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Il concetto di verità.

Aperto da iano, 15 Luglio 2024, 08:35:44 AM

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iano

#150
Citazione di: Ipazia il 27 Luglio 2024, 20:44:16 PMVerità è un concetto antropologico e la adaequatio lo spiega assai bene (l'intelletto umano si adegua al mondo circostante). Non è una cosa, un ente, come metafisicamente la si vorrebbe imporre. Per cui, concordando con knox, è relativa al contesto di cui fa parte.

Se c'è un omicidio, verità (necessaria e sufficiente) è scoprire l'assassino. Dopodiché la missione è compiuta.
Si, io dico la stessa cosa, ma aggiungendo una precisazione, che l'intelletto si adegua a una realtà che non conosciamo nella sua essenza, ma che scambiamo col ''mondo in cui viviamo'' che da questa adequatio nasce.
Di conoscere la realtà nella sua essenza, posto che sia possibile, dubito che ci serva, e anzi temo che tale conoscenza equivalga al nostro annichilimento di fatto, potendo sorgere da ciò un etica indiscutibile come una legge naturale, alla quale saremmo costretti a derogare per poterci sentire ancora uomini così come ci sentiamo quando andiamo in cerca della ''verità''.
Io voglio  essere ciò che in questa ricerca continua a cambiare, senza dover rientrare dentro al determinismo materiale passando per la porta dell'etica, essendo il determinismo solo parte della nostra adeguato alla realtà.
Determinismo significa che le cose si producono  dalla realtà per via della nostra interazione con essa, insieme alle loro relazioni.
Diversamente non si capisce perchè l'esistenza sia immancabilmente causa di qualcos'altro, non essendo l'essere causa necessaria  all'esistenza.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alberto Knox

la mia tesi l avevogià esposta in "immagina di essere una mosca" ed è la seguente:

La tesi è che la tua vita, il tuo tempo, il tuo spazio ..non sono determinazioni oggettive della realtà cui la nostra mente si adegua ma, al contrario, sono schemi mentali (kant le chiama appunto "forme a priori" ) che precedono, condizionano e strutturano ogni nostra percezione del mondo esterno.

per approfondire prendiamo lo spazio, noi sappiamo che c'è uno spazio intorno a noi, e lo consideriamo oggettivo e di fatti è oggettivabile ma se noi non avessimo nella nostra mente quella facoltà dell orientamento spaziale e dell ordinare spazialmente le cose , cosa sarebbe per noi lo spazio? immagino il caos. Ad esempio il disorientamento spaziale e temporale lo si può riscontrare nel morbo di parkinson o in quella che viene definita sindrome da neglicenza spaziale unilaterale.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#152
Citazione di: Alberto Knox il 27 Luglio 2024, 21:11:29 PMla mia tesi l avevogià esposta in "immagina di essere una mosca" ed è la seguente:

La tesi è che la tua vita, il tuo tempo, il tuo spazio ..non sono determinazioni oggettive della realtà cui la nostra mente si adegua ma, al contrario, sono schemi mentali (kant le chiama appunto "forme a priori" ) che precedono, condizionano e strutturano ogni nostra percezione del mondo esterno.

per approfondire prendiamo lo spazio, noi sappiamo che c'è uno spazio intorno a noi, e lo consideriamo oggettivo e di fatti è oggettivabile ma se noi non avessimo nella nostra mente quella facoltà dell orientamento spaziale e dell ordinare spazialmente le cose , cosa sarebbe per noi lo spazio? immagino il caos. Ad esempio il disorientamento spaziale e temporale lo si può riscontrare nel morbo di parkinson o in quella che viene definita sindrome da neglicenza spaziale unilaterale.
Allora vivo solo con un piede sul pianeta di Kant, perchè se è vero che non possiamo fare a meno di ''a priori'', dovremmo però  non andare oltre la loro stretta necessità.
Lo spazio non è oggettivatile, ma semmai lo possiamo assumere come un ''a priori'' e sarebbe un ''a priori'' di troppo.
Lo spazio serve a descrivere le dinamiche della realtà, che possono essere descritte in diversi modi, ad ognuno delle quali corrisponde un diverso spazio.
C'è uno spazio nella descrizione di Newton, e un altro nella descrizione di Einstein, ma questo Kant non lo poteva sapere.
Finché la descrizione era unica unico era lo spazio, e coincideva, e ancora coincide, con lo spazio della nostra percezione
La descrizione dello spazio che fà Euclide è basata su concetti primitivi ( gli a priori di Euclide, che essendo evidenti non vanno definiti).
Non occorre definirli perchè essi sono di fatto l'oggetto della nostra percezione.
Ma a cosa ci serve la descrizione di uno spazio che noi già perfettamente percepiamo?
Serve perchè la percezione, come una verità, non può essere negata.
Io non posso negare di percepire uno spazio euclideo.
Ma nel momento in cui decido di darne una descrizione, potendosi la descrizione negare, sto aprendo la porta alla relativizzazione dello spazio, e così sono nate le geometrie non euclidee, cioè le geometrie nate dalla negazione della descrizione che Euclide fa dello spazio della percezione, una delle quali Einstein usa per la sua descrizione della realtà, che però non possiamo  percepire, se con analogie fatte con la spazio euclideo di cui ancora conserviamo, per fortuna, la percezione.
La scienza non produce verità, perchè non produce ''a priori'' come fà la metafisica, ma ''a posteirori''.
La scienza però parte da '' a priori'', negabili, e quindi non veri, nella misura in cui li definiamo.
Saranno invece ''verità'' in quanto non negabili, nella misura in cui agiscono in noi ''a priori'', senza cioè che noi li abbiamo assunti.
Dare un descrizione degli ''a priori'' , come fà Kant, significa fare l'appello a una riunione di kamikaze, come già aveva fatto Euclide, ma nessun dei due questo poteva saperlo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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iano

