Il mondo è una scacchiera!

Aperto da Eutidemo, 07 Aprile 2018, 07:50:11 AM

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sgiombo

#60
Citazione di: epicurus il 16 Aprile 2018, 11:15:00 AM


Citazione di: green demetr il 14 Aprile 2018, 09:31:22 AMSe io ti chiedo hai freddo? uno mi dice no, l'altro sì.
Perché il sentire freddo o meno riguarda, appunto, una sensazione. E visto che le persone hanno sensazioni differenti, è corretto che una persona risponda in modo diversa dall'altra. Se la persona descriverà correttamente la propria sensazione, allora dirà il vero, altrimenti il falso.
CitazioneMi sembra che discutendo con me negassi la mia affermazione che se una persona descrive correttamente la propria sensazione (ma anche solo afferma che accade una propria sensazione in quanto tale -mera apparenza sensibile o fenomenica- dandosi il caso che tale sensazione accada), allora certamente dirà il vero. (e non che sia certo che una qualche persona predica l' accadere di una qualche sua affermazione o meno).
A quanto pare (qui) invece concordi con me.



Citazione di: green demetr il 14 Aprile 2018, 09:31:22 AMIo parlo di avanzamento delle conoscenze quando vi è una utilità, che però va tarata rispetto a chi tale utilità la usa e la riconosce, per se, e non per altri, effettivamente utile.
Io invece parlo di avanzamento della conoscenza quando aumentiamo le verità che noi abbiamo scoperto. E per verità intendo l'accertamento di come stanno i fatti. Ma qui stiamo andando offtopic: la questione discussa qui non è ontologica, bensì gnoseologica.
CitazioneAnche se la conoscenza dei fatti non é ragionevolmente applicabile alla pratica?

Mi era sembrato il contrario...

Cioé che negassi autentica razionalità a credenze che applicate alla pratica non fossero ragionevoli (applicabili in pratica -e non credibili teoricamente- solo da pazzi).



epicurus

Sgiombo, non era mia intenzione coinvolgere il paradosso del mentitore, ma non sempre sono consapevole delle conseguenze delle mie idee o delle loro origini.  ;D


Più di una volta, hai richiesto di attenerci al "sodo" della discussione, evitando le questioni di mero linguaggio. Tuttavia non è ben chiaro dove finisca il nostro vero disaccordo e dove inizi la questione linguistica. Io riconosco che praticamente nessuna nostra conoscenza è esente dall'errore (più precisamente e tecnicamente, io sostengo il fallibilismo), pure tu condividi ciò, però continui a dire che per me la consapevolezza dei limiti della razionalità è del tutto irrilevante e di nessuna utilità. Lo credi davvero a fronte di quello che scrivo e, sopratutto, a fronte del fatto che sto discutendo con te da parecchi giorni proprio su questo argomento? Avere opinioni differenti su un argomento non significa essere disinteressato di quell'argomento.  :)

Citazione di: sgiombo
Citazione di: epicurus
Naturalmente non ho mai pensato che tu sia malato di mente, anzi, tutt'altro. Quello che io ho detto è che la tua superrazionalità implica l'infermità mentale, e lo hai detto pure tu... che per vivere la vita di tutti i giorni si deve essere fideisti, cioè non essere razionali. Un superrazionalista puro sarebbe infermo mentalmente, anzi, sarebbe morto in pochissimo tempo. Ecco è in questo che io vedo una riduzione all'assurdo della tua concezione della razionalità: non vedo come possa essere chiamata "razionalità" ciò che ha tali conseguenze.
Qui si ratta di differenze meramente terminologiche; e mi sembra che siamo riusciti a "tradurcele" reciprocamente in maniera abbastanza soddisfacente.
Qui la questione non mi pare sia meramente linguistica, affatto. Se l'essere razionale implica l'essere non-razionale, allora c'è qualcosa di profondamente sbagliato nella caratterizzazione che tu fai della razionalità.

Tu scrivi che io confondo la razionalità pura dalla ragionevolezza pratica. Ma tu come giustifichi l'utilizzo della ragionevolezza pratica? Non puoi, giusto? La ragionevolezza pratica altro non è che un comportamento irrazionale, fideistico, per te, è corretto? In pratica, ogni tua azione in questo mondo sarebbe irrazionale, epistemicamente ingiustificata. Anche il tuo parlare del fatto che è molto più probabile morire per la caduta se ci si getta dal 100° piano (invece che, poniamo, trasformarsi in un gatto e teletrasportarsi in un castello fatto interamente di nutella sulla Luna), è un parlare irrazionale, perché, come dicevo, non si può parlare di probabilità o meno di questo a voler essere rigorosi... A me pare, quindi, che il tuo parlare di "ragionevolezza pragmatica" è indistinguibile da "irrazionalità fideistica". E per me questo è un gran problema.

Citazione di: sgiomboNon si può essere certi che si sia effettivamente fatta una deduzione corretta o meno, anche (non solo) per la fallibilità della memoria (giudizio sintetico a posteriori circa come é-diviene o meno la realtà).
Ma si può essere certissimi che se la si fa, allora la conclusione dalle premesse é certa (certamente vera).

Il giudizio lo dobbiamo sospendere sulla circostanza di fatto reale o meno che la deduzione sia stata effettivamente fatta, e fatta correttamente.
Non sulla sua verità nel caso (ipotetico) sia fatta (in qualsiasi tempo).
Anche questa tua riflessione potrebbe essere sbagliata, non trovi? E questo ci provoca un certo disagio epistemico che, io credo, ci suggerisce che come stai impostando la questione è sbagliato.

Non solo. Tu dici, in pratica, "se non ci siamo sbagliati, allora la deduzione è certa". Ok, ma questo non cambia il fatto che la deduzione specifica non è certa, proprio perché possiamo sbagliarci. E' come dire "se non ci sbagliamo, allora i giudizi sintetici a posteriori sono certi"... ma in pratica se non ci sbagliamo, allora tutta la tua tesi è sbagliata, nel senso che tutto il tuo dubitare sarebbe sbagliato.

Rimane il fatto che, per i tuoi standard, non si ha certezza che il razioscetticismo sgiombiano sia vero, quindi è una tesi come tutte le infinite altre logicamente possibili, perciò su di essa bisogna sospendere il giudizio (e non difenderla, come fai tu).

epicurus

Citazione di: sgiombo il 17 Aprile 2018, 07:38:20 AM
Citazione di: epicurus il 16 Aprile 2018, 11:15:00 AM
Citazione di: green demetr il 14 Aprile 2018, 09:31:22 AMSe io ti chiedo hai freddo? uno mi dice no, l'altro sì.
Perché il sentire freddo o meno riguarda, appunto, una sensazione. E visto che le persone hanno sensazioni differenti, è corretto che una persona risponda in modo diversa dall'altra. Se la persona descriverà correttamente la propria sensazione, allora dirà il vero, altrimenti il falso.
CitazioneMi sembra che discutendo con me negassi la mia affermazione che se una persona descrive correttamente la propria sensazione (ma anche solo afferma che accade una propria sensazione in quanto tale -mera apparenza sensibile o fenomenica- dandosi il caso che tale sensazione accada), allora certamente dirà il vero. (e non che sia certo che una qualche persona predica l' accadere di una qualche sua affermazione o meno).
A quanto pare (qui) invece concordi con me.

Qui non parlo di questioni epistemiche. Dico solo che una proposizione è vera se ciò che descrive corrisponde a come il mondo è fatto.

Citazione
CitazioneIo parlo di avanzamento delle conoscenze quando vi è una utilità, che però va tarata rispetto a chi tale utilità la usa e la riconosce, per se, e non per altri, effettivamente utile.
Io invece parlo di avanzamento della conoscenza quando aumentiamo le verità che noi abbiamo scoperto. E per verità intendo l'accertamento di come stanno i fatti. Ma qui stiamo andando offtopic: la questione discussa qui non è ontologica, bensì gnoseologica.
CitazioneAnche se la conoscenza dei fatti non é ragionevolmente applicabile alla pratica?

Mi era sembrato il contrario...

Cioé che negassi autentica razionalità a credenze che applicate alla pratica non fossero ragionevoli (applicabili in pratica -e non credibili teoricamente- solo da pazzi).

