Sui rapporti tra opera di Kant e di Schopenhauer

Aperto da PhyroSphera, 28 Novembre 2022, 16:04:37 PM

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PhyroSphera

Per chi interessato alla questione.

È passato molto tempo da quando lessi la critica della filosofia kantiana di Schopenhauer; anziché rileggere tutto e dare una ampia scorsa alle Critiche di Kant pensavo a una via più breve, per frammenti, richiami e citazioni e commenti... Per questo scrivo qui anziché riflettere e studiare e meditare da solo.


Penso che Arthur Schopenhauer non intendesse confutare Immanuel Kant in merito alle Critiche della ragion pratica e del giudizio ma dare soltanto una stima sul valore da attribuire ad esse. Nel dire a proposito di esse di compromesso, Schopenhauer non ne accoglieva le nozioni culturali, ritenendole inadeguate proprio alla nuova situazione culturale creatasi dopo la pubblicazione della kantiana Critica della ragion pura. Non che Schopenhauer volesse negare la possibilità di pensare Dio a causa del proprio sistema filosofico, voleva invece sostenere che se si fosse voluto pensare ancora Dio non lo si sarebbe potuto ingenuamente come prima... Poiché egli riteneva che Kant avesse prodotto un nuovo assoluto raggiungimento, si attribuiva solo il merito di un completamento, non di un rifacimento... Ragion per cui dopo la conoscenza del sistema filosofico di Schopenhauer è ancora possibile approcciarsi favorevolmente a tutte e tre le Critiche kantiane. Schopenhauer non percorse questa strada ma la sua opera non ne costituisce impedimento.
In termini pratici: la schopenhaueriana Noluntas non preclude al kantiano Summum Bonum, anzi il primo concetto fa da spiegazione al secondo.
Vero è che Schopenhauer non si era posto in questa prospettiva ma è pur vero che non aveva criticato le concezioni kantiane di fenomeno e noumeno ma soltanto la espressione culturale di esse e (a mio modesto avviso) non da parte di Kant stesso. Penso che obiettivo di Schopenhauer non era porre un veto a parte dell'opera di Kant ma evitare che il kantismo imboccasse una strada senza uscita.

Voi cosa ne pensate di questo? Avete testi da citare?



Mauro Pastore

Phil

Per approcciare l'argomento si possono leggere questo articolo e il primo capitolo di questo libro (pp. 19-43).

PhyroSphera

Citazione di: Phil il 28 Novembre 2022, 17:19:27 PMPer approcciare l'argomento si possono leggere questo articolo e il primo capitolo di questo libro (pp. 19-43).

Ho letto parte dell'articolo e non ho trovato l'autore abbastanza competente della materia trattata. La Noluntas schopenhaueriana infatti non è non-volontà ma è volere di non volere. La nullità in Schopenhauer non è del mondo in senso assoluto ma del mondo delle illusioni che manifestandosi inconsistente fa posto alla verità sull'universo non al niente.
L'autore attribuisce a Schopenhauer la propria ambivalenza, infatti in realtà giudicando l'intera materia sotto la specie della ragion pura pensa la volontà universale esistente e non essente al contempo. Si tratta di una contraddizione dell'autore dell'articolo non di Schopenhauer. Ecco il passo dove emerge l'imperizia dell'articolista, che pretende di valutare il risultato della intuizione di Schopenhauer senza metterci a sua volta intuizione ma solo intelletto:

