Il mondo è una scacchiera!

Aperto da Eutidemo, 07 Aprile 2018, 07:50:11 AM

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Eutidemo

Il mondo è una scacchiera! :)
Non si tratta solo di una illusione ottica, ma della modalità preconcetta di giudicare con cui, in genere, opera nostro cervello: basta che una casella grigia, alla luce, sia circondata da caselle bianche, per sembrarci molto più scura di una casella grigia, in ombra,  circondata da caselle scure. ;)
Se si guarda scacchiera riprodotta sotto, la casella A sembra nera, mentre la casella B sembra bianca:

Ed invece le due caselle  hanno entrambe "ESATTAMENTE" lo stesso colore grigio, come si constata subito ritagliando ed incollando i colori delle due caselle FUORI della scacchiera; come ho fatto io usando PHOTOFILTRE.

Il che, dovrebbe farci riflettere! ;)
Per esempio, vi è mai capitato, guardando la foto di un criminale su un quotidiano, di pensare "che ha proprio la faccia da poco di buono?" 
Tutto dipende dal nostro cervello o, meglio, dal "meccanisimo classificatorio" del "giro fusiforme" allocato sotto l'Ippocampo,  e che determina il modo in cui percepiamo il volto degli altri (e non solo quello); è la conclusione di un recente studio pubblicato su Nature Neuroscience da Ryan M Stolier e Jonathan B Freeman, ricercatori presso il dipartimento di Psicologia dell'Università di New York. :D

iano

#1
Mi verrebbe da dire che la percezione è una sintesi funzionale dei dati in ingresso, uno dei quali è l'essere grigio.
Così se leggiamo la percezione nei termini di uno solo di quei dati l'esito può apparire paradossale , laddove il dato sembra essere ribaltato .
Di sicuro dovremmo rivedere certe espressioni del tipo "essere evidente in se'" conplice la nuova consapevolezza che se a tutti appare una certa cosa , allora c"è un meccanismo comune che agisce  a produrre quella apparenza, togliendo così carattere di obiettività a ciò che appare , a meno che la democrazia non abbia a che fare con l'obiettivia'.Diremo meglio allora "essere evidente in noi".
Rimane il sospetto che comunque il possedere apparenze comuni abbia un valore , e che ciò sempre ricerchiamo.Se anche la nostra percezione dovesse essere molto distante dall'obiettività, sembra abbia un valore "sbagliare" tutti insieme , magari per poi correggerci tutti insieme.
Siamo o non siamo esseri sociali?
Dovremmo anche rivedere il valore negativo che diamo ai preconcetti, in quanto comuni a tutti noi , nel senso sopra detto.
È un errore pensare che la scienza serva ad eliminare i nostri preconcetti.
Essa semmai ci da' la possibilità  di poterli cambiare se serve , non di eliminarli.
Mi chiedo quanto le descrizioni soddisfacenti che cerchiamo per teorie ostiche come la MQ abbia a che fare con tutto ciò.
Perché se una descrizione non è essenziale per una teoria , in quanto indipendente , è essenziale però come veicolo di condivisione.
Creare una descrizione condivisa significa creare un preconcetto?
Adesso verrà qualcuno a dire che i preconcetti sono anche soggettivi , è vero.
Ma sono molto più interessanti quelli comuni , che hanno avuto il,tempo di diventare parte di noi , cosa rilevabile anche a livello fisiologico.
Quelli che possediamo senza sapere di possedere.
Quelli che ci danno l'illusione dell'essere in se' , quando invece sono in noi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Eutidemo

Ciao Iano.
Anche se c'è un meccanismo comune che agisce  per produrre una determinata apparenza, togliendo così carattere di obiettività a "ciò che appare", ciò non toglie il carattere di obiettività a "ciò che effettivamente è"; come, appunto, ho fatto io effettuando il "copy and paste" dei colori delle caselle A e B fuori della scacchiera, consentendo così a tutti di verificare l'"identità cromatica" delle due "sfumature di grigio". ;)
Ciò che ingannava, era il "contesto" in cui apparivano le caselle, e non il "colore" delle stesse in quanto tali, che era (ed "è") oggettivamente lo stesso; ovviamente, a parte la questione filosofica dell'"esse est percipi", che costituisce una questione diversa!
D'altronde, solitamente (sebbene non sempre), l'"apparenza" corrisponde alla "sostanza", o, quantomeno, dovrebbe; e quando ciò non si verifica, l'"apparenza" si chiama "inganno" o "illusione".
Come ben so per esperienza personale, avendo praticato per qualche anno, da giovane, l'arte dell'"illusionista" dilettante! ;D
E come sanno molto meglio di me i politici di tutte le razze ed i colori, e soprattutto i demagoghi! :D

Angelo Cannata

Mi sembra che siano questioni vecchissime, comunque fa sempre bene coltivarne chiarezza.

Penso che sia utile evidenziare il seguente ragionamento.

1) La persona che guarda l'immagine non sa che i colori che sta percependo sono diversi da quelli che risultano dall'accostamento fianco a fianco dei due quadratini.

2) In un secondo momento nasce il dubbio. Questo è importante: finché non nascerà il dubbio, solo un evento casuale consentirà di farlo nascere.

3) Si individua un esperimento per evidenziare la falsa percezione. In questo caso si tratta di fare un copia e incolla per accostare fianco a fianco i colori dei due quadrati, senza che siano disturbati dall'immagine complessiva.

4) A questo punto deve nascere una riflessione conseguente, cruciale, importantissima: così come ci si era sbagliati quando ancora si era al punto 1), nulla vieta che ci si stia sbagliando anche in qualsiasi altra fase. Così come il punto 1) era determinato da un non sapere, è chiaro che il non sapere può persistere, eventualmente sotto forme diverse di qualsiasi tipo, in qualsiasi altro punto. Non esiste un momento in cui poter dire "Ora sappiamo tutto, non esiste più altro da sapere", oppure "Ora abbiamo eliminato tutti gli errori, non c'è più alcuna possibilità che nel futuro possano essere scoperti altri errori di cui non ci eravamo accorti".

