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Il concetto di verità.

Aperto da iano, 15 Luglio 2024, 08:35:44 AM

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iano

Un sapere che tenda a qualcosa (diciamola verità) e che è quindi finalizzato, deroga alle leggi dell'evoluzione, ma se vi deroga, come fa ad essere proprietà di un essere che vi sottostà?
Nella mia ignoranza filosofica a un certo punto mi sono fatto una domanda, che non se che riscontro abbia nella storia della filosofia.
Della verità, rispetto a un sapere relativo, cosa di diverso ce ne dovremmo fare, oltre a contemplarla?
A un uomo che si caratterizza per un percorso di ricerca di verità, cosa succede una volta che l'abbia trovata?
Come farà a sapere di averla trovata, un volta che vi sia giunto?
Da cosa se ne accorgerà?
Che forma avrà questa verità?
Una frase di  linguaggio, una formula matematica?
Mi sembra inverosimile che una verità possa ridursi a una forma simbolica. E perchè quella particolare frase o equazione e non un altra?
Io la vedrei piuttosto come una illuminazione.
Ma anche così la domanda rimane.
Poi di questa verità cosa ce ne faremo?
L'uomo che da sempre la cerca si sarà mai chiesto quali conseguenze potrebbe avere questo possesso, e in particolare se possano essere non desiderabili?
Se chiedendoselo arrivasse alla conclusione che desiderabili non sono, allora smetterebbe di cercarla?
Se quindi smettesse di cercarla finirebbe il suo percorso di ricerca, in quanto non è immaginabile una ricerca non finalizzata?
Sembra paradossale che nessuno possegga la verità, pur possedendone tutti il concetto.
Se pure non esistesse una verità, il concetto di verità esiste, e dunque da dove è saltato fuori?

Se non c'è nulla di perfetto a caratterizzarci, coscienza compresa, quali prodotti spuri questa potrebbe produrre nel suo esercizio, senza pur invalidarne l'efficacia?
Potrebbe essere il concetto di verità uno di questi prodotti?
Se smettessimo di cercare la verità il nostro percorso di ricerca cesserebbe?
Non è possibile trovare altrove ad esso sostegno, fosse anche la pura curiosità?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Pio

#1
Penso che la verità riguardi qualcosa (la verità di...) e l'aspirazione a qualcosa ( la ricerca della verità). "Verità" in sé, svincolata dal discorso, è solo un termine. Cosa dovremmo farcene? Dipende. Se, per esempio, Dio fosse vero, non dovremmo adeguare la nostra vita a 'questa" verità? Se la sua esistenza risplendesse come un sole non vivremmo in modo diverso? È come la verità della realtà. Possiamo avere 8 miliardi di opinioni diverse sulla realtà, ma nessuna che dubita che ci sia qualcosa (sia nel senso di realtà comune che autoprodotta) "là fuori".
Nell'aspirazione alla verità metterei anche la visione di Bobmax, per esempio: essere la verità ( cioè fare della propria vita una manifestazione di essa).
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

iano

#2
Citazione di: Pio il 15 Luglio 2024, 10:02:37 AMNell'aspirazione alla verità metterei anche la visione di Bobmax, per esempio: essere la verità ( cioè fare della propria vita una manifestazione di essa).
Mi pare sia esperienza comune che ciò cui si aspira, una volta ottenutolo, non mostra di essere così appagante come avevamo sperato.
Perchè pensi che nel caso della verità le cose dovrebbero andare diversamente?
Non solo, ma una volta sperimentato eventualmente che la verità non dia gli effetti  che avevi sperato, ma anzi magari il suo contrario, sei entrato così in una trappola dalla quale è impossibile uscire, perchè la verità una volta nota è impossibile metterla in discussione.
Noi in questo tipo di trappole ci cadiamo in continuazione, e magari trovandoci bene ci restiamo, ma penso che ce le  godiamo al meglio nella misura in ne possediamo le chiavi.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Pio

Bèh, se la verità dà degli effetti non sono effetti sottoposti al piacere/dispiacere come qualsiasi altra cosa. Se sono verità condizionate possono alla fine deludere, essere abbandonate, superate o altro. Ma dalla verità come puoi essere deluso? Deluso sei della tua volubilità che ti porta ad avvicinarti o allontanarti da essa. Se sei vicino la vedi meglio, se sei lontano la vedi meno chiara, se sei ancora più lontano non la vedi più e dici: " la verità non esiste". Non è che non esista, sei tu che non la vedi più.  :'(
Naturalmente se sei verità (Bobmax) anche se sei lontano e non la vedi più non è che non sei più verità. Casomai attesti la verità di esserne lontano. 
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

