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Il concetto di verità.

Aperto da iano, 15 Luglio 2024, 08:35:44 AM

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Alberto Knox

#60
Noi che siamo su questo forum a confrontarci sotto il nome della filosofia siamo abitati da due tipi differenti di amore, uno verso la realtà e l altro verso l'ideale . Perchè vedete, che cosa ama chi sente dentro di sè philo- sophía? lo dice la parola stessa , ama sophia , e che cos'è sophia? tutti voi lo sapete, sophia noi la traduciamo con sapienza e cosa intendiamo con sapienza? intendiamo una propietà che alcuni esseri umani hanno, poichè tutta la conoscenza e conoscenza umana. E che  quandi alcuni, rari, qualche volta, non sempre , hanno. E  così noi pensiamo che la sapienza sia qualcosa che abbia a che fare col cuore e con la mente degli esseri umani. è giusto? sì, ma fino a un certo punto perchè secondo coloro che coniaro questo termine " philosophía" in realtà la sophia era una propietà , prima ancora di alcuni esseri umani, della natura , del cosmo , abitato da armonia , ed è grazie esattamente al fatto che il caos primordiale da subito era compenetrato da sophia , noi ci siamo. Altrimenti non sarebbe stato possibile questo lavoro così complesso dell universo nel produrre la vita, l intelligenza , l 'intelligenza buona che cerca la giustizia , che si innamora della  bellezza . E allora gli antichi hanno detto "noi non siamo figli del caso visto che siamo! e pensiamo e viviamo, siamo figli di sophia" cioè di un itelligenza cosmica che abita l'essere e lo compenetra e fa si che questo essere possa formare ; vita, intelligenza, cuore , ragione , mente , sapienti e sono sapienti in quanto vivono, aderiscono ad una sophia che sta prima di loro.
Se fosse solo così il mondo allora sarebbe perfetto, non sarebbe la contraddizione che invece è. Perchè  dopo tutto questo bel ragionamento , uno guarda fuori dalla finestra, magari immerso ancora in queste riflessione e vede  la stupidità, e vede il contrario della sapienza e vede che propio quelle creature, frutto del piu alto lavoro dell universo , invece di essere sapienti sono insapienti, invece di essere buoni sono cattivi , invece di essere genorosi sono furbacchioni, affaristi e poi vede che la vita non è sempre giusta e che ci sono i propi cari che muoiono prematuramente , perchè un conto è morire sazi di giorni dove la morte arriva quasi come una attesa conclusione e un conto è morire a 17 anni. allora dov'è questa sapienza? questa sophia? sembra che ci sia un anti-sophia ed è da qui che nasce la filosofia perchè da una parte ci si innamora di sophia in quanto ideale e dall altra si apre gli occhi in maniera disincantata, ferma e onesta sul  reale . Anche quando fa male ,anche quando è scarnificante , anche quando lacera e da questa tempesta fra l amore per l ideale e l amore per il reale che nasce non sophia ma philosophia l amore per qualcosa che c'è e che non c'è , che ha volte c'è e lo incontri, lo vedi negli occhi di persone che risplendono di bontà , gentilezza e intelligenza e in altre non c'è , tante volte si incontra il contrario. Sto dicendo che la costituzione che abita una mente filosofica ( e non è affatto necessario esserlo ma noi siamo qui sotto il nome della filosofia) se siamo qui è perchè questa forma della mente e del cuore è abitata da questo duplice amore, per il reale e per l ideale e questa duplicità provoca una tempesta nella mente e nel cuore e da questa tempesta nasce il pensiero.
 

Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

pandizucchero

Mi limito, per ora, a questa domanda: che cosa è la verità?
Ripeto il titolo della discussione perchè è fondamentale.
Forse, se noi discutessimo com'è la veritã sarebbe più facile parlarne perchè discuteremmo descrittivamente.
Io ci provo: io vedo veritá là dove le parole coincidono con i fatti, le intenzioni con i risultati,le descrizioni con i dati a disposizione 

Koba II

La verità è sempre verità della cosa a cui rivolgiamo l'attenzione.
In alcuni casi la cosa a cui siamo interessati è il tutto, il cosmo, ma per quanto smisurato sia l'oggetto in questione, si tratta pur sempre di un qualcosa.
Non ha senso cioè parlare di verità in generale.
Naturalmente è sempre possibile fare un discorso meta-teorico sull'accezione di verità, come fa Heidegger nei suoi saggi dedicati alla differenza tra verità come adaequatio e aletheia.
Quando invece nel Vangelo si asserisce che è Cristo ad essere la verità, s'intende semplicemente che l'immagine di Cristo, espressa in quei testi, racchiude la verità etica e metafisica dell'uomo. Il suo autentico ethos, la sua essenza, la sua provenienza (Dio) e il suo destino (l'Inferno).

Della cosa che ci interessa determinare la verità, abbiamo tante sue manifestazioni. Il punto è capire se la verità della cosa è ciò che appare, è l'insieme delle sue manifestazioni, oppure è qualcosa di nascosto, un'essenza interna.
La tradizione occidentale ha sempre cercato di trovare un fondamento sostanziale all'apparire fenomenico. Come a voler salvare la cosa dalla contingenza.
Ma come dice Feynman "quello che al nostro occhio miope sembra immobile è una danza selvaggia".

La cosa non può essere determinata in modo sostanziale e definitivo per due ragioni.
Primo, ogni sguardo specifico rivolto ad un aspetto della cosa esclude gli altri. Posso sì approfondire un lato della cosa, con enorme precisione, ma ciò finisce per oscurare tutti gli altri.
Secondo, l'ente si dà solo nella relazione con l'Io dell'osservatore.
E ciò rimette il prospettivismo di Nietzsche nella sua più interessante ottica, in affinità cioè con l'epistemologia di fine ottocento e con le successive scoperte della fisica novecentesca, quindi ben al di là del relativismo alla Protagora.

iano

Citazione di: pandizucchero il 20 Luglio 2024, 15:46:57 PMIo ci provo: io vedo veritá là dove le parole coincidono con i fatti, le intenzioni con i risultati,le descrizioni con i dati a disposizione 
L'unica descrizione che coincide coi dati è il loro elenco.
Nel momento in cui da questi dati traiamo qualcosa, trascendendoli, la coincidenza finisce.
Più interessante è valutare se le parole possano coincidere coi fatti, ma dovremmo perciò fare un ipotesi forte, che fatti e parole siano fatti della stessa sostanza.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Citazione di: Koba II il 20 Luglio 2024, 17:18:03 PMLa verità è sempre verità della cosa a cui rivolgiamo l'attenzione.
Però quando aprendo gli occhi la realtà ci appare non è perchè vi stiamo rivolgendo l'attenzione.
Possiamo rivolgere la nostra attenzione a ciò che a noi si presenta già come vero, e semmai è l'attenzione che gli rivolgiamo a poter mettere in dubbio la sua verità.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#65
Citazione di: Koba II il 20 Luglio 2024, 17:18:03 PMl'ente si dà solo nella relazione con l'Io dell'osservatore.
Si, e per quanto ciò possa apparire banale col senno di poi, anche se non per tutti è ancora banale, come facciamo a darci ragione del fatto che non sia stata la prima cosa a venirci in mente?
Come giustifichiamo a noi stessi la lunga storia che c'è voluta per giungere a questa banalità?