Ne consegue che anche dopo aver effettuato l'esperimento nulla consente di stabilire che "ora finalmente sappiamo come stanno le cose".

È già successo in passato che l'umanità intera abbia valutato certe convinzioni come definitive, ma poi si è scoperto, si è capito, che questa sensazione di definitività era solo dovuta a mentalità radicate, carenza di dubbi, carenza di ricerca.

Tutto ciò può essere schematizzato in maniere più efficaci, che consentono di rendersi conto meglio della questione.

Una maniera è lo schema seguente: parlare di certezza è una contraddizione, anche se a prima vista non sembra, sembra una cosa semplice. Infatti, parlare di certezza implica il parlare di universalità, ma parlare di universalità significa includere l'osservatore, ma includere l'osservatore significa dover mettere in forse la certezza, in quanto condizionata dall'osservatore. Detto in termini che accorciano il circolo: se una cosa è certa, allora non è certa, ne consegue che non è certa.

Un secondo schema è il seguente: non è possibile relazionarsi con ciò che chiamiamo realtà senza introdurre l'azione del nostro cervello. Qualsiasi esperimento, qualsiasi misura, qualsiasi azione critica, qualsiasi dubbio, non può fare a meno di chiedere l'intervento del nostro cervello, il che mina tutte le volte, irrimediabilmente, l'attendibilità di qualsiasi esperimento, qualsiasi pensiero, qualsiasi idea.

A questo punto nascerebbe la solita obiezione: parlare in termini di "qualsiasi" significa parlare in termini di certezza, quindi neanche tutto quando detto finora può considerarsi certo. Quindi il fatto stesso che dire che una cosa è certa conduca a concludere che non è certa non può considerarsi certo.

A questo punto ci scontriamo con i problemi del linguaggio, che non sono solo problemi di linguaggio fatto di parole, ma anche del linguaggio, interno al nostro cervello, di sole idee, prima che diventino parola, quindi un linguaggio molto più difficile da chiarire e gestire.

Una volta compreso che ci troviamo in questa situazione, si tratterà poi di scegliere, discutere, riflettere, di cosa vogliamo occuparci, in che modo, con quali atteggiamenti, con quali scopi, con quali metodi.

Phil

Citazione di: Eutidemo il 07 Aprile 2018, 07:50:11 AM
Per esempio, vi è mai capitato, guardando la foto di un criminale su un quotidiano, di pensare "che ha proprio la faccia da poco di buono?"
Tutto dipende dal nostro cervello o, meglio, dal "meccanisimo classificatorio" del "giro fusiforme" allocato sotto l'Ippocampo,  e che determina il modo in cui percepiamo il volto degli altri (e non solo quello); è la conclusione di un recente studio pubblicato su Nature Neuroscience da Ryan M Stolier e Jonathan B Freeman, ricercatori presso il dipartimento di Psicologia dell'Università di New York.
Tale "fisiognomica istintiva" credo possa essere imparentata a ciò che ci fa decifriare le espressioni facciali altrui; lo scopo è sempre quello, atavico, di saper riconoscere un pericolo o, più filosoficamente, dare un "senso" alla relazione in cui ci si trova faccia-a-faccia con qualcuno.
Questo legame fra percezione visiva e interpretazione semantica del reale, mi ha fatto tornare in mente la pareidolia (http://www.didatticarte.it/Blog/?p=400) che credo sia un caso eloquente di come il nostro cervello sia predisposto ad antropomorfizzare le percezioni (e non sia quindi uno strumento "neutro" di analisi del mondo).

Citazione di: iano il 07 Aprile 2018, 10:55:56 AM
i preconcetti sono anche soggettivi , è vero.
Ma sono molto più interessanti quelli comuni , che hanno avuto il,tempo di diventare parte di noi , cosa rilevabile anche a livello fisiologico.
Quelli che possediamo senza sapere di possedere.
Quelli che ci danno l'illusione dell'essere in se' , quando invece sono in noi.
Questione (secondo me) estremamente spinosa: quanto c'è davvero di "reale" nelle nostre categorie (spazio, tempo, causa/effetto, vero/falso, etc.) e, soprattutto, è possibile pensare senza categorie che deformino-conformino i dati percepiti, oppure ragionare significa proprio configurare un'astrazione "semantica" della realtà, codificandola in un paradigma convenzionale che (essendo "prospettico", umano) le è essenzialmente avulso?

