Il paradosso delle due ruote

Aperto da Eutidemo, 09 Dicembre 2021, 14:51:09 PM

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Eutidemo

Ciao Iano. :)
Hai ragione, l'esperimento "umido" andrebbe perfezionato non solo misurando quanto siano lunghe le tracce, ma quanta umidità sia stata trasferita; ed infatti l'umidità trasmessa da un "rotolamento più un trascinamento", dovrebbe risultare maggiore di quella trasmessa dal solo "rotolamento".
O, almeno, così presumo.
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Ancora più interessante sarebbe effettuare l'esperimento non con due cerchi concentrici , ma con due poligoni concentrici, imbevendo i loro lati di inchiostro, piuttosto che di acqua, e poi vedere i tratti misurabili stampati sul percorso; sto cercando i materiali adatti per realizzare un esperimento del genere, ma la cosa mi si sembra un po' difficile da mettere in atto.
Se ci dovessi riuscire, ti/vi farò sapere!
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Un saluto! :)
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Eutidemo

Ciao Phil. :)
Trovo semplicemente geniale la tua soluzione  (per migliorare la già geniale idea di Iano), di dotare le due ruote di "aghi a raggiera"; in tal modo, infatti,   facendo scorrere le due ruote su nastri di carta (come nel mio esperimento), la circonferenza maggiore, quella che tocca il tavolo, dovrebbe lasciare una traccia di buchi precisi, mentre la circonferenza minore, scorrendo sul nastro sospeso sopra il tavolo, dovrebbe tendere a strappare il nastro, lasciando dei buchi sempre più "ovaloidi", cioè allungati per l'effetto "traslazione".
E, in effetti, almeno secondo logica, quanto più la differenza fra le due circonferenze sarà elevata, tanto più l'effetto di traslazione della minore risulterà evidente!
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Un saluto! :)
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Eutidemo

Ciao Iano. :)
Per quanto riguarda la "stampante a caratteri tipografici", secondo me, nel caso di slittamento con perdita di aderenza è più probabile che si ottengano lettere deformate, piuttosto che parole incomplete; come, in effetti, qualche volta accadeva in caso di difettoso rallentamento delle "rotative" dei giornali quotidiani.

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Quanto all'operazione che certifica l'uguaglianza fra infiniti apparentemente diversi, perché i rispettivi termini sono stati diversamente nominati (così come nel caso in cui si da' un nome ai numeri razionali in modo equivalente al modo in cui si da' un nome ai numeri naturali), sono troppo ignorante in materia per poter esprimere un mio personale parere.
:-[
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Quanto a Galilei, invece, sono d'accordo con te che non si finisce mai di sapere, per cui Galilei non poteva sapere tutto; e così, in generale, nessuno di noi (qualcuno, poi, in modo particolare).
Ed infatti possiamo trarre ottime conclusioni provvisorie in base alle nostre conoscenze, che però non potranno mai considerarsi esatte in modo definitivo (*).
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Un saluto! :)
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NOTE
(*)
Salvo, però, che in un unico caso: la pizza è buona!

bobmax

Secondo me, il paradosso sorge dall'uso improprio della cinematica laddove dovrebbe invece essere affrontato dalla dinamica.

Cioè si ipotizza un movimento, cercando di descriverlo cinematicamente, ossia a prescindere dalle forze in gioco.

Andando inevitabilmente in contraddizione, perché il quel caso le forze non possono essere ignorate.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Eutidemo

Citazione di: bobmax il 12 Dicembre 2021, 09:49:45 AM
Secondo me, il paradosso sorge dall'uso improprio della cinematica laddove dovrebbe invece essere affrontato dalla dinamica.

Cioè si ipotizza un movimento, cercando di descriverlo cinematicamente, ossia a prescindere dalle forze in gioco.

Andando inevitabilmente in contraddizione, perché il quel caso le forze non possono essere ignorate.
Hai ragione!
Ed infatti:
La cinematica si occupa di descrivere il movimento di un corpo, indipendentemente dalle cause che lo hanno prodotto. Viene dal greco antico \kappa \iota \nu \eta \sigma \iota \varsigmaκινησις (kinésis), che vuol dire, appunto, "movimento".

La dinamica, invece studia le cause che determinano il movimento di un corpo, le forze, ed esprime il movimento di un corpo in termini di queste ultime. Deriva dal greco antico \delta \upsilon \nu \alpha \mu \iota \varsigmaδυναμις (dinamis), che vuol dire "forza".

iano

#20
Citazione di: bobmax il 12 Dicembre 2021, 09:49:45 AM
Secondo me, il paradosso sorge dall'uso improprio della cinematica laddove dovrebbe invece essere affrontato dalla dinamica.

Cioè si ipotizza un movimento, cercando di descriverlo cinematicamente, ossia a prescindere dalle forze in gioco.

