Il punto di vista di Nietzsche

Aperto da paul11, 26 Aprile 2020, 11:40:46 AM

Discussione precedente - Discussione successiva

paul11

#45

Ciao Phil,
non so cosa oggi le università inseriscano nei corsi di studi, ma so che storicamente c'era la filosofia morale che comprendeva anche quella politica, poi via ,via,  sparisce la morale e la politica viene spinta alle scienze politiche.
Da sempre l'etica è la prassi, la pratica del comportamento umano, ma non è un paradigma.
Se poi antropologi, sociologi e persino psicologi e aggiungiamo anche gli etnologi, dal comportamento umano deducono teorie ,quella è la strada inversa per giungere alla morale, poiché così facendo la morale diventerebbe giustificativa di un'etica e persino di qualche teoria antropologica, sociologica, ecc.
La morale è necessariamente meta-fisica.
I filosofi e scienziati politici si sono adattati alla sparizione della morale a favore dell'etica, inventando delle forme di giustizia, come quella distributiva, il neo corporativismo o neo contrattualismo, ecc. Incidendo in ben poco sulla storia.


Che piaccia o no alcuni concetti  stessi utilizzati da Nietzsche , di arianesimo, pangermanesimo, patria, popolo, nazione e i relativi rituali e simboli , feste nazionali, bandiere, vessilli, inni nazionali vengono dalle morali non dalle etiche, perché sono identitarie in qualunque popolo e tradizione.

Phil

Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2020, 18:49:44 PM
non so cosa oggi le università inseriscano nei corsi di studi, ma so che storicamente c'era la filosofia morale
Concordo: la «filosofia morale» (ovvero, in una parola, etica) non una disciplina chiamata «morale».
Quel «da sempre l'etica è la prassi»(cit.) non so se trovi adeguato riscontro filologico; Ipazia ha già linkato in merito e il modo in cui alcuni filosofi parlano di etica credo minacci quel «da sempre», almeno se inteso nella filosofia. Si tratta di capire se si vuole usare il linguaggio comune o quello settoriale o quello di un filosofo in particolare.

Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2020, 18:49:44 PM
Che piaccia o no alcuni concetti  stessi utilizzati da Nietzsche , di arianesimo, pangermanesimo, patria, popolo, nazione e i relativi rituali e simboli , feste nazionali, bandiere, vessilli, inni nazionali vengono dalle morali non dalle etiche, perché sono identitarie in qualunque popolo e tradizione.
Concordo: vengono dalle morali, non dalle etiche (cioè dalle filosofie morali), proprio perché
Citazione di: Phil il 08 Maggio 2020, 14:38:08 PM
la morale viene intesa come l'apparato di valori propri di una comunità, mentre l'etica è piuttosto la riflessione filosofica sua tali valori


P.s.
Chiaramente, nulla vieta di dare ai due termini un significato personalizzato, siamo pur sempre su un forum, non all'università.

paul11

#47
 Ciao Phil,


citaz.
Chiaramente, nulla vieta di dare ai due termini un significato personalizzato, siamo pur sempre su un forum, non all'università. 


L'importante è la precisione dei termini per la comunicazione ,diversamente o non capiamo o ci fraintendiamo. Ma muta anche l'argomentazione, che per me è seria, importante dal punto di vista storico, indipendentemente sia giusto ,sbagliato, ecc.
Il primo punto è che morale, moralista, "bacchettone" ,conformista sono divenuti sinonimi e questo è storicamente avvenuto spacciandole per liberazioni. Attenzione qui c'è lo stesso problema fra cristianesimo e Chiesa . L'istituzione è quel qualcosa che sta fra concetto pensato e interpretante pratico che potremmo dire come la pratica comportamentale  etica sia  più o meno coerente con il concetto  morale, questo ruolo nasce per forza anche dal nomos greco di Esiodo, nello specifico della cultura greca e poi occidentale, e indicò il concetto di sovranità come istituto fra l'armonia, l'equilibrio del cielo e della natura che doveva essere recepita dalla organizzazione umana. Gli istituti giuridici antichi erano quindi posizionati in mezzo, intermediari, fra il nomos e la società umana.
Se si è colto bene il concetto, dal sacerdote allo stregone, dallo sciamano, al sovrano, al capo tribù, sono ovunque a tutte le latitudini, non solo nel nomos greco. Gli istituti giuridici si "ibridano" già nel passaggio al diritto romano, dove comincia a prevalere il diritto privato. Per fare un altro esempio gli usi e costumi verranno introdotti dal germanesimo con il susseguente passaggio del diritto canonico e civile romano all'epoca del Barbarossa, eccetera eccetera.
Ho già scritto che nonostante tutti gli sforzi culturali della modernità gli istituti come concetti fondamentali sono di fatto immutati come concetto ,ma svuotai del contenuto originario .
Semplicemente perché il potere umano, anche nei grandi passaggi del concetto di sovranità, dove era il Papa a consacrare l'imperatore e poi il feudalesimo e poi le monarchie costituzionali, repubbliche democrazie.....gli istituti rimangono. Per quanto il nazismo ,il fascismo, il comunismo russo e quello cinese di Mao, e quant'altro possano cambiare i colori e forzare sui passaggi di mentalità dichiarando regimi coattivi o liberi interni ( e questo è l'etica), gli istituti storici tradizionali non mutano affatto perché non può reggere un qualunque regime autoritario basato solo  sulla forza e sul militarismo di Stato . Per questo dico che anche Marx ha fallito, ha fallito Freud , ha fallito Nietzsche, perché non sono arrivati alle vere radici culturali  del genere umano, non solo occidentale, nonostante abbiano lasciato pensieri importanti . Non si può pensare che il libretto rosso di Mao cancelli il confucianesimo  di duemila e passa anni prima o il taoismo che sono dentro la medicina, tradizionale, nei rituali famigliari, nell'educazione famigliare. E infatti passano  i regimi e riemergono le tradizioni storiche identitarie.


