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Il linguaggio

Aperto da Jacopus, 07 Aprile 2024, 23:38:12 PM

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Pensarbene

il monologo interiore è una degenerazione del dialogo interiore.
Il dialogo interiore è stato scoperto e studiato da Fritz Perls, ideatore della terapia gestaltica.
In pratica, più che un dialogo è un litigio tra "uno che sta sopra" e "uno che sta sopra".
In genere vince quello che sta sopra e quello che sta sotto si ritira in un monologo brontolamento.
Oltre a questo, tenete conto del "rumore di fondo" esistente  tra l'Io cosciente e ciò che non lo è.
In pratica la consapevolezza diurna non è vergine e pura, ma è, in qualche modo, comunicante con il subconsapevole.
Cosa del tutto normale e che trova poi sfogo e liberazione nei sogni.
L'essere umano è fatto così, non è un hardware e un software,non è una macchina, si situa su un continuum che va dai sogni e dalle fantasie fino al ragionamento logico matematico rigoroso.
Questo, attraverso momenti di intuizioni e una ritmica variabile.
In altre parole, un CAPOLAVORO!


niko

#16
Purtroppo o perfortuna, secondo me la priorita' temporale, ontogenetica e filogenetica, risolve il problema, circa la natura del linguaggio: il linguaggio e' piu' dialogo che monologo quantomeno perche' il bambino umano (infante in tutti i sensi) impara prima il dialogo, che non il monologo: impara a parlare perche' e' esposto ad una comunicazione dialogica, non monologica, cioe' apprende il linguaggio perche' sente gli adulti parlare con lui, e perche' li sente parlate tra di loro.
Bambini in situazione di estremo disagio, se nessuno parla con loro, non imparano a parlare.

Ugualmente, a livello di specie umana, il pensiero monologico, ovvero la possibilita' di parlare tra se' e se', si e' sviluppata, ed e' stata appresa, perche' si era continuamente esposti al linguaggio, dialogico. Al parlare tra se' e l'altro. La priorita' temporale, per l'intera razza umana, tra istanze comunicative verbali interiori ed esteriori, secondo me e' la stessa che avviene, e si osserva sempre, nel singolo bambino.

Tutte le societa' e le comunita' umane ben radicate e sagge, cioe' tutte tranne la nostra, lo sanno benissimo, che l'interumano e' prioritario sull'interiore. Per quanto rigurda la nostra, c'e' voluto prima il feticcio cristiano dell'anima, e poi quello economicistico dell'individuo, per alienarci dalla realta', e dalle sue reali priorita' logico-temporali, al punto tale da pensare che l'interiore, il rimugino interindividuale, sia prioritario sull'interumano, sul sociale.
Ma l'esperienza del dividuo, cioe' dell'esser gettati in questo mondo volenti o nolenti a seguito di una "nascita" che e' gia' una separazione, e' reale, quella dell'individuo, e' folle e fantasmatica.

Platone sosteneva la priorita' del dialogo sulla scittura, cioe' dell'interpersonale sull'intrapersonale in filosofia. Ma non pote' nulla contro la forma alfabetica della scrittura, cioe' contro la riduzione della piu' antica e non solo occidentale scrittura in senso pieno e lato, intesa come attivita' e traccia dell'animale umano in generale, e dunque epigrafia e pittografia, al compito nuovo, e per essa "innaturale", di rappresentare la parola. Anzi, vi contribui con la priorita' assegnata alla forma letteraria del dialogo. E con la sua metafisica delle forme/idee.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Phil

Citazione di: niko il 12 Aprile 2024, 12:49:05 PMil bambino umano (infante in tutti i sensi) impara prima il dialogo, che non il monologo: impara a parlare perche' e' esposto ad una comunicazione dialogica, non monologica, cioe' apprende il linguaggio perche' sente gli adulti parlare con lui, e perche' li sente parlate tra di loro.
Sarei molto cauto al riguardo: dagli adulti il bambino impara una lingua (fonetica, grammatica, etc.), non un linguaggio, poiché ne esercita già uno sin dal primo vagito. Basta frequentare un bambino sin dai primi mesi di vita (in cui si "sveglia" l'area cerebrale in questione) per capire che ha un suo linguaggio, non una lingua codificata o semioticamente strutturata, ma comunque un linguaggio con cui comunica. Agli altri? Non necessariamente; il piagnucolare per fame, ad esempio, prescinde dalla presenza della mamma, è un breve "monologo ad alta voce" in cui il bambino dice "ho fame, mi sento vuoto, etc.", non lo dice a qualcuno (in dialogo) e non lo dice simulando i discorsi degli adulti. Lo dice come noi diciamo un'eslcamazione quando sbattiamo il piede su uno spigolo: con chi stiamo parlando? Nessuno, eppure stiamo comunicando all'infuori di noi il nostro sentire (dolore) fisico, senza il filtro della lingua (tranne nel caso di imprecazioni semanticamente apprese da chi ci circonda o create combinando quanto sentito in precedenza). Ugualmente quando il bambino gioca da solo (ossia in assenza di interlocutori), prima ancora di imparare a stare in piedi, "parla" il suo linguaggio, la sua lallazione è il riflesso linguistico del suo giocare, un monologo non ancora articolato in lingua; solo in seguito, crescendo, imparerà a dire, nella lingua appresa dagli adulti, «questo è Superman che ora vola e attacca il mostro...».
Anche a noi adulti capitano fulminei monologhi interiori non strutturati in una lingua appresa, ossia quando non sviluppiamo un intero discorso interiore, ma elaboriamo conclusioni o micro-ragionamenti senza che il "suono" della "vocina interiore" elenchi tutti i passaggi e le parole necessarie (oppure devo farmi vedere da uno bravo?).

