Il punto di vista di Nietzsche

Aperto da paul11, 26 Aprile 2020, 11:40:46 AM

Discussione precedente - Discussione successiva

viator

Salve Paul11. Citandoti : "Il pensiero calcolante in sé e per sé non porterebbe conoscenza, incapace di andare oltre al calcolo dei segni e simboli, non può creare altri segni e simboli, necessita di creatività e intuto per costruire nuova conoscenza per mettere in discussione i suoi stessi teoremi e algoritmi".

Dal mio umilissimo punto di vista non sono d'accordo. Creatività ed intuito non sono altro che il frutto dell'attività interpolatoria od estrapolatoria di una mente che stia appunto "manipolando" ("mentalpolando") delle quantità precedentemente apprezzate dal "pensiero calcolante". Nessuna nozione o conoscenza è ricavabile al di fuori dei sensi, in quanto nessuna capacità di elaborazione astratta o foss'anche spiritualistica mai si verificherà in nessuna mente o spirito che - essendosi incarnati in un corpo - non vengano mai raggiunti da alcun messaggio esperienzial-sensoriale.


In parole semplici, chi nasca privo  dei cinque sensi non imparerà mai a calcolare ma ad ancora a ben maggiore ragione non possiederà mai alcun retroterra che gli consenta di sviluppare facoltà mentali o spirituali poichè i suoi fantomatici "creatività ed intuito" mancherebbero di "dati" da elaborare. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

paul11

#31
 ciao Aperion
E questa volta mi viene alla mente, Bob Dylan con il suo ultimo brano musicale: "I contain multitudes" , ispirato dal poeta Whalt Whitman che scrisse il seguente aforisma:
Do I contradict myself ? Very well, then I contradict myself, I am large, I contain multitudes. 
Tradotto dovrebbe essere
Forse che mi contraddico?  Benissimo, allora vuol dire che mi contraddico, sono vasto, contengo moltitudini.
... e c'è una verità in questo che i poeti sanno pescare dagli abissi.


La poliedricità, la contraddittorietà, porta con sé le moltitudini di pensieri che ci avvolgono fra intuizione e ragione. A volte intravvediamo qualcosa, come raggi di luce fra nubi ed è assai difficile tirare il filo di senso che unisce le nostre moltitudini senza mai essere contraddittori. In fondo è la condizione umana di noi tutti, e mi ci trovo in questo anelito in Nietzsche. Siamo cercatori di luce, di verità, ma non l'abbiamo sul palmo della mano e fra la nostra intimità e il mondo che pulsa di vita cerchiamo la ragione del nostro esserci di farne parte. E' un impulso mistico prima di tutto, prima di essere ragion calcolante, logica.


Il fallimento implica la vittoria come il nascere  il morire, al fine ciò che conta  forse è il provarci, è un modo di essere. Il provarci a sua volta implica il non paralizzarsi, ad avere coraggio, non frustrarsi. C'è un punto di vista positivo verso la vita, un andare incontro alla vita,


Mi sono fatto un'idea, forse sbagliata, che Nietzsche non svolga tematiche politiche perché sarebbe inutile pensare di cambiare la società costruita sulla mediocrità umana. Senza il presupposto di un uomo nuovo, del superuomo, l'umanità riproporrebbe come per l'eterno ritorno, le sue contraddizioni dentro le istituzioni sociali. Se fosse così ancora vi trovo una verità.
Quando si spera ,spesso ma non sempre, si pensa ad una "fortuna", ad una casualità che scompigli le carte per addivenire ad una situazione desiderata. L'errore è non lavorare su  se stessi, ma sperare che eventi esterni ci portino a situazioni migliori. Ma noi cosa veramente facciamo affinché le cose siano migliori? Spesso il risultato è un'attesa....di qualcosa. Questo nasconde frustrazioni interne. In un modo tutto suo, se si vuole anche contraddittorio, Nietzsche lavora sul pensiero umano intimo, un voler essere che non è un avere.
La dialogia è confronto ed è dialettica. Ci si scambiano convinzioni, punti di vista, e ognuno se vuole impara. Non c'è una perfezione cristallizzata, non ci sarebbe il fluire, la trasformazione
L'imperfezione è il presupposto del divenire, la perfezione di una verità  è ferma, non necessita del movimento del mutare, persino Darwin scrisse che l'imperfezione nella natura  permette nuovi adattamenti, trasformazioni evolutive. Questo moto perpetuo  di tutto che muta è come  se cercasse una perfezione per fuoriuscirne , ma può? Sarebbe la fine di tutto?

paul11

Citazione di: viator il 03 Maggio 2020, 21:19:43 PM
Salve Paul11. Citandoti : "Il pensiero calcolante in sé e per sé non porterebbe conoscenza, incapace di andare oltre al calcolo dei segni e simboli, non può creare altri segni e simboli, necessita di creatività e intuto per costruire nuova conoscenza per mettere in discussione i suoi stessi teoremi e algoritmi".

Dal mio umilissimo punto di vista non sono d'accordo. Creatività ed intuito non sono altro che il frutto dell'attività interpolatoria od estrapolatoria di una mente che stia appunto "manipolando" ("mentalpolando") delle quantità precedentemente apprezzate dal "pensiero calcolante". Nessuna nozione o conoscenza è ricavabile al di fuori dei sensi, in quanto nessuna capacità di elaborazione astratta o foss'anche spiritualistica mai si verificherà in nessuna mente o spirito che - essendosi incarnati in un corpo - non vengano mai raggiunti da alcun messaggio esperienzial-sensoriale.


In parole semplici, chi nasca privo  dei cinque sensi non imparerà mai a calcolare ma ad ancora a ben maggiore ragione non possiederà mai alcun retroterra che gli consenta di sviluppare facoltà mentali o spirituali poichè i suoi fantomatici "creatività ed intuito" mancherebbero di "dati" da elaborare. Saluti.


ciao Viator


E dove sta scritto che dica il contrario di ciò che argomenti? Mi sembra implicito che la relazione fra il soggetto umano come agente conoscitivo e il mondo esterno abbia relazioni anche con i sensi , con i nervi che portano informazioni dal mondo  esterno al cervello.

Ipazia

#33
Anche i fiumi possono essere imbrigliati, controfattualmente come osserva davintro. Mitizzare la natura così com'è, ma in realtà come metafisicamente appare, realizza sì l'eterno ritorno, ma della superstizione dell'essere in quanto cosa in sé.

Problematica, ma più coerente analogicamente, è la concettualizzazione del divenire, nel precario ma liquidamente realistico governo della tavola da surf che ci permette di amministrare la realtà, non più intesa come ente, ma come processo. Da processare continuamente (etica) nella dialettica retroattiva che il processo stesso nel suo divenire determina.

