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Il nulla come concetto

Aperto da viator, 16 Agosto 2020, 18:16:55 PM

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Phil

Secondo me la "domanda delle domande" è contraddittoria o ingenua solo se la fraintendiamo, rovesciando il rapporto fra linguaggio ed esistenza, parafrasando il noto motto parmenideo: ovviamente se lo definiamo «essere», è perché c'è; se lo definiamo «non-essere», è perché non c'è (almeno empiricamente parlando e, appunto, al netto della distinzione fra linguaggio e mondo, fra significato e referente, fra concetto e oggetto, etc.). Tuttavia quella domanda ci chiede di andare ancora "un perché" più indietro, fuori dalla tautologia del dire ontologico: la domanda non ci chiede se l'essere è, ma perché l'essere è. Risponderle facendo appello alla costellazione semantica della parola «essere», significa chiudersi in un circolo autoreferenziale perdendo tutta l'apertura (vertiginosa) che la domanda interroga.
Sarebbe come rispondere alla domanda «perché c'è lo spazio?» con «perché altrimenti noi, in quanto enti spaziali, non ci saremmo» o con «perché la sua esistenza è compresa nel concetto stesso di spazio», invertendo il rapporto causale e la priorità (crono)logica, poiché la domanda non chiede cosa l'esistenza dello spazio rende possibile (corpi estesi), ma che cosa c'è a monte dell'esistenza dello spazio e/o "semplicemente" la ragion d'essere dello spazio (beninteso: di ciò che noi chiamiamo «spazio», che meriterebbe di essere problematizzato a sua volta, ma restiamo nel "semplice").

Risalire la catena delle apparenti "ovvietà" mondane, guadagnando di volta in volta, di perché in perché, o maggior consapevolezza o ("masochistiche"?) domande sempre più fondamentali, per quanto ininfluenti sulla realtà del quotidiano (come sarebbe il conoscere tutta la storia passata di tutto il cosmo: domattina ci alzeremo comunque con i nostri bisogni primari, i nostri progetti, i nostri problemi, tutte le altre domande filosofiche più urgenti, etc.), tale risalire è uno fra i percorsi possibili della filosofia teoretica, non certo un percorso obbligatorio per tutti i pensatori, né che tutti trovano comprensibile o sensato. Nondimeno, considerando la mole di riflessioni in merito, se l'uomo della strada (come me) decide proprio di confrontarvisi, forse la domanda andrebbe ponderata, magari non come Amleto, ma almeno con un'esitazione che va oltre l'evidenza che non siamo il/nel nulla assoluto (anche se Nishida Kitaro della scuola di Kyoto avrebbe da obiettare al riguardo), restando consapevoli che, come ci ammonisce proprio Amleto, tale esitazione, tale sospensione dell'assenso (epochè) sulla "banalità" dell'essere, può rallentare il nostro incedere pragmatico nel mondo:
«e così il colore naturale della risolutezza
è reso malsano dalla pallida cera del pensiero,
e imprese di grande altezza e momento
per questa ragione deviano dal loro corso
e perdono il nome di azione»
(Shakespeare, Amleto, atto III, scena I)

viator

Salve phil. Citandoti : "la domanda non ci chiede se l'essere è, ma perché l'essere è".


Dal mio punto di vista..........peggio che andar di notte.


Per uno come me, che considera l'Essere come (ripeto stancamente) "la dimensione per la quale le cause producono i loro effetti" chiedersi il perchè l'essere sia (spiacente, ma all'interno della logica le tautologie andrebbero accuratamete evitate).....cioè il chiedersi quale sia la causa dell'essere..............è proprio da suicidio logico-filosofico.



