Il mondo è una scacchiera!

Aperto da Eutidemo, 07 Aprile 2018, 07:50:11 AM

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sgiombo

#45
X Eutidemo

Parole sante (purtroppo)!

Beh, discutere accanitamente non mi dispiace, ma tantomeno qualche volta concordare in pieno.

epicurus

Citazione di: sgiombo il 12 Aprile 2018, 16:53:45 PM
Citazione di: epicurus il 12 Aprile 2018, 14:46:52 PM
1. Secondo me la percezione ha sempre un qualche grado di non-interpretazione. Quindi anche se parlo di cosa io penso di vedere qui e ora, posso sbagliarmi. In ultima analisi, posso sbagliarmi a scegliere le parole giuste per descrivere la situazione.
Ad implicare inevitabilmente sempre una qualche interpretazione (che può essere errata) non é la percezione né la mera asserzione di essa, ma sono una (eventuale, ulteriore) descrizione di una percezione, delle considerazioni circa una percezione.
Se mi limito ad affermare che accade la percezione dello schermo del computer (senza precisare se si tratti di percezione intersoggettivamente constatabile oppure di sogno o allucinazione, senza dire se realmente é grande o piccolo, rettangolare o quadrato, ecc. ma solo che appare -sembra- tale) e inoltre accade la percezione dello schermo del computer, per definizione ciò che accade é "conoscenza vera" (per la cronaca, ma non é importante: qui non sto dicendo -meramente*- che sto vedendo -cioè avendo la mera percezione delle apparenze sensibili de*- lo schermo o meno, non sto predicando sinteticamente a posteriori circa la realtà -veracemente o meno- ma sto solo facendo delle ipotesi e delle deduzioni da esse, giudicando analiticamente a posteriori).

Se parliamo di credenza (o di conoscenza) stiamo parlando sempre di un contenuto interpetato. Una foto ovviamente è non interpretata, senza contenuto, ma se noi diciamo cosa la foto rappresenta, allora la stiamo intepretando. Quindi se vogliamo parlare di percezione non intereptata, allora ci fermiamo lì, senza poter parlare di credenze su di essa, e, in realtà, senza neppure poter dire cosa rappresenti tale percezione. Quindi le alternative sono 2: o ci fermiamo ad una percezione non interpretata che è irrilevante per la gnoseologia (e quindi per il discorso che stiamo qui facendo), oppure consideriamo la percezione interpretata che è qui rilevante ma che non è infallibile.

Citazione di: sgiombo il 12 Aprile 2018, 16:53:45 PM
Citazione di: epicurus
2. La nostra stessa pratica linguistica, diciamo lo stesso significato delle parole, presuppone tutta una serie di controlli per verificare uno stato di cose. E tale serie è una serie finita. Dopo tali controlli posso giustamente dire "io so...", "io sono sicuro..." e "non ci sono dubbi...". Ripeto, ovviamente, l'errore può sempre essere dietro l'angolo, ma sono comunque legittimato a parlare in quel modo.
Dunque, se ben intendo, a parte il generalissimo e ovvio "errare humanum est", mi posso sbagliare nel raccontare, nel descrivere ("commentare", "interpretare") le percezioni, non nel pensare che le percezioni accadono in quanto tali, nel loro mero apparire (qualora accadano, come si é ipotizzato).

Ti rimando al mio commento sopra. Ma il vero contenuto del mio punto (2) è un altro. Quando impariamo a parlare ci vengono insegnate tutta una serie di pratiche per riconoscere i fatti e per descriverli, e anche per fare verifiche su eventuali dubbi e errori. Finite tale pratiche siamo legittimati a dire che sappiamo, che non abbiamo dubbi e che siamo sicuri.

Citazione di: sgiombo il 12 Aprile 2018, 16:53:45 PM
Citazione di: epicurus
3. Tu dici che in sede teorica la razionalità non è mai troppa, mentre in sede pratica ci sono dei compromessi. Io invece sostengo che si possa usare pur tutta la razionalità che si può in ogni contesto (1). Per me non è questo il punto. L'utilizzo dell'intelletto deve orientare alla scelta, alla discriminazione tra alternative, e una razionalità che non discrimina fatico a chiamarla razionalità: infatti, una "superrazionalità" come intesa da te non discrimina, semplicemente si limita a porre tutte le possibilità logiche sullo stesso piano (2).
1 A usare tutta la razionalità che si può, bisognerebbe, alternativamente, una volta evitare di lanciarsi dal 100° piano per non sfracellarsi a terra, e un' altra volta lanciarsi per evitare di sfracellarsi contro il soffitto.
Già come hai formulato qui il tuo pensiero spiega quello che dicevo io: il tuo concetto di razionalità non discrimina. Inoltre, sotto un certo punto di vista, ciò che scrivi è falso anche entro il tuo modo di intendere le cose. Infatti anche se una volta eviti di lanciarti e un'altra volta ti lanci, non avresti aumentato di un infinitesimo la tua conoscenza (nel senso tuo di "conoscenza"). Sempre dal tuo tuo punto di vista di "superrazionalità", niente prova niente, perché il logicamente possibile non si scalfisce con nulla... Non c'è alcun modo di incrementare la nostra superconoscenza e non c'è alcun modo di superdiscriminare tra le infinite alternative. Tutto questo, come già dicevo, mi porta a dire che la tua superrazionalità non ha molto a che fare con la razionalità genuina, o comunque io non saprei disposto a chiamare tale concetto "razionalità" (e un discorso analogo vale per il tuo concetto di superconoscenza).

Citazione di: sgiombo il 12 Aprile 2018, 16:53:45 PM
Citazione di: epicurus
4. Come dicevo, per me sono fondamentali delle ragioni specifiche per il dubbio, come anche per la conoscenza. Se io dico "Quella è una lince", io posso e devo portare ragioni a favore di quello che dico se qualcuno me lo chiedesse. Così è anche per il dubbio. Se si mette in dubbio che quella non è una lince, allora bisogna specificare ragioni specifiche: "è completamente immobile da ore, potrebbe essere un poster", al ché io produco un gran rumore e la lince si sposta; oppure "è una lince giocattolo perché xyz", ecc....... Ci sono vari modi per cui possiamo sbagliarci ad identificare una lince, e possiamo verificarli... ma dopo un po' abbiamo raggiunto una soglia sufficiente per essere sicuri che quella è veramente una lince. E non basta un generico "alcune volte l'uomo sbaglia, quindi potresti sbagliarti che quella sia una lince, quindi io dubito che lo sia e tu non puoi dire di essere sicuro che lo sia".
La ragione specifica é quella genialmente evidenziata da David Hume: non é contraddittoria l' ipotesi che (ovvero é pensabile; ovvero é possibile che accada che) da un momento all' altro il mondo naturale materiale "riveli" di non seguire (come erroneamente si era pensato) un divenire ordinato secondo modalità universali e costanti; né che lo segua é in alcun modo constatabile empiricamente a posteriori (casomai lo é che finora lo ha sempre seguito; il che non garantisce minimamente per il futuro).

Ma questo rientra sempre nella questione generica che noi possiamo sempre sbagliarci, ma io sostengo che ciò non ci deve spingere a credere che sia illegittimo in questini ordinarie parlare di conoscenza e certezza. E' questo il punto fondamentale.

Citazione di: sgiombo il 12 Aprile 2018, 16:53:45 PM
Citazione di: epicurus
5. Chiamiamo, per comodità, la tua tesi "razioscetticismo sgiombiano". Perché non applicare tale scetticismo anche al razioscetticismo sgiombiano? Quindi ora dovremmo dubitare della validità di tale tesi e metterla allo stesso livello di infinite altre tesi tra loro mutualmente esclusive ma tutte logicamente possibili.
Il "razioscetticismo sgiombiano" (uau!) si riferisce alla conoscenza (sintetica a posteriori) di come é-accade o meno la realtà.

Ma le considerazioni humeiane cui appena sopra succintamente accennavo sono giudizi analitici a priori (non dicono nulla sui come sia o meno la realtà):

1) pensare che la realtà naturale materiale non diviene ordinatamente é non meno logicamente coerente, non contraddittorio, che pensare che diviene ordinatamente (= che la realtà non divenga ordinatamente é altrettanto logicamente possibile che divenga ordinatamente);

2) nessun numero, per quanto grande sia, di osservazioni empiriche a posteriori umanamente conseguibili (numero necessariamente finito) confermanti che la realtà naturale materiale finora é divenuta e diviene ordinatamente (almeno in apparenza) equivarrà mai alla constatazione empirica a posteriori che anche alla prossima osservazione (sempre, quante che se ne siano già fatte) continuerà a divenire ordinatamente (che ciò accada realmente).