(la vicenda coronavirus è a tal proposito un'ottima maieuta, levatrice)

Tornando alle metafore nicciane, la soluzione al - e dissoluzione del - caos  non è un agitarsi scomposto, ma una danza. Sapiente nel nascondere la grande perizia e disciplina che il suo movimento armonico, fattualmente e controfattualmente, domina.
...
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

#34
 ciao Ipazia,
In fondo siamo tutti interpreti e lo sono a loro modo da Anassimandro a Nietzsche e poi fino a noi.
Nietzsche non spiega e non vuole farlo parecchie problematiche che sono filosfiche. E' un atto voluto e per questo meritevole di una  interpretazione sulla sua intenzionalità che si esprime contro la tradizione culturale, ma che nasce da un disagio intimo umano.


L'artificio umano derivato dalle proprie qualità di imbrigliare le forze naturali è qui nel nostro tempo da osservare e riflettere. Noi modifichiamo apparenze, non le essenze della natura.
La scienza manipola vita, ma non la crea , e la natura si riprende con la forza ciò che manipola l'uomo. Nietzsche a mio parere ha una sua intepretazione sulla natura e soprattutto dell'uomo.
La norma non è il ditirambo dionisiaco, bensì l'apollineo. Non è esaltando l'uno che scompare l'altro, ma anche viceversa.
L'etica che poggia sull'estetica non ha nessun potere di norma perché non coincide con ordini e regole ; può denunciare la norma, ma non cancellarla.


Il caos è parte dell'imperfezione naturale che le è intrinseca, che le permette di adattarsi, di spogliarsi e rimodularsi, è una modalità di riequilibrarsi e in quanto tale risponde a regole ben superiori che sono universali.
L'ebbra danza delle baccanti, del satiro e dei fedeli compagni, è una parte intima umana.
Il mio parere è che Nietzsche non è affatto alternativo al filosofo metafisico e magari pure morale, ne rappresenta l'altra faccia della stessa medaglia.
E se questa mia considerazione fosse corretta, solo Heidegger ci ha provato a modo suo a connetterle.
Mancherebbe  una filosofia capace di sintetizzarle.

Ipazia

Citazione di: paul11 il 05 Maggio 2020, 15:21:14 PM
ciao Ipazia,
In fondo siamo tutti interpreti e lo sono a loro modo da Anassimandro a Nietzsche e poi fino a noi.
Nietzsche non spiega e non vuole farlo parecchie problematiche che sono filosfiche. E' un atto voluto e per questo meritevole di una  interpretazione sulla sua intenzionalità che si esprime contro la tradizione culturale, ma che nasce da un disagio intimo umano.

Anche qualcosina di più: FN era un filosofo di razza autentica e quanto al disagio: ciò che non uccide, fortifica (cit.).
Avesse concluso la "Volontà di Potenza" (fino a poche settimane dal crollo era perfettamente lucido e attivo) tante problematiche filosofiche le avrebbe sistemate più coerentemente. La sua opposizione alla "tradizione culturale" è argomentata e non è per partito preso o disagio intimo umano.

CitazioneL'artificio umano derivato dalle proprie qualità di imbrigliare le forze naturali è qui nel nostro tempo da osservare e riflettere. Noi modifichiamo apparenze, non le essenze della natura.
La scienza manipola vita, ma non la crea , e la natura si riprende con la forza ciò che manipola l'uomo. Nietzsche a mio parere ha una sua intepretazione sulla natura e soprattutto dell'uomo.

Non vedo alcuna apparenza (magari lo fosse in tante occasioni "demoniache") nella manipolazione umana della natura visto che lo fa con le sue leggi. E non potrebbe essere altrimenti. Semmai FN critica gli aspetti metafisicamente deteriori della scienza, lo scientismo meccanicista. Nel quale poi incappa spesso e volentieri pure lui. Ma l'operare scientifico doc prescinde dalla metafisica e si confronta coi risultati sperimentali, non coi paradigmi e le dottrine.

CitazioneLa norma non è il ditirambo dionisiaco, bensì l'apollineo. Non è esaltando l'uno che scompare l'altro, ma anche viceversa.

Non so di che norma parli e a nome di chi ne parli. Se intendi physis, credo che nessun ditirambo la possa spiegare meglio di un esperimento riuscito.

CitazioneL'etica che poggia sull'estetica non ha nessun potere di norma perché non coincide con ordini e regole ; può denunciare la norma, ma non cancellarla.

Come sopra. Ma che sia a nome tuo o di FN mi pare tutto totalmente confuso. Etica ed estetica non hanno bisogno di appoggiarsi a ordini e regole per esercitare un potere normativo, perchè vengono prima e sono esse stesse a normare, ordinare e regolare.

CitazioneIl caos è parte dell'imperfezione naturale che le è intrinseca, che le permette di adattarsi, di spogliarsi e rimodularsi, è una modalità di riequilibrarsi e in quanto tale risponde a regole ben superiori che sono universali.
L'ebbra danza delle baccanti, del satiro e dei fedeli compagni, è una parte intima umana.

Mettiamo pure che derivi tutto da physis, e certamente nell'ebbrezza del vino e nella danza scomposta delle baccanti qualcosa di tale natura caotica irrompe, ma tra physis e baccante c'è tutto un processo di civilizzazione (Zivilisation) che non può essere cacciato sotto il tappeto. La baccante è una strega consapevole del suo ruolo, non una pianta di lattuga sgorgata dal suolo. Poi c'è tutta la partita dell'apollineo. La stella danzante è un punto d'arrivo non di partenza, non è un'archè, bensi un fato.

CitazioneIl mio parere è che Nietzsche non è affatto alternativo al filosofo metafisico e magari pure morale, ne rappresenta l'altra faccia della stessa medaglia.

Le medaglie filosofiche sono, come diceva una pubblicità d'antan, milioni di milioni. E tutte hanno una loro metafisica incorporata e magari pure una morale (come ogni favola che si rispetti). Rispetto ad entrambe - metafisica e morale - FN era recalcitrante, ma perchè il suo spirito aristocratico voleva il meglio, tanto dell'una che dell'altra. E se non c'è riuscito come avrebbe desidarato, le domande rimaste aperte sono comunque medaglie di buon conio su cui, a differenza di tanti epigoni, vale ancora la pena di interrogarsi.

CitazioneE se questa mia considerazione fosse corretta, solo Heidegger ci ha provato a modo suo a connetterle.
Mancherebbe una filosofia capace di sintetizzarle.

Scanserei la connessione Heideggeriana visti gli esiti storici. Almeno FN ha la scusante di essere morto prima di sua sorella. La connessione tra metafisica e morale è nel discorso filosofico, che nessuna sintesi potrà mai chiudere definitivamente, perchè panta rei.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Apeiron

Ciao Paul,

scusa per il ritardo...

