Il materialismo è una fede, non una visione scientifica del mondo

Aperto da Carlo Pierini, 14 Agosto 2017, 03:42:09 AM

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Carlo Pierini

#45
Citazione di: iano il 21 Agosto 2017, 08:43:08 AM
Il metodo scientifico è confutabile.
Il metodo scientifico,cHe si può certamente descrivere meglio di come ho fatto io,cambia e si evolve nel tempo ,essendo per sua natura confutabile.
Circa un secolo fa si sconsigliavano gli studenti che volessero intraprendere lo studio della fisica,in quanto si era convinti che tutto quello che c'era da scoprire fosse stato già scoperto.
Le teorie fisiche si riteneva fossero complete e ben definite,salvo qualche possibile aggiustamento da poco.Tutto ciò è stato confutato,ma è interessante notare che tutti ne fossero convinti.
Non era così e credo continuerà a non essere così.
Credo ciò dipenda dal fatto che noi ci evolviamo e che le teorie fisiche siano parte di noi e che quindi si evolvono con noi.
Ciò è perfettamente comprensibile se si crede,come io credo,che si tratti,come ha già detto Apeiron,di mappe utili per interagire con la realtà.
E se così stanno le cose non rimane da chiedersi che cosa abbia la scienza in più rispetto a ciò che ha e ha sempre avuto ogni singolo uomo,dato che ogni singolo uomo possiede una soggettiva mappa che gli consente di Interfacciarsi  con la realtà.
La differenza è che si tratta di una mappa condivisa.grazie alla quale l'umanità si interfaccia con la realtà,come fosse un singolo uomo,e come un sol uomo può potenzialmente agire.
In ciò consiste il vero potere della scienza che tanta meraviglia desta in noi.
Si parla in questo caso di mappa oggettiva,ingannandosi.
Si tratta in effetti di una mappa ancora soggettiva,ma riferita all'unanimità,o meglio ad una cultura umana ,invece che al singolo uomo.
Il metodo scientifico rimane comunque parente,e sarebbe strano pensare il contrario,del metodo che ogni uomo usa per Interfacciarsi utilmente con la realtà.

Non hai risposto alla mia domanda, per cui la riformulo in modo più chiaro: tutto quello che hai scritto fin qui è anch'esso confutabile a-priori ("per sua natura")?
Le risposte possibili sono tre:

1 - quello che hai scritto E' confutabile a-priori ("per sua natura") poiché si tratta comunque di una "mappa" che non potrà
     mai corrispondere con il "territorio" a cui si riferisce;
2 - quello che hai scritto NON E' confutabile a-priori ("per sua natura"), ma per confutarlo *devo* mostrare le ragioni che
     lo invalidano;
3 - quello che hai scritto è inconfutabile per sua natura.

Quale delle tre è la tua risposta?

iano

La risposta uno la davo per sottintesa.
Quello che voglio sottolineare però è che la natura della scienza è umana.
La mappa non è il territorio.
Ora faccio io a te una domanda provocatoria.
La mappa è utile,per non dire indispensabile alla nostra sopravvivenza.
La perfetta conoscenza della realtà invece,se l'avessimo,a cosa ci dovrebbe servire?
Per farti capire meglio dove voglio andare a parare con la mia provocazione,considera che per il nostro sistema percettivo una mappa più precisa,anche se mai perfetta,è sempre desiderabile,purché sia sostenibile.Il suo budget però è per forza di cose limitato,e con quello deve fare i conti.
Ogni specie animale ha un suo badget limitato e lo spende nel modo migliore possibile in base ai suoi specifici scopi.
Così ad esempio uno scimpanzé attraverso il senso della vista costruisce una mappa più vicina alla realtà ,ma solo perché nell'ambiente in cui vive,la giungla,ciò è per lui cruciale.
Per noi che viviamo nella "savana" è stato più utile invece investire più risorse nella elaborazione dei dati (matematica).
Tutte queste considerazioni potrebbero condensarsi nella seguente domanda:"La conoscenza della realtà,perfetta o meno che sia, è un mezzo o un fine ?"
Che sia un mezzo non ci piove.
Che ci sia un anelito diffuso alla conoscenza della realtà/verità ci sta pure.
Un anelito certamente funzionale alla nostra sopravvivenza,e che può essere confuso facilmente come anelito che tende a una conoscenza fine a se stessa,oppure tesa a scopi che ,seppur nobili,noi non possiamo sottoporre a una verifica che ci permetta una loro potenziale confutazione,e che non riguardano quindi la scienza.
Vedi anche "La mente che inganna" di Luciano Peccarisi,anche se l'uso del termine inganna è ingannevole.😐
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