Anche qui non stavo parlando di epistemologica, per questo dicevo che eravamo offtopic. "Io ho una madre" è vera se io ho una madre.

sgiombo

#63
Citazione di: epicurus il 18 Aprile 2018, 11:00:28 AM
Più di una volta, hai richiesto di attenerci al "sodo" della discussione, evitando le questioni di mero linguaggio. Tuttavia non è ben chiaro dove finisca il nostro vero disaccordo e dove inizi la questione linguistica. Io riconosco che praticamente nessuna nostra conoscenza è esente dall'errore (più precisamente e tecnicamente, io sostengo il fallibilismo), pure tu condividi ciò, però continui a dire che per me la consapevolezza dei limiti della razionalità è del tutto irrilevante e di nessuna utilità. Lo credi davvero a fronte di quello che scrivo e, sopratutto, a fronte del fatto che sto discutendo con te da parecchi giorni proprio su questo argomento? Avere opinioni differenti su un argomento non significa essere disinteressato di quell'argomento.  :)
Citazione
CitazioneSgiombo:
Ciò che mi induce a crederlo é il fatto che non distingui fra conoscenza teorica pura (implicante l' insuperabilità razionale dello scetticismo) e comportamento pratico da sani di mente (implicante il superamento irrazionale dello scetticismo), come se il primo dovesse adeguarsi al secondo o essere ignorato come irrilevante.

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Citazione di: sgiombo
Citazione di: epicurus
Naturalmente non ho mai pensato che tu sia malato di mente, anzi, tutt'altro. Quello che io ho detto è che la tua superrazionalità implica l'infermità mentale, e lo hai detto pure tu... che per vivere la vita di tutti i giorni si deve essere fideisti, cioè non essere razionali. Un superrazionalista puro sarebbe infermo mentalmente, anzi, sarebbe morto in pochissimo tempo. Ecco è in questo che io vedo una riduzione all'assurdo della tua concezione della razionalità: non vedo come possa essere chiamata "razionalità" ciò che ha tali conseguenze.
Qui si tratta di differenze meramente terminologiche; e mi sembra che siamo riusciti a "tradurcele" reciprocamente in maniera abbastanza soddisfacente.
Qui la questione non mi pare sia meramente linguistica, affatto. Se l'essere razionale implica l'essere non-razionale, allora c'è qualcosa di profondamente sbagliato nella caratterizzazione che tu fai della razionalità.
Citazione
CitazioneSgiombo:
Mai affermato (me ne guarderei bene!) che l'essere razionale implica l'essere non-razionale, ma casomai (ben diversa cosa!) che il comportarsi da sani di mente implica il superamento irrazionale dello scetticismo, l' assunzione di un atteggiamento pratico non conseguentemente razionale fino in fondo, ma solo "ragionevole"; e perfettamente compatibile con un atteggiamento teorico conseguentemente razionale fino in fondo, implicante la consapevolezza (per l' appunto teorica) dei limiti della razionalità (umana) e dell' insuperabilità razionale dello scetticismo (e non la coltivazione di pie illusioni in proposito).

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Tu scrivi che io confondo la razionalità pura dalla ragionevolezza pratica.

Ma tu come giustifichi l'utilizzo della ragionevolezza pratica? Non puoi, giusto? La ragionevolezza pratica altro non è che un comportamento irrazionale, fideistico, per te, è corretto?
CitazioneSgiombo:
Giusto; e me ne rendo razionalisticamente ben conto (cosa per me di grande importanza).

Citazione
CitazioneSgiombo:
Un comportamento non conseguentemente razionale fino in fondo.
In pratica, ogni tua azione in questo mondo sarebbe irrazionale, epistemicamente ingiustificata.
Citazione
CitazioneQueste espressioni mi sembrano un po' esagerate (anche se letteralmente vere: ogni mia azione non é razionale fino in fondo né epistemicamente giustificata; contrariamente -almenio lo spero- ad ogni mia credenza o sospensione del giudizio).

Il mio agire non é conseguentemente razionale fino in fondo.
Può essere (e cerca di essere) semplicemente "ragionevole".
Anche il tuo parlare del fatto che è molto più probabile morire per la caduta se ci si getta dal 100° piano (invece che, poniamo, trasformarsi in un gatto e teletrasportarsi in un castello fatto interamente di nutella sulla Luna), è un parlare irrazionale*, perché, come dicevo, non si può parlare di probabilità o meno di questo a voler essere rigorosi... ** A me pare, quindi, che il tuo parlare di "ragionevolezza pragmatica" è indistinguibile da "irrazionalità fideistica"***. E per me questo è un gran problema.
Citazione
CitazioneSgiombo:
* E'' un parlare non conseguentemente razionale fino in fondo.

** Esatto.

*** Esatto.
E per me non é per nulla problematico (é semplicemente consapevolezza dei limiti della razionalità umana).
Non lo trovo problematico se si distingue chiaramente fra teoria e pratica.

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Citazione di: sgiomboNon si può essere certi che si sia effettivamente fatta una deduzione corretta o meno, anche (non solo) per la fallibilità della memoria (giudizio sintetico a posteriori circa come é-diviene o meno la realtà).
Ma si può essere certissimi che se la si fa, allora la conclusione dalle premesse é certa (certamente vera).

Il giudizio lo dobbiamo sospendere sulla circostanza di fatto reale o meno che la deduzione sia stata effettivamente fatta, e fatta correttamente.
Non sulla sua verità nel caso (ipotetico) sia fatta (in qualsiasi tempo).
Anche questa tua riflessione potrebbe essere sbagliata, non trovi? E questo ci provoca un certo disagio epistemico che, io credo, ci suggerisce che come stai impostando la questione è sbagliato.

Non solo. Tu dici, in pratica, "se non ci siamo sbagliati, allora la deduzione è certa". Ok, ma questo non cambia il fatto che la deduzione specifica non è certa, proprio perché possiamo sbagliarci. E' come dire "se non ci sbagliamo, allora i giudizi sintetici a posteriori sono certi"... ma in pratica se non ci sbagliamo, allora tutta la tua tesi è sbagliata, nel senso che tutto il tuo dubitare sarebbe sbagliato.
Citazione
CitazioneSgiombo:

NO!

Invece é come dire "se non ci sbagliamo, allora i giudizi analitici a priori sono certi", e non affatto quelli sintetici a posteriori (salvo al solita effimera eccezione), né qualora ci sbagliamo.

Se non ci sbagliamo la mia tesi é comunque corretta (e vera), poiché non sostengo che si sbaglia sempre ma solo che si può sempre sbagliare (é sempre dubbia la verità di un giudizio sintetico a posteriori*, della -eventuale- conoscenza della realtà): può anche benissimo darsi (ma non é mai certo!) che non si sbagli, che un giudizio sintetico a posteriori sia vero.

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* Salvo la solita effimera eccezione.


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Rimane il fatto che, per i tuoi standard, non si ha certezza che il razioscetticismo sgiombiano sia vero, quindi è una tesi come tutte le infinite altre logicamente possibili, perciò su di essa bisogna sospendere il giudizio (e non difenderla, come fai tu).
Citazione
CitazioneSgiombo:

No!

Trattandosi di un giudizio analitico a priori e non di conoscenza di come é-diviene o meno la realtà, ve n' é certezza.

sgiombo

Citazione di: epicurus il 18 Aprile 2018, 11:08:14 AM


Qui non parlo di questioni epistemiche. Dico solo che una proposizione è vera se ciò che descrive corrisponde a come il mondo è fatto.
CitazioneSe ciò é certo allora é esattamente quello che ho sempre sostenuto io (e mi sembra tu abbia semère negato).



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Citazione
CitazioneIo parlo di avanzamento delle conoscenze quando vi è una utilità, che però va tarata rispetto a chi tale utilità la usa e la riconosce, per se, e non per altri, effettivamente utile.
Io invece parlo di avanzamento della conoscenza quando aumentiamo le verità che noi abbiamo scoperto. E per verità intendo l'accertamento di come stanno i fatti. Ma qui stiamo andando offtopic: la questione discussa qui non è ontologica, bensì gnoseologica.
CitazioneAnche se la conoscenza dei fatti non é ragionevolmente applicabile alla pratica?

Mi era sembrato il contrario...

Cioé che negassi autentica razionalità a credenze che applicate alla pratica non fossero ragionevoli (applicabili in pratica -e non credibili teoricamente- solo da pazzi).

Anche qui non stavo parlando di epistemologica, per questo dicevo che eravamo offtopic. "Io ho una madre" è vera se io ho una madre.
Citazione
CitazioneMa tu ammetti o no la verità che l ' induzione non é certa (e dunque che se non ti gettassi dal 100° piano di un grattacielo sul quale ti trovassi potrebbe teoricamente darsi che da un momento all' altro ti sfracelleresti contro il soffitto; anche se poi in pratica non ti getteresti)?

green demetr

#65
Citazione di: sgiombo il 14 Aprile 2018, 13:06:28 PM
X Green Demetr

(Rispondo anche se non direttamente interpellato perché l' argomento mi interessa).

