Il rifiuto del riduzionismo

Aperto da Apeiron, 29 Marzo 2017, 19:24:27 PM

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Lou

#75
@sgiombo
Scusami, ma per me nulla di pensato equivale a nulla d'essere, ergo la cosa in sè in quanto nulla di pensato sarà al max possibilità d'essere-reale , ma non essere-reale. Cioè dov'è che sbaglio? Comunque dicendo tutto questo in qualche modo la pensiamo sta cosa in sè, altrimenti non ne potremmo neanche parlare, e, in effetti, il concetto di cosa in sè è problematico.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

sgiombo

Citazione di: Lou il 14 Aprile 2017, 18:03:30 PM
@sgiombo
Scusami, ma per me nulla di pensato equivale a nulla d'essere, ergo la cosa in sè in quanto nulla di pensato sarà al max possibilità d'essere-reale , ma non essere-reale. Cioè dov'è che sbaglio? Comunque dicendo tutto questo in qualche modo la pensiamo sta cosa in sè, altrimenti non ne potremmo neanche parlare, e, in effetti, il concetto di cosa in sè è problematico.
CitazioneE' evidente che ne parliamo e dunque che ci pensiamo (che sia inoltre reale o meno; cosa non dimostrabile, né tantomeno empiricamente constatabile; solo credibile o meno per fede).

Ma come puoi sostenere che "nulla di pensato" equivale (necessariamente) "a nulla d' essere"?
Quando uomini e animali non erano ancora comparsi sulla terra (e dunque nessuno lo pensava, non credi che il nostro pianeta era comunque già reale da parecchio tempo?

Infatti se qualcosa non é pensato secondo me non può essere saputo essere reale (o meno); ma solo avere la possibilità teorica di esserlo, prima o poi, o forse mai; ma potrebbe benissimo essere comunque reale; non credi che ci siano tantissime stelle a galassie reali, anche se non ancora mai viste e alle quali nessuno ancora ha mai pensato, e altre che addirittura nessuno mai vedrà e penserà di fatto fino all' estinzione dell' umanità?


Lou

#77
Citazione di: sgiombo il 14 Aprile 2017, 21:36:14 PM

Ma come puoi sostenere che "nulla di pensato" equivale (necessariamente) "a nulla d' essere"?

Perchè pensare ed essere sono lo stesso, dove non è ancora arrivato il pensiero come puoi dire dell'essere, e se reale o meno? Io non son capace, non lo so. Come dicevo, ci staranno al più possibilità d'essere.

"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

sgiombo

Citazione di: Lou il 14 Aprile 2017, 22:19:36 PM
Citazione di: sgiombo il 14 Aprile 2017, 21:36:14 PM

Ma come puoi sostenere che "nulla di pensato" equivale (necessariamente) "a nulla d' essere"?

Perchè pensare ed essere sono lo stesso, dove non è ancora arrivato il pensiero come puoi dire dell'essere, e se reale o meno? Io non son capace, non lo so. Come dicevo, ci staranno al più possibilità d'essere.
CitazioneIl fatto che non possa sapere (dire) che c' é qualcosa che non penso e non conosco non significa che necessariamente, sicuramente tale qualcosa realmente non sia (in barba alla nostra ignoranza).

Se proprio non vogliamo superare irrazionalmente lo scetticismo (che in effetti razionalmente non può essere superato), al massimo possiamo sostenere che ciò che non sappiamo (qualcosa che non conosciamo) può tanto essere/accadere realmente quanto non essere/non accadere realmente.

Ma davvero non superi irrazionalmente lo scetticismo e non credi che la terra c' era realmente anche quando l' uomo, e dunque il pensiero della terra, la conoscenza della sua esistenza non c' era (non accadeva) e che non ci sono realmente tantissime stelle che ancora non sono sapute esserci e lo saranno in futuro e tantissime altre che inoltre non lo saranno mai?
(Di certo é teoricamente possibile e coerentemente razionalistico assumere una simile posizione scettica radicale, ma condannando all' impotenza pratica chi lo facesse coerentemente mi sembra che di fatto sia qualcosa di, come si suol dire, più unico che raro.

