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Il concetto di verità.

Aperto da iano, 15 Luglio 2024, 08:35:44 AM

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iano

#90
Citazione di: Alberto Knox il 22 Luglio 2024, 23:45:55 PMSi consideri che far dipendere l esistenza delle cose dalle risorse dei miei organi di senso non è di per sè nulla di diverso dal farle dipendere dalla mia immaginazione. Altra cosa è dire che per parlare di incendi, terremoti, alluvioni, la morte e la nascita, temporali e ombrelli dobbiamo passare per gli schemi concettuali ma temporali, terromoti , alluvioni e incendi per verificarsi come eventi reali non hanno alcun bisogno dei nostri schemi concettuali.

Sono le dinamiche della realtà a non aver bisogno delle nostre concettualizzazioni, mentre alluvioni, incendi e ombrelli, non esistono senza le nostre concettualizzazioni, essendo esse descrizioni fra le tante possibili  delle dinamiche della realtà, di cui siamo noi ad aver bisogno, per evitare di essere alluvionati, o restare abbrustoliti, o di bagnarci quando piove, mentre la realtà da ciò non ha nulla da temere.
Dipende poi da quanta coscienza impieghiamo nel processo se le cose sebrino venire da se, o  sembrano venire ''da noi'', dalla nostra immaginazione. Meno ne impieghiamo di coscienza più sembrano venire da se.
Di ciò di fatto ne abbiamo ormai una prova, essendo che le nostre concettualizzazioni sono sempre più coscienti, in quanto derivanti dal NOSTRO metodo scientifico, e in conseguenza di ciò sempre più sfuggenti o meno evidenti mostrano di ''essere''  gli essenti che ne derivano.
A questi argomenti di solito si ribatte con l'esempio del burrone nel quale si rischia di cadere se non lo si considera reale.
Sarebbe come dire che dell'energia nucleare invece non ci dobbiamo preoccupare, non presentandosi essa a noi con l'evidenza di un burrone.
Perchè alla fine questa energia chi l'ha mai vista?
Per quello che ne sappiamo potrebbe trattarsi di un complotto della casta degli scienziati. :)

Immaginando le cose ci sembra di vederle , perchè è con l'immaginazione che vediamo le cose.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#91
Se non siamo coscienti di starle immaginando, le cose permangono alla nostra visione, diversamente spariscono quando volutamente interrompiamo il processo di immaginazione.
Nel sogno, dove la coscienza funziona a intermittenza, le cose appaiono e scompaiono in continuazione.
Se potessimo trattenere i sogni ognuno di noi vivrebbe in quel sogno dal quale non si vorrebbe mai svegliare.
La realtà è quel sogno, non necessariamente bello, dal quale non riusiamo a svegliarci, ma essendo un sogno non può essere la realtà.
I quanti, le onde di probabilità, sembrano essere frutto della nostra immaginazione, e infatti lo sono, come lo sono i burroni.
A noi adesso resta solo da rivalutare la nostra immaginazione, per dare a tutte queste diverse cose pari  dignità, rivalutare l'immaginazione in tutte le sue diverse  manifestazioni, da quella sensoriale, a quella artistica, a quella scientifica, perchè sono tutte diverse sfaccettature della stessa cultura, la nostra.
Posso ''immaginare che l'immaginazione'' sia un muscolo da esercitare per essere sempre pronto alla bisogna, e che sia nell'arte, compresa quella della filosofia, ad esercitarsi l'immaginazione che poi applichiamo nel processo scientifico.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Koba II

