I postulanti dell'Assoluto

Aperto da Ipazia, 17 Agosto 2020, 16:43:12 PM

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bobmax

Citazione di: Ipazia il 17 Novembre 2020, 23:25:43 PM
Quindi il predatore che divora la preda lo fa per Amore sotto l'egida di un Dio che cosi ricompatta il fallace Due nella Verità dell'Uno. Uno, che per non farsi mancare nulla, è pure Nulla, realizzando così l'Uno Assoluto alfine postulabile nella sua assolutezza senza Nulla di resto.

Ci può stare per il predatore. Più difficile convincere la preda che di Amore si tratta.

Sì, il male ti sfida con lo sguardo della Medusa.
L'Amore appare essere proprio una pia illusione.
E sei gettata nel mondo in balìa di un destino cinico e baro.

Ma se ti coglie la compassione.
Allora, forse, tu figlia unigenita potrai infine vedere come non ci sia nessuno.
Solo tu e Dio.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Donalduck

Citazione di: Ipazia il 15 Novembre 2020, 16:22:36 PM
Entia non sunt moltiplicanda praeter necessitatem

Il cosiddetto "rasoio di Occam" è solo un'indicazione metodologica pratica di massima, non sempre utile e certamente di validità tutt'altro che universale, senza nessun valore ontologico o metafisico. Invece qui si sta ragionando proprio in quest'ambito e in particolare del valore e della portata delle nostre "verità".

Donalduck

#122
Citazione di: Ipazia il 16 Novembre 2020, 11:53:29 AM
Citazione di: Donalduck il 14 Novembre 2020, 23:15:10 PM
Ad esempio, cosa c'entra il termine "antropologico" applicato al mio discorso su soggetto e oggetto?
Sono categorie del pensiero umano, ergo antropologiche.
Qualsiasi categoria è una categoria del pensiero umano. Ragionando in questo modo qualsiasi cosa si possa dire o scrivere, è "antropologico".

Citazione
CitazioneE cosa c'entrano le verità assolute?
In coloro che negano la gerarchia del sapere e dei suoi fondamenti colgo una nostalgia di Assoluto.
Non capisco cosa voglia intendere per e a cosa si applichi "negare le gerarchie del sapere e dei suoi fondamenti".

Citazione
CitazioneQuello che dicevo è proprio che non ci può essere nessuna verità assoluta e in particolare nessuna oggettività indipendente dal soggetto (ed è questo che certo pensiero oscillante tra il filosofico e lo scientifico porta avanti, una realtà oggettiva esistente indipendentemente da qualunque soggetto, una realtà-in-sé, non credo di essermelo inventato io). E questo perché il concetto stesso di realtà non può prescindere dal binomio soggetto-oggetto, come il concetto d'informazione (ed è interessante che diverse correnti sia scientifiche che filosofiche comincino a convergere verso l'idea che l'informazione sia il concetto più fondamentale che possiamo individuare alla base della realtà) implica necessariamente una sorgente dell'informazione e un destinatario. Di conseguenza ogni realtà non può che essere relativa, ossia relazione essa stessa, e non mai "entità", "universalità" (qui fatico a trovare termini adatti) a sé stante.
Se tutto è ugualmente soggettivo si perde quel contenuto fatale di sapere che ne coglie le successioni e le gerarchie imposte dalla natura.
Non ho affatto detto che tutto è soggettivo, ma che tutto è una unione indissolubile di soggettivo e oggettivo, e che quello che consideriamo collettivamente oggettivo è intersoggettivo, ossia corrisponde a ciò che riusciamo a condividere delle nostre esperienze soggettive (ovvero delle nostre individuali oggettività).

Citazione
Concordo sull'intersoggettività che ci libera dagli assoluti, ma non sull'uso dell'intersoggettività che pone sullo stesso piano euristico l'affermazione che Mussolini venne appeso per i piedi a piazzale Loreto e che Gesù Cristo è Dio figlio di Dio. Anche l'intersoggettività deve sottostare alle forche caudine della verità e della immaginazione.
Anche questo, ossia mettere sullo stesso piano qualunque affermazione negando la possibilità di stabilire una maggiore o minore verosimiglianza non lo si può desumere dalle idee che ho espresso, e infatti non lo penso.

Citazione
CitazioneE non ho mai parlato di verità "fallaci", casomai della fallacia intrinseca del termine verità assolutizzato. Penso anche che niente di ciò che arriva alla coscienza sia fallace, ma lo siano casomai le interpretazioni che diamo, ossia lo scambiare una cosa per un'altra, ad esempio una cosa solo immaginata per una cosa esistente nel mondo esterno.
Concordo. Porrei però attenzione al fatto che ciò che giunge alla coscienza vi giunge già filtrato dalla dogmatica/maieutica che ha agito su quella coscienza nella sua fase costitutiva ed evolutiva.
Tutte le informazioni che più o meno coscientemente riceviamo e accumuliamo concorrono all'interpretazione (e quindi alla rappresentazione) delle nostre esperienze.

