I postulanti dell'Assoluto

Aperto da Ipazia, 17 Agosto 2020, 16:43:12 PM

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Ipazia

Citazione di: Phil il 24 Agosto 2020, 12:13:21 PM
La "facilità di compitare un'etica poco relativista basata sui bisogni primari", rischia di non fare i conti con le difficoltà poste dalla complessità dei rapporti sociali: non sono i bisogni primari ad essere il problema delle etiche, ma tutto il castello di strutture e sovrastrutture in cui l'uomo contemporaneo è chiamato ad orientarsi per soddisfarli. Secondo me, i bisogni primari non sono il fondamento dell'etica, ne sono semmai il traguardo minimo, dai tempi delle caverne (almeno stando all'etica più empatica e diffusa). A complicare il tutto, oggi sono etiche anche molte questioni che prescindono da pane, acqua e un'ora d'aria (che non sono comunque garantiti ovunque nel mondo).

Su quale altro solido fondamento che non siano i bisogni primari, con la loro irrevocabile assolutezza, è possibile fondare ragionevolmente l'ethos, anche nel caso li vogliamo derubricare a minimo sindacale ?

Lo so che l'idealismo la pensa diversamente, ma guardando le stelle è finito un'infinità di volte dentro la buca che non voleva considerare, a giusta punizione della sua inadeguatezza filosofica.

CitazioneD'altronde che l'etica non si risolva in automatico con "è bene dare cibo, acqua e aria al nostro prossimo", credo lo dimostrino numerose questioni portuali che ben conosciamo (senza voler entrare nel merito, ma tutto il dibattito filosofico, non politico, sul tema in questione credo sia un buon esempio della non "facilità" della questione).

Anche le questioni portuali si risolverebbero se gli umani prolificassero solo coloro che possono nutrire. Sempre lì si ritorna e non può che essere così, in barba a tutte le fallacie antinaturalistiche. In tema di assoluto, relativamente alla vita umana, qualsiasi regime deve fare i conti col panem. Il circense viene dopo e non surroga più di tanto come dimostrano le brioches attribuite alla regina francese. Così come non surrogano le fumisterie di oppio metafisico che vanno a cercare l'etica sotto i funghi delle praterie celesti o, secolarmente, nell'individualistica nullità del pensiero liberal-liberista.

Risolto il panem, rimane il seguito di Maslow, altrettanto incardinabile in binari umanistici finalizzati al miglior vivere nell'ethos evolutivamente e storicamente dato. Anche questo (di)mostrano le vicende portuali  :P
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 24 Agosto 2020, 16:22:37 PM
Su quale altro solido fondamento che non siano i bisogni primari, con la loro irrevocabile assolutezza, è possibile fondare ragionevolmente l'ethos, anche nel caso li vogliamo derubricare a minimo sindacale ?
Non credo che, divinità a parte, ci siano fondamenti particolarmente solidi a disposizione, che non siano l'evoluzione delle norme e consuetudini in una determinata società (autoreferenza vecchia come l'uomo) e le capacità interpretative del singolo (entrambi, concorderai, fondamenti contenutisticamente tutt'altro che assoluti). Per questo molti si sentono a disagio di fronte alla debolezza dal nichilismo, dal relativismo, etc. manca quel fondamento solido, rassicurante e, soprattutto, normativo, che una volta rendeva chiara (seppur non sempre agevole) la direzione da prendere.
Viceversa, fondare un'etica sui bisogni primari è più difficile di quel che sembra:
Citazione di: Ipazia il 24 Agosto 2020, 16:22:37 PM
Anche le questioni portuali si risolverebbero se gli umani prolificassero solo coloro che possono nutrire.
pianificare la procreazione (sorvolando sulla sua presunta pertinenza con la questione dei migranti) è un "valore" che già va ben oltre i bisogni primari: la sua applicazione presuppone di fatto un'ingerenza normativa del potere centrale nelle abitudini sessuali della popolazione. Calcoli della quantità di prole in base all'Isee e/o in base al contratto di lavoro? Magari risulta un ragionevole e condivisibile "interventismo etico" per il bene di tutti, ma siamo tutti "democraticamente" concordi? Per rispondere, risolvendo eventuali dissensi, fare appello all'indubitabilità dei bisogni primari non mi pare affatto sufficiente (a ulteriore dimostrazione di come la presunta "facilità di compitare un'etica poco relativista basata sui bisogni primari" si incagli, nella prassi, con le differenti prospettive etiche di coloro che, nonostante tutto, condividono gli stessi bisogni primari).

viator

Salve Phil. Citandoti : "Viceversa, fondare un'etica sui bisogni primari è più difficile di quel che sembra".


