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Il concetto di verità.

Aperto da iano, 15 Luglio 2024, 08:35:44 AM

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Ipazia

Bei tempi quando bastava un comandamento biblico per definire la verità: 8.vo non dire falsa testimonianza.

La verità dovrebbe occuparsi della menzogna reale, prima della inarrivabile verità metafisica.

Laddove è l'essere entificato a mentire, la verità lo deve inchiodare sulla croce dell'inesistenza. Poi si procede per enti, definendo rigorosamente di ciascuno il campo di esistenza, con le sue sfumature e proprusioni, ma pure con i suoi confini chiari e distinti, secondo la negazione che è determinazione.

Il logos è faccenda umana e i dizionari sono istituzioni rispettabili.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#16
Citazione di: Ipazia il 16 Luglio 2024, 15:51:39 PMBei tempi quando bastava un comandamento biblico per definire la verità: 8.vo non dire falsa testimonianza.
La verità dovrebbe occuparsi della menzogna reale, prima della inarrivabile verità metafisica.
Laddove è l'essere entificato a mentire, la verità lo deve inchiodare sulla croce dell'inesistenza. Poi si procede per enti, definendo rigorosamente di ciascuno il campo di esistenza, con le sue sfumature e proprusioni, ma pure con i suoi confini chiari e distinti, secondo la negazione che è determinazione.
Il logos è faccenda umana e i dizionari sono istituzioni rispettabili.
Spinoza : «la determinazione non appartiene alla cosa secondo il suo essere; al contrario essa è il suo non essere»
 Hegel :   ogni determinazione è una negazione.

Tutto bene, a patto di non dimenticarsi per strada chi le determinazioni fa.
La determinazione e la sua negazione, sommati fanno una contraddizione, che si può accettare piuttosto che provare a risolvere, ma senza dimenticarsi del suo autore.
Se ci si dimentica del suo autore, la contraddizione allora viene da se, ed è quindi autorizzata ad essere sostanza della realtà, come tutte le cose che vengono da se.
Se invece si tiene conto dell'autore, allora la realtà è una sua costruzione, che, volendo salvare il suo essere sostanza, e magari indifferenziata, dovremo farla arretrare dietro le quinte  metafisiche, rimanendo al suo posto il mondo in cui di fatto viviamo, con tutte le sue relatività.
Differenziati saranno invece i mondi che da questa realtà potremo trarre, in base alle contraddizioni che scegliamo.
Questa possibilità di scelta riposa su una contraddizione che non scegliamo, quella di essere noi realtà , ma da essa distinti.
Questa è l'unica differenziazione in essere nella realtà che non scegliamo, che produce tute le altre.
Chi sceglie non è il prodotto di una scelta, ma non è neanche quel noi a cui ci riferiamo, ma qualcosa che sta dietro alla nostra percezione insieme al resto della realtà.
Se dalla percezione naturale passiamo a quella scientifica non c'è motivo di credere che cambi qualcosa di sostanziale, e in tutto ciò che si è detto in questo post della verità non si è fatta mensione.
E allora da dove spunta fuori questa verità?
Per capirlo secondo me bisogna tornare alla scelta che facciamo.
Quando di questa scelta non abbiamo coscienza infatti, allora la realtà ci apparirà come fatta di verità, cioè di non scelte, di non contraddizioni, ma di cose che appaiono da se, un pò come quegli infiltrati nelle feste che nessuno ha invitato.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Jacopus

Sempre per muoverci un po' nell'etere. La dicotomia che potrebbe essere usata per aggredire il "concetto" di verità è Atene vs Gerusalemme, ovvero le due tradizioni, insieme al pensiero giuridico romano che hanno modellato la nostra cultura. Atene come pensiero critico che non si appoggia a nulla se non al "sapere di non sapere" (e la verità non fa eccezione) e che sfocia nella continua ricerca di una provvisoria solidità sempre sottoponibile a verifica. Gerusalemme come verità indiscutibile e fondante, la Verità esiste ed è la veste finemente ricamata del potere ma anche del senso del mondo. Il mondo, con la verità, ottiene una direzione. Atene, invece, continua a smascherare falsi idoli e continua ad uscire da caverne verso la luce, che si rivela, ad un esame più attento, una nuova caverna. In questo modo, spalancando la porta al senso critico, alla libertà d'espressione, permette anche l'ingresso al nichilismo e al principio quantitativo come unica misura del mondo. Gerusalemme preserva il senso del mondo ma il rischio sta nel senso che sta in una verità che non può che essere unica, simbolica e non diabolica e quindi alfiere ideologico di ogni totalitarismo. È una partita a Ping/pong fra valori di cui è intessuto in profondità l'Occidente. Quello che mi domando è se sia possibile, in una sorta di processo dialettico hegeliano sollevarsi sopra le aporie di entrambi i principì di questa dicotomia.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

