Il rifiuto del riduzionismo

Aperto da Apeiron, 29 Marzo 2017, 19:24:27 PM

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Apeiron

Il riduzionismo in poche parole è la posizione secondo la quale i fenomeni macroscopici sono in tutto e per tutto riconducibili ai fenomeni microscopici. Per esempio un riduzionista dice che la pressione del gas su una parete è data dall'effetto medio degli urti delle particelle del gas sula parete stessa. In modo simile la coscienza viene ricondotta a fenomeni neuronali ecc. Chiaramente in un certo senso tutto ciò che dice il riduzionismo è vero, tuttavia tale verità è solamente parziale perchè è solo un modo di vedere le cose.

Ma vediamo le cose da un altro punto di vista: Bob manda ad Alice un diamante per farle un regalo. Trattando microscopicamente la situazione dovremo dire che "fenomeni microscopici" hanno fatto in modo che le particelle che costituiscono Bob, Alice e il diamante siano passati da uno stato all'altro. In questo modo l'intenzionalità di Bob, la gioia di Alice e il valore del diamante e del dono sono "spiegati" come "fenomeni emergenti", proprio come la pressione del gas. Utili artifizi che usiamo per comprendere il mondo.

Tuttavia il rifiuto che do al riduzionismo è il seguente: esso non è una spiegazione ma una semplice descrizione. Da una eccellente spiegazione del Come ma non spiega né il Perchè e nemmeno il Che Cosa. I neurotrasmettitori di Alice di certo sono "responsabili" della sua gioia, magari un giorno sarà possibile associare alla perfezione la configurazione neuronale con uno stato emotivo. Tuttavia Alice non può dire che la sua gioia è tale configurazione neuronale. Allo stesso modo il senso del bello che si ha ad ammirare quel diamante certamente ha un suo risvolto neurologico, ma questo non è il bello. Il bello, il concetto di regalo, la gioia... sono tutti concetti che descrivono reali esperienze che non ha senso trattare in modo riduzionista in quanto sono concetti che nascono in un contesto diverso da quello "fondamentale". Una persona che mi descrive il senso del bello tramite l'analisi a livello molecolare non conosce davvero il senso del bello. Allo stesso modo: tavoli, sedie ecc non sono "assemblaggi di particelle" ma hanno una loro esistenza ben definita.

Per questo motivo il riduzionismo è erroneo: la realtà è fatta a più livelli e i concetti di ogni livello non sono riducibili - in generale - ad un altro. E il limite del ragionamento analitico è tutto qui: pretende che la comprensione dei livelli più "macroscopici" nasca dall'andare a livello "microscopico" dimenticandosi il carattere olisitico della realtà - alcuni concetti sono sensati solo in determinati livelli, ad esempio ci sono concetti che valgono solo per il Tutto e non per la Parte. Non ha senso parlare di moralità in contesto delle interazioni fondamentali, ma non ha senso nemmeno parlare di moralità sostenendo che "deriva" dalle interazioni fondamentali. La realtà quindi è fatta da livelli che tra di loro hanno una certa indipendenza.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Concordo sostanzialmente con la "pars destruens", cioè in sostanza (mi pare di poter dire) con la critica del monismo materialistico che pretenderebbe di identificare due ordini di enti/eventi reciprocamente assai diversi quali sono da una parte la materia (fenomenica, percepita coscientemente) e in particolare determinati eventi neurofisiologici accadenti in determinati cervelli, e dall' altra parte le determinate esperienze fenomeniche coscienti che ad essa ,e in particolare a ciascun determinato cervello in determinate circostanze funzionali, si possono ritenere necessariamente coesistenti e coaccadenti e biunivocamente corrispondenti (come sempre più chiaramente e sicuramente rilevato dalle odierne neuroscienze).

Dissento invece profondamente dalla "pars costruens" proposta in alternativa al monismo materialistico.
Ritengo infatti che tutta la realtà materiale-naturale (reale in quanto insieme e successione sensazioni che si può postulare accadano in intersoggettivamente, cioé in reciproca "corrispondenza poliunivoca" nell' ambito di diverse esperienze fenomeniche coscienti, ciascuna corrispondente a determinati eventi neurofisiologici di un determinato cervello) sia perfettamente riducibile agli enti ed eventi in divenire ordinato secondo leggi universali e costanti che sono oggetto di conoscenza da parte della scienza fisica.
Mentre invece non credo che le esperienze fenomeniche coscienti stesse (con le loro componenti materiali e mentali) siano in alcun modo riducibili agli eventi materiali (neurofisiologici cerebrali) senza che accadano i quali esse (le esperienze coscienti) peraltro non possono accadere, essendo con essi necessariamente in corrispondenza biunivoca (qualsiasi determinato evento fenomenico cosciente –materiale o mentale che sia- non può non essere –cioè necessariamente è- in corrispondenza biunivoca con un determinato evento neurofisiologico in linea di principio osservabile in un determinato cervello (o analoga organizzazione neurologica naturale; o al limite in un marchingegno funzionalmente analogo artificialmente realizzato).
Gli eventi neurofisiologici cerebrali stessi sono invece perfettamente riducibili a eventi fisico-chimici: microscopicamente non sono che trasmissioni di potenziali d' azione lungo fasci di assoni ed eccitazioni o inibizioni trans-sinaptiche la cui somma algebrica, allorché raggiunge una certa soglia, determina fisicamente-chimicamente la scarica di un potenziale d' azione lungo l' assone del rispettivo neurone.
E tutto ciò è costituito puramente e semplicemente da reazioni chimiche fra macro- e micro- -molecole, spostamenti attivi o passivi di ioni attraverso membrane biologiche, ecc.: meri eventi fisici riguardanti molecole, atomi, particelle/onde subatomiche, campi di forza, ecc.
Meri eventi fisici che, pur essendo necessariamente coesistenti/codivenienti con determinate esperienze fenomeniche coscienti (insiemi/successioni di sensazioni materiali e/o mentali), sono tutt' altre "cose" da questi: i determinati eventi neurofisiologici che in linea di principio direttamente (o più realisticamente, di fatto) indirettamente (attraverso l' imaging neurologico funzionale) tu potresti osservare (e necessariamente rileveresti se compissi le osservazioni pertinenti, atte all' uopo) nel mio cervello allorché io ho determinate esperienze fenomeniche coscienti (fisiche materiali: sensazioni o tattili di oggetti, sensazioni uditive, olfattive, gustative, propio- ed entero- -cettive, ecc.; e/o mentali: pensieri, ragionamenti, immaginazioni, ricordi, desideri, sentimenti, ecc.) non si identificano affatto con queste determinate mie esperienze coscienti; né da quelli in un qualsiasi senso emergono o ad essi sopravvengono affatto (infatti tutto ciò che da tali eventi neurofisiologici "emerge" o ad essi "sopravviene", tutto ciò che ne consegue sono i miei comportamenti ("attivi" od "omissivi"); e viceversa per quanto riguarda il tuo cervello nell' ambito della mia coscienza e la ad esso corrispondete tua esperienza cosciente.
 
Il pensiero e la decisione di Bob (nell' ambito della sua esperienza cosciente) di offrire un diamante ad Alice necessariamente si accompagna con certi determinati eventi neurofisiologici nel cervello di Bob che in linea di principio Alice e chiunque altro (ciascuno nell' ambito della sua propria esperienza cosciente) potrebbe rilevare e inevitabilmente, necessariamente rileverebbe se compisse le "appropriate" osservazioni.
Ma questi eventi neurofisiologici (materiali, perfettamente riducibili a eventi fisici; e intersoggettivamente rilevabili in linea di principio) accadenti nel corvello di Bob nell' ambito d" determinate esperienze coscienti di "osservatori" (compresa Alice) non sono (non si identificano con) tali determinate esperienze coscienti di Bob (pensieri, sentimenti, decisioni rilevabili soltanto soggettivamente da lui stesso), ma sono invece ben altro (tutt' altri enti/eventi): potenziali d' azione lungo fasci di assoni, eccitazioni e inibizioni trans-sinaptiche, ecc. intersoggettivamente rilevabili da altri (generalmente; solo in linea puramente teorica di principio anche da Bob stesso indirettamente, in quanto "osservantesi estrinsecamente" e non "intrinsecamente").
 
