Il mito dell'autorealizzazione

Aperto da cvc, 01 Giugno 2016, 08:51:44 AM

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paul11

Citazione di: Jacopus il 26 Giugno 2016, 13:33:22 PMNon entro nella discussione in se'. Vorrei solo precisare che la psicoanalisi classica, ovvero quella freudiana fa nascere la civilta' dalla repressione dei desideri di potere (uccisione del padre) e dei desideri sessuali (copulare con la madre). Dire che la psicoanalisi e' una sorta di filosofia del "no limits" e' semplicemente falso. Anzi c'e una letteratura abbastanza nota (alice miller) che considera la psicoanalisi una pedagogia "nera" perche' fonda la trasmissione del potere in termini autoritari (poi ovviamente anche la miller e' una psicoanalista ma il canone psicoanalitico e' quello freudiano, almeno ad un certo livello comunicativo).

Eppure c'è qualcosa di vero.
La sublimazione dell'istinto, in questo caso forse è corretto pulsione, viene sublimata, ovvero spostata nel concetto.
Si passa quindi dall'istinto alla ragione e di conseguenza alla civiltà.
Ma penso ci sia necessità a sua volta del senso di colpa e quindi di una morale che lo giustifichi.
Si potrebbe dire il piacere istintivo diventa il bene e il male.
Sono sicuro che piacerebbe a Nietzsche e a mio parere rappresenta proprio il passaggio dal dionisico all'apollineo,
in fondo non è il complesso di Edipo, ovvero la tragedia di Sofocle chiave entrambi per la psicoanalisi e il perido greco di costituzione di una civiltà?

L'autorealizzazione può essere posiitiva o negativa, ma è una morale che ne dà il giudizio,

Jacopus

CitazioneEppure c'è qualcosa di vero.
La sublimazione dell'istinto, in questo caso forse è corretto pulsione, viene sublimata, ovvero spostata nel concetto.
Si passa quindi dall'istinto alla ragione e di conseguenza alla civiltà.
Ma penso ci sia necessità a sua volta del senso di colpa e quindi di una morale che lo giustifichi.
Si potrebbe dire il piacere istintivo diventa il bene e il male.
Sono sicuro che piacerebbe a Nietzsche e a mio parere rappresenta proprio il passaggio dal dionisico all'apollineo,
in fondo non è il complesso di Edipo, ovvero la tragedia di Sofocle chiave entrambi per la psicoanalisi e il perido greco di costituzione di una civiltà?

L'autorealizzazione può essere posiitiva o negativa, ma è una morale che ne dà il giudizio,

Non saprei. Secondo me Nietzsche e Freud sono per certi aspetti molto lontani. Una linea comune però c'è anche se non la vedo in quella di Paul. Entrambi smascherano i "buoni sentimenti" e le "magnifiche sorti e progressive" della borghesia del XIX secolo. In questo senso sono molto più vicini a me di tutta la filosofia che scaturisce dall'illuminismo, fino a Marx e al positivismo e neo-positivismo.
Però l'uno (N.) lo fa rievocando un passato mitico di forza naturale che non deve vergognarsi del suo potere, mentre l'altro (F.) tende a riequilibrare la visione pessimistica che ha dell'uomo con le facoltà terapeutiche della Civilizzazione, denotando pertanto in termini negativi la sopraffazione dell'uomo sull'uomo. In Freud, il piacere istintivo non è mai un bene. L'uomo va addomesticato attraverso un processo di razionalizzazione che non ha però mai fine. E' il processo in sè, di analisi, a svolgere una funzione contraria all'istinto e al soddisfacimento immediato dei desideri e di svelamento di quelli più inconfessabili.
Insomma la chiave pedagogica di Freud resta all'interno della famiglia romano-ellenistica ma passata al setaccio giudaico-cristiano, mentre Nietzsche affronta il problema alla radice e capovolge i termini di paragone, costruendo qualcosa di filosoficamente piuttosto innovativo. 
Un'altra differenza consiste nel metodo, Freud parte da presupposti scientifici e ha sempre valutato la sua teoria come migliorabile e modificabile alla luce dell'esperienza scientifica (in realtà ha predicato bene ma razzolato male). Freud era in questo molto più positivista di Nietzsche, il filologo. Eppure Freud, da una diversa prospettiva si pone in termini di ambivalenza della situazione umana e non a caso la sua teoria più nota nasce dall'esame di una tragedia greca. Nietzsche invece affronta il tema antropologico partendo anche lui dall'antica Grecia ma negando l'ambivalenza della condizione umana. Quando l'uomo abbandonerà la filosofia del risentimento spiegherà la sua forza "apollinea" e i "servi" in fondo saranno felici anche loro, perché i ruoli saranno finalmente legittimati sub specie philosophie.
Non vado oltre perchè ho una conoscenza superficiale di Nietzsche di cui ho letto solo due o tre libri, fra cui l'imprescindibile Genealogia della morale e lascio la parola agli altri.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