Mi pare che i colori (da Locke in poi), non essendo direttamente misurabili quantitativamente (ma solo indirettamente come frequenze, ampiezze, ecc. di onde elettromagnetiche), siano considerati parte delle qualità secondarie; mentre invece quelle quantitativamente misurabili (al di là delle immediate impressioni soggettive che possono provocare), come la velocità (zero in caso di quiete, diversa da zero in caso di moto), la temperatura (l' essere più o meno caldi o freddi dei corpi) e la massa (l' essere più o meno pesanti o leggeri) siano considerate qualità primarie.

Le osservazioni empiriche operate nell' ambito della scienza e le scale di riferimento cui si riferiscono, come ad esempio il meridiano terrestre nel caso del metro, (postulate come vere alcune tesi indimostrabili; fatto che mettoe insuperabilmente in dubbio la conoscenza scientifica stessa, ad essere razionalisti conseguenti fino in fondo) sono intersoggettive e non affatto del tutto avulse dal nostro percepire (intersoggettivo).
Dunque le verità scientifiche (nell' ipotesi che siano vere alcune tesi indimostrabili) non sono interpretazioni arbitrarie della realtà (materiale naturale; che non esaurisce la realtà in toto), ma descrizioni veritiere di qualcosa di reale e intersoggettivo (per quanto non in sé ma fenomenico); e la realtà (materiale naturale; che non é la realtà in toto), unica, é quella che tutti intersoggettivamente constatiamo (purché la osserviamo nei modi appropriati).

Per me (non credo per Epicuro cui rivolgi la domanda, da quello che ne leggo) la conoscenza é così importante (anche; oltre che per le possibili, spesso utilissime, talora dannosissime, applicazioni pratiche) perché ho il desiderio fortissimo di acquisirla (nella maggior misura possibile): la sua ricerca é (anche) fine a se stessa.


Devo confessare che faccio fatica a distinguere primarie e secondarie di locke.  :-[

Servirebbe un ripasso consistente.

Per quanto riguarda le scale di riferimento avulse dal soggettivo, esse sono messe all'interno della filosofia della percezione come capitolo ultimo.

Questo perchè nella discussione ciò che interessa è proprio il livello fenomenologico.

Difficile vedere nel colore una collezione di onde.

Nella filosofia della percezione, che è sostanzialmente la gnoseologia che si studia all'università, visto che tanti utenti qui se ne interessano, non è la scienza dura e pura.
Che viene appunto lasciata ad altri "poteri" e caste.

Nel mondo filosofico, visto che stanno tutti scrivendo qui, e non nell'apposita sede di scienze, la questione è legata alle teorie che TUTTE concordano in un solo passaggio, ossia che a qualunque scuola si vuole appartenere, ci si concentra sul Contenuto dei Dati.

Ossia che esiste un ipotetico contenitore di dati sensori, fisici, psicologici, fenomenici.

Dunque la questione si sposta dall'oggettivo al soggettivo, ossia alle interpretazione dei dati.

qua ci sone le lezioni del prof Spinicci, anche se anni prima di quando l'ho fatto io, l'impostazione è la stessa.

http://www.lettere.unimi.it/dodeca/spini01/coperti.htm

In particolare basta leggere la lezione 0, breve, per capire che partendo da Wittgenstein la questione subisce uno slittamento, tutt'altro che banale. (anche se a me indigesto comunque  ;) )


Non so cosa pensi di questo slittamente Sgiombo, mi pare la tua una sorta di pensiero complementare, laddove rispetto al soggettivo, sei d'accordo solo sulla indecidibilità, e
sul lato dei dati invece sposi le prospettive della scuola scientifica a scapito proprio della fenomenologia.
Non so se si può dire così. A te la parola.

nb. edit

ovviamente so che la tua posizione rispetto a quella che chiamo punto soggettivo, nella tua proposta, è una credenza una fede, a che vi sia un punto di incontro tra cosa in sè e fenomeno.
Questo sposterebbe di molto, ovviamente, la questione della filosofia contemporanea.
Come dici tu, infatti sei un ricercatore indipendente.
Ciò detto, la mia domanda è proprio cosa ne pensi delle proposte contemporanee, e dello slittamento che è avvenuto. (una sorta di congedo dalle scienza dure e pure, appunto, una mossa per sopravvivere accademicamente....non so, a te la parola, appunto!)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

sgiombo

X GreenDemetr

Data l' insistenza con cui solleciti la mia opinione non posso esimermi dal rispondere su una questione che a mio parere non é propriamente filosofica, che non mi interessa più di tanto.
Secondo me una cosa é la gnoseologia come branca delle filosofia (che mi interessa di più; e in questo campo seguo criticamente innanzitutto -ma non solo- i "classici" filosofi empiristi -soprattutto, Locke compreso- e razionalisti, Kant, e per qualche limitato aspetto la fenomenologia), un' altra la fisiologia della percezione.
La quale (dopo la lettura della lezione zero) é secondo me tutto ciò di cui si occupa Spinicci : scienza, e non affatto filosofia, della percezione.

Dice infatti Spinicci:
"la percezione non è un oggetto che appartenga alla riflessione filosofica e proporre una teoria filosofica dei processi che determinano la percezione del colore, dei suoni o dello spazio sarebbe, credo, altrettanto insensato quanto scrivere un trattato filosofico sull'assimilazione degli zuccheri. E ciò è quanto dire che la percezione appartiene di diritto al terreno della ricerca scientifica: i problemi di una teoria della percezione sono dunque problemi di natura psicologica, fisiologica, chimica e fisica".
Mi sembra assolutamente inequivocabile.
Ciò cui Spinicci, con Wittgenstein, circoscrive quello che, a suo avviso, è il terreno di una "filosofia della percezione" non é che analisi critica del linguaggio usato per parlare di scienza della percezione.
M la filosofia é tutt' altra cosa (per me di gran lunga più interessante)!

Naturalmente se parlo di scienza (che a me interessa assai meno della filosofia!) della percezione) non posso che basarmi sui dati empirici che -come in generale per la conoscenza scientifica- si assume (arbitrariamente, indimostrabilmente; e questa é filosofia della scienza!) come intersoggettivi.
Ma se parlo di gnoseologia (filosofica), allora non do nulla per scontato, nemmeno l' intersoggettività (e comunque ne nego recisamente l' oggettività!) dei dati empirici materiali di cui si occupa la scienza; e nemmeno del postulato del divenire ordinato della natura materiale e della verità dell' induzione. I quali della (possibilità della) conoscenza scientifica (vera) stessa sono (indimostrabili essere vere; né false) ineludibili, necessarie conditiones sine qua non.

In conclusione ciò che penso del modo accademico corrente (se, come credo anche per la fiducia che accredito alle tue considerazioni, é ben esemplificato da Spinicci), é che (esattamente come sulla questione dei rapporti mente-cervello o meglio coscienza-cervello nel campo della filosofia della mente) vi domina largamente una deteriore, errata e falsa tendenza veteropositivistica (ma come mi piace usare questo prefisso, solitamente agitato contro di me da politicamente corretti e "pensatori a là page in quanto "veteromarxista", "veterocomunista", ecc.!) a fidarsi ciecamente ed acriticamente (senza alcuna valutazione critica razionale, filosofica) della conoscenza scientifica e a considerare la filosofia (autentica; e non la critica a là Wittgenstein del linguaggio con cui al massimo sono disposti a -penosamente!- identificarla).
E' una tendenza talmente "vetero" che già il grande Friederich Engels nella lontanissima seconda metà del XIX° scolo così l' aveva stigmatizzata con giusta severità:


"Gli scienziati credono di liberarsi della filosofia ignorandola od insultandola. Ma poichè senza pensiero non vanno avanti e per pensare hanno bisogno di determinazioni di pensiero, essi accolgono queste categorie, senza accorgersene, dal senso comune delle cosiddette persone colte, dominato dai residui di una filosofia da gran tempo tramontata, o da quel po' di filosofia che hanno ascoltato obbligatoriamente all' Università (che è non solo frammentaria, ma un miscuglio delle concezioni delle persone appartenenti alle più diverse, e spesso peggiori, scuole), o dalla lettura acritica ed asistematica di scritti filosofici di ogni specie; pertanto essi non sono affatto meno schiavi della filosofia, ma lo sono il più delle volte, purtroppo, della peggiore; e quelli che insultano di più la filosofia sono schiavi proprio dei peggiori residui volgarizzati della peggiore filosofia..."

                                                                                (F. Engels, Dialettica della natura)

green demetr

X sgiombo.


Grazie per l'interessante taglio della critica a cui sottoponi l'attuale filosofia teoretica.

Concordo ovviamente con Engels (grazie per la citazione), si tratta di tornare a meditare sul pensiero.
Come forma di critica, come tu, a mio parere correttamente, fai (per lo meno nello stretto rapporto tra oggetto (presunto) ed esistente (Das Ding).