Secondo me la questione delle differenze fra "come", "perché" e "cosa" è diversa.
In natura (intesa in senso "stretto", non esteso al comportamento umano; e almeno di alcune altre specie animali) non esistono scopi o finalità, né significati: tutto vi accade "come" e può essere conosciuto nel modo in cui (per il "come") accade.
Invece nel comportamento (e nell' esperienza cosciente) dell' uomo (e in qualche limitata misura di altri animali) accadono anche scopi o finalità: alcuni eventi possono anche accadere "perché" ed essere conosciuti nei termini degli scopi (o dei "perché") del loro accadere.
E nel solo uomo, grazie al linguaggio, certi simboli connotano ed eventualmente denotano certi enti e/o eventi (materiali e/o mentali; e inoltre -ed indipendentemente dalla loro natura materiale o mentale- reali e/o solo pensati); cioè certi enti o eventi "sono" (intesi come; ovvero significati da) concetti che li connotano ed eventualmente denotano.
 
Mentre (in questo concordo) tavoli, sedie e altri oggetti materiali non sono (in quanto meri insiemi e/o successioni di sensazioni fenomeniche coscienti) che determinati "assemblaggi di particelle", invece di pensieri e sentimenti (per esempio la gioia di Alice) e del senso del bello non si può correttamente, veracemente dire che siano(anch' essi in quanto meri insiemi e/o successioni di sensazioni fenomeniche coscienti) i determinati eventi neurofisiologici (perfettamente riducibili ad eventi fisico-chimici) cui necessariamente coesistono/codivengono (ma non affatto coincidono!) nell' ambito di esperienze fenomeniche coscienti diverse, altre da quelle nelle quali essi (pensieri, sentimenti, il senso e la nozione del bello, ecc.) accadono.
Non si tratta secondo me di "diversità di livelli" della medesima realtà (fisica materiale; come sono invece le molecole costituenti il tavolo e il tavolo stesso), e di "olismo" (nella realtà fisica – materiale il tutto non è altro che la somma delle parti, tenuto debito conto delle relazioni fra le parti ovviamente), ma invece di "due ordini diversi" di "cose" (per quanto necessariamente "correlati": coesistenti/codivenienti in corrispondenza biunivoca). Le esperienze coscienti (con i loro aspetti materiali e/o mentali; comprese, nell' ambito mentale, quelle etiche ed estetiche) non derivano dalla materia (dai cervelli; dai quali invece derivano solo i comportamenti, più o meno attivi o passivi, dei rispettivi corpi od organismi animali, nell' ambito delle esperienze coscienti di "osservatori"); ma invece ad essa (a determinati eventi neurofisiologici cerebrali) coesistono necessariamente in corrispondenza biunivoca.
Citazione 

baylham

Citazione di: Apeiron il 29 Marzo 2017, 19:24:27 PM
Per questo motivo il riduzionismo è erroneo: la realtà è fatta a più livelli e i concetti di ogni livello non sono riducibili - in generale - ad un altro.

La definizione del livello mi appare problematica, veramente la realtà è stratificata su livelli e di quale genere? 
Un livello possibile potrebbe essere quello temporale, quindi l'evoluzione e la storia.

Una volta fatta la distinzione tra livelli, la spiegazione della realtà di un livello non dovrebbe proprio riuscire ad intersecare i diversi livelli, ad integrarli coerentemente tra di loro?  Il dono tra due umani viola forse le regolarità fisiche (la gravità o la conservazione dell'energia) o chimiche o biologiche?

Nell'argomento "Al di là dell'aldilà" Jean ha accennato alla teoria di Van Lommel sulla coscienza individuale basata sulla teoria della meccanica quantistica.
Secondo me, una spiegazione della coscienza basata sulla meccanica quantistica o sulla fisica potrebbe essere un'impresa geniale, così difficile da non essere forse umanamente comprensibile. Geniale quindi, non necessariamente errata.

Per inciso, non credo che Van Lommel sia un genio.

sgiombo

#3
Citazione di: baylham il 31 Marzo 2017, 11:53:59 AM
Citazione di: Apeiron il 29 Marzo 2017, 19:24:27 PM
Per questo motivo il riduzionismo è erroneo: la realtà è fatta a più livelli e i concetti di ogni livello non sono riducibili - in generale - ad un altro.

La definizione del livello mi appare problematica, veramente la realtà è stratificata su livelli e di quale genere?
Un livello possibile potrebbe essere quello temporale, quindi l'evoluzione e la storia.

Una volta fatta la distinzione tra livelli, la spiegazione della realtà di un livello non dovrebbe proprio riuscire ad intersecare i diversi livelli, ad integrarli coerentemente tra di loro?  Il dono tra due umani viola forse le regolarità fisiche (la gravità o la conservazione dell'energia) o chimiche o biologiche?
CitazioneCredo che il problema (di grandissimo interesse secondo me) sia che per tanto tempo si é generalmente pensato che la vita (materia vivente) non fosse puramente e semplicemente  un modo particolare di divenire della "normalissima materia in generale" secondo le leggi universali e costanti (e astratte) della fisica così come inevitabilmente, "naturalissimamente" e senza alcun ulteriore "ingrediente (vitalistico)" "operano" o "si manifestano" in certe peculiari, specifiche ma naturalissime condizioni particolari e concrete (appunto quelle che di fatto si verificano nell' universo fisico dove e quando -allorché- vi accade che ci sia vita).

E ancor più interessante é il problema posto dal fatto che molti ritengono -a mio parere del tutto erroneamente!- che analoghi siano i rapporti fra vita (in particolare animale) e coscienza (e in particolare coscienza mentale, pensiero): mentre muscoli, polmoni, stomaco, fegato, reni, cervello, ecc. non sono che organizzazioni di fatto di "normalissime" o "correnti" molecole, atomi, particelle/onde subatomiche interagenti fra loro e con la restante materia secondo le "solite" leggi fisiche e i campi di forza fisici, esattamente come montagne, fiumi, sassi, nuvole, tavoli, sedie ,ecc., invece la coscienza e i suoi "contenuti" (in generale; e in particolare quelli mentali: pensieri, ragionamenti, sentimenti, desideri, ecc.) non sono affatto "modi di funzionare" o "prodotti del funzionamento" dei cervelli (i quali invece producono esclusivamente comportamenti, più o meno attivi od omissivi almeno nell' immediato); e di conseguenza non sono per niente organizzazioni di fatto di "normalissime", "correnti" molecole, atomi, particelle/onde subatomiche interagenti fra loro e con la restante materia secondo le "solite" leggi fisiche e i campi di forza fisici, esattamente come montagne, fiumi, sassi, ma anche muscoli, stomaci, cervelli, ecc.).



Non é vero che "il cervello produce il pensiero come il fegato secerne la bile" (Moleschott),

bensì che:

Il cervello produce i comportamenti (immediatamente attivi o immediatamente passivi, omissivi) come il fegato secerne la bile;

I pensieri (ma pure le sensazioni coscienti materiali) sono tutt' altro che i prodotti fisiologici del cervello (= i comportamenti).