Non concordo. Il razioscetticismo sgiombiano, come spiegavo più sopra, vuole anche riformare il significato di alcuni concetti come: razionalità, sicurezza e conoscenza. Il razioscetticismo sgiombiano, inoltre, è una tesi complessa fatta di varie argomentazioni... probabilmente se volessi veramente essere rigoroso dovresti scrivere un paper abbastanza dettagliato, dove argomenti bene bene tutti i punti della tua tesi e magari argomenti contro le obiezioni fatte da altri. Ecco, questa sarebbe la versione completa del razioscetticismo sgiombiano... e questa tesi è esposta all'errore. In più punti ci potrebbero essere errori, variabili non considerate, ecc... Non solo, la tesi per essere compresa da un essere umano presuppone un'estensione temporale... quindi mentre la leggiamo e cerchiamo di capirla i nostri ricordi su di essa possono cambiare e trarci in inganno.

Detto questo, il razioscetticismo sgiombiano implica che esso stesso è una teoria come le altre, sullo stesso piano di infinite altre teorie gnoseologiche tutte logicamente possibili.

Citazione di: sgiombo il 12 Aprile 2018, 16:53:45 PM
Citazione di: epicurus
6. Ma (5) può essere ulteriormente rafforzato. Chiamiamo la mia tesi esposta in (5) tesi B. Ora possiamo dubitare anche di B. E possiamo iterare questo dubbio, infinite volte, dubitando di poter dubitare di poter dubitare di poter dubitare.... di poter dubitare sul razioscetticismo sgiombiano. Tutto questo mi pare troppo.  ;D
Secondo lo "scetticismo sgiombiano" sui giudizi analitici a priori non v' é dubbio alcuno (se correttamente formulati, ovviamente: errare humanum est!).

Mentre sui giudizi sintetici a posteriori (sulla conoscenza di come é diviene o meno la realtà) non v' é certezza (teorica) alcuna, si deve (in teoria, non nel comportamento pratico) dubitare sempre e comunque, non si dubita mai abbastanza (salvo il caso effimero dei punti 1 e 2).

Da quanto detto nel punto precedente, tale metodo argomentativo può essere iterato infinite volte. Non è propriamente una autoconfutazione, ma diciamo che potremmo considerarlo un'autoconfusione (termine da me ora inventato per dire che non implica una contraddizione come un'autoconfutazione, ma implica un nonsense).

Eutidemo

X SGIOMBO
Discutere accanitamente non dispiace affatto neanche a me, essendo io un "bastian contrario" per natura; ma, ormai, con l'età, ho capito che dovrebbe darci molta più soddisfazione ammettere che aveva ragione l'oppositore e noi, invece, torto. :)
Ed infatti, in realtà, l'avversario più difficile e più pericoloso da battere, non è tanto il nostro "antagonista dialettico", quanto piuttosto la nostra ostinazione nel voler mantenere a tutti i costi il nostro punto di vista e il non voler mai ammettere di avere torto; invero, come diceva Lao Tzu: "Colui che vince gli altri è potente, ma è veramente forte solo chi vince sé stesso!" (sebbene tale affermazione vada presa in un senso più generale). ;)

sgiombo

Citazione di: epicurus il 13 Aprile 2018, 10:55:37 AM
Epicurus:
Se parliamo di credenza (o di conoscenza) stiamo parlando sempre di un contenuto interpetato. Una foto ovviamente è non interpretata, senza contenuto, ma se noi diciamo cosa la foto rappresenta, allora la stiamo intepretando. Quindi se vogliamo parlare di percezione non intereptata, allora ci fermiamo lì, senza poter parlare di credenze su di essa, e, in realtà, senza neppure poter dire cosa rappresenti tale percezione. Quindi le alternative sono 2: o ci fermiamo ad una percezione non interpretata che è irrilevante per la gnoseologia (e quindi per il discorso che stiamo qui facendo), oppure consideriamo la percezione interpretata che è qui rilevante ma che non è infallibile.
CitazioneSgiombo:

Affermazione =/= interpretazione.

Una foto é una "cosa".
L' affermazione "c' é questa foto" una seconda cosa diversa dalla prima.
L' interpretazione "questa foto rappresenta una montagna" una terza ulteriormente diversa cosa.



Epicurus:
Ti rimando al mio commento sopra. Ma il vero contenuto del mio punto (2) è un altro. Quando impariamo a parlare ci vengono insegnate tutta una serie di pratiche per riconoscere i fatti e per descriverli, e anche per fare verifiche su eventuali dubbi e errori. Finite tale pratiche siamo legittimati a dire che sappiamo, che non abbiamo dubbi e che siamo sicuri.
CitazioneSgiombo:
Avere opinioni sbagliate é certamente lecito (in democrazia).
Ma avere imparato a parlare e sapere riconoscere e descrivere linguisticamente i fatti non garantisce certo (genericamente) l' infallibilità nei giudizi circa i fatti.
Né tantomeno garantisce della verità dei giudizi sintetici a posteriori (salvo l' immediata constatazione non interpretata di sensazioni presentemente in atto, che subito trapassa nel passato, divenendo oggetto di memoria, la quale é fallible.
In particolare non garantisce la certezza delle inferenze induttive e dunque della conoscenza scientifica (anche se la scienza si avvale di molto altro oltre che dell' induzione).



Epicurus:
Già come hai formulato qui il tuo pensiero spiega quello che dicevo io: il tuo concetto di razionalità non discrimina. Inoltre, sotto un certo punto di vista, ciò che scrivi è falso anche entro il tuo modo di intendere le cose. Infatti anche se una volta eviti di lanciarti e un'altra volta ti lanci, non avresti aumentato di un infinitesimo la tua conoscenza (nel senso tuo di "conoscenza"). Sempre dal tuo tuo punto di vista di "superrazionalità", niente prova niente, perché il logicamente possibile non si scalfisce con nulla... Non c'è alcun modo di incrementare la nostra superconoscenza e non c'è alcun modo di superdiscriminare tra le infinite alternative. Tutto questo, come già dicevo, mi porta a dire che la tua superrazionalità non ha molto a che fare con la razionalità genuina, o comunque io non saprei disposto a chiamare tale concetto "razionalità" (e un discorso analogo vale per il tuo concetto di superconoscenza).
CitazioneSgiombo:
Se una volta mi lancio e l' altra no sono coerente con la mia credenza razionalistica fino in fondo che la forza di gravità potrebbe mutare di segno da un momento all' altro.
Se invece non mi butto mai (come per fortuna mi accade ...almeno finora) mi comporto in maniera non conseguentemente razionalistica: o credo (fideisticamente, ergo irrazionalmente, non essendo ciò provabile logicamente né constatabile empiricamente) che il divenire naturale é sempre ed ovunque (e non: che é stato -o meglio é sembrato essere- finora) ordinato secondo leggi universali e costanti, o per lo meno agisco come se lo credessi.




Citazione di: sgiombo il 12 Aprile 2018, 16:53:45 PM
Citazione di: epicurus
4. Come dicevo, per me sono fondamentali delle ragioni specifiche per il dubbio, come anche per la conoscenza. Se io dico "Quella è una lince", io posso e devo portare ragioni a favore di quello che dico se qualcuno me lo chiedesse. Così è anche per il dubbio. Se si mette in dubbio che quella non è una lince, allora bisogna specificare ragioni specifiche: "è completamente immobile da ore, potrebbe essere un poster", al ché io produco un gran rumore e la lince si sposta; oppure "è una lince giocattolo perché xyz", ecc....... Ci sono vari modi per cui possiamo sbagliarci ad identificare una lince, e possiamo verificarli... ma dopo un po' abbiamo raggiunto una soglia sufficiente per essere sicuri che quella è veramente una lince. E non basta un generico "alcune volte l'uomo sbaglia, quindi potresti sbagliarti che quella sia una lince, quindi io dubito che lo sia e tu non puoi dire di essere sicuro che lo sia".
La ragione specifica é quella genialmente evidenziata da David Hume: non é contraddittoria l' ipotesi che (ovvero é pensabile; ovvero é possibile che accada che) da un momento all' altro il mondo naturale materiale "riveli" di non seguire (come erroneamente si era pensato) un divenire ordinato secondo modalità universali e costanti; né che lo segua é in alcun modo constatabile empiricamente a posteriori (casomai lo é che finora lo ha sempre seguito; il che non garantisce minimamente per il futuro).

Ma questo rientra sempre nella questione generica che noi possiamo sempre sbagliarci, ma io sostengo che ciò non ci deve spingere a credere che sia illegittimo in questini ordinarie parlare di conoscenza e certezza. E' questo il punto fondamentale.
CitazioneNO.
Una cosa é il fatto che ci possiamo sempre sbagliare, per esempio nell' applicare una conoscenza scientifica a un' azione pratica.
Un' altra ben diversa cosa é il fatto che che la conoscenza scientifica potrebbe essere illusoria e falsa perché, contrariamente a quanto finora sembrato, non é vero che il  divenire naturale é sempre ed ovunque (e non: che é stato, o meglio é sembrato, finora) ordinato secondo leggi universali e costanti.