Mancherebbe però la tua interpretazione di Mondo.

Non mi sembra sia un tema che affronti spesso: è vero che la tua è una critica epistemica, alla base cioè del sistema pensiero, ma ammettendo che esista una coincidenza fenomenica, il pensiero come si pone rispetto ad essa?

Ossia alla sua interezza, come Mondo.

Oppure ritieni che sia un concetto fumoso (e basta), d'altronde so per certo che non sei un estimatore di Heidegger, a cui tale concetto è ormai associato.

ciao  :)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

sgiombo

X GreenDemetr

Sì, il concetto di "mondo" mi lascia un po' perplesso (e non sono sicuro di comprendere bene che cosa mi chiedi..
 
Se intendi chiedermi quali sono le mie convinzioni circa il senso o la ragione, il "perché?" della realtà in toto, allora mi sembra di avere più volte nel forum argomentato per negare la sensatezza di tale problema fondamentalmente per tre motivi.
 
Il primo é che di scopo può parlarsi solo a proposito di ciò che é opera di un agente intenzionale cosciente (e magari dotato di libero arbitrio), e dunque se per "ragione" o "senso" si intende lo scopo della realtà, allora potrebbe porsi il problema solo se previamente si dimostrasse che la realtà (in realtà il resto della realtà, ovvero la realtà escluso il suo creatore) é frutto di creazione da parte di un agente intenzionale cosciente (ma non della realtà in toto, creatore cosciente compreso, il quale sarebbe reale senza essere frutto finalizzato di creazione da parte di un agente intenzionale cosciente).
 
Al secondo ho accennato anche molto recentemente nella discussione con Lori Bagnara su "Esistenza della realtà", ed é il fatto che, intendendosi per "ragione" la causa di ciò che é reale, allora nell' ambito di una realtà in divenire ordinato secondo leggi universali e costanti può porsi il problema della causa di qualcosa di parziale (effetto, secondo le leggi del divenire, da qualcosaltro di parziale che ne é causa), ma non della realtà in toto, oltre la quale per definizione non é reale alcunché d' altro che ne possa non contraddittoriamente, sensatamente essere la causa.
 
Il Terzo é che semplicemente si da il caso che si può pensare anche ciò che non é reale (oltre darsi il caso che sia reale ciò che non si pensa); e questo induce a chiedersi la ragione del fatto che di tutto ciò che potrebbe essere (pensato come) reale sia reale proprio quello che lo é niente di tutte le altre ipotesi alternative ad esso.
Ma se pensabile (pensabile essere reale; o meno) é qualsiasi ipotesi non autocontraddittoria, però reale può essere unicamente ciò che é reale e nient' altro:
possibile == pensabile == possibile in quanto pensato =/= possibile in quanto reale (che implicherebbe anche possibile in quanto non reale).
E reale == necessariamente reale (necessario essere reale e non: possibile essere reale e non essere reale) == necessario in quanto reale (e non possibile in quanto reale, che implicherebbe anche possibile in quanto non reale).
Ma se, come effettivamente é, ciò che é reale (può bensì essere pensato non essere reale, ma) non può non essere reale e ciò che non é reale (può bensì essere pensato essere reale, ma) non può essere reale, allora in verità non si pone alcun problema del perché é reale proprio solo ciò che é reale e non altro, non essendo realmente possibile (ma solo pensabile) che sia reale altro, ovvero stando le cose in modo tale che non si dà possibilità reale di essere reale (ma solo di essere pensabile essere reale) di alcunché d' altro da ciò che é effettivamente reale e dunque non si pone alcun problema del perché, della ragione del fatto (che non si dà affatto!) che di tutto ciò che potrebbe essere reale sia reale solo proprio quello che lo é, e niente di tutte le altre ipotesi alternative ad esso: in realtà dandosi il caso che di tutto ciò che potrebbe essere pensato essere reale può essere reale solo ed unicamente proprio quello che lo é, e niente di tutte le altre ipotesi (pensabili, possibili essere pensate come reali, ma non possibili essere reali, ma necessariamente non reali) alternative ad esso.

epicurus

Ciao, ricapitolo un po' di conseguenze della tua tesi:

1. Non è razionale credere che sia molto più probabile morire per la caduta se ci si getta dal 100° piano, invece che, poniamo, trasformarsi in un gatto e teletrasportarsi in un castello fatto interamente di nutella sulla Luna. Più in generale, non è razionale parlare che qualcosa sia più probabile di qualcos'altro.
2. O ci si comporta da sani di mente irrazionali, oppure ci si comporta da pazzi razionali. Quindi, la razionalità implica la pazzia.
3. La ragionevolezza pragmatica implica l'irrazionalità.
4. Praticamente ogni nostra azione è sempre irrazionale. Può essere ragionevole, ma è comunque irrazionale.

Come già detto in altri post, per me questo è tutto fuorché la caratterizzazione della nozione di "razionalità". E' qualcosa d'altro... e non è solo una questione linguistica, se sosteniamo che la razionalità abbia un qualche grado di valenza normativa.

Ora un po' di domande:

A. Se la ragionevolezza non è razionale, perché tu cerchi di essere ragionevole?

B. Come ti immagineresti una tua giornata se tu volessi essere davvero razionale? Cosa faresti? Come si svolgerebbe?

C. Immagino che la filosofia dovrebbe servirsi solo della razionalità (e non della ragionevolezza). Detto questo, tu sei disposto a vincolarti in tale modo?

D. Secondo te è epistemicamente migliore l'attuale teoria astronomica o la teoria astrologica? Perché sarebbe meglio credere all'astronomia? Se per rispondere a ciò disponiamo solo della ragionevolezza, allora rimaniamo nel campo dell'irrazionalità, no?

E. Riguardo l'ultima questione, a pare che rimanga valida la mia obizione. Seguendo la tua tesi: per tutta una multitudine di ragione (alcune delle quali che potrebbero essere oltre la nostra immaginazione) il razioscetticismo sgiombiano può essere sbagliato, quindi dovremmo sospendere il giudizio su di esso, come per qualsiasi altra tesi autoconsistente.

F. D'altro canto potrebbe essere che tu sia l'unico soggetto epistemico al mondo fallace, profondamente fallace, e che il resto delle persone invece fossero onniscienti. Ma allora, in una situazione del genere, la tua tesi non sarebbe una tesi generale, ma semplicemente una tesi estremamente particolare, una tesi che riguarda solo te. Inoltre, sempre in tale situazione, non sarebbe meglio che tu non esponessi tale tesi, visto che tutto ciò che dici e credi sarebbe molto probabilmente sbagliato (e lo diresti a persone che non hanno bisogno di ciò visto che sono onniscienti)? Certamente questa è solo una possibilità, ma ugualmente dovrebbe vincolarti... Se ci sono così tanti dubbi non solo sul mondo e come lo conosciamo, ma dubbi che riguardano dubbi di come lo conosciamo, e dubbi sui dubbi sui dubbi di come lo conosciamo, ecc..., allora non sarebbe più razionale sospendere il giudizio su tutto e semplicemente rimandere in silenzio?

sgiombo

Citazione di: epicurus il 24 Aprile 2018, 12:58:03 PM
CitazioneCaro Epicurus, tu continui a confondere teoria e pratica (oltre che indubitabilità dei giudizi analitici a priori, ovviamente se logicamente corretti, e inevitabile dubbio di tutti i giudizi sintetici a posteriori) e a ignorare i limiti teorici della razionalità (che significa essere meno conseguentemente razionalisti, coltivando beate illusioni in proposito, che rendersene conto) e io so più cosa fare per farti capire questa differenza e questi limiti.
 
Poco male: contento (anche) tu, siamo contenti tutti!
 
Farò comunque un estremo sforzo per rispondere alle tue obiezioni (non pretendo come Giobbe, ma comunque di pazienza ne ho non poca).

Ciao, ricapitolo un po' di conseguenze della tua tesi:

1. Non è razionale credere che sia molto più probabile morire per la caduta se ci si getta dal 100° piano, invece che, poniamo, trasformarsi in un gatto e teletrasportarsi in un castello fatto interamente di nutella sulla Luna. Più in generale, non è razionale parlare che qualcosa sia più probabile di qualcos'altro.
2. O ci si comporta da sani di mente irrazionali, oppure ci si comporta da pazzi razionali. Quindi, la razionalità implica la pazzia.
3. La ragionevolezza pragmatica implica l'irrazionalità.
4. Praticamente ogni nostra azione è sempre irrazionale. Può essere ragionevole, ma è comunque irrazionale.
CitazioneNon ho mai pensato nulla di ciò che mi attribuisci:

1 Ho invece sempre pensato che se non ci si rende conto che il credere che gettandosi dal 100° piano si precipita al suolo (e quasi sicuramente ci si fa molto male) é indimostrabile e dunque teoricamente degno di dubbio si é meno razionalisti che se ce se ne rende conto (non si é conseguentemente razionalisti, contrariamente che rendendosene conto).

