Il mito dell'autorealizzazione

Aperto da cvc, 01 Giugno 2016, 08:51:44 AM

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cvc

Uno dei miti della nostra società è quello della autorealizzazione. Bisogna emergere, valorizzare le proprie qualità, conquistare il proprio tratto distintivo. Ma che succederebbe in una società in cui tutti gli individui fossero autorealizzati? Bisognerebbe stabilire se il mondo è un gioco a somma zero, oppure se è sempre possibile trovare soluzioni che accontentano tutti. È difficile immaginare un mondo in cui siano tutti realizzati. Realizzarsi implica fare qualcosa meglio di qualcun altro, conquistare un lavoro a scapito di un altro, rubare clienti altrui, guadagnare sulle perdite altrui. Eppure c'è tutta una letteratura, non solo di self help ma anche psicologica e filosofica, che incita le persone a realizzarsi, come se la possibilità di emergere fosse l'essenza dello spirito democratico, come se ci fosse posto per tutti e il mondo fosse un'immensa spiaggia dove chiunque può entrare di corsa rincorrendo i cavalloni più alti, partecipare a riti orgiastici collettivi, godere del meglio, basta avere il coraggio.
Trovo molto ipocrita questo aspetto della nostra società. Non dico che uno non debba cercare di migliorarsi, è quello cui ognuno aspira, e un uomo senza aspirazioni è poca cosa. Ma che possano esserci giochi non a somma zero, ci credo poco.
Si può essere perdenti e felici?

"Avrai raggiunto la perfezione quando capirai che gli uomini felici sono i più infelici"

Seneca
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Sariputra

Citazione di: cvc il 01 Giugno 2016, 08:51:44 AMUno dei miti della nostra società è quello della autorealizzazione. Bisogna emergere, valorizzare le proprie qualità, conquistare il proprio tratto distintivo. Ma che succederebbe in una società in cui tutti gli individui fossero autorealizzati? Bisognerebbe stabilire se il mondo è un gioco a somma zero, oppure se è sempre possibile trovare soluzioni che accontentano tutti. È difficile immaginare un mondo in cui siano tutti realizzati. Realizzarsi implica fare qualcosa meglio di qualcun altro, conquistare un lavoro a scapito di un altro, rubare clienti altrui, guadagnare sulle perdite altrui. Eppure c'è tutta una letteratura, non solo di self help ma anche psicologica e filosofica, che incita le persone a realizzarsi, come se la possibilità di emergere fosse l'essenza dello spirito democratico, come se ci fosse posto per tutti e il mondo fosse un'immensa spiaggia dove chiunque può entrare di corsa rincorrendo i cavalloni più alti, partecipare a riti orgiastici collettivi, godere del meglio, basta avere il coraggio. Trovo molto ipocrita questo aspetto della nostra società. Non dico che uno non debba cercare di migliorarsi, è quello cui ognuno aspira, e un uomo senza aspirazioni è poca cosa. Ma che possano esserci giochi a somma zero, ci credo poco. Si può essere perdenti e felici?   "Avrai raggiunto la perfezione quando capirai che gli uomini felici sono i più infelici" Seneca

Non è che , nel desiderio di autorealizzarsi, si nasconda invece la volontà di dominio sugli altri?
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

acquario69

Citazione di: Sariputra il 01 Giugno 2016, 09:02:48 AM
Citazione di: cvc il 01 Giugno 2016, 08:51:44 AMUno dei miti della nostra società è quello della autorealizzazione. Bisogna emergere, valorizzare le proprie qualità, conquistare il proprio tratto distintivo. Ma che succederebbe in una società in cui tutti gli individui fossero autorealizzati? Bisognerebbe stabilire se il mondo è un gioco a somma zero, oppure se è sempre possibile trovare soluzioni che accontentano tutti. È difficile immaginare un mondo in cui siano tutti realizzati. Realizzarsi implica fare qualcosa meglio di qualcun altro, conquistare un lavoro a scapito di un altro, rubare clienti altrui, guadagnare sulle perdite altrui. Eppure c'è tutta una letteratura, non solo di self help ma anche psicologica e filosofica, che incita le persone a realizzarsi, come se la possibilità di emergere fosse l'essenza dello spirito democratico, come se ci fosse posto per tutti e il mondo fosse un'immensa spiaggia dove chiunque può entrare di corsa rincorrendo i cavalloni più alti, partecipare a riti orgiastici collettivi, godere del meglio, basta avere il coraggio. Trovo molto ipocrita questo aspetto della nostra società. Non dico che uno non debba cercare di migliorarsi, è quello cui ognuno aspira, e un uomo senza aspirazioni è poca cosa. Ma che possano esserci giochi a somma zero, ci credo poco. Si può essere perdenti e felici?  "Avrai raggiunto la perfezione quando capirai che gli uomini felici sono i più infelici" Seneca

