Il male morale deriva in gran parte dall'ignoranza?

Aperto da Socrate78, 19 Ottobre 2018, 15:35:48 PM

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Phil

Citazione di: 0xdeadbeef il 22 Ottobre 2018, 11:56:09 AM
Citazione di: paul11 il 21 Ottobre 2018, 00:54:36 AM

Vale a dire si può  negare l'immateriale dove sta il bene e la giustizia, e credere nel divenire, ma sapendo  ogni verità in essa cercata è una negazione del principio di non contraddizione della logica predicativa e quindi non-vera.
Concludendo, il mondo sensibile e diveniente non può dare verità senza cadere nella regola della contraddizione



Ciao Paul
La stessa logica, ritengo ineccepibile, che porta Nietzsche ad affermare: "nell'eterno fluire delle cose, di nulla
potremmo dire che è (se lo diciamo è, così, per vivere)".
Dunque l''assoluto affermato anche da chi non ne ha consapevolezza (seppur con uno scopo utilitaristico).
Quindi l'"ab-soluto" non come "possiiblità" (di coloro che vi credono), ma come vera e propria necessità.
saluti
Eppure, sono la logica predicativa (paul11 - Severino), il dire (Nietzsche) e la "necessità" teoretica (Oxdeadbeef) che dovrebbero sapersi adattare al mondo e al divenire, oppure il contrario?
"Il sabato è stato fatto per l'uomo, non l'uomo per il sabato".

0xdeadbeef

#31
Citazione di: bobmax il 21 Ottobre 2018, 17:37:19 PM
Caro 0xdeadbeef,
sono convinto che la volontà di potenza nasca dalla stessa l'interpretazione razionale della realtà.



Ciao Bobmax
Concordo in pieno su una volontà di potenza che non potrebbe aver evidentemente luogo senza credere nel divenire.
Come, ritengo, ben dice Severino a proposito della "cosa" (l'oggetto a totale disposizione della potenza del soggetto),
è proprio il divenire la radice di quella che chiami "oggettività in sè" (e che presumo corrispondente alla "cosa" di
Severino).
Naturalmente l'oggettività in sè è soltanto un'illusione (cosa che invece non credo per il divenire); e questo, dicevo,
è stato dimostrato da Kant con la teoria del "fenomeno".
Prima di Kant l'oggetto era, come dire, immobile nella sua fissità. Il divenire già era creduto da millenni, eppure
l'oggetto non era ancora la "cosa" a disposizione del soggetto.
Dopo Kant, e soprattutto con l'Idealismo, oggetto e soggetto subiscono una vera e propria "sintesi", appunto dando
origine al "solipsismo".
Non meravigli dunque che nel clima post-idealistico emerga prepotente la figura di Nietzsche, con la pretesa (come
nello Zarathustra) di essere, l'uomo, il "creatore".
Del resto il solipsismo,a parer mio, dura tutt'ora (e anzi sembra godere di una eccellente salute...)
saluti

paul11

#32
Citazione di: 0xdeadbeef il 22 Ottobre 2018, 11:56:09 AM
Citazione di: paul11 il 21 Ottobre 2018, 00:54:36 AM

Vale a dire si può  negare l'immateriale dove sta il bene e la giustizia, e credere nel divenire, ma sapendo  ogni verità in essa cercata è una negazione del principio di non contraddizione della logica predicativa e quindi non-vera.
Concludendo, il mondo sensibile e diveniente non può dare verità senza cadere nella regola della contraddizione



