Il male morale deriva in gran parte dall'ignoranza?

Aperto da Socrate78, 19 Ottobre 2018, 15:35:48 PM

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Ipazia

#105
Mi spiace Lou, ma l'assoluto dei filosofi mi pare solo una chimera. In campo ontologico dobbiamo accontentarci di assoluti relativi e, bene che vada, assoluti un po' più assoluti come 0 K e c. In campo logico-linguistico possiamo costruire degli assoluti ad hoc, funzionali alla comunicazione, al gioco e al diritto. Del resto avevo detto che questa concezione non è più metafisica. Forse è un concetto di assoluto più ad uso e consumo della scienza che lo intende come limite, e non come ente. Mi auguro che anche la filosofia impari a fare altrettanto. Ma ovviamente i filosofi possono pensarla altrimenti. Augurandoci che non sia solo una chimera. Come ne abbiamo viste tante in veste teologica.

Chiariamo un equivoco: non è il segno linguistico ad essere assoluto, ma il messaggio comunicativo che veicola una volta che le regole del gioco linguistico siano rigorosamente definite da un vocabolario condiviso tra "parlante" e "udente". Il pc funziona perchè ogni bit significa, ovvero porta un segno, assolutamente preciso. L'errore banale di cui parla 0xdeadbeef è legato al feticismo ontologizzante del segno, della parola. Del Verbo. Ma è un errore che la filosofia dovrebbe lasciare alla teologia e ai diversamente credenti.

pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Lou

#106
Mi spiace, ma non ci capiamo. Con "assoluto dei filosofi" non so bene a quale concetto di assoluto ti riferisci. (e per inciso assoluto come limite è un concetto anche e prima filosofico, che scientifico, vd. Kant)
"Assoluti relativi" che continui a ripetere è un nonsenso per me, ripeterlo non supera il punto contradditorio che ho esplicitato nei post precendenti (così come sull'assolutezza del significato dipendente da) senza considerarlo "ente".
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Phil

Concordo con Lou che (proprio dopo la crisi storica degli Assoluti) si corra il rischio di definire "assoluto" (concetto per me da usare a piccole dosi, lontano dai pasti e da tener fuori dalla portata delle "anime belle") ciò che non ha motivo di esserlo: l'"assolutezza del linguaggio", di cui si parla negli ultimi post, è in fondo semplicemente la sua funzione dichiarativa (la tautologia del "dico ciò che dico") in un contesto sociale in cui il linguaggio in uso è accettato e istituzionalizzato (quindi immanente, contingente, etc. la nemesi dell'assoluto, insomma...). 
Il significato delle parole ha valore assoluto? Se "assoluto" può essere sostituito con "dichiarativo", "performativo", "condiviso" e persino "convenzionale", allora stiamo maneggiando, forse con ostinata malinconia, un assoluto imbalsamato, sfarzoso simulacro di se stesso.
"Il linguaggio dice l'assoluto [...]"(cit.)? Affermazione dall'intenso retrogusto heideggeriano, perché si pone in bilico fra consapevolezza semiotica e nostalgia metafisica, come se assolutizzare il linguaggio, o meglio, la semantica, non fosse comunque una eutanasia per l'Assoluto (e per il linguaggio un ambizioso travestimento da Halloween1...).

Essere cauti con gli assoluti filosofici, senza per questo voler mettere all'indice l'uso comune (non "assoluto"?) del termine, significa riconoscere che se siamo arrivati in Siberia2, non è funzionale intestardirsi a piantare noci di cocco (perché sono ricche di vitamine e con il guscio ci facciamo i posacenere), ma ha più senso, secondo me, accettare di farne a meno e cercare di imparare a cacciare e pescare (e magari è anche l'occasione per smettere di fumare  ;D ).


1"Halloween" deriva da "All Hallow Even", sera di tutti i santi; il linguaggio prova a fare il santo, cioè a trascendere la sua immanenza, ma non può: se fosse assoluto, non sarebbe alla nostra mercé...

2"Siberia" in mongolo significa "terra che dorme"; con la postmodernità siamo nella terra che dorme e dei "dormienti" eraclitei (almeno secondo alcuni, ma non per tutti... ;) ).