#18
Citazione di: Jacopus il 16 Luglio 2024, 17:51:01 PMQuello che mi domando è se sia possibile, in una sorta di processo dialettico hegeliano sollevarsi sopra le aporie di entrambi i principì di questa dicotomia.
Non so di che superuomo parlasse F.N., ma per farlo ci vuole un superuomo, che però non è propriamente un superuomo, ma è l'uomo che dialetticamente viene dopo, che noi lo si invochi oppure no.
E' l'uomo per il quale tutte le realtà consolidate, fisiche, giuridiche, e quant'altro, saltano tutte insieme, perchè abito fatto su misura di un uomo che non c'è più, o meglio che ancora c'è in forma residuale, e che prova a resistere con ogni mezzo, come è umano che sia.
Il passaggio da un uomo ad un altro è in effetti un invenzione narrativa, visto che questo passaggio è continuo, ma discontinua è la coscienza del passaggio, e perciò così lo narriamo.
Le complessità che questo nuovo uomo è chiamato ad affrontare, dovendo ricostruire tutto daccapo, potrebbero costituire apparentemente un impresa disperata, come fosse la prima volta che l'affrontassimo, ma non c'è mai nulla di veramente nuovo sotto il sole, se il fatto che siamo noi, adesso, ad affrontare le solite situazioni, non costituisca una differenza essenziale.
Secondo il premio nobel Parisi le complessità tendono a risolversi da ''sole'' usando espedienti di una semplicità disarmante.
quindi forse è eccessiva la nostra preoccupazione, che è la preoccupazione di quello che crede che il mondo dipenda tutto da lui, il che come abbiamo detto è,
ma nella misura in cui la coscienza non continua ad agire da sola, il peso risulta sempre più leggero di quel che siamo portati a pensare, e nella misura in cui non tutto dipende dalla coscienza, ''esisterà'' sempre per noi una fetta di mondo da poter confondere in modo rassicurante con la realtà.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alberto Knox

Citazione di: Jacopus il 16 Luglio 2024, 17:51:01 PMQuello che mi domando è se sia possibile, in una sorta di processo dialettico hegeliano sollevarsi sopra le aporie di entrambi i principì di questa dicotomia.
Penso che Se due principi sono inconciliabili fra loro avremo sempre una divisione. il processo dialettico in questo caso metterebbe in evidenza l'inconciliabilità . Però devo dire che vi è una dicotomia ancora più pericolosa ,in termini tecnicamente filosofici si chiama "fallacia della falsa dicotomia" e si ha quando di fronte a due possibilità si pensa che ve ne debba essere per forza una che esculde l altra. Se è vera una deve essere falsa l altra si pensa ,  questo  è molto comune , lo si riscontra spesso , neppure i filosofi di professione ne sono immuni.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Jacopus

Ma infatti Alberto, ho citato Hegel che non fonda la sua filosofia sull'esclusione di un principio contro un altro, ma sul suo superamento attraverso una sintesi di entrambi, il che è anche un ottimo antidoto ad ogni pensiero paranoico (che sono sempre in agguato e pronti ad andare "verso la mente", para-νοῦς).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