Non penso che nessuno creda realmente che le cose siano "create" dal nostro pensiero.
La materialità delle cose, la fisicità, la durezza, etc., indipendentemente da come le definisco, sono fattori che appartengono alla cosa che sta di fronte a me. Questo è ovvio e non ci sarebbe nemmeno bisogno di ripeterlo.
Questi fattori possono però essere descritti in vari modi.
La scelta dei modi però non è soggettiva. Non è una convenzione.
Se così fosse non ci sarebbe differenza tra doxa ed episteme, cosa che arresterebbe all'improvviso la nostra intera civiltà, essendo essa basata su scelte, operazioni, più pregnanti di altre.
Si può decidere in modo ingenuo di tracciare una riga sul termine verità, poi però bisogna industriarsi per trovare un sinonimo che renda giustizia al fatto che la conoscenza complessiva dei singoli aspetti che la cosa manifesta è superiore a convenzioni immaginate.
Del resto se si asserisce che la realtà si forma dall'interazione tra oggetto e soggetto, non si può poi dimenticare di ciò che viene dall'oggetto.
Se l'oggetto non si nasconde, se l'oggetto si offre al soggetto, se si manifesta, allora ciò che dona, per quanto filtrato dalla nostra particolarità di specie e di singoli, deve evidentemente svolgere un ruolo nella costruzione della conoscenza.
Il fatto che non si possa arrivare mai ad un'essenza definitiva dell'oggetto, che l'identità dell'oggetto sia la sintesi degli infiniti modi di relazionarsi con esso, non implica affatto che tale identità dipenda solo dal soggetto e dalla sua immaginazione nel dare i nomi alle cose.

iano

#93
Citazione di: Koba II il 23 Luglio 2024, 08:56:10 AMQuesto è ovvio e non ci sarebbe nemmeno bisogno di ripeterlo.
Stante la chiarezza con cui hai esposto le tue idee, dispongo di ampia scelta su cosa sottoporre a critica (di solito purtroppo non è così, e si risponde criticamente solo a quella parte che si è capita).
Uscendo dall'imbarazzo di cosa scegliere, il tema di ciò che è ovvio, è quello che più sembra sollecitarmi.
Quindi inizio con una provocazione della quale chiedo perdono in partenza.
Se tutto fosse ovvio che bisogno avremmo dei filosofi?
Siccome non tutte le cose sembrano essere ovvie ci chiederemo allora perchè alcune appaiono tali ed altre no, almeno se vogliamo dare in partenza pari dignità a tutte le cose che ci appaiono.
Se non riusciamo in tal mondo a ridurre ad ovvietà ciò che sembra non esserlo, sembrerà un voler vincere facile affermare che nulla  è ovvio, ma è la soluzione che io ho scelto di considerare, e più la considero più mi sento di confermarla, per il modo semplice in cui ogni domanda sembra trovare una risposta, laddove spesso la risposta sta nella perdita di senso di una domanda che sembrava ovvio dovessimo farci.
D'altronde mi pare che anche a te piaccia vincere facile quando dici che di certe ovvietà non si dovrebbe neanche dire, non sapendo cosa dirne.
Le cose appunto non sono ovvie in se, ma nella misura in cui non sappiamo dirne, ed è così che si presenta a noi la verità, come ciò che noi non siamo in grado di negare.
Poi, come nella favola della volpe e l'uva, questa incapacità di negare si trasforma in una impossibilità di negare che da alla verità il suo carattere di assolutezza.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Alberto Knox

Iano sta volgendo l attenzione al soggetto e non sull oggetto. Ed è esattamente il lavoro che fece kant. la rivoluzione copernicana , invece di guardare l'oggetto per conoscerlo partiamo dal soggetto. Mi sembra che è questo che infine stai dicendo.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#95
Citazione di: Alberto Knox il 23 Luglio 2024, 10:44:02 AMIano sta volgendo l attenzione al soggetto e non sull oggetto. Ed è esattamente il lavoro che fece kant. la rivoluzione copernicana , invece di guardare l'oggetto per conoscerlo partiamo dal soggetto. Mi sembra che è questo che infine stai dicendo.
Si, dico che soggetto ed oggetto meritano pari attenzione, e che se alla conoscenza abbiamo potuto dare un valore assoluto ciò è stato possibile solo astraendo il soggetto della conoscenza, come se il soggetto potesse essere un contenitore passivo della conoscenza che da fuori arrivava.
Se il soggetto non è passivo allora la conoscenza non è assoluta, ma ciò non vuol dire che allora essa è slegata dalla realtà, ma anzi che essa riguarda la realtà nella sua interezza, comprensiva del soggetto.
Come la realtà faccia a dividersi in soggetto e oggetto della conoscenza questo è un mistero, ma accettato questo non mi sembra vi siano altri misteri e altre metafisiche necessarie da considerare.