Nietzsche non può glissare il sistema uomo come natura e cultura  perché non gli va la morale. E come si sarebbero mai formati le tradizioni antichissime egizie, quella vedica indiana, quella sumerico assiro babilonese, se persino l'homo  neanderthaliano  seppelliva  in terra  i propri morti?
Il neanderthaliano  il sapiens sono   l'antesignano del metafisico che inizia il culto e i disegni nelle grotte è la prima estetica? La trascendenza non è  soltanto un concetto filosofico , la filosofia  lo concettualizza, lo codifica culturalmente, ma nasce con l'homo.
Glissare i fondamenti significa depistare tutta la cultura e sbagliare il segno, rimangono importanti riflessioni, quello sì.

viator

Salve. un banale, minimo intervento etimologico :
Citazione di: Phil il 08 Maggio 2020, 20:26:13 PM
Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2020, 18:49:44 PM

Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2020, 18:49:44 PM
Che piaccia o no alcuni concetti  stessi utilizzati da Nietzsche , di arianesimo, pangermanesimo, patria, popolo, nazione e i relativi rituali e simboli , feste nazionali, bandiere, vessilli, inni nazionali vengono dalle morali non dalle etiche, perché sono identitarie in qualunque popolo e tradizione.
Concordo: vengono dalle morali, non dalle etiche (cioè dalle filosofie morali), proprio perché
Citazione di: Phil il 08 Maggio 2020, 14:38:08 PM
la morale viene intesa come l'apparato di valori propri di una comunità, mentre l'etica è piuttosto la riflessione filosofica sua tali valori

Giustamente, visto che "ethos" è il comportamento (la sostanza interiore) mentre i "mores" sono i costumi (l'apparenza sociale ed esteriore).

Dal basso della mia ignoranza non riesco a capire, al di là del senso comune, come si possano culturalmente confondere i due significati. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Apeiron

Ciao Paul,

Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2020, 00:35:51 AMCiao Aperion,


nella logica formale si può argomentare senza contraddizione rispettando il risultato che danno i connettivi logici, ma definendo e dichiarando "fesserie" tautologiche; mentre a mio parere più propriamente è un'aporia, un blocco argomentativo filosofico, ma può sostanziarsi anche in una teoria scientifica incompleta. Ed è la norma, diversamente tutto sarebbe perfettamente spiegabile e conoscibile.
Comunque sono d'accordo con te.
Penso anche io che siamo per lo più d'accordo. L'aporia infatti è sì un segnale che c'è un errore nel nostro ragionamento, però come dici tu l'aporia è un segnale di complessità. Essere consapevoli dell'aporia e quindi della limitatezza a fronte di una complessità, è una sorta di 'dotta ignoranza' (a proposito di armonia di opposti  ;D ).
Ciò non toglie che si dovrebbe comunque aspirare a cercare di essere quanto più consistenti e chiari possibile.

Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2020, 00:35:51 AM
Questa brama, questa volontà era stata a suo tempo trovata da Schopenhauer come paradigma originario di tutto il sistema universale, nato per una volontà e declinato nel mondo  in volontà di esistere, di vita; solo che per Schopenhauer la risposta è un pessimismo totale per la condizione umana, quasi ad annuire all'epitaffio del sileno sul destino umano, per cui si rivolge alla contemplazione buddista, attraendo le ira funeste di Nietzsche che pensa ad una volontà come motore anche come risposta come ottimismo, se così si può contrapporre al pessimismo di Schopenhauer.
...
Sì bene o male concordo nuovamente con te. Schopenhauer riteneva che questo 'processo', questo 'fuoco' di 'indigenza e sazietà' fosse l'essenza del mondo fenomenico e del soggetto conoscente. Tuttavia, questo 'sforzo' non mirava a niente - o meglio era in continuazione rinnovato perché nessun soddisfacimento riusciva ad essere 'completo' e quindi alla fine si tornava all'indigenza. Da qui il 'pessimismo', visto che questo 'sforzo' era continuamente rinnovato se si riusciva a trovare soddisfazione oppure era soggetto a frustrazione, in caso di fallimento - e questa 'visione' per Schopenhauer portava quanto meno ad una 'moderazione' della 'volontà', per arrivare perfino alla mortificazione. (Vero poi che Schopenhauer si era rivolto alla filosofia e alla spiritualità induista e buddhista, trovando molte affinità con il suo pensiero ci sono chiaramene anche molte differenze, ma direi che non è il 'luogo' adatto per discuterne  ;) ).
D'altra parte, Nietzsche era fortemente contrario a questa reazione. Concordava con Schopenhauer che sì, c'era un aspetto tragico nell'esistenza. E che sì questo processo di indigenza e (ricerca di) sazietà era soggetto a frustrazione e ad essere rinnovato in continuazione. Ma Nietzsche riteneva che la giusta 'reazione' fosse di segno completamente opposto e infatti arrivava ad 'affermare', fino al punto di 'venerare' in un certo senso questa 'attività', questo sforzo.
Riguardo al tema della sofferenza peunso che due frammenti di Eraclito siano molto interessanti anche per la filosofia di Nietzsche (nel senso che secondo me spiegano le ragioni che stanno dietro a diverse considerazioni di FN):"La malattia rende piacevole la salute, la fatica il riposo, la fame la sazietà." (B111)
"Per gli uomini non è meglio che tutto accada come desiderano" (B110)Concordo con Eraclito che possiamo imparare molto 'attraverso' le 'esperienze negative'. Dico 'attraverso' perché è vero secondo me che, per esempio, una lunga malattia ci può far apprezzare di più la salute. Ma non è che dobbiamo 'sperare' di vivere le 'esperienze negative', perché altrimenti quelle positive non potrebbero veramente 'essere apprezzate'. Il problema è che si arriva ad una sorta di 'dolorismo' dove la sofferenza, il dolore viene visto come qualcosa che 'dobbiamo' per forza sperimentare in modo da 'vivere veramente'. Quindi se da un lato è vero secondo me che 'attraverso' esperienze negative possiamo imparare molto, possiamo 'crescere' e così via perché possono far 'scattare' in noi qualcosa che ci fa andare in quella direzione, dall'altro lato non credo che ciò sia sufficiente a farcele considerare come qualcosa di 'positivo'. Ritengo che, in realtà, rimangono 'negative' anche se come effetto 'collaterale' può portare ad una 'crescita', un maggiore apprezzamento delle cose 'positive' e così via. Idem nel caso della 'lotta'. Concordo che il 'lottare' (in vari sensi) ci può far apprezzare meglio la calma, la pace ecc. Tuttavia, questo non ci deve far pensare che la 'lotta' sia qualcosa di 'positivo'. Oppure, per fare un altro esempio. Un'esperienza di frustrazione ci può sì far 'scattare' in noi qualcosa che ci induce a cambiare un determinato comportamento che causa in noi molta sofferenza, ma questo non toglie che la frustrazione è un'esperienza 'negativa'.
Questo è un motivo per cui dicevo che pur pensando che Schopenhauer sia 'estremo', sono in un certo senso più vicino a lui rispetto che Nietzsche.

 


Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2020, 00:35:51 AMLa mia impressione attuale su Nietzsche è che crede ad uno spontaneismo naturale umano tendente ad una positività, ma forse mi sbaglio......Se crede che tolte le condizioni per lui di schiavitù spirituale sul divino, si possa aprire la strada del nuovo fanciullo superuomo........è ottimista. Con tutte le contraddizioni del caso, sempre  a mio parere...che ammetto deficitario in quanto incompleto.
Nì, nel senso che sono d'accordo che Nietzsche voleva 'eliminare' i vincoli alla 'volontà' per renderla spontanea, ma non credo che tenda necessariamente ad una 'positività' (ma potrei averti frainteso...). Infatti, la mia impressione è che FN voleva 'liberare' la 'volontà' accettando tutte le conseguenze del caso. E in effetti Nietzsche sembrava ammirare (pur non risparmiandoli dalle critiche) un po' tutti coloro che avevano avuto un 'grande impatto' sulla storia. Per esempio, aveva una certa ammirazione sia per Goethe che per Napoleone anche se, chiaramente, 'esprimevano' la 'volontà' in modo diverso. Ed è qui appunto che arriva un grosso problema della filosofia di Nietzsche. Il suo rifiutarsi di 'mettere delle regole' all'espressione della 'volontà' (se non forse che si deve evitare di farla esprimere in modo che si auto-limiti)...

Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2020, 00:35:51 AM
Altro, sempre a mio parere, è costruire sopra questa verità naturale un pensiero costruttivo umano
Gìà, questo secondo me questo è un grosso errore di Nietzsche...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Phil

Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2020, 22:06:08 PM
Nietzsche non può glissare il sistema uomo come natura e cultura  perché non gli va la morale. E come si sarebbero mai formati le tradizioni antichissime egizie, quella vedica indiana, quella sumerico assiro babilonese, se persino l'homo  neanderthaliano  seppelliva  in terra  i propri morti?
Il neanderthaliano  il sapiens sono   l'antesignano del metafisico che inizia il culto e i disegni nelle grotte è la prima estetica? La trascendenza non è  soltanto un concetto filosofico , la filosofia  lo concettualizza, lo codifica culturalmente, ma nasce con l'homo.
Glissare i fondamenti significa depistare tutta la cultura e sbagliare il segno, rimangono importanti riflessioni, quello sì.
La tematica del fondamento non è certo sdoganabile in una manciata di righe off topic, ma secondo me il fondamento, se inteso come chiave di lettura dell'esser-uomo-nel-mondo, non è tanto un archètipo d'innesco né un sommesso denominatore comune a tutte le epoche, ma piuttosto una dinamica fra fondamenti, alcuni sfondati (quindi non più fondanti), altri magari appena assunti a fondamento. Se l'uomo primitivo seppelliva i morti e dopo di lui fecero altrettanto egizi e altri popoli, ciò non è un fondamento né della cremazione (con origini forse altrettanto antiche) né aiuta a capire il rapporto con la morte delle ultime generazioni (quelle che vedono il vuoto nel folklore delle formalità funebri). I "maestri del sospetto", proprio come Mao, il nazismo, il comunismo russo, etc. sono fra i fondativi della società contemporanea: possono aver perso (se vincere è non essere criticabili o "durare per sempre"), tuttavia, senza una minima consapevolezza di loro, l'attualità risulta un mistero inintelligibile. E non sono fondanti solo della comprensione dell'oggi: soprattutto, le tangibili ripercussioni sociali, politiche, etc. della loro caduta nello stagno della storia, sono ancora performative e in atto (come centri concentrici nell'acqua, più si espandono e più si indeboliscono, perché inevitabilmente perdono la spinta iniziale e si incrociano con altri; ma non considerarli è pensare erroneamente che nello stagno ci sia ormai calma piatta).
Affermare che «passano  i regimi e riemergono le tradizioni storiche identitarie»(cit.) secondo me non rende giustizia a ciò che ha portato alla nascita di tali tradizioni identitarie (a discapito di altre, sconfitte), né all'estinzione in corso di molte tradizioni storiche (quelle delle minoranze culturali), né al condensarsi di nuove (neo)culture tramite ibridazione (si pensi alla globalizzazione) e a tutti quei cambiamenti dello scenario antropologico e sociale che ci distinguono dai sumeri.

C'è indubbiamente un residuo sapienziale che rende ancora attuali testi antichi, perché in fondo si parla pur sempre di uomini il cui funzionamento psicologico, neurologico, etc. non è stato stravolto negli ultimi duemila anni. La "semplicità" con cui l'uomo antico era decifrabile, "semplicità" che rende appunto attuale una certa riflessione sull'uomo, oggi è insufficiente per capire l'uomo contemporaneo: «insufficiente» non significa che sia inutile o non possa più trasparire dalle pieghe dell'attualità; «insufficiente» significa che, se togliamo tutti i fondativi che si sono accumulati fra noi e l'impero romano, difficilmente riusciremo a capire (e poi a spiegare) come mai non siamo semplicemente degli etruschi che usano gli smartphone.


P.s.
Siamo comunque in un topic su Nietzsche e non vorrei deviarlo, eventualmente ne riparleremo altrove.

paul11

 Ciao Aperion,


Eraclito pensa al contrasto che in un certo qual modo è simile al conflitto. Ciò che risalta è
un primo piano rispetto ad uno sfondo, la malattia rispetto alla salute o viceversa, una vittoria su una sconfitta o viceversa. Fanno tutto parte del vissuto che rispecchia il suo pensiero sul fondamento, su come si regolano le cose.