#153
Ho tirato un pò ad indovinare, perchè io Kant non lo conosco se non per quello che me ne dice Alberto, che potrà quindi dirmi quanto ho indovinato.
Ma il discorso in sostanza è che , e non so a quanti di voi sia noto, o essendo noto che sia stato digerito il fatto , che lo spazio che percepiamo non è assoluto, ma relativo.
Ciò non è un difetto dei sensi e non significa perciò che i sensi ci ingannano, in quanto essi non sono fatti per dirci la verità, ma per farci sopravvivere alla realtà.
Essi equivalgono di fatto ad una fisica che ponga lo spazio euclideo come un ''a priori''.
Una volta avuta consapevolezza di ciò abbiamo potuto ipotizzare spazi nuovi per nuove fisiche che non hanno una funzione diversa dalla nostra percezione, ma fanno la stessa cosa in diverso modo.
Finché lo spazio della percezione non aveva concorrenti, potevamo ben confondere i prodotti della percezione con la realtà, ma oggi non possiamo più farlo.
Se da un lato abbiamo perso la comoda evidenza delle cose, abbiamo però acquisito maggiore duttilità nel rapporto con la realtà.
Non c'è quindi da preoccuparsi se un quanto o un onda di probabilità non ci appaiono evidenti, perchè l'evidenza non è strettamente necessaria nel rapportarsi con la realtà, ed essa sarà proporzionale alla ignoranza dei processi attraverso i quali ci rapportiamo, e siccome diversi sono i gradi di conoscenza di questi processi, la ''realtà'' ci apparirà composta di essenti tali in diverso grado, che erroneamente classificheremo in illusori e reali, essendo fatti tutti della stessa sostanza diversamente impastata.
Il problema è che per la maggioranza di noi lo spazio della filosofia coincide ancora con lo spazio della percezione, come se la recente storia della scienza la potessimo ignorare, No non la possiamo ignorare, senza perciò dover essere scienziati.
Ogni verità comporta un rapporto imbalsamato con la realtà, per cui volere salvare ad ogni costo la verità significa trasformarsi nel tempo, se va bene , in morti viventi.
Però se mi dite, come era bella la vita quando c'era la verità, condivido con voi questa nostalgia.
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Alberto Knox

Citazione di: iano il 28 Luglio 2024, 00:32:06 AMHo tirato un pò ad indovinare, perchè io Kant non lo conosco se non per quello che me ne dice Alberto, che potrà quindi dirmi quanto ho indovinato.
Ma il discorso in sostanza è che , e non so a quanti di voi sia noto, o essendo noto che sia stato digerito il fatto , che lo spazio che percepiamo non è assoluto, ma relativo.
Ciò non è un difetto dei sensi e non significa perciò che i sensi ci ingannano, in quanto essi non sono fatti per dirci la verità, ma per farci sopravvivere alla realtà.
Essi equivalgono di fatto ad una fisica che ponga lo spazio euclideo come un ''a priori''.
Una volta avuta consapevolezza di ciò abbiamo potuto ipotizzare spazi nuovi per nuove fisiche che non hanno una funzione diversa dalla nostra percezione, ma fanno la stessa cosa in diverso modo.
-non ho molto da aggiungere se non far notare che con la geometria possiamo spingerci ben oltre le tre dimensioni spaziali .
possiamo disegnare una proiezione dell ipercubo a 4 dimensioni rendendolo un disegno a tre dimensioni . questo vuol dire che c'è uno spazio che ospita l ipercubo a 4 dimensioni spaziali? non solo si può continuare e procedere con l aggiunta di dimensioni, essendo la geometria come la matematica e dal punto di vista della matematica non c'è dunque limite al numero di dimensioni . infiniti sono i numeri e infinite sono le coordinate possibili . questo è un concetto astratto come astratta è la geometria iperspaziale e la matematica.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