Eutidemo

Ciao Cannata.
Quello che dici non è del tutto infondato, ma, a mio parere, tu confondi un po' la realtà "fenomenica" con quella "noumenica"; ed infatti quest'ultima non può essere conosciuta (soprattutto in prospettiva "duale"), ed anche se fosse possibile cercare di conoscerla, non si potrebbe mai farlo con assoluta certezza...se non vivendola con "autoidentificazione". 
Per quanto, invece, concerne la realtà "fenomenica", anche essa non può mai essere conosciuta con "assoluta" certezza; ma con "ragionevole" certezza sicuramente sì, se si seguono i canoni del "metodo sperimentale".
In base a quest'ultimo, per dirla in sintesi, gli esperimenti devono essere "ripetibili" e produrre gli stessi risultati da chiunque eseguiti a parità di condizioni; come, appunto, nel caso della mia piccola sperimentazione grafica, in quanto chiunque può riprodurla facilmente ottenendo lo stesso mio risultato.
Posso esserne "assolutamente" sicuro?
Ovviamente NO!
Però posso esserne "ragionevolmente" sicuro; allo stesso modo in cui, quando salgo su un aereo, presumo che questo si solleverà da terra e volerà. ;)
Pertanto, per restare all'esempio delle caselle della scacchiera, così come ci si era sbagliati quando ancora si era al punto 1), nulla vieta che ci si stia sbagliando anche in qualsiasi altra fase 2) 3) ecc.; ma se le altre fasi vengono verificate innumerevoli volte da altri sperimentatori indipendenti, tale eventualità di errore si riduce "praticamente" a zero. 
Il che, dovendo vivere e operare, secondo me è più che sufficiente! ;)
          ***
E' senz'altro vero, come tu scrivi, che non esiste un momento in cui poter dire "Ora sappiamo tutto, non esiste più altro da sapere", oppure "Ora abbiamo eliminato tutti gli errori, non c'è più alcuna possibilità che nel futuro possano essere scoperti altri errori di cui non ci eravamo accorti".
Su questo sono pienamente d'accordo, a patto di non incorrere nell'assurdo paralogismo antiscientifico di negare la possibilità del superamento definitivo di determinati indiscutibili errori.
Ad esempio, per millenni, lasciandosi ingannare da un comprensibile errore percettivo (analogo a quello della scacchiera), tutti gli uomini erano convinti che la TERRA fosse PIATTA; ma poi, una volta conquistati i mari:
- dal mare, qualcuno potè sperimentalmente verificare che si vedono in lontananza le montagne prima delle terre ai loro piedi;
- da terra, qualcuno potè sperimentalmente verificare che si vedono in lontananza le vele delle barche prima dei loro scafi.
In seguito si accumularono numerose altre prove della sfericità della terra, per cui, a tale riguardo (ed a riguardo di innumerevoli altri "fenomeni"), secondo me siamo perfettamente legittimati a dichiarare: "ora finalmente sappiamo come stanno le cose".
Ed invero, chi oggi sostenesse che la terra è piatta (o cubica), più che di una "confutazione" avrebbe bisogno di una vera e propria "cura psichiatrica"!
Come tu scrivi, invero, è  già successo in passato che l'umanità intera abbia valutato certe convinzioni come definitive, ma poi si è scoperto, si è capito, che questa sensazione di definitività era solo dovuta a mentalità radicate, carenza di dubbi, carenza di ricerca; ed invero, generalmente, si è quasi sempre trattato di convinzioni di carattere meramente "fideistico" o basate sull'osservazione "ingenua" della realtà, poi DEFINITIVAMENTE fugate da una più corretta e ripetutamente comprovata osservazione scientifica.
La quale pure, talvolta, è caduta in errore (come tutte le cose umane); ma, per sua stessa natura, non si è mai trattato di un errore definitivo, perchè l'unico dogma della scienza è di non essere mai dogmatica! ;)
          ***
Premesso quanto sopra, veniamo ora al tuo successivo ragionamento: "Parlare di certezza implica il parlare di universalità, ma parlare di universalità significa includere l'osservatore, ma includere l'osservatore significa dover mettere in forse la certezza, in quanto condizionata dall'osservatore."
Al riguardo osservo quanto segue:
1) 
Non bisogna confondere la "certezza filosofica", che non esiste, con la "certezza scientifica" che esiste, ma non pretende di essere un valore assoluto; ed invero, a ben vedere, la legge di gravità potrebbe smettere di funzionare da un momento all'altro, perchè il fatto che abbia sempre funzionato non dimostra che debba continuare a funzionare per sempre.
2)
Il fatto che "osservare" significa includere l'osservatore, ma includere l'osservatore significa dover mettere in forse la certezza dell'osservazione, in quanto condizionata dall'osservatore, rilevo che il metodo sperimentale, a livello "fenomenico", moltiplicando il numero degli osservatori,  limita al massimo tale rischio, riducendo la probabilità dell'errore allo 0,001%; a livello "noumenico", invece, almeno secondo la prospettiva NON DUALE, che personalmente preferisco seguire, ciò che osserva e ciò che è osservato sono "la stessa cosa", per cui il problema non si pone proprio!
          ***
Veniamo ora al tuo ulteriore ragionamento: "Un secondo schema è il seguente: non è possibile relazionarsi con ciò che chiamiamo realtà senza introdurre l'azione del nostro cervello. Qualsiasi esperimento, qualsiasi misura, qualsiasi azione critica, qualsiasi dubbio, non può fare a meno di chiedere l'intervento del nostro cervello, il che mina tutte le volte, irrimediabilmente, l'attendibilità di qualsiasi esperimento, qualsiasi pensiero, qualsiasi idea."
In effetti, a me pare lo stesso schema di prima, perchè chi "osserva" è appunto il nostro "cervello"; per cui potrei muoverti le due stesse obiezioni di cui sopra.
Ad ogni modo, parlando di "cervello", bisogna prendere atto che si tratta di uno strumento di immensa efficacia per conoscere la REALTA' delle cose, ed il loro effettivo FUNZIONAMENTO; per cui non vedo per quale motivo il suo (corretto) uso  dovrebbe minare tutte le volte, irrimediabilmente, l'attendibilità di qualsiasi esperimento, di qualsiasi pensiero, e di qualsiasi idea...anzi, dovrebbe suffragarla!
Al riguardo, peraltro, io eviterei di fare tutta l'erba un fascio, perchè:
- un conto è un esperimento;
- un conto è un pensiero;
- un conto è un'idea.
Se si fa un minestrone con diversi ingredienti, si finisce per fare solo confusione!
Ad ogni modo, il nostro cervello è uno strumento così raffinato e sottile, che, scientificamente, riesce persino a "capire" gli stessi meccanismi che lo predispongono a cadere in errore, e, quindi, ad evitare di caderci; come appunto nello studio pubblicato su Nature Neuroscience da Ryan M Stolier e Jonathan B Freeman, ricercatori presso il dipartimento di Psicologia dell'Università di New York. :D
E, poichè quando si parla di "cervello", in sostanza si parla di uomo, secondo me aveva ragione Sofocle a scrivere: «Πολλὰ τὰ δεινὰ κοὐδὲν ἀνθρώπου δεινότερον πέλει»; cioè "Molte sono le cose meravigliose, ma nulla è più sorprendente dell'uomo!".  :)
E poi prosegue: "...lui uomo astuto...privo di ogni risorsa ma dotato di ogni risorsa... va incontro al futuro...facendo scoperte straordinarie... escogitando rimedi per le malattie che non lasciavano scampo..." ecc. 
          ***
Infine concludi:
"A questo punto nascerebbe la solita obiezione: parlare in termini di "qualsiasi" significa parlare in termini di certezza, quindi neanche tutto quanto io ho detto finora può considerarsi certo. Quindi il fatto stesso che dire che una cosa è certa conduca a concludere che non è certa non può considerarsi certo."
Be', io, invece, questa obiezione non te la faccio proprio, perchè la ritengo alquanto paralogistica; mi ricorda molto il paradosso autoreferenziale del "mentitore"! ;)

