Il paradosso del principio di indeterminazione .

Aperto da iano, 27 Maggio 2021, 23:34:43 PM

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iano

Così mi piace presentarvi li principio di indeterminazione, in forma di paradosso, anche se vi dico subito che non vi è alcun paradosso.
Il principio afferma che vi è un limite teorico alla precisione di una misura e allo stesso tempo afferma che non vi è alcun limite teorico.
Posso garantirvi che la precedente frase dice il vero. Ma come è possibile?
Soluzione: è possibile perché dice il vero, ma non tutta la verità .
A rigore però il principio di indeterminazione in se' non afferma alcuna verità, ma come tutte le affermazioni che si fanno in fisica, è vero fino a prova contraria.
Ma non solo non abbiamo avuto finora prove contrarie , ma su esso abbiamo costruito la meccanica quantistica la cui efficacia nessuno, fisico o filosofo che sia , mette in dubbio.
Precisato doverosamente in che senso deve intendersi il termine verità in questo contesto,
Il principio di indeterminazione, nonostante il nome, come detto non pone un limite teorico alle misure fisiche, ma modifica  il senso in cui queste siano rappresentative dell'ente fisico misurato.
O diciamo meglio che questo è il punto di vista da cui vi invito, ad osservarlo.
Nella fisica classica una particella viene definita  dalla sua massa, come dalla sua posizione , oppure dalla sua velocità, o ancora dalla sua carica elettrica,e quindi, se si vuole, da tutte queste cose insieme, ognuna misurata con la precisione che gli strumenti usati posseggono, essendo questo l'unico limite di fatto alla precisione della misura.
In fisica quantistica ciò non è del tutto vero.
L'ente fisico non può più essere rappresentato da tutte quelle cose insieme, ma da coppie di quelle.
Non dalla posizione e dalla velocità , ma dalla coppia posizione e velocità, perché il prodotto delle relative misure ha un limite di precisione teorico.
Possiamo ancora scegliere di rappresentare l'ente fisico con la sua posizione, oppure con la sua velocità, ma non possiamo scegliere di rappresentarlo con entrambe senza che qualcosa cambi rispetto alla fisica classica.
Non dico di aver compreso tutto e infatti di quanto precede non vi do' certezza, quindi correggetemi se sbaglio, e integrate le inevitabili lacune.
Lo scopo della discussione non è comprendere la meccanica quantistica, ma far partire riflessioni filosofiche dallo stesso punto, il principio di indeterminazione, da cui è partita la meccanica quantistica.
In particolare cosa sono "veramente" la posizione e la velocità?
In che senso dobbiamo pensarle diversamente?

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22

Ciao Iano, senza che io incappi in strafalcioni c'è un bel saggetto (in effetti viene definito un articolo) di Majorana che si intitola "Il valore delle scienze statistiche nella fisica e nelle scienze sociali". In rete lo trovi facilmente.
In quel saggio il fisico compie delle speculazioni interessanti sugli aspetti della meccanica quantistica, riferendosi al fenomeno dell'esperimento quando esso si rivolga alla misurazione delle particelle subatomiche (perturbazione ineluttabile, costante di Plank etc.). Praticamente egli sostiene "inquietante", ancor più che una mancanza di determinismo delle leggi della fisica, il fatto che le misurazioni riguardino più lo stato in cui viene portato il sistema da misurare che quello inconoscibile in cui si trovava prima di essere misurato. L'ultimo paragrafo dell'articolo (riferito all'arte di governo) è in fondo un pensiero che esprimo anch'io

daniele22

Citazione di: daniele22 il 28 Maggio 2021, 10:04:12 AM
Ciao Iano, senza che io incappi in strafalcioni c'è un bel saggetto (in effetti viene definito un articolo) di Majorana che si intitola "Il valore delle scienze statistiche nella fisica e nelle scienze sociali". In rete lo trovi facilmente.
In quel saggio il fisico compie delle speculazioni interessanti sugli aspetti della meccanica quantistica, riferendosi al fenomeno dell'esperimento quando esso si rivolga alla misurazione delle particelle subatomiche (perturbazione ineluttabile, costante di Plank etc.). Praticamente egli sostiene "inquietante", ancor più che una mancanza di determinismo delle leggi della fisica, il fatto che le misurazioni riguardino più lo stato in cui viene portato il sistema da misurare che quello inconoscibile in cui si trovava prima di essere misurato. L'ultimo paragrafo dell'articolo (riferito all'arte di governo) è in fondo un pensiero che esprimo anch'io