"Ora qui si pone il primo vero grande problema della metafisica schopenhaueriana. Stabilito infatti che i fenomeni sono determinati dal tempo, dallo spazio e dalla causa (sotto la forma della quadruplice radice del principio di ragion sufficiente), e che la cosa in sé è opposta al fenomeno – affermazione che Nietzsche contesterà fortemente[4] – allora la volontà universale, in quanto cosa in sé, è di necessità eterna, ubiqua e incausata ovvero irrazionale. In questo senso, il Wille assume le caratteristiche proprie di un'essenza metafisica che si connota come il negativo del mondo conoscibile dei fenomeni, per intuire il quale è necessaria una nuova forma di conoscenza, diversa da quella discorsiva-razionale, un sapere intuitivo che passa non già dalle forme dell'intelletto ma dalla conoscenza del corpo vivo, in grado non solo di conosce l'individuo come oggetto di conoscenza ma di riconoscerlo anche come soggetto del volere. Tuttavia, il Wille non può definirsi né reale né essente, poiché realtà ed essenza sono tutte categorie dell'intelletto alle quali la cosa in sé si sottrae per statuto gnoseologico. Il Wille si configura quindi come un concetto negativo, ma si distingue dalla Ding an sich kantiana intesa come concetto-limite, poiché la volontà universale di Schopenhauer è un'essenza che si afferma, che si obiettivizza nel mondo e quindi, nella sua indeterminatezza e immanenza, rimane pur sempre un qualcosa, non solo un correlato negativo dei fenomeni.
Schopenhauer avrebbe potuto far propria la celebre domanda formulata da Leibniz nei Principes de la Nature et de la Gràce: «Pourquoy il y a plustòt quelque chose que rien?», ma certamente non avrebbe sottoscritto la risposta leibniziana «Car le rien est plus simple et plus facil que quelque chose» (Leibniz, 1875-90: VI, 602), optando invece per la semplicità del Nichtsein (cfr. WWV I: 893-5). Vero è che la coerenza logica avrebbe dovuto portare Schopenhauer a stabilire in maniera univoca un'equivalenza fra volontà metafisica, in senso positivo, e nulla relativo, in relazione ai fenomeni, e invece il filosofo del Mondo oscilla fra prospettive non sempre del tutto conciliabili fra di loro. Vi è cioè una definizione, per così dire, positiva, in base alla quale Schopenhauer attribuisce alla volontà un'attività, una spontaneità che non ha alcun fondamento o causa e che esprime la sua fame di vita manifestandosi, di grado in grado, come forza della natura, istinto e egoismo. Vi è poi una prospettiva negativa, secondo la quale la volontà miracolosamente può mutarsi in noluntas, di modo che all'individuo è data la possibilità di redimersi dall'esistenza, agone dei motivi e della sofferenza umana, di liberarsi dalla schiavitù della determinazione, di redimersi dalla caduta nella vita."


Mauro Pastore

Phil

Citazione di: PhyroSphera il 28 Novembre 2022, 22:56:38 PMLa Noluntas schopenhaueriana infatti non è non-volontà ma è volere di non volere. La nullità in Schopenhauer non è del mondo in senso assoluto ma del mondo delle illusioni che manifestandosi inconsistente fa posto alla verità sull'universo non al niente.
Sul rapporto fra noluntas, mondo "oggettivo" e filosofia dell'esistenza, questa citazione audio da "Il mondo come volontà e rappresentazione" mi sembra abbastanza significativa:
https://www.youtube.com/watch?v=gA5dAi5MrDE

PhyroSphera

Citazione di: Phil il 28 Novembre 2022, 23:23:58 PMSul rapporto fra noluntas, mondo "oggettivo" e filosofia dell'esistenza, questa citazione audio da "Il mondo come volontà e rappresentazione" mi sembra abbastanza significativa:
https://www.youtube.com/watch?v=gA5dAi5MrDE

Mi pare una citazione appropriata. Bisogna tener presente, di essa, la affermazione dell'ente (non vero) che si mostra niente (vero niente) e del niente (non vero) che si mostra ente (vero), per non cadere poi in errore; inoltre considerare la soppressione della volontà non un vero e proprio annullamento della volontà ma il volere di non volere (altrove nella stessa opera è detto).
Nel passo citato Schopenhauer destina alla sola filosofia solo una pars destruens ma si può notare che esistono anche le filosofie teologiche o mistiche. Di una pars costruens si trova nella Critica della ragion pratica di Kant, non ne Il mondo come volontà e rappresentazione.

Mauro Pastore

Alberto Knox

Shopenhauer in effetti distrugge l'oggettivismo, tutto è apparenza e illusione per lui. Però vorrei un parere sulla voluntas. Se guardiamo la vita degli esseri viventi notiamo che ogni cosa vuole vivere, l'albero vuole vivere, il cane vuole vivere, il gatto,, la formica il tricheco ...allora dietro alla vita cosa c'è..una volontà di essere , non solo di essere ma di continnuare ad essere . Noi siamo abituati ad attribuire questa volontà che sta dietro alla vita a Dio. Shopenhauer però non la conferisce a Dio, la consegna  all assoluto, al senza scopo , senza fine, incausata, del tutto irrazionale e però la definisce "egoista" la volontà di vivere vuole vivere perchè è solo così che può esistere . Galimberti la chiama natura, la logica della natura è la volontas di shopenhauer , altri l hanno chiamata "legge cosmica" o "coscienza cosmica" . Shopenhauer spoglia la voluntas dagli attributi umani come razionalità, sentimento, ragione, pietà , coscienza. La noluntas invece serve solo a chi fa una distinzione fra giusto e sbagliato , amore o compassione , pietà o egoismo 
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