Ipazia

Concordo che la filosofia dovrebbe scordarsi l'assoluto e lasciare quel concetto alla scienza che ne esplora il limite e alla teologia, illimitata per sua natura. La filosofia dovrebbe occuparsi degli enti relativi all'esperienza umana. La quale, colloquialmente, continuerà a perseguire i suoi record assoluti  ;D
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve Ipazia. Tornando alla tua risposta nr.105, noto che tu prediligi concepire il percepibile (le percezioni analizzabili scientificamente e possibilmente dimostrabili) che (scusa l'acrobazia) concepire il il concepibile (ciò che è mentalmente estrapolabile dal concepibile, che è analizzalibile logicamente e comunque non dimostrabile in alcun modo).

Secondo me ti perdi qualcosa. Io trovo egualmente interessanti i due aspetti.

A proposito degli assoluti relativi, se essi esistono e producono degli effetti (il produrre degli effetti è secondo me requisito fondamentale dell'esistere, dell'insistere e dell'essere), mi piacerebbe conoscere la tua DEFINIZIONE di "insieme di tutti gli assoluti" (plurali e solo eventualmente relativi.
Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

I miei assoluti producono sempre degli effetti: arresto dei movimenti della materia (e anche della tua entropia), fine corsa dell'acceleratore, comunicazione,.. 

Devo dire che indicando l'elemento "assoluto" del linguaggio mi sono anche pericolosamente esposta sul concepire il concepibile. 

Definizione: l'insieme di tutti gli assoluti contestuali. Per dirlo in una parola dovrei inventare un neologismo.  Con due me la cavo meglio: l'assoluto percepibile (coerente col personaggio, no !)

salutoni
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

0xdeadbeef

Citazione di: Phil il 30 Ottobre 2018, 13:16:31 PM
Concordo con Lou che (proprio dopo la crisi storica degli Assoluti) si corra il rischio di definire "assoluto" (concetto per me da usare a piccole dosi, lontano dai pasti e da tener fuori dalla portata delle "anime belle") ciò che non ha motivo di esserlo: l'"assolutezza del linguaggio", di cui si parla negli ultimi post, è in fondo semplicemente la sua funzione dichiarativa (la tautologia del "dico ciò che dico") in un contesto sociale in cui il linguaggio in uso è accettato e istituzionalizzato (quindi immanente, contingente, etc. la nemesi dell'assoluto, insomma...).
Il significato delle parole ha valore assoluto? Se "assoluto" può essere sostituito con "dichiarativo", "performativo", "condiviso" e persino "convenzionale", allora stiamo maneggiando, forse con ostinata malinconia, un assoluto imbalsamato, sfarzoso simulacro di se stesso.


Ciao Phil
Ma infatti ho più volte etichettato come contraddittoria questa, da me definita, "struttura necessariamente assoluta
del linguaggio" (cioè ho più volte definito contraddittorio il linguaggio).
Non mi persuade però questa affermazione circa la funzione "dichiarativa" del linguaggio. Bah, certo che il linguaggio
"dichiara", ma dichiara come - oltre che cosa? Ecco, io dico che dichiara "assolutamente"...
Dal mio punto di vista, "assoluto" non è sostituibile con "dichiarativo", e direi tantomeno con "convenzionale".
Se del resto il linguaggio fosse una "convenzione", come potremmo dire se esso afferma il vero o il falso?
Il problema filosofico del linguaggio non è forse quello del fondamento dell'intersoggettività del segno linguistico?
E come possiamo "dire" di questo fondamento se esso, il linguaggio, è una convenzione (se è una convenzione, allora
la convenzione che dice una cosa vale quanto quella che dice l'opposto)?
Con ciò non voglio tanto dire che il linguaggio certamente NON E' una convenzione, ma che la "struttura assoluta" del
linguaggio (come a me sembra sia) non è sovrapponibile con la considerazione del linguaggio come convenzione.
Mi sembra del resto che solo con un concetto assoluto e, allo stesso tempo, strumentale del linguaggio sia possibile
quella affermazione di verità o falsità che altri concetti rendono impossibile (cioè, come dicevo, la verità e la
falsità gudicate sul fine - che per me come per Nietzsche è il "vivere" - che lo strumento-linguaggio si prefigura).
saluti