Quindi se cambia il soggetto, a parità di oggetto, cambia la conoscenza.
Questa conoscenza poi si traduce nel mondo nel quale di fatto viviamo, che non è la realtà, ma che si pone fra noi ed essa.
Questo mondo poi asseconda di quanta coscienza è stata impiegata nel processo di conoscenza, non essendo la coscienza a ciò necessaria, ci apparirà fatto di cose più o meno concrete, verso le quali avremo la tentazione di fare figli e figliastri, dividendole fra ovvietà e cose meno ovvie.
Più complicata diventa la questione se ammettiamo però che tutte queste cose, dalle più ovvie alle meno ovvie, abbiano tutte la stessa discendenza, e che siano fatte perciò della stessa sostanza.
Di quale sostanza sia fatta la realtà invece resterà sempre un mistero, ed essendone parte noi partecipiamo a questo mistero, e a dire il vero non sappiamo neanche se chiedersi di che sostanza sia fatta la realtà sia sensato.
Io mi sono convinto che non ci siano domande senza risposta, ma al massimo solo domande insensate che perciò non hanno un risposta, non essendo vere domande.
Quante di queste domande insensate ci sono?
Se potessimo contarle avremmo la misura di quanto tendiamo ad assimilare la realtà alle sue descrizioni, cioè alla nostra conoscenza.
In sostanza noi non abbiamo alcuna conoscenza della realtà, perchè la conoscenza si produce dal nostro rapporto con la realtà, prodotto che diventa a sua volta causa del come proseguirebbe ad interagire con la realtà.
Il fare diventa causa del fare con l'intermediazione della conoscenza, sfuggendo così alle leggi cui sottostà la materia il cui fare si ripete quando si ripetono le condizioni iniziali.

E'la vita, bellezza. :))


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Alberto Knox

Citazione di: iano il 23 Luglio 2024, 11:18:44 AMQuante di queste domande insensate ci sono?
Se potessimo contarle avremmo la misura di quanto tendiamo ad assimilare la realtà alle sue descrizioni, cioè alla nostra conoscenza.
in attesa di trovare queste domande insensate vorrei proporti questo video che parla di una critica della cosa in sè. Noterai che tocca molti punti tracciati dalla tua teoria. E potrebbe anche darti nuove chiarezze da cui estendere il discorso.

Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#97
Non l'ho ancora visto tutto il filmato, ma lo trovo estremamente interessante sopratutto per i riferimenti che vi sono e coi quali potrei finalmente iniziare ad affrontare la filosofia in modo serio, e non come ho fatto finora prendendomi ogni libertà che il forum mia ha concesso.
D'altra parte è grazie a questa libertà che mi sono preso, che non è successo che leggendo ad esempio Kant, come mi pare di capire, vi sarei rimasto letteralmente invischiato, incapace poi di venirne fuori.
Non è perciò che il mio pensiero sia del tutto libero, privo di condizionamenti, ma è un pensiero che ho evitato volutamente di condizionare, per quanto possibile.
Cioè ho mantenuto la mia ignoranza per quanto possibile, ma temo sia giunto adesso il momento di una filosofia responsabile, quella che ti irreggimenti in qualche corrente filosofica dalla quale poi più ad uscire.
Amen :))

In quali letture filosofiche vi è parso di restare invischiati, senza riuscire più a venirne fuori?
Un altra discussione da aprire.
Cho sono dunque io?
Un antirealista, un antirappresentativo, o magari solo un irresponsabile. :))
Per la mia natura di bastiancontrario certamente un antiqualcosa sarò, e sollecitato da Alberto proverò a scoprirlo, anche se mi basterebbe di essere antipigro, a dire il vero, a non essere quel tipico italiano che scrive tanto ma legge poco.