Ciao Paul
La stessa logica, ritengo ineccepibile, che porta Nietzsche ad affermare: "nell'eterno fluire delle cose, di nulla
potremmo dire che è (se lo diciamo è, così, per vivere)".
Dunque l''assoluto affermato anche da chi non ne ha consapevolezza (seppur con uno scopo utilitaristico).
Quindi l'"ab-soluto" non come "possiiblità" (di coloro che vi credono), ma come vera e propria necessità.
saluti
ciao Mauro(Oxdeadbeaf),
ci sono più piani da intersecare.
Se il bios non è morale, in quanto l'ordine naturale non ne ha, è infondato che se l'uomo viene dalla natura, ne abbia.
Sarebbe contraddittorio sostenere il contrario.
Nietzsche è coerente a questo assunto.Non crede alla morale, sostenendo un naturalismo umano.E' contraddittori nel credere al divenire.
Accetta quindi l'ordine, la regola di natura.Il moralismo anti nitzscheano o è coerente o incoerente.
Se si ritiene che il giudizio veritativo e quindi logico razionale sia nel credere al divenire ,al mutevole che contraddice la prima regola logica dell'identità, si cade in contraddizione in due modi. Il primo è sostenere che ciò che appare e scompare, vale adire i fenomeni naturali siano il focus dove cercarne le verità.Il secondo è sostenere di essere morali in un dominio che è privo di morale, bensì di regole, diremmo oggi, di leggi fisiche.
Nel Teeteto, dialogo di Platone, con Socrate protagonista, inizia la contestazione verso le filosofie sofiste e "del divenire"
Quì vi è la dialogia ,non ancora le regole della logica predicativa di Aristotele ,discepolo di Platone.
Dice esemplificativamente Socrate "Se per ciascuno sarà vera l'opinione che si farà mediante la sensazione [ le apparenze divenienti...nota mia], nessun altro potrà giudicarlo meglio di lui,visto che ciascuno è misura della propria sapienza"

0xdeadbeef

A Paul
Ma ciò che afferma Nietzsche non vuol dire che egli creda nella morale o nell'assoluto. Vuol invece dire che
anche Nietzsche crede (perlomeno questo è quel che mi par di capire...) nella struttura "assoluta" del
linguaggio.
E questo è esattamente quel che io sostengo: al di là se si creda o meno nell'assoluto si "deve" credere nella
struttura necessariamente assoluta del linguaggio.
Questo e solo questo volevo dire riportando la frase di Nietzsche (ma ciò era in risposta al tuo: "il mondo
diveniente non può dare verità senza cadere nella regola della contraddizione" - che io ho interpretato come:
nel divenire, ogni affermazione di verità è contraddittoria - cosa che l'affermazione di Nietzsche mi
sembrerebbe confermare).
Naturalmente, la logica ci dice che cercare la verità nel divenire è cosa impossibile, su questo siamo
pienamente d'accordo.

A Phil
Ma infatti sono esse ad adattarsi al mondo, non il contrario...
Vi si adattano così tanto che riusciamo persino a "dire" l'assoluto dove, a rigor di logica, non potremmo dirlo.
saluti

paul11

#34
Citazione di: 0xdeadbeef il 22 Ottobre 2018, 14:27:08 PM
A Paul
Ma ciò che afferma Nietzsche non vuol dire che egli creda nella morale o nell'assoluto. Vuol invece dire che
anche Nietzsche crede (perlomeno questo è quel che mi par di capire...) nella struttura "assoluta" del
linguaggio.
E questo è esattamente quel che io sostengo: al di là se si creda o meno nell'assoluto si "deve" credere nella
struttura necessariamente assoluta del linguaggio.
Questo e solo questo volevo dire riportando la frase di Nietzsche (ma ciò era in risposta al tuo: "il mondo
diveniente non può dare verità senza cadere nella regola della contraddizione" - che io ho interpretato come:
nel divenire, ogni affermazione di verità è contraddittoria - cosa che l'affermazione di Nietzsche mi
sembrerebbe confermare).
Naturalmente, la logica ci dice che cercare la verità nel divenire è cosa impossibile, su questo siamo
pienamente d'accordo.

A Phil
Ma infatti sono esse ad adattarsi al mondo, non il contrario...
Vi si adattano così tanto che riusciamo persino a "dire" l'assoluto dove, a rigor di logica, non potremmo dirlo.
saluti
ciao Mauro(Oxdeadbeaf),
ma cosa intendiamo per linguaggio? Termine abusato nella modernità e troppo oggi per sostenere tutto e dire niente.
Il linguaggio logico? Da Aristotele a Godel?
Il linguaggio da Frege, Russell, Wittgenstein?
L'analitica anglo sassone ?
L'ermeneutica di Gadamer?
O ancora i linguaggi gestuali? Specialistici dell'arte? Persino quelli spirituali o quelli che andavano di moda della new age?