PhyroSphera

#6
Citazione di: Alberto Knox il 29 Novembre 2022, 10:58:05 AMShopenhauer in effetti distrugge l'oggettivismo, tutto è apparenza e illusione per lui. Però vorrei un parere sulla voluntas. Se guardiamo la vita degli esseri viventi notiamo che ogni cosa vuole vivere, l'albero vuole vivere, il cane vuole vivere, il gatto,, la formica il tricheco ...allora dietro alla vita cosa c'è..una volontà di essere , non solo di essere ma di continnuare ad essere . Noi siamo abituati ad attribuire questa volontà che sta dietro alla vita a Dio. Shopenhauer però non la conferisce a Dio, la consegna  all assoluto, al senza scopo , senza fine, incausata, del tutto irrazionale e però la definisce "egoista" la volontà di vivere vuole vivere perchè è solo così che può esistere . Galimberti la chiama natura, la logica della natura è la volontas di shopenhauer , altri l hanno chiamata "legge cosmica" o "coscienza cosmica" . Shopenhauer spoglia la voluntas dagli attributi umani come razionalità, sentimento, ragione, pietà , coscienza. La noluntas invece serve solo a chi fa una distinzione fra giusto e sbagliato , amore o compassione , pietà o egoismo


Schopenhauer pensava l'Assoluto e nonostante non lo avesse ritenuto Dio pensava pur sempre a Dio. Personalmente Schopenhauer ritenne che la Volontà increata non potesse essere Dio cioè che definire Dio l'Assoluto non avesse senso ma con ciò si riferiva a una particolare concezione di Dio a suo giudizio dominante in Occidente e non proprio solo in Occidente. Non attribuì tutto il senso all'impresa di Kant di pensare Dio in termini di ragion pratica... Eppure io penso che Schopenhauer escludesse la Divinità dall'Assoluto perché non sapeva progredire nella concezione di Dio... Bisogna pensare Dio non solo quale Logos. Esiste anche l'irrazionalità di Dio. Bisogna capire che l'esistenza è dramma nonostante Dio, che esiste un dramma anche in Dio (in ciò gli gnostici cristiani ebbero ragione)... Che la creazione non è una produzione, è un lasciar essere... Dio creando si ritira... Allora si potrà sapere che l'Assoluto postulato da Schopenhauer è proprio Dio, anche per i cristiani. Schopenhauer aprì una strada che non percorse e che Kant aveva identificato... Kant non ridefiniva la concezione di Dio ma di Dio mostrava la pensabilità (nell'esistenzialismo si trovano invece nuove concezioni di Dio)... Schopenhauer invece che dar torto a Kant si limitava a criticare non la filosofia di Kant stesso ma la filosofia kantiana... Mostrò un vicolo cieco nelle interpretazioni di Kant... Se si identifica il vero nucleo filosofico — oltre le interpretazioni personali — del sistema di Schopenhauer — anche oltre quella che egli stesso ne aveva dato — si può usare la sua filosofia per reinterpretare Kant e passare dall'ateismo al teismo senza ricadere di nuovo nelle illusioni della realtà del mondo...

L'editoria non è corsa in aiuto di questa esigenza. Anzi, a volte gli editori hanno saccheggiato gli appunti personali di Schopenhauer non destinati alla pubblicazione e li hanno mischiati a frammenti dalle sue pubblicazioni estrapolati senza che se ne rispettasse il contesto, col risultato di fare pubblicità a un ateismo in realtà non sostenuto dallo stesso Autore. Schopenhauer avvertiva che in ogni sistema filosofico si trova anche la personalità del suo autore ma ciò non significa che se ne deve dipendere e tantomeno che si deve obbedire alle sue scelte personali.


Mauro Pastore

Alberto Knox

Figurati se aderisco a ciò che è mera speculazione filosofica su Dio . Ho più volte detto che Dio non è  soggetto su cui Parlare per il semplice gusto del dibattito . 
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

niko

#8
Io penso che in Schopenahuer il vero dramma e' che il bene e' negazione del male, non esiste un "bene" dotato di una "esistenza" primaria e autonoma.

L'emancipazione dalla sofferenza e' il non soffrire.

La tradizionale via apofantica e procedente per negazioni, lui la intraprende proprio rispetto al concetto di bene, che e' appunto negazione silente del male, prescindendo completamente da Dio e dell'eventuale dentificazione del bene con -un- dio.

Siamo davanti ad una teodicea rovesciata, in cui il bene e' "privatio mali", e il male invece esiste, e ha esistenza primaria e non ulteriormente da fondare, (il mondo come VOLONTA', eterna, dunque inappagata) per questo, per quanto tu ti arrovelli per argomentare il contrario, il concetto di Dio in Schopenahuer e' irrilevante.

Il desiderio di sussistenza dell'individuo nel tempo, e quindi anche il desiderio cieco di riproduzione insito nella vita, deriva dal piu' generale desiderio di sussistenza della volonta' nel tempo, e quindi da una cesura cosmica di ogni volonta' con il suo oggetto; insomma da un desiderio del desiderio, da una volonta' che in fondo sa di volere sempre il negativo di un oggetto, un oggetto si', ma in quanto assente e marchiato dalla condizione specifica della sua assenza, e dunque se stessa, e non un presentificabile oggetto, e dunque un vero Altro.