Eutidemo

Ciao Phil!
E' sicuramente vero che il nostro "cervello" non è affatto uno strumento "neutro" per comprendere il mondo (soprattutto quando, in suo luogo, per ragionare si usa la "pancia"); però è uno strumento così raffinato e sottile, che, scientificamente, riesce persino a "capire" gli stessi meccanismi che lo predispongono a cadere in errore, e, quindi, ad evitare il più possibile di caderci. ;)
Come appunto nello studio pubblicato su Nature Neuroscience da Ryan M Stolier e Jonathan B Freeman, ricercatori presso il dipartimento di Psicologia dell'Università di New York. :D :)

Angelo Cannata

Eutidemo, da ciò che hai scritto consegue che chi ti legge deve stare attento a ridimensionare alquanto le parole che usi. Consegue che nel tuo linguaggio "mondo", "realtà", "ragionevole", "finalmente", "definitivamente", sono tutti termini da intendere nel senso limitato di cui si accontenta la scienza e non nel senso esatto, completo, che viene preteso dalla filosofia. "Vivere" nel tuo discorso significa semplicemente "mantenersi vivi", "sopravvivere", non ha niente a che vedere con alcuna ipotesi di ricerca del senso della vita, di ragioni etiche, di sforzi di andare oltre l'immediato. In questo caso allora sì, il discorso fila.

green demetr

Buongiorno cari robot,

vedo che alla triste lista dobbiamo aggiungere anche il pur buon Eutidemo (oserei dire ahimè, se non sapessi già da molte precisazioni sue, che egli crede in giudizi sintetici applicabili all'umano.)

Ormai il buon vecchio maral sembra aver disertato il forum. E sinceramente non so bene come mai combatto questa pletora (noi siamo legione) di 3d assolutamente idioti, alla pagè con le mode delle neuroscienze.

Siamo proprio alla frutta. Ma comunque:

Il Mondo non è per niente una scacchiera, men che mai una classificazione ordinata di dati fisici!

Il Mondo è la relazione del soggetto con i suoi oggetti, almeno in una lezioncina da abc della filosofia fondamentale, ossia quella idealista.

Tra l'altro la fisiognomica e la sue infauste derivazioni eugenetiche, ben presenti nel tessuto sociale (ho visto ieri un breve doc. sul transumanesimo) prendono forze proprio da quel taglia e incolla che invece Eutidemo, nella sua solita professione di azzeccagarbugli, crede di cogliere come elemento di giudizio critico.

Chi decide della criminalità? l'ippocampo e i suoi unicorni, o la società in cui infaustamente abitiamo?

Sui problemi di percezione della filosofia analitica (di cui mi interessa molto poco): ripeto si tratta di nuovo di un riduzionismo!

Infatti chi decide che il colore da me percepito all'ombra non sia reale per me, mentre il reale percepito dalle gamme di frequenza d'onda sia valido per tutti?

Non sono libero di decidere che quel colore è esattamente il colore che percepisco?
Psicologiamente (qui nel senso proprio della scienza) l'effetto che ho è più veritiero di quello reale!

Chi decide del reale?

Tutte questioni che la filosofia americana (non a caso americana, che è quella che bombarda alla cazzo stati e popoli) si è solennemente impegnata a DEPENSARE.

Complimenti a loro, e ai loro adepti.

benvenuti nella società robotica! (altro che liquida!)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Phil

Citazione di: Eutidemo il 08 Aprile 2018, 07:32:16 AM
è uno strumento così raffinato e sottile, che, scientificamente, riesce persino a "capire" gli stessi meccanismi che lo predispongono a cadere in errore, e, quindi, ad evitare il più possibile di caderci.
Infatti la svolta epistemologica più fertile del '900 è stata, secondo me, proprio iniziare a valutare che per raffinare la conoscenza non bisogna rivolgersi con maggior cura ed efficacia verso l'oggetto, usando tecnologie "estroflesse" sempre più avanzate, quanto piuttosto indagare i processi cognitivi, con un'analisi "introflessa" del soggetto: il "cosa" si conosce dipende dal "chi" prova a conoscerlo (per cui la conoscenza è inserita in una autoreferenziale ed ineludibile dialettica con il conoscitore).
Il che non significa (@green demetr) ridurre la conoscenza a processi cerebrali individuali chiusi (come quelli di un robot-calcolatore), lasciando fra parentesi l'imponente influenza (strutturante) della vita sociale dell'uomo; si tratta, piuttosto, proprio di coniugare le riflessioni su tale interazione socio-antropologica anche con l'aspetto psico-biologico dell'essere umano attuale.
Purtroppo (o per fortuna?) per noi, le neuroscienze non rimpiazzano le scienze sociali o la filosofia... semmai le complicano!  ;D