Secondo me non è il caso di affannarsi. Saranno i bisogni primari a confezionare le nostre etiche ed a presentarcele silenziosamente, lasciandoci benignamente l'illusione (del medesimo tipo di quella del "libero arbitrio") di essere stati noi a costruircele.


Oppure secondo te la nostra etica autocostruita ha potuto fare a meno delle fondamenta e del materiale da costruzione che il mondo ci ha presentato alla nostra nascita ? Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus

#33
CitazioneIn fondo, l'etica di una comunità non è mai né assoluta (essendo mutevole nel tempo), né relativa (non contemplando la possibilità di autarchia dei singoli). La convivenza sociale è una questione di compromessi e rapporti di forza, prima che di specifici valori etici da pulpito o da libro filosofico; so che suona male, ma la storia, finora, mi pare che questo ci insegni e la globalizzazione lo sta confermando piuttosto nettamente (la legge di mercato si fonda e si concretizza in miriadi di scelte umane che la appoggiano e la conformano, non è un leviatano dispotico dotato di autonoma volontà: è diventata "legge planetaria" perché gli umani l'hanno consentito e lo consentono; è un po' come quando in democrazia si elegge qualcuno e poi molti se ne lamentano: una questione di proiezione di responsabilità per esorcizzare il proprio pentimento, il proprio disimpegno o la propria frustrazione per non vivere nel mondo che si vorrebbe).


Una visione piuttosto hegeliana, Phil, ma se non vogliamo limitarci a "civettare" con la storia, dobbiamo riconoscere alla filosofia un compito pratico, proprio nel senso dell'antica praxis, una funzione critica e di orientamento, che non ha paura di denunciare l'irrazionalità del mondo, anche quando è sostenuta dalla maggioranza o per assurdo dell'unanimità dei senzienti.
La filosofia è uno sguardo profondo, mosso dalla conoscenza e dalle intuizioni accese da quella conoscenza. Non è detto che da quello sguardo la praxis migliori, lo sappiamo fin dal viaggio della speranza pedagogica di Platone a Siracusa. Ma allo stesso tempo non fu proprio la filosofia greca e i suoi ideali a permettere il grande salto in tre stadi: scolastica, umanesimo, illuminismo?
Ed oggi la filosofia, per tornare in tema, deve denunciare un fatto molto semplice e pericoloso, il soggetto è il protagonista della trama culturale, nelle sue diverse forme di eroe, individuo, free rider, uomo che non chiede mai, ab solutus da ogni altro soggetto, che si pone di fronte a lui come "diverso", "non equiparabile", "lontano", "concorrente", "rivale".
Il problema è che in questo modo, i valori della comunità, nella dinamica  di compromesso etico che giustamente è il risultato dell'interazione sociale, diventano cacofonici e mortiferi, sostenuti solo dal narcisismo del "io ti mostro quel che ho". Per questo sostengo la necessità di una mediazione fra valori assoluti e relativi, che non è altro che lo specchio di un altro binomio, quello fra soggetto e comunità, una dialettica che oggi rischia di polarizzarsi patologicamente, fra un soggetto/individuo osannato e una comunità considerata "gregge", "schiavitù", "assistenzialismo", "statalismo", in una accezione cioè essenzialmente negativa.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

niko

Ipazia ha scritto (scusate, non mi prende il quote):

Anche le questioni portuali si risolverebbero se gli umani prolificassero solo coloro che possono nutrire. Sempre lì si ritorna e non può che essere così, in barba a tutte le fallacie antinaturalistiche. In tema di assoluto, relativamente alla vita umana, qualsiasi regime deve fare i conti col panem. Il circense viene dopo e non surroga più di tanto come dimostrano le brioches attribuite alla regina francese. Così come non surrogano le fumisterie di oppio metafisico che vanno a cercare l'etica sotto i funghi delle praterie celesti o, secolarmente, nell'individualistica nullità del pensiero liberal-liberista.

Risolto il panem, rimane il seguito di Maslow, altrettanto incardinabile in binari umanistici finalizzati al miglior vivere nell'ethos evolutivamente e storicamente dato. Anche questo (di)mostrano le vicende portuali  :P


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E' un orrore e una tragedia che vengano prolificati figli che non si possono mantenere, sì ma esattamente e specularmente quanto sarebbe un orrore e una tragedia in senso opposto uno stato di cose in cui per etica o per diritto solo i ricchi entro una certa soglia minima potessero proliferare, e i poveri al dì sotto di quella soglia avessero il destino di estinguersi fliogeneticamente.
E' un orrore la miseria e l'irresponsabilità, ma come per un universalismo etico devono esser soddisfatti i bisogni primari come la fame, così per un universalismo etico al minimo sindacale il diritto di fare figli soddisfacendo un istinto che è praticamente pari alla fame come intensità quando represso e non soddisfatto, non è dei più o meno abbienti, ma è di tutti o di nessuno.
Quindi grande è l'errore di chi addita, come singolo o come popolo, qualcuno che ha fame e figlia lo stesso. Sono istinti, non si possono risolvere nel senso del: "dell'io muoio senza figli e qualcuno con più quattrini figlierà per me", l'unica soluzione è eliminare la fame, l'uguaglianza vera.