Lou

#79
Citazione di: sgiombo il 15 Aprile 2017, 09:09:35 AM
[...]può tanto essere/accadere realmente quanto non essere/non accadere realmente.
Sì, è esattamente questo che intendo con "possibilià d'essere".
CitazioneMa davvero non superi irrazionalmente lo scetticismo e non credi che la terra c' era realmente anche quando l' uomo, e dunque il pensiero della terra, la conoscenza della sua esistenza non c' era (non accadeva) e che non ci sono realmente tantissime stelle che ancora non sono sapute esserci e lo saranno in futuro e tantissime altre che inoltre non lo saranno mai?
Beh io penso che la potenza del pensiero sia tale da arrivare perfino là dove un tempo non era e non è ancora presente, diciamo così.
Citazione(Di certo é teoricamente possibile e coerentemente razionalistico assumere una simile posizione scettica radicale, ma condannando all' impotenza pratica chi lo facesse coerentemente mi sembra che di fatto sia qualcosa di, come si suol dire, più unico che raro.
Io mi penso a tratti più idealistica che scettica a dire il vero, e penso che i limiti del pensiero si spostino in continuazione e che, in questo orizzonte dinamico del pensiero, tutto ciò che ad esso appare, anche come nulla, è una garanzia d'essere, sebbene inizialmente in forma di possibilità.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

sgiombo

Citazione di: Lou il 15 Aprile 2017, 13:46:39 PM
Citazione di: sgiombo il 15 Aprile 2017, 09:09:35 AM
[...]può tanto essere/accadere realmente quanto non essere/non accadere realmente.
Sì, è esattamente questo che intendo con "possibilià d'essere".
CitazioneQuesto per chi non abbia conoscenza dell' essere o del non essere reale di qualcosa, questo nel pensiero di chi non sappia; ma nella realtà, indipendentemente dall' eventuale conoscenza di essa o meno da parte di chichessia (ovvero, in omaggio a Totò in questi giorni celebrato, da parte di Chicche Essia) ciò che é/accade realmente é accade realmente comunque (e ciò che non é/non accade realmente non é/non accade realmente comunque).


CitazioneMa davvero non superi irrazionalmente lo scetticismo e non credi che la terra c' era realmente anche quando l' uomo, e dunque il pensiero della terra, la conoscenza della sua esistenza non c' era (non accadeva) e che non ci sono realmente tantissime stelle che ancora non sono sapute esserci e lo saranno in futuro e tantissime altre che inoltre non lo saranno mai?
Beh io penso che la potenza del pensiero sia tale da arrivare perfino là dove un tempo non era e non è ancora presente, diciamo così.
CitazioneTi riferisci forse al pensiero di Dio onnisciente (ammesso e da parte mia non concesso che esista)?

Perché quanto al realistico e reale pensiero umano limitato é del tutto evidentemente assurdo pensare che raggiunga l' onniscienza.


Citazione(Di certo é teoricamente possibile e coerentemente razionalistico assumere una simile posizione scettica radicale, ma condannando all' impotenza pratica chi lo facesse coerentemente mi sembra che di fatto sia qualcosa di, come si suol dire, più unico che raro.
Io mi penso a tratti più idealistica che scettica a dire il vero, e penso che i limiti del pensiero si spostino in continuazione e che, in questo orizzonte dinamico del pensiero, tutto ciò che ad esso appare, anche come nulla, è una garanzia d'essere, sebbene inizialmente in forma di possibilità.
CitazioneBeh tutto ciò che é pensato é certamente in quanto pensato (tautologia).
Non necessariamente in quanto, oltre ad essere pensato (ad essere/accadere realmente in quanto oggetto di pensiero), anche realmente accadente indipendentemente dal fatto che inoltre venga pure fatto oggetto di pensiero o meno.
Non necessariamente ma per l' appunto solo in quanto possibilità, che non é detto prima o poi necessariamente si attui (non concordo con l' avverbio "inizialmente").

Ma mi rendo conto che questo discorso non può essere accettato da un idealista per il quale (idealista nel senso che) il reale si identifica col pensato.
Il mio caso é diverso; per esempio io penso che fra la realtà puramente teorica, fantastica di un immaginario ippogrifo e quella di un realmente esistente cavallo (equini a me molto cari, come ben sa Maral) c' è una notevolissima differenza, si tratta di due modi completamente diversi di intendere la "realtà", di due significati ben diversi attribuiti alla medesima parola.

Lou

#81
Una possibilità se non si attua, necessariamente, è detta impossibile.

(Forse, leggendo la tua replica, credo che a monte occorrerebbe vedere se sussiste o meno una distinzione tra essere ed esistere, temo che in qualche modo tutto si giochi lì.)
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

sgiombo

#82
Citazione di: Lou il 15 Aprile 2017, 20:49:41 PM
Una possibilità se non si attua, necessariamente, è detta impossibile.
CitazioneAttenzione alla punteggiatura!
Disambiguiamola (che orrenda parola!).

