.

Questa è una caricatura banalizzante della filosofia della prassi perchè ...

CitazioneMa in un contesto egualitario, dove ognuno vive del lavoro delle proprie mani (fatte le dovute eccezioni per i lavoratori di concetto), dove si colloca il filosofo? Relegare la filosofia a semplice 'officina delle idee' mi parrebbe sminuirla non poco. La filosofia deve permeare l'essere, l'interiorità delle persone. A poco servono delle idee perfette, se non vanno in profondità.

... 'ndo sta la profondità ? In un alterego abissale dell'iperuranio platonico slegato, come l'idealismo platonico, dalla realtà ?

CitazioneE in un contesto collettivo ugualitario può esserci profondità?

E dove altro potrebbe essere ? Nei fantasmi solipsistici e fantasie autoerotiche dell'Unico e le sue proprietà (cit. Max Stirner). E poi perchè un contesto collettivo dovrebbe essere biecamente ugualitario ?

CitazioneDiceva Napoleone che persino nei sindacati tendono a formarsi delle èlite, delle aristocrazie.

E quando mai non dovrebbero essere valorizzate le competenze individuali anche in una società di uguali che, come da Verbo, considera ciascuno nei suoi bisogni e nelle sue capacità ? Ovviamente non uguali come le pedine di una catena di montaggio capitalistica sempre intercambiabili. Perchè è questa la questione fondamentale : ...

CitazioneCredo che l'individualità dell'uomo sia insopprimibile e che anche in un'epoca come questa - che a sopprimerla ci sta riuscendo piuttosto bene soprattutto con gli apparati tecnologici - prima o poi salterà il tappo. Non che il tappo non sia già saltato nei singoli consumatori di pscicofarmaci, analisti e fatti di cronaca aberranti. Intendo dire che prima o poi il fenomeno affiorerà alla coscienza collettiva, una volta che l'uomo riuscirà a reimpadronirsi di una coerente visione di sè nella realtà che sta vivendo. Cosa che vedo oggi latitare. L'espressione dell'individualità viene soppressa - secondo me - nel momento stesso in cui si pretende di realizzarla pretendendo di sapere cosa serve ad ognuno per realizzare la propria. È come il paradosso dell'esclusività per tutti.

...confondere l'omologazione alienante del capitale e la sua finzione individualistica, "l'esclusività per tutti", con un modello sociale fondato su una uguaglianza di natura ben diversa: dei bisogni, diritti e potere. Coniugata con le differenze delle inclinazioni e talenti individuali che esistono fin dalla notte dei tempi e di cui nessuna società umana, neppure la più inumana fondata sulla mercificazione e alienazione dell'umano, può fare a meno.

Saluti
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: giopap il 21 Aprile 2020, 16:03:56 PM
Giopap:
Io credo che, nella conoscenza, razionalità (a priori) ed esperienza (a posteriori) collaborano. Anche se non sempre in maniera così ordinata come vorrebbe la ragione

Ipazia:
O piuttosto il desiderio di cui la ragione si fa portatrice e da cui si lascia, talvolta eccessivamente, sedurre. Il materialismo almeno una cosa la insegna alla ragione: che è sempre la materia, physis, a condurre le danze e a decidere la musica. Per cui, una razionalità realmente razionale, si pone a posteriori della realtà e sulle sue corde inventa nuove musiche, con le frequenze che la materialità del nostro essere può percepire. La ratio non può essere che a posteriori rispetto ad una materia che le offre i mattoncini lego per realizzare i suoi desideri.

Giopap:
E' vero, ho usato l' espressione "volontà della ragione" in (per me deplorevole) senso metaforico.
Letteralmente é una sciocchezza autocontraddittoria dal momento che la ragione dà conoscenze sul "come é" la realtà e non sul "come deve essere", indica mezzi per raggiungere scopi in determinate condizioni, e non scopi, che invece semplicemente si avvertono, si sentono irrazionalmente, "sentimentalmente".

Per una mia tendenza comportamentale irrazionale dissento invece dall' affermazione che il razionalismo possa mai essere eccessivo, ritenendo invece che la ragione non ci possa mai sedurre in eccesso (ma casomai ci seduce sempre troppo poco): sono fortissimamente razionalista, o meglio cerco di esserla quanto più mi é possibile; non perché sia possibile razionalmente dimostrare che così si debba essere o anche che personalmente così io debba essere, ma inevitabilmente per un irrazionale desiderio che avverto.

Non sono monista materialista e inoltre credo che il materialismo, esattamente come qualsiasi altra ontologia, non possa insegnare nulla alla ragione, la quale é una dote, un mezzo e una caratteristica possibile (e per me irrinunciabile) del modo di ricercare la conoscenza sulla realtà: materialistica, spiritualistica, dualistica e quant' altro che essa sia.
E di fatto anche i migliori materialismi secondo me sono stati elaborati molto razionalisticamente, facendo un relativamente buon uso della ragione, ovviamente applicata alle sensazioni empiriche (in conseguenza della scelta "primordiale" o preliminare di seguire la ragione stessa).

Essendo dualista, credo che la materia o physis non "conduca affatto sempre e comunque le danze né decide la musica"; per me lo fa unicamente nel suo proprio ambito ontologico e non in quello mentale, altrettanto reale, non dandosi fra di essi alcuna possibilità di interazione in nessuno dei due sensi possibili.
Per cui una razionalità realmente razionale "non si pone affatto a posteriori della realtà e sulle sue corde", mentre "La ratio é sempre a priori rispetto alla conoscenza della realtà", essendo una (possibile; e per me inderogabile) scelta preliminare metodologica sul come condurre la ricerca della verità circa il mondo reale (anche se implica, però come sua propria conseguenza operativa pratica, anche l' osservazione empirica a posteriori, oltre al ragionamento analitico e alle inferenze secondo aprioristiche regole logiche da applicare ad essa).

(Per quel che possa mai rilevare, concordo in pieno sulla filosofia della prassi, la realtà attuale e le sua possibili alternative).
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: viator il 21 Aprile 2020, 17:21:08 PM
 Salve Ipazia. Citandoti : "...confondere l'omologazione alienante del capitale e la sua finzione individualistica, "l'esclusività per tutti", con un modello sociale fondato su una uguaglianza di natura ben diversa: dei bisogni, diritti e potere. Coniugata con le differenze delle inclinazioni e talenti individuali che esistono fin dalla notte dei tempi e di cui nessuna società umana, neppure la più inumana fondata sulla mercificazione e alienazione dell'umano, può fare a meno".
Scusami ma - a questo punto – dovresti spiegarmi – se vorrai – in qual modo il modello sociale egualitario (forse sinonimo di "dittatura del proletariato"?) dovrebbe e potrebbe accogliere al suo interno "inclinazioni e talenti individuali", cioè quella "brutta roba" che ha da sempre alimentato la diversificazione, l'egoismo, le ambizioni personali all'interno di tutte le società del passato e del presente.