Non è che , nel desiderio di autorealizzarsi, si nasconda invece la volontà di dominio sugli altri?

forse può essere dominio sugli altri se l'auto realizzazione viene intesa all'"esterno" anziché al proprio "interno"
e in effetti mi sembra che nella maggior parte dei casi viene concepito solo in questa maniera anche perché ci viene riproposto di continuo come modello da imitare...così mi sembra

paul11

dal punto di vista puramente personale ci si può autorealizzare.
Se invece questa autorealizzazione è nel sociale ed è nello scambio economico a sommatoria zero se qualcuno si realizza qualcun altro 
si deprime.
Questo mito è creato ad arte affinchè il modello sociale spinga l'individuo alla competizione,quindi a sua volta è un modello culturale che è corrente.

sgiombo

Citazione di: cvc il 01 Giugno 2016, 08:51:44 AM
Si può essere perdenti e felici?



Rispondo:

Si, secondo gli stoici (e altri; me personalmente compreso per quel che può valere saperlo):

La virtù é premio a se stessa.

Concordo inoiltrecon Paul11 che

"Dal punto di vista vista puramente personale ci si può autorealizzare.
Se invece questa autorealizzazione è nel sociale ed è nello scambio economico a sommatoria zero se qualcuno si realizza qualcun altro
si deprime.
Questo mito è creato ad arte affinchè il modello sociale spinga l'individuo alla competizione,quindi a sua volta è un modello culturale che è corrente": pessima ideologia reazionaria, secondo me.

DeepIce

Citazione di: cvc il 01 Giugno 2016, 08:51:44 AMTrovo molto ipocrita questo aspetto della nostra società. Non dico che uno non debba cercare di migliorarsi, è quello cui ognuno aspira, e un uomo senza aspirazioni è poca cosa. Ma che possano esserci giochi a somma zero, ci credo poco.
Si può essere perdenti e felici?

Pensiero che condivido. Nella nostra società il concetto di autorealizzazione spesso fa rima con la più brutale competizione con gli altri, senza rispetto e compassione. Aggiungo poi che, spesso, l'autorealizzazione passa necessariamente attraverso l'ottenimento di qualcosa di esterno (carriera, posizione, successo ecc.). Personalmente trovo questo concetto di autorealizzazione molto discutibile.

Phil

Credo anch'io (come Acquario69 e DeepIce) che l'autorealizzazione intesa socialmente sia solo autorealizzazione di traguardi esterni "consigliati", una sorta di bisogno indotto (dai meccanismi economici della società stessa) che fa leva sugli istinti "naturali" di possesso e di emulazione... l'autorealizzazione, come ben osservato da Paul, se è intesa come interiore (o comunque relativa all'attitudine con cui si vive il mondo esterno) non comporta sopraffazione o avidità e, come ricordato da sgiombo, non ha legami con l'immagine del "vincente realizzato". 
Forse la duplicità di fondo si gioca tutta nel realizzare la differenza tra l'autorealizzazione di un "chi" che vive in società, e l'eterorealizzazione del "cosa" è l'immagine che quel "chi" dà di sé alla società.

DeepIce

Interessante anche notare il fatto che molta gente è davvero convinta di auto-realizzarsi, quando in realtà al massimo realizza qualcosa, oppure semplicemente è eterodiretta a realizzare qualcosa.