doxa

Sappiamo che siamo nati, sappiamo che moriremo, nello spazio temporale che ci è concesso di vivere chi può, chi ci riesce, cerca l'autorealizzazione. L'individuo consapevole, che conosce se stesso e sa cosa vuole è motivato ad agire per conseguire le sue aspirazioni, per realizzare il suo "progetto di vita", che non è statico ma evolve nel tempo tramite le esperienze, la determinazione, la fede, l'impegno, il coraggio. 


Autorealizzarsi o rimanere dove si è insieme ai rimorsi ed ai rimpianti ?

Spesso non è tanto importante ciò che si realizza, è il "viaggio" che conta.


Provare ad essere felici è un diritto, ma soprattutto un dovere per non morire spiritualmente, lentamente....

"Lentamente muore" dice in una sua poesia la giornalista e scrittrice brasiliana Martha Medeiros, che l'ha pubblicata l'1 novembre del 2000 sul quotidiano "Zero Hora", edito a Porto Alegre.

 

La poesia evoca la filosofia del "yourself it" ed è titolata "A morte Devagar", ma in Italia è conosciuta col titolo "Ode alla vita", oppure "Lentamente muore". In Internet la si trova erroneamente attribuita a Pablo Neruda.  

cvc

Citazione di: sgiombo il 26 Giugno 2016, 09:37:18 AM
Citazione di: cvc il 25 Giugno 2016, 14:51:15 PMCertamente esiste anche un altro tipo di autorealizzazione che consiste nel far quadrare il proprio cerchio. Ma è giusto e credo non scontato capire la differenza fra le due cose, in quanto si tratta di far luce sulle proprie aspirazioni, le quali influenzeranno la nostra volontà. È  il tema  della scelta dei desideri: valutare ciò che si desidera prima di desiderarlo convintamente. Ma mi pare che domini la convinzione per cui il desiderio sia un fatto del tutto spontaneo, per cui uno non può farci niente se desidera questo invece di quello. Così se all'improvviso desidero una bella e giovane fanciulla, al diavolo dieci o venti o trenta anni di matrimonio! Che ci posso fare se la desidero? Questo e ciò che mi pare di riscontrare nel modo di pensare dei più e al quale sono contrario. O cerco di esserlo, perché non è facile. Quello della fanciulla è solo un esempio.
Citazione di: cvc il 25 Giugno 2016, 14:51:15 PM
NON E' UNA CITAZIONE DI CVC BENSI' LA RISPOSTA DI SGIOMBO:

Felicità = soddisfazione di desideri;  infelicità = insoddisfazione di desideri.


I desideri avvertiti eccedono sempre i desideri soddisfabili.

Dunque la felicità  non può che essere sempre (se e quando c' é) relativa, parziale-

Saggezza = capacità di valutare correttamente gli alterrnativi insiemi complessivamente soddisfabili, la loro forza totale o complessiva onde scegliere di soddisfare l' insieme realisticamente possibile complessivamente più forte (= tale da dare in quanto soddisfatto la felicità maggiore) e inoltre capacità di valutare i mezzi che nelle circostanze oggettive date:
a) rendono ciascun insieme di desideri soddisfabile o meno:
b) costituiscono le condizioni di soddisfazione di quelli soddisfabili.

("Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca")

Il punto "b" della saggezza é relativamente più facile da conseguirsi in quanto nel mondo materiale (res exetensa) in cui si agisce é possibile compiere misurazioni vere e proprie e dunque da una parte ottenerne una conoscenza scientifica delle leggi del divenire, applicando la quale alle condizioni in cui ci si trova si conseguono gli insiemi realistici di scopi che si scegliere di perseguire (che ci si prefigge); e dall' altra parte misurare l' entità dei risultati (per esempio si può misurare quanti chili di un oggetto desiderato -per fare un' esempio molto banale oro- si possono ottenere facendo un certo lavoro che da una certa retribuzione e ha certi costi.

Ovviamente é sempre possibile sbagliare nel praticare il punto "b", anche perché spessissimo (anzi: di regola!) si danno condizioni nelle quali si agisce perseguendo determinati scopi attraverso determinati mezzi sono estremamente complessi e non é possibile avere una misurazione certa, precisa e completa di tutti i fattori in gioco (che oltretutto spesso sono fattori umani, rientranti nel punto "a" relativo ad altre persone con le quali si é inevitabilmente in relazione).

Ma il punto "a" é di regola molto più difficile da conseguirsi adeguatamente per il fatto che i nostri desideri (positivi e negativi, che qualcosa accada e che qualcos' altro non accada) essendo res cogitans, non sono propriamente misurabili istituendo fra di essi rapporti espressi da numeri.

Per restare al tuo esempio, mentre posso letteralmente "pesare" (= misurare) in chili, etti o grammi l' oro che posso permettermi di comprare con una certa somma di denaro, invece le soddisfazioni che posso trarre da una relazione con una giovane ed eccitantissima amante che mi si concede e le sofferenze che rischio di subire dalla probabile fine dei miei complessivamente felici dieci o veri o trent' anni di matrimonio le posso solo vagamente "ponderare" (e non propriamente misurare): probabilmente le prime saranno minori delle seconde (almeno nel mio personale caso quasi sicuramente; l' incertezza dipende solo dalla vaghezza dell' ipotesi "eccitantissima amante": in linea di principio se fosse "eccitante oltre un certo grado" la felicità che potrebbe darmi potrebbe anche superare l' infelicità rischiata con la possibile fine del matrimonio; la quale -per la cronaca- dipende ovviamente anche dal sentirmi in colpa per avere agito ingiustamente verso mia moglie e disonestamente); ma non posso certo stabilire di quanto saranno minori. Mentre con 100 euro so che potrò comprare 5 grammi di oro e in alternativa 20 grammi di argento (cifre del tutto casuali e di fatto probabilmente sballatissime: di acquisti di oro e di argento non me ne é mai fregato niente!), l' infelicità che rischio in caso di fine del matrimonio di quanto é maggiore della felicità che ottengo dalla relazione con la giovane piacevolissima fanciulla? tre volte maggiore? Cento volte maggiore? maggiore del 15%???

Comunque sia, credo che il razionalismo, cioé il cercare da una parte di analizzare scientificamente e di calcolare quanto più possibile gli elementi materiali (almeno in linea di principio misurabili quantitativamente e calcolabili) e dall' altra di "ponderare" il più attentamente e attendibilmente possibile l' entità di gioie e dolori ottenibili dai reciprocamente alternativi insiemi di desideri realisticamente soddisfabili complessivamente sia l' atteggiamento migliore per cercare di essere quanto più felici e realizzati possibile (senza pretendere alcuna impossibile "beatitudine paradisiaca" ma destreggiandosi al meglio -ovvero al meno peggio- fra gli inevitabili "alti e bassi" della vita).