Lou

#112
@Phil
""Halloween" deriva da "All Hallow Even", sera di tutti i santi; il linguaggio prova a fare il santo, cioè a trascendere la sua immanenza, ma non può: se fosse assoluto, non sarebbe alla nostra mercé..."
A sopravvalutare* il linguaggio si rischia di essere noi mercé di esso - dei parlati, agiti dai linguaggi - a obliarne** la potenza che ne rimarrebbe di noi?
Tra diavolo* e morte ** e santi invocare fantasmi percepibili (@Ipazia) di assoluti, è un buon escamotage per "dare un colpo alla botte e uno al cerchio". Perchè a lasciarli, sti assoluti, esser gestiti dalla scienza, al di là delle affermazioni, disattese dalla effettività, preferiamo i festini filosofici, privé fumatori.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Phil

Citazione di: 0xdeadbeef il 30 Ottobre 2018, 17:43:30 PM
Ma infatti ho più volte etichettato come contraddittoria questa, da me definita, "struttura necessariamente assoluta
del linguaggio" (cioè ho più volte definito contraddittorio il linguaggio).
Eppure, (al netto delle regole grammaticali relative a ogni lingua) la polisemia non è contraddizione, la lingua diacronica non è contraddizione, i livelli esegetici non sono in contraddizione... se postuliamo il linguaggio come "assoluto", allora lo rendiamo contraddittorio, ma perché essere così sadici?

Citazione di: 0xdeadbeef il 30 Ottobre 2018, 17:43:30 PM
Non mi persuade però questa affermazione circa la funzione "dichiarativa" del linguaggio. Bah, certo che il linguaggio
"dichiara", ma dichiara come - oltre che cosa?
E se dichiarasse e basta?
Il "come" ce lo spiegano (o almeno ci provano) la neurolinguistica, la sociolinguistica, la semiotica, la logica, etc.

Citazione di: 0xdeadbeef il 30 Ottobre 2018, 17:43:30 PM
Se del resto il linguaggio fosse una "convenzione", come potremmo dire se esso afferma il vero o il falso?
Con convenzionali metodi di verifica e/o falsificazione.
Facciamo un esempio:

se dico "quella è una sedia", poi fornisco la definizione di "sedia" e dimostro che si rivela applicabile all'oggetto in questione, la mia affermazione è (convenzionalmente) vera. Parimenti, sarà (convenzionalmente) vero se qualcuno dirà che invece è un "inginocchiatoio", ne fornirà definizione, dimostrazione e conclusione. Potrebbe essere veramente anche uno slittino... o una folle danza di elettroni... tutto convenzionalmente vero.
Ma allora in sé cos'è? Qualcosa che per essere oggetto di un discorso deve essere convenzionalmente identificato... prima di tale passo semiologico, è solo un "qualcosa".

Citazione di: 0xdeadbeef il 30 Ottobre 2018, 17:43:30 PM
Il problema filosofico del linguaggio non è forse quello del fondamento dell'intersoggettività del segno linguistico?
Se posso permettermi, riformulerei: il fondamento dell'intersoggettività è il presupposto di ogni problema filosofico sul linguaggio. Se si trattasse solo del monologo interiore, affogheremo nel solipsismo autistico.
Ciò che dà problemi non è che il linguaggio sia intersoggettivo (facilmente riscontrabile), ma piuttosto il come operi "dentro" tale intersoggettività.

Citazione di: 0xdeadbeef il 30 Ottobre 2018, 17:43:30 PM
E come possiamo "dire" di questo fondamento se esso, il linguaggio, è una convenzione (se è una convenzione, allora
la convenzione che dice una cosa vale quanto quella che dice l'opposto)?
Non tutte le convenzioni sono equivalenti, né parimenti funzionali (il vero banco di prova del linguaggio è sempre la prassi); tornando all'oggetto misterioso soprastante: non potrò affermare che per convenzione è un paradenti o una cucina... salvo non inventi il mio vocabolario ad uso personale ;D
Tuttavia, proprio l'intersoggettività del linguaggio mi spingerà ad abbandonare la mia convenzione/convinzione, nel momento in cui verrà rifiutata dalla comunità di parlanti; o quantomeno, semplicemente, mi accorgerò che non funziona nella comunicazione.