Non è che ci dobbiamo giustificare con alcuno di ciò, ma è che questa giustificazione ci direbbe qualcosa su chi siamo noi, su come funzioniamo, e ci indicherebbe perciò la strada per accorciare la storia di chissa quante altre banalità in cui ancora ci dibattiamo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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iano

#66
Scriveva Maral:
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I Greci chiamavano la verità aletheia ove quell' a è alfa privativo, quindi la parola significa in negativo: non-latenza, non-velato. Vero è qui il negativo di ciò che  si nasconde e la verità sta nel nudo apparire delle cose, nel loro darsi spontaneo in superficie, senza maschere a sovrapporsi.
...Omissis...

Ben diverso da quello greco classico è il concetto che maturerà sulla verità il pensiero filosofico posteriore, cristiano e poi scientifico. La verità (intesa non più nell'accezione greca, ma in quella latina di veritas): diventerà sotterranea, recondita e profonda, essa abiterà l'interiorità sotto la superficie per cui occorrerà scavare per trovarla sotto una miriade di mascheramenti e superficiali apparenze ingannevoli messe in atto dalla natura nel mondo e nell'uomo. La verità non è più aletheia, ma prodotto risultante da una ricerca fatta per costringere la natura a svelarsi usando un preciso metodo di interrogazione (come fa il giudice in tribunale, dice Kant) e con mezzi di indagine e tortura sempre più sofisticati. La verità non è più un nudo mostrarsi spontaneo, ma un denudare la natura refrattaria per poi usarle violenza.

...omissis....
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Chiara esposizione di Maral in una discussione del 2016 sul forum su ''Cosa è la verità?''
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#67
La non latenza implica che non occorra un tempo per presentarsi alla verità, alla quale quindi non media un processo che abbisognerebbe di tempo per svolgersi.
Insomma per i greci la verità è evidenza, e credo noi si possa capire bene cosa intendessero, perché lo è ancora per noi.
Quindi nel momento in cui una latenza vi sia, non c'è più verità, e possiamo dunque far risalire la scienza, come alternativo processo ''percettivo'' alla scoperta che una latenza c'è sempre, e quindi non vi è alcuna verità.
Ed ecco dunque dove sta l'origine del concetto di verità, nella sensazione di una mancanza di latenza, per cui fra l'aprire gli occhi e l'apparire della realtà non passi alcun tempo, e non vi sia quindi alcun processo che medi, da cui la sensazione di un rapporto diretto con la realtà, come ciò che immediatamente ci appare.
Tutto ciò ovviamente oggi è insostenibile, per quanto noi di quella sensazione di immediatezza, di quella evidenza, di quell'a-letheia, siamo ancora testimoni.
Ieri c'erano i sensi a mediare, e ancora ci sono, e oggi vi si è affiancata la scienza, ognuna con un processo da svelare o da esporre a critica.
Ma il senso ultimo della scienza non è diverso da quello della percezione naturale, laddove si condivide un processo che può essere ignoto, eventualmente da svelare, o noto perchè costruito a tavolino, come il metodo scientifico.
Da svelare quindi è rimasto eventualmente solo il suddetto processo, ma nessuna verità, perchè la verità nasce nuda, senza veli.

Nel prosieguo  della storia della verità come scrive Maral evocando una immagine drammatica ''La verità non è più un nudo mostrarsi spontaneo, ma un denudare la natura refrattaria per poi usarle violenza.''

Ma presumibilmente si parla ancora di verità per l'inerzia che mostrano i termini del linguaggio, di cui facciamo un uso post-mortem, a volte facendoli rivivere in un nuovo significato, mentre altre volte sembrano restare sospesi fra la vita e morte , come nel caso della verità per la quale abbiamo usato fin qui un feroce accanimento terapeutico, volendo eguagliare Maral in quanto a drammaticità.
Perchè questo accanimento?
Penso perchè in ciò ci sentiamo molto emotivamente coinvolti, essendo ancora vivi testimoni dell'a-letheia dei greci.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Si tratta di un caro parente del quale non riusciamo a pensare di poter fare senza, e che perciò egoisticamente teniamo ancora in vita.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Koba II