Mi spiego meglio.
così come sei stato l'anfitrione della discussione di qualche mese fa:"La verità è ciò che si dice", emerge che il linguaggio
è il potente strumento interpretativo che relaziona un agente conoscitivo con il mondo.
Dipende come e cosa utilizziamo del linguaggio per relazionarci, per arrivare ad una verità.
Nella contemporaneità il linguaggio ha portato di nuovo Protagora con la sua opinione e la relativizzazione alle filosofie post-contemporanee, ai pensieri "deboli",incapaci di interpretare la cultura storica, intesa nei suoi meccanismi di mimesi.
Si scrive troppo per non dire nulla. Perchè mancano le essenze, quella cosa che è nelle apparenze ,ma non muta con le proprietà e caratteristiche intese come mutevolezza,, quella cosa che mi fa dire che Oxdeadbeaf è lui da bambino o anziano che sia: la sua identità.

Quando Nietzsche dice che tutto è interpretazione dice un'ovvietà

Ipazia

Il linguaggio, in tutte le sue forme fenomenologiche, è il medium della specificità dell'evoluzione umana.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Phil il 22 Ottobre 2018, 12:11:08 PM
Eppure, sono la logica predicativa (paul11 - Severino), il dire (Nietzsche) e la "necessità" teoretica (Oxdeadbeef) che dovrebbero sapersi adattare al mondo e al divenire, oppure il contrario?
"Il sabato è stato fatto per l'uomo, non l'uomo per il sabato".
Citazione di: 0xdeadbeef il 22 Ottobre 2018, 14:27:08 PM
Ma infatti sono esse ad adattarsi al mondo, non il contrario...
Vi si adattano così tanto che riusciamo persino a "dire" l'assoluto dove, a rigor di logica, non potremmo dirlo.
Proprio per questo, secondo me, vi si adattano solo maldestramente (pur non avendo di meglio, per ora): nel momento in cui (im)pongono al mondo ciò che nel mondo non c'è, rivelano la loro ambigua inadeguatezza: non riusciamo a "dire" il divenire, che c'è, ma riusciamo a "dire" l'assoluto, che non c'è...
Se il divenire tiene in scacco la rigidità della (onto)logica parmenideo-aristotelica, il rifiutare l'evidenza del divenire per tutelare la funzionalità della (onto)logica, inverte la gerarchia fra chi dovrebbe adattarsi a chi.
Esempio: mi dai scacco e io non posso difendermi muovendo i miei pezzi, se decido allora di muovere i tuoi (per disinnescare lo scacco) allora scelgo praticamente di uscire dal gioco degli scacchi, violandone le regole pur di non subire lo scacco (che a quel punto non è nemmeno più uno scacco, perché si è già usciti dal gioco e/o si sta giocando ad un altro gioco). Parimenti, se il linguaggio (la logica, etc.) devono adattarsi a rappresentare (interpretare, etc.) il mondo, nel momento in cui il mondo gli pone un problema e il linguaggio lo metabolizza storpiando o smentendo il mondo (il divenire, etc.), il linguaggio viola allora la sua "regola" (deontologica) di cercare di rappresentare al meglio il mondo. Il risultato sono i paradossi zenoniani, funzionanti e invincibili sul piano metafisico linguistico, ma non nel mondo fisico.

Citazione di: paul11 il 22 Ottobre 2018, 14:41:21 PM
Nella contemporaneità il linguaggio ha portato di nuovo Protagora con la sua opinione e la relativizzazione alle filosofie post-contemporanee, ai pensieri "deboli",incapaci di interpretare la cultura storica, intesa nei suoi meccanismi di mimesi.
Nel pensiero debole non rilevo i tratti di questa incapacità di decifrare la cultura storica come mimesi identitaria, anzi direi che ciò è uno dei primi vagiti del pensiero debole.

0xdeadbeef

A Paul
Beh, da quella frase di Nietzsche mi sembra evidente che per lui il linguaggio è uno strumento; e quindi, come
tutti gli strumenti, serve ad uno scopo (e lo scopo è appunto il "vivere" - "se lo diciamo è così, per vivere").
Potrei dire che, per me, il linguaggio è uno strumento per "muoversi" nel divenire, ma per "dire" qualcosa siamo
costretti a fingere che questo qualcosa non "divenga", ma "sia".
Come del resto potremmo, nell'eterno fluire del divenire, dire di qualcosa che "è"? Cioè come potrebbe darsi il
divenire se l'essente, anche per un solo attimo, non divenisse?
E' questa considerazione che mi spinge ad ipotizzare una "struttura assoluta" del linguaggio. cioè la necessità
che il linguaggio si esprima per assoluti (anche laddove esprimesse il relativo).
Che poi questa dimensione dell'assoluto "ex-sista" o meno beh, questo fa parte della "fede"...