Citazione di: paul11 il 03 Maggio 2020, 21:56:01 PM
...
La poliedricità, la contraddittorietà, porta con sé le moltitudini di pensieri che ci avvolgono fra intuizione e ragione. A volte intravvediamo qualcosa, come raggi di luce fra nubi ed è assai difficile tirare il filo di senso che unisce le nostre moltitudini senza mai essere contraddittori. In fondo è la condizione umana di noi tutti, e mi ci trovo in questo anelito in Nietzsche. Siamo cercatori di luce, di verità, ma non l'abbiamo sul palmo della mano e fra la nostra intimità e il mondo che pulsa di vita cerchiamo la ragione del nostro esserci di farne parte. E' un impulso mistico prima di tutto, prima di essere ragion calcolante, logica.

Ricordo anche una citazione di Goethe simile a quelle che hai riportato...  :) Comunque, non intendevo sminuire Nietzsche affermando la poliedricità del suo pensiero e, in certi versi, la sua contradditorietà. Né volevo dire che sono la stessa cosa. La 'poliedricità' può derivare dalla 'profondità'. La contraddizione, secondo me, invece, è un errore se non viene usata in senso 'negativo', ovvero per dimostrare che certe affermazioni sono inconsistenti.

Credo che sia ovviamente normale trovare contraddizioni nei filosofi, senza che questi perdano la loro 'grandezza'. D'altronde spesso i filosofi 'esplorano' 'luoghi' sconosciuti o comunque impervi e quindi è del tutto normale aspettarsi errori. Riguardo alla poliedricità, invece, credo che sia qualcosa che fa notare la complessità delle intuizion. Molte posizioni che leggiamo, infatti, ci paiono contradditorie, poi però dopo aver studiato ed approfondito vediamo che l'apparente contraddizione ci mostra qualcosa di più profondo e complesso. Ma la 'poliedricità' può anche venire dal fatto che lo stesso pensatore sia effettivamente confuso per la complessità del problema che sta trattando. E questo ovviamente non è un 'male' ma ci fa capire la complessità della cosa...
Inoltre, gli stessi errori possono insegnarci molto, quindi non è per niente 'tempo sprecato' anche approfondire un errore. E di certo non ho fatto un'analisi esaustiva della questione...


Mi 'identifico' anche io nell'anelito di Nietzsche, forse è anche per quello oltre per i motivi elencati prima che, pur non concondando con moltissime sue posizioni, mi piace approfondire il suo pensiero.

Citazione di: paul11 il 03 Maggio 2020, 21:56:01 PM
Il fallimento implica la vittoria come il nascere  il morire, al fine ciò che conta  forse è il provarci, è un modo di essere....

Prima di commentare, vorrei precisare che l'interpretazione dell''eterno ritorno' del mio precedente post, ovvero come invito a cercare di vivere una vita dovesi tenta di non sprecare occasioni, non fare scelte sbagliate e così via in modo da non avere rimorsi per aver 'sprecato' la vita, è una possibile interpretazione ma che secondo me sicuramente racchiude parte del pensiero di Nietzsche su questo argomento. Ma secondo me è incompleta, visto che ad esempio la citazione della Gaia Scienza non parla solo di fare ciò, ma di 'dire di sì' a tutto. Se poi Nietzsche intendesse solo l'imperativo che ho menzionato e che le formulazioni dell'eterno ritorno e amor fati fossero un modo per dire ciò, non saprei dirlo.


Secondo me, il fatto stesso di aspirare ad un anelito implica un'idealizzazione contro-fattuale o comunque una percezione di una 'mancanza' e, quindi, di fatto una insoddisfazione con lo status quo. Che è di fatto l'esatto opposto del 'dire di sì'. Per questo motivo, credo che ci sia nel pensiero dell'eterno ritorno una tensione insanabile tra la 'spinta' affermatrice (dal passo della Gaia Scienza: "Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro...") e il fatto che, invece, aspirare a obbiettivi, piccoli e grandi che siano, implica appunto una percezione di una mancanza.

Quindi, l'aspirare, il desiderare ecc, secondo me, si conciliano di più, paradossalmente, con una negazione. Se ci fosse una 'completa soddisfazione' con lo status quo, non ci potrebbe nemmeno essere voglia di 'cambiarlo'. E tale soddisfazione non può venire secondo me dall''affermazione del mondo', proprio perché il solo fatto che nel tentativo di farlo si creano aspirazioni di varia natura, significa che si percepisce una mancanza. Per questo motivo, non capisco l'avversione di Nietzsche all''idealità' di qualsiasi natura, al desiderio di 'qualcosa di diverso'...Certo, è vero che in alcuni casi le 'idealità', la morale ecc sono state oppressive. Ma generalizzare come fa Nietzsche è frutto di una visione distorta e parziale del fenomeno.

'Sognare' e sperare 'idealità', secondo me, è segno di un anelito di libertà...


Citazione di: paul11 il 03 Maggio 2020, 21:56:01 PML'imperfezione è il presupposto del divenire... persino Darwin scrisse che l'imperfezione nella natura  permette nuovi adattamenti, trasformazioni evolutive.

Però, vedi, considerando più che altro l'ambito umano...c'è sempre una spinta - spesso anche non voluta ma 'imposta' (e questo punto è molto importante) - ad 'adattarsi', sempre uno 'sforzo', una 'fatica' a farlo. Si può parlare di una reale 'soddisfazione' in questo 'sforzo' continuo? Credo che in tutto ciò la frustrazione sia inevitabile. Quello che intendo è che riconoscere l''imperfezione naturale' di cui parli non si 'sposa' con l'affermazione. Perché? perché imperfezione significa mancanza e mancanza significa sforzo, lotta, fatica...appunto 'lotta', ma non perché è 'una bella cosa'.  Al contrario, è più una 'triste necessità' per la nostra condizione.
Certo, è vero che da (certe) 'sfide' (nel senso delle azioni che nascono dalle aspirazioni...) sono nate grandi cose, ma il fine non è la sfida in sé, perché in fin dei conti la 'sfida' ha sempre un obbiettivo e quindi è incosistente pensare che l'azione mossa da una certa aspirazione possa essere un fine. La 'sfida' è un mezzo. Inoltre, per la stessa natura della sfida,  altrimenti una vera e propria 'sfida' non inizierebbe nemmeno senza un 'fine' (come si può parlare di 'sfida' come azioni atte a soddisfare aspirazioni se non c'è un obbiettivo?). In altri termini, mi sembra assurdo 'affermare' la 'sfida' in quanto 'sfida', quando essa di fatto esiste in relazione ad un obbiettivo.
Desiderare ulteriori 'lotte' (e magari 'scatenarle'...), secondo me, in realtà lascia tra l'altro continuamente insoddisfatti. Altro motivo per cui non capisco il punto di vista 'affermativo'.

Secondo me, l'anelito a superare - in qualche modo - questa 'imperfezione' è un importante elemento della spiritualità (in generale). Ovvero è un profondo anelito di libertà.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

paul11

 Ciao Ipazia,
scusa ,ma non riesco a seguirti, forse ho interpretato male il tuo post precedente al tuo ultimo
Se vuoi esplica meglio.