2 Ho invece sempre pensato che o ci si comporta da sani di mente essendo razionali fino in fondo e dunque rendendosi conto di credere vere anche talune tesi indimostrabili, dubbie, oppure ci si comporta da sani di mente non essendo razionali fino in fondo e coltivando beate illusioni.

3 Il comportamento ragionevole da sani di mente implica una limitazione nell' applicazione nella pratica della razionalità teorica.

4 Praticamente ogni azione da sani di mente implica la credenza indimostrata in qualcosa, la non considerazione in pratica di dubbi teorici dei quali un razionalismo conseguente fino in fondo impone di essere consapevoli in teoria (oppure, se non si é razionalisti fino in fondo, la semplice ignoranza di ciò e la coltivazione di pie illusioni circa la razionalità umana).

Come già detto in altri post, per me questo è tutto fuorché la caratterizzazione della nozione di "razionalità". E' qualcosa d'altro... e non è solo una questione linguistica, se sosteniamo che la razionalità abbia un qualche grado di valenza normativa.
CitazioneInfatti la razionalità può avere valenza normativa quanto alla teoria, non quanto alla pratica (se non meramente strumentale verso l' irrazionalità delle pulsioni ad agire e dunque ad esse subordinata e condizionata): può solo dirci come é o non é la realtà, non come deve o non deve essere (anche se ovviamente la conoscenza teorica della realtà fornisce mezzi all' azione, la quale però é promossa da istanze irrazionali: i fini dell' agire sono avvertiti irrazionalmente, e solo i mazzi per raggiungerli sono conusciuti razionalmente, la ragione non può dirci come si vuole che sia la realtà, ma solo se ed eventualmente come si può fare perché così sia).

Ora un po' di domande:

A. Se la ragionevolezza non è razionale, perché tu cerchi di essere ragionevole?
CitazioneLa ragionevolezza pratica é diversa dalla razionalità conseguente fino in fondo teorica e non necessita del razionalismo conseguente e della consapevolezza dei suoi limiti: può comportarsi ragionevolmente anche chi coltiva pie illusioni circa la razionalità umana (...ma non sa cosa si perde!).

Cerco di essere ragionevole in pratica perché ciò non mi impedisce di essere razionalista conseguente fino in fondo in teoria e perché sono sano di mente.

B. Come ti immagineresti una tua giornata se tu volessi essere davvero razionale? Cosa faresti? Come si svolgerebbe?
CitazioneEsattamente come sono le mie giornate di fatto, dal momento che il mio razionalismo teorico conseguente fino in fondo (il mio "essere davvero razionale") non mi impedisce affatto di comportami ragionevolmente in pratica, rendendomi conto dei limiti della razionalità umana e del razionalismo non conseguente del mio comportamento, cosa per me assai gratificante (e viceversa).

C. Immagino che la filosofia dovrebbe servirsi solo della razionalità (e non della ragionevolezza). Detto questo, tu sei disposto a vincolarti in tale modo?
CitazioneOvvio, é quel che cerco sempre di fare: in filosofia sono razionalista conseguente fino in fondo, conoscendo i limiti della razionalità (sono "vincolato in tal modo", con grandissima soddisfazione, per la cronaca); il che non mi impedisce affatto di comportarmi in pratica ragionevolmente (nella piena consapevolezza teorica che il mio non é un comportamento pratico razionalista conseguente fino in fondo, oltre che dei limiti della razionalità cosa che mi gratifica moltissimo).

D. Secondo te è epistemicamente migliore l'attuale teoria astronomica o la teoria astrologica? Perché sarebbe meglio credere all'astronomia? Se per rispondere a ciò disponiamo solo della ragionevolezza, allora rimaniamo nel campo dell'irrazionalità, no?
CitazionePremesso che ritengo profondamente errate e false le teorie cosmologiche (o per meglio dire: cosmogoniche) correnti, in generale l' astronomia scientifica é di gran lunga migliore delle superstizioni astrologiche perché limita le sue credenze indimostrate e dubbie a un "minimo indispensabile", mentre l' astrologia, come tutte le superstizioni,  "si beve allegramente di tutto e di più".

Ma come ti può essere sorto un simile dubbio?
Ah, già, é perché confondi continuamente e peristentemente teoria e pratica, oltre a non essere razionalista conseguente fino in fondo (secondo quel che personalmente intendo per "razionalismo" e "razionalità", ovviamente), dal momento che ignori i limiti della razionalità umana  e coltivi beate illusioni in proposito.

E. Riguardo l'ultima questione, a pare che rimanga valida la mia obizione. Seguendo la tua tesi: per tutta una multitudine di ragione (alcune delle quali che potrebbero essere oltre la nostra immaginazione) il razioscetticismo sgiombiano può essere sbagliato, quindi dovremmo sospendere il giudizio su di esso, come per qualsiasi altra tesi autoconsistente.
CitazioneA me pare proprio il contrario!

Infatti i giudizi analitici a priori su cui si fonda il razioscetticismo sgiombiano (come tutti i giudizi analitici a priori correttamente svolti) sono indubitabili (potrebbero essere dubbi, e per lo meno molto probabilmente lo sarebbero se fossero condotti erroneamente, scorrettamente ma questo é tutto da dimostrare); ivi compreso quello affermante la insuperabile incertezza di ogni giudizio sintetico a posteriori, ovvero eventuale conoscenza di come é/diviene o non é/non diviene la realtà).
F. D'altro canto potrebbe essere che tu sia l'unico soggetto epistemico al mondo fallace, profondamente fallace, e che il resto delle persone invece fossero onniscienti. Ma allora, in una situazione del genere, la tua tesi non sarebbe una tesi generale, ma semplicemente una tesi estremamente particolare, una tesi che riguarda solo te. Inoltre, sempre in tale situazione, non sarebbe meglio che tu non esponessi tale tesi, visto che tutto ciò che dici e credi sarebbe molto probabilmente sbagliato (e lo diresti a persone che non hanno bisogno di ciò visto che sono onniscienti)? Certamente questa è solo una possibilità, ma ugualmente dovrebbe vincolarti... Se ci sono così tanti dubbi non solo sul mondo e come lo conosciamo, ma dubbi che riguardano dubbi di come lo conosciamo, e dubbi sui dubbi sui dubbi di come lo conosciamo, ecc..., allora non sarebbe più razionale sospendere il giudizio su tutto e semplicemente rimandere in silenzio?
CitazionePer la serie: "se mio nonno avesse tre ruote sarebbe un triciclo"!

La fallibilità non é dei giudizi analitici a priori correttamente condotti: se mi dimostrassi che i miei non lo sono (ma ci vorrebbero giudizi sintetici  posteriori, i quali sono insuperabilmente dubbi), ne potremmo riparlare.

Ci sono così tanti dubbi su ogni cosa, ma non sulla verità dei giudizi analitici a priori correttamente condotti.

epicurus

Ciao Sgiombo, anch'io sento che le nostre argomentazioni scivolano l'uno sull'altro, senza apportare un'evoluzione epistemica di nessuno dei due. Nella speranza che presto questo cambi, continuo la discussione.


Citazione di: sgiombo il 24 Aprile 2018, 21:45:40 PM
Citazione di: epicurus il 24 Aprile 2018, 12:58:03 PMCiao, ricapitolo un po' di conseguenze della tua tesi:

1. Non è razionale credere che sia molto più probabile morire per la caduta se ci si getta dal 100° piano, invece che, poniamo, trasformarsi in un gatto e teletrasportarsi in un castello fatto interamente di nutella sulla Luna. Più in generale, non è razionale parlare che qualcosa sia più probabile di qualcos'altro.
2. O ci si comporta da sani di mente irrazionali, oppure ci si comporta da pazzi razionali. Quindi, la razionalità implica la pazzia.
3. La ragionevolezza pragmatica implica l'irrazionalità.
4. Praticamente ogni nostra azione è sempre irrazionale. Può essere ragionevole, ma è comunque irrazionale.
CitazioneNon ho mai pensato nulla di ciò che mi attribuisci:

1 Ho invece sempre pensato che se non ci si rende conto che il credere che gettandosi dal 100° piano si precipita al suolo (e quasi sicuramente ci si fa molto male) é indimostrabile e dunque teoricamente degno di dubbio si é meno razionalisti che se ce se ne rende conto (non si é conseguentemente razionalisti, contrariamente che rendendosene conto).