Mentre l' irrazionalistica e assolutamente non realistica pretesa di soddisfare sempre e comunque acriticamente qualsiasi desidero avvertito sia il migliore modo per non autorealizzarsi e per precipitare verso l' infelicità.
E che sia l' atteggiamento che gli attuali assetti sociali "capitalistici in avanzato stato di putrefazione" (intrinsecamente irrazionalistici), come mi piace definirli, di fatto tendono a diffondere e a promuovere.
E che già a cavallo fra otto e novecento, allorchè la "putrefazione" degli assetti sociali era già iniziata, il sorgere (e ancor più il successivo diffondersi in occidente ) della psicoanalisi, con la sua pretesa che ogni pulsione vada soddisfatta in quanto il reprimerla sarebbe psicopatogeno. ne siano stati e ne siano un' evidente dimostrazione.
La felicità è relativa in quanto non può essere una sorta di animale insaziabile e onnivoro che divora tutto ciò che stimola il suo appetito. L'uomo non è un buco nero che risucchia al suo interno tutto ciò che gli si presenta. È, o dovrebbe essere, un essere discriminante che sa di dover avere delle preferenze perché le sue azioni hanno una conseguenza soprattutto su se stesso. Se esistono desideri soddisfabili e desideri insoddisfabili, il saggio saprà che per raggiungere la sua felicità dovrà perseguire i primi e astenersi dai secondi. La felicità che qui s'intende è la serenità dell'animo, non certo quella egotista e libidinosa che si sbandiera da più parti, e nemmeno la mollezza della faciloneria che ci fa pensare che tanto tutto andrà bene in ogni caso. Questo è quello che hanno predicato, seppure per vie diverse, stoici ed epicurei.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

cvc

Citazione di: Phil il 26 Giugno 2016, 12:14:11 PM
Citazione di: cvc il 25 Giugno 2016, 14:51:15 PMÈ  il tema  della scelta dei desideri: valutare ciò che si desidera prima di desiderarlo convintamente. Ma mi pare che domini la convinzione per cui il desiderio sia un fatto del tutto spontaneo, per cui uno non può farci niente se desidera questo invece di quello. Così se all'improvviso desidero una bella e giovane fanciulla, al diavolo dieci o venti o trenta anni di matrimonio!
Distinguerei fra l'avere un desiderio e scegliere se realizzarlo; l'agognata maturità personale dell'auto-gestione è forse tutta qui... sull'istintività-dei-desideri vs la scelta-dei-desideri: temo non sia possibile decidere autonomamente di desiderare qualcosa (forse autosuggestionandosi involontariamente?).
Proviamo a fare un esperimento: provo a decidere di desiderare un tè caldo... penso al tè... mi dico che mi farebbe bene e mi darebbe un po' di carica... inizio a prepararlo... poi magari lo bevo anche... eppure il desiderio non è mai nato, ho bevuto il tè perchè ho deciso di berlo, ma senza desiderarlo davvero.
Totalmente diverso è il caso in cui mi ritrovo a pensare "appena torno a casa, mi faccio un bel tè!" (qui c'è il desiderio... poi scelgo se realizzarlo o meno).
[è un esempio banale e generico, ma forse rende l'idea...]

Citazione di: sgiombo il 26 Giugno 2016, 09:37:18 AMFelicità = soddisfazione di desideri; infelicità = insoddisfazione di desideri.
Di passaggio, ricorderei che la felicità non è solo la soddisfazione di desideri (ma forse quell'uguaglianza la poni proprio per identificare meglio il campo parziale della tua analisi).
Se trovo dieci euro per strada sono felice, anche se non ho mai desiderato di trovarli (e non potevo certo desiderarlo prima di uscire di casa in quell'occasione). Talvolta, la felicità e l'infelicità, ci trova senza che fossimo noi a cercarla/desiderarla.


Citazione di: sgiombo il 26 Giugno 2016, 09:37:18 AMI desideri avvertiti eccedono sempre i desideri soddisfabili.
Più che i desideri "soddisfabili", direi che la felicità eccede sempre i desideri "soddisfatti"... se sono una persona concreta e poco sognatrice, posso anche avvertire solo desideri plausibilmente soddisfabili, ma, salvo illuminazioni mistiche (scherzo!), appena li avrò soddisfatti ne produrrò inconsciamente degli altri...

Citazione di: sgiombo il 26 Giugno 2016, 09:37:18 AMDunque la felicità non può che essere sempre (se e quando c' é) relativa, parziale-
Più che quantificare la parzialità della felicità ne quantificherei la durata ridotta: se so di aver passato un esame difficile, in quei brevi momenti, la mia felicità è assolutamente totale, festeggio e sorrido; ma dura poco...