L'essere è secondo me ovviamente privo di cause in quanto è posto non all'interno, bensì all'esterno della catena cause-effetto (stare-divenire) ed ancor più ovviamente trovasi fuori da ogni temporalità. Infatti la sua - da me attribuibile - sinonimia con il concetto filosofico di Dio mi fa trovare tali due concetti come estranei a quelli di "causa prima" o di "motore immobile" poichè si tratta invece di "eterne onnipresenze". Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

Citazione di: viator il 19 Agosto 2020, 21:24:21 PM
(spiacente, ma all'interno della logica le tautologie andrebbero accuratamete evitate)
Se non sbaglio le tautologie sono il fondamento della logica, dal principio di identità «a = a», agli altri assiomi che fondano i vari sistemi logici (e cosa c'è di più filosofico dell'interrogare i fondamenti?).
Comunque, fuori dal piano strettamente logico-formale, chiedersi ad esempio «perché l'accendino accende» (parodiando il «perché l'essere è») mi pare avere un suo senso, come accennavo, in termini di consapevolezza/comprensione, anche se di fatto ciò non cambia, almeno a breve termine, né il funzionamento dell'accendino né il modo di usarlo.

Citazione di: viator il 19 Agosto 2020, 21:24:21 PM
Per uno come me, che considera l'Essere come [...] "la dimensione per la quale le cause producono i loro effetti" chiedersi il perchè l'essere sia [...] cioè il chiedersi quale sia la causa dell'essere..............è proprio da suicidio logico-filosofico.
Probabilmente chi dà un senso a quella domanda (vedendo la nascita del filosofare dove tu vedi un "suicidio") può farlo perché dà una differente definizione di «essere», magari quella generica da dizionario filosofico oppure una personalizzata (come la tua) ma che non destituisce la domanda.

Se ho ben capito, per te, «Essere» è sinonimo di «Dio», quindi Dio è definibile come «la dimensione per la quale le cause producono i loro effetti»(cit.) (quel «per la quale» non significa forse che tale dimensione è la causa per cui le cause producono effetti? se così fosse non è fuori dalla catena causale, ma in cima), dimensione che tratteggi come «priva di cause» e «posta non all'interno, bensì all'esterno della catena cause-effetto» e «fuori da ogni temporalità»(cit.), un ritratto piuttosto affine alla "eterna causa incausata" di teologica memoria (per quanto parlare di Dio in termini di «dimensione» risulta piuttosto oscuro, soprattutto se tale "dimensione" sarebbe ciò che deve causare far in modo che le cause producano effetti).


P.s.
Per una certa ironia del discorso, finché parliamo di qualcosa, sia esso un accendino o una "dimensione" o il nulla, restiamo sempre "a valle" della domanda filosofica a "monte": (in versione semplificata) «perché c'è qualcosa?». Per fortuna possiamo congetturare e creare i nostri "vocabolari filosofici" senza essere costretti prima a risponderle.

bobmax

Essere ed esistere non sono termini equivalenti.

L'esistere è l'esserci.
Quindi un qualcosa esiste in quanto c'è.

Viceversa l'Essere è ciò che fa sì che l'esistere sia.
Essendo il fondamento dell'esistere (dell'esserci) l'Essere non vi appartiene.

L'Essere non esiste, non c'è.

Seppur paradossalmente, Essere = Nulla.

Dio non c'è, Dio è!

L'esserci, l'esistere, è a valle della scissione originaria soggetto - oggetto.
E ciò che c'è è sempre oggetto per un soggetto.

Viceversa l'Uno è a monte della scissione. Di modo che non c'è, in quanto è.
Nel nostro esserci, Uno = Nulla.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Citazione di: Phil il 19 Agosto 2020, 23:14:04 PM
P.s.
Per una certa ironia del discorso, finché parliamo di qualcosa, sia esso un accendino o una "dimensione" o il nulla, restiamo sempre "a valle" della domanda filosofica a "monte": (in versione semplificata) «perché c'è qualcosa?». Per fortuna possiamo congetturare e creare i nostri "vocabolari filosofici" senza essere costretti prima a risponderle.

Lo possiamo fare perchè quella domanda è un qualcosa "tutto" antropologico. Volendola cavalcare "a monte", il perchè causale, e ancor più quello finale, essi sono insensati se la filosofia li persegue in assoluto, mentre relativizzandoli alle sfera evolutiva antropologica rientrano nella ricerca di senso della condizione umana che esiste in seno ad un qualcosa più grande che esisteva prima e, verosimilmente, continuerà dopo l'estinzione del soggetto della domanda.

Il vocabolario sensato di tale domanda è scientifico-filosofico, separando la sfera causale (chiamiamola big-bang, Dio, o Spinoza che li coinvolge entrambi) da quella finale (qui i vocabolari si dilatano nelle motivazioni individuali e collettive evolutivamente determinate).