Eutidemo

Citazione di: Angelo Cannata il 08 Aprile 2018, 07:56:47 AM
Eutidemo, da ciò che hai scritto consegue che chi ti legge deve stare attento a ridimensionare alquanto le parole che usi. Consegue che nel tuo linguaggio "mondo", "realtà", "ragionevole", "finalmente", "definitivamente", sono tutti termini da intendere nel senso limitato di cui si accontenta la scienza e non nel senso esatto, completo, che viene preteso dalla filosofia. "Vivere" nel tuo discorso significa semplicemente "mantenersi vivi", "sopravvivere", non ha niente a che vedere con alcuna ipotesi di ricerca del senso della vita, di ragioni etiche, di sforzi di andare oltre l'immediato. In questo caso allora sì, il discorso fila.

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Ciao Cannata.
Io, in genere, uso i termini "mondo", "realtà", "ragionevole", "definitivamente" ecc., nel senso semantico a loro normalmente attribuito dalla lingua italiana; ovvero, qualora io li usi in senso diverso, specifico sempre di che senso si tratta, onde evitare confusioni. ;)
Ad esempio, nel mio precedente POST, avevo ben specificato la netta distinzione  tra la "certezza filosofica", che non esiste, con la "certezza scientifica" che esiste, ma che non pretende di essere un valore assoluto. ;)
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Quanto al fatto che i termini che io uso siano tutti da intendere nel senso "limitato" di cui si accontenta la scienza, questo è vero quando il discorso verte sul mondo "fenomenico", mentre ben diverso è il caso quando il discorso riguarda il mondo "noumenico"; discorso che, però, ho appositamente evitato di ampliare nel precedente POST, limitandomi al primo per non andare  "off topics".
          ***
Ad ogni modo, io non direi affatto che la Scienza si "accontenta" di una terminologia "limitata", bensì direi che, nei "limiti" del tipo di conoscenza precipuamente "fenomenica" di cui si occupa, "pretende" ed "esige" l'utilizzo di termini molto più perspicui e precisi di quelli che vengono utilizzati dalla filosofia.
Ed invero, ritengo alquanto discutibile l'affermazione per la quale la "filosofia", a differenza della scienza, utilizza ciascun termine nel suo senso "esatto e completo" (come scrivi tu); ed infatti, se c'è qualcosa di davvero "confuso e fumoso" è proprio il "lessico" dei filosofi, ognuno dei quali se ne inventa uno a suo proprio esclusivo uso e consumo. ;D
Ovvero  ognuno dei quali usa il lessico d'uso comune in un senso diverso da quello di tutti gli altri!
          ***
Ed infatti, a questo punto, occorre puntualizzare una DIFFERENZA fondamentale tra "scienza" e "filosofia", e, cioè:
1) 
Gli "scienziati", pur USANDO TUTTI LO STESSO IDENTICO "METODO SCIENTIFICO" possono pervenire a conclusioni differenti gli uni dagli altri; ma le conclusioni differenti, non dipendono dal "metodo", bensì dal fatto che l'uomo, per quanto sia un "essere stupefacente" (come dice Sofocle), è tuttavia un essere IMPERFETTO:
- in senso "intellettivo",per cuipuò sbagliare "colposamente", ma involontariamente, nel condurre una osservazione o un esperimento;
- in "senso etico", per cui può alterare "dolosamente" i risultati di una osservazione o di un esperimento o per vanità o per denaro (come accadde ad alcuni, sovvenzionati dall'industria del tabacco).
Tuttavia, il metodo scientifico ha in sè stesso l'antidoto per correggere le "devianze" di cui sopra, in quanto, nel tempo "medio-lungo" (per mezzo della ripetitibilità ecc.) ;)
2) 
I "filosofi", invece, SEGUONO CIASCUNO IL LORO PERSONALE METODO FILOSOFICO, per cui pervengono SISTEMATICAMENTE  a conclusioni differenti gli uni dagli altri; tanto è vero che Seneca, che era filosofo anche lui, soleva dire: "E' più facile mettere d'accordo due filosofi che due orologi" (in quanto gli orologi romani non segnavano MAI la stessa ora). ;D
Per cui, mentre quando si parla di "SCIENZA", si sa benissimo di che cosa si sta parlando, non è affatto così quando si parla di "FILOSOFIA":
- quella di Platone o quella di Aristotele?
- quella di Epitteto o quella di Epicuro?
- quella di Kant o quella di Nietzsche?
Ovvero, molto più modestamente, la MIA o la TUA?
Giacchè, in fin dei conti, ciascun essere umano, anche se non se ne rende conto, ha la "sua" personale filosofia; per cui non esiste  un lessico "esatto" e "completo", che possa essere preteso dalla "filosofia" in astratto (che non esiste); giacchè, appunto, ognuno ha la sua, con il suo personale lessico!  :)
          ***
Comunque, per restare al lessico delle nostre due personali filosofie, tu scrivi: 
"Vivere" nel tuo discorso significa semplicemente "mantenersi vivi", "sopravvivere", ma non ha niente a che vedere con alcuna ipotesi di ricerca del senso della vita, di ragioni etiche, di sforzi di andare oltre l'immediato. In questo caso allora sì, il discorso fila."
Mi dispiace, ma , nel mio discorso, "vivere" non significa affatto semplicemente "mantenersi vivi" e  "sopravvivere"; a meno che tu non intenda considerare in modo così riduttivo, ad esempio, l'opera dello scienziato Alexander Fleming, il quale ha  scoperto l'enzima lisozima nel 1922 e la penicillina nel 1928 (risultato che gli valse il premio Nobel per la medicina nel 1945).  :)
Magari Fleming non avrà fatto particolari elucubrazioni filosofiche alla ricerca del senso della vita, di ragioni etiche, di sforzi di andare oltre l'immediato; ma le le sue ricerche scientifiche hanno salvato MILIARDI di vite umane, il che, a mio modesto avviso, ha un senso "etico" già di per sè, che va ben oltre l'immediato. ;)
          ***
Con questo, peraltro, non intendo affatto svalutare l'importanza della filosofia; ed in particolare, appunto, di quella dell'ETICA DELLA SCIENZA, che, in effetti, dovrebbe essere propria di ogni scienziato...come lo fu per Fleming (Einstein e molti altri)!
Perchè, per concludere, occorre sempre tenere presente:
- che non tutti i filosofi furono e sono scienziati;
- tutti gli scienziati, invece, furono e sono filosofi, magari anche non rendendosene conto (così come tutti gli altri esseri umani).
;)