E l'ethos evolutivamente o storicamente dato è sbagliato per definizione (in quanto dato, e quindi inautentco rispetto alla vita attuale di singoli e gruppi per come essa istante per istante si determina); esistiamo per evolvere, come tutti gli altri esseri, siamo venuti per divenire (in questo davvero non siamo speciali, rispetto agli animali), e magari per farla finita con la storia.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Ipazia

Citazione di: Phil il 24 Agosto 2020, 17:25:48 PM
Non credo che, divinità a parte, ci siano fondamenti particolarmente solidi a disposizione, che non siano l'evoluzione delle norme e consuetudini in una determinata società (autoreferenza vecchia come l'uomo) e le capacità interpretative del singolo (entrambi, concorderai, fondamenti contenutisticamente tutt'altro che assoluti). Per questo molti si sentono a disagio di fronte alla debolezza dal nichilismo, dal relativismo, etc. manca quel fondamento solido, rassicurante e, soprattutto, normativo, che una volta rendeva chiara (seppur non sempre agevole) la direzione da prendere.

L'evoluzione delle norme e consuetudini di una determinata società dipende dalle condizioni materiali della sua vita e riproduzione le quali travolgono come uno tzunami tutti i filosofemi che non si adeguino a tale evoluzione. Sottoscrivo il richiamo di Jacopus al valore della praxis e alla filosofia che la sappia al meglio interpretare. Anche le capacità interpretative del singolo seguono lo stesso trend e restare indietro o limitarsi a subirlo - delegando le rassicurazioni agli iniziati/esperti - è un lusso che non ci possiamo più permettere. La qual cosa rammenta che l'etica è intrecciata con la responsabilità (individuale e sociale) che rimanda alla ...

CitazioneViceversa, fondare un'etica sui bisogni primari è più difficile di quel che sembra:
Citazione di: Ipazia il 24 Agosto 2020, 16:22:37 PM
Anche le questioni portuali si risolverebbero se gli umani prolificassero solo coloro che possono nutrire.
pianificare la procreazione (sorvolando sulla sua presunta pertinenza con la questione dei migranti) è un "valore" che già va ben oltre i bisogni primari: la sua applicazione presuppone di fatto un'ingerenza normativa del potere centrale nelle abitudini sessuali della popolazione. Calcoli della quantità di prole in base all'Isee e/o in base al contratto di lavoro? Magari risulta un ragionevole e condivisibile "interventismo etico" per il bene di tutti, ma siamo tutti "democraticamente" concordi? Per rispondere, risolvendo eventuali dissensi, fare appello all'indubitabilità dei bisogni primari non mi pare affatto sufficiente (a ulteriore dimostrazione di come la presunta "facilità di compitare un'etica poco relativista basata sui bisogni primari" si incagli, nella prassi, con le differenti prospettive etiche di coloro che, nonostante tutto, condividono gli stessi bisogni primari).

... responsabilità di fronte alla procreazione in un pianeta che non ha più terre vergini - o ritenute tali a danno degli sfortunati autoctoni - da conquistare al grido di mors tua vita mea Dio lo vuole. Oggi è: mors tua mors mea e nessun autoctono è più disposto a soccombere.

Tornano quindi in gioco i bisogni primari e il bisogno, rispondendo a niko, di una giustizia primaria che non viene imposta per legge, ma per condizioni materiali che rendano possibile la sopravvivenza umana nel modo meno conflittuale possibile. Oggi più che mai l'etica è divenuta questione di prassi ed episteme in un mondo in cui l'umanesimo deve fare i conti coi limiti dell'antropizzazione e l'irrazionalità delle ideologie religiose e secolari ancora dominanti.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: viator il 24 Agosto 2020, 18:46:16 PM
Secondo me non è il caso di affannarsi. Saranno i bisogni primari a confezionare le nostre etiche ed a presentarcele silenziosamente
Intendere per «etica» le modalità comportamentali di soddisfare i propri bisogni primari, significa non riconoscerle lo statuto di ponte relazionale con l'altro uomo. Il momento in cui i suoi bisogni primari confliggono con i miei, o siamo chiamati ad organizzarci per coordinare la soddisfazione dei nostri bisogni in quanto comunità, è il momento in cui l'etica filosofica diventa un fattore importante (e, appunto, l'appello ai bisogni primari, in quanto esclusivamente biologici, non fonda direttamente nessun valore etico; vedi suddetta fallacia naturalistica e vedi esempio migranti).
Detto più semplicemente: aprire il frigo se ho fame, non è una scelta di tipo etico; invece, quando uno sconosciuto mi chiede di comprargli una bottiglia d'acqua perché ha sete ma non ha i soldi, cosa mi suggerisce l'etica fondata sui bisogni primari? Non entrano forse in gioco soprattutto valori etici con differente fondamento?