Citazione
CitazioneDella possibilità di realtà alternativa ho fornito un esempio parlando delle percezioni sotto effetto di sostanze psicoattive, il modo in cui si percepisce quello che consideriamo la comune (condivisa) realtà cambia effettivamente, e non possiamo liquidare l'alterazione della percezione parlando di chimica, l'essere umano è comunque legato a processi chimici e non è affatto detto che quelli che consideriamo normali siano gli unici atti a dare un'intepretazione coerente dell'esperienza (ossia una rappresentazione coerente della realtà).
E tantomeno ho parlato di oggettività sovrumane, casomai di potrei ipotizzare intersoggettività alternative, che potrebbero anche essere sub/sovra/para/extra-umane, ammesso che si dia una qualche definizione non del tutto astratta di certi termini.
Sognare di volare nel sonno o negli stati tossici non ha mai fatto crescere le ali a nessuno e pertando l'oggettività/intersoggettività "umana" - comprensiva di indicatori che stabiliscono la glicemia e alcolemia ottimali - resta il punto di riferimento obbligato su cui sviluppare un logos credibile.
Esattamente quello che dicevo prima. Scambiare un sogno per un'esperienza del mondo "esterno" o "oggettivo" (intersoggettivo) è una fallacia interpretativa. Ma percepire da svegli il mondo in un altro modo, con o senza l'uso di sostanze psicoattive, è un'altra cosa.

Citazione
CitazioneCredo anche che parlare di chiavette d'accensione e di macchine che funzionano non porti da nessuna parte, se non a banalizzare tutto il discorso rifacendosi al realismo più ingenuo, che è il punto zero di tutta l'evoluzione del pensiero metafisico.
Il quale si è subito avvitato in Assoluti, di cui uno in particolare, sub/sovra/para/extra umano ci dà ancora parecchio filo da torcere. Quando sarebbe meglio dipanarlo e farci condurre da esso attraverso il labirinto del reale con mente più sgombra da fantasmi immaginari.
Il pensiero metafisico in generale soffre certamente di questa pretesa di assolutezza, ma non il mio. In ogni caso il pensiero metafisico non nasce per caso, ma della constatazione che il realismo "ingenuo" o acritico non si regge in piedi da solo.
La supposizione di intersoggettività extraumane viene piuttosto naturale se pensiamo alle percezioni degli altri esseri viventi, ad esempio di cosa possa essere la realtà per un insetto, dato che da quello che osserviamo degli insetti appare assai verosimile che siano dotati di una forma di coscienza in qualche misura affine alla nostra ma presumibilmente diversa, anche molto diversa, e di una percezione altrettanto diversa. Se si parte dal presupposto che la realtà sia un "miscuglio" non separabile di soggettività e oggettività ne consegue che la realtà dell'insetto, pur avendo intersezioni con la nostra, non si può dire che sia la stessa.
Quanto ai "fantasmi immaginari" sono protagonisti irrinunciabili di qualunque inferenza, come anche della creatività scientifica, filosofica e artistica. Se troviamo le impronte di un cane e deduciamo che lì è passato un cane, questo "cane" non è altro che un'entità immaginaria. Per non parlare delle "spaziotempo curvo" o del "big-bang", o anche dell'"atomo". Ma io, sia per l'extraumano che per il cane immaginato o per le entità immaginate dalle teorie scientifiche, eviterei di parlare di "fantasmi", termine che secondo me porta fuori strada.

Ipazia

Qui subentra appunto la "gerarchia" epistemologica cui accennavo sopra. Se confronto l'impronta del cane col cane in carne ed ossa, al fantasma subentra la realtà. E posso fare altrettanto col cervo, lupo, capriolo, cavallo (ferrato),... Se invece mi imbatto nel fantasma della parola di una divinità riportato in un testo scritto da un umano il fantasma divino rimane tale.

Tornando alla "gerarchia" o specificità, se preferisci, degli ambiti ontologici, i concetti soggetto-oggetto sono indubbiamente più antropologici degli enti semantici cane-gatto. E' l'astrazione tipica del concetto che fa la differenza tra un referente reale ed uno astratto.

Si può legittimamente ragionare di soggetto ed oggetto ma bisogna definire rigorosamente il campo di esistenza, il contesto, in cui agire queste due figure concettuali per non cadere in Soggetti e Oggetti postulati in senso assoluto, la cui evidente irreperibilità spalanca le porte al Nulla metafisico e alla notte in cui tutte le vacche sono sembrano nere. Da tale pretesa (e pre-tesi) metafisica ci può salvare una dose razionale di sano relativismo.