Volevo anche aggiungere, nota di magica curiosità, che quando lessi quel saggio non esisteva internet. Lo trovai nella biblioteca universitaria di Padova, detta da tanti biblioteca di santa Sofia anche se via santa Sofia incrocia solamente la via san Biagio. E' curiosa altresì anche la storia di san Biagio

Ipazia

Citazione di: iano il 27 Maggio 2021, 23:34:43 PM
In particolare cosa sono "veramente" la posizione e la velocità?
In che senso dobbiamo pensarle diversamente?
Prova a determinare l'esatta posizione di un'auto in corsa e poi ne riparliamo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#4
Citazione di: Ipazia il 28 Maggio 2021, 16:18:48 PM
Citazione di: iano il 27 Maggio 2021, 23:34:43 PM
In particolare cosa sono "veramente" la posizione e la velocità?
In che senso dobbiamo pensarle diversamente?
Prova a determinare l'esatta posizione di un'auto in corsa e poi ne riparliamo.
Fotofinish...😅
Sono ben cosciente che qualcosa mi sfugge, magari per un inevitabile difetto di comunicazione nella divulgazione scientifica, che ci costringe a lavorare di fantasia, se non siamo propriamente addetti ai lavori.
Un tale difetto mi pare di vederlo nell'espressione " non si può misurare precisamente posizione e velocità di una massa CONTEMPORANEAMENTE.
Lo credo bene ,se per misurare una velocità devo rilevare una distanza percorsa dalla massa in un delta t.
Allora subentra l'analisi infinitesimale che mi spiega come calcolare la velocità istantanea in un punto.
Essa è però la derivata dello spazio rispetto al tempo di una curva non misurata.
Dunque?
Dunque io suppongo di conoscere tutte le forze che agiscono sulla massa e da ciò derivo la curva di cui sopra.
È una supposizione che in pratica ben sappiamo funzionare, ma quando ho a che fare col microcosmo e relativi valori di misura lillipuziani, diventa una affermazione forte.
Ma io posso anche tenermi i miei inevitabili dubbi, e porre massima fiducia nella scienza, ma non posso evitare di provare a trarne le conclusioni filosofiche, chiedendomi cosa leghi posizione e velocità in modo così stretto, per cui quando parlo di "errore" di misura devo riferirlo al prodotto delle due distinte misure?
Da un punto di vista filosofico, cioè della rappresentazione che ci facciamo del mondo, ciò sembra essere più notevole del limite di precisione che il principio assume.
Ovviamente se le misure non sono contemporanee ogni loro limite teorico sparisce, pure se assumiamo ciò perché non ci è toccato ancora sperimentarlo.
Se la realtà, nella misura in cui la confondiamo con la sua rappresentazione , fosse  un mazzo di carte, Einstein le ha rimescolate, e alla fine abbiamo ancora  un mazzo di carte.
Ma il principio di indeterminazione cambia le carte del gioco rappresentativo, non limitandosi a mescolare il vecchio mazzo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#5
Naturalmente si ammette la possibilità di misure indirette, come per la velocità istantanea in quanto derivante da un calcolo, che rende ancora possibile parlare di misure contemporanee.
Forse a ciò ti riferivi Ipazia con la tua stringata risposta.
Parliamo banalmente di misure, che sono però qualcosa di complesso e variegato .
Lo stesso concetto di precisione prevede due segni.
Una misura più precisa significa una misura con migliore stima dell'errore in più o in meno, e il principio di indeterminazione pone un limite per tale stima, non alla misura di velocità e non a quella di posizione, ma alla stima del prodotto degli errori , per cui il termine stesso usato, errore, appare inadeguato.
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viator

Salve iano. Citandoti : "In particolare cosa sono "veramente" la posizione e la velocità?
In che senso dobbiamo pensarle diversamente?".


Cosa siano posizione e velocità da un punto divista fisicamente convenzionale è assodato a livello di insegnamento impartito dai programmi della scuola media inferiore (almeno ai tempi miei).



Se poi vogliamo spostarci in filosofia......la posizione di qualcosa rappresenta la nostra percezione sensoriale di quella cosa MESSA IN RELAZIONE ALLA NOSTRA ANATOMIA (il riferimento di ogni spazio e di ogni "posizione" al suo interno è costituito ovviamente dalle dimensioni e distanze del nostro corpo connotato fisicamente ed interpretato psichicamente).