Come dice Ferraris la cosa in se prima era una cosa e basta, e quel se rafforzativo è divenuto indizio della sua sopraggiunta debolezza.
O come dicono a Catania, quando si sono rubati i gioielli di Sant'Agata, gli hanno fatto le porte di ferro, essendo ormai inutili, e chi potrebbe negare che quel ''in se'' sembri un aggiunta inutile, ''un di più di troppo''.
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Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22

Non ho apprezzato l'intervento di Ferraris, ma non era di questo che volevo parlare.
Cos'è la verità? La verità è che si è concluso il tour de France 2024.
Sempre nel 2024, da agnostico, trovo quasi nocivo parlare tanto di verità quanto di realtà. Per quello che mi riguarda sarebbe più opportuno invece soffermarci nell'ambito di verità e/o realtà relative a qualcosa, proprio quelle che legittimamente ci permettono di separarci nel dualismo conoscitore/conosciuto (ed eventuali possibili perturbazioni annesse). In questo senso si ricordi cioè che nella realtà ci sta pure l'io pensante, e scrivente nel nostro caso; e che non ci si solleva da terra tirandosi per i capelli. Allora accade, in questo caso, che non ci si trova più nel luogo (l'ambito scientifico) dove fisiologicamente si consuma la possibile perturbazione imposta dall'osservatore; pertanto e per come la vedo non vi sarebbe alcuna legittimità di ordine logico a giustificare una separatezza (conoscitore/conosciuto) tra colui che medita sui massimi sistemi (verità, realtà e mettiamoci pure Dio) e i massimi sistemi. ... Omissis ... In senso metafisico "concreto" troverei più sensato e probabilmente anche più fruttuoso (fruttuoso per la società umana) indagare filosoficamente di pari passo con la scienza i motivi ancora poco chiari della nostra così variegata interpretazione soggettiva

Alberto Knox

#99
Citazione di: daniele22 il 23 Luglio 2024, 22:00:51 PMpertanto e per come la vedo non vi sarebbe alcuna legittimità di ordine logico a giustificare una separatezza (conoscitore/conosciuto) tra colui che medita sui massimi sistemi (verità, realtà e mettiamoci pure Dio) e i massimi sistemi.
Non c'è separazione nel  senso che il pensare ai massimi sistemi non è altro che il pensare stesso, e siamo noi a pensare . Così questa sfera dell essere (l io penso kantiano) coincide in larghissima misura con quella del conoscibile. Credo che kant annuirebbe a quanto ho detto ma se le cose stanno così, allora dovremmo chiederci che differenza ci sia tra il fatto che ci sia un oggetto X e il fatto che noi conosciamo l oggetto X . Trovo anche che il mondo non sia solo ciò che noi possiamo conoscere , ci possono essere cose di cui non possiamo dare alcuna spiegazione propio per via del nostro particolare sistema di organizzazione dell esperienza umana. E altre che non hanno spiegazione alcuna.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

Citazione di: daniele22 il 23 Luglio 2024, 22:00:51 PMtra colui che medita sui massimi sistemi (verità, realtà e mettiamoci pure Dio) e i massimi sistemi. .
Qualcosa non mi torna. Verità, realtà e Dio non sono argomentazione sui massimi sistemi. Dio è prettamente  da inserire in metafisica , realtà è il mondo e quindi altro concetto metafisico (noi non possiamo avere accesso alla totalità del mondo ma solo ad una parte) e verità ci può rientrare solo se si intende verità relativa ha...
 Col termine massimi sistemi si intende argomentazione inerenti la fisica e la cosmologia , analisi di una teoria cosmologica in maniera filosofica o  specialistica mi pare. Questo se prendiamo come esempio i dialoghi sui massimi sistemi di Galileo, quindi è probabile che ti riferivi ad altro.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Ipazia