davintro

La questione se la scienza sia in grado di giungere a verità assolute presuppone il chiarire di quale scienza stiamo parlando. La scienza che si fonda sul metodo induttivo-sperimentale non può raggiungerle, in quanto i risultati di una certa sperimentazione valgono in relazione a quel determinato e limitato orizzonte spazio-temporale in cui si è osservato, e porre una certa legge scientifica come assoluta, cioè valida per tutti i tempi e luoghi implicherebbe andare al dei limiti dell'osservazione empirica. Se affermo che in base alle osservazioni svolte la legge di gravità causa solo fino a questo momento presente la caduta dei gravi questa non è definibile come verità assoluta, in quanto se "assoluto" vuol dire "sciolto dai legami", allora il fatto che il valore di verità dell'affermazione sia limitata ad un certo contesto ambientale mutevole, che domani potrebbe cambiare, la rende una verità relativa. Sempre una verità, una rappresentazione adeguata alla realtà oggettiva, ma circoscritta a determinate condizioni storiche, cioè relativa. L'assolutezza richiede sia "estensionalità" (il fatto che una certa verità resti valida per tutti i contesti possibili), sia "intensionalità", cioè certezza del valore di verità. E non sono due proprietà estrinseche, ma correlate, perché di qualcosa possiamo esserne certi nella misura in cui la verità in questione risulta stabile e autonoma da circostanze contingenti, che fissano condizioni al suo porsi come "verità", cioè autonoma da variabili. Dunque il livello di certezza coincide con quello di universalità Ed ecco perché le verità della logica classica sono indubitabili, lo sono perché non si fondano sull'empiria, sulla corrispondenza pensiero-mondo esterno, ma sulla coerenza interna del discorso, che rileva come autocontradditori tutti i tentativi di confutazione. Il valore di verità degli assiomi della logica classica sono sia certi che assoluti. Il costo di queste conquiste è però una pensate formalizzazione del discorso. A=A è una verità certa e assoluta, ma non mi dice praticamente nulla riguardo le caratteristiche concrete e materiali del mondo di cui ho esperienza, che poi è quello che mi interessa nella quotidianità dell'agire pratico. E le scienze induttive si riferiscono proprio a questo ambito, dove possiamo ricavare al massimo probabilità, ma mai certezze, e conseguentemente mai verità assolute. Ma tra la Scilla delle verità apodittiche e universali ma astratte, e Cariddi delle verità probabilistiche e contingenti, ma aventi rilevante valenza concreta e pratica del sapere empirico, credo ci sia un margine di manovra, una "terza via" in cui cerca di incunearsi la filosofia, che cerca di conciliare il carattere universalistico e apodittico dei suoi sistemi con il suo riferirsi alla concreta realtà esistenziale, senza rintanarsi nei linguaggi formali, in quella terza via in cui Kant aveva provato a collocare il complesso dei "sintetici a-priori".


Il materialismo può essere una posizione scientifica solo attribuendo alla scienza un metodo diverso da quello induttivo ed empirico, cioè identificando la scienza con un sapere trascendentale e metafisico come la filosofia, in quanto non è un dato empirico il fatto che non possa esistere nessun ente non materiale. Identificare la materia con la realtà intesa come totalità è una pretesa di verità che si pone come assoluta e onnicomprensiva, quindi impossibile da fondare su un'osservazione empirica, che si limiterebbe a darci una conoscenza del "qui e ora", di particolari enti materiali, ma non certo la materia intesa come totalità del reale. E proprio qui sta l'autocontraddizione e direi anche la disonestà intellettuale di ogni forma di materialismo presuma di essere scientifico, nel senso empirico e non metafisico del termine "scientifico" (perché in genere in base a tale prospettiva tutto ciò che a che fare con la metafisica dovrebbe essere rigettato come superstizione oscurantista e anticaglia spazzata via dalla modernità ecc.). Il materialismo è uno dei possibili modelli metafisici, che però nella gran parte dei casi ritiene erroneamente di essere figlio del metodo dell'osservazione empirica e dell'esperienza sensibile, quando invece nessuna verificazione sensibile potrà mai riconoscere l'impossibilità di una realtà irriducibile alla materia. Cioè il materialismo presume di fondarsi su basi epistemologicamente impedite a legittimare le sue conclusioni

Carlo Pierini

Citazione di: iano il 23 Agosto 2017, 13:07:29 PM
La risposta uno la davo per sottintesa.
Quello che voglio sottolineare però è che la natura della scienza è umana.
La mappa non è il territorio.