Schopenhauer  alla fin fine, trendo il risultato del suo pensiero sulla volontà è pessimista e quando porta ad assimilare una motivazione passiva, poiché diventa contraddittorio persino il suicidio scrive, un atto ancora di volontà su un altro di  volontà originaria di dover vivere.
Nietzsche, pur condividendo questa volontà, l'interpreta esistenzialmente attiva, quindi la motivazione diventa opposta, un dover cambiare un poter cambiare.


Per spontaneismo intendo che Nietzsche, è un mio parere interpretativo sul suo pensiero, quindi come al solito da prendere con "le pinze", ritiene positivo per origine, per natura, l'uomo.
Tolto il condizionamento morale, l'uomo libererebbe la  sua natura positiva, propositiva, appunto la sua volontà ed è esatto, accettando tutte le conseguenze del caso.


L'auto limitazione dovrebbe essere connaturata nell'uomo: Nietzsche ha una grande fiducia per l'uomo.


Purtroppo, mia considerazione, l'uomo non "funziona" così.

paul11



ciao Phil,
Il fondamento è come è l'universo e la relazione che l'uomo ha con esso, in quanto è comunque parte, quindi è anche come l' uomo sta-nel-mondo, ma non può prescindere dalla relazione, che filosoficamente è sempre un'interpretazione, una ricerca.
Nietzsche bypassa il fondamento universale e scende al livello del come-l'uomo-sta-nel-mondo e la relazione quindi è solo con la natura.


Per me invece è un archetipo, lo pensavano i Greci, lo pensa a suo modo persino l'archetipo trovato nella psicologia analitica  C.G.Jung. E anche la volontà, a suo modo è un archetipo per Schopenhauere e Nietzsche, con tutte le loro diversità interpretative.


Secondo te perché l'uomo primitivo comincia a seppellire i morti? L'elaborazione del lutto  da parte della psicologia moderna è uno dei tentativi di risposta. Ma il vedere un cadavere privo di vita , di quella persona con cui si avevano complesse e tante relazioni e senza un ritorno, una definitiva rottura, un animale lo supera in breve, l'uomo deve appunto elaborare quel mistero.
Il fatto che le antiche sepolture siano qualcosa di artisticamente spesso spettacolare per la bellezza, se lo si pone nel tragico fra vita e morte, l'elaborazione porta anche alla rappresentazione, al rito.


Faccio un esempio: il cadavere del defunto spesso era in casa e da noi solo fino a pochi decenni fa.
Chiediti come mai sparisce dalla vista un persona affetta di coronavirus, non è possibile assisterlo e vederlo, muore, quasi non si fa un funerale, e i parenti ,amici reclamano. Non c'è una elaborazione del lutto.
Ma a prescindere dall'esempio , si pensa forse che la natura umana sia cambiata anche solo rispetto a cinquecentomila anni fa? E come mai si leggono testi buddisti, taoisti, la Bibbia è ancora il testo più venduto nel mondo, il Corano, ecc.
Pensi davvero che la sceneggiatura della tecnica occidentale possa mutare l'essere umano?
Come se davvero la linearità temporale sia progressiva, sia quel progresso positivista? Nemmeno Nietzsche a mio parere lo pensa, tant'è che si rivolge alla tragedia greca esaltando persino la forma dell'anfiteatro greco più partecipativo che non l'architettura del teatro moderno, e ad un eterno ritorno degli identici.


Non fraintendiamo: un conto è studiare la natura umana per quel che è,  e un conto è la storia della organizzazione umana. L'una non può cancellare l'altra c'è un rapporto simbiotico molto complesso, di pacificazione di un conflitto che è sempre latente. La storia della mimesi, di come mimetica mente i fondativi della natura umana, vengono diversamente rappresentati nella storia della cultura, dell'arte, delle scienze, hanno sempre il denominatore comune dell'essere umano che non ha storia, è quello che è da quando ha il potere del linguaggio.

Ipazia

Citazione di: paul11 il 10 Maggio 2020, 12:19:50 PM
Non fraintendiamo: un conto è studiare la natura umana per quel che è,  e un conto è la storia della organizzazione umana. L'una non può cancellare l'altra c'è un rapporto simbiotico molto complesso, di pacificazione di un conflitto che è sempre latente. La storia della mimesi, di come mimetica mente i fondativi della natura umana, vengono diversamente rappresentati nella storia della cultura, dell'arte, delle scienze, hanno sempre il denominatore comune dell'essere umano che non ha storia, è quello che è da quando ha il potere del linguaggio.