#21
Ala fine, se posso così sintetizzare il mio pensiero, nel suo divenire, come se potessi staccarmi da esso per riguardarlo, non è  l'uso di coscienza a togliere progressivamente i veli di Maia uno dopo l'altro, perchè dietro quei veli non c'è niente di svelabile.
E' semmai l'uso di coscienza a concorrere diversamente alla creazione di mondi che riescono a stare più meno per la realtà, e sempre meno ci riescono quanto più concorre la coscienza.
La scienza comporta quell'agir coscienzioso, che implica la creazione di mondi sempre più evanescenti, ma che ci permettono ancora di interagire con la realtà, dimostrando che non è la solida concretezza necessaria in se all'azione.
Trattare di fantasmatici quanti e onde di probabilità non rende problematico il nostro agire nella realtà, ma anzi qualcuno dice il contrario.
Che sia il contrario oppure no la sostanza è che il nostro agire, seppur modificato, non viene compromesso.
Ma se diversa è divenuta l'azione allora diverso è l'agente, che alle sue azioni non resta mai indifferente, mutando la percezione di se insieme a quella della restante realtà.
Se esistesse una verità, e se noi riuscissimo raggiungerla, questo processo si cristallizzerebbe, e nella misura in cui questo processo noi siamo, cosa resterebbe di noi?
E a questo punto mi sentirei di restituire al mittente l'accusa di nichilismo al sostenitore di verità, il quale in effetti pur di sopravvivere a se stesso, è disposto contraddittoriamente ad annullarsi in questa verità.
Infatti se noi siamo chi effettua scelte, non importa se in modo cosciente oppure no, la conoscenza della verità annulla ogni possibilità di scelta, ed in essa quindi ci annulliamo.
Questa possibilità di conoscere la verità implica inoltre che nulla di nascosto resti ad agire in noi, in una piena realizzazione della coscienza che non lasci spazio ad altro da sè.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Jacopus

Citazione di: iano il 16 Luglio 2024, 19:57:16 PMQuesta possibilità di conoscere la verità implica inoltre che nulla di nascosto resti ad agire in noi, in una piena realizzazione della coscienza che non lasci spazio ad altro da sè.

Bella frase, Freud l'avrebbe sottoscritta. Prendo il problema da una nuova prospettiva, l'ἀλήθεια  greca in cosa differisce dalla ricerca della verità moderna? Differisce? La natura che si svela è l'aletheya. Quasi che la verità non abbia bisogno di un procedimento per il suo ritrovamento. La verità è un processo spontaneo che "avviene". Ma la verità moderna è una verità che si nasconde e che non è mai raggiunta definitivamente. In qualche modo si ottiene solo "consumando il mondo". L'aletheya invece è imprevedibile, non risponde a un programma ma ad eventi che rimandano ad un ordine non facilmente conoscibile. Ma nello stesso tempo, essendo svelamento, rimandano ad un ordine unico e indifettibile, permanente. Si tratta solo di attendere la sua scoperta. L'uomo moderno invece diventa un investigatore della verità. Non ci si limita ad accettare lo svelamento, ma si lavora affinché la verità diventi potenza e quindi consunzione del mondo. Ma nello stesso tempo è "vero" anche questo:

Citazione di: iano il 16 Luglio 2024, 19:57:16 PME a questo punto mi sentirei di restituire al mittente l'accusa di nichilismo al sostenitore di verità, il quale in effetti pur di sopravvivere a se stesso, è disposto contraddittoriamente ad annullarsi in questa verità.
Infatti se noi siamo chi effettua scelte, non importa se in modo cosciente oppure no, la conoscenza della verità annulla ogni possibilità di scelta, ed in essa quindi ci annulliamo.


La consunzione del mondo allora è inevitabile se vogliamo sentire di partecipare a questa verità da scoprire ed in continua "trasmutazione"? Perché la consunzione del mondo è la conseguenza dell'azione per la verità moderna, ma la verità moderna nel suo continuo cambiamento ci rende fautori del nostro destino, salvo però scoprire che il nostro destino è allora la consunzione del mondo. Ritorna il monito di Nietzsche, quando avvertiva che l'uomo è un essere non ancora ben congegnato.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Alberto Knox