Come hai già osservato, e prima di te L.Wittgenstein, "anche avessimo la risposta a tutti i perchè della scienza ...", non caveremmo un ragno umano dal buco della sua domanda fondamentale, che passa quindi, pur restando "a valle", in primo piano nell'orizzonte di senso che quotidianamente, dalla notte dei tempi, delimita lo sguardo dell'universo antropologico. Come citava un mantra newage, ma pure la tradizione socratica, trovo che la risposta più sensata sia: "non cercare altrove la risposta perchè la risposta sei tu" (nella tua specificità evolutiva).

Anche "perchè di sì" (lo Jasager nicciano) e "blowing in the wind" (Dylan) sono buone risposte al duplice perchè fondamentale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

#20
L'(ess)ente è, il non (ess)ente non è.

L'essere è uno stato, attributo, proprietà di un ente che solo ha carattere sostanziale. Confondere i rapporti tra sostanza e attributo, fino al punto di postulare una causalità primigenia dell'attributo sulla sostanza è fatale errore filosofico. Che infatti porta ad introdurre il Nulla nel ragionamento, a giustificazione del suo annichilimento razionale.

Noi abbiamo esperienza di essenti e qualcosa, non di di Essere, Tutto e Nulla. Essendo l'esperienza la base di ogni sapere, filosofia inclusa, dobbiamo acquisire la capacità di distinguere chiaramente ciò che è prodotto dall'esperienza reale (fatto) da ciò che rimane allo stato di astrazione concettuale senza riscontro in qualcosa di reale.

Le differenti prospettive razionali in cui i fatti vengono tradotti e interpretati non ne inficiano la fattualità, ma obbligano al confronto tra le varie interpretazioni fino alla formulazione di paradigmi condivisi che restano asseverati fino a prova contraria.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

 Salve Phil. Miei commenti (in grassetto) al tuo ultimo intervento :
   <blockquote>

</blockquote> <blockquote>(spiacente, ma all'interno della logica le tautologie andrebbero accuratamete evitate)</blockquote> Se non sbaglio le tautologie sono il fondamento della logica, dal principio di identità «a = a», agli altri assiomi che fondano i vari sistemi logici (e cosasabile c'è di più filosofico dell'interrogare i fondamenti?).
Le tautologie sono illogicità sistematiche indispensabili alla DIALETTICA, la quale è a sua volta indispensabile per trattare di logica e filosofia.
Il problema è che, più ci si avvicina ai FONDAMENTI (giustamente da te citati) più bisogna star lontani dalla tautologia, e questa è appunto la suprema difficoltà della dialettica dell'esistenziale.




Comunque, fuori dal piano strettamente logico-formale, chiedersi ad esempio «perché l'accendino accende» (parodiando il «perché l'essere è») mi pare avere un suo senso, .........C'è una bella differenza tra accedino ed Essere. L'accendino è una cosa in sè RELATIVA la cui esistenza è giustificata dalla propria FUNZIONE (l'accendere), l'Essere(L'ASSOLUTO) non ha bisogno di giustificazione poichè è ESSO a giustificare OGNI E QUALSIASI COSA IN SE' ED OGNI E QUALSIASI FUNZIONE.







C'è come accennavo, in termini di consapevolezza/comprensione, anche se di fatto ciò  non cambia, almeno a breve termine, né il funzionamento dell'accendino né il modo di usarlo.
Citazione da: viator - 19 Agosto 2020, 21:24:21 pm
>Per uno come me, che considera l'Essere come [...] "la dimensione per la quale le cause producono i loro effetti" chiedersi il perchè l'essere sia [...] cioè il chiedersi quale sia la causa dell'essere..............è proprio da suicidio logico-filosofico. Probabilmente chi dà un senso a quella domanda (vedendo la nascita del filosofare dove tu vedi un "suicidio") può farlo perché dà una differente definizione di «essere», magari quella generica da dizionario filosofico oppure una personalizzata (come la tua) ma che non destituisce la domanda.