Citazione di: Ipazia il 24 Agosto 2020, 20:13:51 PM
... responsabilità di fronte alla procreazione in un pianeta che non ha più terre vergini - o ritenute tali a danno degli sfortunati autoctoni - da conquistare al grido di mors tua vita mea Dio lo vuole. Oggi è: mors tua mors mea e nessun autoctono è più disposto a soccombere.
Eppure, correggimi se sbaglio, la cronaca e i numeri ci parlano di popolazioni in cui si continua a procreare irresponsabilmente (spoiler: non solo al di là del Mediterraneo). Comunque, la questione di cui si parlava (in ossequio al titolo) era quella del fondamento: se un'etica è fondata sui bisogni primari, il controllo delle nascite, che nella prassi (mi si perdoni il disincanto) si traduce solitamente non con l'utopica responsabilizzazione planetaria dei singoli, ma con coercizioni governative, è un non sequitur. Non perché non sia ragionevole fare calcoli su numero di abitanti, risorse disponibili, proiezioni statistiche, etc. ma perché la lettura etica di tutto ciò non è univoca e dirimente a partire dai bisogni primari, bensì (semmai) basandosi su altri valori etici (altamente interpretabili e opinabili) come quello della procreazione, della sostenibilità, etc. (anche se Niko ha giustamente ricordato che l'istinto materno e paterno sono comunque biologici).
Semplificando con un esperimento mentale: se fossimo su un treno in corsa, non sono sicuro sarebbero i bisogni primari a mettere assolutamente d'accordo chi vuole godersi il viaggio (procreando e in altro modo) sapendo che morirà di vecchiaia prima che il treno deragli per l'eccessivo peso a bordo, e chi invece non vuole sovraffollare il treno, preoccupato che le generazioni future si trovino coinvolte nel deragliamento e consiglia quindi di "calmierare" le nascite.
Ribadisco che ne faccio un discorso sui fondamenti dell'etica, non su quale scelta sia preferibile o più giusta, secondo la propria etica (già "fondata").

Ipazia

Citazione di: Phil il 24 Agosto 2020, 21:37:55 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Agosto 2020, 20:13:51 PM
... responsabilità di fronte alla procreazione in un pianeta che non ha più terre vergini - o ritenute tali a danno degli sfortunati autoctoni - da conquistare al grido di mors tua vita mea Dio lo vuole. Oggi è: mors tua mors mea e nessun autoctono è più disposto a soccombere.
Eppure, correggimi se sbaglio, la cronaca e i numeri ci parlano di popolazioni in cui si continua a procreare irresponsabilmente (spoiler: non solo al di là del Mediterraneo). Comunque, la questione di cui si parlava (in ossequio al titolo) era quella del fondamento: se un'etica è fondata sui bisogni primari, il controllo delle nascite, che nella prassi (mi si perdoni il disincanto) si traduce solitamente non con l'utopica responsabilizzazione planetaria dei singoli, ma con coercizioni governative, è un non sequitur. Non perché non sia ragionevole fare calcoli su numero di abitanti, risorse disponibili, proiezioni statistiche, etc. ma perché la lettura etica di tutto ciò non è univoca e dirimente a partire dai bisogni primari, bensì (semmai) basandosi su altri valori etici (altamente interpretabili e opinabili) come quello della procreazione, della sostenibilità, etc. (anche se Niko ha giustamente ricordato che l'istinto materno e paterno sono comunque biologici).

Contrapporre bisogni primari individuali all'etica sociale è una fallacia individualistica priva di fondamento. La società è, almeno nelle questioni fondamentali correlate alla natura umana, la sommatoria delle richieste e intelligenze individuali: la politica cinese del figlio unico ha salvato dalla miseria e dal sottosviluppo anche i cinesi che di figli ne avrebbero voluti e fatti dieci. E col senno di poi, i meno martellati di loro l'avranno pure capito.