A Phil
Perchè rifiutare l'evidenza del divenire? Beh, Severino la rifiuta proprio per tutelare la funzionalità (onto)
logica parmenidea, ma mica bisogna per forza seguirlo...
Io non vedo nessun adattamento maldestro da parte della necessità di parlare per assoluti alla realtà delle
cose. Diciamo che vedo piuttosto un adattamento maldestro dello stesso linguaggio, per sua stessa natura
costretto ad esprimersi per assoluti.
Non è, ovvero, la teoria della struttura assoluta del linguaggio ad avere un adattamento maldestro, ma lo
stesso linguaggio.
Un saluto ad etrambi

bobmax

@0xdeadfeef

Il divenire necessita di ciò che permane, ossia di ciò  che siamo soliti chiamare essere.
Viceversa, l'essere è per noi proprio ciò che non diviene.

Di modo che l'essere e il divenire danno significato uno all'altro in un gioco senza fine.

Un divenire senza nulla che permanga, almeno un po', è un non senso. E lo stesso dicasi per un essere senza alcun divenire.

L'essere e il divenire sono due fantasmi, non esistono di per sè stessi. Ma costruiscono l'orizzonte per la ricerca di noi stessi.

Il molteplice si manifesta attraverso l'oggetto e il suo divenire che sono inscindibili, ma tutto ciò non fa che rimandare all'Uno.

Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Il divenire, dopo essere divenuto, è sempre dicibile. Il presente non è dicibile perchè appena lo dici non è più presente. Anche il futuro è dicibile, nell'intenzione, profezia o predizione. Quindi il problema si riduce all'ineffabilità e inafferrabilità del presente. Fortunatamente molte cose, così per vivere, sono persistenti nel tempo, e fissano il presente rendendolo dicibile. C'est la vie, Eraclitò.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

Citazione di: 0xdeadbeef il 22 Ottobre 2018, 20:15:14 PM
A Paul
Beh, da quella frase di Nietzsche mi sembra evidente che per lui il linguaggio è uno strumento; e quindi, come
tutti gli strumenti, serve ad uno scopo (e lo scopo è appunto il "vivere" - "se lo diciamo è così, per vivere").
Potrei dire che, per me, il linguaggio è uno strumento per "muoversi" nel divenire, ma per "dire" qualcosa siamo
costretti a fingere che questo qualcosa non "divenga", ma "sia".
Come del resto potremmo, nell'eterno fluire del divenire, dire di qualcosa che "è"? Cioè come potrebbe darsi il
divenire se l'essente, anche per un solo attimo, non divenisse?
E' questa considerazione che mi spinge ad ipotizzare una "struttura assoluta" del linguaggio. cioè la necessità
che il linguaggio si esprima per assoluti (anche laddove esprimesse il relativo).
Che poi questa dimensione dell'assoluto "ex-sista" o meno beh, questo fa parte della "fede"...

A Phil
Perchè rifiutare l'evidenza del divenire? Beh, Severino la rifiuta proprio per tutelare la funzionalità (onto)
logica parmenidea, ma mica bisogna per forza seguirlo...
Io non vedo nessun adattamento maldestro da parte della necessità di parlare per assoluti alla realtà delle
cose. Diciamo che vedo piuttosto un adattamento maldestro dello stesso linguaggio, per sua stessa natura
costretto ad esprimersi per assoluti.
Non è, ovvero, la teoria della struttura assoluta del linguaggio ad avere un adattamento maldestro, ma lo
stesso linguaggio.
Un saluto ad etrambi
ciao Phil,
a mio parere il pensiero debole non è in grado di decifrare i dispositivi culturali che ci sono da millenni, semplicemente perchè ha preso atto che la metafisica  è da obnulare. 
Fra i filosofi contemporanei solo coloro che hanno riletto i fondativi della filosofia sono stati in grado di avere un giudizio critico e più profondo di come siano entrati nelle prassi storica e si sono adattati .