Ognuno può ritenere fondamentale il punto che più gli piace, ad libitum.
Ma che noi possiamo sempre sbagliarci l' ho sempre saputo e sostenuto ovviamente anch' io.
Che però in più, da razionalista conseguente fino in fondo so anche che, oltre a ciò, il divenire naturale potrebbe anche non essere in realtà ordinato secondo leggi universali e costanti (e dunque la conoscenza scientifica potrebbe essere falsa); anche se ovviamente in pratica mi comporto, da persona sana di mente, come se invece fossi certo dell' ordine del divenire naturale (e dunque della verità della conoscenza scientifica).

La liceità o meno delle credenze é un' altra questione che riguarda gli assetti politici e istituzionali degli stai.


Non concordo. Il razioscetticismo sgiombiano, come spiegavo più sopra, vuole anche riformare il significato di alcuni concetti come: razionalità, sicurezza e conoscenza.
CitazioneNon concordo a mia volta, poiché mi sembra evidente che non li cambia affatto.

Il razioscetticismo sgiombiano, inoltre, è una tesi complessa fatta di varie argomentazioni... probabilmente se volessi veramente essere rigoroso dovresti scrivere un paper abbastanza dettagliato, dove argomenti bene bene tutti i punti della tua tesi e magari argomenti contro le obiezioni fatte da altri.
CitazioneGià fatto abbondantemente in questo forum.

Ecco, questa sarebbe la versione completa del razioscetticismo sgiombiano... e questa tesi è esposta all'errore. In più punti ci potrebbero essere errori, variabili non considerate, ecc... Non solo, la tesi per essere compresa da un essere umano presuppone un'estensione temporale... quindi mentre la leggiamo e cerchiamo di capirla i nostri ricordi su di essa possono cambiare e trarci in inganno.
CitazioneCome da me sempre sostenuto a chiare lettere (sia che genericamente "errare humanum est, sia che la memoria é fallibile).

Detto questo, il razioscetticismo sgiombiano implica che esso stesso è una teoria come le altre, sullo stesso piano di infinite altre teorie gnoseologiche tutte logicamente possibili.
CitazioneMai preteso che fosse vangelo...

Citazione di: sgiombo il 12 Aprile 2018, 16:53:45 PM
Citazione di: epicurus
6. Ma (5) può essere ulteriormente rafforzato. Chiamiamo la mia tesi esposta in (5) tesi B. Ora possiamo dubitare anche di B. E possiamo iterare questo dubbio, infinite volte, dubitando di poter dubitare di poter dubitare di poter dubitare.... di poter dubitare sul razioscetticismo sgiombiano. Tutto questo mi pare troppo.  ;D
Secondo lo "scetticismo sgiombiano" sui giudizi analitici a priori non v' é dubbio alcuno (se correttamente formulati, ovviamente: errare humanum est!).

Mentre sui giudizi sintetici a posteriori (sulla conoscenza di come é diviene o meno la realtà) non v' é certezza (teorica) alcuna, si deve (in teoria, non nel comportamento pratico) dubitare sempre e comunque, non si dubita mai abbastanza (salvo il caso effimero dei punti 1 e 2).

Da quanto detto nel punto precedente, tale metodo argomentativo può essere iterato infinite volte. Non è propriamente una autoconfutazione, ma diciamo che potremmo considerarlo un'autoconfusione (termine da me ora inventato per dire che non implica una contraddizione come un'autoconfutazione, ma implica un nonsense).
CitazioneArgomentare, please (come dicono gli anglofili)!

epicurus

CitazioneAffermazione =/= interpretazione.

Una foto é una "cosa".
L' affermazione "c' é questa foto" una seconda cosa diversa dalla prima.
L' interpretazione "questa foto rappresenta una montagna" una terza ulteriormente diversa cosa.
Quando uso il linguaggio per descrivere qualcosa, allora io interpreto. Nel dire "Qui a me ora sembra di vedere una foto" potrei sbagliarmi, mi pareva un'altra cosa, ma ho usato le parole sbagliate. A me pare non se ne esca: possiamo sbagliarci in ogni caso. E, se devo scegliere, mi fido di più di "quella è una lince" se mi adopero per tutte le verifiche del caso, piuttosto di un "qui e ora mi sembra di vedere una foto" pronunciato in circostanze epistemiche problematiche.

CitazioneAvere opinioni sbagliate é certamente lecito (in democrazia).
Ma avere imparato a parlare e sapere riconoscere e descrivere linguisticamente i fatti non garantisce certo (genericamente) l' infallibilità nei giudizi circa i fatti.
Ma su questo siamo concordi no? E' dall'inizio che affermo che l'uomo è fallibile. Il punto se mai è che tu per dire "io so" e "io sono certo" presupponi l'infallibilità del soggetto per tale affermazione. Ma a me ciò pare arbitrario e problematico (per quanto sto dicendo in questi post).

CitazioneSe una volta mi lancio e l' altra no sono coerente con la mia credenza razionalistica fino in fondo che la forza di gravità potrebbe mutare di segno da un momento all' altro.
No, perché anche se ti butti e ti pare che la forza di gravità abbia cambiato segno, non hai aumentato di una virgola la tua conoscenza: potresti interpretare male quello che sta accadendo, potresti essere ingannato in qualche modo, ecc... Ripeto: dal tuo punto di vista, ogni possibilità logica è sullo stesso piano, e niente può modificare questo fatto. Come dicevo, è proprio il fatto che questa tua superrazionalità non discrimini (o ordini) le opzioni, e cioè che giri a vuoto, che mi fa rifiutare tale concetto come inerente alla razionalità. Idem per la conoscenza: è una conoscenza fissa, non incrementabile e assolutamente inutile (sia praticamente che teoricamente). Una superrazionalità che implica, per tua stessa ammissione, l'infermità mentale...

CitazioneNO.
Una cosa é il fatto che ci possiamo sempre sbagliare, per esempio nell' applicare una conoscenza scientifica a un' azione pratica.
Un' altra ben diversa cosa é il fatto che che la conoscenza scientifica potrebbe essere illusoria e falsa perché, contrariamente a quanto finora sembrato, non é vero che il  divenire naturale é sempre ed ovunque (e non: che é stato, o meglio é sembrato, finora) ordinato secondo leggi universali e costanti.

Ognuno può ritenere fondamentale il punto che più gli piace, ad libitum.
Ma che noi possiamo sempre sbagliarci l' ho sempre saputo e sostenuto ovviamente anch' io.
Che però in più, da razionalista conseguente fino in fondo so anche che, oltre a ciò, il divenire naturale potrebbe anche non essere in realtà ordinato secondo leggi universali e costanti (e dunque la conoscenza scientifica potrebbe essere falsa); anche se ovviamente in pratica mi comporto, da persona sana di mente, come se invece fossi certo dell' ordine del divenire naturale (e dunque della verità della conoscenza scientifica).
Dipende da cosa si intende per legge naturale. Per me è una costatazione di una regolarità. E una regolarità deve considerare tutto: se domani la gravità inizia a funzionare in modo diverso, la regolarità che riguarda la gravità verrà modificata tenendo conto sia come le cose funzionavano e sia come ora funzionano. L'uomo esplora il mondo e facendolo scopre regolarità, e tali regolarità continuando ad essere aggiuntate con l'aumento dell'esplorazione.

1000 persone si buttano giù dal 100esimo piano e muoiono? Se fossi stato al posto di uno qualsiasi delle 1000 persone precedenti sarei morto. Naturalmente è logicamente possibile che da oggi invece si possa sopravvivere, per esempio, ma è razionale crederlo senza delle prove? No. Perché? Perché nel modello di mondo che per ora ho costruito se mi butto allora muoio. Le cose in futuro cambieranno? Allora io modificherò il mio modello e allora magari diventerà razionale buttarsi dal 100esimo piano. Ma ora non è razionale. Come dicevo sopra, una razionalità che implica la pazzia non sono disposto a chiamarla razionalità.

Citazione di: sgiombo
Citazione di: epicurusNon concordo. Il razioscetticismo sgiombiano, come spiegavo più sopra, vuole anche riformare il significato di alcuni concetti come: razionalità, sicurezza e conoscenza.
Non concordo a mia volta, poiché mi sembra evidente che non li cambia affatto.
In ogni modello di razionalità (che non sia il tuo o dei filosofi a te affini su questo punto) è razionale credere che saltare giù dal 100esimo piano di un palazzo possa seriamente danneggiare un essere umano (se non si hanno degli accorgimenti speciali da prendere). E in ogni modello di conoscenza (che non sia il tuo o dei filosofi a te affini su questo punto) è corretto dire che gli esseri umano conoscono tutta una serie di fatti e che tale conoscenza continui ad aumentare con l'esperienza. I modelli di razionalità e conoscenza non richiedono l'infallibilità per poter ascrivere conoscenza e razionalità negli agenti... e non implicano la pazzia. Da qui la mia conclusione che la tua concezione di conoscenza e razionalità sia diversa dalla norma.

