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Il linguaggio

Aperto da Jacopus, 07 Aprile 2024, 23:38:12 PM

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InVerno

Citazione di: iano il 22 Aprile 2024, 23:32:12 PMIn effetti la confusione dei linguaggi divide gli animali, creando nuove specie, ma noi siamo gli unici che, consapevoli di ciò, possiamo continuare ad abitare insieme la torre di babele, nutrendoci di diversità.
Ma noi siamo gli unici che possiamo utilizzare le specie, e farle riprodurre con altre caratteristiche che abbiamo sempre individuato, come le specie stesse, attraverso il linguaggio, dividendoli dalle altre, fatto anche con i vegetali, e anche con i nostri partner. L'abilità di dividere concettualmente le specie e di organizzare la riproduzione produce la domesticazione delle piante e degli animali, e perciò la civiltà. L'affilatura del coltello semantico spezzetta la realtà, per che poi arrivi un nuovo cuoco che la rifaccia a "sua immagine e somiglianza". Dal punto di vista strettamente evoluzionistico, mi pare infatti (ma è farina del mio sacco da prendere con le pinze) che il maggior vantaggio competitivo-cognitivo risieda nella capacità di alterare geneticamente il contesto che ci circonda e ad uscire perciò gradualmente dal giardino dell'Eden dove tutto era a noi strutturalmente alieno al giardino attuale, dove ogni organismo vivente è stato alterato geneticamente dalla presenza umana (antropocene) e molti di essi sono stati alterati consciamente attraverso considerazioni linguistiche come "questo è un cane bello e questo è un cane buono" che nascondevano in realtà una progettualità più profonda.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

daniele22

Citazione di: Ipazia il 22 Aprile 2024, 20:26:32 PMSiamo gli unici animali che hanno formalizzato e codificato il linguaggio, con le note varietà linguistiche "nazionali", per cui penso che la comunicazione delle altre specie sia in parte istintiva ed in parte appresa nel branco per "convenzione orale", integrata da una consistente dose di linguaggio corporeo, molto specista.
Nella prima parte del tuo discorso sarebbe proprio come dici; sembra cioè che siamo gli unici ad avere prodotto un'analisi formale della lingua umana, ma anche in molte altre cose sembra che siamo gli unici, nel bene e nel male. Non abbiamo però prodotto una teoria della conoscenza, o, riferendoci alla lingua, una teoria del significato. Per me allora, da convinto eretico, l'analisi formale della lingua (Chomsky) corrisponderebbe al giocare a scacchi di cui al mio intervento precedente, mentre produrre una teoria del significato e/o conoscenza corrisponderebbe ancora sì ad un gioco umano all'interno del suo "speciale" e naturale campo di gioco squisitamente linguistico, ma almeno potrebbe prendere le dovute distanze dall'universo antropocentrato che grava da millenni sulle nostre spalle e che per certo non può non influenzare il nostro giudizio, il nostro porsi. Come dire: ci siamo liberati da Dio, ma non dalla nostra elezione. Chiaro sarebbe, che la mia critica all'elezione ingiustificata sorge soprattutto riscontrando le malefatte che tale tipo di forma mentis produsse e produce sulla condotta etico/morale umana. A parte questo comunque, mi sembra che l'inferenza che trai per distinguere il linguaggio degli "altri" dal nostro attribuendo al loro comunicare un carattere istintivo non poggerebbe per conto mio su grandi fondamenta, tanto che potrei ribaltarti la frittata e suggerirti di non essere troppo certa che le nostre comunicazioni non conservino un carattere istintivo nonostante che i contenuti di queste siano formulati attraverso messaggi razionali. Basta infatti guardarsi attorno nel nostro ambiente quotidiano e valutare la "logorroicità" di certe persone rispetto ad altre per rendersi conto di come la lingua si manifesti anche attraverso usi palesemente "istintivi", non propriamente mediati dalla ragione; e questo carattere di "istintività" all'uso della lingua si manifesta inoltre quando si alza la voce per sostenere una propria ragione a prescindere che questa sia buona o zoppa. Oppure nei tolc-sció quando parlano in due o tre assieme .... Insomma, ci sarebbe senz'altro materia per chiedersi almeno qualcosa sulla natura emotiva della lingua.
Da ultimo, sulla varietà delle lingue: è stato acclarato sul campo, tramite forniture abituali di cibo, che scimmie della stessa specie, viventi in zone geografiche separate, producessero un fonema diverso per ciascuna zona all'atto della fornitura di cibo; se questa varietà nel significante non desta motivo di grosso scandalo potrebbe invece dare da pensare il fatto che gruppi separati apostrofino con un suono specifico la fornitura di cibo. Una domanda infine: sinceramente mi ha fatto un po' sorridere la tua espressione "convenzione orale" in uso specifico agli animali. Di cosa si tratterebbe?