Che cos'è l'umano se non la sua storia ? E' la storia evolutiva propria dell'uomo, cioè la cultura, veicolata non solo dal linguaggio ma anche e soprattutto dalle opere, ad aver reso l'umano un animale storico, evolutivo in senso peculiare, duale, rispetto all'evoluzione naturale. L'utopia dell'umano originario, doc, è il corrispettivo immaginifico del metafisico essere parmenideo.

Anche FN è caduto in questa trappola quando ha mutuato da Darwin un presupposto umano archetipico, sovraccaricandolo di significati metafisici col Wille zur Macht, la volontà di potenza. La quale esiste in natura al pari del bene e del male, ovvero per nulla.

Tutto l'ambaradan etico/morale ha sì un presupposto naturalistico, ma che non ha nulla di specificamente antropologico, perchè è condiviso da tutti gli animali sociali. Se vi è una differenza non è di qualità, ma di quantità e diversificazione specialistica delle azioni comportamentali, da cui è fiorito un ethos molteplice, strutturale e, aihmè, anche eccessivamente sovrastrutturato (di ciò FN si accorse con profondo sguardo analitico), da cui nacque la morale (mores), la sua riflessione etica e la successiva costituzione normativa (nomos) nel diritto; in questa precisa, non variabile, sequenza storica, antropo-logica. Il tutto complicato da circolarità retroattive che però non alterano l'assunto naturalistico di base: la socialità. Tant'è che oggi un umano non sopravviverebbe allo stato di natura più di qualche settimana e la dimensione social, per quanto distanziamento si induca, finisce col rafforzarsi sempre più nelle forme storiche, che la tecnoscienza consente e inventa.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Apeiron

#54
Ciao Paul,

Citazione di: paul11 il 10 Maggio 2020, 12:19:10 PMCiao Aperion,


Eraclito pensa al contrasto che in un certo qual modo è simile al conflitto. Ciò che risalta è
un primo piano rispetto ad uno sfondo, la malattia rispetto alla salute o viceversa, una vittoria su una sconfitta o viceversa. Fanno tutto parte del vissuto che rispecchia il suo pensiero sul fondamento, su come si regolano le cose.

Concordo che tale 'visione' della malattia ecc è coerente con il suo pensiero. Quello che dicevo nel post era una critica...

Citazione di: paul11 il 10 Maggio 2020, 12:19:10 PMPer spontaneismo intendo che Nietzsche, è un mio parere interpretativo sul suo pensiero, quindi come al solito da prendere con "le pinze", ritiene positivo per origine, per natura, l'uomo.
Tolto il condizionamento morale, l'uomo libererebbe la  sua natura positiva, propositiva, appunto la sua volontà ed è esatto, accettando tutte le conseguenze del caso.
"Accettando tutte le conseguenze del caso" secondo me è dove sta il problema...
Ad ogni modo, riguardo alla 'spontaneità', Nietzsche su una cosa è stato dall'inizio alla fine non ha cambiato idea. In un interessante frammento postumo:

CitazioneNel considerare il mondo un gioco divino e al di là del bene e del male – ho come predecessori la filosofia dei Vedanta ed Eraclito.
(Frammenti Postumi, 1884)
Nietzsche qui definisce come suoi 'maestri' Eraclito* e - stranamente viste le tendenze rinuncianti di tali filosofie - i Vedanta, probabilmente per il concetto di 'lila'. Non è un caso che le 'tre metamorfosi' in 'Così Parlò Zarathustria' siano il cammello, il leone e, infine, il fanciullo, che corrisponde all'oltre-uomo. Quindi, il tema del 'gioco' è certamente centrale nella sua filosofia e direi che è un tema che accomuna le sue 'fasi'. Forse ti può interessare questo articolo, dove si esplora il tema del 'gioco' nel pensiero di Nietzsche: https://isonomia.uniurb.it/vecchiaserie/2002%20zavatta.pdf
*Un frammento di Eraclito, recita: "Aion è un bambino che gioca con le tessere. Il regno è di un bambino" (B52). Riguardo al 'regno', il frammento B53 recita: "Polemos è il padre di tutte le cose, di tutte il re...".