Citazione di: sgiombo
Citazione di: epicurusIl razioscetticismo sgiombiano, inoltre, è una tesi complessa fatta di varie argomentazioni [...] Ecco, questa sarebbe la versione completa del razioscetticismo sgiombiano... e questa tesi è esposta all'errore. In più punti ci potrebbero essere errori, variabili non considerate, ecc... Non solo, la tesi per essere compresa da un essere umano presuppone un'estensione temporale... quindi mentre la leggiamo e cerchiamo di capirla i nostri ricordi su di essa possono cambiare e trarci in inganno.
Come da me sempre sostenuto a chiare lettere (sia che genericamente "errare humanum est, sia che la memoria é fallibile).

Citazione di: epicurus
Detto questo, il razioscetticismo sgiombiano implica che esso stesso è una teoria come le altre, sullo stesso piano di infinite altre teorie gnoseologiche tutte logicamente possibili.
Mai preteso che fosse vangelo...

Ma se la tua tesi è al pari di tutte le altre, perché qui la stai difendendo? Non dovresti sospendere il giudizio su di essa?

Citazione di: sgiombo il 12 Aprile 2018, 16:53:45 PM
Citazione di: epicurus
Da quanto detto nel punto precedente, tale metodo argomentativo può essere iterato infinite volte. Non è propriamente una autoconfutazione, ma diciamo che potremmo considerarlo un'autoconfusione (termine da me ora inventato per dire che non implica una contraddizione come un'autoconfutazione, ma implica un nonsense).
Argomentare, please (come dicono gli anglofili)!


Denotiamo la tua tesi con RSS0. Nel punto precedente abbiamo inferito da RSS0:

RSS1: dobbiamo sospendere il giudizio su RSS0 (RSS0 è una teoria gnoseologica legittima come infinite altre teorie gnoseologici autoconsistenti)

Da RSS1 inferiamo poi:

RSS2: dobbiamo sospendere il giudizio su RSS1 (RSS1 è una teoria gnoseologica legittima come infinite altre teorie gnoseologici autoconsistenti)

Da RSS2 inferiamo poi:

RSS3: dobbiamo sospendere il giudizio su RSS2 (RSS2 è una teoria gnoseologica legittima come infinite altre teorie gnoseologici autoconsistenti)

E così via, all'infinito... lasciandoci in una situazione gnoseologica a dir poco comica. ;D

sgiombo

#50
Citazione di: epicurus il 13 Aprile 2018, 16:21:01 PM
CitazioneAffermazione =/= interpretazione.

Una foto é una "cosa".
L' affermazione "c' é questa foto" una seconda cosa diversa dalla prima.
L' interpretazione "questa foto rappresenta una montagna" una terza ulteriormente diversa cosa.
Quando uso il linguaggio per descrivere qualcosa, allora io interpreto. Nel dire "Qui a me ora sembra di vedere una foto" potrei sbagliarmi, mi pareva un'altra cosa, ma ho usato le parole sbagliate. A me pare non se ne esca: possiamo sbagliarci in ogni caso. E, se devo scegliere, mi fido di più di "quella è una lince" se mi adopero per tutte le verifiche del caso, piuttosto di un "qui e ora mi sembra di vedere una foto" pronunciato in circostanze epistemiche problematiche.
CitazioneInvece io mi fido di "qui e ora mi sembra di vedere una foto" (potrebbe anche essere un dipinto o un paesaggio reale, che l' affermazione sarebbe comunque vera) e non di "quella é una lince" (che se invece fosse un gatto sarebbe sbagliata).

Il fatto banale che "errare humnanum est" non c' entra.
Se, ovviamente, non compio un banalmente sempre possibile errore nell' uso delle parole (nel tal caso che sbaglio sarebbe una banalissima tautologia), allora l' affermazione "qui e ora mi sembra di vedere una foto" é vero se inoltre qui e ora (accade realmente che) mi sembra di vedere una foto.

CitazioneAvere opinioni sbagliate é certamente lecito (in democrazia).
Ma avere imparato a parlare e sapere riconoscere e descrivere linguisticamente i fatti non garantisce certo (genericamente) l' infallibilità nei giudizi circa i fatti.
Ma su questo siamo concordi no? E' dall'inizio che affermo che l'uomo è fallibile. Il punto se mai è che tu per dire "io so" e "io sono certo" presupponi l'infallibilità del soggetto per tale affermazione. Ma a me ciò pare arbitrario e problematico (per quanto sto dicendo in questi post).
CitazioneNon per dire "io so", ma per dire "io sono certo"; e non presuppongo l' infallibilità, ma solo l' impossibilità che quanto affermato sia falso. ("infallibilità limitata a una singola affermazione" semplicemente non ha senso: "infallibile" in italiano significa " che non sbaglia mai" e non affatto "che non sbaglia una volta sola").

E questa impossibilità non può darsi di alcun giudizio sintetico a priori salvo il caso effimero della immediata constatazione di sensazioni presentemente in atto nella loro apparenza (tipo "qui e ora mi sembra di vedere una foto".



CitazioneSe una volta mi lancio e l' altra no sono coerente con la mia credenza razionalistica fino in fondo che la forza di gravità potrebbe mutare di segno da un momento all' altro.
No, perché anche se ti butti e ti pare che la forza di gravità abbia cambiato segno, non hai aumentato di una virgola la tua conoscenza: potresti interpretare male quello che sta accadendo, potresti essere ingannato in qualche modo, ecc... Ripeto: dal tuo punto di vista, ogni possibilità logica è sullo stesso piano, e niente può modificare questo fatto. Come dicevo, è proprio il fatto che questa tua superrazionalità non discrimini (o ordini) le opzioni, e cioè che giri a vuoto, che mi fa rifiutare tale concetto come inerente alla razionalità. Idem per la conoscenza: è una conoscenza fissa, non incrementabile e assolutamente inutile (sia praticamente che teoricamente). Una superrazionalità che implica, per tua stessa ammissione, l'infermità mentale...
CitazioneMa come sto cercando disperatamente di farti capire il generico e banale "errare humanum est" é tutt' altra cosa che l' insuperabile dubitabilità dell' induzione e della conoscenza scientifica.
Il problema non é che potrei ovviamente sbagliare (anche) nel constatare il cambio di segno della gravità, ma il fatto che il cambio di segno della gravità é  sempre teoricamente possibile.

La mia razionalità conseguente gira benissimo e non a vuoto e discrimina benissimo la certezza teorica dall' incertezza (di ciò che eventualmente potrebbe essere ragionevolmente credibile in pratica) contrariamente alla tua razionalità carente.

Non pretendo affatto che la conoscenza di come é o meno la realtà sia "fissa, non incrementabile e assolutamente inutile (sia praticamente che teoricamente)" ma sono solo consapevole che é incerta, dubitabile (salvo in maniera effimera vedi sopra).
E non ho mai confuso razionalità conseguente fino in fondo con infermità mentale, avendo anzi affermato che anche chi sia razionalista conseguente fino in fondo come me si comporta da persona sana di mente (quale é).
Per favore vedi di criticare quanto affermo e non di attribuirmi indebitamente sciocchezze da me mai sostenute (é troppo facile ma di nessuna utilità né pratica né teorica per nessuno polemizzare in siffattto modo).

CitazioneNO.
Una cosa é il fatto che ci possiamo sempre sbagliare, per esempio nell' applicare una conoscenza scientifica a un' azione pratica.
Un' altra ben diversa cosa é il fatto che che la conoscenza scientifica potrebbe essere illusoria e falsa perché, contrariamente a quanto finora sembrato, non é vero che il  divenire naturale é sempre ed ovunque (e non: che é stato, o meglio é sembrato, finora) ordinato secondo leggi universali e costanti.

Ognuno può ritenere fondamentale il punto che più gli piace, ad libitum.
Ma che noi possiamo sempre sbagliarci l' ho sempre saputo e sostenuto ovviamente anch' io.
Che però in più, da razionalista conseguente fino in fondo so anche che, oltre a ciò, il divenire naturale potrebbe anche non essere in realtà ordinato secondo leggi universali e costanti (e dunque la conoscenza scientifica potrebbe essere falsa); anche se ovviamente in pratica mi comporto, da persona sana di mente, come se invece fossi certo dell' ordine del divenire naturale (e dunque della verità della conoscenza scientifica).
Dipende da cosa si intende per legge naturale. Per me è una costatazione di una regolarità. E una regolarità deve considerare tutto: se domani la gravità inizia a funzionare in modo diverso, la regolarità che riguarda la gravità verrà modificata tenendo conto sia come le cose funzionavano e sia come ora funzionano. L'uomo esplora il mondo e facendolo scopre regolarità, e tali regolarità continuando ad essere aggiuntate con l'aumento dell'esplorazione.
CitazioneProprio non ci siamo!