Ho capito benissimo cosa vuoi dire. E se vai nella sezione "Tematiche spirituali", nel thread "La conoscenza è una complementarità di opposti. E i numeri sono archetipi" trovi un ampio commento a questa tua riflessione. Nel caso puoi ribattere in quello stesso thread al mio commento.

Carlo Pierini

Citazione di: davintro il 23 Agosto 2017, 23:33:15 PM
La questione se la scienza sia in grado di giungere a verità assolute presuppone il chiarire di quale scienza stiamo parlando. La scienza che si fonda sul metodo induttivo-sperimentale non può raggiungerle, in quanto i risultati di una certa sperimentazione valgono in relazione a quel determinato e limitato orizzonte spazio-temporale in cui si è osservato, e porre una certa legge scientifica come assoluta, cioè valida per tutti i tempi e luoghi implicherebbe andare al dei limiti dell'osservazione empirica. Se affermo che in base alle osservazioni svolte la legge di gravità causa solo fino a questo momento presente la caduta dei gravi questa non è definibile come verità assoluta, in quanto se "assoluto" vuol dire "sciolto dai legami", allora il fatto che il valore di verità dell'affermazione sia limitata ad un certo contesto ambientale mutevole, che domani potrebbe cambiare, la rende una verità relativa.
Stai usando in modo inappropriato il termine "verità assoluta" (o "legge assoluta"). Se ti interessa, a metà della pag. [3] di questa stessa sezione, commento proprio questo argomento.

Apeiron

Per ora non mi è possibile continuare questa (stimolante) discussione sulla questione mappa-territorio. Sto cercando di trovare un modo per scrivere una sorta di "spiegazione" scritta in modo cristallino, in un linguaggio che sia il più possibile privo di ambiguità. Se ci riesco aprirò un nuovo argomento in questa Sezione - altrimenti penso che sia meglio lasciar perdere in modo da non confondere ancor di più le acque di quanto lo siano già.

A volte è veramente difficile riuscire ad usare un linguaggio chiaro. 

La differenza tra le opinioni su questa questione in ogni caso non mi pare così grossa come sembra.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

davintro

Citazione di: Carlo Pierini il 24 Agosto 2017, 02:31:41 AM
Citazione di: davintro il 23 Agosto 2017, 23:33:15 PMLa questione se la scienza sia in grado di giungere a verità assolute presuppone il chiarire di quale scienza stiamo parlando. La scienza che si fonda sul metodo induttivo-sperimentale non può raggiungerle, in quanto i risultati di una certa sperimentazione valgono in relazione a quel determinato e limitato orizzonte spazio-temporale in cui si è osservato, e porre una certa legge scientifica come assoluta, cioè valida per tutti i tempi e luoghi implicherebbe andare al dei limiti dell'osservazione empirica. Se affermo che in base alle osservazioni svolte la legge di gravità causa solo fino a questo momento presente la caduta dei gravi questa non è definibile come verità assoluta, in quanto se "assoluto" vuol dire "sciolto dai legami", allora il fatto che il valore di verità dell'affermazione sia limitata ad un certo contesto ambientale mutevole, che domani potrebbe cambiare, la rende una verità relativa.
Stai usando in modo inappropriato il termine "verità assoluta" (o "legge assoluta"). Se ti interessa, a metà della pag. [3] di questa stessa sezione, commento proprio questo argomento.