Ciao Aperion,
La contraddizione ha senso dal punto di vista logico formale. Dal punto di vista umano, e non ha importanza che sia filosofo, scienziato o esteta, oserei dire che è necessario quanto lo è l'imperfezione. A mio parere non avrebbe senso il divenire senza imperfezione ( che senso avrebbe il divenire della perfezione?) quindi contraddizione: Severino forse lo capì in senso logico, Nietzsche in senso estetico.
E'  una delle tematiche fondamentali in tutti  i campi del sapere.


Sono d'accordo con te sula poliedricità e sull'errore. Il logico Odifreddi dice che i paradossi furono e sono motore del sapere.


Non sono così addentro al pensiero di Nietzsche per dare un' interpretazione sull'eterno ritorno dell'identico. Lessi a suo tempo diverse interpretazioni di alcuni filosofi ovviamente contemporanei a noi , ma tutte con la sensazione che mancasse qualcosa  nel pensiero di Nietzsche per  poterlo definire chiaramente.
La mia impressione attuale è che Nietzsche si riferisce più alla cultura umana che alle regole, dicamo così, della natura, come aspirazione, come motivazione che nasce da una insoddisfazione.


Nietzsche è contro-culturale a suo modo, non accetta l'aver demandato al divino grossa parte delle aspirazioni umane, a suo dire.Questo toglie motivazioni all'uomo mondano di poter e voler cambiare il suo approccio nel mondo.


E' chiaro che se tutte le tradizioni culturali sul pianeta Terra hanno a che fare con il divino, non è un Nietzsche che potrà mai cambiare il mondo e tanto meno cambiare l'uomo. Se il dionisiaco non vince sull'apollineo, avrebbe dovuto approfondire anche altre  strade. Ma il suo schema non è logico e quindi non è filosofico ante litteram, è manchevole e quindi lascia troppo da interpretare sui suoi vuoti, voluti o non voluti.


Ma vedi che a tuo modo l'imperfezione la metaforizzi nel polemos fra le tensioni degli opposti in Eraclito che ha influito anche Nietzsche? C'è qualcosa di vero. E' frustrante? Sì e a mio parere Nietzsche non può dare valide risposte dal suo punto di vista, e forse l'eterno ritorno dell'identico è più una constatazione che una soluzione


citaz.
Secondo me, l'anelito a superare - in qualche modo - questa 'imperfezione' è un importante elemento della spiritualità (in generale). Ovvero è un profondo anelito di libertà.


Esatto, sono d'accordo con te.

Ipazia

#38
Citazione di: paul11 il 06 Maggio 2020, 19:56:54 PM
Ciao Ipazia,
scusa ,ma non riesco a seguirti, forse ho interpretato male il tuo post precedente al tuo ultimo
Se vuoi esplica meglio.

Esplicherò meglio: il punto di vista di Nietzsche non è la contrapposizione dionisiaco-apolineo se non a livello retorico, come una formula da tenere sottomano, e pure il tragico va ricalibrato nella tarda prospettiva di FN liberandolo dagli ancora troppo umani voli della fase giovanile "schopenauer-wagneriana" . Il punto d'approdo di Nietzsche, per chi sia interessato al suo, e non al proprio punto di vista, va cercato nei frammenti postumi preparatori della "Volontà di potenza" laddove il sistema filosofico nicciano emerge a chiare ed esplicite lettere.

Citazione di: F.Nietzsche - frammenti postumi 1887-1888 - Adelphi - Vol. 8-II
(31) 9 [41] Che cos'è una fede? Come si forma? Ogni fede è un tener per vero. La forma estrema del nichilismo sarebbe il sostenere che ogni fede, ogni tener per vero sia necessariamente falso: perché non esiste affatto un MONDO VERO. Dunque : un'illusione prospettica, la cui origine è in noi (avendo noi costantemente bisogno di un mondo ristretto, abbreviato, semplificato) .
In tal caso la MISURA DELLA FORZA è costituita dal punto sino al quale possiamo ammettere, senza rovinarci, l'illusorietà e la necessità della menzogna. In questo senso il nichilismo, come NEGAZIONE di un mondo vero, di un essere, potrebbe risultare un modo di pensare divino: ---

e subito dopo

Citazione di: F.Nietzsche - frammenti postumi 1887-1888 - Adelphi - Vol. 8-II
(32) 9 [42] Verso il 1876 ebbi paura di veder compromesso tutto quello che era stato fino allora il mio volere, quando compresi dove si andasse ormai a finire con Wagner : e io ero legato a lui saldissimamente da tutti i vincoli di una profonda unità di bisogni, dalla gratitudine, dall'insostituibilità della persona e dall'assoluta angustia che vedevo davanti a me.
Intorno allo stesso tempo mi sembrò di essere inestricabilmente incarcerato nella mia filologia e nella mia attività d'insegnamento - in qualcosa di casuale, in un espediente pratico della mia vita - ; non sapevo più come uscirne, ed ero stanco, logoro, stremato. Intorno allo stesso tempo compresi che il mio istinto seguiva una direzione contraria a quello di Schopenhauer: tendeva a giustificare la vita, anche ciò che aveva di più terribile, di più equivoco e menzognero: per questo avevo sottomano la formula del « dionisiaco».
Contro la supposizione che un «in sé delle cose» dovesse essere necessariamente buono, beato, vero, uno, l'interpretazione di Schopenhauer dell'«in sé » come volontà era stato un passo essenziale; però egli non aveva saputo divinizzare questa volontà : era rimasto fermo all'ideale morale cristiano. Schopenhauer era ancora a tal punto dominato dai valori cristiani, da essere costretto a vedere la cosa in sé - dopo che essa non risultò più per lui «Dio» - come cattiva, stupida, assolutamente da rifiutare. Non aveva compreso che ci possono essere infinite forme del poter-essere-altro e finanche del poter-essere-Dio. Maledizione di quella limitata dualità: bene e male.

Ad un certo punto FN comprende che non poteva restare impantanato nella dimensione estetica del tragico (Schopenauer-Wagner) e usa il "dionisiaco" come formula, arnese, per scardinare l'impianto metafisico paludato di "tragico" per arrivare alla vera tragedia che continua a mascherare divinamente nella contrapposizione Dioniso-Crocifisso perchè gli umani-troppo-umani comprendano, almeno nella metafora "divina", la portata del compito dell'oltreuomo che è tutta radicata nello spirito della terra, nel suo eterno ritorno rigenerativo (a @apiron) che oltrepassa la dimensione (e la vita individuale) dell'umano.