Ipazia

@ daniele22

La "convenzione orale" è quella cosa che hai citato per le scimmie della stessa specie in aree diverse. Che si affina ulterormente all'interno del branco, con convenzioni identificative dei vari ruoli. Anche gli animali sociali hanno un bagaglio linguistico comune di cui si sa poco ed è oggetto di opportuni studi naturalistici. Chissà i pesci !?

Bagaglio linguistico naturale che sta ovviamente anche alla base del nostro linguaggio formalizzato, di cui i fonemi onomatopeici sono una traccia evidente.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

daniele22

Citazione di: Il_Dubbio il 22 Aprile 2024, 17:43:22 PMNon è facile correggersi, ma non è nemmeno difficile accorgersi di non essere stati chiari. A me, anche nel periodo scolastico, lo dicevano anche gli insegnanti. Oggi cerco di starci piu attento.
Poi scrivere tanto aiuta, soprattutto se c'è qualcuno che lo legge e magari ti risponde.
Per quanto riguarda l'opinione che uno può avere e il motivo per cui si tenta di conservarlo e di difenderlo, dipende dal grado di conoscenza che si ritiene avere su quel tipo di opinione. Per questo il dialogo è uno sforzo verso la conoscenza dell'altro. Si metteno a confronto non solo due (o piu) tesi ma anche due (o piu) ragionamenti diversi sullo stesso argomento che sicuramente hanno punti in comune ma da qualche parte divergono. Tutto sta a capire dove e in che modo, per quale conoscenza o mancanza di conoscenza, siano diventate due tesi completamente differenti.

Ad esempio se io parlo di linguaggio a cosa mi sto riferendo? Se il termine fosse piu specifico, cioè ad esempio si riferisse a quello scritto o verbale tra due esseri umani, allora dovrei essere specifico.
Mentre piu in generale il concetto di linguaggio (ed è a quello che mi riferivo) può essere ben piu profondo e quasi del tipo "immanente" ovvero è già nella natura stessa delle cose. Nulla potrebbe funzionare se non ci fosse un linguaggio tra le cose o all'interno stesso delle cose. Senza che questo faccia pensare a niente altro, cioè non voglio assolutamente dire che all'interno della natura esista qualcosa che assomigli ad un linguaggio umano. Il linguaggio umano è invece solo una conseguenza, specifica per quel tipo di essere vivente, di un processo o evoluzione fra vari tipi di linguaggi. 
 