Se ho ben capito, per te, «Essere» è sinonimo di «Dio», quindi Dio è definibile come «la dimensione per la quale le cause producono i loro effetti»(cit.) Per poter meglio rendere umanamente il concetto filosofico di Dio, più che riferirsi ad una "dimensione" di esso troverei utile collocarlo tra le "entità", senza con ciò rinunciare alla fondamentale sinonimia di significato da me da citata



(quel «per la quale» non significa forse che tale dimensione (o entità divina) è la causa per cui le cause producono effetti? se così fosse non è fuori dalla catena causale, ma in cima), dimensione che tratteggi come «priva di cause» e «posta non all'interno, bensì all'esterno della catena cause-effetto» e «fuori da ogni temporalità»(cit.), un ritratto piuttosto affine alla "eterna causa incausata" di teologica memoria (per quanto parlare di Dio in termini di «dimensione» risulta piuttosto oscuro, (hai ragione, infatti sopra ho precisato un poco) soprattutto se tale "dimensione" sarebbe ciò che deve causare far in modo che le cause producano effetti).
Osservazione acuta, la tua. Circa la "eterna causa incausata" sono io stesso a richiamare indirettamente la parentela tra l'Essere filosofico ed il Dio (il teismo d'altra parte sarà ben figlio dell' Essere e non certo viceversa). Circa le acrobazie teologiche, esse non sono necessarie per capire che se una entità è eterna essa sarà priva di cause originarie.
Tu parli di catena causale, in cima alla quale starebbe - alla luce della mia da te presunta interpretazione – l'Essere-Dio. La mia geometria è diversa poichè prevede una concatenazione CIRCOLARE e non lineare (il concetto di circolarità – a rigore – includerà anche le circonferenze di raggio infinito, le quali risultano indistinguibili dalle rette ! - in tal modo si potranno giustificare sia la mancanza di inizi e di termine della "catena" sia il mancato ricorrere – attraverso il tempo - di cicli causa-effetto rigorosamente tra loro identici, sia ancora la collocazione dell Essere all'interno della circonferenza (ed estraneo ad essa) che – pure – all'interno della medesima circonferenza (ed estraneo ad essa).



P.s.
Per una certa ironia del discorso, finché parliamo di qualcosa, sia esso un accendino o una "dimensione" o il nulla, restiamo sempre "a valle" della domanda filosofica a "monte": (in versione semplificata) «perché c'è qualcosa?». Per fortuna possiamo congetturare e creare i nostri "vocabolari filosofici" senza essere costretti prima a risponderle. Saluti con amicizia da viator.
   
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

@viator

Due commenti rapidi:

- su cosa siano le tautologie (e sulla loro estrema vicinanza e pertinenza ai fondamenti del pensare) mi permetto di rimandarti a wikipedia o, preferendo il cartaceo, ad un qualunque manuale di logica;

- l'Essere era stato da te definito come «l'entità per la quale le cause producono i loro effetti», ora viene proposto come ciò che "giustifica"(?) «ogni e qualsiasi cosa in sé ed ogni e qualsiasi funzione»(cit.); ci sarebbe da interrogarsi circa la verificabilità o attendibilità o indimostrabilità di tali definizioni («Dio»-«Essere»-«Assoluto»-etc.) e annesse attribuzioni di "ruolo" (giustificazione, etc.) o "dimensione" (eternità, incausalità, etc.); la storia del pensiero ne è ricca, così come è ricca di ragionamenti circolari che postulano un'entità e poi ne rintracciano "con evidente successo" l'esistenza e l'efficacia nel mondo reale (come secondo la pluricitata fallacia di affermazione del conseguente).


P.s.
(rispolverando i vecchi "files mentali" di geometria scolastica) Le circonferenze di raggio infinito credo siano piani infiniti (circolari) ben distinguibili dalle rette infinite; comunque, al di là delle geometrie esemplificative e di come disponiamo la catena causale (in linea retta, curva o in cerchio), (sup)porre un'entità fuori da quel piano, così come dal piano temporale, etc. è un gesto squisitamente teologico (che non è attributo di dileggio), quasi (insie)mistico, che per me dimostra che è l'Essere-Dio-Assoluto-etc. ad essere figlio del teismo, non viceversa (così come il vero è figlio della logica, il bene è figlio della morale, etc.), almeno stando ai fatti filologicamente verificabili (anche se il teismo, sicuramente in buona fede, non può che autogiustificarsi affermando il contrario, facendo appello ad un'intuizione epistemologicamente non compatibile con la conoscenza umana, ma piuttosto con il credere, come si diceva nel tuo altro topic; ciò è inevitabile, direi, altrimenti non sarebbe teo-logia bensì gnoseologia).