Avendo in cambio che cosa ? "le infinite forme del poter-essere-altro e finanche del poter-essere-Dio". E' qui che l'estetica (poiesis) si innesta in un'etica ancora tutta da porre che può attingere solo da se stessa (poter-essere-Dio) senza romantiche nostalgie verso illusorie archè da disseppellire da chissaddove a far da linee guida (la serie infinita dei cieli stellati sopra di noi)

Citazione di: F.Nietzsche - frammenti postumi 1888-1889 - Adelphi - Vol. 8-III
14 [89] ... Dioniso contro il «crocifisso»: eccovi l'antitesi. Non è una differenza in base al martirio - solo esso ha un altro senso. La vita stessa, la sua eterna fecondità e il suo eterno ritorno determinano la sofferenza, la distruzione, il bisogno di annientamento . . .
Nell'altro caso il dolore, il «crocifisso in quanto innocente» valgono come obiezione contro questa vita, come formula della sua condanna. Si indovina che il problema è quello del senso del dolore: del senso cristiano o del senso tragico . . . Nel primo caso sarebbe la via che porta a un essere beato, nel secondo l'essere è considerato abbastanza beato da giustificare anche  un'immensità di dolore.
L'uomo tragico afferma anche il dolore più aspro: è abbastanza forte, ricco e divinizzatore per ciò.
Il cristiano nega anche il destino più felice in terra: è tanto debole, povero e diseredato da soffrire di ogni forma di vita . . . «Il Dio in croce» è una maledizione della vita, un'esortazione a liberarsene. Il Dioniso fatto a pezzi è una promessa alla vita: essa rinascerà e rifiorirà eternamente dalla distruzione.

Il tragico nicciano non rimanda a nulla di trascendente, ma all'umano oltreumanato "nelle infinite forme del poter-essere-altro e finanche del poter-essere-Dio". La cui unica fede è nell'eterno ritorno dei cicli naturali. In cui l'unico spirito, se proprio abbiamo bisogno di "tenere sottomano una formula divina" è lo Spirito della terra.

(corsivi citazioni miei)
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

 ciao Ipazia,
grazie per le precisazioni....
la mia risposta è "non so", non sono un filologo delle opere complete di Nietzsche.
Mi colpisce la tua sicurezza , perentorietà sul pensiero di Nietzsche.


Che il dionisiaco venga utilizzato per scardinare i pensieri divinizzanti è già praticamente nella sua prima e seconda opera sulla tragedia e sull'analisi dei filosofi greci. Se poi si vuole bypassare le opere di Nietzsche e stabilire che invece la verità del suo pensiero stia nei frammenti postumi......mi lascia molto perplesso. Altri autori sul pensiero di Nietzsche  dicono il contrario di ciò che scrivi,
Che la fase cosiddetta del meriggio, di Così parlò Zarathustra è la più alta , poi negli iscritti del tramonto si assiste a nevrotiche prese di posizioni contro tutti e tutti.
Ho guardato il sito in tedesco di Nietzsche: hai presente il numero di frammenti e di lettere che sono archiviati? I frammenti da te indicati sono datati nel periodo dello scritto "Genealogia della morale" che ho studiato un paio di anni fa e infatti si assiste ad una accidiosa polemica sul crocefisso con pagine anche fastidiose e altre  invece molto perspicaci.
Che la cosiddetta fase giovanile di Nietzsche sia superata rispetto alla prima fascinazione  per Schopenhauer e Wagner, è vero è un dato di fatto inequivocabile. Che vi siano tali e tante operazioni editoriali, come per Heidegger, che dicono tutto e il contrario di tutto, è altrettanto vero. Girano più editorie sul pensiero di Nietzsche che non le sue opere vere e proprie edite alla stampa.
La mia posizione, oltre al "non so", è interlocutoria, in sospensione perché Nietzsche è contraddittorio nel suo pensiero, ma è una caratteristica come ho ribadito in più post, che mi affascina.
Che vi sia una stesura omogenea, oserei dire sistematica, da filosofo ante litteram, di Nietzsche, si intravede, ma penso che non fosse il suo intento fare il filosofo "classico".
Personalmente, ma è un giudizio il mio da prendere con le dovute "sospensioni", c'è una gerarchia da seguire, prima le opere, poi le lettere e i frammenti. Già Nietzsche è un pensatore che dice e non dice e quindi si fa parecchio interpretare nelle sue opere, figuriamoci se corriamo dietro alle lettere e ai frammenti.
Ma soprattutto il mio intento nell'aprire questa discussione non è un processo del totale pensiero
nietzschiano. Man mano, visto che lo studio cronologicamente,  che trovo alcune considerazioni che potrebbero aprire colloqui fra noi nel forum , come ho fatto per il sileno,lo farò volentieri.




Sull'etica,che non è poiesis, di Nietzsche ho fortissime perplessità. Continuo a ribadire che la morale non è l'etica.
La morale o si fonda su un sistema di pensiero o sparisce nelle pratiche comportamentali che sono più propriamente l'etica, entrano paurosamente in contraddizione fra loro, non essendovi nessuna misura di giudizio, se non l'abitudine, le convenzioni, gli usi e costumi. La morale implica a sua volta il concetto di giustizia e la storia delle scienze giuridiche, cosa che l'etica può sbrigativamente e superficialmente glissare. Il bene non è necessariamente il bello e il bello non è il paradigma dove " è bello ciò che piace". Il piacere e il desiderio non sono identificabili con i concetti di giustizia e di virtù morali. E in questo, a me pare, Nietzsche fallisce.
E fallirà qualunque posizione che non sappia sitematizzare prima il paradigma morale....come sta avvenendo nelle pratiche odierne, individuali, sociali, famigliari, lavorative, finanziarie,....perchè senza morale e quindi  giustizia, diventano precari sia la libertà che l'eguaglianza, delegate al branco naturale...del più forte.


Sono d'accordo che Nietzsche non trascende e pensa allo spirito della terra.


Grazie comunque per le tue osservazioni e conoscenze che hai portato

Apeiron


Ciao Paul,

Citazione di: paul11 il 06 Maggio 2020, 19:56:54 PM

La contraddizione ha senso dal punto di vista logico formale. Dal punto di vista umano, e non ha importanza che sia filosofo, scienziato o esteta, oserei dire che è necessario quanto lo è l'imperfezione.

Personalmente, direi che per esempio talvolta, le contraddizioni insorgono quando si ha la 'pretesa' di estendere certi ragionamenti oltre un certo ambito. Si può pensare che una 'visione delle cose' unitaria che cerca di abbracciare 'tutto' rischia di incorrere in questo tipi di problemi. Questa inevitabilità rispechierebbe la limitatezza della nostra condizione. D'altra parte, però, credo che la contraddizione sia una spia che 'qualcosa non va' nel nostro ragionamento - nell'esempio, il voler andar fuori un certo ambito di validità.

Citazione di: paul11 il 06 Maggio 2020, 19:56:54 PM

Non sono così addentro al pensiero di Nietzsche per dare un' interpretazione sull'eterno ritorno dell'identico. Lessi a suo tempo diverse interpretazioni di alcuni filosofi ovviamente contemporanei a noi , ma tutte con la sensazione che mancasse qualcosa  nel pensiero di Nietzsche per  poterlo definire chiaramente.
La mia impressione attuale è che Nietzsche si riferisce più alla cultura umana che alle regole, dicamo così, della natura, come aspirazione, come motivazione che nasce da una insoddisfazione.