Nell'argomento "Al di là dell'aldilà" Jean ha accennato alla teoria di Van Lommel sulla coscienza individuale basata sulla teoria della meccanica quantistica.
Secondo me, una spiegazione della coscienza basata sulla meccanica quantistica o sulla fisica potrebbe essere un'impresa geniale, così difficile da non essere forse umanamente comprensibile. Geniale quindi, non necessariamente errata.
CitazionePeggio dei misteri della fede!








Per inciso, non credo che Van Lommel sia un genio.
CitazioneDa quel che me ne dite, concordo entusiasticamente ! ! !

green demetr

x aperion

Complimenti Apeiron, siamo totalmente d'accordo su questo.

Il problema mentale dissociato dal mondo esterno, rimane uno dei più grandi abbagli di questo secolo.

E questo è per me il riduzionismo o monismo che si voglia chiamare.

Tra l'altro vedo la parola riduzionismo ormai usata in diversi modi e in diversi contesti, quindi mi riesce sempre più difficile dargli dei contorni ben definiti.

Nell'accezione da te usata, che contempla anche l'emergentismo (ma non sarebbe una teoria che va in direzione opposta?), il problema viene affrontato nella direzione del significato, piuttosto che della "semantica".

Ma d'altronde fin dal suo sorgere come modello analitico nella figura storica di Peirce, questa differenza fondamentale non è mai stata capita: la denotazione NON è MAI la connotazione.

Dietro queste parole oscure con cui Peirce prendeva congedo dal pragmatismo, si nasconde il problema fondamentale di tutte i discorsi scientifici, non  cioè la scienza, ma i modi con i cui essa vuol farsi conoscere, riconoscere e infine prendere potere.

Nel corso degli anni ho sempre parlato di scientismo, essendo però il problema infinitamente più complesso. E l'incontro con Peirce è bloccato da tempo, anche nel mio caso.

Ma è proprio sul punto che tu hai ricordato, ovvero sulla distinzione tra descrizione (denotazione, semantica) e significazione (connotazione) che la battaglia intellettuale è in corso.

La battaglia in realtà manco esiste, in quanto la scienza in quanto scienza dura, semplicemente si disinteressa del modello usato, completamente tesa al suo fine, qualunque esso sia.

Se il modello sia dualista, monista o emergentista, aiuta, essa lo userà senza indugi completamente a suo agio nella manipolazione dei dati e degli eventuali successi.

Per dirla tutta e in brevi considerazioni direi quasi che il significato della scienza sia totalmente nel suo successo, nemmeno nella sua descrizione.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

ulteriori considerazioni a partire da sgiombo
cit sgiombo
"Secondo me la questione delle differenze fra "come", "perché" e "cosa" è diversa.
In natura (intesa in senso "stretto", non esteso al comportamento umano; e almeno di alcune altre specie animali) non esistono scopi o finalità, né significati: tutto vi accade "come" e può essere conosciuto nel modo in cui (per il "come") accade.
Invece nel comportamento (e nell' esperienza cosciente) dell' uomo (e in qualche limitata misura di altri animali) accadono anche scopi o finalità: alcuni eventi possono anche accadere "perché" ed essere conosciuti nei termini degli scopi (o dei "perché") del loro accadere.
E nel solo uomo, grazie al linguaggio, certi simboli connotano ed eventualmente denotano certi enti e/o eventi (materiali e/o mentali; e inoltre -ed indipendentemente dalla loro natura materiale o mentale- reali e/o solo pensati); cioè certi enti o eventi "sono" (intesi come; ovvero significati da) concetti che li connotano ed eventualmente denotano."

Concordo (finalmente) pienamente con te Sgiombo.

Se vogliamo intendere natura come qualcosa di immanente, ed escludendo il suo valore teologale (sennò mi contraddirei rispetto alle mie posizioni di sempre), ovviamente ci sta che non esistano causa ed effetto, ma solo descrizioni.
Mi dà da pensare invece quello che riguarda il comportamento, leggevo ieri sulla wiki che riduzionismo può anche essere inteso come quella branchia delle neuroscienze che cerca di portare via il potere (di decisione) sulla descrizione dello stesso da parte della psichiatria.
A parte il fatto che ai mie occhi usano lo stesso modus operandi, ossia appunto decidere che certe azioni corrispondano a certe evoluzioni cerebrali, una su tutte i livelli di serotonina (ma ovviamente non solo) prodotti.
E' indubitabile che nel mondo psichiatrico siano assai in ansia, e sono già pronti a lasciare ampie fette di potere (decisonale - legistlativo) a queste nuove scienze (??) pur di trovare alleanze e compromessi.
Dunque esistono già le prove forensi, per cui un azione è giudicata criminale o meno, in base alle analisi neuronali (unite a dire il vero a quelle fisiologiche generali) questo almeno negli USA, l'Europa seguirà a breve come al solito.
(non siamo ancora in un mondo distopico, in quanto si decide solo se è "prova" una determinata azione-comportamento).
La bizzaria è proprio questa, che tutto quanto sopra descritto sono azioni politiche, che però sono trattate proprio come se fossero cose scentifiche, come se veramente la scienza abbia già il potere descrittivo per decidere se la realtà sia monista, dualista, o dualista-monista.
Quello che intendo dire è come fa un significato connotativo, che si sviluppa in una storia, essere legato a quello che nella storia è immerso, ossia il cervello stesso.
Le funzioni cerebrali, che abbiamo già capito che sono delle risposte automatiche agli stimoli esterni, contengono per definizione un campo di azione che è nella storia.
Bisognerebbe veramente fare attenzione al grado denotativo, perchè fare diventare la denotazione la connotazione, ossia la descrizione di un evento, l'evento stesso è un errore da matita rossa.
Pensare che tutto questo movimento partì da Peirce, e che ancora vivo Peirce, fece subito quell'errore, dà però idea di come sia facile sbagliarsi, di come è facile decidere che un certo dato sensibile sia biunivocamente unito ad uno comportamentale, senza nemmemo il dubbio dell'inventario.(appunto senza capire la storia di quel comportamento, la psicologia)
Come dire che esiste già una prassi di decidere le cose riduzionista-monista, che ha il pregio di essere decisionale e pratica, ma contiene in sè altrettanti modi di usare quella sbrigatività, in maniera politica.
La narrazione montante dei monismi è ai miei occhi l'ennesimo tentativo di un modello scientifico (??) di prevaricare un altro.
La cosa che più mi preoccupa è che il non addetto ai lavori, non può fare altro che ascoltare e poi decidere se quella narrazione sia valida o meno. Cosa che diventa sempre più difficile in un mondo in cui l'interesse del singolo, e della singola disciplina, appare sempre più legato ad una sorta di volontà di predominio e non di collaborazione.
La questione è che poi finisce a colpi di articoli, fra monisti e dualisti (tralasciando le altre correnti).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Apeiron

A causa di imprevisti vari e un esame nelle vicinanze risponderò molto lentamente alle vostre risposte (e mannaggia a me perchè aprire un thread se poi non riesco a tenerlo su?  :(  )

Detto questo aggiorno la mia visione sulla questione: i livelli di realtà non sono tra di loro indipendenti tuttavia molti concetti sono applicabili su certe scale e non su altre. L'intenzionalità ad esempio è valida solo nel mondo animale, l'etica solo nel mondo umano. Ma questo non significa che "siano meno reali" dell'interazione elettromagnetica e degli atomi che costituiscono il mio corpo. Tutto ciò mostra che semmai non esiste un'univoca definizione di ciò che è reale e di ciò che non lo è perchè ci sono invero tanti tipi di "cose". Ma appunto visto che fin da bambini usiamo l'idea del "questo e del quello" applicandola su tutta la realtà finiamo per cercare di usare un solo linguaggio e una sola metafisica per tutte le cose. Ma la "cosa" atomo di idrogeno, la "cosa" tavolo, la "cosa" Alice, la "cosa" intenzionalità di Bob, e la "cosa" concetto di dono sono tutte "cose" diverse, tra le quali non c'è davvero una analogia. Tra di loro c'è una somiglianza MA dire che sono tutte "cose" finisce per dare alla luce "mostri concettuali": di nuovo in sostanza siamo davanti ad un problema del linguaggio, o più precisamente siamo davanti al problema di "mixare" più linguaggi confondendo un "gioco linguistico" con un altro. I livelli di realtà sono prima di tutto (nel senso che appaiono a noi...) "livelli linguistici" e siccome questi linguaggi non si possono ridurre l'uno nell'altro il riduzionismo è falso. Tuttavia non sono totalmente distinti e quindi ci dev'essere una connessione. Ma tale connessione non mi dice che un livello è più "reale" dell'altro.