Eutidemo

Citazione di: Phil il 08 Aprile 2018, 12:44:31 PM
Citazione di: Eutidemo il 08 Aprile 2018, 07:32:16 AM
è uno strumento così raffinato e sottile, che, scientificamente, riesce persino a "capire" gli stessi meccanismi che lo predispongono a cadere in errore, e, quindi, ad evitare il più possibile di caderci.
Infatti la svolta epistemologica più fertile del '900 è stata, secondo me, proprio iniziare a valutare che per raffinare la conoscenza non bisogna rivolgersi con maggior cura ed efficacia verso l'oggetto, usando tecnologie "estroflesse" sempre più avanzate, quanto piuttosto indagare i processi cognitivi, con un'analisi "introflessa" del soggetto: il "cosa" si conosce dipende dal "chi" prova a conoscerlo (per cui la conoscenza è inserita in una autoreferenziale ed ineludibile dialettica con il conoscitore).
Il che non significa (@green demetr) ridurre la conoscenza a processi cerebrali individuali chiusi (come quelli di un robot-calcolatore), lasciando fra parentesi l'imponente influenza (strutturante) della vita sociale dell'uomo; si tratta, piuttosto, proprio di coniugare le riflessioni su tale interazione socio-antropologica anche con l'aspetto psico-biologico dell'essere umano attuale.
Purtroppo (o per fortuna?) per noi, le neuroscienze non rimpiazzano le scienze sociali o la filosofia... semmai le complicano!  ;D

Se ho ben compreso quello che intendi, credo di essere d'accordo ;)

green demetr

Citazione di: Phil il 08 Aprile 2018, 12:44:31 PM
Citazione di: Eutidemo il 08 Aprile 2018, 07:32:16 AM
è uno strumento così raffinato e sottile, che, scientificamente, riesce persino a "capire" gli stessi meccanismi che lo predispongono a cadere in errore, e, quindi, ad evitare il più possibile di caderci.
Infatti la svolta epistemologica più fertile del '900 è stata, secondo me, proprio iniziare a valutare che per raffinare la conoscenza non bisogna rivolgersi con maggior cura ed efficacia verso l'oggetto, usando tecnologie "estroflesse" sempre più avanzate, quanto piuttosto indagare i processi cognitivi, con un'analisi "introflessa" del soggetto: il "cosa" si conosce dipende dal "chi" prova a conoscerlo (per cui la conoscenza è inserita in una autoreferenziale ed ineludibile dialettica con il conoscitore).
Il che non significa (@green demetr) ridurre la conoscenza a processi cerebrali individuali chiusi (come quelli di un robot-calcolatore), lasciando fra parentesi l'imponente influenza (strutturante) della vita sociale dell'uomo; si tratta, piuttosto, proprio di coniugare le riflessioni su tale interazione socio-antropologica anche con l'aspetto psico-biologico dell'essere umano attuale.
Purtroppo (o per fortuna?) per noi, le neuroscienze non rimpiazzano le scienze sociali o la filosofia... semmai le complicano!  ;D

Ma che vuoi che complichino? a me proprio niente: spazzatura.

Forse intendi a chi fa il professore di mestiere.

Cavoli loro! scommetto che da bravi mestieranti si dedicheranno a qualche problema pusillanime, a qualche specialismo, e i più arrivisti si allineeranno come bravi soldatini di piombo.

Tra l'altro le scienze sociali mi fanno più paura delle neuroscienze, almeno le seconde non sanno di che parlano!!!  ;)

Le prime sono proprio l'incarnazione tecnica del male...ma immagino qeusta è un altra storia, e visti gli inerlocutori non credo che ne parlerò mai!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Eutidemo il 08 Aprile 2018, 13:39:49 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 08 Aprile 2018, 07:56:47 AM
Eutidemo, da ciò che hai scritto consegue che chi ti legge deve stare attento a ridimensionare alquanto le parole che usi. Consegue che nel tuo linguaggio "mondo", "realtà", "ragionevole", "finalmente", "definitivamente", sono tutti termini da intendere nel senso limitato di cui si accontenta la scienza e non nel senso esatto, completo, che viene preteso dalla filosofia. "Vivere" nel tuo discorso significa semplicemente "mantenersi vivi", "sopravvivere", non ha niente a che vedere con alcuna ipotesi di ricerca del senso della vita, di ragioni etiche, di sforzi di andare oltre l'immediato. In questo caso allora sì, il discorso fila.