Citazione di: paul11 il 06 Maggio 2020, 19:56:54 PM

Ma vedi che a tuo modo l'imperfezione la metaforizzi nel polemos fra le tensioni degli opposti in Eraclito che ha influito anche Nietzsche? C'è qualcosa di vero. E' frustrante? Sì e a mio parere Nietzsche non può dare valide risposte dal suo punto di vista, e forse l'eterno ritorno dell'identico è più una constatazione che una soluzione

Concordo che nell'analisi sembra esserci qualcosa di vero. E concordo che Nietzsche non riesce a dare valide risposte a questo problema...di seguito cerco un po' di approfondire un po' di più la questione (chiedo venia se faccio troppe ripetezioni...)

Infatti, secondo me, - eterno ritorno a parte - Nietzsche voleva 'affermare' questo mondo, cercando di eliminare la 'tentazione' di sognare qualcosa di diverso, un 'rifiuto' di esso ecc. E voleva affermare la 'volontà' - ovvero se vogliamo le 'brame', i desideri nelle loro varie forme ecc - che è alla base delle 'grandi imprese', delle 'grandi sfide' ecc. Insomma, Nietzsche pensava che non bisognava ostacolare la 'brama' perché altrimenti la conseguenza sarebbe stata l'oppressione della vitalità e/o una 'stagnazione' e così via. Credo che ci siano alcuni problemi con questa posizione. Di seguito, ne elencherò alcuni, senza pretesa di fare una lista esaustiva.

D'altra parte, però, come dicevo prima, se si indaga la natura della 'brama' si può vedere che essa la 'paradossalità' della questione. Uno dei frammenti di Eraclito recita "indigenza e sazietà" (B65) nel quale probabilmente stava descrivendo il fuoco. Ma anche le brame, i desideri ecc sono di fatto simili: sembrano nascere quando si avverte l'indigenza, ovvero una 'mancanza', l'essere privi di qualcosa (in generale...)... aggiungerei poi la frustrazione, quando si incontrano ostacoli al soddisfacimento delle brame, dei desideri ecc.
Quindi, di fatto desideri, brame ecc si basano sull'insoddisfazione dello 'status quo' - insoddisfazione che non è un''affermazione'. Anzi. Ma supponendo che Nietzsche intendesse affermare proprio questo 'fuoco' più che altre cose, il problema è che, come dicevo, lo prende come un fine, a mio giudizio. Prendendolo come un fine - perché la mia impressione è che Nietzsche voleva affermare questo 'motore' più che gli 'obbiettivi' -  diventa addirittura necessario avvertire un senso di mancanza. Anzi, tale senso di 'mancanza' diventa la cosa da 'affermare', quasi in un senso di 'venerare'. O meglio, è vero che ciò si 'afferma' è il 'fuoco' ma in un certo senso si deve anche affermare il combustibile. Ma così facendo, si è in un continuo stato di 'agitazione', di 'insoddisfazione'. Non credo che questo tipo di esistenza sia davvero desiderabile.

Inoltre, l'etica, gli ideali, i valori, le prorità ecc hanno sempre 'regolato' l'espressione della 'volontà' e delle azioni. Anche a livello 'individuale' (qui intendo non livello di organizzazione politico-sociale...), è ben chiaro che non possiamo 'badare a tutto', nel senso che non possiamo soddisfare tutte le nostre brame, i nostri desideri, i nostri sogni ecc. Scegliamo cosa è 'importante' e cosa non lo è. Stabilito ciò, cerchiamo poi di 'coltivare' solo o principalmente le aspirazioni, i desideri ecc che a noi sembrano 'più importanti' e rinunciamo a ciò che è 'meno importante' o 'non importante' (il che può essere assai doloroso e anche per questo non è detto che riusciamo in questo tentativo, ovviamente...). Ma per stabilire cosa è 'importante' e cosa non lo è, cosa è 'più importante'  e cosa ha 'meno importanza' ecc, di fatto seguiamo un''etica', magari 'personale'. Ma così facendo di fatto mettiamo un 'vincolo' alle espressioni della 'volontà', di questo 'fuoco'. E questo vale anche per la filosofia di Nietzsche. Chiaro, Nietzsche probabilmente direbbe cha la sua filosofia ha un orizzonte puramente naturalisico. Tuttavia, anche rimanendo in tale orizzonte, rimane comunque secondo me molta varietà tra le posizioni che si possono prendere sulla questione.

Estendendo poi anche al contesto 'collettivo' (ovvero sociale, politico...senza abbandonare ovviamente quello 'individuale' citato in precedenza), secondo me FN ha fatto in questo contesto alcune delle affermazioni più disturbanti, come nel passo di Al di là del bene e del Male già citato in precedenza. In fin dei conti, se conta più che altro l''affermazione' delle 'volontà'...

Con questo non volevo dare una lista esaustiva di cose che 'non funzionano' secondo me del pensiero di FN. D'altra parte, sono anche convinto che molti passi dei suoi scritti siano molto interessanti. Ad esempio, diverse sulla creatività, sull'indipendenza, sul risentimento e così via. Non vorrei dare l'idea di 'racchiudere' completamente il suo pensiero in queste critiche.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

paul11

 Ciao Aperion,


nella logica formale si può argomentare senza contraddizione rispettando il risultato che danno i connettivi logici, ma definendo e dichiarando "fesserie" tautologiche; mentre a mio parere più propriamente è un'aporia, un blocco argomentativo filosofico, ma può sostanziarsi anche in una teoria scientifica incompleta. Ed è la norma, diversamente tutto sarebbe perfettamente spiegabile e conoscibile.
Comunque sono d'accordo con te.


E' mia considerazione il fatto che ad una mancanza psichica, dell'animo umano, vi sia un tentativo di risposta, di colmarlo con un atto cosciente. E' come un compulsione psicologica.
Quindi penso, sempre con tutti i se e le sospensioni su Nietzsche, nel senso che non ho una conoscenza così approfondita da darne un giudizio, che ad una mancanza interiore corrisponde una volontà cosciente di colmarla. Ma questo è normale in noi umani, poi vi è l'esperienza, la pratica della vita che aumenta o lenisce la mancanza.
Questa brama, questa volontà era stata a suo tempo trovata da Schopenhauer come paradigma originario di tutto il sistema universale, nato per una volontà e declinato nel mondo  in volontà di esistere, di vita; solo che per Schopenhauer la risposta è un pessimismo totale per la condizione umana, quasi ad annuire all'epitaffio del sileno sul destino umano, per cui si rivolge alla contemplazione buddista, attraendo le ira funeste di Nietzsche che pensa ad una volontà come motore anche come risposta come ottimismo, se così si può contrapporre al pessimismo di Schopenhauer.
Quindi sono d'accordo con te, nasce tutto da una indigenza, una mancanza, da una imperfezione naturale umana  che impegna ad una risposta. Temo che sia la norma nel destino umano lo stato di insoddisfazione che diventa il motore per qualcosa, per una ricerca interiore, esteriore.Lo stato di serenità è una ricerca e spesso contemplativa, a volte estetica, a volte narrativa, tende a sublimarsi in qualcosa che in qualche modo ci soddisfa o vi tenda.


