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Il concetto di verità.

Aperto da iano, 15 Luglio 2024, 08:35:44 AM

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Alberto Knox

Citazione di: Koba II il 28 Luglio 2024, 17:38:18 PMPerché l'immagine che lo salverà non deve essere considerata vera?
ripartendo dal tuo esempio ho una mappa che indica le vie da seguire per uscire dal labirinto, la percorro un giorno e ne esco, la percorro un altro giorno e ne esco, la percorro un altro giorno e finisco in una trappola che un ipotetico propietario sadico si è preso la libertà di produrre a mia insaputa. la mappa non poteva prevedere questa variabile.

piu in generale e più semplicemente mi limito a tenere sempre a mente il monito di Hume che ci mette in guardia dal ragionamento induttivo.
Perchè dovremmo essere certi che se una cosa funziona dovrà funzionare sempre anche in futuro? la credenza che ciò avverrà si basa sull assunto che il corso della natura rimane sempre uniformemente invariabile, ma come si giustifica questa assunzione?
Martin Heidegger aveva espresso lo stesso concetto in maniera più pittoresca immaginando che un tacchino fosse in grado di formulare un ragionamento induttivo sulla base di causa e effetto , avere cioè il concetto di causalità. Allora il tacchino che al susseguirsi dell entrata nel seraglio da parte dell allevatore vedeva il riempimento della zona cibo collegò le due cose come causa ed effetto, poi un giorno , vicino a Natale, succede  tutt altro.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Koba II

Citazione di: Alberto Knox il 28 Luglio 2024, 19:26:26 PMripartendo dal tuo esempio ho una mappa che indica le vie da seguire per uscire dal labirinto, la percorro un giorno e ne esco, la percorro un altro giorno e ne esco, la percorro un altro giorno e finisco in una trappola che un ipotetico propietario sadico si è preso la libertà di produrre a mia insaputa. la mappa non poteva prevedere questa variabile.
piu in generale e più semplicemente mi limito a tenere sempre a mente il monito di Hume che ci mette in guardia dal ragionamento induttivo.
Perchè dovremmo essere certi che se una cosa funziona dovrà funzionare sempre anche in futuro? la credenza che ciò avverrà si basa sull assunto che il corso della natura rimane sempre uniformemente invariabile, ma come si giustifica questa assunzione?
Martin Heidegger aveva espresso lo stesso concetto in maniera più pittoresca immaginando che un tacchino fosse in grado di formulare un ragionamento induttivo sulla base di causa e effetto , avere cioè il concetto di causalità. Allora il tacchino che al susseguirsi dell entrata nel seraglio da parte dell allevatore vedeva il riempimento della zona cibo collegò le due cose come causa ed effetto, poi un giorno , vicino a Natale, succede  tutt altro.

Un'ultima considerazione.
Mi sembra strano che tu sostenga all'inizio una posizione affine a Kant e che poi citi Hume, visto che il criticismo kantiano è stato una risposta allo scetticismo moderno espresso nella sua forma più radicale da Hume appunto.
Ma a parte questa apparente contraddizione, bisogna capire che la conoscenza riguarda sempre e soltanto casi singoli. Per cui la generalizzazione dell'induzione per quanto utile non è mai ovviamente garantita, visto che ha a che fare con casi somiglianti ma mai identici.
Ogni esperimento scientifico è unico.
Questo ci dovrebbe gettare nel panico?
Lo scetticismo mette in crisi l'idea metafisica della verità come essenza eterna, legge assoluta.
Ma tolto questo presupposto ontologicamente impossibile, tutti questi dubbi, queste pretese di oggettività e di assolutezza, di garanzia di eternità etc., semplicemente spariscono e lasciano il posto all'avventura della conoscenza. Avventura umana, non divina. Umana, con tutti i suoi limiti e le sue meraviglie.