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Ciao Cannata.
Io, in genere, uso i termini "mondo", "realtà", "ragionevole", "definitivamente" ecc., nel senso semantico a loro normalmente attribuito dalla lingua italiana; ovvero, qualora io li usi in senso diverso, specifico sempre di che senso si tratta, onde evitare confusioni. ;)
Ad esempio, nel mio precedente POST, avevo ben specificato la netta distinzione  tra la "certezza filosofica", che non esiste, con la "certezza scientifica" che esiste, ma che non pretende di essere un valore assoluto. ;)
         ***
Quanto al fatto che i termini che io uso siano tutti da intendere nel senso "limitato" di cui si accontenta la scienza, questo è vero quando il discorso verte sul mondo "fenomenico", mentre ben diverso è il caso quando il discorso riguarda il mondo "noumenico"; discorso che, però, ho appositamente evitato di ampliare nel precedente POST, limitandomi al primo per non andare  "off topics".
        ***
Ad ogni modo, io non direi affatto che la Scienza si "accontenta" di una terminologia "limitata", bensì direi che, nei "limiti" del tipo di conoscenza precipuamente "fenomenica" di cui si occupa, "pretende" ed "esige" l'utilizzo di termini molto più perspicui e precisi di quelli che vengono utilizzati dalla filosofia.
Ed invero, ritengo alquanto discutibile l'affermazione per la quale la "filosofia", a differenza della scienza, utilizza ciascun termine nel suo senso "esatto e completo" (come scrivi tu); ed infatti, se c'è qualcosa di davvero "confuso e fumoso" è proprio il "lessico" dei filosofi, ognuno dei quali se ne inventa uno a suo proprio esclusivo uso e consumo. ;D
Ovvero  ognuno dei quali usa il lessico d'uso comune in un senso diverso da quello di tutti gli altri!
        ***
Ed infatti, a questo punto, occorre puntualizzare una DIFFERENZA fondamentale tra "scienza" e "filosofia", e, cioè:
1)
Gli "scienziati", pur USANDO TUTTI LO STESSO IDENTICO "METODO SCIENTIFICO" possono pervenire a conclusioni differenti gli uni dagli altri; ma le conclusioni differenti, non dipendono dal "metodo", bensì dal fatto che l'uomo, per quanto sia un "essere stupefacente" (come dice Sofocle), è tuttavia un essere IMPERFETTO:
- in senso "intellettivo",per cuipuò sbagliare "colposamente", ma involontariamente, nel condurre una osservazione o un esperimento;
- in "senso etico", per cui può alterare "dolosamente" i risultati di una osservazione o di un esperimento o per vanità o per denaro (come accadde ad alcuni, sovvenzionati dall'industria del tabacco).
Tuttavia, il metodo scientifico ha in sè stesso l'antidoto per correggere le "devianze" di cui sopra, in quanto, nel tempo "medio-lungo" (per mezzo della ripetitibilità ecc.) ;)
2)
I "filosofi", invece, SEGUONO CIASCUNO IL LORO PERSONALE METODO FILOSOFICO, per cui pervengono SISTEMATICAMENTE  a conclusioni differenti gli uni dagli altri; tanto è vero che Seneca, che era filosofo anche lui, soleva dire: "E' più facile mettere d'accordo due filosofi che due orologi" (in quanto gli orologi romani non segnavano MAI la stessa ora). ;D
Per cui, mentre quando si parla di "SCIENZA", si sa benissimo di che cosa si sta parlando, non è affatto così quando si parla di "FILOSOFIA":
- quella di Platone o quella di Aristotele?
- quella di Epitteto o quella di Epicuro?
- quella di Kant o quella di Nietzsche?
Ovvero, molto più modestamente, la MIA o la TUA?
Giacchè, in fin dei conti, ciascun essere umano, anche se non se ne rende conto, ha la "sua" personale filosofia; per cui non esiste  un lessico "esatto" e "completo", che possa essere preteso dalla "filosofia" in astratto (che non esiste); giacchè, appunto, ognuno ha la sua, con il suo personale lessico!  :)
        ***
Comunque, per restare al lessico delle nostre due personali filosofie, tu scrivi:
"Vivere" nel tuo discorso significa semplicemente "mantenersi vivi", "sopravvivere", ma non ha niente a che vedere con alcuna ipotesi di ricerca del senso della vita, di ragioni etiche, di sforzi di andare oltre l'immediato. In questo caso allora sì, il discorso fila."
Mi dispiace, ma , nel mio discorso, "vivere" non significa affatto semplicemente "mantenersi vivi" e  "sopravvivere"; a meno che tu non intenda considerare in modo così riduttivo, ad esempio, l'opera dello scienziato Alexander Fleming, il quale ha  scoperto l'enzima lisozima nel 1922 e la penicillina nel 1928 (risultato che gli valse il premio Nobel per la medicina nel 1945).  :)
Magari Fleming non avrà fatto particolari elucubrazioni filosofiche alla ricerca del senso della vita, di ragioni etiche, di sforzi di andare oltre l'immediato; ma le le sue ricerche scientifiche hanno salvato MILIARDI di vite umane, il che, a mio modesto avviso, ha un senso "etico" già di per sè, che va ben oltre l'immediato. ;)
        ***
Con questo, peraltro, non intendo affatto svalutare l'importanza della filosofia; ed in particolare, appunto, di quella dell'ETICA DELLA SCIENZA, che, in effetti, dovrebbe essere propria di ogni scienziato...come lo fu per Fleming (Einstein e molti altri)!
Perchè, per concludere, occorre sempre tenere presente:
- che non tutti i filosofi furono e sono scienziati;
- tutti gli scienziati, invece, furono e sono filosofi, magari anche non rendendosene conto (così come tutti gli altri esseri umani).
;)

Ma fossi uno scienziato me ne farei una ragione: saresti un ignorante.

Ma non sei uno scienziato: di quale metodo scientifico unico vai blaterando??

Ma almeno fatti un giro sulla wiki per capire che di metodi ce ne sono centinaia!!

Oh guarda caso come le filosofie! Ridicolo!