ho riletto il punto e mi pare di aver compreso meglio la tua posizione. Mi pare che, di fatto, tu finisca col far coincidere l' "assolutezza" con la "certezza", in quanto vedi l'assolutezza come l'impossibilità di vedere confutata la pretesa di verità del giudizio. Ma pur essendo d'accordo sulla coincidenza tra certezza e assolutezza, non credo che l'esempio della rotondità della Terra, in quanto riferibile al piano dell'esperienza sensibile, possa essere un'applicazione di tale coincidenza. Infatti non è vero che sia aprioristicamente impossibile confutare l'osservazione della rotondità: posso pur sempre ipotizzare dei difetti nei sistemi percettivi soggettivi, che impedirebbero loro di determinare una visione adeguata all'oggettività del reale, siano essi naturali, i 5 sensi corporei, o artificiali come può essere un telescopio. la verità è che ogni esperienza sensibile è sempre un ambito in cui è impossibile avere la certezza di aver raggiunto un livello di nitidezza tale da poter escludere la possibilità di livelli superiori, nei quali i risultati ricavati nei livelli inferiori possano essere smentiti. E ciò vale per ogni presunzione di verità riferita al mondo sensibile. In breve, ogni conoscere fondato sulla sensibilità fisica può dare solo risultati provvisori e probabilistici, anche se fondamentali per il buon senso comune e punti di riferimento dell'agire pratico nel mondo. E il "poter essere altrimenti" dell'esperienza sensibile riflette a livello soggettivo-gnoseologico la condizione di non-assolutezza degli oggetti di tale esperienza, il loro margine di opacità, che rende impossibile escludere una realtà alternativa alle nostre rappresentazioni. Ecco perché, invece, nel momento in cui lascio l'esperienza sensibile e faccio riferimento a una conoscenza dell'intelligibile, del piano delle pure idee, allora la certezza è raggiungibile: se affermo che il quadrato ha più lati del triangolo posso davvero esserne certo, nessuna osservazione sensibile-empirica potrà mai essere smentirla, perché per farlo dovrebbe smentire l'essenza invariabile dei concetti di "triangolo" e "quadrato", che ne definiscono il numero dei loro lati. Qui certezza e assoluto coincidono, la certezza soggettiva gnoseologica del giudizio corrisponde all'immutabilità del senso delle idee geometriche, che essendo idee e non oggetti materiali sono sempre come appaiono, il loro essere coincide con la presenza alla mente, e sono immuni dalla possibilità di una scissione tra verità e apparenza che invece caratterizza gli oggetti materiali, di cui non possiamo escludere una realtà diversa da ciò che di loro ci appare in modo sensibile. Da qui deriva anche il valore universalistico del valore di verità del sapere dei concetti, degli assiomi della logica, delle relazioni matematiche, il loro restar valido in ogni contesto possibile immaginabile, ed ecco che "certezza", "assoluto", "universale" restano distinti sul piano concettuale-semantico (non vanno certo trattati come sinonimi), ma reciprocamente implicati nell'attualità concreta dell'esperienza di verità delle relazioni fra intelligibili. A meno di modificare il nostro linguaggio, smettendo di definire "quadrato" "forma geometrica con 4 lati" o triangolo "forma geometrica con 3 lati". Ma anche in questo caso la situazione resterebbe immutata: le parole non sono le idee, sono simboli sensibili che cercano di rappresentarle in modo convenzionale per scopi pratici comunicativi, e il mutare storico dei linguaggio non tocca il senso delle possibilità ideali che possiamo pensare

Carlo Pierini

Citazione di: davintro il 24 Agosto 2017, 20:47:13 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 24 Agosto 2017, 02:31:41 AM
Citazione di: davintro il 23 Agosto 2017, 23:33:15 PMLa questione se la scienza sia in grado di giungere a verità assolute presuppone il chiarire di quale scienza stiamo parlando. La scienza che si fonda sul metodo induttivo-sperimentale non può raggiungerle
Stai usando in modo inappropriato il termine "verità assoluta" (o "legge assoluta"). Se ti interessa, a metà della pag. [3] di questa stessa sezione, commento proprio questo argomento.

ho riletto il punto e mi pare di aver compreso meglio la tua posizione. Mi pare che, di fatto, tu finisca col far coincidere l' "assolutezza" con la "certezza", in quanto vedi l'assolutezza come l'impossibilità di vedere confutata la pretesa di verità del giudizio. 

Sicuro di aver letto il mio  post? Te lo copio incollo:

Come ho già scritto altrove, "ab-soluto" deriva da "ab-solvere", cioè significa "sciolto da-", "liberato da-"; quindi la verità di un enunciato è "assoluta", NON quando esprime la somma di tutte le verità possibili riguardanti gli enti che compaiono nell'enunciato, ma, molto più semplicemente:

1 - quando ciò che si dice corrisponde ai fatti osservati (verità):
2 - quando tale corrispondenza, o verità, è "sciolta da-" ogni condizione che possa confutarla (verità ab-soluta).