Per quello che dici nella prima parte avrei un'obiezione da porre. In linea teorica il motivo per cambiare o no opinione in un confronto dialogico dipenderebbe dalla conoscenza che si possiede in merito a un dato argomento, sempre escludendo comunque i fatti per cui sia quasi impossibile determinare una data verità. Però mi sembra che in pratica intervengano altri fattori già esposti nei precedenti post su questo tema.
Nella seconda parte rilevo invece che nel tuo primo intervento in questo topic hai espresso questo pensiero:
"Il linguaggio è il trasferimento di un segnale nello spazio e nel tempo.
Il segnale può essere piu o meno complesso."
Lì per lì quando lo lessi mi ha detto poco, ma a fronte di quanto hai esposto ora ti propongo quello che già dissi e che potrebbe se ho ben inteso ricalcare in modo più articolato il tuo sintetico pensiero:
"Tutto ciò che accade nel mondo può considerarsi potenzialmente linguaggio per un eventuale osservatore. Il manifestarsi del dialogo apparterrebbe quindi alla sfera delle possibilità che il monologo del mondo offre agli eventuali osservatori interessati. Cioè, al fine di inquadrare l'emersione di ipotetici dialoghi interspecie molto inciderebbe quanto sia pregnante l'attenzione che un ente appartenente a quella determinata specie dedica ai gesti dei propri simili."
Ed è per questo modo di intendere il linguaggio come movimento del mondo che penso che lo sviluppo dei vocaboli della lingua non avvenga per convenzione tra significante e significato, ma per accettare (cogliere) "al volo" il significante che, a prescindere dall'intenzione di un gesto linguistico a segnalare qualcosa verrebbe comunque realizzato dall'osservatore come segnale, sonoro o visivo che sia, in virtù della vicinanza spazio-temporale tra questo e un evento importante la cui realtà sarebbe già presente alla sua mente. Il fenomeno emergerebbe e si assesterebbe infine come condivisione pubblica (linguistica appunto) di qualcosa che a livello individuale si conosce già

Il_Dubbio

#49
Citazione di: daniele22 il 24 Aprile 2024, 11:46:12 AM
Nella seconda parte rilevo invece che nel tuo primo intervento in questo topic hai espresso questo pensiero:
"Il linguaggio è il trasferimento di un segnale nello spazio e nel tempo.
Il segnale può essere piu o meno complesso."
Lì per lì quando lo lessi mi ha detto poco, ma a fronte di quanto hai esposto ora ti propongo quello che già dissi e che potrebbe se ho ben inteso ricalcare in modo più articolato il tuo sintetico pensiero:
"Tutto ciò che accade nel mondo può considerarsi potenzialmente linguaggio per un eventuale osservatore. Il manifestarsi del dialogo apparterrebbe quindi alla sfera delle possibilità che il monologo del mondo offre agli eventuali osservatori interessati. Cioè, al fine di inquadrare l'emersione di ipotetici dialoghi interspecie molto inciderebbe quanto sia pregnante l'attenzione che un ente appartenente a quella determinata specie dedica ai gesti dei propri simili."
Ed è per questo modo di intendere il linguaggio come movimento del mondo che penso che lo sviluppo dei vocaboli della lingua non avvenga per convenzione tra significante e significato, ma per accettare (cogliere) "al volo" il significante che, a prescindere dall'intenzione di un gesto linguistico a segnalare qualcosa verrebbe comunque realizzato dall'osservatore come segnale, sonoro o visivo che sia, in virtù della vicinanza spazio-temporale tra questo e un evento importante la cui realtà sarebbe già presente alla sua mente. Il fenomeno emergerebbe e si assesterebbe infine come condivisione pubblica (linguistica appunto) di qualcosa che a livello individuale si conosce già


ti chiederei se ne hai voglia, di convertire quello che scritto in poche proposizioni e piu semplici.
Ad esempio io non ho capito cosa intendi per "significante" e la probabile differenza con significato.

Io precederei in maniera differente. Tutti ricordano la storia della mela che cade dall'albero sulla testa di Newton.
C'è un motivo per cui succede quello che succede. Ciò che succede è un fatto, il motivo è l'esistenza di una legge della natura che sembra muovere la mela che intanto sembra cadere sulla testa di Newton.
Newton infine traduce, con un linguaggio matematico, la legge della natura che ha attuato l'accaduto (il fatto).
Spesso si sente dire che la natura usa un linguaggio matematico... ma è l'uomo che ha creato quel linguaggio per tradurre in leggi ciò che accade.

E' un po come il neomuno kantiano, il linguaggio non è esattamente ciò che accade, ma solo una sua rappresentazione.