Ipazia

Simplex sigillum veri. Scoprire l'assassino. I Wikileaks di Assange e le e-mail di Von der Leyen. Gli americani sulla luna. Copernico e Galileo. Anche nel mondo relativo la verità vale assai
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#5
Citazione di: Ipazia il 15 Luglio 2024, 14:21:58 PMSimplex sigillum veri. Scoprire l'assassino. I weekyleaks di Assange e le e-mail di Von der Leyen. Gli americani sulla luna. Copernico e Galileo. Anche nel mondo relativo la verità vale assai
Parli di verità relative, in quanto discutibili, da cui in qualche modo traiamo il concetto di verità assoluta.
Ma quali sarebbero gli effetti del possesso di una verità assoluta su di noi, e sulle nostre relazioni?
Gli effetti che vedo sulle persone, che anche solo credono di possedere la verità assoluta, non mi sembrano desiderabili.
Personalmente ridurre la conoscenza a semplicità è quanto mi basta per giustificare la mia ricerca.
Detto ciò il mio interesse residuo sul concetto di verità sta nella sua genesi e/o nell'essere stato fin qui uno strumento concettuale utile, più che una meta.
Se una conclusione della coscienza, ormai pur desueta, è stata ''non credo se non vedo'', mi sembra più interessante analizzare oggi la funzione più nascosta del suo contrario, ''non vedo se non credo''.
Senza questa ultima funzione non ''credo'' che potremmo scambiare le apparenze con la realtà.
La verità ha lo stesso valore di una ipotesi, rifiutabili entrambi, ma entrambi non discutibili.
Se è vera l'ipotesi allora ne segue che è vera....ma un ipotesi non è vera, ma semplicemente indiscutibile, come indiscutibile è la verità.
La si accetta oppure no, e finché non la si accetta nessuna costruzione, cosciente o meno, sarà possibile.

Quanto è importante riuscire a scambiare le apparenze con la realtà, come finora abbiamo fatto?
Si può immaginare questo fraintendimento che ha avuto certamente la sua utilità, ripetersi ancora, indipendentemente dalla quantità di coscienza coinvolta nell'operazione?
Può ancora ripetersi il miracolo in cui il verbo si fa sostanza della cosa in se?
L'essere potrà continuare ad essere  ciò che è solo perchè si può continuare a dire che sia?
O perchè, anche non dicendolo, lo si è sottinteso?
Ma se era sufficiente sottintenderlo, come cosa che essendo ovvia, non andrebbe detta, allora in questa esplicitazione non dovuta, è scritto l'inizio della sua fine.
Non importa se la definizione dell'essere è circolare, e se nel definirlo in effetti non definiamo nulla, perchè il sentire l'esigenza di doverne dare una definizione, per quanto problematica, è significativo del fatto che l'essere ha iniziato ad entrare nell'orbita della coscienza, e quindi del dubbio.




Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#6
Se la verità fin qui ha svolto una funzione essenziale,
riuscirà il dubbio a farne le veci?
Certo, stiamo parlando di due opposti, che però riguardati come strumenti concettuali potrebbero svolgere le stesse funzioni.
Ma ci si potrebbe chiedere, se possedevamo già uno strumento che funzionava, perchè cambiarlo sperando almeno in un pari risultato?
Immagino perchè non potevamo neanche lontanamente sperare che un incremento dell'uso di coscienza lasciasse tutto invariato come era, e se questo incremento continuerà quali altri effetti possiamo immaginare, per non lasciarci sorprendere da essi trovandoci a rimirare ancora una volta  un mondo al contrario?
I mondi al contrario in effetti non esistono, perchè per esistere dovrebbero esistere un sopra e un sotto, che però non esistono, per quanto noi li percepiamo.
Ma siccome li percepiamo c'è chi crede ancora che perciò esistono, perchè la percezione, utente di evidenze, ammettiamolo, è ciò che tiene ancora in vita la verità nella nostra considerazione.
E che fine poteva dunque fare la verità in un contesto in cui sempre più abbiamo delegato la percezione della realtà agli strumenti di misura?

Insomma, l'unico modo per riuscire a capire perchè la verità stia facendo una brutta fine, lasciando da parte sterili lamenti funebri, e capire quale sia stata la sua genesi concettuale.

Perchè sia venuta al mondo, e perchè adesso sembra volerci lasciare?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Ipazia

La verità più assoluta disponibile è che non esistono verità assolute. Tale assioma deriva dal combinato disposto di causalità e verità.  Non avendo accesso a causalità prime non possiamo nemmeno postulare verità ultime.