Esempio: affinché l'enunciato <<la Terra non è piatta, ma è rotonda>> esprima una verità assoluta, non è necessaria una conoscenza capillare-onnicomprensiva dei termini "Terra", "piatta", "rotonda", ma è necessario aver fornito le prove della sua rotondità (per esempio delle foto satellitari). E sono quelle prove che la "sciolgono da-" ogni possibilità di essere contraddetta-confutata. 
A questo punto, l'obiezione tipica dei relativisti: "...Ma la Terra non è perfettamente sferica" è solo una inutile pedanteria, perché è sottinteso che "rotonda" sia una approssimazione; infatti, se l'enunciato dicesse: <<la Terra non è piatta, ma è perfettamente sferica>>, allora l'obiezione di cui sopra avrebbe pieno valore di confutazione essendo essa stessa una verità assoluta (la Terra non è perfettamente sferica). Insomma, quando l'approssimazione è dichiarata (o sottintesa) nell'enunciato, la assolutezza della verità che esso esprime si riferisce SOLO alla validità delle prove fornite, non all'onniscienza riguardo agli enti che vi compaiono.

DAVINTRO
non è vero che sia aprioristicamente impossibile confutare l'osservazione della rotondità: posso pur sempre ipotizzare dei difetti nei sistemi percettivi soggettivi, che impedirebbero loro di determinare una visione adeguata all'oggettività del reale, siano essi naturali, i 5 sensi corporei, o artificiali come può essere un telescopio.


CARLO
Questo commento non ha niente (o molto poco) a che vedere con quanto stavamo discutendo. In discussione c'era la tua affermazione:
<< La scienza che si fonda sul metodo induttivo-sperimentale non può raggiungere alcuna verità assoluta>>
Per cui dovresti spiegarmi perché, secondo te, l'affermazione (ormai condivisa da cani e porci): <<la Terra non è piatta, ma è approssimativamente rotonda>> non sarebbe una verità assoluta.

davintro

Citazione di: Carlo Pierini il 24 Agosto 2017, 22:09:49 PM
Citazione di: davintro il 24 Agosto 2017, 20:47:13 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 24 Agosto 2017, 02:31:41 AM
Citazione di: davintro il 23 Agosto 2017, 23:33:15 PMLa questione se la scienza sia in grado di giungere a verità assolute presuppone il chiarire di quale scienza stiamo parlando. La scienza che si fonda sul metodo induttivo-sperimentale non può raggiungerle
Stai usando in modo inappropriato il termine "verità assoluta" (o "legge assoluta"). Se ti interessa, a metà della pag. [3] di questa stessa sezione, commento proprio questo argomento.
ho riletto il punto e mi pare di aver compreso meglio la tua posizione. Mi pare che, di fatto, tu finisca col far coincidere l' "assolutezza" con la "certezza", in quanto vedi l'assolutezza come l'impossibilità di vedere confutata la pretesa di verità del giudizio.
Sicuro di aver letto il mio post? Te lo copio incollo: Come ho già scritto altrove, "ab-soluto" deriva da "ab-solvere", cioè significa "sciolto da-", "liberato da-"; quindi la verità di un enunciato è "assoluta", NON quando esprime la somma di tutte le verità possibili riguardanti gli enti che compaiono nell'enunciato, ma, molto più semplicemente: 1 - quando ciò che si dice corrisponde ai fatti osservati (verità): 2 - quando tale corrispondenza, o verità, è "sciolta da-" ogni condizione che possa confutarla (verità ab-soluta). Esempio: affinché l'enunciato <> esprima una verità assoluta, non è necessaria una conoscenza capillare-onnicomprensiva dei termini "Terra", "piatta", "rotonda", ma è necessario aver fornito le prove della sua rotondità (per esempio delle foto satellitari). E sono quelle prove che la "sciolgono da-" ogni possibilità di essere contraddetta-confutata. A questo punto, l'obiezione tipica dei relativisti: "...Ma la Terra non è perfettamente sferica" è solo una inutile pedanteria, perché è sottinteso che "rotonda" sia una approssimazione; infatti, se l'enunciato dicesse: <>, allora l'obiezione di cui sopra avrebbe pieno valore di confutazione essendo essa stessa una verità assoluta (la Terra non è perfettamente sferica). Insomma, quando l'approssimazione è dichiarata (o sottintesa) nell'enunciato, la assolutezza della verità che esso esprime si riferisce SOLO alla validità delle prove fornite, non all'onniscienza riguardo agli enti che vi compaiono. DAVINTRO non è vero che sia aprioristicamente impossibile confutare l'osservazione della rotondità: posso pur sempre ipotizzare dei difetti nei sistemi percettivi soggettivi, che impedirebbero loro di determinare una visione adeguata all'oggettività del reale, siano essi naturali, i 5 sensi corporei, o artificiali come può essere un telescopio. CARLO Questo commento non ha niente (o molto poco) a che vedere con quanto stavamo discutendo. In discussione c'era la tua affermazione: << La scienza che si fonda sul metodo induttivo-sperimentale non può raggiungere alcuna verità assoluta>> Per cui dovresti spiegarmi perché, secondo te, l'affermazione (ormai condivisa da cani e porci): <> non sarebbe una verità assoluta.