Il brano di Maral è solo in parte corretto.
In Platone e Aristotele la verità della cosa è cercata al di là di ciò che appare, al di là delle sue manifestazioni.
Che la cristianità latina abbia tradito la filosofia classica greca e preparato le "oscure" manipolazioni della scienza è tutto da dimostrare. Anzi, direi che è un pregiudizio che come tale rimane indimostrabile.
Ma a parte questo, non capisco Iano le tue osservazioni successive.
Anche se ci convinciamo che la cosa in sé non esiste, che non c'è alcuna essenza nascosta della cosa, la cosa, nel suo disvelarsi, si manifesta ad un soggetto.
Il quale a sua volta, non essendo più un soggetto trascendentale puro, ma, esattamente come l'oggetto, essendo privo di un fondamento, essendo il suo essere riportato alle sue manifestazioni, quindi un Io "traballante" e sempre affetto da perturbazioni imprevedibili, si relazione alla cosa con impegno e fatica, dando vita così al processo infinito della conoscenza che è cattura impossibile dell'immagine vera della cosa.

Alberto Knox

Citazione di: iano il 20 Luglio 2024, 18:23:30 PMdovremmo perciò fare un ipotesi forte, che fatti e parole siano fatti della stessa sostanza.
ti sembra una buon ipotesi possibile?
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#71
Citazione di: Koba II il 21 Luglio 2024, 11:08:45 AMIl brano di Maral è solo in parte corretto.
In Platone e Aristotele la verità della cosa è cercata al di là di ciò che appare, al di là delle sue manifestazioni.
Che la cristianità latina abbia tradito la filosofia classica greca e preparato le "oscure" manipolazioni della scienza è tutto da dimostrare. Anzi, direi che è un pregiudizio che come tale rimane indimostrabile.
Ma a parte questo, non capisco Iano le tue osservazioni successive.
Anche se ci convinciamo che la cosa in sé non esiste, che non c'è alcuna essenza nascosta della cosa, la cosa, nel suo disvelarsi, si manifesta ad un soggetto.
Il quale a sua volta, non essendo più un soggetto trascendentale puro, ma, esattamente come l'oggetto, essendo privo di un fondamento, essendo il suo essere riportato alle sue manifestazioni, quindi un Io "traballante" e sempre affetto da perturbazioni imprevedibili, si relazione alla cosa con impegno e fatica, dando vita così al processo infinito della conoscenza che è cattura impossibile dell'immagine vera della cosa.
Io pongo il fondamento nell'osservatore e nell'osservato che insieme fanno la realtà intera, laddove l'essere è il prodotto della loro interazione, il quale dicendoci al contempo indirettamente qualcosa dei due soggetti , non ci dice nulla in modo esclusivo di ognuno dei due.
Lo stesso divenire dell'essere è quindi al contempo determinato dal divenire dei due soggetti, per cui ieri era una palla da biliardo a divenire, e oggi, essendo l'osservatore divenuto altro da sè, al divenire della palla si è affiancato il divenire di un quanto .
Cioè alla percezione naturale, a quell'aletheia di cui tutti facciamo esperienza, si è affiancata una percezione scientifica di cui tutti possiamo fare esperienza, essendo quell'esperienza ripetibile.
La nostra conoscenza quindi è in modo inestricabile conoscenza di noi e del resto della realtà, cioè della realtà nella sua interezza, conoscenza che cambia più che progredire, se cambia almeno uno dei due soggetti.
Non ''esistendo'' quanti senza l'interazione strumentale con la realtà, ammetto che quegli strumenti sono parte di noi come lo sono i sensi.
La verità, l'aletheia, la intendo come ignoranza del processo che produce l'essere, ciò che dona ad esso la sua evidenza, ammettendo che non tutto passa per la nostra coscienza.
Nella percezione scientifica questa ignoranza non c'è, e l'essere che viene prodotto non ha più perciò carattere di evidenza.
Poi magari le cose non sono così lineari come le racconto, perchè usando gli strumenti non smettiamo di usare i sensi.
Il punto cruciale però è la coscienza, e il nostro pretendere che essa e/o i sensi naturali non debbano essere del tutto esclusi dal processo, motivo per cui abbiamo difficoltà ad accettare l'intelligenza artificiale.
Si tratta però di un rifiuto ''artificioso'' in quanto sulla nostra intelligenza abbiamo lo stesso controllo che abbiamo su quella artificiale, cioè nessuno.
Ma se accettiamo di non conoscere il processo, pur sapendo che un processo vi sia, torniamo in qualche modo all'aletheia di partenza, essendo che noi potremo disporre solo del risultato del processo.
Il sapere però ora che un processo vi sia ci impedisce di parlare di verità perché la verità con la sua evidenza ha a che fare con la mancanza di un processo, cioè con la immediatezza della conoscenza.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Citazione di: Alberto Knox il 21 Luglio 2024, 11:50:59 AMti sembra una buon ipotesi possibile?
Mi sembra un ipotesi praticabile.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

