I postulanti dell'Assoluto

Aperto da Ipazia, 17 Agosto 2020, 16:43:12 PM

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Ipazia

Citazione di: donquixote il 16 Novembre 2020, 00:50:30 AM
Voler dimostrare che qualcosa non esiste (come anche che esiste) è una contraddizione logica, quindi un'assurdità. Prima di dimostrare che qualcosa non esiste dovremmo innanzitutto definirlo, sapere che cosa è. Ma per sapere che cosa è un "qualcosa" bisogna che questo esista, perchè se non esistesse non potremmo saperne assolutamente niente. Appare dunque totalmente insensata qualunque affermazione o qualunque domanda sull'esistenza o l'inesistenza sic et simpliciter di qualcosa, poichè tutto ciò di cui possiamo parlare o che possiamo pensare è necessariamente esistente.

Igiene fisica e mentale vuole però che si sappia distinguere nella realtà i dati di fatto dalla fiction. Vista pure la scarsa propensione dei numi a salvare chi confonde le due cose, fosse pure in loro nome ed invocando la loro divina Provvidenza.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: Aumkaara il 15 Novembre 2020, 22:43:11 PM
Molto confuciano, Occam, almeno nel modo in cui viene usato di solito, ovvero con parsimonia: qualche spuntatina qua e là. Un lavoro di fino, per chi adora acconciature alla moda, procedendo senza un vero motivo se non con i propri gusti: Zeus non piace allora via; mentre un'esistenza che assurdamente è sia unica che molteplice (come venne fuori in queste pagine tempo addietro) invece va bene. Incongruentemente, oltre che inspiegabilmente.
C'è un modo più taoista, quindi più radicale, quindi più realistico: usare il rasoio fino in fondo, rasando tutto, oppure spezzandolo e lasciare che la natura faccia il suo corso.
Con la rasatura totale, scopriamo che si può evitare di base di moltiplicare gli enti: l'ente può benissimo essere uno solo, e quando si considera l'esistenza di più enti è solo perché vediamo varie forme di quell'unico e concettualmente, e quindi falsamente, le consideriamo cose distinte e realmente diverse.
Se invece, viceversa ma sempre taoisticamente, gettiamo via il rasoio, si può scoprire, come diceva Gödel, che di un qualcosa non si dovrebbe dimostrare che esiste, ma che non esiste: e quindi gli enti possono essere senza fine, mettere un limite alla loro possibilità di esistere è un atto nostro dettato dai nostri, di limiti (o che consideriamo nostri).

Occam non invita all'Ente unico, ma alla parsimonia mentale di generare solo gli enti necessari.

Omnis determinatio est negatio, è utile strumento di classificazione del reale, il cui carattere è epistemologico piuttosto che ontologico. Il ragionamento di Gödel è appunto epistemologico, non ontologico, e corrisponde alla falsificazione di Popper.

Citando Parmenide, l'assurdità ontologica del non essere va presa seriamente e, in campo ontologico, l'onere della prova spetta sempre a chi afferma.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Aumkaara

Citazione di: donquixote il 16 Novembre 2020, 00:50:30 AM
Citazione di: Aumkaara il 15 Novembre 2020, 22:43:11 PM
di un qualcosa non si dovrebbe dimostrare che esiste, ma che non esiste: e quindi gli enti possono essere senza fine, mettere un limite alla loro possibilità di esistere è un atto nostro dettato dai nostri, di limiti (o che consideriamo nostri).
Voler dimostrare che qualcosa non esiste (come anche che esiste) è una contraddizione logica, quindi un'assurdità. Prima di dimostrare che qualcosa non esiste dovremmo innanzitutto definirlo, sapere che cosa è. Ma per sapere che cosa è un "qualcosa" bisogna che questo esista, perchè se non esistesse non potremmo saperne assolutamente niente. Appare dunque totalmente insensata qualunque affermazione o qualunque domanda sull'esistenza o l'inesistenza sic et simpliciter di qualcosa, poichè tutto ciò di cui possiamo parlare o che possiamo pensare è necessariamente esistente.
Vero, ma si può dimostrare una relazione particolare e momentanea. Zeus può esistere effettivamente come immagine mentale, ma solo potenzialmente come causa materiale dei fulmini. Non è quindi assolutamente impossibile che possa esistere effettivamente, e non solo potenzialmente, in quest'ultima forma, ma magari non è così nell'attuale ordine delle cose (sospetto fortemente che appunto non sia così), e questo può essere almeno parzialmente dimostrabile: possiamo cercare e trovare altre relazioni che hanno a che fare con i fulmini, e attualmente non trovare nessun Zeus, anche se per il momento esiste già evidentemente almeno in altri modi.