davintro

ogni atto di pensiero, inteso come atto entro cui ad un certo contenuto di pensiero sono attribuite delle proprietà, dei significati, implica necessariamente che il contenuto cada all'interno dell'idea dell'Essere, cioè che quello che sto pensando sia un "non-Nulla", qualcosa di cui poter affermare, positivamente, delle determinazioni che lo specificano come ente costituito in un certo modo. Dunque sembrerebbe che il Nulla non sia pensabile, ma se così fosse in senso rigoroso, evidentemente, non potremmo starne qua a discutere in questo spazio virtuale, la discussione, la riflessione su qualcosa ne implica la pensabilità... per uscire dal paradosso, trovo che la soluzione sia distinguere all'interno dell'ambito del pensabile, le idee da un lato, i concetti dall'altro. Definendo "idea" ogni contenuto di pensiero che si intuisce in modo diretto, originario, e "concetto" come nozione derivante da un'astrazione operata su contenuti di per sé intuitivamente, originariamente colti, si potrebbe intendere il Nulla come concetto, ma non come idea: noi non abbiamo un'esperienza diretta del Nulla, come detto, ogni esperienza ha come contenuto ciò che riconosciamo come "qualcosa", avente delle proprietà che lo rendono riconoscibile, abbiamo però esperienza delle differenze qualitative tra i diversi enti, esperiamo che un gatto NON è un albero, che a sua volta NON è una pietra, che a sua volta NON è un fiume ecc., ed astraendo (anche se per la natura non fisica, ma intelligibile del concetto in questione, si tratterebbe di un'astrazione sui generis, non frutto di una parzialmente arbitraria comparazione fra enti che si sviluppa nel tempo, selezionando delle caratteristiche comuni fra oggetti individuali, ma di un'universalizzazione immediata che coglie fin dal primo "non", la sua essenza generica che lo costituisce come tale) l'essenza comune alle varie negazioni, per poi formularla come ipostasi, soggetto, ricaviamo il "nulla", che così, come ogni concetto, sarebbe un'astrazione derivata dall'esperienza del molteplice. Diversamente dal Nulla, l'Essere è un'idea, oggetto intuito direttamente dal pensiero senza che sia ricavato per astrazione in un certo tempo e spazio in cui avverrebbe l'esperienza da cui astrarsi: se così fosse, l'idea dell'essere vedrebbe limitare la sua applicabilità a quella particolare esperienza da cui è stata astratta, essendo invece l'idea dell'Essere l'idea che contiene tutto ciò che è pensabile, oltre il quale vi è il  Nulla, cioè il non pensabile (se non come detto, derivativamente dall'Essere), mi pare logico che l'apprensione di questa idea sia presenza necessaria in ogni atto di pensiero, cioè sia appresa innatamente (al di là che nel corso della vita si apprenda un linguaggio che consenta di stimolarne la riflessione e tematizzazione, cose però diverse dall'intuizione diretta)

Ipazia

Certo che il nulla é pensabile anche tenendo i piedi saldamente a terra e senza scomodare l'essere mitico denominato Essere: una stanza vuota, e - ancor più tragicamente - una cassaforte vuota, non contengono nulla. Il nulla é una variante del vuoto ed uno spazio vuoto, fatto salvo il contenuto di aria elastica incolore inodore insapore e oltremodo ospitale, é assolutamente  ;)  esperibile.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

davintro

Citazione di: Ipazia il 21 Agosto 2020, 22:04:13 PM
Certo che il nulla é pensabile anche tenendo i piedi saldamente a terra e senza scomodare l'essere mitico denominato Essere: una stanza vuota, e - ancor più tragicamente - una cassaforte vuota, non contengono nulla. Il nulla é una variante del vuoto ed uno spazio vuoto, fatto salvo il contenuto di aria elastica incolore inodore insapore e oltremodo ospitale, é assolutamente  ;)  esperibile.