Il rischio della scepsi radicale è la sindrome da orfano della verità assoluta, ovvero ancora una subalternità al Santo Graal dell'assoluto.

Come ho postato sopra, le verità relative bastano e avanzano per vivere bene, a la loro assenza per vivere male nella menzogna. Sia lode a chi scopre almeno una verità relativa, capace di arricchire il patrimonio del logos e della verità possibile.

Le prefiche non hanno mai resuscitato alcun morto e l'assoluto prima lo si seppelisce meglio è. Anche per questione d'igiene: mentale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

La verità, come molti altri concetti che si trovano in linguaggi specializzati e nel linguaggio comune (altro esempio classico: coscienza), ha un significato polisemantico. C'è la verità giudiziaria, la verità di senso comune, la verità scientifica, la verità filosofica, quella teologica. Cito, en passant, che verità, nelle lingue indoiraniche deriva dal prefisso vir, che significa originariamente "fede". Una traccia di questo nesso è rimasto nella "vera" che è un altro nome per definire l'anello coniugale, simbolo della "fedeltà".
Oggi però ci siamo distaccati da quel significato originario, di verità come fede. Vogliamo la dimostrazione di ciò che riteniamo vero e da li discende che la verità è sempre relativa, frammentata, temporanea, ambigua. Ovvero l'opposto di tutto ciò che una certa tradizione ci ha tramandato: la verità come assoluto, fondato, sicuro, indiscutibile e intramontabile. La verità pertanto come scudo a ciò che accade nella vita, ovvero alla nostra situazione transeunte. La verità fissa nell'empireo è la consolazione dei nostri corpi destinati a perire e a relativizzarsi in una serie di reazioni chimiche (quelle sì, molto vere).
Eppure la verità assoluta diventa una specie di campanello che continua a suonare, proprio quando sembra sia stato sostituito dal campanello della verità relativa. Concordo con l'appello all'igiene mentale, ma la nostra cultura o la nostra natura ci ha soffiato dentro questo meccanismo, che ci sor-prende e che non sappiamo neppure più com-prendere. Senza far riferimento a verità teologiche piuttosto sanguinarie e spesso igienicamente a rischio, la verità ci consegna, se raggiunta, un senso di pienezza e soddisfazione che nessuna relatività può darci. Tendiamo a questo stato di armonia e la verità pertanto la vedo collegata alla bellezza e all'arte, come modo impreciso ed umano di acquisirla (Hegel).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

L'arte ha indubbiamente un carattere veritativo, che la Secessione Viennese fece proprio mischiando il corpo disvelato con la primavera (ver sacrum).

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Nuda_Veritas
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Un concetto è ciò che può essere pensato.
E ciò che può essere pensato è necessariamente qualcosa.

Assumere che la ricerca della Verità sia ricerca del "concetto di verità" dà per scontato che la Verità sia qualcosa.
Mostrando così di non aver presente che il qualcosa è tale soltanto perché espressione di relazioni con qualcos'altro...

La Verità non è un concetto.

Ma è ciò che permette qualsiasi concetto.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Jacopus

Non so. Forse hai ragione tu Bob, ma non necessariamente ciò che puó essere pensato è qualcosa o perlomeno non sempre è qualcosa di fisico. Talvolta è la stessa tradizione del pensiero a creare qualcosa, come Dio, che potrebbe non esistere in un altro tradizione (confucianesimo). Dio è comunque qualcosa nella tradizione che l'ha pensato, su questo possiamo essere d'accordo. Ma come Dio è sceso dal paradiso e viene osservato come creazione umana, lo stesso destino spetta alla verità. Porre la verità come deus ex machina del pensiero e di ciò che può essere pensato è rischioso come nel caso di ogni assoluto. Può essere accettabile solo una definizione di verità non veritativa, ovvero continuamente sottoposta a critica e a falsificabilità. Il Grund non è più individuabile, neppure nella verità. Ciò comporta gravi conseguenze, ne sono consapevole, prima fra tutte, la sostituzione della verità con il denaro, ma la verità è bifronte e la sua adorazione può comportare l'adesione alla schiavitù o alla violenza o a entrambe. La verità della assenza di verità come Grund, imporrebbe un grande sforzo collettivo ma non ne vedo traccia. Vedo invece masse minoritarie cercare la verità tradizionale come Grund o fede, e maggioranze che relativizzando ogni cosa, finiscono per perdere la direzione etica che ogni società non dovrebbe mai abbandonare.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Alberto Knox