bobmax

Citazione di: Ipazia il 16 Novembre 2020, 12:00:41 PM
Citazione di: donquixote il 16 Novembre 2020, 00:50:30 AM
Voler dimostrare che qualcosa non esiste (come anche che esiste) è una contraddizione logica, quindi un'assurdità. Prima di dimostrare che qualcosa non esiste dovremmo innanzitutto definirlo, sapere che cosa è. Ma per sapere che cosa è un "qualcosa" bisogna che questo esista, perchè se non esistesse non potremmo saperne assolutamente niente. Appare dunque totalmente insensata qualunque affermazione o qualunque domanda sull'esistenza o l'inesistenza sic et simpliciter di qualcosa, poichè tutto ciò di cui possiamo parlare o che possiamo pensare è necessariamente esistente.

Igiene fisica e mentale vuole però che si sappia distinguere nella realtà i dati di fatto dalla fiction. Vista pure la scarsa propensione dei numi a salvare chi confonde le due cose, fosse pure in loro nome ed invocando la loro divina Provvidenza.

La questione è più profonda di quando solitamente si ritenga.

Perché si può pensare solo l'esistente.
Il pensiero è sempre e solo pensiero di ciò che esiste.
E ciò che esiste è "qualcosa"

Viceversa, ciò che non esiste non è qualcosa, non può essere pensato. È nulla.

Premesso questo, che è fondamentale, possiamo provare a definire il qualcosa, che in quanto tale esiste necessariamente.

E nel definirlo potremo stabilire l'ambito della sua esistenza.
Ossia se esiste nel mondo fisico, o è un concetto oppure una costruzione fantastica...
Ma sempre di esistenza si tratta.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

viator

Salve donquixote. Hai completamente ragione dal punto di vista logico-formale.

Dal punto di vista fattuale Zeus è unicamente un concetto (non certamente un Dio, una persona, un agente).

I concetti secondo te esistono ? Secondo me esistono e consistono in forme immateriali temporanee, frutto dell'attività bioenergetica di un sistema nervoso sufficientemente complesso dall'aver generato una coscienza ed una mente.

Per stabilire esistenza od inesistenza di un ente (materiale od immateriale che esso sia) dovrebbe essere sufficiente spostarsi dalla "impossibilità della sua compiuta identificazione" alla osservazione della sua appartenenza (o meno) ad una catena di cause ed effetti.

Conveniamo allora che tutto ciò che è generato da una causa e/o produca degli effetti sia da considerare come esistente, che ne dici ?. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Aumkaara

#110
Citazione di: Ipazia il 16 Novembre 2020, 12:17:36 PM
Citazione di: Aumkaara il 15 Novembre 2020, 22:43:11 PM
Molto confuciano, Occam, almeno nel modo in cui viene usato di solito, ovvero con parsimonia: qualche spuntatina qua e là. Un lavoro di fino, per chi adora acconciature alla moda, procedendo senza un vero motivo se non con i propri gusti: Zeus non piace allora via; mentre un'esistenza che assurdamente è sia unica che molteplice (come venne fuori in queste pagine tempo addietro) invece va bene. Incongruentemente, oltre che inspiegabilmente.
C'è un modo più taoista, quindi più radicale, quindi più realistico: usare il rasoio fino in fondo, rasando tutto, oppure spezzandolo e lasciare che la natura faccia il suo corso.
Con la rasatura totale, scopriamo che si può evitare di base di moltiplicare gli enti: l'ente può benissimo essere uno solo, e quando si considera l'esistenza di più enti è solo perché vediamo varie forme di quell'unico e concettualmente, e quindi falsamente, le consideriamo cose distinte e realmente diverse.
Se invece, viceversa ma sempre taoisticamente, gettiamo via il rasoio, si può scoprire, come diceva Gödel, che di un qualcosa non si dovrebbe dimostrare che esiste, ma che non esiste: e quindi gli enti possono essere senza fine, mettere un limite alla loro possibilità di esistere è un atto nostro dettato dai nostri, di limiti (o che consideriamo nostri).

Occam non invita all'Ente unico, ma alla parsimonia mentale di generare solo gli enti necessari.

Omnis determinatio est negatio, è utile strumento di classificazione del reale, il cui carattere è epistemologico piuttosto che ontologico. Il ragionamento di Gödel è appunto epistemologico, non ontologico, e corrisponde alla falsificazione di Popper.