La negazione che separa il bene dal male in questo sistema, come tipo di negazione, e' logica, non storica o naturale. E, come ogni negazione logica, e' potenzialmente anche duplicante. E' solo un operatore logico di "non" , o un segno matematico di "meno" a separare il bene dal male. Ma per il resto, potrebbero essere la stessa cosa.

In generale (e suddivido in tre punti, che vogliono indicare molto per sommi capi tre tendenze importanti del pensiero occidentale contemporanee o prossime a Scopenahuer, per essere piu' chiaro)

* un certo fiorire di vie moderne e laiche di riscoperta dell'ascesi, come appunto in Schopenahuer (lo scopo della vita e' imparare a non volerla, quindi la vita ha uno scopo, dischiuso dalla pratica dell'ascesi, negativa della vita stessa),

* come pure, ogni estetismo decadente e sterilmente anti-ascetico che si protenda a valorizzare l'effimero e l'attimo con l'argomento, e con l'incombenza, della morte (insomma valorizzare il mondo a partire dalla realta' della morte, come coincidenza, appunto, tra l'effimero e l'unico)

* cosi' come, anche, ogni leopardianesimo e foscolismo della morte come grande consolatrice e del trovare conforto nella limitatezza, e finitudine, mortale appunto, della sofferenza umana per quanto essa sia vista come insensata e inevitabile,

dimostrano proprio e soltanto che non e' bastato liberarsi da Dio, dal Dio cristiano intendo, per liberarsi completamente e contemporaneamente anche da un presunto valore salvifico del nulla/niente nella cultura occidentale, dimostrano che il valore salvifico del nulla/niente e' in qualche modo persistito nelle menti e nella cultura oltre Dio, insomma che era necessario un Nietzsche, profeta che, incatenandoci all'infinita' identica e insensata della vita (eterno ritorno) ha saputo guardare oltre ogni presunto valore salvifico del nulla e della morte: in senso ascetico, in senso edonistico, in senso consolatorio, in tutti i sensi che ho provato ad elencare sopra, egli ha fatto piazza pulita, di questa ultima illusione possibile oltre Dio, consistente nel fare del nulla, un Dio.

Bisogna responsabilizzarsi davanti alla vita proprio perche' la vita non termina, non ha termine, nel nulla (ma neanche in un radicalmente altro cosi' diverso e inconcepibile dal presente da avere valore di nulla, e di nullificazione del presente).

Egli ha ri-detto -contro il suo maestro Schopenahuer- che il limite e il contrario della sofferenza umana e' un piacere memorico e reale, declinabile anche storicamente e naturalisticamente, e non una negazione logica di un soffrire totalizzante che fa mondo, non una mera non-sofferenza che si contrapponga, duplicandola, alla sofferenza.

Non una vita che si conclude nella morte e' il tema di Nietzsche ma parti e sussulti della vita, che si concludono in altre parti e in altri sussulti, della vita.

Non il problema della salvezza come qualcosa da conseguire, ma la salvezza in se' che fa problema, perche' il bene e' inestricabile dal male, la salvezza implica il ritorno, del bene e insieme del male, insomma la salvezza, una volta correttamente compresa, non puo' essere desiderata superficialmente.

Kant e Schopenahuer rispetto a tutto cio' sono ancora dei cercatori di salvezza, ma hanno avuto il merito di criticare il concetto di individuo e individuazione fino a far affiorare il dubbio che la -agognata- salvezza stessa possa non essere, una salvezza individuale.

Salvezza dell'anima non implica salvezza dell'io, anche grazie a loro comincia a incrinarsi qualcosa nell'edificio teologico del cristianesimo, siamo piu', appunto in senso gnostico, nell'ordine di idee di una salvezza dello spirito, di un quanto di non-individuale presente negli individui.






Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

PhyroSphera

Citazione di: Alberto Knox il 30 Novembre 2022, 12:17:05 PMFigurati se aderisco a ciò che è mera speculazione filosofica su Dio . Ho più volte detto che Dio non è  soggetto su cui Parlare per il semplice gusto del dibattito .
Mi attribuisci cose che non ho messo in campo. Mi riferivo alla ragion pratica quindi tutt'altro che a "mere speculazioni filosofiche". Non ho fatto le mie affermazioni per "il semplice gusto del dibattito". Mi attribuisci intenzioni non mie.
Ti invito a considerare seriamente i miei messaggi.

Mauro Pastore 

PhyroSphera

Citazione di: niko il 30 Novembre 2022, 14:57:31 PMIo penso che in Schopenahuer il vero dramma e' che il bene e' negazione del male, non esiste un "bene" dotato di una "esistenza" primaria e autonoma.

L'emancipazione dalla sofferenza e' il non soffrire.

La tradizionale via apofantica e procedente per negazioni, lui la intraprende proprio rispetto al concetto di bene, che e' appunto negazione silente del male, prescindendo completamente da Dio e dell'eventuale dentificazione del bene con -un- dio.