Solo non dovresti stare a ripetermi - ti pregherei - l'immarcescibile motto "a ciascuno secondo i suoi bisogni, da ciascuno secondo le sue capacità" poichè il trucchetto già lo conosciamo : non può funzionare poichè i bisogni del proletario non possono venir decisi dal proletario ma dal piano quinquennale, mentre le capacità del proletario neppure vengono stabilite dal proletario medesimo bensì dal Commissario del Popolo. Saluti ed omaggi.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 21 Aprile 2020, 18:14:39 PM
@giopap

Il mio materialismo su basa sulla presa d'atto, con la sua dottrina incorporata se vuoi, che sono le condizioni materiali a determinare le sovrastrutture ideologiche possibili, col loro grado di libertà, che non oltrepassa la barriera miracolistica dell'a priori. Anche per il cucciolo umano l'a priori è la materialità del corpo della madre, la sua presenza affettiva e, a seguire, le divenienti esperienze del suo vissuto nella loro matericità che poco alla volta producono una mente capace di un giudizio articolato e relativamente autonomo, ma sempre intrecciato con gli input del mondo esterno alla mente.

Non riesco in alcun modo a rappresentarmi un dualismo non interconnesso e retroattivo - o dialettico come si diceva una volta - col substrato materiale che continuamente lo bombarda coi suoi input. Tu come fai a dimostrare la totale autonomia delle parti ?

Con ciò non intendo dire che vi sia un rapporto deterministico, ovvero monistico, tra soma e psiche e in qualche modo anche la psiche interferisce coi processi somatici, ma il dualismo può darsi solo all'interno dell'unità psicosomatica, così come l'universo antropologico può darsi solo in rapporto dialettico con l'universo fisico di cui esso stesso è emanazione, emergenza, risultato evolutivo.

@viator

caro viator hai fatto la domanda e ti sei dato la risposta. Hai realizzato una perfetta chiusura causale tra il tuo bisogno di sapere e le tue capacità di risponderti da solo.  Cosa mai potrei aggiungere di più ?

Saluti ed omaggi.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: viator il 21 Aprile 2020, 18:40:11 PM
Salve Ipazia e grazie della pur deludente risposta. Veramente le mie ovvie considerazioni circa il famosissimo motto egualitario non rappresentavano una autorisposta anche perchè in proposito non avevo formulato domande.



La domanda l'avevo formulata nella porzione superiore del mio intervento.


Comunque va bene anche così...........domandare con modi urbani è sempre lecito, rispondere è sempre facoltativo. Ti saluto con affetto amicale.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 21 Aprile 2020, 20:15:30 PM
Salve viator, come possa funzionare una società di uguali a misura d'uomo in alternativa all'homo homini squalus richiederebbe una discussione a sè, in cui c'entra certamente il ruolo della filosofia, ma molto più il ruolo dell'economia e degli istituti giuridici di proprietà di cose e persone. Mi pare ci sia un topic dedicato di qualche tempo fa. Forse aperto da te ...
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: giopap il 21 Aprile 2020, 21:26:39 PM
Citazione di: Ipazia il 21 Aprile 2020, 18:14:39 PM
@giopap

Il mio materialismo su basa sulla presa d'atto, con la sua dottrina incorporata se vuoi, che sono le condizioni materiali a determinare le sovrastrutture ideologiche possibili, col loro grado di libertà, che non oltrepassa la barriera miracolistica dell'a priori. Anche per il cucciolo umano l'a priori è la materialità del corpo della madre, la sua presenza affettiva e, a seguire, le divenienti esperienze del suo vissuto nella loro matericità che poco alla volta producono una mente capace di un giudizio articolato e relativamente autonomo, ma sempre intrecciato con gli input del mondo esterno alla mente.

Non riesco in alcun modo a rappresentarmi un dualismo non interconnesso e retroattivo - o dialettico come si diceva una volta - col substrato materiale che continuamente lo bombarda coi suoi input. Tu come fai a dimostrare la totale autonomia delle parti ?

Con ciò non intendo dire che vi sia un rapporto deterministico, ovvero monistico, tra soma e psiche e in qualche modo anche la psiche interferisce coi processi somatici, ma il dualismo può darsi solo all'interno dell'unità psicosomatica, così come l'universo antropologico può darsi solo in rapporto dialettico con l'universo fisico di cui esso stesso è emanazione, emergenza, risultato evolutivo.



La questione ontologica generale (che cosa é reale?) non é e non può essere risolta da quella scienza umana (che anch' io ritengo vera) che é il materialismo storico, cioé la teoria secondo la quale sono le condizioni materiali a determinare le sovrastrutture ideologiche possibili, col loro grado di libertà.
Questa "sacrosanta verità" sulla storia umana, secondo me empiricamente verificata continuamente anche se solo in termini tendenziali e insuperabilmente qualitativi, non quantizzabili - calcolabili, trattandosi scienza umana e non di scienza naturale, nulla ci dice circa che cosa sia la realtà in generale, complessivamente intesa (se sia solo materia, solo spirito, materia + pensiero o altro).

Per il cucciolo umano la materialità del corpo della madre, la sua presenza affettiva e, a seguire, le divenienti esperienze del suo vissuto nella loro matericità (-?- I bimbi vivono anche sentimenti e trasmissioni linguistiche di concetti e di conoscenze, non meno importanti per il loro sviluppo di quanto effettivamente sono le loro esperienze materiali e il loro sostentamento e metabolismo; con solo questi e senza quelli non avremmo animali propriamente umani, cioé caratterizzati, oltre che da natura, anche da cultura) non producono affatto una mente capace di un giudizio articolato e relativamente autonomo, ma sempre intrecciato con gli input del mondo esterno alla mente; ma producono invece solamente un cervello sviluppato e più o meno ben funzionante.

Il quale necessariamente coesiste con mente, giudizi, ecc., ma non vi si identifica affatto: mentre sto dimostrando (nell' ambito della mia esperienza cosciente) un teorema di geometria ("eventi 1") tu, nell' ambito della tua di esperienza cosciente, necessariamente rileveresti, se potessi osservarli, determinati processi neurofisiologici come potenziali dì azione, interazioni sinaptiche, ecc. ("eventi 2", dagli eventi 1 completamente diversi: tutt' altre cose); e viceversa.

La totale autonomia (reciproca trascendenza, assoluta mancanza di interazioni causali) fra mente e materia non é dimostrabile in alcun modo (come pure la sua negazione).

E' solo credibile arbitrariamente per fede. E personalmente la credo per potere in maniera logicamente corretta, non contraddittoria, sensata credere anche alla conoscibilità scientifica del mondo fisico - materiale, la quale ne esige, come una inderogabile conditio sine qua non, la chiusura causale (la non interferenza con alcunché di non fisico - materiale; per esempio con il mentale).

L' universo antropologico inteso come corporeità, materialità umana, non può negare, o come dicevano i materialisti dialettici "metafisicamente contraddire", ma solo "dialetticamente superare" l' universo fisico nell' ambito del quale si sviluppa; mentre inteso come, coscienza, pensiero, conoscenza, sentimenti, ecc. non può interferirvi, inevitabilmente in maniera miracolistica, se l' universo fisico é scientificamente conoscibile.



Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: giopap il 22 Aprile 2020, 07:33:39 AM
Citazione di: viator il 21 Aprile 2020, 17:21:08 PM

Scusami ma - a questo punto – dovresti spiegarmi – se vorrai – in qual modo il modello sociale egualitario (forse sinonimo di "dittatura del proletariato"?) dovrebbe e potrebbe accogliere al suo interno "inclinazioni e talenti individuali", cioè quella "brutta roba" che ha da sempre alimentato la diversificazione, l'egoismo, le ambizioni personali all'interno di tutte le società del passato e del presente.
Citazione


No, guarda che casomai sei tu che dovresti illustrarci nella realtà, prima ancora che "spiegarcelo", l' accadere di quel parto della tua fervida fantasia che sarebbero "inclinazioni e talenti individuali", in quanto quella "brutta roba" che avrebbe da sempre alimentato la diversificazione, l'egoismo, le ambizioni personali all'interno di tutte le società del passato e del presente (circa le diversificazioni, immagino tu intenda quelle inique per le quali chi meno o per nulla é intelligente, capace e lavora più si arricchisce e viceversa, dato che quelle creative proprie della personalità umana -arte, letteratura, poesia, ecc.- sono tendenzialmente inibite nell' attuale società diesgualitaria quant' altre mai, mentre generalmente sono state e sono tendenzialmente favorite soprattutto nella misura in cui gli ordinamenti sociali presentavano e presentano elementi di equità economica).

Io nella storia vedo che questa ottima roba nasce soprattutto dalla cooperazione altruistica umana, dalla generosità e dalla magnanimità (oltre che dall' ingegno) degli uomini e può essere impiegata sia per
alimentare la diversificazione, l'egoismo, le ambizioni personali, sia per ulteriormente giovare agli altri e alla società umana tutta, oltre che del tutto ovviamente a se stessi, a seconda delle circostanze microsociali e soprattutto storiche, macrosociali.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: cvc il 22 Aprile 2020, 10:07:45 AM
Citazione di: Ipazia il 21 Aprile 2020, 14:16:33 PM

... 'ndo sta la profondità ? In un alterego abissale dell'iperuranio platonico slegato, come l'idealismo platonico, dalla realtà ?

E dove altro potrebbe essere ? Nei fantasmi solipsistici e fantasie autoerotiche dell'Unico e le sue proprietà (cit. Max Stirner). E poi perchè un contesto collettivo dovrebbe essere biecamente ugualitario ?



Non vorrei ridurre il discorso ad un'apologia del capitalismo vs comunismo o viceversa. Ritornando alla filosofia della prassi che io concepisco come il 'voler fare la storia' - al di là delle considerazioni politiche - espresso da Marx, non mi intrattengo nemmeno sull'eticità di tale atteggiamento, dico solo che per me questa non è filosofia. O, per timanere in tema, non dovrebbe essere il ruolo della filosofia. Io la filosofia la intendo - pur essendo consapevole che essa sottende anche ad altro - come la medicina dell'anima, come la definivano Epicuro, Seneca e altri antichi. Poi so bene anche che pronunciando il termine anima si apre una voragine fra chi ci crede - come me - e altri per cui - come intuisco sia il tuo caso - tale nome è solo un intralcio inutile. Quindi, per risponderti sulla profondità e lasciando perdere l'anima, la profondità io la trovo nell'eterogeneità. Poi se il conformismo sia più figlio del comunismo o del capitalismo è questione di punti di vista. Ma se ne esce con con un individualismo che non sia solipsismo portato alle estreme conseguenze, ma semplicemente possibilità di liberare la propria espressione individuale. Cosa che - credo - nessuna organizzazione collettiva possa garantire ma, piuttosto, una catena umana di individui che si aiutino uno con l'altro.


Saluti

Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Jacopus il 22 Aprile 2020, 10:41:47 AM
Un piccolo intervento solo per sottolineare che il concetto di prassi (praxis) è antico come la filosofia occidentale e non è certo stato inventato dal marxismo. E' un concetto legato all'eudaimonia e alla vita sociale e quindi alla vita etica, aspetti non secondari di molti discorsi filosofici e che sono, secondo me, uno dei tratti distintivi della filosofia occidentale rispetto a quella orientale (che però non conosco "quasi" per niente e quindi forse è meglio lasciar parlare, su questo tema, qualcun altro più competente  :-X ).
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: cvc il 22 Aprile 2020, 10:56:10 AM
Citazione di: Jacopus il 22 Aprile 2020, 10:41:47 AM
Un piccolo intervento solo per sottolineare che il concetto di prassi (praxis) è antico come la filosofia occidentale e non è certo stato inventato dal marxismo. E' un concetto legato all'eudaimonia e alla vita sociale e quindi alla vita etica, aspetti non secondari di molti discorsi filosofici e che sono, secondo me, uno dei tratti distintivi della filosofia occidentale rispetto a quella orientale (che però non conosco "quasi" per niente e quindi forse è meglio lasciar parlare, su questo tema, qualcun altro più competente  :-X ).


Si certo. L'avevo accennato anch'io. Volevo solo distinguere fra filosofia della prassi in senso collettivo (il voler fare la storia dell'umanità) ed in senso individuale (fare la propria storia).


Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 22 Aprile 2020, 13:10:02 PM
Citazione di: giopap il 21 Aprile 2020, 21:26:39 PM
La questione ontologica generale (che cosa é reale?) non é e non può essere risolta da quella scienza umana (che anch' io ritengo vera) che é il materialismo storico, cioé la teoria secondo la quale sono le condizioni materiali a determinare le sovrastrutture ideologiche possibili, col loro grado di libertà.
Questa "sacrosanta verità" sulla storia umana, secondo me empiricamente verificata continuamente anche se solo in termini tendenziali e insuperabilmente qualitativi, non quantizzabili - calcolabili, trattandosi scienza umana e non di scienza naturale, nulla ci dice circa che cosa sia la realtà in generale, complessivamente intesa (se sia solo materia, solo spirito, materia + pensiero o altro).

Il materialismo storico non ha certo la pretesa di essere una scienza della "questione ontologica generale", ma solo di quella ontologia particolare che riguarda la parte duale dell'universo, la parte antropologica, perciò che relaziona l'umano alle risorse necessarie per vivere e le sovrastrutture ideologiche che tale relazione genera e sviluppa, non meccanicamente, ma molto antropologicamente, nello stile proprio di pensiero di questo curioso animale che ha, in qualche modo, molto a sua (s)misura, colonizzato questo pianeta.