Citando Parmenide, l'assurdità ontologica del non essere va presa seriamente e, in campo ontologico, l'onere della prova spetta sempre a chi afferma.
Occam ha prodotto uno strumento, a quel punto nessuno può arrogarsi, se non con la forza, il diritto di usarlo in un modo o in un altro.
Lo stesso discorso vale per Gödel, che gli piacesse o meno: ci ha fornito uno strumento, sta a noi usarlo solo ontologicamente, solo epistemologicamente, o in qualche modo in entrambi i sensi, a seconda del contesto.
Sicuramente, se si vuole produrre trapani, è bene usare Gödel solo epistemologicamente, ma se si vuole comprendere cosa è un trapano (e tutto il resto) a prescindere dalle nostre classificazioni e dai nostri utilizzi, può essere un bene usare la dichiarazione di Gödel anche ontologicamente.
Lo stesso vale per Parmenide, che epistemologicamente tra l'altro è poco utile, perché porta a paradossi tipo quelli di Zenone, "facilmente" evitabili introducendo altri enti quali gli infinitesimi, che però sono poco in sintonia con l'uso epistemico di Occam, essendo numericamente indefiniti. Meglio usare Parmenide soprattutto ontologicamente: così facendo risulta non esserci niente di inesistente a parte l'inesistenza stessa, proprio il risultato che otteniamo con l'usare ontologicamente anche Occam e Gödel, che lo volessero o meno (Gödel forse sì).

Ipazia

Restando comunque, fuori dalla metafisica hard, l'obbligo epistemologico ed etico di definire i campi di esistenza a cui si riferisce la nostra ontologia. Cominciando dai due principali: dati esperiti vs. fiction. Prodotti naturali e della fantasia. Ontologia facilmente verificabile, mi si perdoni la banalità postmetafisica, dagli esiti di alimentazione di un vivente con cibo reale e con cibo virtuale. Magari celeste, come quello del Commendatore. Nobile pur'esso e forse pure necessario: nel SUO ambito del reale psicologico umano.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

L'esistente è per sua natura transeunte.
Ma non nel senso che è un qualcosa che dura solo un certo tempo. Perché quel qualcosa che dura, che rimane cioè identico a se stesso per almeno un po' di tempo, non esiste.

Perciò l'esistente è un divenire continuo, una metamorfosi. Al punto che è impossibile distinguere ciò che diviene dal suo stesso divenire.

E ciò è vero per qualsiasi esistente, sia fisico sia di ogni altra natura.

Di modo che, qualsiasi definizione di un esistente è il tentativo di rendere stabile ciò che non lo è in realtà mai.

Ma l'identificazione dell'esistente, attraverso una sua definizione, è indispensabile per il pensiero razionale.

A = A è il fondamento della razionalità.
Sebbene... A non sia mai uguale ad A.

In buona sostanza, ciò che pare essere più vicino alla Realtà non è l'esistente, bensì il Nulla.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Bisognerebbe convincere di ciò anche l'esistente autocosciente, ostinatamente identitario, l'ultima cosa cui aspira è diventare Nulla (succursale nichilista dell'Assoluto), preferendo invece quei "pochi, maledetti e subito" anni di vita che l'evoluzione della sua specie gli consente.
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simplex sigillum veri

donquixote

Citazione di: viator il 16 Novembre 2020, 12:44:38 PM
Salve donquixote. Hai completamente ragione dal punto di vista logico-formale.

Dal punto di vista fattuale Zeus è unicamente un concetto (non certamente un Dio, una persona, un agente).

I concetti secondo te esistono ? Secondo me esistono e consistono in forme immateriali temporanee, frutto dell'attività bioenergetica di un sistema nervoso sufficientemente complesso dall'aver generato una coscienza ed una mente.

Per stabilire esistenza od inesistenza di un ente (materiale od immateriale che esso sia) dovrebbe essere sufficiente spostarsi dalla "impossibilità della sua compiuta identificazione" alla osservazione della sua appartenenza (o meno) ad una catena di cause ed effetti.

Conveniamo allora che tutto ciò che è generato da una causa e/o produca degli effetti sia da considerare come esistente, che ne dici ?. Saluti.