Alberto Knox

Citazione di: Koba II il 28 Luglio 2024, 20:49:32 PMUn'ultima considerazione.
Mi sembra strano che tu sostenga all'inizio una posizione affine a Kant e che poi citi Hume, visto che il criticismo kantiano è stato una risposta allo scetticismo moderno espresso nella sua forma più radicale da Hume appunto.
conoscere a fondo kant mi ha permesso di trovare motivi anche di critica , penso che un vero filosofo non deve mai prendere come oro colato quello che dicono i giganti della filosofia e cercare sempre di giustificarli sempre e comunque  ma vagliarli, metterli sotto esame, sotto critica appunto. se guardi in questa discussione ci sono diversi punti dove dico che kant in questo o in quello si sbagliava.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Ipazia

#168
Lo spaziotempo antropologico, come quello di ogni altro vivente, è stato deciso dall'evoluzione naturale che ha tarato i sensori, incluso il centrale, al meglio delle possibilità di sopravvivenza e al netto di ogni speculazione metafisica.

Basta una scena qualsiasi di predazione per dimostrare che quello spaziotempo non poteva essere che così,  inarrivabile alla matematica più complessa che le nostre università e IA possano calcolare e mettere in una funzione.

Il tempo biologico è quello del suo invecchiamento, lo spazio quello del suo habitat. La sua laurea la capacità di sopravvivere, come predatore e come preda. Senza neppure un teorema metafisico necessario.

La metafisica non può che inchinarsi di fronte alla sapienza della natura. Al di qua del bene e del male.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alberto Knox

Citazione di: Koba II il 28 Luglio 2024, 20:49:32 PMMa a parte questa apparente contraddizione, bisogna capire che la conoscenza riguarda sempre e soltanto casi singoli. Per cui la generalizzazione dell'induzione per quanto utile non è mai ovviamente garantita, visto che ha a che fare con casi somiglianti ma mai identici.
Ogni esperimento scientifico è unico.
Ne sei sicuro? prendiamo allora come esempio una cosa consolidata come la legge dell inverso del quadrato che regola la forza elettrica , questo non è un caso unico perchè lo si riscontra in tutti i casi. Essa è stata controllata in vari modi ed è sempre stata confermata. La definiamo legge perchè ,sulla base dell induzione, concludiamo che la propietà che essa esprime sarà sempre valida. Comunque , il fatto che nessuno ha mai osservato alcuna violazione della legge dell inverso del quadrato non prova che essa debba essere vera nello stesso modo in cui, dati gli assiomi della geometria euclidea , il teorema di pitagora deve essere vero. Non importa in quante singole occasioni la legge risulti confermata, non possiamo essere certi in modo assoluto che sia infallibilmente valida. Se non prendessi in considerazione questa possibilità sarei un dogmatico, ma non un vero filosofo a patto che io mi possa ritenere tale .
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#170
Citazione di: Koba II il 28 Luglio 2024, 20:49:32 PMMa a parte questa apparente contraddizione, bisogna capire che la conoscenza riguarda sempre e soltanto casi singoli. Per cui la generalizzazione dell'induzione per quanto utile non è mai ovviamente garantita, visto che ha a che fare con casi somiglianti ma mai identici.
Attraverso il processo di induzione sui singoli fatti si riduce l'incertezza con cui si verificano i singoli fatti, e di conseguenza il nostro agire diviene sempre meno aleatorio, riducendosi i il numero dei casi fra i quali il libero arbitrio è chiamato a scegliere.
Anche quando i singoli fatti sembrano avere origine nel caso, riuscendo a calcolare la probabilità con cui si verificano, riduciamo l'incertezza nella previsione del loro verificarsi.
il risultato è che alla fine ci interfacciamo con la realtà con maggior sicurezza e in modo potenzialmente più responsabile.
Di fatto le nostre azioni diventano causa delle nostre azioni in un mix di determinismo e casualità, in quante le cause agiscono in modo deterministico, ma è il nostro libero arbitrio, assimilabile di fatto al caso, a decidere quali agiranno.
Un libero arbitrio assimilabile al caso nel senso che noi stessi non siamo in grado di prevedere cosa decideremo, ma allo stesso tempo non è pensabile che il nostro agire non venga condizionato dalla nostra esperienza.
Se questo condizionamento poi sembra avere conseguenze positive, allora può valere la pena di fare delle nostre esperienze sistema, e questo sistema si chiama scienza nella sua versione moderna, o percezione nella sua versione originaria.
Mi pare di aver detto così cose banali, sotto gli occhi di tutti, purché vi si ponga attenzione.
Se però in questa ovvia descrizione introduciamo una conoscenza che sia caratteristica esclusiva degli umani, come tu affermi, le cose si complicano non poco e non è mai una buona idea complicare le cose, a meno che ciò non sia necessario, come quando ad esempio potessimo dimostrare ciò che tu affermi, che a me sembra invece del tutto arbitrario, e anzi mi pare che vi siano indizi del contrario.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#171
Infatti se consideriamo scienza e percezione, una agente nel dominio della coscienza e l'altra no, come rivolti allo stesso scopo, che è quello di interfacciarci  con la realtà al fine di sopravvivere, la coscienza e quindi la conoscenza non sembrano avere un ruolo centrale, se anche gli incoscienti animali sopravvivono.
C'è però secondo me un modo diverso di dire la stessa cosa più interessante, laddove non leghiamo la conoscenza alla coscienza, ma al possesso di nozioni comuni che agiscano anche indipendentemente dal nostro libero arbitrio, e  a ciò io farei risalire quel che sorge in ognuno di noi, il concetto di verità, come quella cosa che non posso negare non avendo si di essa controllo cosciente.
Che sia cosciente oppure no, non credo che ci sia da esaltarsi comunque per il  possesso di questa conoscenza che anche una intelligenza artificiale possiede nella sua versione incosciente, come la possiede ogni essere vivente supportata da un grado variabile di coscienza.