Citazione di: sgiombo il 26 Giugno 2016, 09:37:18 AMil sorgere (e ancor più il successivo diffondersi in occidente ) della psicoanalisi, con la sua pretesa che ogni pulsione vada soddisfatta in quanto il reprimerla sarebbe psicopatogeno.
Non sono esperto di psicoanalisi, ma ti chiederei comunque di confermare questa connotazione: una psicoanalisi scellerata che invita a seguire istinti e pulsioni... lo psicoanalista non dovrebbe aiutare il paziente ad "armonizzarsi", interiormente e con la realtà che lo circonda? Davvero il consiglio principale è "soddisfa le tue pulsioni"? Scusa l'infondata diffidenza, ma, per quel poco che so, mi suona piuttosto strano...
Bisogna vedere se il desiderio è da considerarsi un tutto monolitico che si presenta come un fatto già compiuto. Oppure, ed io dono incline a pensarla così, se i desideri non si sviluppino per fasi, dove vi è una prima fase involontaria in cui il desiderio si affaccia nel nostro animo. Ma poi vi è pure una seconda fase in cui siamo noi a decidere se abbracciarlo o meno.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

cvc

Citazione di: altamarea il 28 Giugno 2016, 00:52:50 AM
Sappiamo che siamo nati, sappiamo che moriremo, nello spazio temporale che ci è concesso di vivere chi può, chi ci riesce, cerca l'autorealizzazione. L'individuo consapevole, che conosce se stesso e sa cosa vuole è motivato ad agire per conseguire le sue aspirazioni, per realizzare il suo "progetto di vita", che non è statico ma evolve nel tempo tramite le esperienze, la determinazione, la fede, l'impegno, il coraggio. 


Autorealizzarsi o rimanere dove si è insieme ai rimorsi ed ai rimpianti ?

Spesso non è tanto importante ciò che si realizza, è il "viaggio" che conta.


Provare ad essere felici è un diritto, ma soprattutto un dovere per non morire spiritualmente, lentamente....

"Lentamente muore" dice in una sua poesia la giornalista e scrittrice brasiliana Martha Medeiros, che l'ha pubblicata l'1 novembre del 2000 sul quotidiano "Zero Hora", edito a Porto Alegre.

 

La poesia evoca la filosofia del "yourself it" ed è titolata "A morte Devagar", ma in Italia è conosciuta col titolo "Ode alla vita", oppure "Lentamente muore". In Internet la si trova erroneamente attribuita a Pablo Neruda. 
L'importante può essere il viaggio ma citando Seneca "Non c'è porto sicuro per il marinaio che non sa dove andare".
Sappiamo che moriremo, ma quante volte ce ne rendiamo veramente conto? Se lo facessimo non ci apparirebbe infinitamente stupido quel nostro accapigliarsi su cose da niente, quando sappiamo che da un momento all'altro ce ne possiamo andare? L'autorealizzazione fa presagire un qualcosa che avverrà nel futuro, ma il nostro destino può compiersi in qualsiasi momento. Quindi non si tratta forse di scalare una montagna, ma di tenersi pronti per la voragine che può improvvisamente spalancarsi sotto i nostri piedi. Ma se si cambia ottica, se si concepisce il nostro corpo come parte del tutto in cui siano immersi, se si riesce a vedere la nostra ragione come uguale a quella del cosmo che ci comprende, se si riesce in tale impresa, allora la morte non è che un fatto del tutto naturale nel dispiegarsi degli eventi che animano il tutto.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Phil

Citazione di: cvc il 28 Giugno 2016, 09:51:59 AM
Citazione di: Phil il 26 Giugno 2016, 12:14:11 PM
Citazione di: cvc il 25 Giugno 2016, 14:51:15 PMÈ  il tema  della scelta dei desideri: valutare ciò che si desidera prima di desiderarlo convintamente. Ma mi pare che domini la convinzione per cui il desiderio sia un fatto del tutto spontaneo, per cui uno non può farci niente se desidera questo invece di quello. 
Distinguerei fra l'avere un desiderio e scegliere se realizzarlo [... ]sull'istintività-dei-desideri vs la scelta-dei-desideri: temo non sia possibile decidere autonomamente di desiderare qualcosa 
Bisogna vedere se il desiderio è da considerarsi un tutto monolitico che si presenta come un fatto già compiuto. Oppure, ed io dono incline a pensarla così, se i desideri non si sviluppino per fasi, dove vi è una prima fase involontaria in cui il desiderio si affaccia nel nostro animo. Ma poi vi è pure una seconda fase in cui siamo noi a decidere se abbracciarlo o meno.
[corsivi miei]
Quindi siamo d'accordo che la volontà della scelta è solo una "riposta" al desiderio già nato e che quindi "uno non può farci niente se desidera questo invece di quello" (cit.); almeno sul momento (a lungo termine può invece tentare di educarsi a rivolgere altrove i suoi desideri...).