Anche per me ovviamente una legge di natura é una regolarità (costanza e universalità nel divenire naturale).

Se domani la gravità cambia, allora o si trova una più generale regolarità universale e costante del divenire naturale includente (e tale da consentire di calcolare e prevedere per il futuro) il mutare della gravità stesso, oppure non può darsi conoscenza scientifica (almeno dei fenomeni gravitazionali).
L' uomo esplora il mondo e postula delle regolarità universali e costanti che non può né dimostrare logicamente né verificare empiricamente.
La semplice constatazione di una regolarità non estendibile universalmente e costantemente al passato, al futuro ed ovunque nello spazio, di una regolarità limitata a una serie spazialmente e temporalmente finita di eventi e non estesa a prima e dopo il lasso di tempo in cui si sono verificati tali eventi e oltre lo spazio finito che li ha contenuti consente solo di rilevare una serie di circostanze fortuite non é una legge fisica.

1000 persone si buttano giù dal 100esimo piano e muoiono? Se fossi stato al posto di uno qualsiasi delle 1000 persone precedenti sarei morto. Naturalmente è logicamente possibile che da oggi invece si possa sopravvivere, per esempio, ma è razionale crederlo senza delle prove? No. Perché? Perché nel modello di mondo che per ora ho costruito se mi butto allora muoio. Le cose in futuro cambieranno? Allora io modificherò il mio modello e allora magari diventerà razionale buttarsi dal 100esimo piano. Ma ora non è razionale. Come dicevo sopra, una razionalità che implica la pazzia non sono disposto a chiamarla razionalità.
CitazioneMa di che vai disquisendo?

Dove averi mai considerato l' ipotesi che cadendo dal 100° piano si potrebbe sopravvivere (se non con una probabilità infima e con ..."moltissimo culo", cosa che preciso solo ora perché mai in questa discussione mi sono posto il problema) ? ! ? ! ? !
Ancora una volta: vedi di criticare ciò che affermo e non attribuirmi sciocchezze di comodo!

La mia razionalità é semplicemente conseguente fino in fondo e non affatto demenziale o pazzesca!

Citazione di: sgiombo
Citazione di: epicurusNon concordo. Il razioscetticismo sgiombiano, come spiegavo più sopra, vuole anche riformare il significato di alcuni concetti come: razionalità, sicurezza e conoscenza.
Non concordo a mia volta, poiché mi sembra evidente che non li cambia affatto.
In ogni modello di razionalità (che non sia il tuo o dei filosofi a te affini su questo punto) è razionale credere che saltare giù dal 100esimo piano di un palazzo possa seriamente danneggiare un essere umano (se non si hanno degli accorgimenti speciali da prendere). E in ogni modello di conoscenza (che non sia il tuo o dei filosofi a te affini su questo punto) è corretto dire che gli esseri umano conoscono tutta una serie di fatti e che tale conoscenza continui ad aumentare con l'esperienza. I modelli di razionalità e conoscenza non richiedono l'infallibilità per poter ascrivere conoscenza e razionalità negli agenti... e non implicano la pazzia. Da qui la mia conclusione che la tua concezione di conoscenza e razionalità sia diversa dalla norma.
CitazioneNO!

La questione é un' altra, ben diversa da quella della ragionevolezza o meno del gettarsi dal 100° piano pensando di non farsi male (sulla quale tutti ovviamente e banalmente concordano che ci si fa male).
E' quella del credere che la forza di gravità (e in generale le leggi scientifiche)  sia teoricamente indubitabile o meno. E non é razionale fino in fondo credere che non la sia.

Citazione di: sgiombo
Citazione di: epicurusIl razioscetticismo sgiombiano, inoltre, è una tesi complessa fatta di varie argomentazioni [...] Ecco, questa sarebbe la versione completa del razioscetticismo sgiombiano... e questa tesi è esposta all'errore. In più punti ci potrebbero essere errori, variabili non considerate, ecc... Non solo, la tesi per essere compresa da un essere umano presuppone un'estensione temporale... quindi mentre la leggiamo e cerchiamo di capirla i nostri ricordi su di essa possono cambiare e trarci in inganno.
Come da me sempre sostenuto a chiare lettere (sia che genericamente "errare humanum est, sia che la memoria é fallibile).

Citazione di: epicurus
Detto questo, il razioscetticismo sgiombiano implica che esso stesso è una teoria come le altre, sullo stesso piano di infinite altre teorie gnoseologiche tutte logicamente possibili.
Mai preteso che fosse vangelo...

Ma se la tua tesi è al pari di tutte le altre, perché qui la stai difendendo? Non dovresti sospendere il giudizio su di essa?
CitazioneDifendere una tesi ritenuta vera e/o esatta =/= dal pretendere che sia vangelo.
E non pretendere che sia vangelo =/= credere che sia come tutte le altre ad essa alternative (che é relativismo).

Non sospendo il giudizio perché é una predicazione analitica a priori.

Citazione di: sgiombo il 12 Aprile 2018, 16:53:45 PM
Citazione di: epicurus
Da quanto detto nel punto precedente, tale metodo argomentativo può essere iterato infinite volte. Non è propriamente una autoconfutazione, ma diciamo che potremmo considerarlo un'autoconfusione (termine da me ora inventato per dire che non implica una contraddizione come un'autoconfutazione, ma implica un nonsense).
Argomentare, please (come dicono gli anglofili)!


Denotiamo la tua tesi con RSS0. Nel punto precedente abbiamo inferito da RSS0:

RSS1: dobbiamo sospendere il giudizio su RSS0 (RSS0 è una teoria gnoseologica legittima come infinite altre teorie gnoseologici autoconsistenti)

Da RSS1 inferiamo poi:

RSS2: dobbiamo sospendere il giudizio su RSS1 (RSS1 è una teoria gnoseologica legittima come infinite altre teorie gnoseologici autoconsistenti)

Da RSS2 inferiamo poi:

RSS3: dobbiamo sospendere il giudizio su RSS2 (RSS2 è una teoria gnoseologica legittima come infinite altre teorie gnoseologici autoconsistenti)

E così via, all'infinito... lasciandoci in una situazione gnoseologica a dir poco comica. ;D
CitazioneSe non mi traduci in linguaggio corrente non posso capire.

Comunque l' argomentazione che dovresti confutare é questa (in linguaggio corrente, per quanto rigoroso e non ambiguo):

Definzione: conoscenza (vera) = accadere realmente di determinati eventi e della predicazione che realmente accadono tali determinati eventi; o non accadere realmente di determinati eventi e accadere della predicazione che realmente non accadono tali determinati eventi.

Premessa: accadono presentemente determinate percezioni fenomeniche; e inoltre accade la predicazione dell' accadere di tali percezioni fenomeniche (non il predicare che siano sogni, eventi intersoggettivamente constatabili o altro; non il predicare che si tratti di percezioni visive rosse o gialle o di percezioni tattili calde o freddo o di percezioni acustiche acute o gravi, di linci o di gatti o altro).

Conclusione: accade conoscenza vera di tali determinate percezioni fenomeniche presenti.

green demetr

Epicuro caro robot,

Esistono qualità primarie come i colori, lo stato di quiete o di moto, la quantità.

Ma esistono qualità secondarie come caldo o freddo, pesante o leggero.

Se io ti chiedo hai freddo? uno mi dice no, l'altro sì.

Quale è la realtà che ci hanno insegnato a riconoscere e nel caso di dubbi a provarne la verità?

Non esiste verità assoluta.

Esistono invece interpretazioni, o scale di riferimento totalmente avulse dal nostro percepire.

Perciò se il caldo è legalizzato a 18 gradi, io sento freddo e mi ammalo.

Quale è la realtà unica? Quella legalizzata (ad una misura di temperatura) o quella che percepisco io?

Le cognizioni devono essere utili, non asetticamente legalizzate.

Io parlo di avanzamento delle conoscenze quando vi è una utilità, che però va tarata rispetto a chi tale utilità la usa e la riconosce, per se, e non per altri, effettivamente utile.

Tali questioni sono alla base della filosofia della percezione, che tanto di voga va oggi in america, e che ormai ha sconfinato anche in europa.

Ma si tratta comunque di riduzionismi, spesso accompagnati da monismo.

E cosa c'entra con il rapporto con il mondo? (a cui a mio parere il thread è destinato, sebbene mi sembra di capire, qui sono l'unico a sostenerlo).