Ipazia

Quando comunico con qualcuno tengo sempre conto del tipo di mazza e quale gioco uno predilige. Se le mazze sono incompatibili, lungi da me convincere l'interlocutore che la mia mazza è quella giusta perché è giusto il mio gioco. 

La formazione marxista mi ha permesso di capire che non esistono mondi ideali a cui tutti devono tendere, ma mondi reali segnati da profonde contrapposizioni di interessi di classe e visioni del mondo, per cui la mia comunicazione si limita ad evidenziare le contraddizioni dell'interlocutore, senza pretesa di conversione alcuna. Per mio conto, prendo atto delle critiche, quando siano funzionali ad arricchire la mia visione del mondo e la prassi corrispondente.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Pensarbene

il bambino piccolo piccolo si chiede:"che cosa è questa cosa che mi si para davanti?"
Si chiama imprinting ed è il meccanismo base di ogni vita animale.
Per il bambino è l'accesso al mondo anche se non lo sa,la prima comunicazione non verbale che si stampa nel cervello.
Dunque, l'essere umano è prima di tutto  un comunicatore che riceve e trasmette.
Questo in termini molto semplici e schematici.




niko

Citazione di: Phil il 12 Aprile 2024, 16:19:50 PMSarei molto cauto al riguardo: dagli adulti il bambino impara una lingua (fonetica, grammatica, etc.), non un linguaggio, poiché ne esercita già uno sin dal primo vagito. Basta frequentare un bambino sin dai primi mesi di vita (in cui si "sveglia" l'area cerebrale in questione) per capire che ha un suo linguaggio, non una lingua codificata o semioticamente strutturata, ma comunque un linguaggio con cui comunica. Agli altri? Non necessariamente; il piagnucolare per fame, ad esempio, prescinde dalla presenza della mamma, è un breve "monologo ad alta voce" in cui il bambino dice "ho fame, mi sento vuoto, etc.", non lo dice a qualcuno (in dialogo) e non lo dice simulando i discorsi degli adulti. Lo dice come noi diciamo un'eslcamazione quando sbattiamo il piede su uno spigolo: con chi stiamo parlando? Nessuno, eppure stiamo comunicando all'infuori di noi il nostro sentire (dolore) fisico, senza il filtro della lingua (tranne nel caso di imprecazioni semanticamente apprese da chi ci circonda o create combinando quanto sentito in precedenza). Ugualmente quando il bambino gioca da solo (ossia in assenza di interlocutori), prima ancora di imparare a stare in piedi, "parla" il suo linguaggio, la sua lallazione è il riflesso linguistico del suo giocare, un monologo non ancora articolato in lingua; solo in seguito, crescendo, imparerà a dire, nella lingua appresa dagli adulti, «questo è Superman che ora vola e attacca il mostro...».
Anche a noi adulti capitano fulminei monologhi interiori non strutturati in una lingua appresa, ossia quando non sviluppiamo un intero discorso interiore, ma elaboriamo conclusioni o micro-ragionamenti senza che il "suono" della "vocina interiore" elenchi tutti i passaggi e le parole necessarie (oppure devo farmi vedere da uno bravo?).


L'argomento era il linguaggio parlato e scritto... il linguaggio non verbale ce l'hanno anche gli animali. E non mi pare, fosse quello l'argomento.

Ma noi umani pensiamo (in gran parte) tramite parole, perche' comunichiamo (in gran parte) tramite parole. E, a livello verbale e discorsivo, vale quello che ho detto prima: il linguaggio precede il pensiero (quantomeno il pensiero discorsivo) e non viceversa.

Pensiamo perche' parliamo; non parliamo perche' pensiamo. Il pensiero discorsivo, il pensiero fatto e costituito di parole, specifico dell'uomo, di cui si parla qui, e' un fatto originariamente interindividuale, che, a certe condizioni puo' diventare (anche) individuale.