Ovviamente i concetti esistono, conformemente al fatto che non si può affermare a rigor di logica che qualcosa non esiste, anche se non sono affatto d'accordo sulla descrizione che ne dai. Ogni parola "definita" dal vocabolario di un determinato linguaggio è, nei fatti, un concetto, una convenzione, una elaborazione mentale condivisa con chiunque parli il medesimo linguaggio: la mela non è una mela in sé, ma un concetto condiviso che permette a tutti quelli che parlano la stessa lingua di identificare una "cosa" particolare.
Se ogni "cosa" è dunque un concetto si tratta allora di vedere a quale piano di realtà si riferiscono queste "cose": quello materiale, quello psicologico, quello spirituale, quello dell'immaginazione eccetera. Qui le cose si complicano perchè se è vero che chiunque veda una mela la riconosce come tale i concetti a cui non corrisponde una immediata esperienza sensoriale sono più difficili da comunicare e condividere: forse che tutti hanno in mente la stessa cosa quando si parla dell'amore? o della libertà? o del bene? o della democrazia? o della coscienza? o della giustizia? o della bellezza? o dello spirito? Parlando semplicisticamente si dovrebbe dire che "non esistono", ma chi avrebbe il coraggio di affermarlo?
Ogni parte della realtà, anche quelle più assurde generate dalla fantasia umana (e forse soprattutto quelle), hanno una causa (la fantasia umana, appunto, in questo caso) e producono degli effetti: Un libro di fantascienza di successo, ad esempio, o un horror, permette all'autore di sopravvivere e stimola l'immaginazione e i sentimenti dei lettori che ne traggono soddisfazione. Come si fa a dire che quel che è stato raccontato "non esiste"?
Riflettendo un attimo si può notare che le "cose" che più incidono sulla realtà umana concreta sono proprio quelle che si possono definire "non esistenti". Si sono fatte guerre e ci sono stati martiri in nome della patria, della gloria, dell'onore, della libertà, dell'indipendenza, della giustizia, della democrazia e di tante altre ragioni più o meno nobili, che pur essendo basate su cose "inesistenti" sono molto più cogenti, nell'animo umano, rispetto a quelle "esistenti" e concrete.
Proviamo a prendere in considerazione i cosiddetti "diritti umani universali": esistono? Concretamente non esistono, sono solo una convenzione assai recente fra gruppi di nazioni, eppure quasi tutta l'umanita conforma i propri pensieri, le proprie azioni e i propri codici a tale convenzione. Una cosa "inesistente" dunque ha effetti sulla quasi interezza degli esseri umani: com'è possibile?
E perchè mai non dovrebbe accadere lo stesso per Zeus? La personificazione degli dei è cosa antica, ma anche questa è una semplice convenzione necessaria all'uomo per permettergli di esprimersi e di farsi capire da altri uomini. Certo è che se nessuno più conosce i concetti ai quali uno "Zeus" rimanda e che li sintetizza nella sua "persona" più che parlare di "inesistenza" bisognerebbe parlare di incomprensione.  Mi pare curioso, ad esempio, che nessuno metta in dubbio il fatto che la personificazione di Dike con la bilancia in mano sia solamente un simbolo che rimanda al concetto di giustizia, ma poi c'è chi è salito sull'Olimpo a cercare l'abitazione di Zeus, o quella di Efesto.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Jacopus

Citazione poichè tutto ciò di cui possiamo parlare o che possiamo pensare è necessariamente esistente.
Vero, ma esistono diversi gradi di esistenza di ciò di cui possiamo parlare o pensare. Il minimo grado di questa esistenza è ciò che qualunque soggetto pensa nel suo foro interiore, senza comunicarlo ad altra anima viva. Anche quel rimuginio ha una sua inequivocabile esistenza. Il massimo grado di esistenza avviene quanto ciò di cui parliamo o pensiamo è condiviso dal maggior numero di soggetti.
Questo principio quantitativo di esistenza va però considerato accanto ad un principio qualitativo, poichè non è detto che tutto ciò che esiste nella maggioranza sia giusto, e dico giusto evitando di dire vero, perchè vorrei circoscrivere il discorso ai fatti etici dell'uomo, la libertà, l'uguaglianza, l'egoismo, l'altruismo e così via.
Ecco allora che ciò di cui possiamo parlare, se da un lato è aperto alla possibilità, dall'altro dovrebbe essere retto dalla responsabilità. La responsabilità del me connesso con gli altri. Del me che non vede gli altri come antagonisti ma come collaboratori ad un fine comune, quello della reciprocità della regola aurea. Da ciò deriva che anche Zeus, se si piega a questa legge, ha dignità ad esistere, mentre non ce l'ha Allah (è solo un esempio) nel momento in cui proclama la guerra santa contro gli infedeli. Se Allah o Zeus sono invece, come spesso è accaduto, i latori trascendenti dell'asimmetria dell'ordine del mondo, dove esistono dominatori e dominati, dove esiste "chi agisce e chi è agito", allora essi esistono comunque, ma esistono in quanto portatori di una ideologia alienante e alleata dell'ingiustizia e quindi sostanzialmente irresponsabile della sorte dell'uomo, tanto più dominante se portatrice anche di quella rigidità mortale connessa alla condanna della blasfemia, di cui ci potrebbero parlare tanto Socrate, quanto Cristo.