Ecco questa è una cosa che proprio non capisco, perchè coinvolge anche miei amici, più o meno d'accordo con me: la conoscenza.

La domanda che ti voglio fare Epicuro è ma perchè per te, per esempio, la conoscenza è così importante?

Voglio dire al di là del fatto che noi viviamo all'interno delle formule e degli oggetti che essa crea? perchè renderla un concetto astratto? quale è l'utilità contemporanea di fare una operazione del genere?

E' per bissare quello che già Galileo riteneva di aver raggiunto, quindi per una modalità di piacere personale o altro?
Vai avanti tu che mi vien da ridere

sgiombo

X Epicurus

Correggo un banale errore nell' ultima risposta:

[La questione é] quella del credere che la forza di gravità (e in generale le leggi scientifiche) sia teoricamente indubitabile o meno. E non é razionale fino in fondo credere che la sia (e non: che non la sia).

*************************************

Credo di aver capito la tua ultima argomentazione espressa in maniera formale astratta.
Non si riferisce alla certezza dell giudizio sintetico a priori circa sensazioni presentemente in atto in quanto tali (apparenze fenomeniche non interpretate), ma alla dubitabilità di ogni giudizio sintetico a posteriori eccetto tale caso (quasi "il contrario")!

L' errore sta nel confondere i giudizi analitici a priori, che nella teoria dello "scetticismo sgiombiano" sono certi (ma sterili circa la conoscenza -di come é-accade o meno la realtà, precisazione pleonastica) con i giudizi sintetici a posteriori; che, se veri, costituiscono conoscenza (di come é-accade o meno la realtà):
il dubbio scettico é razionalmente insuperabile circa questi, e non circa quelli (il dubbio insuperabile razionalmente concerne i giudizi sintetici a posteriori -salvo la solita del tutto effimera eccezione- e dunque non é inferibile da esso che sia insuperabilmente dubbio il giudizio analitico a priori, che nulla dice di come la realtà é-diviene o meno, "i giudizi sintetici a posteriori sono insuperabilmente dubbi").

*************************************

Mi sembra che tu continui a confondere il piano della teoria più o meno razionale con quello della pratica più o meno ragionevole.

Comunque non riuscendo, malgrado sforzi inauditi, a farti comprendere i limiti della razionalità umana (che significa essere più conseguentemente razionalisti che ignorarli coltivando in proposito pie illusioni) e in particolare la insuperabile dubitabilità scettica della conoscenza scientifica e non avendo d' altra parte la vocazione del missionario del razionalismo conseguente fino in fondo, mi accontento di essere io stesso, per quanto mi riguarda, razionalista del tutto conseguente: continua pure a coltivare in santa pace le tue beate illusioni di certezza teorica.

sgiombo

X Green Demetr
 
(Rispondo anche se non direttamente interpellato perché l' argomento mi interessa).
 
Mi pare che i colori (da Locke in poi), non essendo direttamente misurabili quantitativamente (ma solo indirettamente come frequenze, ampiezze, ecc. di onde elettromagnetiche), siano considerati parte delle qualità secondarie; mentre invece quelle quantitativamente misurabili (al di là delle immediate impressioni soggettive che possono provocare), come la velocità (zero in caso di quiete, diversa da zero in caso di moto), la temperatura (l' essere più o meno caldi o freddi dei corpi) e la massa (l' essere più o meno pesanti o leggeri) siano considerate qualità primarie.
 
Le osservazioni empiriche operate nell' ambito della scienza e le scale di riferimento cui si riferiscono, come ad esempio il meridiano terrestre nel caso del metro, (postulate come vere alcune tesi indimostrabili; fatto che mettoe insuperabilmente in dubbio la conoscenza scientifica stessa, ad essere razionalisti conseguenti fino in fondo) sono intersoggettive e non affatto del tutto avulse dal nostro percepire (intersoggettivo).
Dunque le verità scientifiche (nell' ipotesi che siano vere alcune tesi indimostrabili) non sono interpretazioni arbitrarie della realtà (materiale naturale; che non esaurisce la realtà in toto), ma descrizioni veritiere di qualcosa di reale e intersoggettivo (per quanto non in sé ma fenomenico); e la realtà (materiale naturale; che non é la realtà in toto), unica, é quella che tutti intersoggettivamente constatiamo (purché la osserviamo nei modi appropriati).
 
Per me (non credo per Epicuro cui rivolgi la domanda, da quello che ne leggo) la conoscenza é così importante (anche; oltre che per le possibili, spesso utilissime, talora dannosissime, applicazioni pratiche) perché ho il desiderio fortissimo di acquisirla (nella maggior misura possibile): la sua ricerca é (anche) fine a se stessa.

epicurus

1. Io ritengo che anche quando dico "Qui e ora mi sembra di vedere un gatto" possa sbagliarmi. E intendo proprio dire che sbaglio alla lettera, su ciò che mi sembra (e non su ciò che è). Cioè proprio nel momento che sto esperendo sbaglio a descrivere quello che mi pare di aver visto. Ma, ammesso e non concesso, che su questo punto tu abbia ragione, come tu dici, sarebbe una questione effimera, poco interessante, nell'economia generale di questa discussione. Quindi, se per te non è un problema, (almeno per il momento) accantonerei la questione.

2. Nei linguaggi naturali i parlanti usano l'espressione "io sono certo" per esprimere il fatto che sono stati garantiti degli standard epistemici più alti del normale. Quindi non usano "io sono certo" per intendere, come fai tu, "impossibilità logica di essere in errore". Questo è un punto importante, ma appena riconosciuto il problema è bello che risolto: puoi proporre un termine tecnico, tipo "supercerto", che significa proprio quello che vuoi tu.
[Detto tra parentesi, ha senso limitare il dominio di "infallibile", infatti posso dire che io sono infallibile a riconoscere i mentitori, ma fallibilissimo in tutti gli altri campi della conoscenza. Tra l'altro mi riferivo proprio ad una tesi gnoseologica famosa: https://en.wikipedia.org/wiki/Infallibilism]

3. Tu dici <<il generico e banale "errare humanum est" é tutt' altra cosa che l' insuperabile dubitabilità dell' induzione e della conoscenza scientifica>>. Ok, sono questioni differenti, ma dal tuo punto di vista devi tener presente anche l'errore sistematico e generalizzato. E qui subentrano i problemi: il gettarti giù non modifica di una virgola le tue certezze, corretto?

4. Naturalmente non ho mai pensato che tu sia malato di mente, anzi, tutt'altro. Quello che io ho detto è che la tua superrazionalità implica l'infermità mentale, e lo hai detto pure tu... che per vivere la vita di tutti i giorni si deve essere fideisti, cioè non essere razionali. Un superrazionalista puro sarebbe infermo mentalmente, anzi, sarebbe morto in pochissimo tempo. Ecco è in questo che io vedo una riduzione all'assurdo della tua concezione della razionalità: non vedo come possa essere chiamata "razionalità" ciò che ha tali conseguenze.

5. Tu dici che sei in grado di distinguere opzioni epistemicamente buone da quelle meno buone, e su questo ne sono ben convinto. Ma solo perché non segui fino in fondo la tua concezione di razionalità. E qui c'è il paradosso: tu ti comporti in modo razionale (cioè nel modo che tutti direbbero razionale) in quanto ti comporti fideisticamente. A me tutto ciò pare assurdo. Non solo la tua concezione di razionalità non discrimina bene le opzioni (sono tutte sullo stesso piano se queste sono logicamente consistenti), ma non ti aiuta neppure a capire quando usare la tua superazionalità e quando invece serve una razionalità più pratica...

6. Tu scrivi: "Dove averi mai considerato l' ipotesi che cadendo dal 100° piano si potrebbe sopravvivere (se non con una probabilità infima e con ..."moltissimo culo", cosa che preciso solo ora perché mai in questa discussione mi sono posto il problema) ? ! ? ! ? !". Lo deduco dalla tua teoria, e se mi sono sbagliato mi scuso. Ma mi pare che, seguendo la tua teoria, non puoi dire di essere sicuro che cadendo dal 100° piano tu muoia, non solo, bisogna sospendere il giudizio a riguardo perché è logicamente possibile che si sopravviva. Dico male?
E, dal punto della tua superazionalità, non puoi neppure parlare di probabilità, perché (come tu hai già detto) non si può parlare di probabilità sul cambiamento delle leggi fisiche, oppure la nostra memoria potrebbe ingannarci, oppure potrebbe essere un sogno, ecc.... Quindi dobbiamo limitarci a sospendere il giudizio ad essere rigoroso (cioè superazionalisti) su praticamente tutto.