Siamo davanti ad una teodicea rovesciata, in cui il bene e' "privatio mali", e il male invece esiste, e ha esistenza primaria e non ulteriormente da fondare, (il mondo come VOLONTA', eterna, dunque inappagata) per questo, per quanto tu ti arrovelli per argomentare il contrario, il concetto di Dio in Schopenahuer e' irrilevante.

Il desiderio di sussistenza dell'individuo nel tempo, e quindi anche il desiderio cieco di riproduzione insito nella vita, deriva dal piu' generale desiderio di sussistenza della volonta' nel tempo, e quindi da una cesura cosmica di ogni volonta' con il suo oggetto; insomma da un desiderio del desiderio, da una volonta' che in fondo sa di volere sempre il negativo di un oggetto, un oggetto si', ma in quanto assente e marchiato dalla condizione specifica della sua assenza, e dunque se stessa, e non un presentificabile oggetto, e dunque un vero Altro.

La negazione che separa il bene dal male in questo sistema, come tipo di negazione, e' logica, non storica o naturale. E, come ogni negazione logica, e' potenzialmente anche duplicante. E' solo un operatore logico di "non" , o un segno matematico di "meno" a separare il bene dal male. Ma per il resto, potrebbero essere la stessa cosa.

In generale (e suddivido in tre punti, che vogliono indicare molto per sommi capi tre tendenze importanti del pensiero occidentale contemporanee o prossime a Scopenahuer, per essere piu' chiaro)

* un certo fiorire di vie moderne e laiche di riscoperta dell'ascesi, come appunto in Schopenahuer (lo scopo della vita e' imparare a non volerla, quindi la vita ha uno scopo, dischiuso dalla pratica dell'ascesi, negativa della vita stessa),

* come pure, ogni estetismo decadente e sterilmente anti-ascetico che si protenda a valorizzare l'effimero e l'attimo con l'argomento, e con l'incombenza, della morte (insomma valorizzare il mondo a partire dalla realta' della morte, come coincidenza, appunto, tra l'effimero e l'unico)

* cosi' come, anche, ogni leopardianesimo e foscolismo della morte come grande consolatrice e del trovare conforto nella limitatezza, e finitudine, mortale appunto, della sofferenza umana per quanto essa sia vista come insensata e inevitabile,

dimostrano proprio e soltanto che non e' bastato liberarsi da Dio, dal Dio cristiano intendo, per liberarsi completamente e contemporaneamente anche da un presunto valore salvifico del nulla/niente nella cultura occidentale, dimostrano che il valore salvifico del nulla/niente e' in qualche modo persistito nelle menti e nella cultura oltre Dio, insomma che era necessario un Nietzsche, profeta che, incatenandoci all'infinita' identica e insensata della vita (eterno ritorno) ha saputo guardare oltre ogni presunto valore salvifico del nulla e della morte: in senso ascetico, in senso edonistico, in senso consolatorio, in tutti i sensi che ho provato ad elencare sopra, egli ha fatto piazza pulita, di questa ultima illusione possibile oltre Dio, consistente nel fare del nulla, un Dio.

Bisogna responsabilizzarsi davanti alla vita proprio perche' la vita non termina, non ha termine, nel nulla (ma neanche in un radicalmente altro cosi' diverso e inconcepibile dal presente da avere valore di nulla, e di nullificazione del presente).

Egli ha ri-detto -contro il suo maestro Schopenahuer- che il limite e il contrario della sofferenza umana e' un piacere memorico e reale, declinabile anche storicamente e naturalisticamente, e non una negazione logica di un soffrire totalizzante che fa mondo, non una mera non-sofferenza che si contrapponga, duplicandola, alla sofferenza.

Non una vita che si conclude nella morte e' il tema di Nietzsche ma parti e sussulti della vita, che si concludono in altre parti e in altri sussulti, della vita.

Non il problema della salvezza come qualcosa da conseguire, ma la salvezza in se' che fa problema, perche' il bene e' inestricabile dal male, la salvezza implica il ritorno, del bene e insieme del male, insomma la salvezza, una volta correttamente compresa, non puo' essere desiderata superficialmente.

Kant e Schopenahuer rispetto a tutto cio' sono ancora dei cercatori di salvezza, ma hanno avuto il merito di criticare il concetto di individuo e individuazione fino a far affiorare il dubbio che la -agognata- salvezza stessa possa non essere, una salvezza individuale.

Salvezza dell'anima non implica salvezza dell'io, anche grazie a loro comincia a incrinarsi qualcosa nell'edificio teologico del cristianesimo, siamo piu', appunto in senso gnostico, nell'ordine di idee di una salvezza dello spirito, di un quanto di non-individuale presente negli individui.