P.S. "Metafisicamente" parlando ritengo ogni livello né reale né irreale ma ad un livello intermedio (una posizione simile al Maya dei Vedanta). L'unico livello "totalmente reale" - se c'è - è Dio. Tuttavia non è propriamente di questo che sto parlando ;)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

myfriend

#7
Il "riduzionismo" è una fede. Una delle tante fedi.
Una fede che si fonda sul trasformare una certa visione della scienza in una religione.

La scienza osserva che, quando c'è gioia, si attivano certe aree del cervello. Da questa osservazione se ne ricava una "fede": la gioia altro non è che una sensazione creata dai nostri neuroni.

In realtà è proprio la scienza che smentisce clamorosamente questa fede.
Noi siamo fatti di atomi.
Gli atomi sono fatti di particelle di materia.
Queste particelle di materia sono energia.
Quindi la materia è energia.
Cioè noi siamo energia.

Il primo principio della termodinamica - o principio della conservazione della energia -  afferma che l'energia "non si crea, non si distrugge, ma cambia forma".

Il cervello, quindi, NON crea quella particolare forma di energia che chiamiamo "gioia" (perchè l'energia non si crea e non si distrugge). Ma semplicemente la manifesta e gli dà una forma che la nostra mente può percepire. Secondo il Primo principio della Termodinamica, quella particolare energia (la gioia)  già esisteva in una forma latente. Semplicemente il cervello è una macchina che manifesta quella energia - già presente anche se in forma latente - trasformandola da una forma latente in una sensazione che il nostro IO (la nostra mente) può percepire ed elaborare e della quale diviene cosciente.

La scienza ce lo dice chiaramente.
Basta solo farsi delle domande e scavare. Senza fermarsi all'apparenza delle cose.
Ovviamente, per comprendere "realmente" che cos'è la Realtà e come funziona, occorre consacrarsi alla verità.
Chi non si consacra alla verità sarà disposto a barattare la Realtà con una qualunque fede. Quella che più gli piace e gli fa comodo.
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

sgiombo

Citazione di: myfriend il 01 Aprile 2017, 10:52:35 AM
Il primo principio della termodinamica - o principio della conservazione della energia -  afferma che l'energia "non si crea, non si distrugge, ma cambia forma".

Il cervello, quindi, NON crea quella particolare forma di energia che chiamiamo "gioia" (perchè l'energia non si crea e non si distrugge). Ma semplicemente la manifesta e gli dà una forma che la nostra mente può percepire. Secondo il Primo principio della Termodinamica, quella particolare energia (la gioia)  già esisteva in una forma latente. Semplicemente il cervello è una macchina che manifesta quella energia - già presente anche se in forma latente - trasformandola da una forma latente in una sensazione che il nostro IO (la nostra mente) può percepire ed elaborare e della quale diviene cosciente.

CitazioneMa quali sono i rapporti fra la nostra mente e il mondo materiale (fatto di massa/energia che non si crea né si annienta ma si trasforma secondo proporzioni universali e costanti)?

E in particolare quali sono i rapporti fra la nostra mente e l' energia nel nostro cervello che essa percepisce come "gioia"?

Mi sembra di capire che secondo te la mente sia "altra cosa" che il cervello (e su questo sarei d' accordo, anche se credo da convinzioni diverse dalle tue); che sia una "cosa" non "energetica/massiva" (non materiale), essendo invece soggetto di percezione materiale (o energetica: percezione di situazioni proprie del cervello).
Ma se é così, allora non può interagire col mondo materiale (e in particolare col cervello, percependone come "gioia" determinati eventi o stati energetici) per la necessaria chiusura causale del mondo fisico: in questo possono accadere solo trasformazioni materiali (di massa e/o energia in altra massa e/o energia secondo proporzioni universali e costanti), e dunque ogni trasformazione che accade nel cervello può dare origine unicamente ad una diversa distribuzione di massa e/o energia secondo proporzioni definite universali e costanti e a nient' altro "in più" (non può inoltre avere "effetti" -per esempio costituiti da percezioni- anche in una "mente" diversa dal cervello e non materiale.).
Dunque nessun evento neurofisiologico cerebrale può causare sensazioni nella mente, nemmeno può accadere la sensazione come "gioia" da parte della mente di un certo stato funzionale del cervello (e allo stesso modo la volontà cosciente della mente non può interferire con le trasformazioni di massa e /o energia che accadono nel cervello, aggiungendone ex novo al mondo fisico: non é la volontà mentalmente esperita -se la mente non é il cervello- a far muovere i muscoli, bensì determinati eventi neurofisiologici, riducibili a eventi fisico-chimici, che accadono nel cervello).  

myfriend

#9
Citazione di: sgiombo il 01 Aprile 2017, 15:45:42 PM
Citazione di: myfriend il 01 Aprile 2017, 10:52:35 AM
Il primo principio della termodinamica - o principio della conservazione della energia -  afferma che l'energia "non si crea, non si distrugge, ma cambia forma".

CitazioneMa quali sono i rapporti fra la nostra mente e il mondo materiale (fatto di massa/energia che non si crea né si annienta ma si trasforma secondo proporzioni universali e costanti)?

E in particolare quali sono i rapporti fra la nostra mente e l' energia nel nostro cervello che essa percepisce come "gioia"?
La mente non è "altra cosa" rispetto al cervello.
Il cervello è una "macchina" che trasforma delle forme di energia già esistenti - in una forma latente - in forme di energia che possiamo percepire ed elaborare (pensieri, emozioni, sensazioni).
Inoltre il cervello è una macchina in grado di "fissare" le esperienze passate in forme che chiamiamo "ricordi". Ed è sulla base dei "ricordi" che nasce il pensiero.
Il pensiero altro non è che la capacità del cervello di trsformare delle forme di energia (i ricordi) in altre forme di energia (pensieri), che, a loro volta, diventano ricordi.
Se il cervello non avesse la capacità di "ricordare", non potremmo nemmeno "pensare". Poichè il pensiero altro non è che la elaborazione (trasformazione) di "ricordi".

E' un po' come nei computer.
Nei computer esistono tre forme di "memoria":

1- La RAM (Random Access Memory): memoria volatile di lettura/scrittura
2- La ROM (Read Only Memory): memoria permanente a sola lettura che contiene dei ricordi già alla nascita (i ricordi derivati dal percorso evolutivo che ha portato all'homo sapiens)
3- La PROM (Programmable Read Only Memory): memoria permanente a sola lettura che però può essere "programmata", cioè riempita dinamicamente.

Noi nasciamo con una ROM già programmata con i nostri istinti di base; tutti i bambini piangono perchè hanno fame e tutti i bambini si attaccano al seno della madre. Non hanno bisogno di "impararlo" poichè sono "pensieri" già codificati alla nostra nascita (cioè istinti di base). Uso il termine "pensiero" tra virgolette perchè questi non sono ancora "pensieri razionali", ma sono più che atro "istinto di base": il corpo avvisa il cervello che "ha fame", il cervello recepisce questa forma di energia che chiamiamo "fame" e, tramite i "ricordi" contenuti nella ROM, trasforma questa forma di energia in un altra forma di energia che chiamiamo "pianto". Per cui il bambino piange.