La gestione della riproduzione fin dalle origine ha avuto un primario carattere et(olog)ico e attorno ad essa si è sviluppato quell'istituto fondamentale sociale che è la famiglia in cui si confrontano individui, non marziani. L'evoluzione etica di tale istituto è andata di pari passo con l'approfondimento etico della questione riproduttiva liberando, anche individualmente, individui di sesso femminile e minori dalle inumanità della famiglia patriarcale. Tale processo di liberazione ed emancipazione è strettamente connesso alla natura sociale del fenomeno riproduttivo. Questo trend di progresso non è ...

CitazioneSemplificando con un esperimento mentale: se fossimo su un treno in corsa, non sono sicuro sarebbero i bisogni primari a mettere assolutamente d'accordo chi vuole godersi il viaggio (procreando e in altro modo) sapendo che morirà di vecchiaia prima che il treno deragli per l'eccessivo peso a bordo, e chi invece non vuole sovraffollare il treno, preoccupato che le generazioni future si trovino coinvolte nel deragliamento e consiglia quindi di "calmierare" le nascite.

... banalizzabile ponendo sullo stesso piano etico chi porta alla catastrofe e chi sa come evitarla. Grazie a Dio (che probabilmente non c'è) non siamo tutti sullo stesso treno o barca e quando il delirio umanitario avrà manifestato nei fatti tutti i suoi aspetti catastrofici ci ricorderemo che esistono anche confini e dighe capaci di arginare le rapide della maleducazione demografica costringendo i riottosi a più ragionevoli politiche ed etiche se non vogliono tornare all'antropofagia come i naufraghi del quadro iniziale.

CitazioneRibadisco che ne faccio un discorso sui fondamenti dell'etica, non su quale scelta sia preferibile o più giusta, secondo la propria etica (già "fondata").

Se l'etica è saldamente fondata sulla conoscenza della natura e dei suoi processi, non so quanti relativisti etici preferiranno finire nella cascata piuttosto che mettere una diga sulle rapide. E' pur vero che al delirio che antepone i principi ai fatti non si può porre alcun argine razionale, ma allora non chiamiamola etica (variamente alternativa). Chiamiamola demenza.

Del resto lo stesso etimo di ethos-techne non lascia grande spazio a voli pindarici di tipo individualistico. Icaro e Dedalo, coi loro opposti destini, lo insegnano fin dall'antichità.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve Phil. Continui a far passare la tesi che io ritenga che che i bisogni fondamentali abbiano carattere eticamente attuale. Ciò che io ho detto e ribadito è che i bisogni SIANO LA BASE ONTOLOGICA di tutti i nostri comportamenti, etiche e scelte.

Comunque poi, citandoti : "Detto più semplicemente: aprire il frigo se ho fame, non è una scelta di tipo etico; invece, quando uno sconosciuto mi chiede di comprargli una bottiglia d'acqua perché ha sete ma non ha i soldi, cosa mi suggerisce l'etica fondata sui bisogni primari? Non entrano forse in gioco soprattutto valori etici con differente fondamento?"



Acquistare (ben prima di usare) frigorifero, condizionamento domestico ed automobilistico etc. etc. etc. sono atti - ormai ineliminabili dall'etica collettiva di ampia parte del mondo - profondamente etici in quanto permettono ad alcuni di rinfrescarsi egoisticamente a spese di chi sarà costretto a subire - senza poterne godere - gli effetti caloriferi degli strumenti frigoriferi.
Circa poi la sete.......se qualcuno mi chiedesse una bottiglietta d'acqua, correrei a comperarla per scaraventargliela addosso. Migliaia di anni di "civiltà" per giungere ad avere l'acqua corrente in casa........per giungere alla miserabile farsa del sorso "sotto plastica" e a "chilometro trecentoquindici".


Ecco, secondo me basterebbe la storia delle bottigliette a giustificare eticamente il fatto che una certa parte della nostra società dovrebbe scomparire!. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

Citazione di: Ipazia il 25 Agosto 2020, 07:34:20 AM
Contrapporre bisogni primari individuali all'etica sociale è una fallacia individualistica priva di fondamento.
Non mi sembra d'aver contrapposto i bisogni primari alle etiche sociali (pur distinguendoli), ho solo (di)mostrato che i primi non fondano le seconde (@viator: che non significa certo negare che i bisogni primari siano tali per ogni uomo e che per agire eticamente dobbiamo anzitutto mantenerci vivi).
Evitata la questione del fondamento dei valori (che danno un senso ai rispettivi giudizi etici), il discorso può pure dipanarsi fra storia, antropologia e individuale interpretazione etica di fatti più o meno recenti (perché l'etica, nella prassi, è sempre individuale: nonostante mille influenze e condizionamenti esterni, sono singolarmente io a compiere ogni scelta e ad esserne responsabile... senza voler innescare qui la consueta polveriera sul libero arbitrio).