Citazione
Per il cucciolo umano la materialità del corpo della madre, la sua presenza affettiva e, a seguire, le divenienti esperienze del suo vissuto nella loro matericità (-?- I bimbi vivono anche sentimenti e trasmissioni linguistiche di concetti e di conoscenze, non meno importanti per il loro sviluppo di quanto effettivamente sono le loro esperienze materiali e il loro sostentamento e metabolismo; con solo questi e senza quelli non avremmo animali propriamente umani, cioé caratterizzati, oltre che da natura, anche da cultura) non producono affatto una mente capace di un giudizio articolato e relativamente autonomo, ma sempre intrecciato con gli input del mondo esterno alla mente; ma producono invece solamente un cervello sviluppato e più o meno ben funzionante.

Il quale necessariamente coesiste con mente, giudizi, ecc., ma non vi si identifica affatto: mentre sto dimostrando (nell' ambito della mia esperienza cosciente) un teorema di geometria ("eventi 1") tu, nell' ambito della tua di esperienza cosciente, necessariamente rileveresti, se potessi osservarli, determinati processi neurofisiologici come potenziali dì azione, interazioni sinaptiche, ecc. ("eventi 2", dagli eventi 1 completamente diversi: tutt' altre cose); e viceversa.

La totale autonomia (reciproca trascendenza, assoluta mancanza di interazioni causali) fra mente e materia non é dimostrabile in alcun modo (come pure la sua negazione).

E' solo credibile arbitrariamente per fede. E personalmente la credo per potere in maniera logicamente corretta, non contraddittoria, sensata credere anche alla conoscibilità scientifica del mondo fisico - materiale, la quale ne esige, come una inderogabile conditio sine qua non, la chiusura causale (la non interferenza con alcunché di non fisico - materiale; per esempio con il mentale).

Mi guardo bene dal postulare la "totale autonomia" della psiche*  rispetto al soma di competenza e al mondo fenomenologico che lo circonda. Ma una relativa autonomia glielo concedo, capace pure di modificare il mondo, antropologicamente e non fisicamente inteso, con macchine volanti e altre diavolerie non previste dal trantran dell'evoluzione biologica e dei fenomeni chimici e fisici che interessano la materia. Il mio è un dualismo debole, ma fortemente tale. Fino a prova contraria, finora non pervenuta.


* psiche, anima, spirito, mente, intelletto, coscienza, cervello, per me finiscono tutti nel medesimo calderone ontologico, da usarsi nel significante più adatto, anche esteticamente, al discorso: filosofico, spirituale, psicologico, sociologico, antropologico, neurologico, ... Tale calderone ontologico è il soggetto del dualismo antropologico.

----

Filosofia della prassi si applica alla componente etologica dell'universo antropologico, non alla parte epistemologica che interessa l'aspetto cognitivo di quel mondo e dell'universo in generale. Essa trae la sua teoria dall'etologia umana ed è descrittiva, esplicativa, prima che essere curativa, esercitando quindi la sua funzione di episteme, pharmakon e stimolo all'azione umana. Azione che si concretizza in tecnica del vivere, ovvero etica (ethos-techne). La quale poi si fa nomos (norma, legge) prescrittivo.

Ma sempre, tornando all'origine, revocabile e riformabile in relazione all'evoluzione etica. La quale a sua volta dipende dall'evoluzione dei fattori sociali e naturali, del vivere (ethos). Per giungere alfine all'archè di questo discorso filosofico: la vita umana e la sua tutela, cura e valorizzazione. Vita umana, nella sua declinazione singolare e plurale. Because no man is an island (cit).
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: viator il 22 Aprile 2020, 15:16:14 PM
   Salve giopap : piccolo infortunio, il tuo : come puoi rileggere qui sotto, il riferimento originario a INCLINAZIONI E TALENTI non è stato frutto della mia quasi assente fantasia (grazie nell'averla giudicata fertile), bensì figura (vedere nel testo sottolineato qui sotto) all'interno di un intervento della mai abbastanza apprezzata Ipazia che poi io ho inteso commentare sempre con nessuna fantasia. Abbiti la mia massima cordialità.


   Re:Il ruolo della filosofia  « Risposta #86 il: 21 Aprile 2020, 17:21:08 pm » 

   Salve Ipazia. Citandoti : "...confondere l'omologazione alienante del capitale e la sua finzione individualistica, "l'esclusività per tutti", con un modello sociale fondato su una uguaglianza di natura ben diversa: dei bisogni, diritti e potere. Coniugata con le differenze delle inclinazioni e talenti individuali che esistono fin dalla notte dei tempi e di cui nessuna società umana, neppure la più inumana fondata sulla mercificazione e alienazione dell'umano, può fare a meno".
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: giopap il 22 Aprile 2020, 16:45:41 PM
Citazione di: cvc il 22 Aprile 2020, 10:07:45 AM
Ma se ne esce con con un individualismo che non sia solipsismo portato alle estreme conseguenze, ma semplicemente possibilità di liberare la propria espressione individuale. Cosa che - credo - nessuna organizzazione collettiva possa garantire ma, piuttosto, una catena umana di individui che si aiutino uno con l'altro.



Ma cosa costituirebbe mai "una catena umana di individui che si aiutino uno con l'altro" se non "-una organizzazione collettiva", sia pure alquanto informale e di per sé non necessariamente istituzionalizzata (almeno in teoria)?
(Che per me e per altri -credo ad esempio Ipazia- di fatto richiede, in pratica, per non essere mero flatus vocis, determinate caratteristiche strutturali dell' organizzazione sociale almeno per certi importanti aspetti collettivistiche. Ma mi rendo perfettamente conto che così non é per te e per altri).
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: giopap il 22 Aprile 2020, 16:55:32 PM
Citazione di: viator il 22 Aprile 2020, 15:16:14 PM
   Salve giopap : piccolo infortunio, il tuo : come puoi rileggere qui sotto, il riferimento originario a INCLINAZIONI E TALENTI non è stato frutto della mia quasi assente fantasia (grazie nell'averla giudicata fertile), bensì figura (vedere nel testo sottolineato qui sotto) all'interno di un intervento della mai abbastanza apprezzata Ipazia che poi io ho inteso commentare sempre con nessuna fantasia. Abbiti la mia massima cordialità.


   Re:Il ruolo della filosofia  « Risposta #86 il: 21 Aprile 2020, 17:21:08 pm »  Salve Ipazia. Citandoti : "...confondere l'omologazione alienante del capitale e la sua finzione individualistica, "l'esclusività per tutti", con un modello sociale fondato su una uguaglianza di natura ben diversa: dei bisogni, diritti e potere. Coniugata con le differenze delle inclinazioni e talenti individuali che esistono fin dalla notte dei tempi e di cui nessuna società umana, neppure la più inumana fondata sulla mercificazione e alienazione dell'umano, può fare a meno".