La verità è il senso comune nascosto dentro noi.
Se è già un impresa intellettuale degna di un genio riuscire ad andare contro il senso comune (Newton, Einstein e compagnia), è impresa impossibile andare contro il senso comune nascosto dentro ognuno di noi, come se questo senso comune che agisce in incognito fosse una verità.
Certo, si può anche provare a tirarlo fuori, attraverso la meditazione, cercando di sondarlo come fanno certi santoni.
Ma si tenga presente che è un attività che li impegna in modo esclusivo per tutta la vita, e alla fine non è mai chiaro se alcuno di loro da questo profondo mare abbia pescato qualcosa.
Succede piuttosto che nelle dinamiche della vita, come in quelle geologiche, ci si ritrovi prima o poi con montagne che prima erano i fondali di un oceano.
 E' più facile conoscere la lontana luna che i vicini fondali oceanici.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#172
Si può sottoporre tutto a critica, come pretende Kant, ma solo nella misura in cui vi abbiamo accesso, e nella misura in cui non riusciamo ad accedervi, e  fin tanto che non vi riusciamo, esistono delle verità di fatto che agiscono in noi, che hanno il valore degli ''a priori'' di Kant, laddove l'essere tali non è però il loro destino segnato.
Il processo critico stesso che Kant mette in campo parte necessariamente da universali che a questa critica si sottraggono, la cui caratteristica è però più quella di sottrarsi alla critica, che l'essere universali.
Essi si presentano semplicemente a noi come a priori perchè non ne conosciamo l'origine, e questa origine anche quando venisse svelata rimanderebbe comunque ad altri a priori, perchè degli a priori, cioè di ciò che spiega senza essere spiegato, è propriamente fatta la conoscenza.
Nella sua versione cosciente l'a priori è una ipotesi che scegliamo senza subirla, perchè comunque non vi è altro modo di far procedere la conoscenza.
La verità è una ipotesi che non essendo stata scelta non può essere rinnegata.
Questa verità non è un universale, ma la carta di identità dell'uomo, di cui periodicamente bisogna aggiornare la foto, per poter continuare ad identificare attraverso di essa un uomo i cui connotati  cambiano nel tempo, e perciò la conoscenza cambia aggiornandosi all'uomo, ma restando comunque sempre aderente a una realtà che pur cambiando, non muta le sue dinamiche di cambiamento.

