Il cubo di Necker e le parallele.

Aperto da Eutidemo, 31 Luglio 2019, 13:32:02 PM

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Eutidemo

Le illusioni ottiche vengono solitamente classificate in tre categorie principali:
1) "ottica" quando è prodotta da un fenomeno puramente ottico, ossia che non dipende dalla fisiologia umana.
2) "percettiva" quando è generata dalla fisiologia dell'occhio e dalla nostra neurologia cerebrale.
Un tipico esempio è dato dalle linee perfettamente parallele, che, però, il nostro occhio-cervello vede storte a causa dell'inserimento di una scacchiera sfalsata

3) "cognitiva", che è dovuta all'interpretazione soggettiva che il cervello dà dell'immagine.
Un tipico esempio è dato dal Cubo di Necker, che  è costituito da una figura piana caratterizzata da un'ambiguità prospettica; cioè il punto focale di osservazione dipende da come decide il cervello, non dall'occhio.


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Lasciando da parte il primo tipo di illusione, che non interessa ai fini del discorso che intendo fare più avanti, la differenza principale tra il secondo ed il terzo tipo di illusione è che:
- l'illusione "percettiva" (2), ci induce ad una convinzione mentale, a volte anche molto forte, che, però, è in contrasto con la realtà "oggettiva" che stiamo osservando (perchè le linee sono "oggettivamente" parallele, anche se a noi fortemente così non sembra);
- l'illusione "cognitiva" (3), invece, non ci induce ad una convinzione mentale in contrasto con la realtà "oggettiva" che stiamo osservando, la quale, sia interpretata come dall'alto in basso o dal basso in alto, è in entrambi i casi perfettamente lecita.

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Un gruppo di studio dell'Università di  York (UK), ha fatto un interessante esperimento, tenendo sotto osservazione alcuni tifosi del Chelsea e del Manchester durante una partita tra le due squadre; a tal fine hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale per monitorare le aree frontali sottocorticali delegate all'interpretazione degli stimoli visivi.
Da tale esame, è risultato che i tifosi delle due squadre interpretavano gli eventi della partita (falli ecc.), "sempre e comunque" a favore della propria squadra del cuore, a prescindere dal fatto:
- che alcuni di essi fossero "oggettivamente" fallosi ;
-  che alcuni di essi, più ambigui, potessero essere effettivamente interpretati in modo differente.
E, un po' come accade nelle illusioni percettive e cognitive relative alla figure geometriche, il bello è che la risonanza magnetica funzionale ha mostrato che la maggioranza di loro era in perfetta buona fede.

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Premesso quanto sopra, ho notato che anche in campo politico, e, in genere, in tutti gli ambiti in cui ci si schiera in campi opposti (filosofici, artistici ecc.), accade un po' la stessa cosa.
A cominciare dal sottoscritto!
Più volte, infatti, ho potuto constatare che:
- la mia prima "reazione" di carattere politico, di fronte ad un determinato evento, risulta chiaramente condizionata dalle mie pregiudiziali convinzioni politiche;
- la mia seconda "reazione",  invece, consiste nel cercare argomentazioni razionali  volte a giustificare le mia prima "reazione istintiva".
La prima reazione credo che sia inevitabile, mentre, invece, penso che la seconda non lo sia necessariamente.
Basta, per così dire, "falsificarla"!
A tal fine, cioè (come appresi nel mio corso di eristica giudiziaria), occorre controbattere la propria stessa tesi, mettendosi nei panni di un avversario di se stesso; e cercare tutte le controargomentazioni possibili avverso la propria stessa tesi.
Dopo tale "autodibattito", i casi sono due:
- o mi rendo conto che si tratta, come nelle illusioni cognitive, di fatti ed eventi che possono essere legittimamente interpretati in modi diversi, senza ledere il "principio di realtà", ed allora mi tengo la mia convinzione, per quello che soggettivamente può valere;
- oppure mi rendo conto che si tratta, come nelle illusioni percettive, di fatti ed eventi che NON possono essere legittimamente interpretati, secondo logica, in modi diversi da quelli reali ed oggettivi, ed allora mi tengo la mia convinzione se era esatta, oppure la ripudio se vedo che è oggettivamente errata.

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Ovviamente, anche l'"autodibattito" talvolta non è sufficiente, ed allora questo FORUM, per me, si rivela prezioso; almeno, quando si incontra un interlocutore molto ferrato nella materia di cui si dibatte.
Ad esempio, credo circa due anni fa, mi ero intestardito nel sostenere che quel che ha un inizio deve necessariamente avere una fine (almeno sotto certi aspetti); io ne ero fermamente convinto in base a quelli che ritenevo ragionamenti corretti, mentre, invece, Sgiombo ed un altro membro di cui ora non ricordo il nome (spero vorrà scusarmi), mi dimostrarono che i miei ragionamenti erano invece fallaci.
Forse potrà sembrare strano, ma io sono più contento di dover ammettere che ho sbagliato, che di restare convinto di avere ragione; ma non tanto per umilità francescana (il che sarebbe indubbiamente meglio), quanto, piuttosto, perchè ciò mi rassicura sul fatto che il mio cervello non si è ancora del tutto sclerotizzato ed irrigidito .
O, almeno, così spero! ;)

viator

Salve Eutidemo. Complimenti per l'estensione di dati ed informazioni che corredano i tuoi interventi.