Mi pare del tutto inequivocabile (frutto di un piccolo infortunio tuo) il tuo avere ripreso il concetto di Ipazia e l' averlo (a mio parere del tutto falsamente, anche se con fertilissima fantasia) realizzabile e di fatto storicamente realizzato unicamente nell' ambito di consessi sociali classisti (anche se per prevenire pignolismi preciso che quest' ultimo concetto non é probabilmente, a quanto mi par di ricordare, da te espilcitamente usato) e come frutto o conseguenza esclusivamente, necessariamente, inevitabilmente di egoismo"; "citandoti":


<<Scusami ma - a questo punto – dovresti spiegarmi – se vorrai – in qual modo il modello sociale egualitario (forse sinonimo di "dittatura del proletariato"?) dovrebbe e potrebbe accogliere al suo interno "inclinazioni e talenti individuali", cioè quella "brutta roba" che ha da sempre alimentato la diversificazione, l'egoismo, le ambizioni personali all'interno di tutte le società del passato e del presente>>.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: cvc il 22 Aprile 2020, 17:04:54 PM
Citazione di: giopap il 22 Aprile 2020, 16:45:41 PM

Ma cosa costituirebbe mai "una catena umana di individui che si aiutino uno con l'altro" se non "-una organizzazione collettiva", sia pure alquanto informale e di per sé non necessariamente istituzionalizzata (almeno in teoria)?
(Che per me e per altri -credo ad esempio Ipazia- di fatto richiede, in pratica, per non essere mero flatus vocis, determinate caratteristiche strutturali dell' organizzazione sociale almeno per certi importanti aspetti collettivistiche. Ma mi rendo perfettamente conto che così non é per te e per altri).


Certo un'organizzazione collettiva,  la società se così vogliamo dire, può coordinare la vita dell'uomo in funzione delle sue esigenze, diritti, bisogni. Ma poiché non si vive di solo pane, l'uomo (dico in generale, come la donna ovviamente) ha bisogno di esprimere la propria individualità. Il suo essere in un certo modo, il suo dare un senso ed un valore alla propria vita. Senso che solo lui può dare. Certo il prossimo può aiutarlo, ma solo per quel tanto che basti perchè possa alzarsi e camminare con le proprie gambe. Io credo che ognuno di noi abbia i suoi demoni da sconfiggere, e può farlo soltanto lui. L'organizzazione sociale è di certo necessaria ma da sola non basta. Io non so se vorrei vivere in una organizzazione sociale perfetta. Sarà un caso che nei paesi meglio organizzati c'è il più alto tasso di suicidi? Voglio essere civile ma il fatto di essere al vertice della catena alimentare non deve farmi dimenticare che sono un animale anch'io.

Saluti.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 22 Aprile 2020, 17:09:55 PM
Citazione di: viator
Scusami ma - a questo punto – dovresti spiegarmi – se vorrai – in qual modo il modello sociale egualitario (forse sinonimo di "dittatura del proletariato"?) dovrebbe e potrebbe accogliere al suo interno "inclinazioni e talenti individuali", cioè quella "brutta roba" che ha da sempre alimentato la diversificazione, l'egoismo, le ambizioni personali all'interno di tutte le società del passato e del presente.

Innannzitutto ad alimentare tutte quelle brutte cose non furono i talenti individuali ma le spade dei pretoriani a servizio degli autoproclamati talenti, il cui unico talento fu semmai eccellere nella violazione dei comandamenti quinto e settimo della cristianità. Tal quale oggi, con strumenti bellici, giuridici, economici e retorici decisamente più sofisticati. Ma neanche troppo. Anche i filosofi sono per lo più emanazione di quelle classi sociali che avendo tutto il necessario per vivere agiatamente potevano deinde philosophari.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: giopap il 22 Aprile 2020, 17:24:56 PM
Ipazia:
Il materialismo storico non ha certo la pretesa di essere una scienza della "questione ontologica generale", ma solo di quella ontologia particolare che riguarda la parte duale dell'universo, la parte antropologica, perciò che relaziona l'umano alle risorse necessarie per vivere e le sovrastrutture ideologiche che tale relazione genera e sviluppa, non meccanicamente, ma molto antropologicamente, nello stile proprio di pensiero di questo curioso animale che ha, in qualche modo, molto a sua (s)misura, colonizzato questo pianeta.

giopap:
Esattamente come da me obiettato al tuo precedente intervento che pretendeva di fondare sul materialismo storico (in questo modo ho inteso la tua accezione, gramsciana credo, di "filosofia della parassi") un' ontologia monistica materialistica (nei "classicisimi" del "marxismo", concetto che so bene da molti rifiutato, ma non da me, é piuttosto la scienza umana materialistica storica a fondarsi, a mio parere in termini relativamente più corretti, sull' ontologia monistica materialistica, sia pure "dialettica").




Ipazia:
Mi guardo bene dal postulare la "totale autonomia" della psiche* rispetto al soma di competenza e al mondo fenomenologico che lo circonda. Ma una relativa autonomia glielo concedo, capace pure di modificare il mondo, antropologicamente e non fisicamente inteso, con macchine volanti e altre diavolerie non previste dal trantran dell'evoluzione biologica e dei fenomeni chimici e fisici che interessano la materia. Il mio è un dualismo debole, ma fortemente tale. Fino a prova contraria, finora non pervenuta.

giopap:
Veramente non so più quante volte ho provato, mediante rilievo empirico, falsificazione osservativa della tesi opposta, che i processi neurofisiologici cerebrali (materia: "realtà ontologica1") necessariamente corrispondenti ai pensieri e ragionamenti, compresi quelli per progettare e costruire macchine volanti (e anche alla materia fenomenica) sono ben altra, diversa cosa da questi ultimi (mente: "realtà ontlogica2").

Se la prova non é pervenuta, non é perché non sia (e parecchie volte) partita da parte mia.





Ipazia:
psiche, anima, spirito, mente, intelletto, coscienza, cervello, per me finiscono tutti nel medesimo calderone ontologico, da usarsi nel significante più adatto, anche esteticamente, al discorso: filosofico, spirituale, psicologico, sociologico, antropologico, neurologico, ... Tale calderone ontologico è il soggetto del dualismo antropologico.

giopap:
Non posso che commentare, rispondendo al "citazionismo proditorio" (il tuo finale di questo intervento cui rispondo; spero sia chiara l' ironia) con citazionismo proditorio, che questo é cadere nell' hegeliana "notte in cui tutte le vacche sembrano nere" (citazionismo purtroppo un po' meno proditorio contrariamente al mio intendimento, perché non in lingua originale dal momento che non conosco il tedesco).