Nulla in contrario al sostituire l'oggettività con l'intersoggettività. Anzi: tale spostamento semantico toglie l'aura sacrale con la maiuscola davanti al concetto medesimo. Ma bisogna prestare attenzione al piano inclinato delle vacche nere perchè non tutte le deliberazioni intersoggettive si equivalgono. Il vaso di Pandora nol consente. C'è una gerarchia, o specificità, ontologica, epistemologica ed etica da rispettare anche quando ci si avventura nell'intersoggettività.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Donalduck

Citazione di: Ipazia il 23 Novembre 2020, 10:05:25 AM
Qui subentra appunto la "gerarchia" epistemologica cui accennavo sopra. Se confronto l'impronta del cane col cane in carne ed ossa, al fantasma subentra la realtà. E posso fare altrettanto col cervo, lupo, capriolo, cavallo (ferrato),... Se invece mi imbatto nel fantasma della parola di una divinità riportato in un testo scritto da un umano il fantasma divino rimane tale.
Tu supponi che il cane in carne e ossa esiste e venga individuato, e che le impronte corrispondano alle zampe del cane. Ma questo, in generale , non accade, e il cane resta immaginario. E torniamo alla problematicissima definizione di realtà, se non relativizzata a un preciso contesto. Un cane è più reale di un pensiero? Non direi proprio. Sono altrettanto reali ma non appartengono alla stessa "dimensione" o  "sistema" o "contesto" di realtà. La realtà psichica e quella fisica sono interrelate ma non sono la stessa cosa, non sono governate dalle stesse leggi, anche se interagiscono tra loro. E il fatto che la nostra unica esperienza sia vivere contemporaneamente queste due realtà che non si possono considerare né unite né separate a me suggerisce, anzi mostra, l'irrudicibilità del paradosso dell'esistenza, quello che rende velleitarie (anche se istruttive) tutte le ricerche di "verità ultime".

CitazioneTornando alla "gerarchia" o specificità, se preferisci, degli ambiti ontologici, i concetti soggetto-oggetto sono indubbiamente più antropologici degli enti semantici cane-gatto. E' l'astrazione tipica del concetto che fa la differenza tra un referente reale ed uno astratto.
Qui persiste l'uso del termine "realtà" come se avesse un referente definibile e non ambiguo. A parte questo, non sono d'accordo nel definire soggetto e oggetto come concetti riferiti all'uomo. Come rilevavo prima, se si ragiona così tutto è antropologico, compresa la matematica. Per me soggetto e oggetto sono concetti che stanno alla base di qualunque possibile concetto di realtà per il semplice fatto che una res, una cosa, può essere tale solo per un soggetto interpretante, e un soggetto può essere tale solo in quanto percettore e interprete di una realtà. E' un gatto che si morde la coda, ma questa circolarità è quanto di più fondamentale possiamo estrarre, o astrarre, dalla nostra esperienza (che è l'unica fonte della nostra conoscenza).

CitazioneSi può legittimamente ragionare di soggetto ed oggetto ma bisogna definire rigorosamente il campo di esistenza, il contesto, in cui agire queste due figure concettuali per non cadere in Soggetti e Oggetti postulati in senso assoluto, la cui evidente irreperibilità spalanca le porte al Nulla metafisico e alla notte in cui tutte le vacche sono sembrano nere. Da tale pretesa (e pre-tesi) metafisica ci può salvare una dose razionale di sano relativismo.
Soggetto e oggetto non sono postulati in senso assoluto, ma in relazione al nostro concepibile. Di assoluto si può solo parlare in termini poetici, mistici, allusivi, non razionali. Io dico che qualunque definizione di realtà deve fare i conti con soggetto e oggetto e se tenta di prescinderne, lo fa fraudolentemente o illusoriamente, ignorando o cercando di sminuire (magari con la parolina "epifenomeno") qualche aspetto della nostra esperienza. E non dobbiamo dimenticare che in questa stessa esperienza hanno una parte di rilevo l'ignoto, il misterioso, il paradossale, che nessuna scienza o conoscenza ha se non superficialmente intaccato. Liquidare il mistero del soggetto e dell'oggetto, dello psichico e del fisico parlando di "entità irreperibili" (quindi da ignorare?) che "spalancano le porte al nulla metafisico" mi sembra solo un modo per aggirare il problema e non voler vedere l'elefante seduto sul divano del salotto (senza sfondarlo).


CitazioneNulla in contrario al sostituire l'oggettività con l'intersoggettività. Anzi: tale spostamento semantico toglie l'aura sacrale con la maiuscola davanti al concetto medesimo. Ma bisogna prestare attenzione al piano inclinato delle vacche nere perchè non tutte le deliberazioni intersoggettive si equivalgono. Il vaso di Pandora nol consente. C'è una gerarchia, o specificità, ontologica, epistemologica ed etica da rispettare anche quando ci si avventura nell'intersoggettività.
Certamente il compito delle nostre menti è mettere un ordine, anche gerarchico, nel flusso di informazioni che vi giungono. Ma c'è modo e modo di concepire e applicare le gerarchie. Se si tratta di stabilire che la rappresentazione di un concreto oggetto fisico è subordinato alla percezione (e quindi all'esistenza fisica) di quell'oggetto va bene, questo permette di distinguere un ricordo da una fantasia. Se si cerca invece di subordinare in generale la dimensione psichica a quella fisica o viceversa entriamo nel campo dell'arbitrio ingiustificabile.

Ipazia

Citazione di: Donalduck il 03 Dicembre 2020, 20:17:16 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Novembre 2020, 10:05:25 AM
Qui subentra appunto la "gerarchia" epistemologica cui accennavo sopra. Se confronto l'impronta del cane col cane in carne ed ossa, al fantasma subentra la realtà. E posso fare altrettanto col cervo, lupo, capriolo, cavallo (ferrato),... Se invece mi imbatto nel fantasma della parola di una divinità riportato in un testo scritto da un umano il fantasma divino rimane tale.
Tu supponi che il cane in carne e ossa esiste e venga individuato, e che le impronte corrispondano alle zampe del cane. Ma questo, in generale , non accade, e il cane resta immaginario.