è proprio questo il tuo post a cui facevo riferimento. Se per "assolutezza", come mi sembra di aver capito, tu intendi l'inconfutabilità di un'asserzione allora l'affermazione circa la rotondità della Terra non può rientrare nella categoria, proprio perché la possibilità di errori dei sistemi percettivi non ci offre mai la certezza che la rappresentazione soggettiva del reale coincida con la realtà oggettiva delle cose. Eppure proprio l'osservazione percettiva sensibile è proprio la base sui cui il metodo induttivo presume di fondare le sue generalizzazioni e la costituzione di leggi universali. La fallacia dell'induzione non si limita all'arbitrarietà del passaggio dal particolare all'universale, ma sulla stessa pretesa di certezza della corrispondenza tra percezione sensibile e realtà oggettiva in ogni singolo caso particolare.

Per scansare ogni possibile equivoco voglio precisare che non sono un pazzo fanatico complottista ecc. che non è convinto della sfericità della Terra. Ma se si sta su un piano di discussione critica epistemologico-filosofico, e non su quello del buon senso comune,  la distinzione tra certezza assoluta delle verità della logica formale o dei rapporti geometrici come nel mio esempio del quadrato e del rettangolo e l'elevatissima probabilità a cui si ferma l'esperienza sensibile non può essere un elemento da non tenere in considerazione

Carlo Pierini

Citazione di: davintro il 25 Agosto 2017, 00:57:05 AMè proprio questo il tuo post a cui facevo riferimento. Se per "assolutezza", come mi sembra di aver capito, tu intendi l'inconfutabilità di un'asserzione allora l'affermazione circa la rotondità della Terra non può rientrare nella categoria, proprio perché la possibilità di errori dei sistemi percettivi non ci offre mai la certezza che la rappresentazione soggettiva del reale coincida con la realtà oggettiva delle cose. 

Quindi, secondo te, la Terra potrebbe essere anche piatta? ...E magari potrebbe essere il Sole che gira intorno alla Terra, e non viceversa?

davintro

proprio per evitare fraintendimenti simili avevo aggiunto una precisazione nella seconda parte del post. Sono convinto che la Terra sia tonda, che si muova, che giri e che il Sole stia fermo... ma non posso esserne certo con la stesso livello di sicurezza che ho nella convinzione che il quadrato abbia un lato in più del triangolo, perché le verità sensibili, probabilistiche, e quelle intelligibili certe, appartengono a due piani diversi di verità. La distinzione tra evidenza piena ed elevata probabilità che all'evidenza piena può solo approssimarsi senza raggiungerla del tutto è uno dei fondamenti di qualunque discussione seria di epistemologia

Carlo Pierini

#56
Citazione di: davintro il 25 Agosto 2017, 01:18:10 AM
proprio per evitare fraintendimenti simili avevo aggiunto una precisazione nella seconda parte del post. Sono convinto che la Terra sia tonda, che si muova, che giri e che il Sole stia fermo... ma non posso esserne certo con la stesso livello di sicurezza che ho nella convinzione che il quadrato abbia un lato in più del triangolo, perché le verità sensibili, probabilistiche, e quelle intelligibili certe, appartengono a due piani diversi di verità. La distinzione tra evidenza piena ed elevata probabilità che all'evidenza piena può solo approssimarsi senza raggiungerla del tutto è uno dei fondamenti di qualunque discussione seria di epistemologia
Quindi, se costruisco un triangolo e un quadrato reali sotto i tuoi occhi, tu non sei certo che quel quadrato reale abbia un lato in più del triangolo reale? E cosa manca al triangolo e al quadrato reali rispetto agli equivalenti della tua mente?
E come fai a dimostrarmi che il quadrato della tua mente ha un lato in più del triangolo della tua mente?