attenzione: però la mente ci è arrivata alle iper dimensioni spaziali . ma non è detto che ciò chel'uomo formula con le sue elaborazioni mentali esista. Le dimensioni spaziali rappresentano un problema perchè sebbene le si riesca a intravedere grazie alla geometria non c'è nessuna prova che esse esistano (fisicamente ) come estensioni delle 3 coordinate spaziali note.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#156
Citazione di: Alberto Knox il 28 Luglio 2024, 01:02:08 AMquesto vuol dire che c'è uno spazio che ospita l ipercubo a 4 dimensioni spaziali?
C'è uno spazio per ogni cosa, ma non è detto che sia ospitale con noi come adesso siamo, mentre potrebbe essere ospitale per come saremo. Chi può mai dirlo!
Nessuno di questi spazi coinciderà però mai con la realtà, perchè lo spazio è il nostro modo di vivere la realtà e il nostro modo di vivere cambia.
nella misura in cui poi il nostro io è divenuto ''componibile'' includendo la tecnologia, di fatto possiamo vivere in diversi spazi allo stesso tempo.
Viviamo ancora allora nello spazio della nostra percezione, che nessuno vuol mettere in discussione, se non per il fatto di essere l'unico.
Non è l'unico e non essendo unico non possiamo più farlo coincidere con l'unica realtà.
Stiamo vivendo una transizione che a sua volta non è unica, ma è la prima che siamo in grado di monitorare, per il nostro aumentato uso di coscienza, il che comporta non poche difficoltà in cui si rivelano utili gli specialisti del pensiero, i filosofi, che perciò dovrebbero evitare di unirsi alle comprensibili lamentele di chi del pensare non fa il suo mestiere.
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iano

#157
Citazione di: Alberto Knox il 28 Luglio 2024, 01:08:30 AMattenzione: però la mente ci è arrivata alle iper dimensioni spaziali . ma non è detto che ciò chel'uomo formula con le sue elaborazioni mentali esista. Le dimensioni spaziali rappresentano un problema perchè sebbene le si riesca a intravedere grazie alla geometria non c'è nessuna prova che esse esistano (fisicamente ) come estensioni delle 3 coordinate spaziali note.
Non esistono se non come prodotti della nostra interazione con la realtà, che sforna al contempo cose concrete e cose astratte asseconda se poca coscienza abbiamo usato (concrete) o molta (astratte), nel processo, il cui essere astratte o concrete non è quindi nella loro natura.
Diversamente, se nella loro natura ciò fosse, diventa difficile capire come possano convivere dentro la stessa ''realtà''.
Platone infatti non accetta questa convivenza e crea due mondi a parte ad hoc per essi, ma in effetti ne occorrerebbero molti di più presentandosi gli essenti con diversi gradi di concretezza, e se ciò Platone avesse fatto meglio ci sarebbe apparsa l'assurdità dell'operazione, per quanto lui comunque una possibile soluzione ce l'ha indicata.
Noi possiamo riadattarla sovrapponendo questi diversi mondi vivendoci in contemporanea.
Possiamo vivere al contempo nel mondo di Newton e in quello di Einstein senza smettere di vivere nel mondo della nostra percezione, che però sono tutti virtuali rispetto alla realtà che vi sta dietro, perchè nessuno di essi è la realtà, ma una descrizione della realtà dentro cui è possibile vivere. Possiamo scegliere di viverci oppure ci viviamo di fatto, asseconda con quanta coscienza vi partecipiamo.
Nel mondo di questo forum abbiamo scelto di viverci, continuando a vivere pure in altri in modo più o meno ''obbligato''.
Non è però che la mia filosofia sia migliore di quella di Kant o di Platone, perchè così come non c'è una verità non c'è una filosofia migliore di un altra.
E' solo , il modesto tentativo di creare una filosofia che stia al passo col divenire dell'uomo.
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daniele22

Citazione di: iano il 27 Luglio 2024, 18:38:08 PMMi pare ci sia stato qualcuno che lo abbia ipotizzato, ma non ricordo chi (forse Aristotele?).  Però ormai nessuno accetta più questa ipotesi.
Quindi forse volevi dire un altra cosa.