Anche l'autocoscienza, come scissione tra osservante e osservato, e l'autocontrollo, come scissione tra controllante e controllato (la famosa biga alata come metafora dell'anima...) sono tutte robe che nascono interpersonali, sociali, politiche, gruppali, schiettamente molteplici, e, solo successivamente, per loro continuazione "al di la' della presenza", dei parlanti, e per loro esacerbazione in quanto destino specifico dell'animale/uomo, divengono, intrapersonali, intime, intimistiche: apparentemente divisive dell'Uno, individuale, nello pseudodialogo, interiore. 
Ma ci vogliono sempre almeno due persone, reali e in carne ed ossa, anche solo per fare l'esperienza originaria di una nascita; o quella di un lutto, che e' l'esperienza possibile in vita della morte, in quanto morte dell'altro.

Nascita e morte. I confini dell'individuo. Che individuo non e'. Ma ci sono da decostruire due millenni e mezzo di falsa coscienza. Di abbaglio ideologico, individuale.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Ipazia

Il titolo è "linguaggio" per cui vi entrano anche forme comunicative non strutturate e codificate. Il bambino che strilla per la fame sta comunicando con gli strumenti che l'evoluzione gli ha dato, non sta soliloquiando. Tutto il suo linguaggio preverbale è rivolto al mondo che gli sta intorno: quando gioca, ride o piange, è sempre in relazione con qualcosa di esterno.

Il soliloquio, o meglio: riflessione, è il comportamento di una coscienza evoluta ed anche quando pensiamo in solitudine è prevalente, nelle personalità non dissociate, l'attenzione al mondo esterno (programmi, progetti, studio) rispetto ad un dialogo interiore, che anche nelle forme dell'esame di coscienza teistico, ha come principale referente un ente esterno: il nume.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

InVerno

Ironia della sorte ho rotto un paio di tasti della tastiera, perciò dovrò continuare monologicamente, stando che odio scrivere dal telefono. Brevemente: è facile fare confusione tra lo sviluppo della lingua nell' individuo e lo sviluppo del linguaggio nell'umano, ci sono delle sovrapposizioni e sovente sono termini di ragionamenti metaforici, tuttavia lo sviluppo del linguaggio non puo essere contenuto nell esperienza individuale. Si tratta poi di gerarchie non di un aut-aut. L'occhio delle prede si è evoluto lateralmente al cranio per permettere una maggior visione periferica, questo non significa che gli erbivori non vedono davanti al naso, ma che somo ottimizzati per la fuga non la rincorsa. Se l'italiano, come si paventava, perdesse il congiuntivo , non cambierebbe la capacità di formulare ipotesi nel proprio monologo interiore, ma nella forma dialogica spunterebbe lessicalmente un condizionale di secondo grado. Sicuramente meglio di me vi può rispondere Chomsky che sostiene la stessa cosa, che io stesso rigettai quando la sentii la prima volta "dialogicamente" ma che nel tempo ho assimilato e fatto mia "monologicamente".
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Pensarbene

Parliamo di livelli:
*somatico
*psicosomatico
*psichico
il linguaggio si è sviluppato dal primo al secondo al terzo attraverso
*gesti e suoni animali
*gestualità e segnali sonori più significativi
*parole e frasi

Consideriamo l'interdipendenza e l'interconnessione di questi livelli e modalità nel corso dei millenni.
Vediamo che l 'uomo è passato da uno status primario a uno secondario e terziario per motivi che non sappiamo.
La psiche è sorta come un affinamento, un distillato e una sintesi di somaticitã.
Questo succede anche negli animali evoluti, in parte, ma si ferma lì.
Invece, nel caso dell'uomo, la psiche ha preso il sopravvento.
Per farvi un esempio attuale: da hardware primari del secolo scorso sono emersi i computer moderni e da essi
l'AI.È quello che è successo all' uomo nel corso dell'evoluzione.Il linguaggio, dunque, non è altro che una sistematizzazione economica, "leggera", utile e comoda di una somatica, psicosomatica e psichica millenaria.
Una volta tale, ha preso una sua strada in parte staccata e libera, sviluppando logica, intuizione e creatività.







 

Ipazia

#24
La scena iniziale di "2001 odissea nello spazio" è la chiave del processo: guerra + techne = evoluzione umana. Anche oggi funziona così. Techne, mi pare ovvio, è il motore potente della psiche umana. Techne, di cui lo sviluppo parallelo di una lingua congrua, è necessità funzionale.