Solo che (e ritorno alla frase che tu hai richiamato, detta da me sul concetto di linguaggio) le cose accadono perchè esiste un motivo (una legge). Se non si considerano anche quelle cose che accadono senza un motivo apparente, gli oggetti devono mandarsi dei segnali nel tempo e nello spazio per reagire. Una mela e la testa di Newton in qualche modo stanno comunicando, magari attraverso la legge di gravità. Anche quello è un linguaggio, ma è come per noumeno kantiano: noi lo possiamo carpire solo attraverso leggi matematiche, ma che è comunque solo un altro tipo di linguaggio. La sostanza di ciò che succede può essere descritta da un altro linguaggio parlando delle stesse cose, come della stessa cosa parlerei io descrivendo la caduta di una mela dal suo albero su un ignaro passante utilizzando la lingua italiana. 

Alberto Knox

Citazione di: Ipazia il 24 Aprile 2024, 11:37:46 AMBagaglio linguistico naturale che sta ovviamente anche alla base del nostro linguaggio formalizzato, di cui i fonemi onomatopeici sono una traccia evidente.
Questa frase è più interessante di quanto possa apparire ad uno primo guardo superficiale . Perchè va a toccare cio che è innato per natura e si va a ricollegare a quanto sta eprimendo daniele . Gli animali non possiedono un linguaggio vero e propio ma in quelli che vivono in società come ad ad es. le oche selvatiche abbiamo visto come possiedano fin dalla nascita tutto un codice di segnali e di movimenti espressivi ed è innata tanto la capacità di emettere tali segnali quanto quella di interpretarli correttamente. Venendo all uomo bisogna dire che il misterioso apparato trasmittente e ricevente che provvede all intepretazione e alla trasmissione dei segnali mimici o quella della comunicazione inconscia di sentimenti e affetti è molto antico, molto piu antico della specie umana, e certamente esso si è andato attrofizzando con l'evolversi del nostro linguaggio verbale. L'uomo non ha più  bisogno di minimi movimenti che ne svelino lo stato d'animo ,gli basta esprimerli con le parole. Perciò gli animali che vivono in società hanno per la comunicazione degli stati d'animo un apparato sia trasmittente che ricevente assai piu elaborato e specializzato di noi uomini e tutti i suoni coi quali gli animali sono solito esprimersi non sono dunque comparabili al nostro linguaggio verbale , ma solo a quelle nostre estrinsecazioni , come lo sbadiglio, l'aggrottamento della fronte , il riso e simili vengono da noi usate inconsciamente e inconsciamente comprese in virtù di un meccanismo innato , (kant lo chiamerebbe "categoria a priori).
Le "parole" dei diversi "linguaggi" degli animali sono, per così dire, soltanto interiezioni. E per quanto anche l'uomo possa disporre di numerose sfumature mimiche inconsce , neppure il piu abile attore sarebbe capace di comunicare per via escusivamente mimica la sua intenzione di andare a piedi, o di tornare a casa o di allontanarsi ulteriormente , cosa di cui è pienamente capace un oca selvatica.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#51
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Aprile 2024, 16:13:54 PMSe non si considerano anche quelle cose che accadono senza un motivo apparente, gli oggetti devono mandarsi dei segnali nel tempo e nello spazio per reagire. Una mela e la testa di Newton in qualche modo stanno comunicando, magari attraverso la legge di gravità. Anche quello è un linguaggio, ma è come per noumeno kantiano: noi lo possiamo carpire solo attraverso leggi matematiche, ma che è comunque solo un altro tipo di linguaggio. La sostanza di ciò che succede può essere descritta da un altro linguaggio parlando delle stesse cose, come della stessa cosa parlerei io descrivendo la caduta di una mela dal suo albero su un ignaro passante utilizzando la lingua italiana. 
Se, come mi pare di capire, tu sei uno che secondo me correttamente distingue i fatti dalla loro descrizione, dimostri però come sia facile il cadere in questa tentazione senza rendersene conto, come se il farlo ci venisse naturale, se i soggetti che intervengono in un fatto devono secondo te scambiarsi perciò dei segnali, che è come far rientrare dalla finestra a reibridarsi col fatto il linguaggio che hai fatto uscire fuori dalla porta.
Non te ne faccio quindi una colpa e comunque non sei il solo, se i fisici si chiedono, senza trovare una risposta, come facciano a comunicare due particelle fra loro in entanglement, dato che questa eventuale comunicazione violerebbe le leggi conosciute della fisica.
I fisici ritengono però che ciò in qualche modo  debba avvenire, confondendo appunto la descrizione dei fatti coi fatti.
In effetti in un fatto non c'è nulla che debba avvenire, perchè il fatto è propriamente ciò che avviene, e che noi proviamo a descrivere senza che a priori un tipo di descrizione si imponga su un altra.
Una ipotesi interessante da fare è, come io credo, che questa contaminazione fra fatti e loro descrizione si possa evitare solo nella misura in cui avviene in modo cosciente.
Diversamente la realtà nel modo in cui ci appare è essa stessa una descrizione funzionale della realtà non attuata in modo cosciente e che applichiamo istintivamente.
Cioè il modo in cui la realtà ci appare è una nostra applicazione su di essa, che comprensibilmente siamo perciò portati a confondere con la realtà stessa.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#52
Di fatto quindi sto ipotizzando che la descrizione di un fatto non sia altro che una traduzione da un linguaggio inconscio al nostro linguaggio corrente.
Più che con una mappa della realtà quindi potremmo avere a che fare con mappe di mappe della realtà, delle quali solo l'ultima a livello cosciente, livello che è quello della scienza i cui risultati non sempre riusciamo a comprendere, compresi gli stessi scienziati, perchè traducendo da una lingua ad un altra, come ben sappiamo, non per tutte le frasi si può trovare una sufficiente corrispondenza.
Il significato dunque non sarebbe indipendente dal particolare linguaggio che lo veicola, non essendo quindi necessariamente trasferibile ad altro.
E per contro quindi non esisterebbe un linguaggio che possa veicolare ogni possibile significato, compreso quello matematico.
Il vero limite alla conoscenza è quindi propriamente il linguaggio, che però non essendo statico cresce in parallelo ad essa, e non è statico perchè noi non lo siamo.
Fra uomini e animali infine non c'è una sostanziale differenza, e nessuna elezione ci premia, per rispondere anche a Daniele 22, in quanto usiamo solo un diverso grado di coscienza, la quale non ha un valore assoluto, in quanto determina solo un diverso modo di interagire con la realtà, non essendoci un modo giusto di farlo in assoluto, se vogliamo dare credito alla teoria dell'evoluzione.
L'uso notevole che la nostra specie fa della coscienza è la nostra forza quanto il nostro limite.
Quindi l'esortazione a far uso della coscienza non è in se una buona cosa.
Dovremmo invece prendere coscienza che l'usarla si parte decisiva di noi e che possiamo e dobbiamo decidere che uso farne, senza al contrario disincentivarne l'uso, negando la nostra natura.
Negare la propria natura, esaltandola o diminuendola, non è mai una buona cosa, ma nel momento in cui veniamo a conoscerla, non possiamo  fare a meno di decidere  cosa farne di questa conoscenza.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Il_Dubbio