Poi facciamo delle esperienze; il bambino tocca il fuoco e si brucia; il cervello ci rende percepibile questa sensazione sgradevole attraverso i sensi e registra questa esperienza nella PROM. Da questo momento questa esperienza diventa un ricordo permanente.
Oppure andiamo a scuola e impariamo a leggere e a scrivere. Tutto l'apprendimento sono forme di energia che il cervello elabora e trasforma in forme di energia che registra nella PROM e diventano ricordi permanenti.

Quando poi ci avviciniamo al fuoco, il cervello associa la vista del fuoco al "ricordo" della sensazione di bruciatura che aveva registrato nella PROM. Il cervello elabora questo "ricordo" e lo trasforma in una diversa forma di energia che chiamiamo pensiero: "Non devo toccare il fuoco perchè il fuoco brucia e fa male". Questo pensiero prende forma nella RAM (memoria volatile di lettura/scrittura) e, immediatamente dopo che ha preso forma, quel particolare "pensiero" (cioè quella forma di energia che si manifesta attraverso particolari collegamenti neuronali), diventa PROM (cioè un pensiero permanente che si fissa nel cervello come "ricordo").
Quando riceviamo un regalo, il nostro cervello elabora questo "input sensoriale" (energia), e, attraverso i ricordi contenuti nella PROM, lo trasforma in una forma di energia che chiamiamo "gioia" e in forme di energia che chiamiamo pensieri: "che bel regalo che mi hai fatto, grazie!". In questo caso si passa dalla PROM, ipotizzando che il bambino abbia registrato in essa il "ricevere un dono" come esperienza positiva appresa durante l'infanzia (quando, ad esempio, riceveva i regali di natale). Se, infatti, una persona non ha mai ricevuto un dono e non ha mai fatto esperienza del dono, il cervello non sa in cosa trasformare quell' "input" e lo trasforma in forme di pensiero (energia) dubitative del tipo: "mi ha regalato un anello? boh...non so che farmene."

Quindi il nostro cervello è una macchina che trasforma forme di energia in altre forma di energia e si basa, per funzionare, su tre tipi di memorie: RAM, ROM, PROM.
Quello che noi definiamo come "creazione di un pensiero", in realtà non è "creazione", ma è "trasformazione" da una forma di energia (ricordi) in un'altra forma di energia (pensieri), che, a loro volta, diventano "ricordi".

E poi esiste l'intuizione.
L'intuizione ha a che vedere con la "creatività". E' una forma di energia che si manifesta a partire direttamente dalla "coscienza cosmica". Questa forma di energia parte direttamente dalla "coscienza cosmica" (senza originare dalla nostra ROM o dalla nostra PROM) e il cervello la manifesta nella nostra RAM come "pensiero". Da quel momento finisce nella nostra PROM come "pensiero permanente".
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

davintro

Dal mio punto di vista il rifiuto del riduzionismo è legittimabile prima di tutto in sede epistemologica, cioè nella necessità di ammettere un soggetto attuale cosciente come condizione di ogni presa di posizione scientifica, comprese le prese di posizioni riduzioniste. La strategia argomentativa più critica e seria è, come sempre, ammettere in via ipotetica una tesi e rilevarne l'assurdità o quantomeno le incongruenze delle conclusioni a cui si giunge seguendo la coerenza interna della tesi. In particolare, ad interessare è la dialettica soggetto-oggetto. Non esiste scienza senza l'uomo, cioè senza un Io cosciente che si dirige intenzionalmente verso gli oggetti, i temi che a tale scienza interessano. La posizione riduzionista (e materialista) di identificare la coscienza come una semplice conseguenza di eventi fisici neuronali di per sé necessari e sufficienti per la produzione della mente, è una posizione frutto, a sua volta, dell'attività della coscienza, soggetto della conoscenza del cervello. La posizione riduzionista fa coincidere il soggetto che la rende possibile e attuale, l'Io cosciente, con il suo oggetto di indagine. Quanto è legittima tale operazione? Nella dialettica soggetto-oggetto il primo termine costituisce una condizione di attività, dinamicità, l'essere soggetto è ciò che mi porta ad agire, essere responsabile di eventi causali, io penso, io agisco, io ballo ecc., il secondo una condizione di passività, ciò che subisce l'attività, io colpisco la palla, io in quanto soggetto agisco, la palla, in quanto subisce l'azione è l'oggetto. Dunque il riduzionismo considererebbe la coscienza, soggetto delle sue stesse prese di posizione, come un oggetto fra gli altri, scambiando l'attivo per il passivo, il dinamico per lo statico, lo statico che fermo attende una mente che si rivolga dinamicamente verso di lui è lo interpreti. Una "riduzione", dunque, ridurre l'attivo al passivo, di fatto fraintendendolo necessariamente.

Eppure il riduzionista potrebbe trovare una difesa dall'accusa rivendicando, non senza ragione, la distinzione tra piano logico-formale e ontologico-materiale: potrebbe cioè rivendicare il carattere meramente astratto e concettuale della distinzione soggetto-oggetto da cui sarebbe scorretto dedurre una distinzione ontologica, reale, tra ciò che consideriamo oggetto di studio scientifico, il cervello, e il soggetto dello studio, la coscienza. Dunque l'identificazione materiale delle due cose dovrebbe ancora reggere. Questa difesa non è del tutto insensata. Effettivamente la stessa cosa può essere, per aspetti diversi soggetto ed oggetto. Se gioco a calcio in una giornata ventosa sono contemporaneamente "soggetto" ed "oggetto", soggetto attivo che calcia la palla, ed oggetto passivo colpito dal vento. Una distinzione logica concettuale che non compromette l'unità sostanziale della mia persona. Tra l'altro, paradossalmente, il riduzionista in questa difesa potrebbe trovare una sponda teologica. Ci sarebbe un ente, il cui concetto nella visione teista si pone proprio come coincidenza di soggetto ed oggetto, Dio, Autocoscienza, in cui il soggetto pensante, volente, amante, coincide pienamente con l'oggetto pensato, voluto, amato. Anche qua lo stesso ente rimane identico realmente al di là dell'opposta accezione semantica delle categorie "soggetto" "oggetto". Ma nel piano che qua ci interessa, il piano umano e mondano, su cui si situa il dibattito sul rapporto mente-corpo questa difesa non è valida. Noi siamo uomini, non dei, la nostra finitezza ci impedisce di possedere la condizione di coincidenza soggetto-oggetto. Non siamo Atti puri, ma sintesi di attualità e potenzialità, cioè attività-passività. E ciò che di noi è oggettivabile in una conoscenza scientifica riguarda l'aspetto di potenzialità, di passività, ma in ciò non può rientrare il suo opposto, il nostro carattere di attualità, ciò che si pone come Io, come soggetto, che nel momento in cui lo si pretende di ridurre a oggetto, passività, lo si falsifica e  lo si oscura, in quanto lo si coglie nell'accezione opposta a quella che ne definisce il concetto, l'essenza. La nostra condizione di finitezza fa si chi che in noi non si possa minimizzare la dualità soggetto-oggetto riducendola a distinzione concettuale formale priva di risvolti concreti ed esistenziali. La distinzione resta sempre prima di tutto concettuale, sì, ma ha implicazioni anche ontologici e reali, cioè soggetto ed oggetto in noi corrispondono a distinti elementi della nostra realtà, distinzione che, se non va estremizzata come separazione sostanzialistica, comunque resta una distinzione che dovrebbe impedirci di "ridurre" un elemento all'altro. Il paradosso è che il riduzionismo monista tratta l'uomo come fosse Dio, la realtà dove non esiste distinzione reale tra soggetto ed oggetto, facendo coincidere la coscienza (soggetto che intenzionalmente si dirige verso lo studio di un oggetto dandogli un significato) e cervello (oggetto studiabile dall'esterno); (ma in fondo la stessa teologia cristiana, con un notevole spunto di acutezza filosofica ha considerato, non so con quanta autoconsapevolezza, la distinzione soggetto-oggetto come non puramente formale ma foriera di implicazioni esistenziali, anche in Dio, con l'idea della struttura trinitaria, distinguendo il Padre, soggetto, e il Verbo, contenuto oggettivo della mente soggettiva creatrice, come distinte persone, persone, non solo concetti, seppur all'interno della stessa sostanza, ma tutto questo meriterebbe una discussione a parte ovviamente...). Tutto sta nel concepire il piano logico-formale della distinzione soggetto-oggetto né come separato e indifferente al piano reale-ontologico, né come identico e sovrapposto ad esso, ma pensando i due piani in un rapporto, per dirla alla Michele Federico Sciacca, di "implicanza e distinzione"