Allora siamo messi davvero male, considerato che tutte le nostre conoscenze di basano sullo studio di "impronte"

CitazioneE torniamo alla problematicissima definizione di realtà, se non relativizzata a un preciso contesto. Un cane è più reale di un pensiero? Non direi proprio. Sono altrettanto reali ma non appartengono alla stessa "dimensione" o  "sistema" o "contesto" di realtà. La realtà psichica e quella fisica sono interrelate ma non sono la stessa cosa, non sono governate dalle stesse leggi, anche se interagiscono tra loro. E il fatto che la nostra unica esperienza sia vivere contemporaneamente queste due realtà che non si possono considerare né unite né separate a me suggerisce, anzi mostra, l'irrudicibilità del paradosso dell'esistenza, quello che rende velleitarie (anche se istruttive) tutte le ricerche di "verità ultime".

Concordo sull'illusorietà delle "verità ultime", ma qui non si tratta di stabilire se è più reale un cane, Paperino o Dio, ma di posizionarsi al livello di realtà dell'ente considerato. Se mischiamo i piani arbitrariamente tutta l'episteme, e l'ontologia che la segue, annichiliscono e si precipita nell'insensatezza.

Citazione
CitazioneTornando alla "gerarchia" o specificità, se preferisci, degli ambiti ontologici, i concetti soggetto-oggetto sono indubbiamente più antropologici degli enti semantici cane-gatto. E' l'astrazione tipica del concetto che fa la differenza tra un referente reale ed uno astratto.
Qui persiste l'uso del termine "realtà" come se avesse un referente definibile e non ambiguo. A parte questo, non sono d'accordo nel definire soggetto e oggetto come concetti riferiti all'uomo. Come rilevavo prima, se si ragiona così tutto è antropologico, compresa la matematica. Per me soggetto e oggetto sono concetti che stanno alla base di qualunque possibile concetto di realtà per il semplice fatto che una res, una cosa, può essere tale solo per un soggetto interpretante, e un soggetto può essere tale solo in quanto percettore e interprete di una realtà. E' un gatto che si morde la coda, ma questa circolarità è quanto di più fondamentale possiamo estrarre, o astrarre, dalla nostra esperienza (che è l'unica fonte della nostra conoscenza).

Il referente è dato dal piano del discorso: reale, fantastico, mitologico,... Soggetto e oggetto funzionano solo in un ambito rigorosamente relativistico dopo aver delimitato con precisione la sezione di realtà "oggetto" del nostro discorso, all'interno del quale posso individuare soggetti e oggetti. Il chirurgo oggetto della mia contravvenzione potrebbe diventare (malauguratamente) il soggetto dell'operazione chirurgica che da soggetto multante mi trasforma in oggetto paziente.

Citazione
CitazioneSi può legittimamente ragionare di soggetto ed oggetto ma bisogna definire rigorosamente il campo di esistenza, il contesto, in cui agire queste due figure concettuali per non cadere in Soggetti e Oggetti postulati in senso assoluto, la cui evidente irreperibilità spalanca le porte al Nulla metafisico e alla notte in cui tutte le vacche sono sembrano nere. Da tale pretesa (e pre-tesi) metafisica ci può salvare una dose razionale di sano relativismo.
Soggetto e oggetto non sono postulati in senso assoluto, ma in relazione al nostro concepibile. Di assoluto si può solo parlare in termini poetici, mistici, allusivi, non razionali. Io dico che qualunque definizione di realtà deve fare i conti con soggetto e oggetto e se tenta di prescinderne, lo fa fraudolentemente o illusoriamente, ignorando o cercando di sminuire (magari con la parolina "epifenomeno") qualche aspetto della nostra esperienza. E non dobbiamo dimenticare che in questa stessa esperienza hanno una parte di rilevo l'ignoto, il misterioso, il paradossale, che nessuna scienza o conoscenza ha se non superficialmente intaccato. Liquidare il mistero del soggetto e dell'oggetto, dello psichico e del fisico parlando di "entità irreperibili" (quindi da ignorare?) che "spalancano le porte al nulla metafisico" mi sembra solo un modo per aggirare il problema e non voler vedere l'elefante seduto sul divano del salotto (senza sfondarlo).

Ripeti il mio stesso concetto sui limiti del binomio soggetto-oggetto inserendo il cigno nero che mi pare ridondande rispetto al ragionamento. Se trovo nel salotto un elefante che sta seduto sul divano del salotto senza sfondarlo vedrò di studiare il fenomeno. Ma finchè non mi capita, dò per scontato che l'elefante si siede sulla poltrona sfondandola dopo aver sfondato pure un muro per entrare.