Andando inevitabilmente in contraddizione, perché il quel caso le forze non possono essere ignorate.
Non direi Bob.
Anche se abbiamo tirato in ballo slittamenti e aderenze, il paradosso proposto da Galilei è puramente teorico e riguarda la possibilità dell'esistenza dell'infinito attuale.
Galilei lo ammette , diversamente da Aristotele, ma gli sembra poi di incappare nel paradosso di cui sopra, concludendo e che la causa sia l'averlo ammesso.
Ma come ho cercato di spiegare non è quella la causa.
La causa del paradosso è l'aver interpretato due diversi tipi di infinito come lo stesso tipo.
In breve , mentre la ruota grande descrive una linea continua, quella piccola descrive una linea non continua.
Ma ci si capisce meglio se si considerano le ruote, che sono cerchi, come caso limite di un poligono regolare al crescere dei sui lati.
Devi quindi immaginare delle ruote rudimentali, ad esempio quadrate, dove il quadrato è un poligono regolare con 4 lati.
Quindi considera non due ruote concentriche, ma due quadrati concentrici.
Quello grande percorrerà un percorso continuo. O meglio lascerà una traccia continua , che potemmo vedere  se intingendo il suo intero perimetro in inchiostro.
Il quadrato più piccolo, solidale a quello grande, ne seguirà il movimento .
Con un po' di immaginazione potrai vedere che esso fa' un movimento diverso.
Infatti mentre il quadrato grande è sempre aderente al percorso, quello piccolo ogni tanto se ne solleva, lasciando un spazio bianco. La traccia lasciata da quest'ultimo sarà quindi una sequenza di tratti stampati ( neri) intervallati da una sequenza di tratti non stampati ( bianchi).
Non è vero quindi che i due percorsi sono identici, almeno per il quadrato.
Se aumentiamo i numeri dei lati dei poligoni il discorso non cambia, se non per il fatto che i tratti si rimpiccioliscono infittendosi.
Al limite otterremo quindi una sequenza non continua ( nei miei precedenti post avevo scritto erroneamente continua) di punti neri intervallati da punti bianchi, e quindi ancora non potremo dire i due percorsi uguali.
Il paradosso consisteva nel fatto che i due percorsi potessero essere identici, essendo diverse le ruote, ma abbiamo dimostrato che identici non sono.
Perchallora Galilei non ci è arrivato?
Perché pur ammettendo l'infinito attuale, non ne ammetteva tipo diversi, ma solo uno.
Ma più che non ammetterli non gli passava neanche per la testa che potessero esisterne di diversi.
Era già un azzardoper i suoi tempi ammettere che ne esistesse uno.
Giunse quindi alla errata conclusione che la causa del paradosso fosse da ricercare in questa incauta ammissione,
Si sbagliava, o meglio aveva avuto ragione nell'intuire l'esistenza dell'infinito attuale, come poi Cantor avrebbe bene illustrato nella sua teoria sugli infiniti.
Il paradosso sparisce se si ammettono gli infiniti attuali, e in più che ve ne siano di tipi diversi.
I due percorsi delle due ruote, come abbiamo provato a visualizzare in un processo al limite, sono appunti due infiniti di diverso tipo.
In modo molto impreciso e rozzo, ma giusto per capirci, un percorso è meno lungo dell'altro, e dei due solo uno è continuo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Iano, il credere che possano esistere infiniti di diverso tipo è un grave, seppur diffuso fraintendimento.
Non esistono infiniti di grado diverso, per la semplice ragione che l'infinito non c'è.

L'infinito è solo una idea.
Necessaria, indispensabile, ma che non corrisponde alla realtà.

E non solo l'infinito, pure il finito non c'è. È solo un'idea.
Anch'essa indispensabile, certamente!
Ma che non corrisponde alla realtà.

Di modo che, qualsiasi linea tracciata da un punto qualunque di una ruota, che rotola su un piano, non è dissimile da tutte le altre: è una linea continua.

Se poi incominciamo a disquisire su aderenze e slittamenti, allora bisogna considerare le forze in gioco. Non farlo, non può che implicare una contraddizione.