Citazione di: iano il 24 Aprile 2024, 16:43:18 PMNon te ne faccio quindi una colpa e comunque non sei il solo, se i fisici si chiedono, senza trovare una risposta, come facciano a comunicare due particelle fra loro in entanglement, dato che questa eventuale comunicazione violerebbe le leggi conosciute della fisica.
I fisici ritengono però che ciò in qualche modo  debba avvenire, confondendo appunto la descrizione dei fatti coi fatti.
Hai richiamato un problema di fisica quantistica troppo complicata. La questione credo sia ancora tutt'ora aperta, e credo di poter sostenere che la maggior parte dei fisici non ritenga che le due particelle comunichino tra loro. 
Quello che ognuno di noi potrebbe ritenere è che le due particelle effettivamente dovrebbero comunicare per dare un senso meccanicistico al fatto (ovvero alla loro correlazione dopo le misure su entrambi i sistemi). Nonostante tutto, le cose non sono del tutto chiarite e non c'è una controprova che esista un "segnale" che parte da un sistema per l'altro lontano spazialmente. Per cui quello che tu ritieni un fatto in realtà è ancora solo una nostra deduzione. Cioè inconsapevolmente (forse) tentiamo di aggiungere dei fatti che però non vediamo, solo per dar conto di una tesi meccanicistica (o se vogliamo, potremmo usare il termine in uso ovvero "classica"). Ma quei fatti non li vediamo (o per lo meno non ancora al momento) per cui è ancora tutto da dimostrare che le particelle comunicano tra loro. 