Citazione di: 0xdeadbeef il 30 Ottobre 2018, 17:43:30 PM
Mi sembra del resto che solo con un concetto assoluto e, allo stesso tempo, strumentale del linguaggio sia possibile
quella affermazione di verità o falsità che altri concetti rendono impossibile
Proviamo una dimostrazione ad absurdum: se pensiamo ad un concetto solo strumentale del linguaggio, senza nulla di assoluto, funziona lo stesso?
Cosa comporta la mancanza di tale "assolutezza" (se non è la mera dichiaratività, né la grammatica relativa al contesto)?

viator

#114
Salve Ipazia. Prendiamo l'insieme delle categorie dell'esistente. Forse possiamo chiamarlo "Tutto". Forse il tutto, tra gli altri, possiede l'attributo dell'unicità (quanti "tutto" conosci o riesci a concepire?).
Beffarda conclusione : forse "Tutto" è sinonimo di "Uno".

Stranamente, forse il "tutto" viene a contenere tutte le cose. Quindi forse consiste sia nella unicità che nella molteplicità che nell'"Assoluto".(Definizione di "assoluto" . "ciò che contiene senza essere contenuto da altro più grande di esso" - quindi "assoluto" forse è sinonimo di "tutto").

Ma se l'ASSOLUTO - TUTTO consiste nei propri contenuti....vorrà dire che è in relazione con essi (essere in relazione con qualcosa forse significa produrre effetti sul qualcosa e/o essere influenzati dall'esistere di quel qualcosa).
Quindi l'ASSOLUTO - TUTTO, essendo in relazione con ciò in cui consiste e che contiene, forse risulterebbe relativo !

NO. Dal momento che l'ASSOLUTO-TUTTO può consistere in una sola cosa, in una molteplicità di cose oppure nell'insieme di tutte le cose, qualsiasi cosa si tolga da esso o si aggiunga ad esso non può generare una influenza sulla sua essenza.

Quindi, forse, l'ASSOLUTO ESISTE, CONTIENE E CONSISTE SENZA RISULTARE IN RELAZIONE CON CIO' CHE CONTIENE.

Una nota circa il tuo essere ancorata al percepibile. Secondo te il cosmo consiste unicamente nelle sue manifestazioni percepibili ? Unicamente ciò che possiamo vedere con l'occhio e rilevare con degli strumenti ?.

Cara Ipazia, tutti questi "forse" li ho messi allo scopo di non apparire apodittico, ma anche per rispettare i tuoi scetticismi.
Certo che, se insisterai con la PLURALITA' degli ASSOLUTI, dovrò toglierti il saluto ma soprattutto vedrò confermata la mia impressione che tu abbia grandi difficoltà nel concepire il concepibile. Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

#115
Citazione di: viator il 30 Ottobre 2018, 22:05:18 PM
Una nota circa il tuo essere ancorata al percepibile. Secondo te il cosmo consiste unicamente nelle sue manifestazioni percepibili ? Unicamente ciò che possiamo vedere con l'occhio e rilevare con degli strumenti ?
Ovviamente no. L'universo antropologico è un deposito ingombro oltre ogni limite di concepibili concepiti.

Citazione di: viator il 30 Ottobre 2018, 22:05:18 PM

Cara Ipazia, tutti questi "forse" li ho messi allo scopo di non apparire apodittico, ma anche per rispettare i tuoi scetticismi.
Certo che, se insisterai con la PLURALITA' degli ASSOLUTI, dovrò toglierti il saluto ma soprattutto vedrò confermata la mia impressione che tu abbia grandi difficoltà nel concepire il concepibile. Salutoni.