7. Riguardo alla tua tesi, il razioscetticismo sgiombiano, dici "Non sospendo il giudizio perché é una predicazione analitica a priori". Ma come ti ho detto, l'argomentare la tua tesi comporta molte parole, e non si può essere (super-)certi che non si sia commesso un qualche errore da qualche parte, no? Inoltre, come ho già scritto, la tua tesi richiede del tempo per svilupparsi, e in tale tempo la tua memoria potrebbe ingannarti. Non sei quindi d'accordo che la tua tesi potrebbe essere sbagliata? E se è così, non essendo possibile escludere in modo (super-)certo che sia falsa, non dovremmo sospendere il giudizio su di essa? (Oltre al fatto che, per la tua stessa tesi, non puoi escludere che, per esempio, tutte le altre persone siano in realtà onniscienti e quindi infallibili... e perciò la tua teoria non sarebbe una teoria generale, ma funzionerebbe solo su di te.)

epicurus

Citazione di: green demetr il 14 Aprile 2018, 09:31:22 AM
Epicuro caro robot,
Ciao  ;D

Citazione di: green demetr il 14 Aprile 2018, 09:31:22 AMSe io ti chiedo hai freddo? uno mi dice no, l'altro sì.
Perché il sentire freddo o meno riguarda, appunto, una sensazione. E visto che le persone hanno sensazioni differenti, è corretto che una persona risponda in modo diversa dall'altra. Se la persona descriverà correttamente la propria sensazione, allora dirà il vero, altrimenti il falso.

Citazione di: green demetr il 14 Aprile 2018, 09:31:22 AMNon esiste verità assoluta.
Non so cosa intendi per "verità assoluta". Io parlo di " semplice verità".

Citazione di: green demetr il 14 Aprile 2018, 09:31:22 AMIo parlo di avanzamento delle conoscenze quando vi è una utilità, che però va tarata rispetto a chi tale utilità la usa e la riconosce, per se, e non per altri, effettivamente utile.
Io invece parlo di avanzamento della conoscenza quando aumentiamo le verità che noi abbiamo scoperto. E per verità intendo l'accertamento di come stanno i fatti. Ma qui stiamo andando offtopic: la questione discussa qui non è ontologica, bensì gnoseologica.

Citazione di: green demetr il 14 Aprile 2018, 09:31:22 AM
La domanda che ti voglio fare Epicuro è ma perchè per te, per esempio, la conoscenza è così importante?
Perché il fatto di conoscere e riconoscere il vero è il prerequisito di ogni discussione e del poter vivere.

Citazione di: green demetr il 14 Aprile 2018, 09:31:22 AMperchè renderla un concetto astratto? quale è l'utilità contemporanea di fare una operazione del genere?
Io non parlo di "verità assolute", ma di verità semplici (nei miei esempi parlo di gatti, tavoli, e altre cose non astratte)... quindi la tua obiezione mi sorprende.

viator

Salve. Nessuna delle conoscenze acquisite e quindi accumulate dall'uomo ha mai fornito una qualche verità, certezza, o ci ha fatto conoscere la realtà. Possiamo star tranquilli che succederà così anche in futuro. Perciò un pessimista potrebbe sostenere che l'accumulo delle conoscenza consiste nel continuo aumento delle dubbiosità tra le quali ci dobbiamo aggirare. Ed avrebbe pure ragione.

Ma il fatto importante non è la generazione di nuove conoscenze che generino automaticamente nuovi dubbi.

La funzione ed il senso - stavolta per nulla pessimistico - dell'aumento delle conoscenze consiste nel fornire sempre maggiori possibilità di scelta tra un crescente numero di ipotesi, tutte rigorosamente relative e dubitabili.

Sapere che esiste l'America è conoscenza che di per sé è forse indifferente per chi non ci andrà mai. La cosa sarebbe pure dubitativa poiché (come qualcuno sostiene circa lo sbarco sulla Luna) l'America e le informazioni ed immagini che arrivano da essa potrebbero essere invenzione e sceneggiatura di qualcuno.
Ma prima della scoperta dell'America nessuno in Europa aveva dell'America nozione e conoscenza e quindi non poteva sfruttare la possibilità di trasferirvisi per cercare di migliorare la propria vita.

Ecco quindi che la conoscenza - mentre non può migliorare la condizione esistenziale complessiva di ciascuno (andando in America si può anche andare a stare peggio) - ha la funzione di creare nuove possibilità, nuove opportunità. Di dilatare le scelte possibili.

D'altra parte, scusate, se le nuove conoscenze fornissero solo granitiche certezze....una volta che avessimo accumulato un sufficiente numero di certezze soddisfacenti non avremmo più bisogno di cercare altre conoscenze-certezze ed il mondo umano si fermerebbe, cioè morirebbe.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#57
Citazione di: viator il 16 Aprile 2018, 13:06:01 PM
D'altra parte, scusate, se le nuove conoscenze fornissero solo granitiche certezze....una volta che avessimo accumulato un sufficiente numero di certezze soddisfacenti non avremmo più bisogno di cercare altre conoscenze-certezze ed il mondo umano si fermerebbe, cioè morirebbe.
Se giungessimo alla verità avremmo perso quel potente motore che ci ha spinto ad essa.
Ma questa non sarebbe la fine della storia.
Infatti potremmo tornare sui nostri passi per rifare meglio quel che fin qui abbiamo fatto fra mille dubbi e incertezze , anche se questo far meglio non era il nostro scopo dichiarato , a meno che quella verità in qualche modo non ci renda impossibile il ritorno , avendoci reso diversi da quel che siamo o crediamo di essere.
Sicuramente il raggiungimento della verità è la fine di una storia , ma non della storia.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

sgiombo

Citazione di: epicurus il 16 Aprile 2018, 11:03:46 AM
1. Io ritengo che anche quando dico "Qui e ora mi sembra di vedere un gatto" possa sbagliarmi. E intendo proprio dire che sbaglio alla lettera, su ciò che mi sembra (e non su ciò che è). Cioè proprio nel momento che sto esperendo sbaglio a descrivere quello che mi pare di aver visto. Ma, ammesso e non concesso, che su questo punto tu abbia ragione, come tu dici, sarebbe una questione effimera, poco interessante, nell'economia generale di questa discussione. Quindi, se per te non è un problema, (almeno per il momento) accantonerei la questione.
CitazionePersonalmente la trovo una questione interessantissima (riguarda i limiti della razionalità umana, che é un argomento che mi interessa moltissimo).

Per definizione se (mi) accade l' esperienza di "sembrarmi di vedere un gatto" (anche se in realtà vi fossero due gatti, oppure a sembrarmi un gatto fosse una lince; e anche se si trattasse di un sogno o un' allucinazione) e inoltre accade che penso o dico: "(mi) sembra di vedere un gatto", allora certamente accade (ho) una conoscenza (vera).

N.B.: questa é una deduzione corretta (se realmente la é; essendo sempre banalmente vero che "errare humanum est") da premesse, un giudizio analitico a priori logicamente corretto, che inevitabilmente "paga" la sua certezza con la sua sterilità conoscitiva (mentre i giudizi sintetici a posteriori inevitabilmente "pagano" la loro -possibile- fecondità conoscitiva con la loro incertezza): non sto dicendo nulla su (non ho alcuna conoscenza di) come é-diviene o meno la realtà (potrebbe anche accadere che, poiché la deduzione si svolge in un lasso di tempo finito, la memoria mi inganni e di fatto non stia deducendo in realtà tale deduzione da tali premesse: che ciò accada realmente o meno é un' altra questione), ma sto solamente parlando di un (ipotetico) giudizio analitico a priori o deduzione logica: se effettivamente la si fa (dunque, fra l' altro, se nel caso di essa la memoria non ci inganna), allora la verità della conclusione é certa.

E non trattandosi di un giudizio sintetico a posteriori, ovvero non trattandosi di conoscenza (della realtà), la sua certezza non inficia e non supera lo scetticismo, il quale é dubbio (sospensione del giudizio) circa la (eventuale) conoscenza di come é-diviene o meno la realtà (e non circa la certezza delle conclusioni logiche correttamente tratte da premesse ipotetiche).

2. Nei linguaggi naturali i parlanti usano l'espressione "io sono certo" per esprimere il fatto che sono stati garantiti degli standard epistemici più alti del normale. Quindi non usano "io sono certo" per intendere, come fai tu, "impossibilità logica di essere in errore". Questo è un punto importante, ma appena riconosciuto il problema è bello che risolto: puoi proporre un termine tecnico, tipo "supercerto", che significa proprio quello che vuoi tu.
[Detto tra parentesi, ha senso limitare il dominio di "infallibile", infatti posso dire che io sono infallibile a riconoscere i mentitori, ma fallibilissimo in tutti gli altri campi della conoscenza. Tra l'altro mi riferivo proprio ad una tesi gnoseologica famosa: https://en.wikipedia.org/wiki/Infallibilism]
CitazioneLasciando da parte le questioni meramente terminologiche, cioé i casi nei quali affermiamo le stesse cose con parole diverse (usando il limgiaggio corrente oppure un linguaggio rigorosamente stabilito), vengo al "sodo".