sgiombo

#22
Citazione di: cvc il 28 Giugno 2016, 09:41:03 AM
Citazione di: sgiombo il 26 Giugno 2016, 09:37:18 AM
Citazione di: cvc il 25 Giugno 2016, 14:51:15 PMLa felicità è relativa in quanto non può essere una sorta di animale insaziabile e onnivoro che divora tutto ciò che stimola il suo appetito. L'uomo non è un buco nero che risucchia al suo interno tutto ciò che gli si presenta. È, o dovrebbe essere, un essere discriminante che sa di dover avere delle preferenze perché le sue azioni hanno una conseguenza soprattutto su se stesso. Se esistono desideri soddisfabili e desideri insoddisfabili, il saggio saprà che per raggiungere la sua felicità dovrà perseguire i primi e astenersi dai secondi. La felicità che qui s'intende è la serenità dell'animo, non certo quella egotista e libidinosa che si sbandiera da più parti, e nemmeno la mollezza della faciloneria che ci fa pensare che tanto tutto andrà bene in ogni caso. Questo è quello che hanno predicato, seppure per vie diverse, stoici ed epicurei.
CitazioneSono convintamente d' accordo (anch' io ho grande ammirazione e cerco di seguire sia gli antichi stoici che gli antichi epicurei, che ritengo di gran lunga migliori maestri di vita che i moderni psicologi e psichiatri, con le loro pretese di "scientificità").


Condivido convintamente anche quest' altra tua considerazione:
"Bisogna vedere se il desiderio è da considerarsi un tutto monolitico che si presenta come un fatto già compiuto. Oppure, ed io dono incline a pensarla così, se i desideri non si sviluppino per fasi, dove vi è una prima fase involontaria in cui il desiderio si affaccia nel nostro animo. Ma poi vi è pure una seconda fase in cui siamo noi a decidere se abbracciarlo o meno".


Anche secondo me desideri e aspirazioni "nascono spontaneamente" ma almeno in qualche misura si possono (e se si vuole seguire la saggezza di stoici ed epicurei ed essere felici, realizzarsi, nei limiti del possibile) si devono razionalmente "modulare", attenuandoli, eventualmente fino ad annullarli, o incentivandoli, "coltivandoli".

Daniele_Guidi

#23
L'auto realizzazione non è uguale per tutti.. Se lo chiedi ad uno yogi ti risponderà in un modo se lo chiedi ad un imprenditore ti risponderà in altro modo.
Ognuno è giusto che ritenga sul come auto realizzarsi. C'è chi in questa vita gli serve realizzare materialmente per proseguire su questo piano evolutivo, ovvero il creare ricchezza o beni materiali, ed anche questo c'è un perché. E chi invece per auto realizzarsi gli serve perseguire una via più interiore. Le esigenze di ogni individuo sono molteplici, tutto porta conoscenza e crescita. L'auto realizzazione non è che una conoscenza più approfondita di se stessi non credete? Bisogna comprendere che ognuno ha il suo percorso e livello evolutivo e differente obbiettivo. Ciò che serve a me non è detto che serva anche a te..
Un saluto e buona giornata
Daniele guidi