La velocità di qualcosa rappresenta invece la nostra percezione sensoriale di quella cosa MESSA IN RELAZIONE AL NOSTRO METABOLISMO (il riferimento di ogni tempo e di ogni "velocità" di ciò che accade al suo interno è costituito altrettando ovviamente dai "tempi" entro i quali si svolgono le nostre funzioni e consapevolezze, cioè la nostra esistenza connotata biologicamente e - sempre comunque - interpretata psichicamente. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#7
Ciao Viator.
Mi sembra di essere tornato alle misure a palmi e a braccia, ma non lo dico con ironia, perché in effetti non sembra possibile allontanarsene se possiamo integrare i nostri strumenti nella nostra anatomia e le nostre teorie nella nostra psiche.
Ma in questo quadro come integriamo il nostro principio in discussione?
Se devo dirti il vero io , mettendo in campo la mia anatomia, la mia psiche e il mio intuito, non ci trovo niente di strano nel principio di indeterminazione , tanto che trovo strano non vi sia un limite più generale  riferito ad ogni singola misura.
Non abbiamo evidenza ancora di ciò, ma non possiamo nemmeno escluderlo .
Anche su questa ipotesi ci si potrebbe esercitare filosoficamente, e ciò avrebbe un senso non solo filosofico, perché è dalle loro possibili conseguenze che a volte si risale indirettamente alle cose, così che si risale alla velocità istantanea con un calcolo a partire dalle forze note, dato che in se' la velocità istantanea non è cosa intuitiva, come lo è invece quella media.
Però se un limite è riferito all'insieme di cose che io intuisco come distinte , questo si mi sembra notevole.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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viator

Salve iano. Per me è tutto molto semplice : Il semplice osservare qualcosa (attività sensoriale, psichica o mentale......non importa......fai pure tu) richiede del tempo. Intervallo al cui interno il "qualcosa" muta (non importa di quanto) la propria posizione e/o la propria velocità relative all'osservatore. Impedendo qualsiasi misurazione assoluta. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

daniele22

Ho appena letto il post di viator e confermo con un pensiero che ho ripescato tra i miei appunti storici.
[/size]Connotare con un aggettivo un sostantivo, significa di fatto pennellare un'entità che esiste.....foss'anche questa solo un'immagine mentale......ma la pennellata esiste temporalmente a valle dell'entità.
Parlare di realtà deterministica o probabilistica significa quindi dipingere con due tratti antitetici l'entità "realtà". Per quanto detto sopra, nel nostro tratteggiare ci poniamo però, per forza di cose, temporalmente a valle della realtà. Ma le evidenze ambigue che conducono al principio di indeterminazione di Heisemberg sono state e sono evidenze del presente...che hanno cioè un momento di esistenza rilevato nel presente della misurazione.......,quello che invece poi le connoterà diverse o ambigue nella loro evidenza, sarà a suo tempo stato ed è un giudizio che si colloca temporalmente a valle del momento della manifestazione del fenomeno. Ma anche il nostro giudizio avrà un momento di esistenza nel presente. Esiste sempre cioè un intervallo tra un fenomeno e il giudizio sul fenomeno ed è proprio l'esistenza necessaria di questo intervallo a suffragare la validità della concezione probabilistica della realtà, ovvero del presente. Gli uomini sono depositari di mezza verità!?[size=78%] [/size][/font]

daniele22

Se vuoi un altro pensiero su cui riflettere mi viene in mente che le cose (le particelle inquisite) vanno sempre verso il futuro, mentre le immagini delle cose vanno sempre verso il passato. Non so se corrisponda proprio del tutto alle idee esposte prima da me e da viator. Non sono competente in materia. Comunque se dovessi indagare sui motivi di una non ancora avvenuta unificazione della relatività con la meccanica quantistica, indagherei sulla continuità della luce quando viaggia nel vuoto. Per quel che ne sai si considera continua la luce quando viaggia nel vuoto?

iano

#11
Citazione di: daniele22 il 28 Maggio 2021, 22:52:22 PM
Per quel che ne sai si considera continua la luce quando viaggia nel vuoto?
Per l'ulteriore principio di complementarietà la luce come la materia si manifestano come onda, quindi in forma continua, oppure come particelle, quindi in forma discontinua, in relazione all'esperimento che le rileva.
Ciò significa che la natura duale onda particella non si rivela mai in un singolo esperimento contemporaneamente.
Se faccio passare un fascio di elettroni da una singola fenditura li rilevo come particelle, se raddoppio le  fenditure li rilevo come onde.
Anche per questo diverso principio la parolina magica è "contemporaneamente".
Qualunque sia la forma in cui la luce si presenta a noi nel vuoto non cambia invece la sostanza che è quella per cui la luce trasporta energia.
In analogia con le onde in uno stagno , per cui sembra non possano esservi onde senza un mezzo che le veicoli, i fisici si sono inventati i campi elettromagnetici, ma da un punto di vista sostanziale l'acqua dello stagno dissipa l'energia che trasporta l'onda.
Sia nel vuoto che nello stagno si ha trasporto di energia senza trasporto di materia, se si esclude appunto il movimento periodico delle molecole d'acqua in su e in giù , ma non in avanti, cioè nel senso in cui si propaga l'energia, movimento che alla fine dissipa l'energia dell'onda attenuandola.
L'analogia quindi non regge del tutto perché nel campo elettromagnetico nel vuoto non si dissipa energia. Tuttavia il concetto matematico di campo ha un vasto impiego in fisica al di là' del motivo per cui è nato.
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iano