Citazione di: Jacopus il 16 Luglio 2024, 21:35:03 PMLa consunzione del mondo allora è inevitabile se vogliamo sentire di partecipare a questa verità da scoprire ed in continua "trasmutazione"? Perché la consunzione del mondo è la conseguenza dell'azione per la verità moderna, ma la verità moderna nel suo continuo cambiamento ci rende fautori del nostro destino, salvo però scoprire che il nostro destino è allora la consunzione del mondo.
Sono affermazioni che fanno riflettere.-C'è tanto in gioco , se la verità, qualsiasi verità , non è al servizio della libertà , della nostra essenza specifica di esseri umani, per quanto caotica possa sembrare , per quanto violenta ,anche assassina , anche tutto quello che volete voi ma noi siamo di questo impasto! e io personalmente non voglio diventare di un altra pasta ed essere una rotellina che obbedisce all argoritmo della nuova verità , magari sfornata dall intelligenza artificiale che ci dice cosa è vero e cosa bisogna fare e cosa non bisogna fare.   Non voglio sembrare nemmeno luddista che non capisce l importanza di una società dove tutto funziona , lo capisco. Però se il funzionamento della società è a discapito della capacità di anarchia, di ribellione, di sogno, di utopia , di sognare qualche cosa di diverso! ...bhè , in questo caso si che si deteriora e si consuma qualche cosa, si perde la specifica umana.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

La ricerca della verità è superiore al possesso della verità. è questa ricerca della verità che ci fa sentire vivi che ci fa crescere ed entusiasmarci. Se un genio dovesse comparire dalla lampada e in una mano tenesse tutta la verità e dall altra la sola pulsione verso la ricerca della verità, ovvero  il vecchio uomo che ammicca e che procede e che sbaglia e che riformula . Io sceglierei la seconda.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#25
Citazione di: Jacopus il 16 Luglio 2024, 21:35:03 PMPrendo il problema da una nuova prospettiva, l'ἀλήθεια  greca in cosa differisce dalla ricerca della verità moderna? Differisce? La natura che si svela è l'aletheya. Quasi che la verità non abbia bisogno di un procedimento per il suo ritrovamento. La verità è un processo spontaneo che "avviene".
Che la realtà si presenti a noi in modo immediato, nella sua evidenza, potrebbe essere il risultato di un procedimento nascosto.
Ma  quando questo procedimento nascosto non è, come nel caso della ricerca scientifica, otteniamo davvero nella sostanza risultati diversi?
Certamente formalmente lo sono, ma se i due risultati sono confrontabili nella sostanza, come a me pare, allora abbiamo un indizio che ciò che si può fare in coscienza lo si può fare anche senza.
Abbiamo cioè due diversi modi di fare, assimilabili comunque al fare umano in generale.
L'aleteia, di cui mi sono andato cercare il significato, è la parte finale del risultato cui giunge il processo, ed è la sola cui la nostra coscienza ha accesso.
E' come se avessimo affidato la nostra ricerca ad un intelligenza artificiale, che, seppur da noi programmata, non siamo in grado di seguirne però i processi, potendo solo leggere il risultato finale del suo lavoro.
Ma come facciamo allora ad essere sicuri del risultato se non abbiamo potuto seguire in modo critico il suo lavoro?
Poniamo allora pure che siamo in grado di riuscire a farlo, non essendovi una impossibilità teorica a far ciò, ma il processo ne uscirebbe allora talmente rallentato da renderlo di fatto inutile.
Sembra allora che vi siano dei buoni motivi per rinunciare a un pervasivo controllo cosciente sul nostro agire, che diversamente, seppur ciò sia teoricamente possibile fare, renderebbe il processo insostenibile economicamente, cioè irrealizzabile di fatto.
Ma forse che la nostra intelligenza non agisca in modo simile a quella artificiale?
Abbiamo forse il pieno controllo sui nostri processi intelligenti, dei quali a volte abbiamo solo l'evidenza del risultato, come quando usiamo l'intuizione?
A un certo punto intuiamo la soluzione di un problema, ma senza sapere come abbiamo fatto.
Eppure rifiutiamo l'intelligenza artificiale accusandola di ciò di cui potremmo accusare l'intelligenza naturale, di non aver cioè il pieno controllo sui suoi processi.
Quindi facciamo figli e figliastri?
Ora anche la ricerca scientifica è giunta alle stesse ''conclusioni'' della percezione naturale, di non poter fare a meno di usare processi nascosti.
Certo l'evidenza di un risultato sul monitor non ha la poesia di una aurora o di un tramonto, ma chi di noi ha più pratica delle cose della scienza pur parla della bellezza di un equazione.
La notizia buona è che non ponendosi la scienza in alternativa alla percezione, come quando dividendoci in due fazioni assegnavamo all'una o all'altra patente di verità, allora possiamo aggiungere la bellezza di una equazione a quella di un tramonto.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#26
Citazione di: Jacopus il 16 Luglio 2024, 21:35:03 PMLa consunzione del mondo allora è inevitabile se vogliamo sentire di partecipare a questa verità da scoprire ed in continua "trasmutazione"?
Se capisco cosa intendi dire, la consunzione è il prezzo che ci chiede la coscienza per il suo uso, per cui quantomeno è improprio mitizzarla.
La nostra conoscenza non potrà non essere antropocentrica, ma conoscere significa decentrarsi in continuazione, spostandoci da un centro all'altro, di modo che una centralità diversa diventa ogni volta rappresentativa di noi.
Scoprire queste centralità nascoste è una specie di gioco, cui forse ci costringe la nostra immaturità costituzionale, per cui il nostro cervello non smette di plasmarsi giocando alla realtà.
La verità è il risultato di un gioco nascosto dentro di noi al quale abbiamo affiancato giochi nuovi, perdendo la verità così la sua unicità, e quindi la sua supposta univocità.
Unica è la realtà, ed unica è rimasta la verità finché abbiamo giocato a un gioco solo, potendosi assimilare perciò fino a un certo punto in una ovvia corrispondenza le due unicità.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Citazione di: Alberto Knox il 16 Luglio 2024, 23:02:08 PMLa ricerca della verità è superiore al possesso della verità. è questa ricerca della verità che ci fa sentire vivi che ci fa crescere ed entusiasmarci. Se un genio dovesse comparire dalla lampada e in una mano tenesse tutta la verità e dall altra la sola pulsione verso la ricerca della verità, ovvero  il vecchio uomo che ammicca e che procede e che sbaglia e che riformula . Io sceglierei la seconda.