Bisogna capire invece la distinzione tra mondo falso e mondo vero: Schopenhauer descrive un mondo dominato dal male ma lo addita per falso. Le tue osservazioni sulla positività del male non tengono conto che nel sistema di Schopenhauer questa positività è solo illusoria... Per questo non si tratta di negare Dio ma, daccapo, di scoprire che c'è un vero Dio oltre il falso Dio. Senza aderirvi, Schopenhauer stimava e indicava il pensiero teologico di Eckhart pur indicando che era immerso in una mitologia cristiana (non significa che non fosse teologico).

Quanto dici sulla volontà non è l'affermazione di Schopenhauer. Questi indicava la volontà di vita non semplicemente la volontà di sé stessa. Una volontà che volendo la vita vuole anche se stessa e che però ha davanti a sé il destino di volere non più se stessa, perché la vita in atto è già vita e non ha senso rivolere la volontà di vita.

Non hai preso in esame il vero sistema di Schopenhauer...

Quanto al riferimento che hai fatto, a Nietzsche, si tratta di una critica radicale che sta a monte e non può entrare nel merito delle mie osservazioni perché ne nega le premesse. A mio avviso, la critica di Nietzsche è stata un fallimento... Non si può mettere da parte la distinzione tra mondo vero e mondo non vero senza cadere in una disastrosa ingenuità... Platone, Kant e Schopenhauer, indicano ognuno l'unica via possibile per evitare di farsi vittima degli eventi del mondo. In mezzo alle sue intuizioni, Nietzsche rifiutando la tradizione metafisica e le precisazioni kantiane rimase vittima della storia.

Quel che dici su Kant, Schopenhauer e il superamento dell'individualismo non lo trovo esatto. Politicamente sia Kant che Schopenhauer non erano collettivisti, l'andare oltre il principio di individuazione era per Schopenhauer solo la definizione di un nuovo principio intuitivo dell'identità. Sia Kant che Schopenhauer non sacrificavano l'individuo per la collettività anzi ne erano avversi; l'identificazione della realtà da parte di Schopenhauer condusse alla critica dell'ottimismo progressista che individuava nei collettivi la risposta ai principali problemi dell'umanità.

Le conclusioni che trai sulla salvezza e non salvezza sono tue osservazioni inficiate da ingenuo eccesso di ottimismo.

Nel vero pensiero di Kant e Schopenhauer non c'è alcun no alla vita.


Mauro Pastore

Alberto Knox

Citazione di: PhyroSphera il 30 Novembre 2022, 21:09:58 PMMi attribuisci cose che non ho messo in campo. Mi riferivo alla ragion pratica quindi tutt'altro che a "mere speculazioni filosofiche". Non ho fatto le mie affermazioni per "il semplice gusto del dibattito". Mi attribuisci intenzioni non mie.
Ti invito a considerare seriamente i miei messaggi.

Mauro Pastore
Mauro se usi la ragion pratica o Schopenhauer per parlare di Dio di come è di come non è e come doverlo pensare per me il discorso è già chiuso. Punto.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

niko

#12
Citazione di: PhyroSphera il 30 Novembre 2022, 21:50:47 PMBisogna capire invece la distinzione tra mondo falso e mondo vero: Schopenhauer descrive un mondo dominato dal male ma lo addita per falso. Le tue osservazioni sulla positività del male non tengono conto che nel sistema di Schopenhauer questa positività è solo illusoria... Per questo non si tratta di negare Dio ma, daccapo, di scoprire che c'è un vero Dio oltre il falso Dio. Senza aderirvi, Schopenhauer stimava e indicava il pensiero teologico di Eckhart pur indicando che era immerso in una mitologia cristiana (non significa che non fosse teologico).


Quanto dici sulla volontà non è l'affermazione di Schopenhauer. Questi indicava la volontà di vita non semplicemente la volontà di sé stessa. Una volontà che volendo la vita vuole anche se stessa e che però ha davanti a sé il destino di volere non più se stessa, perché la vita in atto è già vita e non ha senso rivolere la volontà di vita.

Non hai preso in esame il vero sistema di Schopenhauer...

Quanto al riferimento che hai fatto, a Nietzsche, si tratta di una critica radicale che sta a monte e non può entrare nel merito delle mie osservazioni perché ne nega le premesse. A mio avviso, la critica di Nietzsche è stata un fallimento... Non si può mettere da parte la distinzione tra mondo vero e mondo non vero senza cadere in una disastrosa ingenuità... Platone, Kant e Schopenhauer, indicano ognuno l'unica via possibile per evitare di farsi vittima degli eventi del mondo. In mezzo alle sue intuizioni, Nietzsche rifiutando la tradizione metafisica e le precisazioni kantiane rimase vittima della storia.