Citazione
CitazioneNulla in contrario al sostituire l'oggettività con l'intersoggettività. Anzi: tale spostamento semantico toglie l'aura sacrale con la maiuscola davanti al concetto medesimo. Ma bisogna prestare attenzione al piano inclinato delle vacche nere perchè non tutte le deliberazioni intersoggettive si equivalgono. Il vaso di Pandora nol consente. C'è una gerarchia, o specificità, ontologica, epistemologica ed etica da rispettare anche quando ci si avventura nell'intersoggettività.
Certamente il compito delle nostre menti è mettere un ordine, anche gerarchico, nel flusso di informazioni che vi giungono. Ma c'è modo e modo di concepire e applicare le gerarchie. Se si tratta di stabilire che la rappresentazione di un concreto oggetto fisico è subordinato alla percezione (e quindi all'esistenza fisica) di quell'oggetto va bene, questo permette di distinguere un ricordo da una fantasia. Se si cerca invece di subordinare in generale la dimensione psichica a quella fisica o viceversa entriamo nel campo dell'arbitrio ingiustificabile.

La gerarchia è data dal fatto che la realtà non fa sconti a chi non la prende sul serio confondendo i suoi piani. La subordinazione è materia neuropsicoscientifica laddove, senza pretese di "ultime verità" scientistiche, si cercano di stabilire le relazioni causali.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Donalduck

Citazione di: Ipazia il 05 Dicembre 2020, 18:34:45 PM
Allora siamo messi davvero male, considerato che tutte le nostre conoscenze di basano sullo studio di "impronte"
Certo, si tratta sempre di impronte, ossia di segni, ma i segni si organizzano, o li organizziamo (anche qui abbiamo la solita ambivalenza) secondo determinate gerarchie e relazioni. Quello che percepisco di un cane in carne e ossa è l'immagine visiva in movimento, i suoni, gli odori, tutti i dati sensoriali che sono sempre segni e sono tutto quello che costituisce la nostra sensazione di realtà (esterna), e di questo dobbiamo essere consapevoli, proprio per non peccare di eccesso di oggettivazione. Ma tra la percezione di un cane in carne ed ossa e quella di una rappresentazione immaginaria di un cane avvertiamo una grossissima differenza, stiamo parlando di quei piani ben distinti, anche se correlati, di realtà, di cui si è già parlato e di cui anche tu parli:
Citazione
Se mischiamo i piani arbitrariamente tutta l'episteme, e l'ontologia che la segue, annichiliscono e si precipita nell'insensatezza.
Appunto. Ma io non mischio nulla, anzi sottolineo la relativa indipendenza del mondo esterno e di quello interno. Chi mischia è casomai chi confonde la matematica con la realtà esperienziale e parla di "velocità del tempo" o di "espansione dello spazio" arrivando effettivamente a locuzioni insensate.

Citazione
Il referente è dato dal piano del discorso: reale, fantastico, mitologico,... Soggetto e oggetto funzionano solo in un ambito rigorosamente relativistico dopo aver delimitato con precisione la sezione di realtà "oggetto" del nostro discorso, all'interno del quale posso individuare soggetti e oggetti. Il chirurgo oggetto della mia contravvenzione potrebbe diventare (malauguratamente) il soggetto dell'operazione chirurgica che da soggetto multante mi trasforma in oggetto paziente.
No, no, quello di cui parlo è qualcosa di completamente diverso, non sto parlando di ruoli nelle relazioni in ambiti particolari, ma del fatto che qualunque tentativo di definizione di qualunque realtà non può in alcun modo prescindere da un soggetto percettore della realtà e di un qualcosa percepito da tale soggetto, ossia ciò che il soggetto riceve come oggetto della sua percezione. In altre parole della dipendenza intrinseca del concetto di realtà da quelli di soggetto e oggetto.

Citazione
Ripeti il mio stesso concetto sui limiti del binomio soggetto-oggetto inserendo il cigno nero che mi pare ridondante rispetto al ragionamento. Se trovo nel salotto un elefante che sta seduto sul divano del salotto senza sfondarlo vedrò di studiare il fenomeno. Ma finché non mi capita, do per scontato che l'elefante si siede sulla poltrona sfondandola dopo aver sfondato pure un muro per entrare.

Ma dai, che c'entra? E' chiaro che la mia era solo una citazione della famosa metafora dell'elefante in salotto, di quel fenomeno che Douglas Adams (l'ho già citato in qualche altro intervento) descriveva magistralmente come la sindrome del "not my problem". Quando percepisci qualcosa che è troppo in contrasto con la tua concezione delle cose, del mondo, con le tue consolidate aspettative, fingi talmente bene di non vederla che finisci con l'inibirne la percezione stessa. E non sto parlando di qualcosa che potrebbe capitare, ma qualcosa che capita continuamente, ossia la rimozione del Grande Mistero (le maiuscole non hanno alcun carattere divinizzante) che incombe su ogni istante della nostra vita, del paradosso permanente nel quale viviamo, dell'irremovibile irriducibilità della nostra esperienza a una rappresentazione razionale, della sua indescrivibilità (in senso unitario, globale) e dell'intrinseca lacunosità e frammentarietà della nostra conoscenza, non eliminabile da qualunque progresso scientifico.
Rimozione che porta a illusioni e illazioni come quelle di Stephan Hawking:
"What would it mean if we actually did discover the ultimate theory of the universe? ... if we do discover a complete theory, it should in time be understandable in broad principle by everyone, not just a few scientists. Then we shall all be able to take part in the discussion of why the universe exists. If we find the answer to that, it would be the ultimate triumph of human reason. For then we would know the mind of God."