E' la morale che regola i comportamenti etici e non viceversa, per me non sono sinonimi morale ed etica. In mancanza di morale, l'etica è regolata dalle circostanze ambientali, naturali, culturali, soprattutto dalla convenienza a vivere in società e quindi a perdere qualcosa in libertà individuale per ricavarne sicurezza: ci si difende meglio e si attacca meglio in gruppi organizzati. Ma se ad esempio parliamo di un livello più alto, di convivialità, penso che senza virtù morali che regolino impulsi e istinti, la tendenza è una propensione all'egoismo, per pura convenienza, dove il forte domina il debole e il debole  è protetto dal forte: una simbiosi forse strana ,ma naturale.
La mia impressione attuale su Nietzsche è che crede ad uno spontaneismo naturale umano tendente ad una positività, ma forse mi sbaglio......Se crede che tolte le condizioni per lui di schiavitù spirituale sul divino, si possa aprire la strada del nuovo fanciullo superuomo........è ottimista. Con tutte le contraddizioni del caso, sempre  a mio parere...che ammetto deficitario in quanto incompleto.


La disamina sulla volontà di potenza certifica comunque una verità naturale che avevo già scritto, non ha morale, ha delle sue regole che sono spietate e crudeli quanto il destino di morire. A mio parere è onesto Nietzsche ad aprire gli occhi agli umani.
Altro, sempre a mio parere, è costruire sopra questa verità naturale un pensiero costruttivo umano

Ipazia

Citazione di: paul11 il 07 Maggio 2020, 13:16:34 PM
ciao Ipazia,
grazie per le precisazioni....
la mia risposta è "non so", non sono un filologo delle opere complete di Nietzsche.
Mi colpisce la tua sicurezza , perentorietà sul pensiero di Nietzsche.

Primum legere, deinde philosophari  :) E' tutto scritto e disponiamo pure di un'ottima integrale filologica per merito di due Italiani.

CitazioneChe il dionisiaco venga utilizzato per scardinare i pensieri divinizzanti è già praticamente nella sua prima e seconda opera sulla tragedia e sull'analisi dei filosofi greci. Se poi si vuole bypassare le opere di Nietzsche e stabilire che invece la verità del suo pensiero stia nei frammenti postumi......mi lascia molto perplesso. Altri autori sul pensiero di Nietzsche  dicono il contrario di ciò che scrivi,
Che la fase cosiddetta del meriggio, di Così parlò Zarathustra è la più alta , poi negli iscritti del tramonto si assiste a nevrotiche prese di posizioni contro tutti e tutti.
Ho guardato il sito in tedesco di Nietzsche: hai presente il numero di frammenti e di lettere che sono archiviati? I frammenti da te indicati sono datati nel periodo dello scritto "Genealogia della morale" che ho studiato un paio di anni fa e infatti si assiste ad una accidiosa polemica sul crocefisso con pagine anche fastidiose e altre  invece molto perspicaci.

Se si guarda la cronologia delle opere di Nietzsche si scopre come ci sia un addensamento della sua attività pubblicistica a partire dallo Zarathustra (1885) in poi (1888). Sono poco più di tre anni in cui FN ha già chiaro il suo "sistema" filosofico che vuole finalmente venire alla luce in una forma sistematica, rivestendo di carne e sangue i voli poetici del profeta persiano che tanto successo aveva riscosso. In tale contesto i frammenti più sistematici, i piani di lavoro, sono altamente indicativi di come procedesse la "preparativa di laboratorio" del progetto e forse sono l'unico materiale che ci permetta di capire dove andava a parare la sua parabola filosofica. Ben più delle opere pubblicate, sempre più affette da una contingente e affrettata necessità di dire tutto e subito, quasi a presagire il crollo imminente. Avvicinandosi alla data fatale del cavallo torinese (3 gennaio 1989) diventava sempre più cieco e doveva farsi scrivere e correggere i lavori da altri. Non certo le condizioni migliori per fare un lavoro sistematico. Ecco che allora bisogna stanarlo al di sotto della pamphlettistica pubblicata, nel guazzabuglio di frammenti che i filologi hanno ordinato cronologicamente dall'85 all'88. Significativo che il grosso del materiale inedito importante si trovi proprio tra l'87 e l'88, mentre gli appunti degli anni precedenti sono confluiti abbastanza compiutamente nelle opere pubblicate.

CitazioneChe la cosiddetta fase giovanile di Nietzsche sia superata rispetto alla prima fascinazione  per Schopenhauer e Wagner, è vero è un dato di fatto inequivocabile. Che vi siano tali e tante operazioni editoriali, come per Heidegger, che dicono tutto e il contrario di tutto, è altrettanto vero. Girano più editorie sul pensiero di Nietzsche che non le sue opere vere e proprie edite alla stampa.
La mia posizione, oltre al "non so", è interlocutoria, in sospensione perché Nietzsche è contraddittorio nel suo pensiero, ma è una caratteristica come ho ribadito in più post, che mi affascina.
Che vi sia una stesura omogenea, oserei dire sistematica, da filosofo ante litteram, di Nietzsche, si intravede, ma penso che non fosse il suo intento fare il filosofo "classico".
Personalmente, ma è un giudizio il mio da prendere con le dovute "sospensioni", c'è una gerarchia da seguire, prima le opere, poi le lettere e i frammenti. Già Nietzsche è un pensatore che dice e non dice e quindi si fa parecchio interpretare nelle sue opere, figuriamoci se corriamo dietro alle lettere e ai frammenti. Ma soprattutto il mio intento nell'aprire questa discussione non è un processo del totale pensiero nietzschiano. Man mano, visto che lo studio cronologicamente,  che trovo alcune considerazioni che potrebbero aprire colloqui fra noi nel forum , come ho fatto per il sileno, lo farò volentieri.

Inequivocabile è che il pensiero di FN abbia una sua continuità e che alla fine sia giunto anche ad una sistematicità intorno ai paradigmi da lui affermati e testati nell'intero arco della sua riflessione filosofica, sui cui fondamenti si può discutere, ma non certo liquidarli superficialmente con la giustificazione dell'incoerenza e della pazzia. Laddove FN afferma perentoriamente non ci sono interpretazioni che possano scalfire il fatto del testo scritto, a meno che successivamente sia lo stesso FN ad averlo rinnegato. Cosa che in "Ecce homo" (1888) egli fa con grande lucidità autoreferenziale per cui questo testo andrebbe letto per primo, non per ultimo come un approccio "scolastico" consiglierebbe. Si eviterebbe così di perdersi in inutili illazioni falsificate poi dall'autore medesimo. A meno di non voler essere a tutti i costi più nicciani di FN medesimo, vezzo insopportabile di tanti critici che devono pur guadagnarsi la pagnotta. Andare a ritroso verso i testi giovanili è sacrosanto, ma per cogliere i germogli di un pensiero, non certo per confutare le correzioni e abiure di quel pensiero da parte dell'autore medesimo.