Citazione di: paul11 il 10 Maggio 2020, 12:19:10 PML'auto limitazione dovrebbe essere connaturata nell'uomo: Nietzsche ha una grande fiducia per l'uomo.
Penso che, invece, Nietzsche vedrebbe una 'auto-limitazione' della 'volontà' connaturata come un problema. Secondo me, lui vorrebbe 'liberare' la 'volontà' da tutte le limitazioni, che secondo lui ne bloccavano la spontaneità.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

#55
Aggiungo al mio post di precedenza, alcune considerazioni sull'oltre-uomo. Di seguito, alcune citazioni dalla 'Prefazione' di così Parlò Zarathustra (link: mailto:https://it.wikisource.org/wiki/Cos%C3%AC_parl%C3%B2_Zarathustra/Parte_prima/Prefazione):
CitazioneIo insegno a voi il Superuomo. l'uomo è cosa che dev'essere superata. Che avete voi fatto per superarlo?...L'uomo è una corda, tesa tra il bruto e il superuomo, — una corda tesa su di una voragine.
...Amo tutti coloro che somigliano a goccie pesanti che ad una ad una cadono dall'altra nube che incombe sull'uomo: esse annunziano il fulmine che sta per giungere e vaniscono quali messaggeri.

Vedete, io sono un nunzio del fulmine ed una goccia pesante della nube: ma quel fulmine si chiama il superuomo
Ora, Nietzsche credeva che l'uomo, almeno nello suo stato attuale, non  era oltre-uomo/super-uomo. Quindi ci si potrebbe cheidere se per Nietzsche era realmente possibile la 'trasformazione' o se, invece, lui riteneva che al massimo ci si poteva avvicinare, senza realmente raggiungere. Lo stesso Zarathustra 'insegna' l'oltre-uomo, non è l'oltre-uomo e il fatto che però Zarathustra stesso sia il 'nunzio' significa che l'oltre-uomo è ancora di fatto un 'ideale'. Quindi, di fatto anche la filosofia di Nietzsche sembra avere un 'ideale a cui tendere', l'oltre-uomo. Ideale che se non si riesce a realizzare nella pratica rimane pur sempre un 'ideale'. E questo secondo me è uno dei problemi della filosofia di Nietzsche.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Ipazia

Lo Übermensch è il superamento dell'umano schiavo dei pregiudizi oltremondani e della morale ad essi sottesa di schiavi che per guadagnarsi un paradiso illusorio (sotto la d(e)(i)ttatura di aguzzini ascetici) rinunciano a tutto ciò per cui vale la pena di vivere.

L'errore, o meglio bias, di FN è aver preso troppo sul serio il polemos Eracliteo, che non ha nulla di universamente naturale eccetto la ferocia particolare del primate evolutosi in homo sapiens. E' questo bias, di Eraclito e Nietzsche che invalida tutta la pars costruens, il finalismo, di entrambi.

Rimane valida la pars destruens della critica morale, ma non all'insegna di un Wille zur Macht  universale, bensì piuttosto di una particolare interpretazione antropologica, oltremodo feroce, di attuarlo. In tale prospettiva, non solo la morale da schiavi, ma anche la contro-morale nicciana risulta fallace e inutilmente terrorizzante. La natura ha trovato infiniti modi per realizzare la sopravvivenza dei viventi e, guardacaso, i più riusciti non hanno bisogno di zanne e artigli per eternarsi: le sequoie, balene, elefanti, gorilla, ... e i virus.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Federico Mey2

Citazione da Paul11:
Nietzsche distingue il pensiero genuinamente filosofico, dal pensiero calcolante...

Questa distinzione la trasformerei in quella tra pensiero intuitivo e pensiero razionalizzante (quello definito "calcolante").
La maggiore particolarità di Nice in confronto a praticamente tutta la storia della filosofia occidentale è secondo me il suo stile, che non è quasi mai razionalizzante.
Ma l'intuitivo, tra cui segnalo personalità quali il Buddha, non è necessariamente irrazionale.
Per razionalizzante intendo un modo di ragionare che fissa, all'interno dello spazio della filosofia (e quindi del pensiero più elevato), un sottoinsieme organizzato secondo regole precise, ma che esclude il mettere veramente in gioco i fini e principi dell'individuo, il suo spirito cioè.
Per capire veramente l'umano bisogna cioè uscire dai binari della razionalizzazione della filosofia occidentale (escluso Nice) e dare spazio all'intuizione, ma senza essere irrazionali.
Buono quindi il tentativo di Nice di uscire dalla gabbia della razionalizzazione, anche se purtroppo lui poi sfocia nell'irrazionalità.

paul11

#58
 ciao Aperion
Se davvero sapevi poco inizialmente, fra frammenti di Eraclito di Nietzsche e passi dell'opera di quest'ultimo.... O sapevi già o sei un ottimo costruttore di conoscenza.


Davvero strano che nel frammento da te postato appaiano anche i vedanta, questa è una novità per me. .
Mi ci è voluta una ricerca per cercarlo nel catalogo di questo sito tedesco di Nietzsche
http://www.nietzschesource.org/ che è molto interessante .
Corrisponde al frammento da te riportato NF-1884,26 [193] - Frammenti ridotti estate-autunno 1884.