Citazione di: Ipazia il 25 Agosto 2020, 07:34:20 AM
Se l'etica è saldamente fondata sulla conoscenza della natura e dei suoi processi [...] al delirio che antepone i principi ai fatti non si può porre alcun argine razionale, ma allora non chiamiamola etica (variamente alternativa). Chiamiamola demenza.
«Se l'etica è saldamente fondata sulla conoscenza della natura e dei suoi processi»(cit.) siamo ancora in piena fallacia naturalistica, confondendo descrizioni oggettive e prescrizioni soggettive, leggi della natura e leggi sociali, bisogni e valori, etc.; l'etica può considerare i processi naturali, ma non può fondarvisi (almeno fino a prova contraria, vedi p.s.). Inoltre, il «delirio che antepone i principi ai fatti»(cit.) mi pare ben rappresentato da ogni etica storicamente esistita, poiché i principi condizionano da sempre i fatti umani (basti pensare alle leggi che ci governano), individuali e sociali (ma non condizionano i bisogni fisiologici, che in quanto naturali sono innati).


P.s.
Le due simulazioni, quella dell'assetato di viator e quella del treno (come l'allusione ai migranti), richiedevano come risposta semplicemente un'applicazione esemplificativa di un'etica che si dimostrasse fondata sui bisogni primari (non la sola formulazione di un giudizio etico che lasciasse impliciti i suoi fondamenti, seppur facilmente intuibili come differenti dai bisogni primari). Comunque, secondo me, anche il non voler esporre, a chi lo richiede, il "funzionamento" della propria etica, è a sua volta una scelta di "etica del discorso" (anche questa fondata sui bisogni primari? perdonate il vizio del domandare).

Lou

#40
A mio parere i bisogni primari non sono fondamento dell'etica ed essi non hanno particolari connotazioni etiche poichè il bisogno non è una esperienza di libertà: il bisogno di bere ad esempio non ha nulla a che vedere con la libertà di volere e non è a fondamento dell'etica, sebbene produca ovviamente  comportamenti per soddisfare il bisogno, comportamenti che, in base alla propria scala valoriale e priorità, necessitano una scelta, questa sì etica. Pertanto è nella decisione di comprare bottigliette di plastica o usare borracce o bottiglie in vetro o abbeverarsi alle fontanelle (per riprendere gli esempi fatti) che esercito una scelta dai connotati etici ed è nella libertà di questo esercizio decisionale che sta il fondamento, non nel bisogno..
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Ipazia

#41
Citazione di: Phil il 25 Agosto 2020, 15:16:10 PM
Citazione di: Ipazia il 25 Agosto 2020, 07:34:20 AM
Contrapporre bisogni primari individuali all'etica sociale è una fallacia individualistica priva di fondamento.
Non mi sembra d'aver contrapposto i bisogni primari alle etiche sociali (pur distinguendoli), ho solo (di)mostrato che i primi non fondano le seconde (@viator: che non significa certo negare che i bisogni primari siano tali per ogni uomo e che per agire eticamente dobbiamo anzitutto mantenerci vivi).
Evitata la questione del fondamento dei valori (che danno un senso ai rispettivi giudizi etici), il discorso può pure dipanarsi fra storia, antropologia e individuale interpretazione etica di fatti più o meno recenti (perché l'etica, nella prassi, è sempre individuale: nonostante mille influenze e condizionamenti esterni, sono singolarmente io a compiere ogni scelta e ad esserne responsabile... senza voler innescare qui la consueta polveriera sul libero arbitrio).

Al massimo hai (di)mostrato che esistono ambiti di libertà individuale in cui si possono esprimere comportamenti individuali relativamente liberi. Ma laddove entrano in gioco bisogni, interessi, necessità primarie tutte le società attuano imprinting tali da escludere qualunque interpretazione individuale. Non a caso le norme si occupano proprio degli aspetti collettivi dai fondamentali fino agli aspetti spiccioli della convivenza civile. Buttare le cartacce per terra non è espressione di un'etica alternativa ma banale, anti-etica, maleducazione. Su, su fino all'omicidio.