Io ho scritto: "Anche il tuo parlare del fatto che è molto più probabile morire per la caduta se ci si getta dal 100° piano (invece che, poniamo, trasformarsi in un gatto e teletrasportarsi in un castello fatto interamente di nutella sulla Luna), è un parlare irrazionale" e tu hai risposto che quello è un parlare "non conseguentemente razionale fino in fondo". Che io traduco come: non è razionalmente fondato.

Inoltre, io avevo continuato dicendo: in generale "non si può parlare di probabilità o meno di questo a voler essere rigorosi". E tu hai risposto che ciò è corretto.

Tu qui scrivi che quasi sicuramente ci si fa male, ma come puoi dirlo? Se è tutto un sogno, se esisti solo tu, se la tua memoria è profondamente fallace, ecc...., allora non dovresti dire che "quasi sicuramente" ci si fa molto male. Come avevi ammesso l'altra volta, razionalmente non c'è spazio per le probabilità.

Citazione2 Ho invece sempre pensato che o ci si comporta da sani di mente essendo razionali fino in fondo e dunque rendendosi conto di credere vere anche talune tesi indimostrabili, dubbie, oppure ci si comporta da sani di mente non essendo razionali fino in fondo e coltivando beate illusioni.

3 Il comportamento ragionevole da sani di mente implica una limitazione nell' applicazione nella pratica della razionalità teorica.

4 Praticamente ogni azione da sani di mente implica la credenza indimostrata in qualcosa, la non considerazione in pratica di dubbi teorici dei quali un razionalismo conseguente fino in fondo impone di essere consapevoli in teoria (oppure, se non si é razionalisti fino in fondo, la semplice ignoranza di ciò e la coltivazione di pie illusioni circa la razionalità umana).

Io avevo scritto: "A me pare, quindi, che il tuo parlare di 'ragionevolezza pragmatica' è indistinguibile da 'irrazionalità fideistica'". A ciò tu mi hai risposto che ciò è esatto.

Quindi non mi pare di essere stato così impreciso sul ricapitolare le tue posizioni come tua affermi.

CitazioneA. Se la ragionevolezza non è razionale, perché tu cerchi di essere ragionevole?
CitazioneLa ragionevolezza pratica é diversa dalla razionalità conseguente fino in fondo teorica e non necessita del razionalismo conseguente e della consapevolezza dei suoi limiti: può comportarsi ragionevolmente anche chi coltiva pie illusioni circa la razionalità umana (...ma non sa cosa si perde!).

Cerco di essere ragionevole in pratica perché ciò non mi impedisce di essere razionalista conseguente fino in fondo in teoria e perché sono sano di mente.

D. Secondo te è epistemicamente migliore l'attuale teoria astronomica o la teoria astrologica? Perché sarebbe meglio credere all'astronomia? Se per rispondere a ciò disponiamo solo della ragionevolezza, allora rimaniamo nel campo dell'irrazionalità, no?
CitazionePremesso che ritengo profondamente errate e false le teorie cosmologiche (o per meglio dire: cosmogoniche) correnti, in generale l' astronomia scientifica é di gran lunga migliore delle superstizioni astrologiche perché limita le sue credenze indimostrate e dubbie a un "minimo indispensabile", mentre l' astrologia, come tutte le superstizioni,  "si beve allegramente di tutto e di più".

Ma come ti può essere sorto un simile dubbio?
Ah, già, é perché confondi continuamente e peristentemente teoria e pratica, oltre a non essere razionalista conseguente fino in fondo (secondo quel che personalmente intendo per "razionalismo" e "razionalità", ovviamente), dal momento che ignori i limiti della razionalità umana  e coltivi beate illusioni in proposito.

Il problema che volevo mette in luce è che, in fin dei conti, per la razionalità non c'è differenza tra una teoria ragionevole e una teoria irrazionale qualsiasi. Si ritorna al fatto, che tu mi avevi confermato, che secondo te la ragionevolezza pragmatica è indistinguibile dall'irrazionalità fideistica. Il nocciolo  ineliminabile della tua tesi è che in realtà non è più razionale chi crede che la terra non sia piatta da chi invece lo crede. Quindi non vedo perché tu non sospendi il giudizio veramente su questa questione (e su infinite altre questioni). Perché non sei coerente fino in fondo e non sospendi il giudizio su ogni questione empirica? Perché fai il salto fideistico nel ragionevole, che ti rende indistinguibile da un terrapiattista qualsiasi?

CitazioneE. Riguardo l'ultima questione, a pare che rimanga valida la mia obizione. Seguendo la tua tesi: per tutta una multitudine di ragione (alcune delle quali che potrebbero essere oltre la nostra immaginazione) il razioscetticismo sgiombiano può essere sbagliato, quindi dovremmo sospendere il giudizio su di esso, come per qualsiasi altra tesi autoconsistente.
CitazioneA me pare proprio il contrario!

Infatti i giudizi analitici a priori su cui si fonda il razioscetticismo sgiombiano (come tutti i giudizi analitici a priori correttamente svolti) sono indubitabili (potrebbero essere dubbi, e per lo meno molto probabilmente lo sarebbero se fossero condotti erroneamente, scorrettamente ma questo é tutto da dimostrare); ivi compreso quello affermante la insuperabile incertezza di ogni giudizio sintetico a posteriori, ovvero eventuale conoscenza di come é/diviene o non é/non diviene la realtà).

Scusa se insisto, ma è possibile che la tua memoria sia completamente fallace, quindi il razioscetticismo sgombiano potrebbe essere falso. Quindi non è certo. Quindi possiamo dubitarlo. Non capisco davvero come superi questo problema. Non sono io che devo dimostrare che le tue argomentazioni sono scorrette, mi basta dire che potrebbero essere false, e subito subentra lo scetticismo indagatore della filosofia... così rigoroso e attento che non si accontenta di assumere la tua memoria come attendibile, e quindi di conseguenza non assumere fideisticamente neppure la correttezza delle tue argomentazioni.

sgiombo

#72
Citazione di: epicurus il 27 Aprile 2018, 11:16:59 AM
Ciao Sgiombo, anch'io sento che le nostre argomentazioni scivolano l'uno sull'altro, senza apportare un'evoluzione epistemica di nessuno dei due. Nella speranza che presto questo cambi, continuo la discussione.
CitazioneIo invece, ad essere sincero, a questo punto non ci spero più.

MI sembra evidente che tu non hai (più legittimamente, come é ovvio) alcuna intenzione di analizzare i limiti della razionalità umana e continui a confondere la mia consapevolezza conseguentemente razionale di essi con un' atteggiamento irrazionale e al limite (per lo meno, se non oltre) della dissennatezza.

A questo punto rispondo ancora una volta dettagliatamente alle tue obiezioni, ma preannuncio che, a meno che -assai improbabilmente- la tua ulteriore replica non contenga argomentazioni nuove (cioé se, come le altre volte, si tratterà di ulteriori ripetizioni delle stesse contro-obiezioni -sempre le stesse- ad ulteriori ripetizioni delle  stesse obiezioni -sempre le stesse), allora non risponderò più con (evidentemente inutili) inevitabili ulteriori ripetizioni delle stesse contro-obiezioni.
Con l' ovvia precisazione che in tal caso chi tace non acconsente.


Citazione di: sgiombo il 24 Aprile 2018, 21:45:40 PM
Citazione di: epicurus il 24 Aprile 2018, 12:58:03 PMCiao, ricapitolo un po' di conseguenze della tua tesi:

1. Non è razionale credere che sia molto più probabile morire per la caduta se ci si getta dal 100° piano, invece che, poniamo, trasformarsi in un gatto e teletrasportarsi in un castello fatto interamente di nutella sulla Luna. Più in generale, non è razionale parlare che qualcosa sia più probabile di qualcos'altro.
2. O ci si comporta da sani di mente irrazionali, oppure ci si comporta da pazzi razionali. Quindi, la razionalità implica la pazzia.
3. La ragionevolezza pragmatica implica l'irrazionalità.
4. Praticamente ogni nostra azione è sempre irrazionale. Può essere ragionevole, ma è comunque irrazionale.
CitazioneNon ho mai pensato nulla di ciò che mi attribuisci:

1 Ho invece sempre pensato che se non ci si rende conto che il credere che gettandosi dal 100° piano si precipita al suolo (e quasi sicuramente ci si fa molto male) é indimostrabile e dunque teoricamente degno di dubbio si é meno razionalisti che se ce se ne rende conto (non si é conseguentemente razionalisti, contrariamente che rendendosene conto).

Io ho scritto: "Anche il tuo parlare del fatto che è molto più probabile morire per la caduta se ci si getta dal 100° piano (invece che, poniamo, trasformarsi in un gatto e teletrasportarsi in un castello fatto interamente di nutella sulla Luna), è un parlare irrazionale" e tu hai risposto che quello è un parlare "non conseguentemente razionale fino in fondo". Che io traduco come: non è razionalmente fondato.