Ipazia:
Filosofia della prassi si applica alla componente etologica dell'universo antropologico, non alla parte epistemologica che interessa l'aspetto cognitivo di quel mondo e dell'universo in generale. Essa trae la sua teoria dall'etologia umana ed è descrittiva, esplicativa, prima che essere curativa, esercitando quindi la sua funzione di episteme, pharmakon e stimolo all'azione umana. Azione che si concretizza in tecnica del vivere, ovvero etica (ethos-techne). La quale poi si fa nomos (norma, legge) prescrittivo.
Ma sempre, tornando all'origine, revocabile e riformabile in relazione all'evoluzione etica. La quale a sua volta dipende dall'evoluzione dei fattori sociali e naturali, del vivere (ethos). Per giungere alfine all'archè di questo discorso filosofico: la vita umana e la sua tutela, cura e valorizzazione. Vita umana, nella sua declinazione singolare e plurale. Because no man is an island (cit).

giopap:
Precisamente quanto da me obiettato al tuo precedente intervento che pretendeva di fondare l' ontologia del monismo materialistico sulla filosofia della prassi.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: giopap il 22 Aprile 2020, 17:34:59 PM
Citazione di: cvc il 22 Aprile 2020, 17:04:54 PM
Citazione di: giopap il 22 Aprile 2020, 16:45:41 PM

Ma cosa costituirebbe mai "una catena umana di individui che si aiutino uno con l'altro" se non "-una organizzazione collettiva", sia pure alquanto informale e di per sé non necessariamente istituzionalizzata (almeno in teoria)?
(Che per me e per altri -credo ad esempio Ipazia- di fatto richiede, in pratica, per non essere mero flatus vocis, determinate caratteristiche strutturali dell' organizzazione sociale almeno per certi importanti aspetti collettivistiche. Ma mi rendo perfettamente conto che così non é per te e per altri).


Certo un'organizzazione collettiva,  la società se così vogliamo dire, può coordinare la vita dell'uomo in funzione delle sue esigenze, diritti, bisogni. Ma poiché non si vive di solo pane, l'uomo (dico in generale, come la donna ovviamente) ha bisogno di esprimere la propria individualità. Il suo essere in un certo modo, il suo dare un senso ed un valore alla propria vita. Senso che solo lui può dare. Certo il prossimo può aiutarlo, ma solo per quel tanto che basti perchè possa alzarsi e camminare con le proprie gambe. Io credo che ognuno di noi abbia i suoi demoni da sconfiggere, e può farlo soltanto lui. L'organizzazione sociale è di certo necessaria ma da sola non basta. Io non so se vorrei vivere in una organizzazione sociale perfetta. Sarà un caso che nei paesi meglio organizzati c'è il più alto tasso di suicidi? Voglio essere civile ma il fatto di essere al vertice della catena alimentare non deve farmi dimenticare che sono un animale anch'io.

Saluti.


Sono sostanzialmente daccordo, ma come ho già rilevato e credo anche tu concordi, la differenza fra noi é nel come consideriamo che debba concretamente essere un' organizzazione collettiva su cui astrattamente conveniamo che coordini la vita dell'uomo in funzione delle sue esigenze, diritti, bisogni, personali individuali e sociali collettivi.

Su questo non posso che invitarti a leggere quanto scrive in proposito Ipazia nell' ultima risposta a Viator, che condivido in pieno.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 22 Aprile 2020, 17:52:08 PM
Citazione di: giopap il 22 Aprile 2020, 17:24:56 PM

giopap:
Veramente non so più quante volte ho provato, mediante rilievo empirico, falsificazione osservativa della tesi opposta, che i processi neurofisiologici cerebrali (materia: "realtà ontologica1") necessariamente corrispondenti ai pensieri e ragionamenti, compresi quelli per progettare e costruire macchine volanti (e anche alla materia fenomenica) sono ben altra, diversa cosa da questi ultimi (mente: "realtà ontlogica2").

Se la prova non é pervenuta, non é perché non sia (e parecchie volte) partita da parte mia.


La prova non è pervenuta perchè non prova nulla aldilà di essere detta. Invece la mia prova empirica lo è:

se tagli un dito il calderone psichico continua ad esistere, se togli il cervello - oppure lo danneggi fino a renderlo "piatto" mantenendo le funzioni vitali -, no: tutto il calderone psichico scompare insieme all'organo cerebrale o alla sua funzionalità.

Detto in forma aforistica: no brain, no party. Verificato 101%

Se poi uno afferma che le due cose sono contigue ma sono enti diversi (ontologia) dovrebbe pure dimostrarmi che cosa è la cosa contigua al cervello, ma non cervello. E qui si cade nell'indimostrabile. Danneggiando il cervello si danneggia pure l'ineffabile psiche che sta da qualche altra parte ?

Invece associare il cervello alle funzioni psichiche non solo è empiricamente dimostrabile al di là di ogni ragionevole dubbio, ma è pure in piena sintonia col paradigma epistemologico del rasoio e col simplex sigillum veri, meno dimostrabile, ma epistemologicamente fecondo.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: giopap il 22 Aprile 2020, 21:04:29 PM
Citazione di: Ipazia il 22 Aprile 2020, 17:52:08 PM
Citazione di: giopap il 22 Aprile 2020, 17:24:56 PM

giopap:
Veramente non so più quante volte ho provato, mediante rilievo empirico, falsificazione osservativa della tesi opposta, che i processi neurofisiologici cerebrali (materia: "realtà ontologica1") necessariamente corrispondenti ai pensieri e ragionamenti, compresi quelli per progettare e costruire macchine volanti (e anche alla materia fenomenica) sono ben altra, diversa cosa da questi ultimi (mente: "realtà ontlogica2").

Se la prova non é pervenuta, non é perché non sia (e parecchie volte) partita da parte mia.


La prova non è pervenuta perchè non prova nulla aldilà di essere detta. Invece la mia prova empirica lo è:

se tagli un dito il calderone psichico continua ad esistere, se togli il cervello - oppure lo danneggi fino a renderlo "piatto" mantenendo le funzioni vitali -, no: tutto il calderone psichico scompare insieme all'organo cerebrale o alla sua funzionalità.

Detto in forma aforistica: no brain, no party. Verificato 101%

Se poi uno afferma che le due cose sono contigue ma sono enti diversi (ontologia) dovrebbe pure dimostrarmi che cosa è la cosa contigua al cervello, ma non cervello. E qui si cade nell'indimostrabile. Danneggiando il cervello si danneggia pure l'ineffabile psiche che sta da qualche altra parte ?

Invece associare il cervello alle funzioni psichiche non solo è empiricamente dimostrabile al di là di ogni ragionevole dubbio, ma è pure in piena sintonia col paradigma epistemologico del rasoio e col simplex sigillum veri, meno dimostrabile, ma epistemologicamente fecondo.


Un conto é dissentire da una prova proposta (e magari confutarla), un altro ben diverso conto é negare che una prova sia stata proposta.


Che il "calderone psichico" (la coscienza) non possa realmente darsi senza che realmente si diano certi determinati eventi neurofisiologici cerebrali (ma anche viceversa!) é ben diversa cosa che una pretesa identificazione fra le due ben diverse entità - eventi; non prova affatto che si identifichino né che il primo sia causato o derivi in qualsiasi modo continuo (anche come "emergenza" o "sopravvenienza") dal secondo.
Anche un polo magnetico positivo non può darsi (almeno allo stato dell' arte della scienza fisica) senza che si dia un polo magnetico negativo e viceversa. Ma non per questo sono la stessa cosa o l' uno é causato o deriva in qualsiasi modo continuo dall' altro con cui necessariamente coesiste.
Confondere il rasoio di Ockam con la ...confusione fra questi due ben diversi casi (un' associazione dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio e un' identità falsificata empiricamente altrettanto oltre ogni ragionevole dubbio) é un grossissimo abbaglio.