Concepire il concepibile non mi costa alcuno sforzo. E' un'affabulazione che mi salva tutte le volte che devo rispondere agli insidiosi perchè dei miei nipotini dai neuroni particolarmente vispi. E la trovo entusiasmante, mentre già concepisco il concepibile con cui tra qualche mese o anno mi rinfacceranno la non plusibilità del concepito quando erano più piccoli. Sull'assoluto percepibile mi armerò di strumenti semantici per evitare ogni violazione del ferreo codice monistico che turba i tuoi sogni. Non i miei, visto che quella Parola (e Concetto) ho abolito dal mio vocabolario cognitivo fin da secoli fa. Chiedo solo una deroga scientifico-colloquiale:  posso dire "zero assoluto" (0 K) senza perdere il tuo saluto ?

pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve Ipazia. La deroga ti viene concessa ma unicamente a livello colloquiale, al massimo colloquialscientifico. A livello scientifico rigoroso e filosofico fantasioso l'espressione "zero assoluto" non può avere cittadinanza in quanto incarna il concetto di "nulla assoluto" o - ancor più coloritamente - di "nulla tutto".

Curioso comunque il fatto che il nulla, risultando sia impercepibile che inconcepibile che inaffermabile (è solo "citabile"), non possa tuttavia essere dato come inesistente.
Infatti se possedesse l'attributo dell'inesistenza vorrebbe dire che fa parte di ciò che può possedere degli attributi, cioè dell'esistente.

Le mie si chiamano "boutades sofistiche". Non mi attendo che tu le gradisca, comunque rinnovo i miei saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Mi spiace contraddirti ma a livello scientifico rigoroso lo zero assoluto incarna quello che la fisica, non la metafisica, intende. Dubito potrai convincere gli operatori scientifici a cambiargli nome.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve Ipazia. Certo, ma gli scienziati in questo caso hanno subito una importante suggestione metafisica. Chissà perchè non l'hanno chiamato "zero termico" ? Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 30 Ottobre 2018, 13:44:28 PM
Concordo che la filosofia dovrebbe scordarsi l'assoluto e lasciare quel concetto alla scienza che ne esplora il limite e alla teologia, illimitata per sua natura. La filosofia dovrebbe occuparsi degli enti relativi all'esperienza umana. La quale, colloquialmente, continuerà a perseguire i suoi record assoluti  ;D


Mi spiace Lou, ma l'assoluto dei filosofi mi pare solo una chimera. In campo ontologico dobbiamo accontentarci di assoluti relativi e, bene che vada, assoluti un po' più assoluti come 0 K e c. In campo logico-linguistico possiamo costruire degli assoluti ad hoc, funzionali alla comunicazione, al gioco e al diritto. Del resto avevo detto che questa concezione non è più metafisica. Forse è un concetto di assoluto più ad uso e consumo della scienza che lo intende come limite, e non come ente. Mi auguro che anche la filosofia impari a fare altrettanto. Ma ovviamente i filosofi possono pensarla altrimenti. Augurandoci che non sia solo una chimera. Come ne abbiamo viste tante in veste teologica.

Ma contrariamente alle scienza non esiste una sola e unica filosofia universalmente accettata, bensì tante diverse filosofie, dal momento che le questioni filosofiche sono diverse da quelle scientifiche e che gli strumenti (comunque razionali) a disposizione della filosofia sono in parte diversi da quelli delle scienze naturali (fra l' altro non ammettendo molte questioni filosofiche verifiche - falsificazioni empiriche, né men che meno experimenta crucis). 

In particolare l' assoluto é trattato dai diversi filosofi in diverse maniere (compresa la negazione che se ne possa umanamente, sensatamente ragionare, e nemmeno in termini di "assoluto relativo", se non per l' appunto per fare questa affermazione -essa stessa paradossale: nella per lo meno dubbia misura in cui possa essere considerata una proposizione sensata, piuttosto che in realtà un caso di sospensione del giudizio- di "intrattabilità teorica", che é la mia personale).
Peraltro non credo sia razionalmente trattabile nemmeno dalle scienze (ratio = relazione, non-assolutezza, e dunque trattamento razionale dell' assoluto é una contraddizione; come dire "assoluto = relativo"); e quanto alle religioni, personalmente ne sono allergico, per dirlo metaforicamente: non sono di mio interesse, se non meramente antropologico - culturale).


P.S.: i filosofi (almeno molti, e soprattutto quelli razionalisti), dormono beatamente sonni tranquilli senza nessuna paura o timore reverenziale verso "i birt dei computer.

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