davintro

Citazione di: Carlo Pierini il 25 Agosto 2017, 02:39:30 AM
Citazione di: davintro il 25 Agosto 2017, 01:18:10 AMproprio per evitare fraintendimenti simili avevo aggiunto una precisazione nella seconda parte del post. Sono convinto che la Terra sia tonda, che si muova, che giri e che il Sole stia fermo... ma non posso esserne certo con la stesso livello di sicurezza che ho nella convinzione che il quadrato abbia un lato in più del triangolo, perché le verità sensibili, probabilistiche, e quelle intelligibili certe, appartengono a due piani diversi di verità. La distinzione tra evidenza piena ed elevata probabilità che all'evidenza piena può solo approssimarsi senza raggiungerla del tutto è uno dei fondamenti di qualunque discussione seria di epistemologia
Quindi, se costruisco un triangolo e un quadrato reali sotto i tuoi occhi, tu non sei certo che quel quadrato reale abbia un lato in più del triangolo reale? E cosa manca al triangolo e al quadrato reali rispetto agli equivalenti della tua mente? E come fai a dimostrarmi che il quadrato della tua mente ha un lato in più del triangolo della tua mente?

sotto ai miei occhi, cioè nell'esperienza sensibile dei triangoli e quadrati disegnati, posso dubitare di aver di fronte davvero dei triangoli e quadrati, e non invece cerchi e pentagoni, posso cioè legittimamente mettere in dubbio l'efficienza dei miei sistemi percettivi, ma questo non tocca minimamente l'evidenza assoluta del fatto che il quadrato ha sempre e comunque un lato in più del triangolo. Questa resta un verità assoluta, in quanto perfettamente coerente con le definizione essenziale dei concetti in questione, che resta tale indipendentemente dalla dubitabilità riguardo al fatto che una certa realtà empirica, che osservo in un certo spazio-tempo (un  certo disegno di triangolo o quadrato) possa esistere davvero come triangoli e quadrati. Il giudizio di comparazione tra il numero dei lati di una forma geometrica rispetto a un'altra è indipendente dal fatto che gli oggetti che mi stanno ora di fronte corrispondano davvero a quelle forme geometriche in questione. Questa è la distinzione fondamentale fra il piano delle essenze ideali, e quello dei fatti esistenziali

Angelo Cannata

Citazione di: davintro il 25 Agosto 2017, 13:48:59 PMsotto ai miei occhi, cioè nell'esperienza sensibile dei triangoli e quadrati disegnati, posso dubitare di aver di fronte davvero dei triangoli e quadrati, e non invece cerchi e pentagoni, posso cioè legittimamente mettere in dubbio l'efficienza dei miei sistemi percettivi, ma questo non tocca minimamente l'evidenza assoluta del fatto che il quadrato ha sempre e comunque un lato in più del triangolo. Questa resta un verità assoluta, in quanto perfettamente coerente con le definizione essenziale dei concetti in questione, che resta tale indipendentemente dalla dubitabilità riguardo al fatto che una certa realtà empirica, che osservo in un certo spazio-tempo (un  certo disegno di triangolo o quadrato) possa esistere davvero come triangoli e quadrati. Il giudizio di comparazione tra il numero dei lati di una forma geometrica rispetto a un'altra è indipendente dal fatto che gli oggetti che mi stanno ora di fronte corrispondano davvero a quelle forme geometriche in questione. Questa è la distinzione fondamentale fra il piano delle essenze ideali, e quello dei fatti esistenziali
Aggiungerei che è possibile dubitare non solo della percezione, ma anche delle definizioni stesse che ci siamo dati. Io posso pensare di aver stabilito per definizione che un quadrato ha quattro lati, ma non accorgermi che nel processo di definizione, da me posto in essere, possono esserci comunque errori, incoerenze, sviste. In altre parole, l'illusione, l'errore, può verificarsi non solo riguardo alla percezione, ma anche riguardo a qualsiasi azione che implichi il funzionamento del cervello.
Detto più in generale, non è possibile verificare alcuna coerenza dei nostri ragionamenti, perché l'unico modo per verificarla sarebbe applicare essa stessa, cioè applicare proprio il criterio di coerenza che intendiamo sottoporre a verifica. In altre parole ancora, non abbiamo alcuna possibilità di verificare la coerenza, l'assenza di errori, la correttezza, di alcuna informazione fornitaci dal nostro cervello, perché qualsiasi tipo di verifica non potrebbe fare a meno di dover passare comunque attraverso il nostro cervello e quindi essere inevitabilmente inquinata dalla sua intromissione.