sgiombo

Citazione di: myfriend il 02 Aprile 2017, 10:19:57 AM
Citazione di: sgiombo il 01 Aprile 2017, 15:45:42 PM
Citazione di: myfriend il 01 Aprile 2017, 10:52:35 AM
Il primo principio della termodinamica - o principio della conservazione della energia -  afferma che l'energia "non si crea, non si distrugge, ma cambia forma".

CitazioneMa quali sono i rapporti fra la nostra mente e il mondo materiale (fatto di massa/energia che non si crea né si annienta ma si trasforma secondo proporzioni universali e costanti)?

E in particolare quali sono i rapporti fra la nostra mente e l' energia nel nostro cervello che essa percepisce come "gioia"?
La mente non è "altra cosa" rispetto al cervello.
Il cervello è una "macchina" che trasforma delle forme di energia già esistenti - in una forma latente - in forme di energia che possiamo percepire ed elaborare (pensieri, emozioni, sensazioni).
Inoltre il cervello è una macchina in grado di "fissare" le esperienze passate in forme che chiamiamo "ricordi". Ed è sulla base dei "ricordi" che nasce il pensiero.
Il pensiero altro non è che la capacità del cervello di trsformare delle forme di energia (i ricordi) in altre forme di energia (pensieri), che, a loro volta, diventano ricordi.
Se il cervello non avesse la capacità di "ricordare", non potremmo nemmeno "pensare". Poichè il pensiero altro non è che la elaborazione (trasformazione) di "ricordi".

E' un po' come nei computer.
Nei computer esistono tre forme di "memoria":

1- La RAM (Random Access Memory): memoria volatile di lettura/scrittura
2- La ROM (Read Only Memory): memoria permanente a sola lettura che contiene dei ricordi già alla nascita (i ricordi derivati dal percorso evolutivo che ha portato all'homo sapiens)
3- La PROM (Programmable Read Only Memory): memoria permanente a sola lettura che però può essere "programmata", cioè riempita dinamicamente.

Noi nasciamo con una ROM già programmata con i nostri istinti di base; tutti i bambini piangono perchè hanno fame e tutti i bambini si attaccano al seno della madre. Non hanno bisogno di "impararlo" poichè sono "pensieri" già codificati alla nostra nascita (cioè istinti di base). Uso il termine "pensiero" tra virgolette perchè questi non sono ancora "pensieri razionali", ma sono più che atro "istinto di base": il corpo avvisa il cervello che "ha fame", il cervello recepisce questa forma di energia che chiamiamo "fame" e, tramite i "ricordi" contenuti nella ROM, trasforma questa forma di energia in un altra forma di energia che chiamiamo "pianto". Per cui il bambino piange.

Poi facciamo delle esperienze; il bambino tocca il fuoco e si brucia; il cervello ci rende percepibile questa sensazione sgradevole attraverso i sensi e registra questa esperienza nella PROM. Da questo momento questa esperienza diventa un ricordo permanente.
Oppure andiamo a scuola e impariamo a leggere e a scrivere. Tutto l'apprendimento sono forme di energia che il cervello elabora e trasforma in forme di energia che registra nella PROM e diventano ricordi permanenti.

Quando poi ci avviciniamo al fuoco, il cervello associa la vista del fuoco al "ricordo" della sensazione di bruciatura che aveva registrato nella PROM. Il cervello elabora questo "ricordo" e lo trasforma in una diversa forma di energia che chiamiamo pensiero: "Non devo toccare il fuoco perchè il fuoco brucia e fa male". Questo pensiero prende forma nella RAM (memoria volatile di lettura/scrittura) e, immediatamente dopo che ha preso forma, quel particolare "pensiero" (cioè quella forma di energia che si manifesta attraverso particolari collegamenti neuronali), diventa PROM (cioè un pensiero permanente che si fissa nel cervello come "ricordo").
Quando riceviamo un regalo, il nostro cervello elabora questo "input sensoriale" (energia), e, attraverso i ricordi contenuti nella PROM, lo trasforma in una forma di energia che chiamiamo "gioia" e in forme di energia che chiamiamo pensieri: "che bel regalo che mi hai fatto, grazie!". In questo caso si passa dalla PROM, ipotizzando che il bambino abbia registrato in essa il "ricevere un dono" come esperienza positiva appresa durante l'infanzia (quando, ad esempio, riceveva i regali di natale). Se, infatti, una persona non ha mai ricevuto un dono e non ha mai fatto esperienza del dono, il cervello non sa in cosa trasformare quell' "input" e lo trasforma in forme di pensiero (energia) dubitative del tipo: "mi ha regalato un anello? boh...non so che farmene."

Quindi il nostro cervello è una macchina che trasforma forme di energia in altre forma di energia e si basa, per funzionare, su tre tipi di memorie: RAM, ROM, PROM.
Quello che noi definiamo come "creazione di un pensiero", in realtà non è "creazione", ma è "trasformazione" da una forma di energia (ricordi) in un'altra forma di energia (pensieri), che, a loro volta, diventano "ricordi".

E poi esiste l'intuizione.
L'intuizione ha a che vedere con la "creatività". E' una forma di energia che si manifesta a partire direttamente dalla "coscienza cosmica". Questa forma di energia parte direttamente dalla "coscienza cosmica" (senza originare dalla nostra ROM o dalla nostra PROM) e il cervello la manifesta nella nostra RAM come "pensiero". Da quel momento finisce nella nostra PROM come "pensiero permanente".

CitazioneTutto quanto descrivi del cervello e dei computer non sono che eventi fisici (esperibili direttamente o indirettamente nell' ambito delle esperienze fenomeniche coscienti di osservatori); invece le esperienze fenomeniche coscienti che (lo si può credere, non dimostrare né mostrare) di fatto sono inevitabilmente correlate a- (certe fasi de-) -l funzionamento dei cervelli (e in linea di principio -non credo proprio di fatto- potrebbero esserlo a quello di futuribili "macchine pensanti") sono tutt' altre "cose".
Infatti i cervelli che osserviamo potrebbero anche funzionare benissimo senza che a ciascuno di essi fosse correlata (come di fatto credo sia; ma non è affatto dimostrabile né mostrabile empiricamente) un' esperienza fenomenica cosciente (tutti gli altri uomini e animali con cui abbiamo a che fare o qualcuno di essi potrebbero benissimo anche essere dei meri zombi del tutto privi di coscienza senza che nulla cambi in ciò che possiamo osservare della realtà, senza che ce ne potremmo accorgere in alcun modo).
Gli eventi neurofisiologici cerebrali sono in interazione fisica con l' ambiente, dal quale sono determinati attraverso le vie nervose afferenti o sensitive, e nel quale determinano i comportamenti dei rispettivi uomini o diversi animali (attraverso le vie nervose efferenti o motorie; comportamenti immediatamente attivi: contrazioni muscolari e dunque azioni, ecc.; oppure immediatamente omissivi: quando ci si limita a pensare e/o ricordare in modo che potrà influenzare azioni future, ma non si agisce immediatamente contraendo fibre muscolari); ma essi non determinano o producano in alcun modo l' esperienza cosciente che è lecito (e "sensato"; ma non dimostrabile) credere li accompagni e che non si identifica minimamente con tali processi neurofisiologici ai quali è lecito credere sia biunivocamente corrispondente (ogni determinato evento di una certa coscienza necessariamente è biunivocamente corrispondente a determinati processi neurofisiologici di un certo cervello -che si trova, esiste, funziona direttamente o indirettamente nell' ambito di altre diverse esperienze coscienti- e non ad altri, e viceversa. Ma questa corrispondenza biunivoca non è affatto identità, si tratta di cose ben diverse: da un lato trasmissioni di impulsi lungo fibre nervose ed eccitazioni o inibizioni trans-sinaptiche, dall' altra per esempio visioni di arcobaleni o alberi fioriti, audizioni di musiche o rumori, ragionamenti, fantasie, desideri, sentimenti, ecc,).
 