Il rasoio di Ockam lo potresti ben impugnare contro chi pretende (-sse) l' esistenza di un' anima soprannaturale che guida (-sse) gli eventi cerebrali, i quali non ne hanno alcun bisogno perché le leggi della fisiologia, ottimamente riducibili a quelle della fisica, bastano e avanzano a spiegarli; ma non contro me, che invece ti invito solamente a dare ascolto all' empiria e conseguentemente constatare che la coscienza necessariamente coesistente col cervello é ben altra cosa del cervello stesso (a meno che tu riesca a vedere nel mio cervello -corteccia della scissura calcarina del lobo occipitale- la montagna che in quel momento io sto vedendo, e che si trova a qualche chilometro di distanza davanti a me e a te: sic! O che la veda emergere da o sopravvenire a tale mia area corticale stessa; evidentemente per andare a collocarsi a qualche chilometro di distanza davanti a noi).


Tutto il molto che la neurofisiologia conosce falsifica empiricamente l' ipotesi che le esperienze coscienti si trovino nei cervelli (invece i cervelli si trovano nelle esperienze coscienti) o ne derivino come qualcosa di fisico materiale che[/size]  dai cervelli derivi in alcun modo fisico materiale separandosene e mutando ("emergendone" o "sopravvenendogli" negli unici modi -fisici materiali, "regolati dalle leggi fisiche casuali- nei quali qualcosa potrebbe spararsi da qualcosaltro di fisico materiale e mutare).


Aforismi corretti:


No brain no party é ben diverso che


brain = party. (consiousness)


Altrimenti anche:


positive magnetic pole = negative magnetic pole


that's a very big trash.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 23 Aprile 2020, 08:06:15 AM
Anche estendendo il calderone psichico al di fuori del brain, il teorema materialista non cambia:

No body, no party  :D
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: giopap il 23 Aprile 2020, 08:28:02 AM

Ma guarda che l' ho sempre saputo e mi sono sempre ben guardato dal negarlo.


Peccato che il cosiddetto "calderone psichico" non sia nemmeno in parte nel brain, il quale contiene solo e unicamente neuroni ed altre cellule, assoni, sinapsi, vasi sanguigni e altri tessuti e fluidi biologici e nient' altro. Né che ne sia in alcun modo fisicamente causato (contrariamente ai movimenti muscolari costituenti il comportamento dell' animale "titolare del cervello stesso", che sono le uniche e sole cose che quest' ultimo causa).


E che la ovvia ed elementare constatazione empirica (e non il teorema; e non affatto unicamente e necessariamente materialista) che no body no party non significhi né implichi affatto che il party sia la stessa cosa del brain, o che ne sia fisicamente causato (ne "emerga" o vi sopravvenga" in un qualche comprensibile senso).
Infatti casomai il teorema (errato) materialista sarebbe: "ergo, brain is the same and only thing that party".
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 23 Aprile 2020, 09:09:01 AM
Io continuo a propendere, tra tutte le parti del corpo, per il cervello considerando che anche chi ragiona coi piedi pur tagliandoglieli, purtroppo, continua a ragionare. Sempre coi piedi, che non ha più se non nella forma fantasmatica in cui risiedono; dove ? Nel cervello, che è l'unico organo non asportabile se vuoi continuare a ragionare (anche la ragione sta nel calderone psichico). La coincidenza tra cervello e calderone psichico non è organica, materica, bensì funzionale, per cui è giusto intenderli come enti diversi, ma indissociabili nella loro piena funzionalità evolutiva che le neuropsicoscienze, e pure la filosofia (materialista), chiamano giustamente unità psicosomatica (u.p.s.).

Ti posso venire incontro ammettendo che una importante lesione organica altera anche la coscienza di sè e quindi la psiche, proprio perchè siamo u.p.s., ma un conto sono le device e un conto la cpu: anche l'u.p.s. ha le sue gerarchie organiche e funzionali.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: giopap il 23 Aprile 2020, 15:42:31 PM
Anche se "no brain, no party" (apprezzo il fatto che finalmente non me l' abbia ripetuto un' altra volta ancora mentre l' ho sempre saputo), tuttavia ti posso a mia volta venire incontro ammettendo che cercando in un cervello, oltre a neuroni, sinapsi, ecc. fra i quali circolano potenziali d' azione e accadono interazioni sinaptiche, si possono effettivamente trovare, indirettamente, per astrazione da tali processi fisiologici, determinate elaborazioni algoritmiche di determinate "informazioni" (in senso ...informatico e non in quello del linguaggio comune: non conoscenze, nozioni, ecc. proprie di un soggetto conoscente, ma invece determinate configurazioni e assetti funzionali meccanicamente dipendenti dagli impulsi che dal mondo esterni vi arrivano attraverso gli organi di senso e i nervi afferenti, e dunque al mondo esterno meccanicamente correlati in corrispondenza biunivoca: una e una sola determinata configurazione funzionale algoritmica cerebrale per ciascuna determinata situazione del mondo esterno); processi elaborativi di "informazioni" in teoria perfettamente implementabili su un' infinità di altri supporti materiali o hardware diversi dal cervello stesso.

Ma il fatto ontologicamente rilevante é che nemmeno questi si possono identificare con quella determinata esperienza cosciente in atto che può essere linguisticamente comunicata attraverso determinati movimenti muscolari da parte di quel determinato cervello causati; anche queste astratte computazioni algoritmiche che per esempio tu potresti (e dovresti, se lo osservassi "nei dovuti modi"; nell' ambito della tua esperienza cosciente) rilevare nel funzionamento del mio cervello sono tutt' altre, ben diverse cose che quella tutt' altra esperienza cosciente che é la mia e che potrebbe magari essere costituita dalla visione di una montagna -completamente diversa dalle elaborazioni algoritmiche di cui sopra- oppure magari dalla dimostrazione di un teorema della geometria o da qualsiasi altra cosa fosse da me esperita coscientemente -idem). E nemmeno a questi trattamenti computazionali di "informazioni" (che non sono conoscenze né altri tipi di esperienze meramente soggettive ma astrazioni da concreti eventi neurofisiologici intersoggettivamente rilevabili) potrebbe in alcun modo essere correlata attraverso una qualsiasi forma di continuità-diversificazione causale (non potrebbero in alcuna accezione sensata emergerne o sopravvenirvi).

E viceversa, naturalmente.

Nessuna coincidenza o identità, nemmeno funzionale, fra "calderone psichico" e cervello.