Citazione di: Phil il 25 Agosto 2020, 15:16:10 PM
Citazione di: Ipazia il 25 Agosto 2020, 07:34:20 AM
Se l'etica è saldamente fondata sulla conoscenza della natura e dei suoi processi [...] al delirio che antepone i principi ai fatti non si può porre alcun argine razionale, ma allora non chiamiamola etica (variamente alternativa). Chiamiamola demenza.
«Se l'etica è saldamente fondata sulla conoscenza della natura e dei suoi processi»(cit.) siamo ancora in piena fallacia naturalistica, confondendo descrizioni oggettive e prescrizioni soggettive, leggi della natura e leggi sociali, bisogni e valori, etc.; l'etica può considerare i processi naturali, ma non può fondarvisi (almeno fino a prova contraria, vedi p.s.). Inoltre, il «delirio che antepone i principi ai fatti»(cit.) mi pare ben rappresentato da ogni etica storicamente esistita, poiché i principi condizionano da sempre i fatti umani (basti pensare alle leggi che ci governano), individuali e sociali (ma non condizionano i bisogni fisiologici, che in quanto naturali sono innati).

Ma la fallacia antinaturalistica, o semplicemente antiumana, finisce con l'avere un corto respiro storico se non garantisce almeno condizioni di elementare benessere alle popolazioni irregimentate. La storia è piena di regimi farlocchi che anteponevano i princìpi (e i prìncipi) ai fatti, ma è pure piena delle teste mozzate di chi ha pensato di poterci gozzovigliare a lungo. Per quanto delirante, ogni regime sociale ha sempre dovuto risolvere in maniera naturalistica le questioni inerenti la natura umana. Eventualmente nascondendo la polvere sotto il tappeto e monetizzando la trasgressione ai princìpi ideologici affermati.

CitazioneP.s.
Le due simulazioni, quella dell'assetato di viator e quella del treno (come l'allusione ai migranti), richiedevano come risposta semplicemente un'applicazione esemplificativa di un'etica che si dimostrasse fondata sui bisogni primari (non la sola formulazione di un giudizio etico che lasciasse impliciti i suoi fondamenti, seppur facilmente intuibili come differenti dai bisogni primari). Comunque, secondo me, anche il non voler esporre, a chi lo richiede, il "funzionamento" della propria etica, è a sua volta una scelta di "etica del discorso" (anche questa fondata sui bisogni primari? perdonate il vizio del domandare).

Basta partire dalle tavole mosaiche che si occupano oltre che di numi anche di omicidio, furto, menzogna, famiglia e tradimenti vari. Insomma gli aspetti strutturali, materiali, di ogni società. Tutti i codici fin dall'antichità si preoccupano di normare innanzitutto il principio assoluto di ogni essere vivente, ovvero la sua vita. Con eccezioni e omissioni che il tempo ha superato dimostrando con ciò che esiste pure un'evoluzione etica e che questa continua ad avere come suo centro di gravità proprio la "fallacia naturalistica".

L'evoluzione della giurisprudenza ha pure distinto l'etica sociale tutelante i principi fondamentali relativi ai bisogni umani, fissando sempre più rigorosi paletti etico-normativi, dall'area del "facciocomec***mipare", attinente aspetti secondari del comportamento, non socialmente pericolosi, da dare in pasto ai relativisti etici perchè si confermino nella loro individualistica convinzione che di questo tratta l'etica.

L'estensione del "facciocomec***mipare" all'area sociale sensibile dell'etica non è gradita da nessuna parte e non si configura come etica alternativa ma come antietica: dalla maleducazione al crimine.

@Lou

La teoria dei bisogni mi pare non si limiti al piano terra della piramide di Maslow. Nei piani successivi di etica "idealistica" ve n'è molta. Ma sempre su quella base "fallacemente" naturalistica essa insiste, la cui assenza o degrado finisce col compromettere tutto l'edificio. Insomma: per gustare un bel cielo stellato e godere del piacere della convivenza sociale, di arte e scienza, la pancia vuota non è opzionale.
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simplex sigillum veri