Ovunque nel mondo gli accademici e coloro che aspirano a diventare tali devono anzitutto giustificare le loro retribuzioni e possibilmente suscitare interesse ed apprezzamento per il loro operato, il quale richiede notoriamente la disponibilità di fondi.

E' successo anche a York dove finalmente si è aperto uno spiraglio sul misterioso e del tutto imprevedibile mondo dell'autosuggestione.
Infatti si è accertato che costituisce novità assoluta il fatto che le nostre interpretazioni ed attese circa fatti che stanno per accadere o stanno accadendo risentano un pochetto della nostra visione del mondo (anche il calcio fa parte del mondo) ed in particolare di ciò che del mondo ci piace o pensiamo ci possa servire.

E' chiaro che un gol in fuori gioco appaghi il tifoso della squadra che lo segna, mentre un conseguente intervento arbitrale venga trovato come minimo altamente disturbante.

Ovvio che se – all'interno del nostro cranio – esiste già una qualche costruzione psicomentale che favorisce e supporta delle ipotesi e dei desideri a noi giovevoli, una volta che stia per realizzarsi un evento di nostro interesse noi non chiederemo di meglio che il poterlo interpretare ANZITUTTO in conformità alle nostre speranze e desideri.
Se poi l'interpretazione è appena appena logicamente discutibile........figuriamoci......diventeremo accaniti combattenti in favore del NOSTRO punto di vista e della NOSTRA sensibilità.
Tanto per confermare che esiste un solo modello di verità esistenziale, costituito solo da ciò in cui crediamo.

Per quanto riguarda poi l'accenno all'argomento inizio-fine............immagino cosa abbia potuto saltar fuori.

"Inizio" e "fine", se slegati da un qualsiasi evento concreto (e quindi relativo) risultano concetti filosoficamente sinonimi poichè identicamente definibili : per entrambi vale "il momento in cui qualcosa cessa di essere per diventare qualcos'altro".
Ciò in omaggio ad un certo Lavoisier il quale con il suo "nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma" enunciò il primo dei dettati universali (perchè perfettamente valido sia per la filosofia che per la scienza) – (il secondo è "tutto è relativo tranne l'insieme di tutti relativi, il quale è l'assoluto").

Legare l'inizio e la fine ad un a evento oppure ad un ente significa appunto renderli (l'inizio e la fine) relativi.

Se qualcuno – come provo ad indovinare – avrà sostenuto che può essere esistito o potrà esistere un inizio intrinsecamente interminabile.......credo proprio si inganni.
L'inizio di un evento od un ente – ripeto – è relativo in quanto consiste nello specificarsi di qualcosa che precedentemente non era tale.

Se tale inizio non fosse seguito da una fine si violerebbe il ".........tutto si trasforma".

Naturalmente si potrebbe obiettare che tutto ciò varrebbe a livello fisico-materiale, restando salva l'ipotesi di una spiritualità indenne da ogni trasformazione.

Solamente – a questo proposito – il problema non sarebbe più quello dell'inizio-fine. Bensì quello ben più totalizzante dell'essere o non essere (credere o non credere nella metafisica). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Eutidemo

Ciao Viator :)
In primo luogo ti ringrazio per gli (immeritati) complimenti; per il resto, in ordine alle tue acute ed intelligenti considerazioni, osservo quanto segue

1)
E' senz'altro vero che, ovunque nel mondo, gli accademici e coloro che aspirano a diventare tali devono:
-  anzitutto giustificare le loro retribuzioni;
- possibilmente suscitare interesse ed apprezzamento per il loro operato, il quale richiede notoriamente la disponibilità di fondi.
A questo, io aggiungerei lo STIMOLO DELLA VANITA', di cui siamo tutti vittime.
Ovviamente, a cominciare dal sottoscritto; direi, anzi, che sono vanesio nel momento stesso in cui ammetto di esserlo, compiaciuto di tanto sfoggio di umilità e di onestà intellettuale. ;D

2)
Detto questo, però, a parte i santi, TUTTI coloro che svolgono una attività lavorativa, vanità a parte, devono anzitutto giustificare le loro retribuzioni, e possibilmente suscitare interesse ed apprezzamento per il loro operato:
- da parte del datore di lavoro se sono subordinati;
- da parte dei clienti se sono lavoratori autonomi.
Gli accademici e gli scienziati non fanno eccezione alla regola, ma ciò non vuol dire che i risultati del loro lavoro non possano comunque essere eccellenti; come quelli di chiunque altro svolga un'attività intellettuale o materiale.
Per cui, tutto sommato, io penso che, così come la maggior parte dei chirurghi non uccide il paziente sul tavolo operatorio, e così come la maggior parte dei ponti non crolla per imperizia degli ingegneri, allo stesso modo la maggior parte degli studi scientifici siano seri e veritieri; anche perchè sono "sempre" sottoposti a verifica da parte di altri studiosi, spesso di diverso pensiero.