Purtroppo non ho compreso il resto, quindi non saprei cosa rispondere 

iano

#54
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Aprile 2024, 20:16:24 PMHai richiamato un problema di fisica quantistica troppo complicata. La questione credo sia ancora tutt'ora aperta, e credo di poter sostenere che la maggior parte dei fisici non ritenga che le due particelle comunichino tra loro.
Quello che ognuno di noi potrebbe ritenere è che le due particelle effettivamente dovrebbero comunicare per dare un senso meccanicistico al fatto (ovvero alla loro correlazione dopo le misure su entrambi i sistemi). Nonostante tutto, le cose non sono del tutto chiarite e non c'è una controprova che esista un "segnale" che parte da un sistema per l'altro lontano spazialmente. Per cui quello che tu ritieni un fatto in realtà è ancora solo una nostra deduzione. Cioè inconsapevolmente (forse) tentiamo di aggiungere dei fatti che però non vediamo, solo per dar conto di una tesi meccanicistica (o se vogliamo, potremmo usare il termine in uso ovvero "classica"). Ma quei fatti non li vediamo (o per lo meno non ancora al momento) per cui è ancora tutto da dimostrare che le particelle comunicano tra loro.

Purtroppo non ho compreso il resto, quindi non saprei cosa rispondere
Mi spiace che tu non abbia compreso.
Ma comunque il fatto dell'entenglement in se non è complicato.
Due particelle che si producono dallo stesso evento rispondono alla stessa sollecitazione che è solo per una due due locale, cioè riconducibile a un contatto.
Nella fisica l'ipotesi locale e non locale si sono succedute con pari successo.
L'ipotesi locale prevaleva prima di Newton.
Newton introduce l'ipotesi non locale con l'azione a distanza della forza di gravità.
A lungo si è cercato un mediatore che continuasse a giustificare l'ipotesi di località, l'etere, la cui non esistenza è stata infine dimostrata.
Einstein ripristina l'ipotesi di località ponendo lo spazio tempo come quell'intermediario intermediario fra le masse, avendo successo dove l'ipotesi dell'etere è fallita.
Un modo per spiegare questa alternanza di ipotesi opposte che ugualmente mostrano di poter funzionare, è che nessuna di esse rispecchi la realtà, ma solo le sue possibili descrizioni.
Tuttavia, come cercavo di illustrare, la tentazione di continuare a scambiare la realtà con la sua descrizione è difficile da estirpare, specie quando la applichiamo in modo inconsapevole, ed indicavo come un esempio di questa inconsapevolezza il tuo post.
Infine provavo a rincarare la dose, ipotizzando che fra realtà e sua descrizione non vi siano vie di mezzo e in particolare che non lo sia il mondo come ci appare, essendo questa una sua descrizione che applichiamo in modo inconsapevole, cioè istintivo.Per cui quelle che indichiamo come mappe della realtà, sono in effetti mappe di mappe, delle quali solo dell'ultima abbiamo cognizione, mentre le precedenti si manifestano indirettamente con la nostra percezione.
Forse è per questo che di ogni teoria fisica nel tempo si scovano le ipotesi nascoste, perchè le mappe inconsce continuano ad agire.
Quando scopriamo queste ipotesi nascoste crediamo di aver scoperto l'inganno, essendoci così di più avvicinati alla verità.
Ma di fatto abbiamo solo intravisto  l'esistenza di mappe che non sapevamo di consultare.