ciao Mauro(Oxdeadbeaf),
Nietzsche è un sincero amante della vita, per lui è lì la "sacralità",ed è una verità.
C'è una forma di religiosità in Nietzsche nel credere nella vita, tanto da non accettarne condizionamenti di qualunque tipo 
Ecco perchè "martella" la tradizione e le morali.Intuisce più dei futili filosofi venuti dopo di lui, ma che si sono in qualche modo ricondotti a lui che la matrice culturale appartiene al passato,come quando accetta il dionisiaco contro l'apollineo.
Ed è arrivato vicino a capire......... che il bios umano, la nostra vita, viene condizionata non solo dalle leggi naturali per sopravvivere,ma degli stessi meccanismi creati dall'uomo che si sono formalizzati nella struttura giuridica del diritto:
 i valori morali, la sovranità, la sacralità, ad esempio:  l'euro è il sovrano reale che piega i sovrainsmi nazionali chiedendo il sacrifico(perchè il risparmio è fatica di un sacrifico di oggi che rimanda una gioa per un domani) in denaro e il denaro da strumento si fa scopo, come spesso lo fa il linguaggio per mimesi.

Noi viviamo fisicamente in divenire se vogliamo continuare a sopravvivere: è un dato di fatto.
Ma la realtà fisica  non è il reale in metafisica che suddivide la sensazione dalla ragione, la natura dalla cultura.
Questo è stato un grande errore di una certa metafisica, dire che la razionalità logica della teoresi era perfetta, ma contraddicendosi nella prassi che poi significa non avere aiutato l'uomo a vivere, ma  addirtiittura ha creato dispositivi culturali ambigui che hanno condizionato la vita stessa dell'uomo (da quì il Nietzsche martellatore); ma l'antitesi è altrettanto contraddittoria, ritenere che la metafisica sia morta, quando è ben viva non come potenza culturale, ma per mimesi dei suoi dispositivi culturali che asservono una cultura che ritene  ora non verità  i concetti culturali e persino le scienza, ma intanto mai come non mai le pratiche chissà come e perchè imprigionano l'uomo nelle sue comodità postmoderne in una struttura totalizzante e insieme individualizzante.
Il linguaggio è ambiguo quanto lo è l'uomo, diversamente tutto sarebbe sempre vero ,giusto, esatto, ecc.
Non è spostando i focus che troveremo domini "migliori", questo è l'errore dell'analitica.
Da sempre l'uomo sopravvaluta qualcosa sottovalutandone altre.

I nomi....... ogni parola indica qualcosa e quella parola  non muta con il divenire della cosa.
L'essenza non è l'essente che è l'ente che "vive" apparendo e il nome  spesso non indica l'essenza, bensì lo stato temporale e quindi diveniente di un qualcosa che ha un nome.
Tu sei i tuoi atomi oppure la tua mente, oppure qualcos'altro ancora?
Noi diciamo acqua, ghiaccio, vapore acqueo e non H2O, quale è l'essenza pur avendo più nomi?
Il linguaggio segue le contraddizioni culturali non ne trova le soluzioni, semmai sono i ragionamenti logici che cercano di dirimere  il veritativo con l'ingannevole.
Un saluto anche a te

Phil

Citazione di: paul11 il 22 Ottobre 2018, 22:01:12 PM
a mio parere il pensiero debole non è in grado di decifrare i dispositivi culturali che ci sono da millenni, semplicemente perchè ha preso atto che la metafisica  è da obnulare.
Eppure, per prendere atto dell'istanza di valicare la metafisica, è imprescindibile proprio il decifrare tali dispositivi culturali... e di fatto è ciò che il postmoderno fa, è esattamente il gesto critico da cui nasce (dai "maestri del sospetto" in poi, senza voler fare nomi).
Far coincidere il pensiero debole con una capricciosa negazione a prioristica della metafisica, significherebbe (paradossalmente) farne solo una impresentabile ed improbabile "metafisica 2.0", rifiutando di incassarne il plus-valore ermeneutico, ovvero proprio la decifrazione dei dispositivi culturali e storici (punto di partenza e "marchio di fabbrica" del pensiero debole) che rendono tale la metafisica.
Tuttavia mi rendo conto adesso che ho già foraggiato abbastanza, seppur involontariamente, l'off topic (per quanto anche il modo di leggere il male morale non sia totalmente avulso da queste considerazioni...).