Esatto. E anche la nostra sensorialità, come quella di ogni altro vivente, ha una taratura evolutiva  oggettivamente determinabile (spettro visivo, cellule olfattive, materiali isolanti, conformazione padiglione auricolare,...), che nulla ha in comune con l'immaginazione, che può vedere giganti dove sono soltanto nubi.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Koba II

Il mio precedente post voleva essere un invito a non perdere tempo in bizzarre elucubrazioni.
Il relativismo filosofico ha l'importante compito di spiegare un fatto: la differenza qualitativa del sapere, la differenza tra doxa ed episteme.
Per esempio: sull'arte della lavorazione dei metalli il fabbro e l'ingegnere ne sanno infinitamente più di me. Se io decidessi di recuperare terreno studiando la tradizione alchemica arriverei sì ad un sapere, ma tale sapere sarebbe sempre inferiore al loro, non solo dal punto di vista dell'efficacia.
Mi verrebbe da dire che il loro sapere è più adeguato all'oggetto, ma dal punto di vista del relativismo, non si può né accettare l'ontologia tradizionale dell'identità dell'oggetto come essenza o forma "interna", che le mie rappresentazioni ed i miei esperimenti vorrebbero gradualmente catturare, né ovviamente il realismo gnoseologico, legato a tale struttura metafisica.
Quindi, come spiegare questi gradi differenti di conoscenza?
Le aporie a cui si va incontro parlando di convenzioni, abitudini, cioè riprendendo in generale un approccio di sociologia della conoscenza, alla fine non si riescono a sciogliere. Non le si può semplicemente dimenticare. Pena: il ritorno regressivo ad ambigue epistemologie un po' kantiane, un po' realiste, etc., che però cozzano completamente con l'impostazione teoretica che vorrebbe essere post-metafisica.
Penso sia su questo che il relativismo serio, realmente filosofico (non quel soggettivismo superficiale), si debba concentrare.

Alberto Knox

Citazione di: Koba II il 24 Luglio 2024, 09:28:42 AMQuindi, come spiegare questi gradi differenti di conoscenza?
per prima cosa dovremmo stabilire se questi gradi differenti di conoscenza sono antitetici fra loro. Conosco le rose in modo discreto , un botanico le conosce più a fondo , un biologo ancora piu a fondo, un chimico potrebbe dirne qualcosa d altro. Ma a me non serve unificare tutti questi approcci conoscitivi per avere un bella e sana pianta di rose.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Ipazia

Citazione di: Alberto Knox il 22 Luglio 2024, 23:45:55 PMSi consideri che far dipendere l esistenza delle cose dalle risorse dei miei organi di senso non è di per sè nulla di diverso dal farle dipendere dalla mia immaginazione. Altra cosa è dire che per parlare di incendi, terremoti, alluvioni, la morte e la nascita, temporali e ombrelli dobbiamo passare per gli schemi concettuali ma temporali, terromoti , alluvioni e incendi per verificarsi come eventi reali non hanno alcun bisogno dei nostri schemi concettuali.

Esatto. E anche la nostra sensorialità, come quella di ogni altro vivente, ha una taratura evolutiva  oggettivamente determinabile (spettro visivo, cellule olfattive, materiali isolanti, conformazione padiglione auricolare,...), che nulla ha in comune con l'immaginazione, che può vedere giganti dove sono soltanto nubi.

I fenomeni fisici sono reali a prescindere dalle nostre classificazioni e concettualizzazioni e lo strumento di misura naturale, evolutivamente determinato, di cui disponiamo è altrettanto indipendente dalla nostra immaginazione.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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