Consideriamo in particolare gli esempi che proponi.
Che il bambino tocca il fuoco e si brucia, che il suo cervello attraverso gli organi di senso subisce certe attivazioni di circuiti nervosi cui conseguono determinate alterazioni sinaptiche che si conservano nel tempo e avranno in futuro determinate conseguenze funzionali lo possono rilevare osservatori esterni al bambino (nel' ambito delle loro proprie esperienze fenomeniche coscienti, non in quella del bimbo stesso).
Invece la sensazione dolorosa della scottatura è un' altra serie di eventi che accadono nell' ambito dell' esperienza cosciente del bambino (é percepita dal bambino stesso e non dagli osservatori); così come anche il ricordo della scottatura e delle circostanze in cui è accaduta e la conseguente decisione di evitare di esporsi nuovamente al fuoco allorché lo vede un' altra volta; che a loro volta sono ben altre, dfferenti "cose" che le attivazioni di circuiti nervosi cerebrali e gli eventi neurofisiologici che necessariamente "le accompagnano" (cioè che accadono con esse in corrispondenza biunivoca e possono in linea di principio direttamente o -in pratica di solito- indirettamente essere constatati) nell' ambito delle esperienze coscienti non del bambino stesso ma invece di "osservatori" che compiano adeguati rilievi empirici.
Le determinate trasformazioni materiali (massive e/o energetiche) che accadono nel cervello del bambino (direttamente o indirettamente rilevabili nell' ambito delle esperienze coscienti di osservatori) sono una "cosa" (determinati enti ed eventi fenomenici coscienti; cioè accadenti attualmente o per lo meno potenzialmente nell' ambito di una o più coscienze); invece le determinate esperienze del bambino (per esempio le sensazioni o i ricordi delle scottature) che a tali eventi neurofisiologici (si può credere che) corrispondono necessariamente in maniera biunivoca sono "altre, ben diverse (seppure per l' appunto corrispondenti) cose" (determinati altri enti ed eventi fenomenici nell'ambito di una determinata altra, diversa esperienza cosciente, quella del bimbo e non in quelle degli osservatori del bimbo).
 
Quando il bambino si riavvicina al fuoco, il suo cervello (non nell' esperienza cosciente del bimbo stesso, bensì in quelle degli osservatori) non trasforma affatto gli eventi neurofisiologici che vi sono attivati dalla ulteriore visione del fuoco in una diversa forma di energia che chiamiamo pensiero: "Non devo toccare il fuoco perchè il fuoco brucia e fa male" nell' esperienza cosciente del bimbo stesso; bensì li trasforma in determinati altri eventi neurofisiologici nelle esperienze coscienti degli osservatori, ai quali biunivocamente corrisponde (ma è tutt' altra cosa: altri enti/eventi in una diversa coscienza!) il pensiero "Non devo toccare il fuoco perchè il fuoco brucia e fa male" nell' esperienza cosciente del bimbo.
Lo stesso dicasi per le sensazioni coscienti del dono e conseguenti ricordi e associazioni di idee (ed eventualmente di azioni) nell' esperienza cosciente del ricevente il dono stesso, che (si può credere che) corrispondono necessariamente in modo biunivoco, ma non si identificano affatto (sono ben altri eventi nell' ambito di ben altre esperienze coscienti!) a determinati eventi neurofisiologici accadenti nel suo cervello come direttamente o indirettamente osservabile, attualmente o per lo meno potenzialmente, nell' ambito delle altre, diverse esperienze coscienti di eventuali osservatori del ricevente il dono.
 
Quindi il nostro cervello è una macchina che trasforma forme di energia (e/o materia massiva) in altre forma di energia (e/o materia massiva) secondo determinate sequenze di eventi neurofisiologici aventi qualche analogia con i computer e le rispettive memorie.
Ma quello che noi definiamo come "creazione di un pensiero", in realtà non è affatto "trasformazione" da una forma di energia (ricordi) in un'altra forma di energia (pensieri), che, a loro volta, diventano "ricordi" nel cervello che a tali eventi di coscienza ("creazioni di pensieri") corrisponde biunivocamente, però nell' ambito di altre, diverse coscienze, quelle di osservatori; queste sono trasformazioni materiali (energetiche e o massive) "tutte interne" al cervello che è nelle esperienze coscienti di osservatori e non implicanti minimamente (chiusura causale del mondo fisico!) l' altra, ben diversa esperienza cosciente che a tale cervello biunivocamente corrisponde, nella quale "si creano tali pensieri").
 
La pretesa "coscienza cosmica" invece non vedo che posto potrebbe mai occupare nell' universo fisico-materiale (massivo/energetico): le scienze naturali non l' hanno mai rilevata (misurata) ne escludono l' esistenza.
E d' altra parte constato unicamente "questa mia propria" singolare, personale, particolare coscienza".
Invece per le intuizioni mentali valgono le stesse considerazioni di cui sopra circa il loro rapporto di necessaria corrispondenza biunivoca ma diversità (alterità) rispetto a determinati eventi neurofisiologici cerebrali osservabili da parte di osservatori dell' avente le intuizioni mentali stesse.

sgiombo

Citazione di: davintro il 02 Aprile 2017, 23:43:23 PM
Dunque il riduzionismo considererebbe la coscienza, soggetto delle sue stesse prese di posizione, come un oggetto fra gli altri, scambiando l'attivo per il passivo, il dinamico per lo statico, lo statico che fermo attende una mente che si rivolga dinamicamente verso di lui è lo interpreti. Una "riduzione", dunque, ridurre l'attivo al passivo, di fatto fraintendendolo necessariamente.
CitazionePer parte mia concordo con la critica del riduzionismo materialistico che precede queste considerazioni.
Ma credo che la coscienza (gli eventi fenomenici che accadono, si esperiscono, tanto materiali quanto mentali) non sia identificabile con il loro soggetto, cioè con "lo spettatore" di essi (se pure c' è realmente; come credo ma non ritengo dimostrabile).
Credo che si possa uscire dal solipsismo ammettendo (indimostrabilmente né mostrabilmente) che il soggetto (in sé, noumenico e non fenomenico) di un' esperienza fenomenica cosciente percepisce, nell' ambito della stessa, come "cose materiali" (sensazioni "tipo res extensa") oggetti (in sé, noumenici e non fenomenici) da esso stesso diversi (per esempio il tuo cervello nella mia esperienza cosciente); e come "cose mentali" (pensieri, sentimenti, ricordi, immaginazioni, desideri, ecc.) l' oggetto (in sé, noumenico e non fenomenico) identificantesi con (costituito da) il soggetto stesso ("riflessivamente" se stesso; per esempio il tuo "stato di coscienza", i tuoi pensieri e in generale sensazioni, anche materiali, mentre il tuo cervello viene percepito "esteriormente" da me): lo stesso noumeno, gli stessi enti ed eventi in sé sono percepiti fenomenicamente in quanto oggetti da un soggetto da essi diverso come materia (ad esempio il tuo cervello da me, nell' ambito della mia esperienza cosciente); e da un soggetto ad essi uguale, che con essi si identifica, riflessivamente, come mente (ad esempio i tuoi pensieri da te, nell' ambito della tua esperienza cosciente).