Citazione
La gerarchia è data dal fatto che la realtà non fa sconti a chi non la prende sul serio confondendo i suoi piani. La subordinazione è materia neuropsicoscientifica laddove, senza pretese di "ultime verità" scientistiche, si cercano di stabilire le relazioni causali.

Questo che dici si accorda benissimo con quanto ho affermato, ma non è pertinente al discorso che facevo, ossia al rilevare l'arbitrarietà e l'insostenibilità del far derivare la coscienza e la psiche dalla materia, dal considerare la materia e le leggi fisiche (che tra l'altro non sono di natura fisica ma psichica) come "causa" dei fenomeni psichici (e in generale della vita).

Ipazia

Citazione di: Donalduck il 08 Dicembre 2020, 17:32:18 PM
Citazione di: Ipazia il 05 Dicembre 2020, 18:34:45 PM
Allora siamo messi davvero male, considerato che tutte le nostre conoscenze di basano sullo studio di "impronte"
Certo, si tratta sempre di impronte, ossia di segni, ma i segni si organizzano, o li organizziamo (anche qui abbiamo la solita ambivalenza) secondo determinate gerarchie e relazioni. Quello che percepisco di un cane in carne e ossa è l'immagine visiva in movimento, i suoni, gli odori, tutti i dati sensoriali che sono sempre segni e sono tutto quello che costituisce la nostra sensazione di realtà (esterna), e di questo dobbiamo essere consapevoli, proprio per non peccare di eccesso di oggettivazione. Ma tra la percezione di un cane in carne ed ossa e quella di una rappresentazione immaginaria di un cane avvertiamo una grossissima differenza, stiamo parlando di quei piani ben distinti, anche se correlati, di realtà, di cui si è già parlato e di cui anche tu parli:

Nel caso in esame abbiamo due piani del reale di cui uno impresso sulla retina di un naturalista esperto e l'altro sensorialmente più completo alla portata di chiunque, ma entrambi convergono verso la rappresentazione psichica di un cane. Due piani molto contigui, nessuno dei quali necessita di acrobazie metafisiche.

Citazione
Citazione
Se mischiamo i piani arbitrariamente tutta l'episteme, e l'ontologia che la segue, annichiliscono e si precipita nell'insensatezza.
Appunto. Ma io non mischio nulla, anzi sottolineo la relativa indipendenza del mondo esterno e di quello interno. Chi mischia è casomai chi confonde la matematica con la realtà esperienziale e parla di "velocità del tempo" o di "espansione dello spazio" arrivando effettivamente a locuzioni insensate.

Sulle diavolerie dei fisici non mi esprimo, ma penso abbiano le loro buone ragioni che non possono essere banalizzate. Tutte le grandezze fisiche hanno le loro derivate che, anche se poco intuitive, all'atto pratico permettono di fare calcoli predittivi azzeccati. Non mi risulta che i fisici, cominciando da Galileo, intendano ridurre tutta la realtà esperenziale a formule matematiche. Se col relativismo fisico hanno avuto i loro ostici problemi matematici da risolvere, col relativismo umano sanno anche loro che l'impresa sarebbe impossibile.

Citazione
Citazione
Il referente è dato dal piano del discorso: reale, fantastico, mitologico,... Soggetto e oggetto funzionano solo in un ambito rigorosamente relativistico dopo aver delimitato con precisione la sezione di realtà "oggetto" del nostro discorso, all'interno del quale posso individuare soggetti e oggetti. Il chirurgo oggetto della mia contravvenzione potrebbe diventare (malauguratamente) il soggetto dell'operazione chirurgica che da soggetto multante mi trasforma in oggetto paziente.
No, no, quello di cui parlo è qualcosa di completamente diverso, non sto parlando di ruoli nelle relazioni in ambiti particolari, ma del fatto che qualunque tentativo di definizione di qualunque realtà non può in alcun modo prescindere da un soggetto percettore della realtà e di un qualcosa percepito da tale soggetto, ossia ciò che il soggetto riceve come oggetto della sua percezione. In altre parole della dipendenza intrinseca del concetto di realtà da quelli di soggetto e oggetto.