Ha sì senso il concetto di infallibilità (dei giudizi) circa il profferire certi determinati argomenti e non altri, ma non relativamente al profferire un unico giudizio: questo può essere vero o falso, esatto o sbagliato, certo o incerto, mentre "infallibile" significa "che non sbaglia mai (sia pure eventualmente circa argomenti limitati o "circoscritti")", e non "che non ha sbagliato una volta sola".

Infallible =/= certo.

3. Tu dici <<il generico e banale "errare humanum est" é tutt' altra cosa che l' insuperabile dubitabilità dell' induzione e della conoscenza scientifica>>. Ok, sono questioni differenti, ma dal tuo punto di vista devi tener presente anche l'errore sistematico e generalizzato. E qui subentrano i problemi: il gettarti giù non modifica di una virgola le tue certezze, corretto?
CitazioneCerto che ne tengo conto.
E certo che il gettarmi o meno non modifica di una virgola le mie incertezze.
Ma ce c' entra?


4. Naturalmente non ho mai pensato che tu sia malato di mente, anzi, tutt'altro. Quello che io ho detto è che la tua superrazionalità implica l'infermità mentale, e lo hai detto pure tu... che per vivere la vita di tutti i giorni si deve essere fideisti, cioè non essere razionali. Un superrazionalista puro sarebbe infermo mentalmente, anzi, sarebbe morto in pochissimo tempo. Ecco è in questo che io vedo una riduzione all'assurdo della tua concezione della razionalità: non vedo come possa essere chiamata "razionalità" ciò che ha tali conseguenze.
CitazioneQui si ratta di differenze meramente terminologiche; e mi sembra che siamo riusciti a "tradurcele" reciprocamente in maniera abbastanza soddisfacente.

5. Tu dici che sei in grado di distinguere opzioni epistemicamente buone da quelle meno buone, e su questo ne sono ben convinto. Ma solo perché non segui fino in fondo la tua concezione di razionalità. E qui c'è il paradosso: tu ti comporti in modo razionale (cioè nel modo che tutti direbbero razionale) in quanto ti comporti fideisticamente. A me tutto ciò pare assurdo. Non solo la tua concezione di razionalità non discrimina bene le opzioni (sono tutte sullo stesso piano se queste sono logicamente consistenti), ma non ti aiuta neppure a capire quando usare la tua superazionalità e quando invece serve una razionalità più pratica...
CitazioneQui continui a confondere conoscenza teorica pura (razionale) della non razionalmente superabile dubitabilità o incertezza dell' induzione e della conoscenza scientifica da una parte e ragionevolezza (dei comportamenti pratici; che implica credenze fideistiche indimostrabili, teoricamente dubbie) dall' altra.

Probabilmente la questione (filosofica) non é per te di alcun interesse, mentre per me é importantissima in quanto é quella della consapevolezza o meno dei limiti della razionalità (umana; e conseguentemente della conoscenza scientifica), ignorando i quali secondo me non si é conseguentemente razionalisti fino in fondo: per me il fatto di saperlo (evitando di coltivare beate illusioni) é della massima importanza e soddisfazione (per te invece mi pare del tutto irrilevante).

La ragionevolezza pratica serve per l' appunto nella pratica, il razionalismo conseguente nella teoria (per chi intenda essere razionalista conseguente come me, ovviamente).

6. Tu scrivi: "Dove averi mai considerato l' ipotesi che cadendo dal 100° piano si potrebbe sopravvivere (se non con una probabilità infima e con ..."moltissimo culo", cosa che preciso solo ora perché mai in questa discussione mi sono posto il problema) ? ! ? ! ? !". Lo deduco dalla tua teoria, e se mi sono sbagliato mi scuso. Ma mi pare che, seguendo la tua teoria, non puoi dire di essere sicuro che cadendo dal 100° piano tu muoia, non solo, bisogna sospendere il giudizio a riguardo perché è logicamente possibile che si sopravviva. Dico male?
E, dal punto della tua superazionalità, non puoi neppure parlare di probabilità, perché (come tu hai già detto) non si può parlare di probabilità sul cambiamento delle leggi fisiche, oppure la nostra memoria potrebbe ingannarci, oppure potrebbe essere un sogno, ecc.... Quindi dobbiamo limitarci a sospendere il giudizio ad essere rigoroso (cioè superazionalisti) su praticamente tutto.
CitazioneNo, secondo "la mia teoria" non solo é dubbio in teoria che cadendo dal 100° piano si ha un' elevata probabilità di farsi molto male, ma anche che gettandosi dalla finestra del 100° piano si precipiti a terra anziché schizzare verso il cielo (in pratica mi guardo bene dal farlo perché credo infondatamente, fideisticamente -e me ne rendo razionalisticamente conto! Fatto per me, da filosofo, importantissimo!- che precipiterei al suolo e avrei elevatissime probabilità d farmi molto male).

Esatto: dobbiamo limitarci a sospendere il giudizio ad essere rigorosi (cioè conseguentemente razionalisti) su praticamente tutto ciò che riguarda la conoscenza della realtà (non, analiticamente a priori, sulle deduzioni logiche).

(In pratica nessuno che sia comunemente considerato sano di mente si comporta per lo meno come se non fosse rigoroso e se credesse nella verità del' induzione; ma questa é un' altra questione).
7. Riguardo alla tua tesi, il razioscetticismo sgiombiano, dici "Non sospendo il giudizio perché é una predicazione analitica a priori". Ma come ti ho detto, l'argomentare la tua tesi comporta molte parole, e non si può essere (super-)certi che non si sia commesso un qualche errore da qualche parte, no? Inoltre, come ho già scritto, la tua tesi richiede del tempo per svilupparsi, e in tale tempo la tua memoria potrebbe ingannarti. Non sei quindi d'accordo che la tua tesi potrebbe essere sbagliata? E se è così, non essendo possibile escludere in modo (super-)certo che sia falsa, non dovremmo sospendere il giudizio su di essa? (Oltre al fatto che, per la tua stessa tesi, non puoi escludere che, per esempio, tutte le altre persone siano in realtà onniscienti e quindi infallibili... e perciò la tua teoria non sarebbe una teoria generale, ma funzionerebbe solo su di te.)
CitazioneNon si può essere certi che si sia effettivamente fatta una deduzione corretta o meno, anche (non solo) per la fallibilità della memoria (giudizio sintetico a posteriori circa come é-diviene o meno la realtà).
Ma si può essere certissimi che se la si fa, allora la conclusione dalle premesse é certa (certamente vera).

Il giudizio lo dobbiamo sospendere sulla circostanza di fatto reale o meno che la deduzione sia stata effettivamente fatta, e fatta correttamente.
Non sulla sua verità nel caso (ipotetico) sia fatta (in qualsiasi tempo).

Il fatto di non sapere (con certezza; di dubitare, sospendere il giudizio in proposito) se esistono o meno delle altre persone e se -nel caso- siano tutte o in parte onniscienti (ipotesi decisamente cervellotica, di scarsissimo interesse per me) rientra nell' insuperabilità razionale dello scetticismo. 

sgiombo

@ Epicurus

vorrei far notare in conclusione che

Il giudizio analitico a priori "i giudizi analitici a priori sono certi (certamente veri; ovviamente se condotti correttamente: errare humanum est)" é un' affermazione "positiva", che dunque non ha alcuna analogia formale col paradosso del mentitore "io mento"; ha una struttura formale piuttosto simile all' affermazione contraria, "io dico il vero", la quale non ha nulla di paradossale.

Mentre invece dei giudizi analitici a priori "i giudizi sintetici a posteriori sono insuperabilmente dubbi (la loro verità é dubbia)", "tranne il caso effimero della (eventuale; ed eventualmente indenne da errori di memoria nel suo svolgersi) predicazione immediata di apparenze fenomeniche (sensibili) presentemente in atto in quanto meramente tali (non interpretate in a alcun modo)", il primo esprime un concetto "negativo" (la non-certezza dei giudizi sintetici a posteriori, della conoscenza della realtà (mentre il secondo rileva una eccezione al primo), e però contrariamente al paradosso del mentitore, non é riflessivo o autoreferenziale: é un giudizio analitico a priori che non predica negativamente circa se stesso ma circa i giudizi sintetici a posteriori: in un certo senso é espresso in un metalinguaggio (analitico a priori) circa un diverso linguaggio (sintetico a posteriori)".
Non é una pretesa affermazione autoconfutantesi.

Noto questo perché in una delle sue obiezioni (all' incertezza dei giudizi sintetici a posteriori) mi sembra di "intravedere" una (errata, se così fosse) sottintesa allusione al paradosso del mentitore.

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