Se non si attua necessariamente (cioé se necessariamente non si attua), allora per definizione (necessariamente) non é una "possibilità" bensì un' "impossibilità" o "necessità negativa".

Se non si attua (non necessariamente), allora non necessariamente é detta impossibile: resta possibile (poteva anche darsi -ovvero: correttamente, seppur falsamente, pensarsi- che si attuasse, oltre a che non si attuasse come di fatto é accaduto).

(Forse, leggendo la tua replica, credo che a monte occorrerebbe vedere se sussiste o meno una distinzione tra essere ed esistere, temo che in qualche modo tutto si giochi lì.)
CitazioneConcordo convintissimamente, avendo sempre sostenuto con la massima decisione che mi sia possibile la necessità, onde evitare paralogismi e assurdità, di distinguere bene fra "enti e/o eventi reali anche indipendentemente dall' eventuale essere pure pensati" ed "enti e/o eventi reali unicamente in quanto pensati (come meri oggetti di pensiero, di fantasia)".

Lou

#83
Per quanto riguarda gli "oggetti" presentificati dalla fantasia, non avendo corrispettivi nel mondo reale (assumendo per mondo reale il mondo esterno al soggetto) e non essendo presenti in esso, se non in forma concreta artistica, potrei considerarli ir-reali o, con più accortezza forse dotati direi dotati di un grado di realtà minore rispetto all'immagine di un albero, ma con irrealtà (/grado minore di realtà) non intendo dire che non sono. Sono in quanto immagini fantastiche, un unicorno è, sebbene non esista nel mondo reale. (Non so se sono stata chiara, in merito alla nota sulla punteggiatura, beh era più che altro un errore logico, il mio punteggiare impreciso: se avessi pensato bene avrei scritto bene.)
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

sgiombo

Citazione di: Lou il 19 Aprile 2017, 18:57:56 PM
Per quanto riguarda gli "oggetti" presentificati dalla fantasia, non avendo corrispettivi nel mondo reale (assumendo per mondo reale il mondo esterno al soggetto) e non essendo presenti in esso, se non in forma concreta artistica, potrei considerarli ir-reali o, con più accortezza forse dotati direi dotati di un grado di realtà minore rispetto all'immagine di un albero, ma con irrealtà (/grado minore di realtà) non intendo dire che non sono. Sono in quanto immagini fantastiche, un unicorno è, sebbene non esista nel mondo reale.
CitazioneMi sembra comunque che concordi sulla notevole differenza fra la realtà di un cavallo effettivamente esistente come animale in carne e ossa e quella di un ippogrifo realmente esistente solo come personaggio letterario di fantasia (fra l' altro in vicinanza di un cavallo reale conviene stare in guardia contro eventuali calcioni reali, cosa non necessaria in presenza di un' evocazione letteraria o cinematografica di un ippogrifo).

Lou

Certo, tra reale e virtuale uno scarto lo ritengo esistente.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

maral

Vorrei aggiungere alcune riflessioni sparse a quanto è stato detto. Parto dalle interessantissime figure di Lissajous introdotte da Myfriend per spiegare la coscienza cosmica. Si potrebbe a buona ragione dire che equazioni e figure sono la medesima cosa vista in un diverso contesto operativo che determina un prima e un dopo temporale (prima e dopo lo svelamento della equazione come figura a mezzo dello strumento che rende reciprocamente manifeste le due diverse forme), oppure si potrebbe anche dire che la equazione e la figura sono forme complesse, ontologicamente diverse, ma con un termine comune a entrambe inscritto corrispondente al mezzo computer che le richiama secondo sequenza. Ma in ogni caso mi pare che la primarietà ontologica o anche solo temporale, sia di pertinenza del soggetto osservatore che è inscritto nel sistema e distingue equazioni e figure, non arbitrariamente, ma secondo le sue prospettive soggettive su quanto accade. In altre parole è il soggetto che, usando un mezzo riconosce che qualcosa è accaduto in un determinato verso e il soggetto può pensarlo in quanto cosciente, in quanto pur essendo inscritto nell'accadere, viene, con la sua coscienza a circoscrivere il fenomeno che accade.
Il punto che non mi convince però è quando si istituisce il parallelo:
CitazioneEQUAZIONI DI LISSAJOUS -> COMPUTER -> FIGURE DI LISSAJOUS
COSCIENZA COSMICA - > CERVELLO -> COSCIENZA INDIVIDUALE
Oltre al fatto che le equazioni quanto le figure di Lissajous sono al massimo figure di coscienza e non forme di coscienza (quindi su cosa si regge la metafora?), oltre all'arbitrarietà (se intesa in senso assoluto, non soggettivo) del verso indicato in entrambe le sequenze (perché mai dovremmo presupporre la coscienza cosmica a quella individuale e le equazioni alle figure e non viceversa, come peraltro esperienzialmente accade?) c'è il problema della coscienza cosmica che traduco di nuovo in questa domanda: di che cosa può essere cosciente una coscienza cosmica, quindi totale? Come può rendersi cosciente della totalità cosciente di se stessa? E non mi pare un problema facile da risolvere. A meno di non instaurare comunque un dualismo con tutta l'ulteriore problematica che ne deriva.