Indubbiamente la nostra percezione della realtà ha aspetti intersoggettivi caratteristici della specie. Un gatto o una civetta, di notte, "vedono la realtà" sicuramente meglio di noi allo stato naturale. Ma da qui a "insinuare" che il referente del concetto di realtà dipenda dal rapporto soggetto-oggetto ce ne vuole  ;D

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CitazioneRipeti il mio stesso concetto sui limiti del binomio soggetto-oggetto inserendo il cigno nero che mi pare ridondante rispetto al ragionamento. Se trovo nel salotto un elefante che sta seduto sul divano del salotto senza sfondarlo vedrò di studiare il fenomeno. Ma finché non mi capita, do per scontato che l'elefante si siede sulla poltrona sfondandola dopo aver sfondato pure un muro per entrare.
Ma dai, che c'entra? E' chiaro che la mia era solo una citazione della famosa metafora dell'elefante in salotto, di quel fenomeno che Douglas Adams (l'ho già citato in qualche altro intervento) descriveva magistralmente come la sindrome del "not my problem". Quando percepisci qualcosa che è troppo in contrasto con la tua concezione delle cose, del mondo, con le tue consolidate aspettative, fingi talmente bene di non vederla che finisci con l'inibirne la percezione stessa. E non sto parlando di qualcosa che potrebbe capitare, ma qualcosa che capita continuamente, ossia la rimozione del Grande Mistero (le maiuscole non hanno alcun carattere divinizzante) che incombe su ogni istante della nostra vita, del paradosso permanente nel quale viviamo, dell'irremovibile irriducibilità della nostra esperienza a una rappresentazione razionale, della sua indescrivibilità (in senso unitario, globale) e dell'intrinseca lacunosità e frammentarietà della nostra conoscenza, non eliminabile da qualunque progresso scientifico.
Rimozione che porta a illusioni e illazioni come quelle di Stephan Hawking:
"What would it mean if we actually did discover the ultimate theory of the universe? ... if we do discover a complete theory, it should in time be understandable in broad principle by everyone, not just a few scientists. Then we shall all be able to take part in the discussion of why the universe exists. If we find the answer to that, it would be the ultimate triumph of human reason. For then we would know the mind of God."

Stavamo meglio quando affidavamo il "Grande Mistero" ai teologi e al loro Libro Unico ?

Galileo ha preso in prestito dai greci un impolverato libro dell'Universo ed ha cominciato a narrarcelo. Hawking pensa che prima o poi qualcuno ci metterà la parola fine. Autostopisti galattici dell'universo, unitevi ! Fosse mai ... Ma resterebbe comunque in sospeso la proposizione 6.52 del Tractatus.

Citazione
CitazioneLa gerarchia è data dal fatto che la realtà non fa sconti a chi non la prende sul serio confondendo i suoi piani. La subordinazione è materia neuropsicoscientifica laddove, senza pretese di "ultime verità" scientistiche, si cercano di stabilire le relazioni causali.
Questo che dici si accorda benissimo con quanto ho affermato, ma non è pertinente al discorso che facevo, ossia al rilevare l'arbitrarietà e l'insostenibilità del far derivare la coscienza e la psiche dalla materia, dal considerare la materia e le leggi fisiche (che tra l'altro non sono di natura fisica ma psichica) come "causa" dei fenomeni psichici (e in generale della vita).

La scienza si occupa della causa efficiente, ed è innegabile che in assenza di supporto materiale l'attività psichica annichilisce. Se vogliamo completare il discorso con le altre tre causalità aristoteliche, la psiche dimostra altrettanto inequivocabilmente una certa sua autonomia funzionale. Ma da qui all'indimostrata, e probabilmente indimostrabile, anima dei sovrannaturalisti ci passa l'intero universo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Donalduck

Citazione di: Ipazia il 08 Dicembre 2020, 19:13:14 PM
Indubbiamente la nostra percezione della realtà ha aspetti intersoggettivi caratteristici della specie. Un gatto o una civetta, di notte, "vedono la realtà" sicuramente meglio di noi allo stato naturale. Ma da qui a "insinuare" che il referente del concetto di realtà dipenda dal rapporto soggetto-oggetto ce ne vuole[/size]
Io non insinuo, affermo, che non c'è modo di definire nessun concetto di realtà se si prescinde da quelli di soggetto e oggetto. La realtà può essere tale solo per un soggetto che la percepisce, e solo in relazione a questo si può parlare di esistenza o non esistenza. Se la pensi diversamente, perché non provi a definire il concetto di "realtà" (contrapposto a "irrealtà") e in che modo si possa individuare la differenza tra qualcosa di reale e qualcosa di irreale, sempre senza far riferimento a un soggetto o a un insieme di soggetti, piuttosto che respingere semplicemente la mia affermazione?


Comunque credo che viaggiamo su binari talmente divergenti che non sia possibile individuare un terreno comune su questo tipo di questioni. Ogni affermazione che faccio su un certo piano, la interpreti su un piano differente. Ogni processo di comunicazione ha i suoi limiti, e mi pare che a questo giro li abbiamo raggiunti.

Ipazia

Citazione di: Donalduck il 09 Dicembre 2020, 11:48:27 AM
Citazione di: Ipazia il 08 Dicembre 2020, 19:13:14 PM
Indubbiamente la nostra percezione della realtà ha aspetti intersoggettivi caratteristici della specie. Un gatto o una civetta, di notte, "vedono la realtà" sicuramente meglio di noi allo stato naturale. Ma da qui a "insinuare" che il referente del concetto di realtà dipenda dal rapporto soggetto-oggetto ce ne vuole[/size]
Io non insinuo, affermo, che non c'è modo di definire nessun concetto di realtà se si prescinde da quelli di soggetto e oggetto. La realtà può essere tale solo per un soggetto che la percepisce, e solo in relazione a questo si può parlare di esistenza o non esistenza. Se la pensi diversamente, perché non provi a definire il concetto di "realtà" (contrapposto a "irrealtà") e in che modo si possa individuare la differenza tra qualcosa di reale e qualcosa di irreale, sempre senza far riferimento a un soggetto o a un insieme di soggetti, piuttosto che respingere semplicemente la mia affermazione?