Donalduck

Come diversi altri hanno evidenziato la cosiddetta "autorelizzazione" non è che il perseguimento di un obiettivo indotto dalle culture sociali (potentemente e subdolamente installate come parassiti nelle nostre menti da ciò che chiamiamo educazione e dall'influenza dell'ambiente sociale). Ma il concetto di autorealizzazione, correttamente inteso, ritengo sia tutt'altro che un mito. L'autorealizzazione, secondo me, consiste soprattutto nello sbarazzarsi dei questi parassiti sociamente inoculati, che fanno di noi delle mistificazioni viventi, per ritrovare ciò che sentiamo come autentico.

cvc

Citazione di: Donalduck il 25 Giugno 2016, 14:19:28 PM
Come diversi altri hanno evidenziato la cosiddetta "autorelizzazione" non è che il perseguimento di un obiettivo indotto dalle culture sociali (potentemente e subdolamente installate come parassiti nelle nostre menti da ciò che chiamiamo educazione e dall'influenza dell'ambiente sociale). Ma il concetto di autorealizzazione, correttamente inteso, ritengo sia tutt'altro che un mito. L'autorealizzazione, secondo me, consiste soprattutto nello sbarazzarsi dei questi parassiti sociamente inoculati, che fanno di noi delle mistificazioni viventi, per ritrovare ciò che sentiamo come autentico.
In effetti l'autorealizzazione è un mito quando con essa si intendono i simboli del prestigio: ricchezza, popolarità, fascino. È un mito, o una chimera, perché tali obbiettivi sono difficilmente raggiungibili, o lo sono ad un costo elevato in termini di tempo e serenità e comunque, in ogni caso, è impensabile che la torta basti per tutti, se ognuno vuole la fetta più grossa. È evidente che c'è chi ha interesse che si corra dietro a tali sogni o chimere, per motivi economici o politici. Certamente esiste anche un altro tipo di autorealizzazione che consiste nel far quadrare il proprio cerchio. Ma è giusto e credo non scontato capire la differenza fra le due cose, in quanto si tratta di far luce sulle proprie aspirazioni, le quali influenzeranno la nostra volontà. È  il tema  della scelta dei desideri: valutare ciò che si desidera prima di desiderarlo convintamente. Ma mi pare che domini la convinzione per cui il desiderio sia un fatto del tutto spontaneo, per cui uno non può farci niente se desidera questo invece di quello. Così se all'improvviso desidero una bella e giovane fanciulla, al diavolo dieci o venti o trenta anni di matrimonio! Che ci posso fare se la desidero? Questo e ciò che mi pare di riscontrare nel modo di pensare dei più e al quale sono contrario. O cerco di esserlo, perché non è facile. Quello della fanciulla è solo un esempio.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

sgiombo

#10
Citazione di: cvc il 25 Giugno 2016, 14:51:15 PMCertamente esiste anche un altro tipo di autorealizzazione che consiste nel far quadrare il proprio cerchio. Ma è giusto e credo non scontato capire la differenza fra le due cose, in quanto si tratta di far luce sulle proprie aspirazioni, le quali influenzeranno la nostra volontà. È  il tema  della scelta dei desideri: valutare ciò che si desidera prima di desiderarlo convintamente. Ma mi pare che domini la convinzione per cui il desiderio sia un fatto del tutto spontaneo, per cui uno non può farci niente se desidera questo invece di quello. Così se all'improvviso desidero una bella e giovane fanciulla, al diavolo dieci o venti o trenta anni di matrimonio! Che ci posso fare se la desidero? Questo e ciò che mi pare di riscontrare nel modo di pensare dei più e al quale sono contrario. O cerco di esserlo, perché non è facile. Quello della fanciulla è solo un esempio.
Citazione di: cvc il 25 Giugno 2016, 14:51:15 PM
NON E' UNA CITAZIONE DI CVC BENSI' LA RISPOSTA DI SGIOMBO:

Felicità = soddisfazione di desideri;  infelicità = insoddisfazione di desideri.


I desideri avvertiti eccedono sempre i desideri soddisfabili.

Dunque la felicità  non può che essere sempre (se e quando c' é) relativa, parziale-

Saggezza = capacità di valutare correttamente gli alterrnativi insiemi complessivamente soddisfabili, la loro forza totale o complessiva onde scegliere di soddisfare l' insieme realisticamente possibile complessivamente più forte (= tale da dare in quanto soddisfatto la felicità maggiore) e inoltre capacità di valutare i mezzi che nelle circostanze oggettive date:
a) rendono ciascun insieme di desideri soddisfabile o meno:
b) costituiscono le condizioni di soddisfazione di quelli soddisfabili.

("Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca")

Il punto "b" della saggezza é relativamente più facile da conseguirsi in quanto nel mondo materiale (res exetensa) in cui si agisce é possibile compiere misurazioni vere e proprie e dunque da una parte ottenerne una conoscenza scientifica delle leggi del divenire, applicando la quale alle condizioni in cui ci si trova si conseguono gli insiemi realistici di scopi che si scegliere di perseguire (che ci si prefigge); e dall' altra parte misurare l' entità dei risultati (per esempio si può misurare quanti chili di un oggetto desiderato -per fare un' esempio molto banale oro- si possono ottenere facendo un certo lavoro che da una certa retribuzione e ha certi costi.

Ovviamente é sempre possibile sbagliare nel praticare il punto "b", anche perché spessissimo (anzi: di regola!) si danno condizioni nelle quali si agisce perseguendo determinati scopi attraverso determinati mezzi sono estremamente complessi e non é possibile avere una misurazione certa, precisa e completa di tutti i fattori in gioco (che oltretutto spesso sono fattori umani, rientranti nel punto "a" relativo ad altre persone con le quali si é inevitabilmente in relazione).

Ma il punto "a" é di regola molto più difficile da conseguirsi adeguatamente per il fatto che i nostri desideri (positivi e negativi, che qualcosa accada e che qualcos' altro non accada) essendo res cogitans, non sono propriamente misurabili istituendo fra di essi rapporti espressi da numeri.

Per restare al tuo esempio, mentre posso letteralmente "pesare" (= misurare) in chili, etti o grammi l' oro che posso permettermi di comprare con una certa somma di denaro, invece le soddisfazioni che posso trarre da una relazione con una giovane ed eccitantissima amante che mi si concede e le sofferenze che rischio di subire dalla probabile fine dei miei complessivamente felici dieci o veri o trent' anni di matrimonio le posso solo vagamente "ponderare" (e non propriamente misurare): probabilmente le prime saranno minori delle seconde (almeno nel mio personale caso quasi sicuramente; l' incertezza dipende solo dalla vaghezza dell' ipotesi "eccitantissima amante": in linea di principio se fosse "eccitante oltre un certo grado" la felicità che potrebbe darmi potrebbe anche superare l' infelicità rischiata con la possibile fine del matrimonio; la quale -per la cronaca- dipende ovviamente anche dal sentirmi in colpa per avere agito ingiustamente verso mia moglie e disonestamente); ma non posso certo stabilire di quanto saranno minori. Mentre con 100 euro so che potrò comprare 5 grammi di oro e in alternativa 20 grammi di argento (cifre del tutto casuali e di fatto probabilmente sballatissime: di acquisti di oro e di argento non me ne é mai fregato niente!), l' infelicità che rischio in caso di fine del matrimonio di quanto é maggiore della felicità che ottengo dalla relazione con la giovane piacevolissima fanciulla? tre volte maggiore? Cento volte maggiore? maggiore del 15%???

Comunque sia, credo che il razionalismo, cioé il cercare da una parte di analizzare scientificamente e di calcolare quanto più possibile gli elementi materiali (almeno in linea di principio misurabili quantitativamente e calcolabili) e dall' altra di "ponderare" il più attentamente e attendibilmente possibile l' entità di gioie e dolori ottenibili dai reciprocamente alternativi insiemi di desideri realisticamente soddisfabili complessivamente sia l' atteggiamento migliore per cercare di essere quanto più felici e realizzati possibile (senza pretendere alcuna impossibile "beatitudine paradisiaca" ma destreggiandosi al meglio -ovvero al meno peggio- fra gli inevitabili "alti e bassi" della vita).

Mentre l' irrazionalistica e assolutamente non realistica pretesa di soddisfare sempre e comunque acriticamente qualsiasi desidero avvertito sia il migliore modo per non autorealizzarsi e per precipitare verso l' infelicità.
E che sia l' atteggiamento che gli attuali assetti sociali "capitalistici in avanzato stato di putrefazione" (intrinsecamente irrazionalistici), come mi piace definirli, di fatto tendono a diffondere e a promuovere.
E che già a cavallo fra otto e novecento, allorchè la "putrefazione" degli assetti sociali era già iniziata, il sorgere (e ancor più il successivo diffondersi in occidente ) della psicoanalisi, con la sua pretesa che ogni pulsione vada soddisfatta in quanto il reprimerla sarebbe psicopatogeno. ne siano stati e ne siano un' evidente dimostrazione.

Ivo Nardi

Caro sgiombo, consiglio a te e a tutti coloro che hanno problemi con l'utilizzo delle citazioni a leggere questo post:
Il cursore del mouse non si posiziona sotto la citazione
Grazie  :)
Possiamo dare infinite interpretazioni a un riflesso confuso nell'acqua,
ma l'immagine che dà origine a quel riflesso è soltanto una.