Ma tutto ciò come è connesso con la questione in argomento, con i postulanti dell'assoluto? E' presto detto, così come si può pensare all'assoluto, si può pensare al relativo, ed entrambi esistono come concetti e quindi esistono come realtà concettuali. Ma l'assoluto è disconfermato dalla nostra stessa esperienza vitale. I nostri corpi nascono, vivono, appassiscono e muoiono. E' disconfermato dai continui mutamenti di paradigmi della conoscenza umana, che per decine di migliaia di anni ha fatto a meno del Dio ebraico e si è accontentato di altri dei, così come continuano a fare, ancor oggi, miliardi di persone in Cina o in Nuova Guinea. E' disconfermato dall'esistenza, all'interno di un singolo concetto assoluto, di altri assoluti minori, come nel caso dei mussulmani sunniti e mussulmani sciti. E' disconfermato dall'esistenza di principi biologici ambivalenti persino rispetto alla nostra sessualità, per cui non possiamo dirci nè assolutamente maschi, nè assolutamente femmine. E come si concilia questa assolutezza con l'avvento casuale di homo sapiens dopo miliardi di anni, in cui altre specie hanno dominato il mondo? Come si concilia con la relativizzazione del concetto di tempo?
Un unico assoluto forse potrebbe avere spazio, a mio giudizio, ed è l'assoluto della responsabilità umana nei confronti dei suoi simili e del suo ambiente. Un assoluto talmente vertiginoso, che se applicato significherebbe probabilmente l'avvento di una nuova specie di homo sapiens. Ed è a questo che dobbiamo tendere.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

bobmax

Citazione di: Ipazia il 16 Novembre 2020, 17:41:08 PM
Bisognerebbe convincere di ciò anche l'esistente autocosciente, ostinatamente identitario, l'ultima cosa cui aspira è diventare Nulla (succursale nichilista dell'Assoluto), preferendo invece quei "pochi, maledetti e subito" anni di vita che l'evoluzione della sua specie gli consente.

Certamente l'esistente vuole continuare a esistere.

Ma cova in se stesso il dubbio ineliminabile della nullità della propria esistenza.

E in questo dubbio, ogni volta respinto perché orrendo, si cela la verità.

Ogni opera, ogni creatura, ogni cosa, altro non sono che nulla.
Non nel senso che valgano poco, ma che sono effettivamente puro nulla!

Cosa resta allora?

L'Amore.

Che è Nulla, fonte d'infinite possibilità.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

L'amore non è Nulla, è relazione. Così come l'universo in cui tutto è in relazione con tutto. Ma la relazione, per esistere, deve far accadere qualcosa. E in tale qualcosa il nulla si nullifica, rimanendo solo il qualcosa, la relazione.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
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bobmax

Citazione di: Ipazia il 17 Novembre 2020, 09:55:21 AM
L'amore non è Nulla, è relazione. Così come l'universo in cui tutto è in relazione con tutto. Ma la relazione, per esistere, deve far accadere qualcosa. E in tale qualcosa il nulla si nullifica, rimanendo solo il qualcosa, la relazione.

No, relazione è l'Esistenza.

Esistere consiste infatti nella comunicazione.
Pura comunicazione, dove i poli che si relazionano non esistono di per sé, ma solo per la comunicazione.

L'Esistenza è l'Uno che cerca se stesso, attraverso la comunicazione.

Ciò che origina la comunicazione è l'Amore.

Dio ama se stesso.

Ed essendo Uno, è pure Nulla.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Quindi il predatore che divora la preda lo fa per Amore sotto l'egida di un Dio che cosi ricompatta il fallace Due nella Verità dell'Uno. Uno, che per non farsi mancare nulla, è pure Nulla, realizzando così l'Uno Assoluto alfine postulabile nella sua assolutezza senza Nulla di resto.

Ci può stare per il predatore. Più difficile convincere la preda che di Amore si tratta.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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