davintro

un'etica fondata sulla soddisfazione dei bisogni primari/materiali ha senso come arbitraria, per quanto legittima, preferenza individuale, che considera la soddisfazione delle esigenze spirituali, la creatività artistica, la conoscenza, come un'opzione accidentale. Chi sceglie il suicidio, il martirio, cioè antepone il sacrificio della sua vita biologica per la lotta per un ideale, oppure riconosce il suo vivere come condizione non più degna di essere perseguita, formula un giudizio di valore, utilizza la categoria di giustizia, applicandola al proprio vivere, ed in questo modo mostra una facoltà di astrazione, che lo porta a trascendere la biologicità, relativizzandone il valore sulla base di un principio superiore, sia esso un'ideale personale di "vita degna di essere vissuta" potenzialmente distinto dalla fattualità della vita attualmente perseguita, oppure un ideale collettivo di giustizia sociale e politica in nome del quale si è disposti al sacrificio di sé (Jan Palach). Se l'etica coincidesse con la biologia non avrebbe alcuna possibilità di oggettivarla in una valutazione, in un giudizio in cui porsi il problema di un suo superamento, immaginare un'alternativa alla vita biologica esprime una dimensione spirituale nell'uomo responsabile di questo idealizzare. Ed ecco perché l'etica ha come condizione necessaria la spiritualità del soggetto che formula giudizi etici. Chi vedesse la vita biologica come valore universale (vedo che "assoluto" è un termine troppo contestato) formulerebbe un giudizio, non sulla base della biologia (la materia pura in quanto tale non è capace di autoriflessione, e l'esperienza sensibile non è  commisurata a pensare in termini di universalità. Tocco, vedo, sento questo particolare oggetto, non certo l'idea di universale) ma sulla base di una spiritualità che attribuisce tale valore alla biologia, alla vita corporea, che però non sarebbe il fondamento etico del giudizio, ma l'oggetto che passivamente viene rivestito da tale eticità. Se noi fossimo corpo e basta non potremmo neanche formulare questo giudizio, dato che non potremmo rendere il corpo oggetto di tale valutazione, cioè non potremmo nella riflessione cosciente distaccarcene per oggettivarlo

davintro

Ipazia scrive:


"La teoria dei bisogni mi pare non si limiti al piano terra della piramide di Maslow. Nei piani successivi di etica "idealistica" ve n'è molta. Ma sempre su quella base "fallacemente" naturalistica essa insiste, la cui assenza o degrado finisce col compromettere tutto l'edificio. Insomma: per gustare un bel cielo stellato e godere del piacere della convivenza sociale, di arte e scienza, la pancia vuota non è opzionale."[/size]

Penso che qua occorra distinguere due diversi piani di relazioni: Un conto è una necessaria condizionalità, per cui la pancia piena è condizione necessaria per godere della bellezza estetica, del valore della vita contemplativa, del livello, diciamo, idealistico-spirituale. Che questa relazione sia reale, credo nessuno possa mettere in discussione. Un altro è dedurre da essa una superiorità assiologica, etica del gradino basso, la condizione, rispetto ai gradini elevati, ciò che la condizione rende possibile. Dal mero fatto che a pancia vuota nessun bene spirituale possa essere goduto non discerne alcuna superiorità etica delle esigenze delle pancia rispetto a quelle dello spirito, ma solo che l'assolvimento delle prime renda possibile di fatto le seconde. Ma nulla impedisce che una volta resi disponibili i beni spirituali questi non si possano considerare più nobili rispetto a quelli, pur necessari, che hanno permesso il loro conseguimento, né che si valuti una vita composta solo da beni primari come necessariamente legittima da proseguire. Sarebbe come se arrivando a Roma tramite treno, debba sentirmi eticamente obbligato, invece che godere delle bellezze della Città Eterna, a continuare a venerare il treno che mi ha consentito di raggiungere la città, di considerare il treno più intrinsecamente importante per la mia vita rispetto alla bellezza artistica, l'unica cosa che dato al treno una sua ragion d'essere. Sarebbe puro e cieco utilitarismo. E anzi, troverei molto più sensata la posizione aristotelica, per cui proprio in quanto un certo bene è mezzo per conseguire un altro che resta invece fine a se stesso, questo debba essere giudicato eticamente inferiore all'altro, proprio perché mentre quest'ultimo avrebbe in se stesso il suo fine, esso trae il suo fine dall'esterno, cioè dall'essere condizione di altro da sè

viator

Salve davintro. Citandoti : "al mero fatto che a pancia vuota nessun bene spirituale possa essere goduto non discerne alcuna superiorità etica delle esigenze delle pancia rispetto a quelle dello spirito".

Questo della "superiorità etica" del cerebrale-spirituale sul corporale-biologico è parere tuo e di molti miliardi di individui i quali trovano bello, interessante, nobile e superiore ciò che sono (o credono di essere) e trovano invece mortificante, insipido, ovvio, ciò da cui provengono. Noto atteggiamento antropistico di chi, specchiandosi al mattino, pensa : "ma quanto siamo fatti bene, io ed i miei simili !".


Personalmente e minoritariamente io dò della "superiorità" una diversa interpretazione : superiore è ciò che risulta non "più raffinato", bensi "superiormente (maggiormente) utile", cioè maggiormente necessario al raggiungimento di superiori livelli di evoluzione e complicazione.


Quindi ad essere superiori sono i fondamenti, l'essenziale, l'originario rispetto a tutto ciò che essi hanno generato. Con buona pace di ogni umana vanità autocelebrativa. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

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