#12
La morale filosofica che possiamo trarne è che la forma in cui la realtà ci appare dipende da come la guardiamo e che possiamo descrivere questa forma attraverso la matematica e la logica, mediante i concetti di continuo, discontinuo, sovrapposto, complementare, esclusivo, etc... ma alla natura in se' nulla di tutto ciò necessariamente si attaglia, perché non c'è un esperimento che possa attestarlo in modo univoco.
La forma in cui il mondo appare alla nostra percezione è univoca perché una è l'esperienza percettiva.
La scienza può essere vista come un insieme di esperienze percettive alternative, quindi modi diversi di vedere il mondo con relative diverse apparenze.
Nella misura in cui riusciamo a descrivere queste nuove forme nei termini delle forme della percezione sensoriale esse risultano a noi ancora relativamente intuitive.
Ma ciò che conta ai fini pratici è che si possano esprimere quelle forme attraverso la matematica.
Una di queste è il principio di indeterminazione espresso da una disuguaglianza matematica che ha validità generale, ma che è nato nella dimensione micro, come un onda che nata in uno stagno si è propagata nello spazio.
Ciò non è strano perché la matematica sta dove la metti, anche quando nasce in un preciso contesto.
Se ci limitiamo alla percezione sensoriale in un contesto macro le forme della geometria euclidea bastano a descrivere la realtà che ci appare, e siccome per lungo tempo siamo rimasti a quel contesto relegati, ci è parso che la realtà fosse un libro leggibile per chi ne conoscesse il  linguaggio con cui è scritto in caratteri geometrici.
Ma non esiste un linguaggio unico e diverse sono le possibili descrizioni, ma tutte nella sostanza veicolano la nostra esistenza.

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iano

#13
Se volessimo traferire al mondo micro l'intuitività macro legata alla geometria euclidea, potremmo immaginare una particella come una sfera , il cui centro rappresenta la sua posizione, che vibra in continuazione con moto ondulatorio in un range descritto dalla disuguaglianza in cui si esprime il principio ,il che renderebbe conto del perché l'incertezza della posizione non si possa disgiungere dalla incertezza sulla velocità.
Ma se facciamo l'operazione inversa, andando dal micro al macro, con la nuova mentalità che l'esperienza micro ci ha dato, allora parimenti ci apparirà  una natura duale , concreta e ideale.
Se la tocchiamo è una massa concreta  ma se la osserviamo è una sfera ideale.
La natura in cui ci appare dipende ancora dal particolare esperimento percettivo con cui la riguardiamo.
La natura diversamente ci appare univoca nella misura in cui il cervello a nostra insaputa sovrappone le diverse forme dentro di se' creando un unico oggetto con diverse nature, e dove non arriva il cervello in forma implicita arriva la matematica in forma esplicita.
Una ulteriore dualità' apparente in ragione del fatto che si usi lo strumento della coscienza oppure no.
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daniele22

Citazione di: iano il 28 Maggio 2021, 23:19:22 PM
Citazione di: daniele22 il 28 Maggio 2021, 22:52:22 PM
Per quel che ne sai si considera continua la luce quando viaggia nel vuoto?

Anche per questo diverso principio la parolina magica è "contemporaneamente".
Qualunque sia la forma in cui la luce si presenta a noi nel vuoto non cambia invece la sostanza che è quella per cui la luce trasporta energia.



Praticamente, iano, si ripropone la stessa storia del sapere o non sapere il fondamento della conoscenza. Ritornando a Majorana e alla sua inquietudine sul fatto di non conoscere lo stato antecedente a quello in cui viene portato il sistema che innesca la misurazione, non potrebbe essere che la luce nel vuoto viaggi per onde quantizzate? E che tali onde siano generate dalla gravità delle masse, che ne lasciano scappare appunto una alla volta e ognuna con la sua quantità di informazione? Mi chiedo infine cosa sia una Pulsar

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