Tutto ciò fa la differenza col resto del(la) Lebenswelt.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#25
Il linguaggio segna una discontinuità nella nostra evoluzione, ma io non credo in effetti che nell'evoluzione vi siano vere discontinuità, e che queste siano solo funzionali alla descrizione che ne facciamo.
Credo quindi che grazie al linguaggio non facciamo nulla di nuovo, ma lo facciamo in un modo così diverso da sembrar nuovo.
Anche la tecnologia mi sembra che non abbia introdotto alcuna novità, in quanto ha sempre fatto parte di noi e anche qui c'è un disguido di continuità, per cui non sarebbe tecnologia ciò che di noi è parte in continuità, come appunto il linguaggio, mentre la scrittura in quanto sua esternazione, invece lo è.
Non ha senso credo scambiare una distinzione fisica per una funzionale.
più in generale tendo a non vedere nello sviluppo tecnologico alcuna novità , nel senso che tendo a vederlo come una esternazione in corso, che, essendosi fisicamente separata, si presta perciò ad essere rigettata, come aliena.
Ma se il progetto filosofico era di conoscere noi stessi, nella tecnologia questa conoscenza si è materializzata, eppure adesso che l'abbiamo esternata ci appare come estranea.
Il progetto ha avuto pieno successo, ma non ce ne siamo neanche accorti.
Se fosse una buona idea oppure no quel progetto è un altra storia, perchè in fondo tutta questa necessità di conoscerci forse non c'era.
Oppure si?
Sicuramente quando il progetto è stato fatto sembrava una buona idea, ma col senno di poi il perchè fosse buona non è poi tanto chiaro.
Magari non si trattava di un vero progetto , ma in tal modo esprimevamo la percezione della direzione che la nostra  evoluzione stava prendendo.
Conoscere se stessi significa riuscire
 a fare di noi una rappresentazione, ma col rischio poi di non riconoscerci più così rappresentati, divenendo di fatto questa una alienazione.
La nostra rappresentazione simbolica separandosi da noi è divenuta altro, come se quei simboli avessero preso una vita propria.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Il linguaggio è innato, ma l'evoluzione linguistica è funzionale all'evoluzione della civiltà (Kultur) di cui la tecnica, intesa in senso lato di specificità etologica umana, è motore e propellente.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alberto Knox

Citazione di: Ipazia il 14 Aprile 2024, 08:25:27 AMIl linguaggio è innato
non è meglio dire che sia la necessità di comunicare ad essere innata? il linguaggio è uno strumento che usiamo per far fronte a quella necessità fondamentale . Una necessità non solo vitale ma anche fisica, gli organi comunicano fra di loro, il sistema nervoso comunica , se non stiamo bene ci fa male una determinata zona del corpo, il linguaggio del corpo ci comunica che c'è un problema. Estendendo il discorso dall uomo agli animali l'esigenza di comunicare ricompare e ciascuna specie ha il propio codice per comunicare con quelli della specie a cui appartengono. Le piante comuncano, ne è un chiaro esempio le piante che fanno i fiori , che per attirare le api mettono in campo strategie visive e olfattive volte a comunicare un informazione alle api. Per andare oltre bisogna prendere in considerazione la materia non vivente, essa comunica informazione a livelli sub atomici. Per comunicare un informazione non serve una mente che elabori informazione e la comunichi con la voce, ci sono tanti modi per comunicare informazione. Come comunicano le molecole o gli atomi stessi è tutta un altra storia che evito di affrontare ma il punto è che la comunicazione è necessaria, sia a livello vitale che fisico. Questa legge relazionale non è solo una nostra interpretazione , un antropomorfismo riflesso sulla natura ma è una propietà fondamentale della natura e   mi porta a pensare che "en arché en o logos" significhi al principio vi è la relazione .
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

daniele22

Riprendo uno stralcio di pensiero di nico esposto in altro tema: "... e' molto piu' metafisico considerare l'ordine umano separato dall'ordine naturale, o eccedente rispetto ad esso, che non tutta la perniciosa metafisica ... etc".
Considerare il linguaggio come un'invenzione che si è sviluppata attraverso convenzioni sulla corrispondenza tra significante e significato corrisponde senz'altro a metafisica non ben ponderata. Mi rendo conto che l'argomento "linguaggio" sia un tabù, ma prima o poi le paure debbono essere affrontate.
Tutto ciò che accade nel mondo può considerarsi potenzialmente linguaggio per un eventuale osservatore. ¿Non osservano forse le scienze il linguaggio dei loro enti?
Il manifestarsi del dialogo apparterrebbe quindi alla sfera delle possibilità che il monologo del mondo offre agli eventuali osservatori interessati. Cioè, al fine dell'emersione di ipotetici dialoghi molto inciderebbe quanto sia pregnante l'attenzione che un ente di una determinata specie dedica ai gesti dei propri simili. Arrivederci

Pensarbene

la natura ha generato l'uomo e il suo cervello allo scopo di imparare lei stessa a pensare uscendo dagli automatismi e dallo spontaneismo cieco della materia energia vivente.
Visti i risultati ....   ;D 

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