CitazioneSull'etica,che non è poiesis, di Nietzsche ho fortissime perplessità. Continuo a ribadire che la morale non è l'etica.
La morale o si fonda su un sistema di pensiero ...

...il quale sistema di pensiero si fonda su cosa ?

Citazione... o sparisce nelle pratiche comportamentali che sono più propriamente l'etica, entrano paurosamente in contraddizione fra loro, non essendovi nessuna misura di giudizio, se non l'abitudine, le convenzioni, gli usi e costumi. La morale implica a sua volta il concetto di giustizia e la storia delle scienze giuridiche, cosa che l'etica può sbrigativamente e superficialmente glissare. Il bene non è necessariamente il bello e il bello non è il paradigma dove " è bello ciò che piace". Il piacere e il desiderio non sono identificabili con i concetti di giustizia e di virtù morali. E in questo, a me pare, Nietzsche fallisce.
E fallirà qualunque posizione che non sappia sitematizzare prima il paradigma morale....come sta avvenendo nelle pratiche odierne, individuali, sociali, famigliari, lavorative, finanziarie,....perchè senza morale e quindi  giustizia, diventano precari sia la libertà che l'eguaglianza, delegate al branco naturale...del più forte.

... e si torna alla vexata quaestio: nomos>ethos>physis o physis>ethos>nomos ?

Che poi, essendoci un solo ethos, voler trovare differenze sostanziali tra morale ed etica è antropologicamente insostenibile. Semmai differenze funzionali sulle quali è consistente la definizione hegeliana di morale come empiria dell'ethos ed etica come sua scienza. Interpretazione sostenuta anche dall'etimo e dal pensiero classico in cui il κά finale di ἠϑικά rimanda alla techne, quindi ad un apparato razionale atto ad interpretare l'ethos empirico indagandone le radici e motivazioni e fornendo soluzioni "tecniche" (etica) di natura antropologica ad hoc

CitazioneGrazie comunque per le tue osservazioni e conoscenze che hai portato

E' uno scambio reciproco  :D
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

ciao Ipazia,
Sei talmente certa della tua interpretazione di Nietzsche da ammirarti.
Non posso che invece a mia volta ribadire la mia ignoranza in merito alla totalità del pensiero che via via si dipana in Nietzsche, per cui posso giudicare solo di ciò che ho letto e studiato che non è tantissimo. Mi rimangono dei forti dubbi su altre interpretazioni di parecchi studiosi. Mi è possibile chiarire i miei giudizi attuali solo leggendo e studiando.
E adatto che studio Nietzsche cronologicamente mi attengo a ciò che scrive lui e poco mi importa delle interpretazioni se non direttamente attinenti a ciò che ha scritto.
L'ultimo Nietzsche non cassa il primo Nietzsche, sono scritti tutti e sono alla storia. Se poi qualcuno dai frammenti vuol trovare il bandolo della matassa, libero di farlo, ma non di impormi il suo metodo e contesto.


Poni all'attenzione i paradigmi e la coerenza di Nietzsche. I paradigmi sono deboli, la denuncia non cancella una tradizione se non costruendo altrettanti paradigmi ancor più potenti. Nietzsche è un antesignano della contro cultura, ma che non cambia il corso della cultura. La sua influenza è su pensieri ancora deboli di costituzione e cagionevoli di interpretazioni.


Ribadisco e non è farina del mio sacco che troppi studiosi denunciano una decadenza dopo Così parlò Zarathustra e finché non è dimostrato il contrario e la storia di Nietzsche tenderebbe a confermarli, rimango di questa opinione.


E ridargli con questa etica...... Non caverai mai un ragno dal buco iniziando  dai comportamenti
pratici degli umani che sono così ampi, dall'onesto  al disonesto, dal pensiero all'azione, dal conveniente al solidale...vi troverai oceani di contraddizioni che piacciono alle analisi statistiche sociologiche e dei marketing: a questo serve.
Se pensi che antropologi e sociologi hanno in mano il pensiero etico confonderai gli effetti con le cause, allargherai alla psicologia, e non basterà, passerai alla neuroscienze e cognitivismo e non capirai la differenza fra mente e cervello ,ti rivolgerai alla biologia e il DNA non ti dirà dalla sua elica come è costituito  l'uomo (non capiscono neanche un RNA di un virus), penserai all'evoluzionismo darwinista e troverai la prevalenza del cretino sull'onesto.... Tanti auguri.

Phil

#44
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2020, 10:17:28 AM
Che poi, essendoci un solo ethos, voler trovare differenze sostanziali tra morale ed etica è antropologicamente insostenibile. Semmai differenze funzionali sulle quali è consistente la definizione hegeliana di morale come empiria dell'ethos ed etica come sua scienza. Interpretazione sostenuta anche dall'etimo e dal pensiero classico
Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2020, 13:34:02 PM
E ridargli con questa etica...... Non caverai mai un ragno dal buco iniziando  dai comportamenti
pratici degli umani che sono così ampi, dall'onesto  al disonesto, dal pensiero all'azione, dal conveniente al solidale...vi troverai oceani di contraddizioni che piacciono alle analisi statistiche sociologiche e dei marketing: a questo serve.
In aggiunta a quanto ricordato da Ipazia, non so se ciò possa essere ulteriore elemento utile nella diatriba forumistica fra «etica» e «morale»: tra i corsi universitari, non mi pare ci siano corsi di «filosofia etica», bensì o di «filosofia morale» o di «etica» (magari declinata con specificazioni, «della comunicazione», o altro). Questo perché, come spiegato solitamente nelle prime lezioni (se non ricordo male), l'etica è la riflessione (filosofica) sulla morale; per cui "filosofia etica" sarebbe ridondante e «filosofia morale» è solo una perifrasi di «etica» che mette l'accento sull'ambito filosofico.
Detto in sintesi, la morale viene intesa come l'apparato di valori propri di una comunità, mentre l'etica è piuttosto la riflessione filosofica sua tali valori, sul loro fondamento, etc. poi nel linguaggio comune, giustamente generalista e vago, sono spesso sinonimi (dipende quindi da quale linguaggio vogliamo usare).


Edit: doveroso ricordare che quando si parla di «codice etico aziendale», di «certificazione etica Sa 8000», etc. non si sta usando un linguaggio strettamente filosofico, ma con l'aggettivo «etico» si allude a principi e valori sociali o di gestione delle risorse umane.

Discussioni simili (5)