non sono un fisico, ma non credo che il vuoto della fisica sia assimilabile al Nulla filosofico... se anche l'atmosfera può essere studiata, analizzata nelle sue microcomponenti chimiche, nei suoi elementi massimamente semplici (chiedo scusa per la probabile terminologia imprecisa da profano naturalista), vuol dire che è pur sempre "qualcosa", un "non-nulla", a cui sono attribuibili delle proprietà positivamente presenti, per cui siamo sempre nel campo dell'Essere. E anche, ammesso e non concesso, che questo vuoto sia identificabile col Nulla, dovremmo ammettere l'effettiva realtà del Nulla, ma non ancora la sua originarietà nel pensiero, il suo essere diretto contenuto di esso. Il vuoto della cassaforte è in realtà un pensiero che deriva dalla percezione delle pareti non coperte da alcun oggetto, percezione del loro colore, che non è Nulla, ma rifrazione dell'ente "luce", qualcosa di positivo, e il senso del vuoto/nulla non è propriamente reale, ma espressione psicologica della delusione di un'aspettativa, l'aspettativa di trovarci del denaro che non c'è, mentre l'insignificanza (relativa alle nostre aspettative, si intende) delle pareti ci comunica l'apparenza del vuoto, dell'assenza, che però è sempre assenza relativa, e esperita in modo derivato

viator

Salve. Io ho una mente poco agile. I linguaggi troppo articolati la sfiancano.


Dal momento che il vuoto è sempre relativo ed il Nulla sempre assoluto........perchè non la facciamo corta e soda soda dicendo che che il vuoto consiste in una locale assenza di contenuti (fuori di esso esiste ciò che potrebbe riempirlo magari solo parzialmente, permettendogli di continuare ad esistere relativamente) mentre il Nulla non è riempibile da alcunchè senza rinunciare ad "essere sè stesso". Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Citazione di: davintro il 22 Agosto 2020, 00:16:18 AM
non sono un fisico, ma non credo che il vuoto della fisica sia assimilabile al Nulla filosofico... . E anche, ammesso e non concesso, che questo vuoto sia identificabile col Nulla, dovremmo ammettere l'effettiva realtà del Nulla, ma non ancora la sua originarietà nel pensiero, il suo essere diretto contenuto di esso.

Invece ritengo sia proprio dall'esperienza reale del vuoto, o meglio dell'assenza, l'origine del pensiero, comune e filosofico, del nulla.

L'origine, trattandosi di un concetto e non di un fatto, è più psicologica che fisica: il bambino (credente) chiama la madre (Dio) che non risponde. Da lì nasce il concetto e la psicologia, con le sue fobie, del nulla. Il silenzio eterno degli spazi infiniti che atterisce Pascal è la teatralizzazione filosofica del nulla.

Il fisico lo sa che il nulla non esiste quando postula: nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Prima di qualsiasi altro possibile pensiero cosciente, vi è la consapevolezza del Nulla.

È questa l'esperienza fondamentale e più autentica che si possa fare in vita: il Nulla.
Esperienza continuamente rimossa, esorcizzata. Perché è l'insostenibile radicale negazione dell'esistenza.

La morte, nostra possibile o di chi ci è accanto, può costringerci a questa esperienza. Ma la morte può essere solo un'occasione per l'esperienza, non è il Nulla.

La consapevolezza del Nulla può infatti comparire in ogni momento, anche negli istanti più felici.
Tutto è Nulla!

È il sospetto, sempre presente e sempre rigettato con il nostro perderci nell'esserci mondano, che viene finalmente alla luce.

E l'esistenza sbiadisce, ciò che era certo si fa adesso oscuro.
Il passato, il presente e il futuro mera illusione.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

L'osservazione di bobmax é arcifondata. Il nulla é il post morte. Ma sempre sull'antropologico si ricade. Sulla consapevolezza umana della finitezza della vita individuale. La morte é il momento individuale di passaggio dall'essere/esistere al non essere/non esistere. Quindi il concetto del nulla é strettamente correlato alla morte individuale che ha caratteristiche fattuali, oggettive. Con tutta la favolistica a seguire per esorcizzare questo autentico e fatale nulla.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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