davintro

Citazione di: Angelo Cannata il 25 Agosto 2017, 15:31:29 PM
Citazione di: davintro il 25 Agosto 2017, 13:48:59 PMsotto ai miei occhi, cioè nell'esperienza sensibile dei triangoli e quadrati disegnati, posso dubitare di aver di fronte davvero dei triangoli e quadrati, e non invece cerchi e pentagoni, posso cioè legittimamente mettere in dubbio l'efficienza dei miei sistemi percettivi, ma questo non tocca minimamente l'evidenza assoluta del fatto che il quadrato ha sempre e comunque un lato in più del triangolo. Questa resta un verità assoluta, in quanto perfettamente coerente con le definizione essenziale dei concetti in questione, che resta tale indipendentemente dalla dubitabilità riguardo al fatto che una certa realtà empirica, che osservo in un certo spazio-tempo (un certo disegno di triangolo o quadrato) possa esistere davvero come triangoli e quadrati. Il giudizio di comparazione tra il numero dei lati di una forma geometrica rispetto a un'altra è indipendente dal fatto che gli oggetti che mi stanno ora di fronte corrispondano davvero a quelle forme geometriche in questione. Questa è la distinzione fondamentale fra il piano delle essenze ideali, e quello dei fatti esistenziali
Aggiungerei che è possibile dubitare non solo della percezione, ma anche delle definizioni stesse che ci siamo dati. Io posso pensare di aver stabilito per definizione che un quadrato ha quattro lati, ma non accorgermi che nel processo di definizione, da me posto in essere, possono esserci comunque errori, incoerenze, sviste. In altre parole, l'illusione, l'errore, può verificarsi non solo riguardo alla percezione, ma anche riguardo a qualsiasi azione che implichi il funzionamento del cervello. Detto più in generale, non è possibile verificare alcuna coerenza dei nostri ragionamenti, perché l'unico modo per verificarla sarebbe applicare essa stessa, cioè applicare proprio il criterio di coerenza che intendiamo sottoporre a verifica. In altre parole ancora, non abbiamo alcuna possibilità di verificare la coerenza, l'assenza di errori, la correttezza, di alcuna informazione fornitaci dal nostro cervello, perché qualsiasi tipo di verifica non potrebbe fare a meno di dover passare comunque attraverso il nostro cervello e quindi essere inevitabilmente inquinata dalla sua intromissione.

non sono d'accordo. Le definizioni non sono mai errate o corrette, perché corretto o errato può essere un giudizio, che cerca di rispecchiare la verità di uno stato di cose, ed è corretto se lo rispecchia, scorretto se non lo rispecchia. Le definizioni del linguaggio non sono giudizi, ma segni creati dell'uomo per comunicare ad altri delle idee, che altrimenti resterebbero nell'incomprensibilità della soggettività individuale chiusa in se stessa. Non ha alcun senso dubitare di una definizione, perché in essa non vi è alcuna pretesa di verità su cui convenire o dissentire, sono al di là del vero e del falso, una convenzione umana. Se ciò che comunemente chiamiamo ora "quadrato" decidessimo di chiamarlo in un altro modo, "pincopallino", la sua essenza, il suo senso resterebbe cosi come è, una figura dotata di quattro lati, un'idea, una possibilità logica che resta tale a prescindere dall'essere associato a una certa parola o a un'altra. Il linguaggio non è il pensiero, solo un convenzionale tentativo di rappresentarlo simbolicamente per l'esigenza pratica di comunicare. Non è possibile mettere sullo stesso piano le pretese di verità dell'esperienza sensibile e le pretese delle relazioni logiche intelligibili. La nitidezza della percezione si dà in un'infinita molteplicità di gradi quantitativi, e non ci sarà mai un grado così elevato da poter pensare che la rappresentazione giunta a quel livello possa darmi l'evidenza assoluta della corrispondenza col reale. Invece la coerenza logica interna di un discorso non presenta gradi quantitativi di manifestazione. C'è o non c'è. E quando il discorso è incoerente mostra la sua assurdità in un'evidenza assoluta, che non può essere smentita da gradi di evidenza superiori, perché la coerenza, che determina l'evidenza, non presenta variazioni interne. L'evidenza della falsità del giudizio: "piove ma non piove" non può essere scalfita, perché nel momento in cui si cerca di farlo si cade nell'assurdità dell' autocontraddizione che rende insensato ogni pensiero, compreso quello di chi contesta la validità della logica. Tutto ciò  non impedisce che qualcuno, per amor di disputa e discussione, possa affermare che il principio di identità o di non-contraddizione siano fallibili e dubitabili, ma si tratta solo di un mancato riconoscimento, di un "mentire a se stessi"

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