L'attualizzazione dell'infinito è a mio parere il tratto più emblematico dell'effetto che il nichilismo ha avuto pure sulla matematica.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#22
Citazione di: bobmax il 12 Dicembre 2021, 16:00:43 PM
E non solo l'infinito, pure il finito non c'è. È solo un'idea.
Ma allora le idee esistono o non esistono?
Concordo con te che finito ed infinito possano esistere solo come idee, ed anzi ciò fa' parte delle mie convinzioni filosofiche, però credo anche che senza queste idee non potremmo rapportarci con la realtà, la quale in se' dubito che possa corrispondere a nessuna delle idee che c'è ne facciamo, se non per il fatto che le idee di finito e infinito una volta che noi le creiamo entrano a far parte della realtà a pieno titolo, e , non occorre dirlo, sono le uniche parti della realtà che  conosciamo.
La matematica non la corrompiamo, ma la creiamo, perché è una idea, ed è una delle nostre idee che meglio conosciamo perché abbiamo buona coscienza del processo con cui la creiamo.
Essa è proprio il paradigma di come facciamo a rapportarci con la realtà, attraverso una sua descrizione matematica che risulta sicuramente funzionale al nostro agire , e non necessariamente alla sua verità.
La storia dei diversi tipi di infiniti è da vedere come esempio di un caso più generale.
Siccome ogni idea ammette descrizioni diverse ma equivalenti, è possibile perciò che si creino due cose apparentemente  diverse, perché diversi sono stati i percorsi creativi, che però poi si rivelano a posteriori la stessa cosa.
In altri termini, non c'è un solo modo di fare le cose., ma non sempre abbiamo coscienza di fare la stessa cosa in modo diverso, così che ci sembra di aver fatto due cose diverse.
Oppure succede il contrario. Così abbiamo finora creduto che esistesse una sola idea di infinito, mentre ne esistono diversi, che fino a un certo punto abbiamo creduto uguali.
Che esista un finito ed un infinito nella realtà, al di fuori delle idee che pure ne sono parte, io non ci credo. In tal senso mi sembra strano che in genere si metta in dubbio l'infinito, senza mettere in dubbio al contempo il finito.
Provo a spiegare ciò col fatto che mentre la produzione di idea di finito sia antica, quella di infinito sia relativamente recente ed abbiamo meno abitudine ad essa.
Ciò che si considera impensabile e ciò che non si è abbastanza considerato.
Quantomeno nella ristretta cerchia dei matematici si è ormai ben considerato l'infinito, fino a moltiplicarne i tipi, come cosa ormai del tutto acquisita.


Non è necessario che ognuno entri a far parte di quella cerchia, ma val la pena che l'esposizione che fa' Cantor dei diversi infiniti è di agevole comprensione.
Leggendolo , anche solo nelle esposizioni divulgative come ho fatto io, non ci si può non sorprendere del come cosa, che fino a un certo punto, seppur fosse solo idea, abbiamo considerato una , era invece tante.
Questo aiuta a farsi una idea più precisa di infinito .
Quando si insiste nel considerare le cose alla lunga non ve ne è di esse una che non si banalizzi nella nostra considerazione, comprese quelle che ci sembravano impensabili fino a darci le vertigini, di cui l'infinito è un buon recente esempio, essendo che ancora a pochi appare come ovvio, come invece per più lunga militanza appare il finito a tutti ovvio.
Che tu quindi sia capace di rifare il percorso inverso per tornare al tempo in cui il finito ovvio non era, affermando la sua inesistenza, perciò non posso che ammirarti.
L'impensabilita' del finito, diversamente dall'impensabilita' dell'infinito, non è per tutti.


Una ruota che gira è un concetto puramente matematico.
In matematica per far girare una ruota è sufficiente la forza del pensiero.
Che poi si invada il campo della dinamica per aiutare il nostro intuito ci può pure stare, ma non è il centro della storia.
Possiamo ben supportare il nostro intuito con ruote che pattinano e slittano, ma ciò non significa che stiamo affrontando un problema di dinamica.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Beh, Iano, non è forse il finito, a ben guardare... infinito?
E l'infinito non fonda forse tutto se stesso proprio sul finito?

Finito e infinito si sorreggono l'un l'altro, in un gioco senza fine.
Ma uno non può stare senza l'altro.

Vorremmo coglierli per rassicurarci. Ma in se stessi non esistono.

Illudersi di averli presi, è solo superstizione.
Come il paradiso di Cantor, l'illusorio rimedio dell'inconsapevole nichilista matematico.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

Citazione di: bobmax il 12 Dicembre 2021, 17:22:21 PM
Beh, Iano, non è forse il finito, a ben guardare... infinito?
E l'infinito non fonda forse tutto se stesso proprio sul finito?

Finito e infinito si sorreggono l'un l'altro, in un gioco senza fine.
Ma uno non può stare senza l'altro.

Vorremmo coglierli per rassicurarci. Ma in se stessi non esistono.

Illudersi di averli presi, è solo superstizione.
Come il paradiso di Cantor, l'illusorio rimedio dell'inconsapevole nichilista matematico.
Abbastanza d'accordo, ma visto che insisti sul nichilismo devo farti notare tu ti atteggi come un suo buon esponente, mentre non direi che un matematico lo sia.
Nichilista è colui che distrugge senza credere che si possa a ciò altrimenti rimediare.
Non ne è perciò buon esempio il matematico il cui mestiere e creare gioiendo di ciò che crea, e per nessun altro motivo che ha creato, se non fosse poi che , come tutti sappiamo, le creazioni matematiche modificano il nostro rapporto con la realtà.
Ciò che si crea per puro diletto mostra massima utilita', e questa credo sia l'essenza dell'uomo, un gioco che però non manca mai di farsi serio.
Finito e infinito sono i personaggi di storie di pura fantasia che poi inevitabilmente si "avverano".
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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