Inoltre, io avevo continuato dicendo: in generale "non si può parlare di probabilità o meno di questo a voler essere rigorosi" [N.B.: veramente l' ho affermato io per primo del tutto autonomamente e non affatto "ammesso" come anche più esplicitamente pretenderesti qualche riga più sotto", Sgiombo]. E tu hai risposto che ciò è corretto.

Tu qui scrivi che quasi sicuramente ci si fa male, ma come puoi dirlo? Se è tutto un sogno, se esisti solo tu, se la tua memoria è profondamente fallace, ecc...., allora non dovresti dire che "quasi sicuramente" ci si fa molto male. Come avevi ammesso l'altra volta, razionalmente non c'è spazio per le probabilità.

CitazioneNo, qui non ho affatto scritto che [gettandosi dal 100° piano] "quasi sicuramente ci si fa male", bensì che "se non ci si rende conto che il credere che [omissis] quasi sicuramente ci si fa molto male é indimostrabile e dunque teoricamente degno di dubbio si é meno razionalisti che se ce se ne rende conto".

Si tratta di affermazioni molto, ma molto diverse!

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Citazione2 Ho invece sempre pensato che o ci si comporta da sani di mente essendo razionali fino in fondo e dunque rendendosi conto di credere vere anche talune tesi indimostrabili, dubbie, oppure ci si comporta da sani di mente non essendo razionali fino in fondo e coltivando beate illusioni.

3 Il comportamento ragionevole da sani di mente implica una limitazione nell' applicazione nella pratica della razionalità teorica.

4 Praticamente ogni azione da sani di mente implica la credenza indimostrata in qualcosa, la non considerazione in pratica di dubbi teorici dei quali un razionalismo conseguente fino in fondo impone di essere consapevoli in teoria (oppure, se non si é razionalisti fino in fondo, la semplice ignoranza di ciò e la coltivazione di pie illusioni circa la razionalità umana).

Io avevo scritto: "A me pare, quindi, che il tuo parlare di 'ragionevolezza pragmatica' è indistinguibile da 'irrazionalità fideistica'". A ciò tu mi hai risposto che ciò è esatto.

Quindi non mi pare di essere stato così impreciso sul ricapitolare le tue posizioni come tua affermi.
CitazioneMa dove?
Se fosse vero quanto qui mi attribuisci  (ma non credo proprio) allora mi sarei sbagliato.
Infatti non credo proprio (va beh l' Alzhaimer incombente...) di avere mai parlato (e se l'avessi fatto sarebbe stato per errore, che mi affretterei a correggere) di razionalità, irrazionalità, ragionevolezza, ecc. senza precisare se (e in che casi) sul piano teorico e/o se (e in quali altri casi) sul terreno della pratica (e ritagliare dalle mie affermazioni queste importantissime precisazioni significa stravolgerle compleamnete)..

Quindi, se non erro (e allora mi correggo), sei stato estremamente impreciso, al punto da fraintendermi completamente (e d' altra parte non mi ricordo di aver mai constato in te alcuna consapevolezza della differenza fra verità teorica dell' insuperabilità del dubbio scettico e comportamento pratico che prescinde dalla -o ignora la; ma questo non é il mio caso- insuperabilità teorica del dubbio scettico; e a questo punto dispero del tutto dal farti comprendere la differenza).

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CitazioneA. Se la ragionevolezza non è razionale, perché tu cerchi di essere ragionevole?
CitazioneLa ragionevolezza pratica é diversa dalla razionalità conseguente fino in fondo teorica e non necessita del razionalismo conseguente e della consapevolezza dei suoi limiti: può comportarsi ragionevolmente anche chi coltiva pie illusioni circa la razionalità umana (...ma non sa cosa si perde!).

Cerco di essere ragionevole in pratica perché ciò non mi impedisce di essere razionalista conseguente fino in fondo in teoria e perché sono sano di mente.

D. Secondo te è epistemicamente migliore l'attuale teoria astronomica o la teoria astrologica? Perché sarebbe meglio credere all'astronomia? Se per rispondere a ciò disponiamo solo della ragionevolezza, allora rimaniamo nel campo dell'irrazionalità, no?
CitazionePremesso che ritengo profondamente errate e false le teorie cosmologiche (o per meglio dire: cosmogoniche) correnti, in generale l' astronomia scientifica é di gran lunga migliore delle superstizioni astrologiche perché limita le sue credenze indimostrate e dubbie a un "minimo indispensabile", mentre l' astrologia, come tutte le superstizioni,  "si beve allegramente di tutto e di più".

Ma come ti può essere sorto un simile dubbio?
Ah, già, é perché confondi continuamente e peristentemente teoria e pratica, oltre a non essere razionalista conseguente fino in fondo (secondo quel che personalmente intendo per "razionalismo" e "razionalità", ovviamente), dal momento che ignori i limiti della razionalità umana  e coltivi beate illusioni in proposito.

Il problema che volevo mette in luce è che, in fin dei conti, per la razionalità non c'è differenza tra una teoria ragionevole e una teoria irrazionale qualsiasi. Si ritorna al fatto, che tu mi avevi confermato, che secondo te la ragionevolezza pragmatica è indistinguibile dall'irrazionalità fideistica. Il nocciolo  ineliminabile della tua tesi è che in realtà non è più razionale chi crede che la terra non sia piatta da chi invece lo crede.

CitazioneNO, basta con questi completi fraintendimenti e ribaltamenti nell' esatto opposto delle mie affermazioni!
Il nocciolo ineliminabile della mia tesi non é affatto -per la miseria!!! E non bestemmio solo perché vietato dalle regole del forum!- che per la razionalità non c'è differenza tra una teoria ragionevole e una teoria irrazionale qualsiasi, o che in realtà non è più razionale chi crede che la terra non sia piatta da chi invece lo crede, ma invece che chi si rende conto che il crederlo (che la terra non é piatta) implica l' accettazione di tesi indimostrabili, dubbie é razionalista più conseguente, é più razionale di chi coltiva beate illusioni in proposito.
Di nuovo; c' é una differenza enormissima (licenza poetica) fra quanto da me affermato e quanto da te attribuitomi ! ! !

L' ho ripetuto a chiarissime lettere un' infinità di volte, e adesso mi sono proprio stufato e non ho intenzione di ripeterlo ancora dopo le tue prossime reiterazioni dei tuoi soliti fraintendimenti (eventi che mi aspetto in base a una ragionevolezza pratica del tutto analoga a quella con cui mi aspetto che mi farei molto male, precipitando, se mi gettassi da una finestra al 100° piano di un edificio; ovviamente con tutti i limiti teorici insuperabili del caso, che peraltro tu persisti irrimediabilmente a ignorare).

Quindi non vedo perché tu non sospendi il giudizio veramente su questa questione (e su infinite altre questioni). Perché non sei coerente fino in fondo e non sospendi il giudizio su ogni questione empirica? Perché fai il salto fideistico nel ragionevole, che ti rende indistinguibile da un terrapiattista qualsiasi?
CitazionePerché, essendo razionalista conseguente fino in fondo, sono consapevole degli insuperabli limiti della razionalità umana, id est dell' insuperabilità razionale dello scetticismo.

Essere razionalisti fino in fondo é tutt' altra cosa (direi, per lo meno approssimativamente, pressappoco, il contrario!) che essere irrazionalisti, come invece tu ti ostini a credere, non riuscendo a cogliere la differenza fra cogliere i limiti della razionalità (che significa essere più conseguentemente razionalisti che ignorarli) e, del tutto all' opposto, rifiutare la razionalità.

CitazioneE. Riguardo l'ultima questione, a pare che rimanga valida la mia obizione. Seguendo la tua tesi: per tutta una multitudine di ragione (alcune delle quali che potrebbero essere oltre la nostra immaginazione) il razioscetticismo sgiombiano può essere sbagliato, quindi dovremmo sospendere il giudizio su di esso, come per qualsiasi altra tesi autoconsistente.
CitazioneA me pare proprio il contrario!

Infatti i giudizi analitici a priori su cui si fonda il razioscetticismo sgiombiano (come tutti i giudizi analitici a priori correttamente svolti) sono indubitabili (potrebbero essere dubbi, e per lo meno molto probabilmente lo sarebbero se fossero condotti erroneamente, scorrettamente ma questo é tutto da dimostrare); ivi compreso quello affermante la insuperabile incertezza di ogni giudizio sintetico a posteriori, ovvero eventuale conoscenza di come é/diviene o non é/non diviene la realtà).