Quel che dici su Kant, Schopenhauer e il superamento dell'individualismo non lo trovo esatto. Politicamente sia Kant che Schopenhauer non erano collettivisti, l'andare oltre il principio di individuazione era per Schopenhauer solo la definizione di un nuovo principio intuitivo dell'identità. Sia Kant che Schopenhauer non sacrificavano l'individuo per la collettività anzi ne erano avversi; l'identificazione della realtà da parte di Schopenhauer condusse alla critica dell'ottimismo progressista che individuava nei collettivi la risposta ai principali problemi dell'umanità.

Le conclusioni che trai sulla salvezza e non salvezza sono tue osservazioni inficiate da ingenuo eccesso di ottimismo.

Nel vero pensiero di Kant e Schopenhauer non c'è alcun no alla vita.


Mauro Pastore


No, per Schopenahuer il mondo e' l'illusione/fenomeno (il mondo, appunto, come rappresentazione), e la volonta' che "anima" il mondo e' il reale/noumeno; e il MALE, (il nocciolo del problema, e di quello che fa problema) risiede proprio nella volonta', e non nella conseguente e superficiale rappresentazione: QUINDI, possiamo dire che il male risiede, appunto, nella dimensione del reale, e NON in quella dell'illusione/fenomenizzazione.

Per questo Schopenahuer NON e', per esempio, un Platone, un Plotino o un neoplatonico, non e' un pensatore per il quale il mondo reale e' bello e il mondo illusivo o fantasmatico e' brutto, ma e' un pensatore che ha il coraggio (inedito) di rovesciare, questo tipo, ingenuo, di platonismo, rimanendo, per altri versi, platonista: per Scopenahuer il mondo reale e' brutto, malvagio, negativo, e il mondo illusivo/fenomenico e' eticamente ed esteticamente neutro, ne' brutto e ne' bello, quindi all'atto pratico migliore del mondo reale. E a questo punto un mondo bello, si potrebbe chiedere? Dato che abbiamo stabilito che la realta' svolge la funzione del male, e l'illusione quella dell'irrilevanza/doppia assenza di male e bene, cosa svolge la funzione del bene, nel sistema? Schopenahuer ti risponderebbe che un mondo bello, che un mondo buono, che un bene reale non c'e', che non esiste, per questo e' passato alla storia come il filosofo del pessimismo e della tristezza. Se vuoi un mondo bello vai ad interrogare altri filosofi, come Hegel, Leibniz, Platone stesso eccetera.

Per Schopenahuer il bene e' la diminuzione di intensita' e di potenza del male, e dunque della realta', senza cadere preda di cio' che non e' ne bene e ne' male, cioe' dell'illusione.

Che diminuisca la morsa di una volonta' infinita, e dunque insoddisfatta. Il fatto che NON ci sia una positivita' del bene, rientra sia nella delineazione  problema, pars destruens, che nell'abbozzo di possibili soluzioni, pars costruens.

Che sono tutte "soluzioni" per "liberarsi" dalla sofferenza, senza implicare una vera positivita' ad essa opponibile.

E' il ritirarsi del mondo tipico dell'asceta, del genio, o della personalita' morale.

Se questo sembra assurdo, bisogna considerare che generazioni di teologi cristiani e filosofi cresciuti in un contesto simile si sono tranquillamente "bevuti" l'assurdita' speculare e opposta, che il male sia solo privazione del bene, da sant'Agostino (contro i manichei...) in poi.

La verita' e' lo scandalo, quello che scuote le coscienze in un dato contesto storico o naturale.

Se davvero Schopenahuer avesse detto che in fondo il male e' illusione...

non solo sarebbe stato un ottimista, e tutti i suoi interpreti avrebbero sbagliato tranne te Mauro, ma non si sarebbe distinto dal suo contesto storico e umano dando scandalo, e additando la "verita' ", o almeno la sua, volonta' di verita'.

Poi, mi dici che in Schupenahuer e' piu' sigificativa la volonta' come volonta' di vita che non la volonta' come volonta' senza oggetto che vuole se' stessa, ma, ti ripeto, sono la stessa cosa.

La volonta' ha un destino di eternita', e quindi di estenzione immanente in tutte le direzioni e dimensioni del tempo, che non terminera' ne' in una soddisfazione ne' in un auto-toglimento ascetico.

Assolutamente sbagli tu, nel credere che la volonta' sia destinata a non volere piu' se stessa grazie all'eccezione dell'asceta, magari a questo punto, possibile ulteriore fraintendimento, "preparata" nella scala della vita dall'eccezione in se' dell'uomo. L'asceta e' da intendersi fuor di metafora come una eccezione, non salva il mondo, ma salva se stesso.

Se il mondo esiste, non c'e' stato finora nessun (vero) asceta.

Perche', se un asceta avesse annullato la volonta' di vivere in se stesso, necessariamente, l'avrebbe annullata anche nel mondo. Tra i due termini, tra i due "poli" di possibile annullamento della volonta' non c'e' differenza, anzi, c'e' proprio identita'.