Insomma non solo le ipotesi locale e non locale si sono succedute e probabilmente continueranno a farlo, ma nel fatto dell'entenglement sembrano addirittura convivere insieme, motivo di più per considerare le ipotesi che facciamo come soltanto descrittive.
Significa secondo me che la realtà non è in se ne locale ne non locale, ne entrambe le cose insieme, essendo queste solo simboli che punteggiano le mappe della realtà.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Direi di evitare pure la tentazione di costruire metafore promiscue tra la comunicazione di organismi biologici attraverso un fenomeno denominato linguaggio (verbale e corporeo),  e le interazioni fisiche tra enti non biologici.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Il_Dubbio

Citazione di: iano il 24 Aprile 2024, 20:46:04 PMMi spiace che tu non abbia compreso.
Ma comunque il fatto dell'entenglement in se non è complicato.
Due particelle che si producono dallo stesso evento rispondono alla stessa sollecitazione che è solo per una due due locale, cioè riconducibile a un contatto.


Proprio non comprendo quello che dici. L'entangled si crea quando due particelle vengono a contatto (e presumo in alcune condizioni specifiche). Quando sono separate spazialmente le due particelle rimangono intrecciate. Ma nessuna delle due è ancora stata misurata. Per cui c'è un primo passaggio dove le due particelle vengono a contatto, un secondo passaggio devo le particelle vengono allontanate e infine il terzo passaggio dove poi vengono misurate.

Quello che invece descrivi è una nebulosa...è normale che poi io non capisca il resto.

A me sembra (ma sto facendo una sorta di assemblaggio delle cose che hai detto) che tu voglia dire che dopo tutto la non località che prima era presente nella gravitazione di Newton, sia poi stata sostituita da una locale, ovvero larelatività generale di Einstein. E cosi dovrebbe succedere con quel che succede con questi piccoli problemi con l'entangled. 

Ma poi fai anche un triplo salto mortale che non ho capito da dove esce fuori, cioè che esisterebbero delle mappe di realtà locali e/o non locali che di volta in volta verrebbero fuori da non comprendo quale forno. 

Cosi non si può discutere...

e torno un attimo a quello che dicevamo prima, non è che alle volte si tende a voler cambiare le opinioni degli altri, ma se queste sono campate in aria e non c'è alcuna intenzione di migliorare il dialogo termina, e non c'è linguaggio che tenga

Il_Dubbio

Citazione di: Ipazia il 24 Aprile 2024, 21:17:50 PMDirei di evitare pure la tentazione di costruire metafore promiscue tra la comunicazione di organismi biologici attraverso un fenomeno denominato linguaggio (verbale e corporeo),  e le interazioni fisiche tra enti non biologici.

In cosa consistono queste "metafore promiscue"?

l'unico puro linguaggio dovrebbe essere quello della natura a livello fondamentale. Perchè secondo te bisognerebbe evitare di confonderlo con quello di comunicazione fra organismi biologici?

Non ne vedo la ragione



Ipazia

Citazione di: Il_Dubbio il 24 Aprile 2024, 22:34:41 PMIn cosa consistono queste "metafore promiscue"?

l'unico puro linguaggio dovrebbe essere quello della natura a livello fondamentale. Perchè secondo te bisognerebbe evitare di confonderlo con quello di comunicazione fra organismi biologici?

Non ne vedo la ragione




Direi di restare nei canoni del linguaggio condiviso. Evitando le metafore fuorvianti.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Il_Dubbio

Citazione di: Ipazia il 24 Aprile 2024, 22:54:28 PMDirei di restare nei canoni del linguaggio condiviso. Evitando le metafore fuorvianti.

a si? c'è un linguaggio condiviso e qual è? L'inglese?  :D

ma veramente state messi cosi? 

Una filosofia fatta di condivisione di enti non divisivi? 
Praticamente una setta?

Ok...fate vobis. Se non interviene un moderatore mi ritengo fuori dalla discussione. 

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