Scusa se insisto, ma è possibile che la tua memoria sia completamente fallace, quindi il razioscetticismo sgombiano potrebbe essere falso. Quindi non è certo. Quindi possiamo dubitarlo. Non capisco davvero come superi questo problema. Non sono io che devo dimostrare che le tue argomentazioni sono scorrette, mi basta dire che potrebbero essere false, e subito subentra lo scetticismo indagatore della filosofia... così rigoroso e attento che non si accontenta di assumere la tua memoria come attendibile, e quindi di conseguenza non assumere fideisticamente neppure la correttezza delle tue argomentazioni.
CitazioneInsisti a ribadire l' ovvietà che errare humanum est, e quindi il razioscetticismo sgombiano potrebbe essere falso, ecc.

E infatti non ho mai e poi mai preteso (mi sono anzi sempre molto ben guardato del farlo!) di essere (in generale; e in particolare di avere una memoria) infallibile: queste tue sono parole al vento"!:

sgiombo

Caro Epicurus, sì é vero, hai perfettamente ragione: non c' é alcuna differenza fra il rendersi conto dei limiti della ragione e l' essere irrazionali e bersi allegramente le più ridicole panzane irrazionalistiche tipo l' astrologia, fra il rendersi conto dell' insuperabilità razionale dello scetticismo e il credere che la terra sia piatta o che se ci si getta dal 100° piano di un grattacielo ci si può benissimo trasformare in un gatto e teletrasportare in un castello fatto interamente di nutella sulla Luna o altre simili o magari anche peggiori panzane.

Sei contento, adesso?

Bene! Allora, poiché io lo ero già prima, siamo contenti tutti.

Evviva!

(Quando ci vuole così poco a far contenti gli altri, perché evitarlo?).

epicurus

Sgiombio, mi dispiace per i fraintendimenti, io non posso che fare di tutto per ridurli al minimo per quanto mi è possibile. Invece io posso chiedere a te di fare il possibile per mantenere un tono amichevole?

Naturalmente concordo sul fatto che ognuno di noi può abbandonare la discussione quando vuole, ci mancherebbe. Molto meglio questo che diminuire il livello di rispetto reciproco.

Citazione di: epicurusIo avevo scritto: "A me pare, quindi, che il tuo parlare di 'ragionevolezza pragmatica' è indistinguibile da 'irrazionalità fideistica'". A ciò tu mi hai risposto che ciò è esatto.

Tu neghi di averlo affermato. In realtà lo hai affermato qui: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/il-mondo-e-una-scacchiera!/msg20190/#msg20190 (cerca i tre asterischi).  Ovviamente distingui tra teoria e pratica, ma anch'io... se tu noti io parlo di "razionalità" per riferirimi alla razionalità teoria, mentre parlo di "ragionevolezza" per riferirmi alla ragionevolezza pratica. D'altro canto è chiaro che "ragionevolezza pragmatica" non può essere indistinguibile da "irragionevolezza pragmatica".
Comunque, ok, nessun problema su questo punto, ci siamo chiariti.  :) 

Dopo un po' di premesse e precisazioni, provo a riprendere le fila delle discussione. Provo però a modificare un attimo il punto di vista della discussione. Fino a qui ho provato ad evidenziare i problemi interni del razioscetticismo sgombiano (RS), e molte volte mi hai accusato di fraintenderti. Allora ora prenderò in considerazione il razioscetticismo epicurussiano (RE).

Il RE parte dal presupposto che l'uomo è un ente epistemico finito, cioè è fallace e ha dei grandi limiti conoscitivi in generale. Nello specifico non può escludere che i propri sensi e la propria memoria lo ingannino sempre. Inoltre, anche le proprie abilità intellettive più teoriche possono essere fallaci, quindi può sbagliare anche inferenze deduttive... E' logicamente possibile sbagliare su qualsiasi cosa, abbiamo pure delle prove che possiamo sbagliare su qualsiasi cosa... (Ai fini di questa discussione, possiamo ammettere un'unica eccezione: anche il RE ritiene esenti da errore le credenze che abbiamo sul "dato sensibile". Per comodità non discuterò di questo caso qui.)

Ora un sostenitore del RE pone queste 2 critiche al RS:

A) Il RS è una tesi interessante, che vede la grande limitatezza dell'uomo, ma non ha il coraggio di abbracciarla a pieno. Perché, infatti, introdurre il concetto assurdo di "ragionevolezza pragmatica"? Tale concetto è assurdo perché anche il RS si rende conto che l'uomo non si può fidare di niente, perché poi invece si fida della ragionevolezza pragmatica? Noi non sappiamo che forma ha la terra, o se la terra esiste, e allora ogni teoria su tali argomenti è dubbia, ogni teoria può essere vera o falsa, quindi dobbiamo sospendere il giudizio. Più in generale, dovremmo sospendere il giudizio su ogni tesi. Una persona veramente razionale (cioè, un razionalista fino in fondo) dovrà sia credere secondo razionalità, sia agire secondo razionalità... e non c'è spazio per il credere o l'agire secondo ragionevolezza pragmatica perché non è fondata razionalmente.

B) Il RS si fida delle deduzioni, ma ciò è irrazionale. Chiamiamo "vero-deduzione" una deduzione correttamente svolta; e chiamiamo "vero-precezione" una percezione correttamente esperita (cioè, il vero-percepire una sedia implica l'esistenza di tale sedia). Quindi è vero per definizione, che quando io vero-deduco sono esente dall'errore, ma è anche vero che anche quando vero-percepisco sono esente dall'errore. Ma l'uomo può sbagliare sia quando deduce che quando percepisce, cioè non sappiamo mai se stiamo vero-deducendo e vero-percependo, oppure se stiamo solo sbagliando una deduzione o una percezione. E' possibile che noi siamo dei cervelli senza corpo collegati ad un computer superavanzato e che tale computer ci presenti esperienze percettive slegate dalla realtà, che ci stravolga la memoria ogni secondo o che ci faccia confondere e sbagliare sistematicamente le nostre deduzioni.


Detto questo, abbandono il punto di vista del RS, e provo a porre una due nuove personali obiezioni:

C) Consideriamo la domanda "Perché esiste questa realtà (cioè tutto ciò che esiste) invece che un'altra?". Entrambi la consideriamo insensata perché non ha senso richiedere una spiegazione della realtà, perché non abbiamo (per definizione) qualcosa al di fuori della realtà, da prendere come spiegazione, ecc...
Consideriamo ora la tesi "i tuoi sensi ti ingannano sempre". In generale, per contrastare una tesi devo fornire buone ragioni del perché tale tesi possa essere falsa... ma ogni prova che potrei addurre si dovrebbe basare sui miei sensi, quindi mi è concettualmente impossibile fornire alcuna prova. Io ci vedo un parallelismo con il caso del "perché esiste questa realtà?" per questo motivo: così come la domanda sulla realtà tutta è insensata perché non è concettualmente sensato chiedere una spiegazione del tutto, così è insensato dubitare interamente dei nostri sensi perché non è concettualmente sensato chiedere ragioni che presuppongono la fallacia completa dei nostri sensi. L'affidabilità dei nostri sensi è precondizione per fornire ragioni a favore o contro tesi empiriche, quindi non ha senso chiedere ragioni sull'affidabilità dei nostri sensi. Non abbiamo neppure un'idea di cosa voglia dire "mi dai delle ragioni del perché i sensi siano generalmente affidabili?" perché non ha senso, come non ha senso dire "mi dai le ragioni del perché esiste questa realtà invece che un'altra?". Il dubbio ha senso tenendo fisse alcune cose e dubitando di altre: le cose che teniamo fisse sono i criteri e lo sfondo che servono per fornire le ragioni per il dubbio... un dubbio senza nessun punto fermo è un'insensatezza concettuale.

D) Pure il dubbio ha bisogno di ragioni. Prendiamo di nuovo la tesi "i sensi ci ingannano sempre". Che ragioni abbiamo per sostenere questo? Di fatto nessuna. Anzi, se abbiamo prove che alcune volte i sensi ci ingannano, è proprio perché presupponiamo che alcune volte i sensi siano affidabili. Se i sensi ci ingannassero sempre, non avremmo nessuna prova neppure per la tesi "i sensi ci hanno ingannato almeno una volta". Quindi che si disponga di prove che i sensi ci ingannano alcune volte, presuppone logicamente che i sensi non ci ingannino sempre. Ma quindi che ragioni abbiamo per la tesi "i sensi ci ingannano sempre"? Tale tesi, per quanto detto, è una tesi che non può logicamente avere nessuna ragione a sostegno. E un dubbio che non può logicamente avere alcuna ragione a sostengo è un dubbio insensato.

Citazione di: sgiomboa meno che -assai improbabilmente- la tua ulteriore replica non contenga argomentazioni nuove [...], allora non risponderò più

Spero di averti piacevolmente sorpreso e reso attuale l'improbabile.  ;)

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