pandizucchero

Il linguaggio parlato non è altro che onda,quindi non ha alcuna sostanza,
quello scritto tanto meno.
Inoltre non ha alcuna "magia", non "teletrasporta" un bel niente e, di per sè stesso, è aria fritta o segni, simboli e bit frutti.
Voglio dire questo: qualunque parola  uno dica,scriva,pensi o legga non è un oggetto reale, non ha sostanza,non occupa spazio,tempo e dimensioni.
Inoltre non ha il potere di "trasportare" o veicolare qualcosa di reale e oggettuale 
Infine, non ha alcun potere "magico'!
Da questo ne esce che il linguaggio orale e non orale , scritto,parlato, codificato,ecc....è ben poca rispetto all'idealizzazione o demonizzazione che ne facciamo fin troppo spesso.
In altre parole, se gli esseri umani stessero zitti sarebbe meglio per tutti, se la specie fosse muta e sorda anche, passi per la vista ...
Pensateci bene: quante parole indispensabili per voi avete detto o scritto oggi?
Quante necessarie ma non indispensabili?
Quante non necessarie ,superflue ,inutili ecc..?
L' energia che gli esseri umani spendono nel linguaggio è incredibile: se una persona usasse il linguaggio solo per l'indispensabile,alla sera sarebbe molto meno stanca e, perfino, contenta e rilassata!
Se poi parliamo del linguaggio non verbale.....povero corpo umano....
Il linguaggio umano, di solito, è un driver di perfezionismo, sforzi mentali,autocompiacimento,
compiacimento altrui, un tentativo di dimostrare la salute della propria mente e la sua velocità di pensiero.
Cioè, la  summa di tutte le patologie umane concentrate in quella che viene considerata la dote umana per eccellenza!
Se non ci credete fate una prova: smettete per un momento di compiacervi e compiacere,lasciate perdere ogni illusione di perfezione e perfezionamento proprio e altrui, smettete di fare sforzi su sforzi , svestite la mente dalla mimesi di velocitá, forza e dimostrazioni di non essere pazzi e vi renderete conto che ...forse ...sto dicendo cose vere.
Se così è , ho risposto alla domanda "che cos'è la veritá".



Ipazia

La transizione posta da Maral tra aletheia e veritas trovo sia invece molto esplicativa del passaggio da una realtà misteriosa ad una infusa, soprattutto nella contrapposizione tra episteme naturalistica presocratica e veritas cristiana. Transizione già in nuce nella formalizzazione idealistica di Platone.

La episteme moderna è tornata al naturalismo presocratico, almeno in sede filosofica, rifiutando l'approccio violento sulla natura e l'incasellamento in ontologie preconfezionate, che invece la nuova religione tecnoscientifica predilige. Anche perché in ballo c'è un gran mucchio de quattrini.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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