Le verità del mondo, così come delle teorie. é qualcosa di dinamico, non statico. Essa si muove, esattamente come si muove la vita attraverso i secoli . Parlavamo ieri della cosa in sè. La cosa in sè non è mai esistita , essa è nata tramite l'idea di essenza naturalmente o di sostanza.
la ricerca della filosofia occidentale era in gran misura quella della ricerca di un fondamento , cosa vi è di fondamentnoale nell esistenza di una rosa? la fisica moderna risponde  a questa domanda in maniera molto chiara e dice : niente.
Non vi può essere alcun fondamento nella rosa , tutto esiste solo in dipendenza da qualcosa d altro, in relazione a qualcosa d altro, la materia non ha qualità primarie propie , nemmeno le quattro forze fondamentali.  Se l intera storia della filosofia intesa come noi la ricostruiamo è la storia del logos , ovvero della ragione filosofica , delle proposizioni filosofiche e anche del suo lessico; l'essere , l'ente presi come oggetti assoluti, l'essenza..
Bene, questa cosa , signori, è finita! e questa non è affatto la morte della filosofia , anzi è la grandezza della filosofia , la capacità di mettere in discussione i suoi stessi fondamenti. Dobbiamo avere anche noi il coraggio  di criticare la nozione stessa di "entità" da sempre presa come fondamento in molte tradizioni filosofiche a partire da Eraclito.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

bobmax

È curioso notare come si possano fare affermazioni corrette,  intendendo però proprio il contrario di ciò che in realtà si dice!

Infatti, sostenere che la Verità non esiste è corretto.
Ma spesso, costoro che lo dicono intendono che la Verità non è. Il che è invece del tutto assurdo.

Confondono cioè l'esistere con l'essere. Ritenendo, erroneamente, che siano meri sinonimi.
Per loro essere = esistere.
Mentre l'essere è incomparabile rispetto all'esistere.

Manca in costoro la percezione della profondità del reale, che appare loro invece piatto.
Ma perché appare piatto?

E vi è un bel pari a farglielo notare, non si schiodano.
Come mai?

Non sarà il Nulla, che trapela dietro alla esistenza, a far loro distogliere lo sguardo?

Quel Nulla è proprio l'Essere che si annuncia. Ma uscire dalla caverna platonica non è facile...
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#14
Il concetto di verità esiste, e tutti sappiamo di possederlo, mentre la verità potremmo possederla senza saperlo, nel senso che essa potrebbe agire in noi a nostra insaputa.
Provare a definire la verità, andando oltre il possesso del suo concetto , come per tutti i concetti, significa potenzialmente snaturarlo, perchè intendiamo in tal modo definire la natura di ciò che, pur possedendolo, non siamo in grado in effetti di ben precisare.
Però finché non si attua questa precisazione ognuno può parlare di verità senza che si sappia bene di cosa stia parlando, richiamando soltanto un concetto comune, ma fino a che punto comune non si sà.

Una possibile definizione di verità è come ''ciò che non si può negare'', e data questa definizione non resta che cercare i motivi per cui è impossibile questa negazione.

1.Uno è il possedere una verità senza saperlo, non potendola perciò negare.
2.Un altro è fare un affermazione gratuita, come ad esempio un ipotesi, la quale ponendosi a monte di una deduzione logica, non si può negare, in quanto ciò equivarrebbe ad abortire l'operazione che si intendeva fare.
Semmai saranno gli altri liberi di non accettare l'ipotesi, ma senza che ciò equivalga a negarla.
Di altri esempi al momento non me ne vengono in mente, ma sui due esempi fatti c'è già molto da dire.
I due punti io li porrei rispettivamente in relazione con la percezione, il primo, una verità nascosta in noi, che indirettamente si manifesta nell'evidenza con cui ci appare la realtà, nella misura in cui evidente ci appare.
Il secondo punto, ca va sans dire, sta a monte della ''percezione'' scientifica, se così possiamo dire, ponendosi essa in alternativa alla percezione naturale.
Se fra i due tipi di percezione c'è stato inizialmente un conflitto, per cui si pensava che solo una delle due poteva dire la verità, conflitto oltretutto ancora attuale, il conflitto si può risolvere ponendo, come ho fatto, la verità a monte, piuttosto che a valle.
Non credo ci sia altro da aggiungere se ci limitiamo a considerare la percezione scientifica o naturale come modi alternativi di rapportarsi con la realtà.
Diversamente la verità, in mancanza di una definizione, si presta a tutto e al contrario di tutto.
Che ci sia ancora qualcuno che parli di verità, senza sentirsi in dovere di specificare con precisione di cosa stia parlando, volendo su ciò fondare una filosofia, il cui fondamento però risiede, e resta incomunicabile, solo nella sua testa, mi sembra un operazione oggi non più accettabile.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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