Aristotele proprio no. Se tu avessi detto (forse Carneade?) ti avrei messo un like

daniele22

Citazione di: Alberto Knox il 27 Luglio 2024, 18:20:55 PM. meglio non dire nulla
Se era riferito a me non ho capito. Comunque avendo letto il tuo dialogo con iano ho trattenuto questo tuo pensiero: "se invece di guardare le cose guardi come il soggetto arriva a conoscere le cose allora sei sulla stessa onda" (quella di Kant). Per conto mio il soggetto non arriva a conoscere le cose descrivendole in modo costretto dalle forme a priori, ma le conosce per la loro significatività nell'hic et nunc. Il nostro sguardo sulla realtà non è libero, ma preoccupato ed è per questo che la realtà risulta infine soggettiva. Appartenendo cioè alla stessa specie abbiamo molte preoccupazioni simili, e di qui un'intersoggettività che giunge a sfiorare un'oggettività, ma ciascun individuo, in quanto a preoccupazioni, presenterebbe varianti di queste da mettere addirittura in crisi l'intersoggettività della specie. Ripensa a quell'esempio che mi avevi a suo tempo fornito sul fatto che andavi a prendere la tua ragazza alla stazione ... e che tutte le cose circostanti non esistevano tanto eri teso ad individuare la tua ragazza. Ebbene, di questo tipo sarebbe il nostro atteggiamento speculativo sulla realtà

Alberto Knox

Citazione di: daniele22 il 28 Luglio 2024, 07:12:10 AMSe era riferito a me non ho capito.
No Daniele , era riferito a ciò che hai detto di pensaperbene alias pandizucchero. Per il resto non sono qui per convincere nessuno e rispetto il tuo punto di vista.
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Koba II


Citazione di: Alberto Knox il 27 Luglio 2024, 21:11:29 PMla mia tesi l avevo già esposta in "immagina di essere una mosca" ed è la seguente:

La tesi è che la tua vita, il tuo tempo, il tuo spazio ..non sono determinazioni oggettive della realtà cui la nostra mente si adegua ma, al contrario, sono schemi mentali (kant le chiama appunto "forme a priori" ) che precedono, condizionano e strutturano ogni nostra percezione del mondo esterno.

per approfondire prendiamo lo spazio, noi sappiamo che c'è uno spazio intorno a noi, e lo consideriamo oggettivo e di fatti è oggettivabile ma se noi non avessimo nella nostra mente quella facoltà dell orientamento spaziale e dell ordinare spazialmente le cose , cosa sarebbe per noi lo spazio? immagino il caos. Ad esempio il disorientamento spaziale e temporale lo si può riscontrare nel morbo di parkinson o in quella che viene definita sindrome da neglicenza spaziale unilaterale.
La nostra esperienza del mondo è naturalmente diversa da quella di una mosca o di un bruco.
Ma a noi esseri umani è stato fatto un dono che va oltre l'esperienza del mondo, che è la conoscenza.
Tale conoscenza, essendo conoscenza umana, non può che essere espressa da segni linguistici e immagini umane. In questo senso è ovvio che la conoscenza sia relativa, relativa appunto ai caratteri della nostra specie.
Il punto però è questo: al di là della convenzionalità di specie dei nostri segni, le nostre immagini riescono a dar conto delle cose del mondo per come esse sono oppure no?
Per esempio sappiamo dalla biologia molecolare che le proteine riescono a svolgere la loro attività grazia alla loro forma tridimensionale. Questa nozione, qui espressa ineluttabilmente nei termini di una specie che vede il mondo in tre dimensioni etc., è vera? O dovremmo definirla piuttosto un'interpretazione?
O forse è discutibile e descrivibile come interpretazione solo l'aver separato l'attività complessiva della cellula nelle operazioni delle singole proteine, forse è questo a doversi assegnare alla relatività culturale di un paradigma, quello meccanicista, che avrebbe potuto anche non svilupparsi etc.?