Ma la volonta' di vivere giunge a noi in questo attimo attraverso l'eternita' e testimonia contro, la possibilita' salvifica dell'ascesi/asceta, non a favore.

Perche' non vi e' differenza, -tutto il sistema di Schopenahuer e' impostato sul fatto che non puo' esservi differenza- tra volonta' in noi stessi e volonta' nel mondo.

Il destino della volonta' in noi stessi e' lo stesso destino della volonta' nel mondo.

Se non c'e' mai stato un asceta in noi stessi, non ve ne e' mai stato uno, nel mondo.

Ma Schpenahuer con questo intende dire che l'esperienza ascetica e' un'esperienza prototipica, nuova sotto il sole, uguale-a-nulla, e dunque autentica, e puoi essere proprio tu, vivendo una vita autentica, quell'asceta che finora non c'e' mai stato.

Con questo non salverai il mondo, al massimo, ma proprio al massimo, salverai te stesso.

Poi, mi dici che filosofi che hanno criticato il concetto di individuo e di individuazione dovrebbero essere collettivisti, e, se non lo sono, allora sicuramente non hanno criticato il concetto di individuo: che ti devo dire, in filosofia non c'e' solo la zuppa e il pan bagnato, c'e' anche la complessita', lasciamo perdere che e' meglio...


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Alberto Knox

Niko a scritto ;
"La volonta' ha un destino di eternita', e quindi di estenzione immanente in tutte le direzioni e dimensioni del tempo, che non terminera' ne' in una soddisfazione ne' in un auto-toglimento ascetico."

(scusate ma da quando ho il pc fuori uso per me è un casino ) 

Hai detto che la volontà ha un destino di eternità immanente . Puoi spiegare meglio questo passaggio? 
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

niko

#14
Citazione di: Alberto Knox il 01 Dicembre 2022, 15:33:42 PMNiko a scritto ;
"La volonta' ha un destino di eternita', e quindi di estenzione immanente in tutte le direzioni e dimensioni del tempo, che non terminera' ne' in una soddisfazione ne' in un auto-toglimento ascetico."

(scusate ma da quando ho il pc fuori uso per me è un casino )

Hai detto che la volontà ha un destino di eternità immanente . Puoi spiegare meglio questo passaggio?


La volonta' e' eterna, di una eternita' trascendente, quindi anche immanentemente, nel passatio, nel presente e nel futuro, la puoi immagginare come sempre volente, sempre presente.

Insomma il desiderio si rivolge, come ovvio, ad una mancanza: desideriamo cio' che ci manca.

Quello che e' un po' meno ovvio, e' che per Schpenahuer siamo esseri desiderarti, quindi non solo il desiderio si rivolge ad un qualcosa di mancante, che finche' non e' ottenuto genera sofferenza, ma anche l'eventuale mancanza di desiderio, conseguenza dell'ottenimento e della conquista quando le cose vanno "bene" e un desiderio si realizza e' noia, dunque ulteriore sofferenza.

Il desiderio non solo si rivolge a quello che manca, ma puo' esso stesso, in quanto desiderio, essere desiderato e mancare, essere oggetto mancante.

Mancante a chi si annoia, e vorrebbe nuovi stimoli e desideri.

Quindi se desidero, soffro perche' desidero, se non desidero soffro perche' mi annoio: comunque vada, soffro.

La noia fa segno al fatto che nel mondo non c'e' altro che volonta': la fine della volonta' in un ottenimento di qualcosa genera vuoto, senso di vuoto, cosi' come il desiderio in generale, quando c'e' ed e' attuale, soffre del vuoto del suo oggetto desiderato e mancante.

O ci manca il desiderio, o ci manca l'oggetto del desiderio.

Puo' sembrare crudele, ma e' logico: una volonta' soggiacente a tutto che "porta avanti il mondo" per sempre e da sempre non puo' essere programmara per terminare in ottenimenti ed appagamenti: non avrebbe senso.

E' volonta' di volonta', non volonta' di appagamento. La volonta' di appagamento e' illusoria. Conquistare un oggetto del desiderio getta l'uomo nella noia, cioe' mostra, quando e' ormai troppo tardi, la desiderabita' in se' di un desiderio, desiderabilita' che non si poteva conoscere finche' quel desiderio era -ancora- attualmente desiderato.

Il mondo esiste, quindi la volonta', esiste.

Il mondo e' sempre esistito, quindi la volonta' e' sempre, esistita.

Se si vuole fare una scommessa facile, si puo' scommettere che sempre, esistera'.

Quanto all'ascesi, essa e' semmai un destino di alcuni, fortunati, fra gli uomini, non qualcosa che davvero salvera' il mondo, non un destino in generale della volonta'

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

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