Phil

Citazione di: cvc il 25 Giugno 2016, 14:51:15 PMÈ  il tema  della scelta dei desideri: valutare ciò che si desidera prima di desiderarlo convintamente. Ma mi pare che domini la convinzione per cui il desiderio sia un fatto del tutto spontaneo, per cui uno non può farci niente se desidera questo invece di quello. Così se all'improvviso desidero una bella e giovane fanciulla, al diavolo dieci o venti o trenta anni di matrimonio! 
Distinguerei fra l'avere un desiderio e scegliere se realizzarlo; l'agognata maturità personale dell'auto-gestione è forse tutta qui... sull'istintività-dei-desideri vs la scelta-dei-desideri: temo non sia possibile decidere autonomamente di desiderare qualcosa (forse autosuggestionandosi involontariamente?). 
Proviamo a fare un esperimento: provo a decidere di desiderare un tè caldo... penso al tè... mi dico che mi farebbe bene e mi darebbe un po' di carica... inizio a prepararlo... poi magari lo bevo anche... eppure il desiderio non è mai nato, ho bevuto il tè perchè ho deciso di berlo, ma senza desiderarlo davvero.
Totalmente diverso è il caso in cui mi ritrovo a pensare "appena torno a casa, mi faccio un bel tè!" (qui c'è il desiderio... poi scelgo se realizzarlo o meno).
[è un esempio banale e generico, ma forse rende l'idea...]

Citazione di: sgiombo il 26 Giugno 2016, 09:37:18 AMFelicità = soddisfazione di desideri; infelicità = insoddisfazione di desideri.
Di passaggio, ricorderei che la felicità non è solo la soddisfazione di desideri (ma forse quell'uguaglianza la poni proprio per identificare meglio il campo parziale della tua analisi). 
Se trovo dieci euro per strada sono felice, anche se non ho mai desiderato di trovarli (e non potevo certo desiderarlo prima di uscire di casa in quell'occasione). Talvolta, la felicità e l'infelicità, ci trova senza che fossimo noi a cercarla/desiderarla.


Citazione di: sgiombo il 26 Giugno 2016, 09:37:18 AMI desideri avvertiti eccedono sempre i desideri soddisfabili.
Più che i desideri "soddisfabili", direi che la felicità eccede sempre i desideri "soddisfatti"... se sono una persona concreta e poco sognatrice, posso anche avvertire solo desideri plausibilmente soddisfabili, ma, salvo illuminazioni mistiche (scherzo!), appena li avrò soddisfatti ne produrrò inconsciamente degli altri...

Citazione di: sgiombo il 26 Giugno 2016, 09:37:18 AMDunque la felicità non può che essere sempre (se e quando c' é) relativa, parziale-
Più che quantificare la parzialità della felicità ne quantificherei la durata ridotta: se so di aver passato un esame difficile, in quei brevi momenti, la mia felicità è assolutamente totale, festeggio e sorrido; ma dura poco...


Citazione di: sgiombo il 26 Giugno 2016, 09:37:18 AMil sorgere (e ancor più il successivo diffondersi in occidente ) della psicoanalisi, con la sua pretesa che ogni pulsione vada soddisfatta in quanto il reprimerla sarebbe psicopatogeno.
Non sono esperto di psicoanalisi, ma ti chiederei comunque di confermare questa connotazione: una psicoanalisi scellerata che invita a seguire istinti e pulsioni... lo psicoanalista non dovrebbe aiutare il paziente ad "armonizzarsi", interiormente e con la realtà che lo circonda? Davvero il consiglio principale è "soddisfa le tue pulsioni"? Scusa l'infondata diffidenza, ma, per quel poco che so, mi suona piuttosto strano...