E questo cosa significa?

Non significa forse che la Verità ha bisogno di te?
Che la Verità non può essere senza di te?

E non vuole dire pure che la Verità non può esistere?
Se esistesse e ti comparisse davanti in tutto il suo splendore... semplicemente non sarebbe la Verità.

Questa tua considerazione ricorda Dostoevskij, che tra Cristo e la verità sceglie Cristo.

È l'Essere che è Essere Vero. E in quanto tale non esiste.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Phil

Citazione di: Alberto Knox il 16 Luglio 2024, 23:02:08 PMLa ricerca della verità è superiore al possesso della verità. è questa ricerca della verità che ci fa sentire vivi che ci fa crescere ed entusiasmarci. Se un genio dovesse comparire dalla lampada e in una mano tenesse tutta la verità e dall altra la sola pulsione verso la ricerca della verità, ovvero  il vecchio uomo che ammicca e che procede e che sbaglia e che riformula . Io sceglierei la seconda.
E non saresti il solo: "Se Dio tenesse chiusa nella mano destra tutta la verità e nella sinistra il solo desiderio sempre vivo della verità e mi dicesse: scegli! Sia pure a rischio di sbagliare per sempre e in eterno mi chinerei con umiltà sulla sua mano sinistra e direi: Padre, dammela! La verità assoluta è per te soltanto" (Lessing; fonte).

baylham

Citazione di: Phil il 17 Luglio 2024, 08:52:42 AME non saresti il solo: "Se Dio tenesse chiusa nella mano destra tutta la verità e nella sinistra il solo desiderio sempre vivo della verità e mi dicesse: scegli! Sia pure a rischio di sbagliare per sempre e in eterno mi chinerei con umiltà sulla sua mano sinistra e direi: Padre, dammela! La verità assoluta è per te soltanto" (Lessing; fonte).

Una fantasia basata su pessime concezioni filosofiche: Dio e la verità assoluta, ricorda anche il Socrate di Platone che sa di non sapere perchè non è un dio.
Nella mia vita di verità ne ho trovate molte, alla luce del sole, senza tema di smentita, a partire dal fatto che il nulla non esiste.

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