Vai avanti tu che mi vien da ridere

Eutidemo

Ciao Green Demetr.
Tranquillo, non sono un "robot"; ma cosa vuoi dire asserendo che, da molte mie precisazioni, tu hai avuto modo di desumere che io credo in "in giudizi sintetici applicabili all'umano"?
Che cosa significa? ::)
Quanto alle "neuroscienze", non è tanto questione di essere o meno "à la page", quanto di voler fare o meno gli "struzzi" di fronte all'evidenza dei progressi della tecnica; a mio parere, questo non toglie nulla alla nostra umanità, ma, semmai, la perfeziona e la raffina!
          ***
Per esempio,  grazie all'uso della risonanza magnetica funzionale a "imaging" (fMRI), si è rilevato che diverse "specifiche" aree del cervello delle persone innamorate presentano un aumento dell'attività; i dati raccolti, infatti, hanno dimostrato che gli innamorati presentavano un aumento dell'attività di una dozzina di aree cerebrali, tra le quali la corteccia cingolata anteriore dorsale, l'insula, l'amigdala, la giunzione temporo-parietale, il nucleo caudato e il lobo temporale. Per i volontari che si trovavano oltre la fine di una relazione amorosa, invece, maggiore era il tempo trascorso senza amore e minore risultava l'attività delle stesse aree cerebrali.
Il che, è stato "fotografato" anche con il "neuroimaging".

Ma, OVVIAMENTE, questo non significa affatto aver "fotografato" l'amore, il che è una cosa assurda ed impossibile, bensì solo le aree cerebrali che ne vengono interessate; e, secondo me, bisogna avere una concezione davvero misoneistica e "feuilletonistica", per scandalizzarsi e temere che tutto questo possa "spoetizzare" l'amore!
Così come un tempo qualcuno sostenne che era una cosa arida e disumanizzante "fotografare" gli sposi, invece di dipingerne il ritratto! ;D 
          ***
Quanto al fatto che il mondo sia una scacchiera, si trattava, ovviamente, solo di una metafora umoristica con riferimento all'illusione ottica; è ovvio, infatti, che il mondo non è per niente una scacchiera (a parte il fatto che, anche nel mondo, ci sono pedoni, alfieri, cavalli, torri...e, soprattutto, RE e REGINE).
Dal punto di vista "fenomenico", peraltro, il mondo è sicuramente una classificazione ordinata di dati fisici che costituiscono l'oggetto di osservazione da parte del soggetto; dal punto di vista "noumenico", invece, almeno per come la vedo io, non esistono nè soggetto nè oggetto, essendo l'ordito della realtà (a differenza della trama) un'unico "essere".
          ***
Ad ogni modo, circa l'esperimento di Ryan M Stolier e Jonathan B Freeman, hai capito il tutto esattamente al contrario, in quanto la loro tesi non ha niente a che vedere con la fisiognomica di Lombroso; ed infatti:
- mentre Lombroso sosteneva che, scientificamente, dalla fisionomia si può determinare la tendenza delinquenziale di un individuo;
- Ryan M Stolier e Jonathan B Freeman, invece, con il "neuroimaging" hanno concluso esattamente l'opposto, dimostrando che la tendenza a giudicare un individuo dalla sua fisionomia è dovuta ad un meccanismo puramente istintuale e preconcetto, e, quindi, in genere, del tutto fallace (individuando la parte del cervello interessata).
Quindi, di cosa stiamo parlando? ;D
          ***
Che, poi, la fisiognomica e la sue infauste derivazioni eugenetiche, prendano forza proprio da quel taglia e incolla che: "...Eutidemo, nella sua solita professione di azzeccagarbugli, crede di cogliere come elemento di giudizio critico", è una affermazione talmente grottesca e priva di senso, che l'unica replica al riguardo non può che essere una omerica risata.;D  ;D  ;D
Ho dovuto faticare a tornare serio, per poter poi tornare a scrivere queste quattro righe! 
          ***
Poi tu scrivi: "Chi decide della criminalità? l'ippocampo e i suoi unicorni, o la società in cui infaustamente abitiamo?".
Anche qui, mi dispiace dirlo, hai capito esattamente il contrario di quello che avevo scritto, in quanto il "giro fusiforme" allocato sotto l'Ippocampo,  determina semplicemente il modo in cui tendiamo a percepire il volto degli altri; il che, avviene di solito in modo spesso "preconcetto", e, quindi, lo studio mira appunto a sostenere che non può certo essere quello a decidere della criminalità!
          ***
Quanto al "riduzionismo", io ritengo "riduzionistico" ridurre tutto l'"ESSERE" al mondo "fenomenico"; ma, restando a livello di quest'ultimo, ritengo infantile e scriteriato non prendere atto che i "fenomeni" si presentano comunque secondo evidenze scientificamente rilevabili a livello oggettivo (sebbene questo vale precipuamente per la "macrofisica", e non per la "microfisica" dei "quanta").
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Quanto al fatto di essere "libero di decidere che quel colore è esattamente il colore che vuoi percepire", in effetti non lo sei affatto, perchè il tuo occhio ed il tuo cervello devono necessariamente obbedire a determinate regole fisiche e fisiologiche; ed infatti, a meno che tu non voglia mentire:
- se guardi la scacchiera della prima immagine, la casella A non può non sembrarti più scura della casella B;
- se, invece, ritagli ed incolli i colori A e B fuori della scacchiera (come ho fatto io usando PHOTOFILTRE nella seconda immagine), non puoi non riscontrare che si tratta della stessa identica sfumatura di grigio.
          ***
Chi decide del reale?
Il reale, ovviamente...mica noi; altrimenti da un bel pezzo sarei andato a letto con chi dico io! :(
Magari fosse possibile decidere noi quello che è reale e quello che non lo è! ::)
          ***
Cosa poi c'entrino gli americani e la "società robotica", lo devo ancora capire! ;D

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