E ciò che le neuroscienze possono fare e giustamente fanno (anche se non pochi neuroscienziati non si peritano di urinare fuori del vaso lanciando infondati "proclami filosofici" con la pretesa che le loro competenze conferiscano loro particolare autorità in materia) é stabilire sempre più e meglio le correlazioni (e non affatto le pretese ma impossibili "identità") fra processi fisiologici cerebrali (compresi i loro aspetti astrattamente funzionali-algoritmici) ed esperienze coscienti (che fra l' altro una buona filosofia già avrebbe consentito di postulare, nella loro complessiva, indiscriminata generalità ontologica, per lo meno dai tempi di Broca e Wernicke).
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: Ipazia il 23 Aprile 2020, 16:43:33 PM
Direi di chiuderla qui con l'eziologia del "calderone" - cui mi riferiro usando di volta in volta ognuno dei suoi tanti nomi - di ancora dubbia natura ontologica che non vada oltre la constatazione della sua esistenza. Esistenza su cui si colloca l'argomento della discussione, nella veste, ennesima mimesis, del soggetto filosofante. L'uomo è animale filosofico, a priori di ogni ruolo che la filosofia possa esercitare. E molti ne esercita, tornando IT, a partire dalla realtà duale in cui quel soggetto si colloca.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: viator il 23 Aprile 2020, 18:45:30 PM
Salve giopap. Citandoti : "Nessuna coincidenza o identità, nemmeno funzionale, fra "calderone psichico" e cervello".
A questo punto credo di aver trovato una plausibile definizione della visione del mondo che hai mostrato a me di avere : direi "spiritualismo dialettico" oppure anche (benchè più cripticamente, per chi non ti abbia letto) "caldareria extracranica".--------------------------------------------------
Ti autorizzo (fosse necessario !!), anzi ti prego (non foss'altro che per rispetto delle "pari opportunità" egualitaristiche) di cimentarti nel voler definire invece come potrebbe venir qualificata la mia visione del mondo, nel caso tu abbia tratto qualche tua impressione in proposito. Cordialità.
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: giopap il 23 Aprile 2020, 21:43:36 PM
Citazione di: viator il 23 Aprile 2020, 18:45:30 PM
Salve giopap. Citandoti : "Nessuna coincidenza o identità, nemmeno funzionale, fra "calderone psichico" e cervello".
A questo punto credo di aver trovato una plausibile definizione della visione del mondo che hai mostrato a me di avere : direi "spiritualismo dialettico" oppure anche (benchè più cripticamente, per chi non ti abbia letto) "caldareria extracranica".--------------------------------------------------
Ti autorizzo (fosse necessario !!), anzi ti prego (non foss'altro che per rispetto delle "pari opportunità" egualitaristiche) di cimentarti nel voler definire invece come potrebbe venir qualificata la mia visione del mondo, nel caso tu abbia tratto qualche tua impressione in proposito. Cordialità.


Non é che a me interessi troppo etichettare le altrui visioni del mondo.
Se proprio ci tieni a saperlo, mi hai fatto l' impressione, ma alquanto superficialmente (e non ho proprio voglia di andare a rileggere i tuoi interventi nel forum per etichettarti a più ragion veduta) di essere un monista materialista che ritiene, secondo me del tutto a torto, che la scienza sia l' unica fonte di conoscenza fondata e la filosofia un inutile, ozioso passatempo per sfaccendati che non hanno di meglio da fare (se non erro metaforicamente l' hai definito una forma di "masturbazione mentale").
Diciamo abissalmente lontano o addirittura all' opposto dalle mie convinzioni in proposito. 


Ma io non sono per niente spiritualista: acqua, acqua, acqua, un oceano Pacifico di acqua!!!*
Sono invece dualista, ritenendo che tanto la materia quanto il pensiero (né più né meno) sono reali e reciprocamente non identificabili, non riducibili, non emergenti, non sopravvenienti, non "chi più ne ha più ne metta".


__________________________________
*Per i giovani giocatori incalliti di divertimenti virtuali che non lo conoscessero, il riferimento é al gioco "effettivamente reale", molto in voga quando ero bambina, di "acqua, fumo e fuoco" (cercare su google).
Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: viator il 23 Aprile 2020, 22:18:36 PM
Salve giopap. Grazia della replica. Vedo che ci hai preso abbastanza. Io sono monista a livello metafisico e dualista fisicistico. Intendiamoci......la metafisica secondo me non è ciò che è in sè diverso dalla fisica, è ciò che è OLTRE la fisica nota, cioè della fisica fa parte, e che diventerà eventualmente noto fisicamente in futuro, quando gli orizzonti fisici si sposteranno più avanti.Sai quale enorme quantità di manifestazioni risultavano inspiegabilmente metafisiche qualche centinaio di anni fa !!.


L'inghippo consiste poi nella distinzione tra la conoscenza (il CAPIRE - consentita unicamente dalla scienza ed avente come fonte l'osservazione sensoriale mentalmente interpretata) e l'esperienza interiore (il SENTIRE - consentito unicamente dalla psiche ed avente come fonte sempre l'esperienza sensoriale, interpretata però stavolta attraverso l'istinto e la coscienza).


Per quanto riguarda invece la speculazione filosofica....................non mi resta che confermarti il mio punto di vista che già conosci. Saluti.



Titolo: Re:Il ruolo della filosofia
Inserito da: giopap il 23 Aprile 2020, 22:42:04 PM

Viator:
Salve giopap. Grazia della replica. Vedo che ci hai preso abbastanza. Io sono monista a livello metafisico e dualista fisicistico. Intendiamoci......la metafisica secondo me non è ciò che è in sè diverso dalla fisica, è ciò che è OLTRE la fisica nota, cioè della fisica fa parte, e che diventerà eventualmente noto fisicamente in futuro, quando gli orizzonti fisici si sposteranno più avanti.Sai quale enorme quantità di manifestazioni risultavano inspiegabilmente metafisiche qualche centinaio di anni fa !!.

giopap:
Nessuna o quasi (casomai risultavano religiose).
E comunque ciò sarebbe del tutto irrilevante circa l' ontologia e in particolare l' esistenza o meno di enti ed eventi metafisici (e pure metapsichici).

La "metafisica che della fisica (attualmente ignota) farebbe parte" = monismo materialistico (proclamato alquanto illogicamente, autocontraddittoriamente).



Viator:
L'inghippo consiste poi nella distinzione tra la conoscenza (il CAPIRE - consentita unicamente dalla scienza ed avente come fonte l'osservazione sensoriale mentalmente interpretata) e l'esperienza interiore (il SENTIRE - consentito unicamente dalla psiche ed avente come fonte sempre l'esperienza sensoriale, interpretata però stavolta attraverso l'istinto e la coscienza).

giopap:
No, guarda che fisica e metafisica e da una parte, [/size]e ragione e istinto irrazionale dall' altra sono due coppi di opposti non affatto reciprocamente coincidenti.
E i Materialismi possono essere irrazionalistici quanto gli spiritualismi e i dualismi e viceversa.
Lo scientismo poi é uno dei peggiori irrazionalismi in circolazione.



Viator:
Per quanto riguarda invece la speculazione filosofica....................non mi resta che confermarti il mio punto di vista che già conosci. Saluti.
giopap:
idem.