Comunque credo che viaggiamo su binari talmente divergenti che non sia possibile individuare un terreno comune su questo tipo di questioni. Ogni affermazione che faccio su un certo piano, la interpreti su un piano differente. Ogni processo di comunicazione ha i suoi limiti, e mi pare che a questo giro li abbiamo raggiunti.

Auspicando di poter riprendere a girare, per me la questione è  molto semplice: l'universo esiste indipendentemente da un soggetto che lo osservi ? Il realismo risponde sì,  l'idealismo, no. Io sono realista e pertanto ritengo l'ontologia, in linea di principio, indipendente dal rapporto soggetto-oggetto.
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Alexander

Senza un soggetto percipiente l'universo, anche se esistesse in maniera indipendente dal soggetto stesso, sarebbe esattamente come se non esistesse. Il concetto stesso di esistenza ha necessità di un soggetto che percepisce qual-cosa. Ogni cosa è tale perché è posta di fronte ad un soggetto che la definisce come "cosa". Allo stesso tempo il soggetto si definisce in rapporto all'oggetto: "io non sono questo; sono Altro da ciò".

viator

Salve alexander. Inserisco nel tuo testo qualche mia piccola osservazione, in grassetto :


Citazione di: Alexander il 10 Dicembre 2020, 11:16:08 AMSenza un soggetto percipiente l'universo, anche se esistesse in maniera indipendente dal soggetto stesso, sarebbe esattamente come se non esistesse(.....sarebbe esattamente come SE PER IL SOGGETTO STESSO non esistesse., quindi non esisterebbe soggettivamente). Il concetto stesso di esistenza ha necessità di un soggetto che percepisce qual-cosa. (ciò secondo il punto di vista tuo e di molti altri. Poichè l'esistere-essere potrebbe anche venir definito come "la condizione per la quale le cause generano i propri effetti", le cause oggettive esistenti al di fuori di un soggetto potrebbero continuare a produrre effetti oggettivi anche in mancanza di soggetti. Anzi, uno degli effetti oggettivi delle cause oggettive potrebbe essere (essere stato) la produzione dei soggetti umani). Ogni cosa è tale perché è posta di fronte ad un soggetto che la definisce come "cosa". Allo stesso tempo il soggetto si definisce in rapporto all'oggetto: "io non sono questo; sono Altro da ciò".(L'"io" è termine denotante l'esistenza di individui, non di soggetti. Tieni presente, tanto per aumentare la confusione, che la definizione di "soggetto" sarebbe "chi o ciò che agisce".....ma anche "ciò o chi E' SOGGETTO A ....", cioè subisce. Tale seconda definizione mi sembra del tutto confinante con quella di "oggetto".....in fondo la differenza - ampiamente mistificabile - consiste in una semplice "S-"). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

"Essere esattamente come non esistesse" è diverso da "non esistere". E' l'antinomia della hybris antropocentrica idealistica contro i fondamenti ontologici realistici, che vanno dalle tracce dei fossili alla legge di gravità. Pure universale.
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Alexander


Buongiorno viator


(.....sarebbe esattamente come SE PER IL SOGGETTO STESSO non esistesse., quindi non esisterebbe soggettivamente)SENZA un soggetto percipiente significa senza la presenza di alcun soggetto , non del singolo.
le cause oggettive esistenti al di fuori di un soggetto potrebbero continuare a produrre effetti oggettivi anche in mancanza di soggetti.


Certo, ma in mancanza di soggetti percipienti sarebbe esattamente COME SE non le producessero.


Anzi, uno degli effetti oggettivi delle cause oggettive potrebbe essere (essere stato) la produzione dei soggetti umani)


Questa però è un'ipotesi che fa il soggetto. In mancanza del soggetto non nascono ipotesi.


(L'"io" è termine denotante l'esistenza di individui, non di soggetti. Tieni presente, tanto per aumentare la confusione, che la definizione di "soggetto" sarebbe "chi o ciò che agisce".....ma anche "ciò o chi E' SOGGETTO A ....", cioè subisce. Tale seconda definizione mi sembra del tutto confinante con quella di "oggetto".....in fondo la differenza - ampiamente mistificabile - consiste in una semplice "S-")


Qui per "io" s'intende la facoltà di percepirsi come ALTRO dall'oggetto percepito.

Alexander


Buongiorno Ipazia

"Essere esattamente come non esistesse" è diverso da "non esistere". E' l'antinomia della hybris antropocentrica idealistica contro i fondamenti ontologici realistici, che vanno dalle tracce dei fossili alla legge di gravità. Pure universale.


Non c'è identità tra "come se non esistesse" e "non esiste". In mancanza del soggetto quell'esistere diventa come se non esistesse.Punto.
I fondamenti ontologici realistici li pone il soggetto. Chi altri?

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