cvc

Citazione di: Daniele_Guidi il 05 Luglio 2016, 07:10:21 AML'auto realizzazione non è uguale per tutti.. Se lo chiedi ad uno yogi ti risponderà in un modo se lo chiedi ad un imprenditore ti risponderà in altro modo.
Ognuno è giusto che ritenga sul come auto realizzarsi. C'è chi in questa vita gli serve realizzare materialmente per proseguire su questo piano evolutivo, ovvero il creare ricchezza o beni materiali, ed anche questo c'è un perché. E chi invece per auto realizzarsi gli serve perseguire una via più interiore. Le esigenze di ogni individuo sono molteplici, tutto porta conoscenza e crescita. L'auto realizzazione non è che una conoscenza più approfondita di se stessi non credete? Bisogna comprendere che ognuno ha il suo percorso e livello evolutivo e differente obbiettivo. Ciò che serve a me non è detto che serva anche a te..
Un saluto e buona giornata
Daniele guidi
Sicuramente esistono tanti diversi tipi di auto realizzazione. Principalmente esistono due tipi: l'auto realizzazione che punta al raggiungimento dei canoni che l'opinione comune identifica come simboli del prestigio (ricchezza, fama, charme), quindi un tipo di auto realizazione che è orientata in base all'opinione degli altri; c'è poi quella che è orientata invece al consenso della propria coscienza. Quando parlo di mito mi riferisco al primo tipo, come ad una specie di meccanismo montato ad arte per pilotare la gente in una certa direzione. Come quando ad un giovane, con prospettive assai ristrette sul futuro, vengono proposti tutti i vari talent show che si propongono di regalare un sogno, ma che nella totalità o quasi dei casi finiscono solo con l'arricchire chi li organizza, lasciando l'affranto sognatore con la chimera di inseguire un successo che non arriva mai. Quando non succede addirittura che le aspiranti celebrità vengono apertamente sbeffeggiate in pubblico, derise dei talenti che non hanno, in balia degli imbarazzi causati da chi li manda allo sbaraglio senza alcun pudore.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Donalduck

Citazione di: cvc il 25 Giugno 2016, 14:51:15 PMIn effetti l'autorealizzazione è un mito quando con essa si intendono i simboli del prestigio: ricchezza, popolarità, fascino. È un mito, o una chimera, perché tali obbiettivi sono difficilmente raggiungibili, o lo sono ad un costo elevato in termini di tempo e serenità e comunque, in ogni caso, è impensabile che la torta basti per tutti, se ognuno vuole la fetta più grossa. È evidente che c'è chi ha interesse che si corra dietro a tali sogni o chimere, per motivi economici o politici. Certamente esiste anche un altro tipo di autorealizzazione che consiste nel far quadrare il proprio cerchio. Ma è giusto e credo non scontato capire la differenza fra le due cose, in quanto si tratta di far luce sulle proprie aspirazioni, le quali influenzeranno la nostra volontà.
Secondo me il punto non è la realizzabilità o meno, ma l'autenticità, l'originalità di desideri e aspirazioni. Molti desideri sono indotti attraverso azioni ripetute e sistematiche di martellamento comunicativo, e coercizione (se desideri questo sei come tutti e ricevi plauso, se desideri quello sei disapprovato ed emarginato). Far "quadrare il proprio cerchio" consiste appunto nel distinguere l'originale dall'inculcato a forza.
CitazioneÈ  il tema  della scelta dei desideri: valutare ciò che si desidera prima di desiderarlo convintamente. Ma mi pare che domini la convinzione per cui il desiderio sia un fatto del tutto spontaneo, per cui uno non può farci niente se desidera questo invece di quello. Così se all'improvviso desidero una bella e giovane fanciulla, al diavolo dieci o venti o trenta anni di matrimonio! Che ci posso fare se la desidero? Questo e ciò che mi pare di riscontrare nel modo di pensare dei più e al quale sono contrario. O cerco di esserlo, perché non è facile. Quello della fanciulla è solo un esempio.
Questo è un altro tema, ossia l'interazione, la combinazione e la compatibilità o meno tra i diversi desideri e aspirazioni a cui siamo soggetti, che necessita dell'intervento della coscienza in qualità di supervisore. Il desiderio di una giovane amante è in contrasto con quello di non compromettere un matrimonio pluridecennale, ed eventualmente con quello di rispettare i propri valori etici. Ovviamente non possono esistere regole generali, la decisione va presa sulla base delle sensazioni e delle valutazioni razionali, in considerazione dei propri valori di riferimento, ma nulla è scontato. In alcuni casi può essere preferibile (più rispondente a un'autentica realizzazione, alle proprie aspirazioni più intime e genuine, e alla propria visione della vita) la scelta dell'amante, in altri quella del matrimonio.

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