Sì, dal vedanta "lila" è gioco divino :
tratto da Wikipedia
Come i suoi passatempi,quella Suprema Personalità di Dio, il più grande dei grandi, ha accettato la sottile energia materiale, che è investita da tre modalità materiali della natura."
Le tre modalità della natura è il "guna":
Ci sono tre guna, secondo questa visione del mondo, che sono sempre stati e continuano ad essere presenti in tutte le cose e gli esseri del mondo. Questi tre guna sono chiamati: sattva (bontà, costruttivo, armonioso), rajas (passione, attivo, confuso) e tamas (oscurità, distruttivo, caotico).  Tutti e tre questi gunasono presenti in tutti e in ogni cosa, è la proporzione che è diversa, secondo la visione del mondo indù. L'interazione di questi guna definisce il carattere di qualcuno o qualcosa, della natura e determina il progresso della vita.
In alcuni contesti, può significare "una suddivisione, una specie, , una qualità" o un principio operativo o una tendenza di qualcosa o qualcuno. Negli studi sul comportamento umano, Guna significa personalità, natura innata e attributi psicologici di un individuo



Considerando che Così parlò Zarathustra dove appaiono il cammello, il leone e il fanciullo è stato scritto fra il 1883-1885, può essere.
Ma sicuramente trova una sua interpretazione di convalida  anche con il pensiero eracliteo.
La tua è una ipotesi interessante.


In merito all'auto limitazione, forse mi sono espresso male


citaz. Aperion
Secondo me, lui vorrebbe 'liberare' la 'volontà' da tutte le limitazioni, che secondo lui ne bloccavano la spontaneità.


Esatto ,è questo che intendevo dire.




Nel tuo post successivo poni l'attenzione sul problema del pensiero di Nietzsche che potrebbe essere solo un tendere..... un ideale.
Non so se è davvero un problema.
Il pensiero religioso è una parusia ,un' escatologia. Il pensiero di Marx è idealista per certa versi, ma anch'esso con caratteristiche di "religiosità" fra virgolette.
Intendo dire che i "grandi pensieri" aleggiano e superano il tempo, lo trascendono.
Essendoci qualcosa di profondo in Nietzsche che pesca dall'animo umano, c' quel qualcosa che trascende la vita che la tende verso qualcosa...

paul11

 Ciao Ipazia


Il tuo post è già un giudizio sul pensiero di Nietzsche.


Nella tua prima affermazione ci trovo un misto di Marx con Nietzsche, che a mio parere sono antitetici.
Il mio giudizio personale sulla tua affermazione da una parte è condivisibile, ma gli aguzzini non sono affatto ascetici, pensano a potere e denaro e sono materialisti che abusano semmai una cultura strumentalizzandola per asservire il popolo.


L'uomo "mediocre" nietzschiano, da una parte è prigioniero di morali, dall'altra di una cultura del suo tempo che ben poco Nietzsche  condivide.


Potrebbe essere che la tua ipotesi sul polemos di Eraclito e Nietzsche difficilmente possa costruire un pensiero positivo Da quel che so anche Eraclito ripudiava la "massa", il popolo. Penso che vi sia in entrambi un forte individualismo culturale e sociale e una sfiducia nel sociale.


Mi è difficile dare un giudizio sintetico sull'intero pensiero di Nietzsche, con il solito mio "sospensivo" in quanto Nietzsche è complesso sempre a mio parere. Sbaglia sulla morale per quanto sostengo;  per la "morale da schiavi" che ribadisco è una forma di strumentalizzazione per rendere mansueto/schiavo  il popolo, sono d'accordo con te;  sulla natura come sistema a mio parere , mi lascia in una fase "interlocutoria", c'è qualcosa di profondo e di vero soprattutto sulla natura umana. Ha avuto il grande pregio di aprire una critica dal punto estetico, come rappresentazione intuitiva seguita da quella concettuale, che ha fatto scuola.
Per esempio ,mi viene in mente or ora, quando Foucoult accomunerà l'architettura di ospedali, scuole e caserme (quante scuole sono nate da vecchie caserme, vecchi conventi......) in un imprinting culturale che si estrinseca anche dal punto estetico, apre ad una critica socio culturale che utilizza il linguaggio delle parole, del visivo, teatrale, ecc.


P.S. consiglio anche a te, se già non lo sapessi, il sito che ho indicato nel post ad Aperion, è curato dagli stessi autori da cui hai tratto dei frammenti che hai postato. Ci sono tutte le opere, lettere, frammenti e un motore di ricerca interno

Discussioni simili (5)