Eppure il riduzionista potrebbe trovare una difesa dall'accusa rivendicando, non senza ragione, la distinzione tra piano logico-formale e ontologico-materiale: potrebbe cioè rivendicare il carattere meramente astratto e concettuale della distinzione soggetto-oggetto da cui sarebbe scorretto dedurre una distinzione ontologica, reale, tra ciò che consideriamo oggetto di studio scientifico, il cervello, e il soggetto dello studio, la coscienza. Dunque l'identificazione materiale delle due cose dovrebbe ancora reggere. Questa difesa non è del tutto insensata. Effettivamente la stessa cosa può essere, per aspetti diversi soggetto ed oggetto. Se gioco a calcio in una giornata ventosa sono contemporaneamente "soggetto" ed "oggetto", soggetto attivo che calcia la palla, ed oggetto passivo colpito dal vento. Una distinzione logica concettuale che non compromette l'unità sostanziale della mia persona. Tra l'altro, paradossalmente, il riduzionista in questa difesa potrebbe trovare una sponda teologica. Ci sarebbe un ente, il cui concetto nella visione teista si pone proprio come coincidenza di soggetto ed oggetto, Dio, Autocoscienza, in cui il soggetto pensante, volente, amante, coincide pienamente con l'oggetto pensato, voluto, amato. Anche qua lo stesso ente rimane identico realmente al di là dell'opposta accezione semantica delle categorie "soggetto" "oggetto". Ma nel piano che qua ci interessa, il piano umano e mondano, su cui si situa il dibattito sul rapporto mente-corpo questa difesa non è valida. Noi siamo uomini, non dei, la nostra finitezza ci impedisce di possedere la condizione di coincidenza soggetto-oggetto. Non siamo Atti puri, ma sintesi di attualità e potenzialità, cioè attività-passività. E ciò che di noi è oggettivabile in una conoscenza scientifica riguarda l'aspetto di potenzialità, di passività, ma in ciò non può rientrare il suo opposto, il nostro carattere di attualità, ciò che si pone come Io, come soggetto, che nel momento in cui lo si pretende di ridurre a oggetto, passività, lo si falsifica e  lo si oscura, in quanto lo si coglie nell'accezione opposta a quella che ne definisce il concetto, l'essenza. La nostra condizione di finitezza fa si chi che in noi non si possa minimizzare la dualità soggetto-oggetto riducendola a distinzione concettuale formale priva di risvolti concreti ed esistenziali. La distinzione resta sempre prima di tutto concettuale, sì, ma ha implicazioni anche ontologici e reali, cioè soggetto ed oggetto in noi corrispondono a distinti elementi della nostra realtà, distinzione che, se non va estremizzata come separazione sostanzialistica, comunque resta una distinzione che dovrebbe impedirci di "ridurre" un elemento all'altro.
CitazioneMi sembra che la mia proposta di distinguere sensazioni fenomeniche di oggetti (in sé) differenti dai soggetti (in sé) di esse come fenomeni materiali e sensazioni fenomeniche di oggetti (in sé) identificantisi, coincidenti con i soggetti (in sé) di esse come fenomeni mentali consenta una spiegazione soddisfacente (almeno per me, ovviamente) dei rapporti mente/cervello, consentendo un' autosensazione fenomenica riflessiva senza implicare una natura divina del suo soggetto-oggetto.


baylham

Citazione di: Apeiron il 01 Aprile 2017, 00:35:29 AML'intenzionalità ad esempio è valida solo nel mondo animale, l'etica solo nel mondo umano. Ma questo non significa che "siano meno reali" dell'interazione elettromagnetica e degli atomi che costituiscono il mio corpo. Tutto ciò mostra che semmai non esiste un'univoca definizione di ciò che è reale e di ciò che non lo è perchè ci sono invero tanti tipi di "cose". Ma appunto visto che fin da bambini usiamo l'idea del "questo e del quello" applicandola su tutta la realtà finiamo per cercare di usare un solo linguaggio e una sola metafisica per tutte le cose. Ma la "cosa" atomo di idrogeno, la "cosa" tavolo, la "cosa" Alice, la "cosa" intenzionalità di Bob, e la "cosa" concetto di dono sono tutte "cose" diverse, tra le quali non c'è davvero una analogia. 

Tuttavia c'è una giustificazione profonda del riduzionismo: l'intenzionalità non spiega la nascita di una cellula o di un atomo come l'etica non spiega la nascita dell'uomo, mentre la possibilità contraria è realistica. Il dono di Bob ad Alice non spiega la nascita dell'atomo, forse la storia dell'atomo può spiegare il dono di Bob ad Alice.

Il secondo luogo problemi ben maggiori di quelli del riduzionismo sorgono con l'alternativa olistica: non riesco ad immaginare l'evoluzione, la dinamica di un sistema o del tutto se non in termini di relazioni tra parti. Il tutto o il sistema mi appare irrilevante, se non addirittura inesistente. Che poi una parte come l'uomo o la scienza faccia le veci del tutto mi appare ultraerroneo

myfriend

#14
@sgiombo

Che il bambino tocca il fuoco e si brucia, che il suo cervello attraverso gli organi di senso subisce certe attivazioni di circuiti nervosi cui conseguono determinate alterazioni sinaptiche che si conservano nel tempo e avranno in futuro determinate conseguenze funzionali lo possono rilevare osservatori esterni al bambino (nel' ambito delle loro proprie esperienze fenomeniche coscienti, non in quella del bimbo stesso).

A volte, quando compi i tuoi pomposi giri di parole dei quali si capisce assai poco, è come se tu ti perdessi in un bicchiere d'acqua.  :D


Prova a tagliare il formaggio duro con un coltello...e magari ti sfugge il coltello e ti tagli.
Prova a rifarlo dopo una settimana e vedrai se la tua mente non pensa: "Ah! devo fare più attenzione, perchè potrei tagliarmi".
Ecco che ti ho spiegato in due brevi frasi che NON è uno osservatore esterno che lo rileva. Ma è il tuo cervello che registra una esperienza (ricordo) e, da quel ricordo, il cervello elabora successivamente dei pensieri. Trasformando la forma di energia "ricordo" (PROM) in una forma di energia "pensiero" (RAM), che, appena prodotto, diventa a sua volta "ricordo" (PROM). E da questo nuovo "ricordo" il cervello produce una nuova forma di energia (un nuovo pensiero) che potrebbe essere: "Forse non mi conviene usare un coltello, ora prendo una mannaia". E così, il cervello, partendo dai "ricordi", trasforma questi ricordi in pensieri...in un perenne lavoro di trasformazione di energia. Non per niente i pensieri prodotti dal cervello sono "sequenziali" e non "paralleli".

Esattamente quello che accade nel bambino che tocca il fuoco con la mano.


Tutto molto semplice.
Forse anche troppo perchè tu lo possa intuire.
Oddio....tu magari pensi in modo "parallelo" e non "sequenziale" come fanno tutti gi umani. Forse è per questo che capisco poco di quello che scrivi. Forse i tuoi sono più concetti paralleli mischiati in una stessa frase. Ecco perchè mi sfuggono.  :D
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

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