Jacopus

Non entro nella discussione in se'. Vorrei solo precisare che la psicoanalisi classica, ovvero quella freudiana fa nascere la civilta' dalla repressione dei desideri di potere (uccisione del padre) e dei desideri sessuali (copulare con la madre). Dire che la psicoanalisi e' una sorta di filosofia del "no limits" e' semplicemente falso. Anzi c'e una letteratura abbastanza nota (alice miller) che considera la psicoanalisi una pedagogia "nera" perche' fonda la trasmissione del potere in termini autoritari (poi ovviamente anche la miller e' una psicoanalista ma il canone psicoanalitico e' quello freudiano, almeno ad un certo livello comunicativo).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

sgiombo

Citazione di: Jacopus il 26 Giugno 2016, 13:33:22 PM
Non entro nella discussione in se'. Vorrei solo precisare che la psicoanalisi classica, ovvero quella freudiana fa nascere la civilta' dalla repressione dei desideri di potere (uccisione del padre) e dei desideri sessuali (copulare con la madre). Dire che la psicoanalisi e' una sorta di filosofia del "no limits" e' semplicemente falso. Anzi c'e una letteratura abbastanza nota (alice miller) che considera la psicoanalisi una pedagogia "nera" perche' fonda la trasmissione del potere in termini autoritari (poi ovviamente anche la miller e' una psicoanalista ma il canone psicoanalitico e' quello freudiano, almeno ad un certo livello comunicativo).

Mi trovo verso Freud e la psicoanallisi in una posizione del tutto analoga a quella nei confronti Nietzche:

Non ne ho letto nulla semplicemente perché non si può leggere e conoscere tutto (la scienza é lunga, la vita é breve - Ippocrate) e necessariamente il proprio interesse verso un autore e una scuola nasce (o meno) da "ciò che se ne sente dire", innanzitutto, anche se non solo, dai suoi più o meno fedeli seguaci.

E, esattamente come per Nietzche, così per la psicoanalisi, ciò che ne ho avuto modo di sapere indirettamente basta e avanza a farmi decidere di impiegare il mio tempo ben altrimenti che leggendoli (ovvero leggendo ben altri autori).
Ovviamente men che meno sono interessato a "districarmi" fa le numerose "scuole" o (almeno in qualche caso) "sette" o (almeno in qualche caso) "chiese" reciprocamente "scomunicantisi" in cui si é di fatto divisa (sono già abbastanza e "abbastanza faticosamente" impegnato a farlo fra quelle del marxismo, che mi interessano e in generale mi convincono molto, ma molto di più).

Di conseguenza non posso escludere che quanto scritto a proposito della psicoanalisi nel mio precedente intervento in questa discussione (e credo del tutto "marginale" in esso) sia da attribuire anziché a Freud ai numerosissimi e assai "ciarlieri" e supponenti (ma sull' attendibilità dei quali non posso mettere la mano sul fuoco) interpreti e sostenitori del suo pensiero o pretesi tali in cui mi sono imbattuto (se così fosse le mie parole a proposito della "psicoanalisi" andrebbero invece riferite a "varie molto diffuse interpretazioni e declinazioni più o meno fedeli della psicoanalisi").

**********

Con questo credo di aver risposto anche

@ Phil.

Con l' ultimo intervento del quale in sostanza mi sembra di concordare.
Posso anche non aver consapevolmente desiderato in particolare proprio quei dieci euro che ho trovato inaspettatamente per strada, ma se non avessi desiderato in generale denaro (per esempio se fossi stato un aborigeno australiano momentaneamente di passaggio su quella strada ma vivente solitamente nella foresta ove vigesse il baratto di cose naturali; o se fossi stato un asceta rigidissimo per il quale il denaro é letteralmente "sterco del demonio"), o se (MAGARI!!!) l' euro fosse stato da poco abolito e sostituito con un' altra moneta (auspicabilmente nazionale!) e non avesse più corso legale, allora non sarei felice di averli trovati (a meno di desiderarli per un qualsiasi altro motivo che avere più denaro di prima).

Dunque é vero che Talvolta, la felicità e l'infelicità, ci trova senza che fossimo noi a cercarla/desiderarla (lungi da me la pretesa sminuire il ruolo del "culo" nella vita!); ma non se non si consegue qualcosa che più o meno esplicitamente e più o meno "concretamente - particolaristicamente" (cioé anche solo in senso astratto e generalissimo) si desidera (o si desiderava).

Secondo me il più o meno rapido venir meno della felicità per obiettivi conseguiti (che non assolutizzerei!) é un caso particolare della regola generale per la quale I desideri avvertiti eccedono sempre i desideri soddisfabili.


P.S.: grazie al Webmaster per il paziente (e utilissimo) consiglio!
Pare perfino che sia riuscito (inaspettatamente da parte mia: lo confesso) a metterlo  in pratica: per l' appunto un piccolo motivo di felicità inaspettata!

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