3)
Quanto allo studio dell'Università di York, la differenza rispetto alle ovvie considerazioni del senso comune, è che gli studiosi hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale per monitorare le aree frontali sottocorticali delegate all'interpretazione degli stimoli visivi, per rilevare e misurare il fenomeno; dopodichè hanno tratto valutazioni "più evolute" sul fenomeno, che qui non è il caso di approfondire.
Anche per i Neanderthal era ovvio che una mela staccata dall'albero sarebbe caduta a terra; ma questo non significa che Newton fosse un ciarlatano, e che tutti i suoi studi sulla gravità fossero inutili.
Uno dei principali motivi del decadimento dell'Italia, secondo me, è dovuto alla carenza di cultura scientifica (e della cultura in generale).

4)
Quanto al fatto che esiste un solo modello di verità, costituito solo da ciò in cui crediamo, questo, secondo me, è vero solo a livello valoriale; cioè, se uno crede che il suicidio sia sempre sbagliato, ed un altro no, la loro opinione, come nel caso del Cubo di Necker, non è oggettivamente discriminabile.
In altri casi, invece, esiste una verità oggettiva, fisicamente o logicamente, che resta tale a prescindere da quello che noi crediamo (o vogliamo credere), come nel caso delle parallele che "sembrano" palesemente storte; ad esempio, in base a vari sondaggi d'opinione, la maggioranza degli Italiani ha la "percezione" che gli immigrati ammontino al 30% della popolazione italiana, ma tale "percezione" è oggettivamente errata, perchè, contandoli uno per uno, in tutto ammontano all'8,5% della popolazione  (nel 2017-2018).
Vivendo io in una villetta quadrifamiliare, e poichè in due dei quattro appartamenti "a svastica" ci sono 12 stranieri (filippini e irlandesi), mentre negli altri due appartamenti siamo in tutto solo 4 italiani, se io mi basassi solo su questo, dovrei concludere che in Italia gli stranieri sono il triplo degli italiani; ed invece, a parte il fatto che nella villetta quadrifamiliare a fianco ci sono italiani in tutti e quattro gli appartamenti, "ragionando" un pochino mi rendo conto che non posso "estrapolare" la percentuale di stranieri della mia villetta (o del mio quartiere o persino della mia città) all'intera Italia, in quanto, per stabilire questa, mi devo basare sulle rilevazioni statistiche generali dell'ISTAT.
Ma, per carità, era solo un esempio: non voglio riaprire tale dibattito qui, Dio me ne guardi!

5)
Per quanto riguarda poi l'accenno all'argomento "inizio-fine", trovo molto acute ed interessanti le tue osservazioni; ma anche in tale caso non voglio riaprire tale diatriba qui!
Avendo trattato la questione in un THREAD non mio, non riesco a rintracciarlo; ma, se ci riuscissi, ti fornirò il LINK.

Grazie per il tuo intervento, ed un saluto! :)

baylham

Citazione di: Eutidemo il 31 Luglio 2019, 13:32:02 PM
Forse potrà sembrare strano, ma io sono più contento di dover ammettere che ho sbagliato, che di restare convinto di avere ragione; ma non tanto per umilità francescana (il che sarebbe indubbiamente meglio), quanto, piuttosto, perchè ciò mi rassicura sul fatto che il mio cervello non si è ancora del tutto sclerotizzato ed irrigidito .
O, almeno, così spero! ;)

Avrei un'altra interpretazione della contentezza di sbagliare: riconoscere lo sbaglio è consolatorio perché ci illude che abbiamo un saldo criterio, una logica capace comunque di farci distinguere il giusto dallo sbagliato.

iano

#4
Non direi che ci sia una sostanziale differenza , come è posta a premessa di questa discussione , fra i casi 2 e 3 .
Il sistema infatti decide sempre di scegliere la soluzione che reputa più probabilmente corretta fra quelle prese in considerazione , ma non sempre quella reputata più probabile è unica , e questo ultimo è il caso 3 , dove si salta da una possibilità all'altra in continuazione senza mai fare una scelta definitiva.
È il caso classico ad esempio del disegno di una semisfera concava o convessa
Il punto 3 è quindi solo un caso particolare del punto 2.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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