sgiombo

Citazione di: paul11 il 21 Ottobre 2018, 00:54:36 AM

Nel successivo testo , il Teeteto quando Socrate chiede cosa sia scienza e conoscenza, di nuovo  distingue coloro che credono nel divenire e nelle appercezioni del mutevole divenire , in questo caso Protagora, in quanto scadono in opinioni relativiste. Perchè ogni uomo sosterrà una propria opinione,diversa dagli altri uomini, nel mondo mutevole quanto lo sono opinioni che scorrono e credono nell'apparire e sparire del divenire.E in un mondo di opinione dove stà la verità?
La dialettica di Platone quindi accetta l'eterno di Parmenide in quanto non diveniente,, ma pone l'elemento negativo ,che sarà ripreso da Severino.
Vale a dire si può  negare l'immateriale dove sta il bene e la giustizia, e credere nel divenire, ma sapendo  ogni verità in essa cercata è una negazione del principio di non contraddizione della logica predicativa e quindi non-vera.
Concludendo, il mondo sensibile e diveniente non può dare verità senza cadere nella regola della contraddizione


Il mio dissenso non potrebbe essere più totale e completo.

Innanzitutto credere nel (anzi: constatare il, non negare l' evidenza empirica dei fatti circa il) divenire non conduce affatto necessariamente al relativismo.
La diversità e la mutevolezza delle cose é altro che la diversità e la mutevolezza delle opinioni sulle cose; inoltre la diversità e la mutevolezza delle opinioni non le "parifica" affatto necessariamente in un "tutto indistinto" in cui si perde la differenza fra vero e falso (né fra buono e cattivo), non implica affatto che un' opinione valga l' altra, non impedisce alle diverse opinioni, in diversa misura le una dalle altre, di poter essere più o meno false, ma anche (in alternativa: oppure) più o meno vere.
Anzi, la possibilità di proporre diverse opinioni e confrontarle criticamente fra loro e con la realtà (in divenire, il che non impedisce affatto un confronto con essa delle varie opinioni) é proprio la condizione necessaria per operare fra di esse scelte libere da precondizioni (pregiudizi) acriticamente esclusive e così cercare di arrivare a quelle più vere possibili.

Secondariamente negare l' immateriale (cosa che personalmente credo sia falsa; ma non affatto illogica, non contraddittoria) non implica affatto necessariamente ammettere il divenire (del materiale, ovviamente; né affermare l' immateriale implica negare il divenire: tanto dell' immateriale, quanto del materiale); ma soprattutto affermare il divenire non nega affatto il principio di non contraddizione, che recita "non si può affermare e negare la stessa proposizione", ovvero "non si possono affermare e negare gli stessi predicati degli stessi soggetti nelle stesse condizioni (di luogo, tempo, ecc.)": la proposizione "ieri faceva bel tempo" non nega affatto la proposizione "oggi piove" (ma casomai "ieri pioveva").

sgiombo

#43
Citazione di: 0xdeadbeef il 22 Ottobre 2018, 11:56:09 AM
Citazione di: paul11 il 21 Ottobre 2018, 00:54:36 AM

Vale a dire si può  negare l'immateriale dove sta il bene e la giustizia, e credere nel divenire, ma sapendo  ogni verità in essa cercata è una negazione del principio di non contraddizione della logica predicativa e quindi non-vera.
Concludendo, il mondo sensibile e diveniente non può dare verità senza cadere nella regola della contraddizione


Ciao Paul
La stessa logica, ritengo ineccepibile, che porta Nietzsche ad affermare: "nell'eterno fluire delle cose, di nulla
potremmo dire che è (se lo diciamo è, così, per vivere)".
CitazioneObiezione di Sgiombo:

Mi sembra una logica eccepibilissima, anzi del tutto errata.
Nell' eterno fluire delle cose ogni cosa in ogni istante é: non é che per il fatto che oggi alle 9, 30 a Cremona c' é il sole, sei mesi fa (sei mesi prima di oggi all 9,30) non piovesse o fra sei mesi (sei mesi dopo) non possa necessariamente piovere; o che per il fatto che la meravigliosa cupola di Santa Maria del Fiore del Brunelleschi, come ora il faro di Alessandria e tanti altri monumenti,  in un futuro si spera molto lontano non ci sarà più (rientrando ovviamente "nell' eterno fluire delle cose") di essa non possiamo dire che ora é (veracissimamente, e non "così per vivere", qualsiasi cosa questa ridicola precisazione possa significare di diverso da "veracissimamente").