   

maral

Il tema dell'emergenzialismo visto in relazione/contrapposizione con il riduzionismo lo trovo senza dubbio assai interessante e giuste mi sembrano le osservazioni in merito di Lou, nel cui stile argomentativo, mi pare di riconoscere una mia cara conoscenza.  :)
In particolare la domanda; dove stanno le proprietà emergenti nei sistemi elementari che precedono la complessità in cui si manifestano le emergenze? Parlare di potenzialità, sarà per il mio ascendente severiniano, così critico del concetto aristotelico di un essere in potenza, mi pare assurdo. Che non ci sia invece un errore nel considerare questi sistemi elementari (che poi comunque non sono mai riducibili a una elementarietà veramente tale) come originari? Che l'originarietà non stia invece proprio nella fenomenologia complessa a cui si vorrebbe sottrarre quanto più possibile le proprietà di insieme che sono quelle che direttamente si manifestano, per poterne affrontare analiticamente la resistente complessità, suddividendola in pezzettini sempre più piccoli da prendere staccandoli ognuno per volta dall'insieme in cui si trovano in relazione? In tal caso il riduzionismo si presenterebbe come una soluzione di comodo a posteriori rispetto all'esperienza fenomenica immediata che è sempre, in qualche misura (seppure mai totalmente, dovendo rendere conto della differenza) olistica, ossia di insieme.
Prendendo in considerazione la frase che Lou ha riportato in questa pagina in risposta 58 dal testo di Morin https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/il-rifiuto-del-riduzionismo/45/ pertanto direi che l'emergenza è una nuova qualità, ma solo dopo che il sistema è stato analiticamente ridotto a costituenti a cui si attribuisce una primarietà per nascondere quella effettiva che così appare come se fosse emergente. Pertanto non è nuova e Apeiron ha ragione nel dire che invece non c'è emergenza, non c'è novità, ma si ripresenta, si ripete e non è scomponibile in elementi anteriori, perché non ha un anteriore, è essa stessa l'anteriore ripetuto di cui gli elementi della scomposizione traggono origine. E' il primo dato irriducibile che sempre si ripresenta alla scomposizione chiedendoci di farne conto. Dunque l'evento non è l'emergere di nuove proprietà da elementi semplici che ne sono privi, ma il ripetersi dell'accadimento originario passato attraverso la sua scomposizione.
E qui, per quanto azzardata possa sembrare la considerazione, la scienza e pure la logica e la filosofia incontrano la figura del mito del Dio smembrato e fatto a pezzi che torna vivente e ricomposto nella festa rituale in cui se ne rievoca lo smembramento con il sacrificio della vittima simbolo in cui il Dio è presente.
In fondo ci dicono tutte la stessa cosa: quello che accade è l'eterno ritorno integro del primo darsi fenomenico al suo smembramento.         
Ci sarebbero altre considerazioni da fare, ma è meglio che ora mi fermi qui.

Lou

#88
Mi son decisa a fare un giro tra gli acropolisti :) accettando che proprio il Maral (mi) sia moderatore.:P

A mio parere la novità sta nei modi del ripresentarsi, non nell'evento del ripresentarsi che quello è "svolgimento" ciclico.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

maral

So che sai moderarti bene da sola Lou e questo mi solleva dall'onere. ;)
Sì, la novità è nei modi della ripetizione che presentano un inaspettato sollecitando nel danzatore una diversa postura consona. Ma da dove scaturisca questo diverso modo che altera la tranquillizzante meccanica ripetizione ciclica mi è difficile ora da ravvisare. Anche se è così "biologico". Devo rifletterci, magari in un altro thread.

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