Però certo non pretendo di aver penetrato Kant con la lettura di poche righe su Wikipedia.
A prima vista comunque mi pare che nella critica della ragion pura di Kant manchi il soggetto criticante, e che questa mancanza venga tradotta negli universali.
Le leggi della fisica che descrivono i mutamenti della realtà attraverso le variabili matematiche non potrebbero essere scritte se non in connubio con le costanti.
Come dire che tutto cambia per restare sempre uguale, con l'unica eccezione della variabile impazzita della vita, variabile che però non compare nelle equazioni della fisica, perchè è il soggetto che le produce.
Naturalmente sto attribuendo in modo improprio le equazioni alla vita, essendo invece proprietà esclusiva dell'uomo, ma si tratta in effetti solo di un esempio a noi noto di ciò che la vita produce nel suo interfacciarsi col resto della realtà.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

pandizucchero

Secondo me dovreste tenere conto di questo: il cervello umano non è una tabula rasa e non costruisce ex novo .
Nasce con una dote di informazioni e una sistemica cognitiva embrionale .
Matrici e informazioni che funzionano sin dall'inizio e poi si sviluppano sequenzialmente e progressivamente 
In un certo senso l'essere umano è programmato e pronto a funzionare bene su questo pianeta.
Portandolo su un altro con caratteristiche diverse e/o contrarie  non saprebbe neanche che fare.
La programmazione del cervello umano è dovuta sia all'umanizzazione naturale e spontanea che a un quid di cui non si sa praticamente niente.
Quel quid ad esempio regola l'apertura di salti di qualità e di porte intellettive e creative 
La storia ce lo dice chiaramente dalla politica all'arte,dalla musica alla letteratura.Perfino la scienza segue questo quid e lo si può dimostrare facilmente 
Le invenzioni arrivano sempre al momento opportuno in cui scienza e tecnologia ne hanno bisogno per progredire oppure per consolidare lo status.
Io sono stupito da come questa verità non sia ancora stata capita  ma capisco il perchè:sarebbe un riconoscere qualcosa di scomodo nella natura umana.
Comunque io penso che ,dopo Copernico,Einstein,Freud e Planck, arriverà tra un po' qualcuno che spiegherà bene la natura e e la meccanica dell'Informazione.

Un esempio è il fatto che, ad esempio, nell'arte la creatività appare fase dopo l'altra,in paesi diversi e da artisti che neppure si conoscono o sono in contrasto personalmente.

Koba II

Citazione di: Alberto Knox il 28 Luglio 2024, 21:31:13 PMNe sei sicuro? prendiamo allora come esempio una cosa consolidata come la legge dell inverso del quadrato che regola la forza elettrica , questo non è un caso unico perchè lo si riscontra in tutti i casi. Essa è stata controllata in vari modi ed è sempre stata confermata. La definiamo legge perchè ,sulla base dell induzione, concludiamo che la propietà che essa esprime sarà sempre valida. Comunque , il fatto che nessuno ha mai osservato alcuna violazione della legge dell inverso del quadrato non prova che essa debba essere vera nello stesso modo in cui, dati gli assiomi della geometria euclidea , il teorema di pitagora deve essere vero. Non importa in quante singole occasioni la legge risulti confermata, non possiamo essere certi in modo assoluto che sia infallibilmente valida. Se non prendessi in considerazione questa possibilità sarei un dogmatico, ma non un vero filosofo a patto che io mi possa ritenere tale .

Se cerchiamo conferma di una legge scientifica dobbiamo isolare e semplificare il nostro oggetto in un sistema ideale, dopodiché compiere la misurazione, cioè "perturbare" l'oggetto con la nostra strumentazione. Questa interazione, anche là dove la prima approssimazione del fenomeno nel sistema ideale fosse trascurabile, comporta comunque sempre un'alterazione decisiva, da un punto di vista ontologico, quasi mai da quello pragmatico della scienza.
Abbiamo così a che fare sempre con un'interazione unica.
Variazioni che appunto possono essere trascurate nell'attività scientifica, ma che comunque esistono.
La scienza contemporanea è basata su un paradigma probabilistico, non deterministico.