Dunque l''assoluto affermato anche da chi non ne ha consapevolezza (seppur con uno scopo utilitaristico).
Quindi l'"ab-soluto" non come "possiiblità" (di coloro che vi credono), ma come vera e propria necessità.
saluti

CitazioneObiezione di Sgiombo:

"Dunque" ? ? ?

Qui proprio non vedo alcuna consequenzialità logica.

sgiombo

Citazione di: paul11 il 22 Ottobre 2018, 12:57:44 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 22 Ottobre 2018, 11:56:09 AM
Citazione di: paul11 il 21 Ottobre 2018, 00:54:36 AM

Vale a dire si può  negare l'immateriale dove sta il bene e la giustizia, e credere nel divenire, ma sapendo  ogni verità in essa cercata è una negazione del principio di non contraddizione della logica predicativa e quindi non-vera.
Concludendo, il mondo sensibile e diveniente non può dare verità senza cadere nella regola della contraddizione



Ciao Paul
La stessa logica, ritengo ineccepibile, che porta Nietzsche ad affermare: "nell'eterno fluire delle cose, di nulla
potremmo dire che è (se lo diciamo è, così, per vivere)".
Dunque l''assoluto affermato anche da chi non ne ha consapevolezza (seppur con uno scopo utilitaristico).
Quindi l'"ab-soluto" non come "possiiblità" (di coloro che vi credono), ma come vera e propria necessità.
saluti


Se il bios non è morale, in quanto l'ordine naturale non ne ha, è infondato che se l'uomo viene dalla natura, ne abbia.
Sarebbe contraddittorio sostenere il contrario.
CitazioneObiezione di Sgiombo:

Lo sarebbe se, per assurdo, la storia umana, "innestandosi" sulla (precedente) storia naturale, non  la integrasse di aspetti nuovi non in contraddizione ma nemmeno in "mera tautologia" con essa: la storia naturale (l' evoluzione culturale) non contraddice ma nemmeno ripete o prosegue pedissequamente senza peculiari sviluppi la storia naturale (l' evoluzione biologica).




Se si ritiene che il giudizio veritativo e quindi logico razionale sia nel credere al divenire ,al mutevole che contraddice la prima regola logica dell'identità, si cade in contraddizione in due modi. Il primo è sostenere che ciò che appare e scompare, vale adire i fenomeni naturali siano il focus dove cercarne le verità.Il secondo è sostenere di essere morali in un dominio che è privo di morale, bensì di regole, diremmo oggi, di leggi fisiche.
CitazioneObiezione di Sgiombo:

Per niente affatto ! ! !
Il divenire non contraddice proprio nessuna regola logica (dell' identità - contraddizione né alcun altra).
Non so che significhi "focus dove cercarne le verità", ma dei fenomeni naturali la scienza (a certe condizioni indimostrabili: Hume!) conosce (limitatamente, parzialmente, come é ovvio) la verità.
Ribadisco che le regole morali non si identificano puramente e semplicemente con, ma nemmeno contraddicono le, leggi fisiche.




Nel Teeteto, dialogo di Platone, con Socrate protagonista, inizia la contestazione verso le filosofie sofiste e "del divenire"
Quì vi è la dialogia ,non ancora le regole della logica predicativa di Aristotele ,discepolo di Platone.
Dice esemplificativamente Socrate "Se per ciascuno sarà vera l'opinione che si farà mediante la sensazione [ le apparenze divenienti...nota mia], nessun altro potrà giudicarlo meglio di lui,visto che ciascuno è misura della propria sapienza"
CitazioneObiezione di Sgiombo:

Questo forse per Gorgia.
Ma niente vieta di assumere l' intersoggettività delle sensazioni materiali.

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