Alberto Knox

Citazione di: Koba II il 28 Luglio 2024, 15:45:20 PMIl punto però è questo: al di là della convenzionalità di specie dei nostri segni, le nostre immagini riescono a dar conto delle cose del mondo per come esse sono oppure no?
riescono a darne conto entro i limiti conoscitivi , sensoriali e percettivi . Noi vediamo che il foglio è bianco ma altri esseri lo possono vedere di un altro colore oppure non vedere affatto i colori. Ma per quanto ci riguarda il foglio è bianco, è rettangolare, è leggero , occupa un certo spazio e persiste nel tempo. Tutte queste propieta derivano in ultima analisi  dalle forme a priori. i miei occhi vedono fino a una certa gamma dello spettro elettromagnetico, non vedono l infrarosso.
Citazione di: Koba II il 28 Luglio 2024, 15:45:20 PMPer esempio sappiamo dalla biologia molecolare che le proteine riescono a svolgere la loro attività grazia alla loro forma tridimensionale. Questa nozione, qui espressa ineluttabilmente nei termini di una specie che vede il mondo in tre dimensioni etc., è vera? O dovremmo definirla piuttosto un'interpretazione?
bhè le proteine si presentano come  molecole costituite da una lunga catena di peptidi tridimensionali ma non è una catena di peptidi qualsiasi, al contrario è altamente specifica.
Citazione di: Koba II il 28 Luglio 2024, 15:45:20 PMetc., è vera? O dovremmo definirla piuttosto un'interpretazione?
non mi chiedo se è vera o no,mi chiedo se funziona, se un interpretazione funziona e noi conosciamo solo tramite interpretazioni , allora la assumeremo come esatta e non vera. la scienza non ci da verità, solo esattezze, possibilità legittime ma non definitivi pur quanto al momento funzionanti.
Citazione di: Koba II il 28 Luglio 2024, 15:45:20 PMO forse è discutibile e descrivibile come interpretazione solo l'aver separato l'attività complessiva della cellula nelle operazioni delle singole proteine, forse è questo a doversi assegnare alla relatività culturale di un paradigma, quello meccanicista, che avrebbe potuto anche non svilupparsi etc.?
come dicevo l assemblamento di una catena di peptidi a formare una proteina non è casuale, non basta infondere una certa quantità di energia al sistema. Le proteine non sono formate di catene di peptidi qualsiasi , ma da sequenze di amminoacidi estremamente specifiche , dotate delle speciali propietà di cui ha bisogno la vita , il numero di combinazioni alternative che possono formare gli amminoacidi è superastronomico. E qui arriva il punto, ottenere la combinazione di amminoacidi utili tra i miliardi di miliardi di sequenze inutile non è che uno specifico reperimento di un informazione. Si può liberare tutta l'energia che si vuole per far sequenziare gli amminoacidi in catene , ma se non si abbina l'energia a uno spostamento controllato e ordinato dei mattoni ci son ben poche speranze di produrre qualcosa di piu che un ammasso caotico. Per essere adatta l'informazione in questione deve essere significativa per il sistema che la riceve , deve essere collocata in un contesto . in altri termini l'informazione deve essere specificata . L aspetto veramente significativo non è tanto la conformazione tridimensionale delle proteine, ne la complessità del sistema ma la sua complessità organizzata. La cosa richiede un approccio olistico non riduzionistico.
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Koba II

Se metti un cane e un essere umano in un labirinto, entrambi cercheranno di uscire.
Il cane probabilmente si affiderà alle tracce olfattive.
L'uomo invece per poter uscire dovrà astrarre da ciò che gli dicono i sensi, tenere conto di tutti i tentativi fatti fino a quel momento e costruirsi un'immagine panoramica del labirinto. Una mappa.
La mappa mentale è qualcosa che soltanto un altro essere umano comprenderà. Al cane non dirà nulla. Ma l'immagine, che magari il nostro uomo disegnerà nella sabbia, rimanda a come di fatto è costituito il labirinto.
Perché l'immagine che lo salverà non deve essere considerata vera?

Evidentemente se non intendi concedere che il nostro esploratore alla fine sia giunto alla verità del labirinto, allora vuol dire che intendi la verità come l'essenza eterna e oggettiva della cosa, la quale implicherebbe il punto di vista di Dio.
Ma visto che tale punto di vista non c'è, visto che la cosa in sé è un concetto aporetico, dal momento che il sapere comporta ineluttabilmente una relazione tra soggetto e oggetto, comporta la presenza di un osservatore, allora mi chiedo che senso ha non concedere che quell'immagine sia vera ma solo esatta?

Koba II

Vera, insieme ad altre immagini, altrettanto vere, che colgono del labirinto altri aspetti. Per esempio la simmetria, se si trattasse del labirinto dell'Overlook Hotel di Shinning...

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