iano

Citazione di: pandizucchero il 29 Luglio 2024, 09:07:50 AMLe invenzioni arrivano sempre al momento opportuno in cui scienza e tecnologia ne hanno bisogno per progredire oppure per consolidare lo status.
Io sono stupito da come questa verità non sia ancora stata capita  ma capisco il perchè:sarebbe un riconoscere qualcosa di scomodo nella natura umana.
Forse ne restrei stupito anch'io se capissi cosa intendi dire. Fai un esempio. 
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Citazione di: Koba II il 29 Luglio 2024, 09:10:28 AMLa scienza contemporanea è basata su un paradigma probabilistico, non deterministico.

Confondi la probabilità con il caso, perchè se il caso è imprevedibile la probabilità si può determinare.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

pandizucchero

Consulta internet dgtando "cronologia delle invenzioni significative" e anche "cronistoria della scienza e tecnologia" 

iano

#178
Citazione di: Koba II il 29 Luglio 2024, 09:10:28 AMSe cerchiamo conferma di una legge scientifica dobbiamo isolare e semplificare il nostro oggetto in un sistema ideale, dopodiché compiere la misurazione, cioè "perturbare" l'oggetto con la nostra strumentazione.

Isolando e semplificando stai solo ricreando le stesse condizioni che hanno prodotto la legge al fine di poterla confermare.

Se la realtà è una collezione di oggetti, la misurazione fatta su uno di questi oggetti lo perturberà, per cui non rileveremo con la misurazione l'essenza del suo essere .
Se la realtà non è una collezione di oggetti, una misura fatta su di essa la perturberà di modo che con la misurazione non rileveremo l'essenza del suo essere, e se il risultato della misurazione sarà una collezione di oggetti, allora quella collezione di oggetti non è l'essenza  della realtà.
L'essere in questo secondo caso sarebbe allora l'imperfezione con cui la realtà ci appare quando, interagendovi, la perturbiamo.
L'essere allora è il prodotto di questa perturbazione.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22

Citazione di: Alberto Knox il 28 Luglio 2024, 11:50:03 AMNo Daniele , era riferito a ciò che hai detto di pensaperbene alias pandizucchero. Per il resto non sono qui per convincere nessuno e rispetto il tuo punto di vista.
Alberto, ti ringrazio del tuo avere rispetto per il mio pensiero, ma questa sembra un'affermazione che tende a chiudere un dialogo nel quale ciascuno di noi si arrocca nella sua tesi senza più esporla a critica. Giusto quindi per riaprire il dialogo ti riporto a un tuo pensiero espresso l'otto dicembre scorso nelle tematiche filosofiche (Oltre la cenere - post 39).
"Si è scoperto che , attraverso degli esperimenti neuropisichiatrici, e potendo vedere su un monitor il flusso sanguigno che attiva aree del cervello deputati all azione e poi a qualle aree deputate invece alla decisione. Ebbene facendo questi esperimenti si è scoperto che la parte del cervello che si attiva per prima quando facciamo una scelta non è quella della decisione ma quella dell azione. Cosa vuol dire? vuol dire che tu prima agisci e poi interpreti quella tua azione secondo quella che è la tua canzone preferita che ti piace cantare e così via ma in realtà c'è prima l'istinto, poi la decisione. Ma sai che c'è? c'è che io poi posso rivedere la mia azione , quell azione istintiva che ho fatto la posso pesare, soppesare e posso riformarla e il giorno dopo, quando sarò nella stessa situazione, agirò diversamente."
Non so se il dato sia confermato dalla scienza, ma di sicuro la mia tesi "filosofica" si sposa benissimo con questa visione e anche il commento che tu hai offerto in quel frangente tende a coincidere con la mia tesi. Sembra invece che Kant si disinteressi di questioni psichiche circa l'umana azione intellettuale volta a stabilire a cosa corrisponda la conoscenza. Quello che pesa infine sarebbe proprio la possibilità di rivedere le proprie azioni, nel nostro caso quelle intellettuali

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