I postulanti dell'Assoluto

Aperto da Ipazia, 17 Agosto 2020, 16:43:12 PM

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Ipazia

Da tempi immemori, intrecciandosi con la religione, la filosofia ha perseguito il mito dell'assoluto. Esso costituisce il Santo Graal del pensiero metafisico e, malgrado le sciabolate della modernità e post che ne hanno disintegrato i fondamenti ontologici ed epistemologici, i postulanti dell'assoluto continuano nella loro nave di Teseo a sostituire pezzi teoretici per permettere all'assoluto di riprendere il mare della riflessione filosofica.

L'impresa è disperata e assomiglia piuttosto al celebre quadro di Théodore Géricault che ad una tranquilla avventura del pensiero.

Partendo dai numi fino alla cosa in sè si sono fatti numeri da circo per sostenere la causa dell'assoluto, il quale sempre più si è negato affogandone le pretese nel fiume Pantarei già noto agli antichi più metafisicamente accorti. Volendo trovare una mediazione si dovrebbero riporre le aspettative in assoluti alquanto relativi, ma che interessano un po' tutti noi, come la vita umana e la cura e preservazione del pianeta che ci ospita. Là c'è spazio per fare, cum grano salis, esercitazioni di assoluto. Rigorosamente con l'iniziale minuscola e la falsificazione dietro l'angolo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

 Salve Ipazia. Credo di capire le tue avversioni per la metafisica e – all'interno di questa – del concetto di assoluto.


Da brava materialista soprattutto "storica" tu della metafisica avrai la visione canonica, (ricorda la mia avversione per i dizionari tradizionali) consistente nel dare all'etimologia del termine il significato (corretto) di "ciò che è posto al di là della fisica" ma con una interpretazione (secondo me del tutto opinabile) che rende "l'oltre la fisica" quale sinonimo di estraneità, negazione, incompatibilità nei confronti dell' "ora e qui" del materialismo fisico.


Quindi metafisica come visione improduttiva, in un certo senso parassitaria, vuota, inutile, astrattamente spiritualistica e socialmente sterile.




Io e altre tre o quattro gatti del pianeta...diamo invece della metafisica il tuo generalissimo e  medesimo significato, accoppiandolo però ad una diversa interpretazione : per noi quattro o cinque l' "oltre la fisica" non è altro che il serbatoio della fisica più o meno classica contenente tutto ciò che il materialista ADESSO non conosce ma potrebbe in futuro venir inscritto nelle scienze fisiche.




A modesto supporto di una simile interpretazione, basterà pensare che fino a G.Galilei la fisica non esisteva o quasi, dopodichè – guarda caso, divenne un continuo movimento di fatti e concetti che si spostavano da misteriose origini extrafisiche verso materialistiche ipotesi fisicistiche.




Certo, della metafisica parecchio resterà inspiegato quindi inutile o persino mistificatorio, ma conviene secondo me adattarci.
Circa l'assoluto, il problema fastidioso che impedisce di rendere del tutto fantasioso ed inesistente tale entità.........secondo me consiste nel trovare una alternativa logicamente seria (dubito che ne arrivino) alla sua seguente e mai commentata definizione : "Ciò che contiene senza essere contenuto da altro più grande di esso". Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

anthonyi

Citazione di: viator il 17 Agosto 2020, 21:23:34 PM



Quindi metafisica come visione improduttiva, in un certo senso parassitaria, vuota, inutile, astrattamente spiritualistica e socialmente sterile.

 


A me pare, viator, che qui tu abbia una posizione pregiudiziale. Le stesse cose potrebbero essere dette in riguardo a tutta la filosofia che, per coloro che non se ne interessano, è un qualcosa di noioso e inutile. Qualcuno direbbe che con la filosofia non si mangia.
D'altronde se l'uomo fa filosofia lo fa per passione, perché ha bisogno di riflettere su qualcosa e, in passato, la sua riflessione cadeva sull'assoluto. Oggi magari non è più così, viste e considerate le tante distrazioni che la società della comunicazione offre, e su queste distrazioni si potrebbero argomentare tutte le ipotesi critiche che tu fai in riferimento alla metafisica.

Ipazia

Citazione di: viator il 17 Agosto 2020, 21:23:34 PM
Circa l'assoluto, il problema fastidioso che impedisce di rendere del tutto fantasioso ed inesistente tale entità.........secondo me consiste nel trovare una alternativa logicamente seria (dubito che ne arrivino) alla sua seguente e mai commentata definizione : "Ciò che contiene senza essere contenuto da altro più grande di esso".

Definizione di tipo insiemistico, ovvero logico-matematico, ovvero concetto. Con impossibilità di passare dal concetto all'ente, quindi non falsificabile, quindi oggetto di fede, quindi escluso dall'episteme scientifica.

Se a te sta bene credici pure che un ente siffatto esista, ma siamo fuori da un discorso rigorosamente scientifico-filosofico o, nella migliore ipotesi, ad una astratta definizione concettuale esclusa da ogni possibile verifica sperimentale.

Come già dissi, l'ente più simile postulato da un'episteme scientifica fu l'Universo galileiano, la Natura spinoziana. Entrambi correlati all'ente assoluto della teologia. Ma entrambi questi "enti" hanno mostrato il loro carattere di concetto antropologico, non configurabile in alcun ente incontrovertibile come l'episteme scientifica giustamente pretende.
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viator

Salve Ipazia. Citandoti : "Ma entrambi questi "enti" hanno mostrato il loro carattere di concetto antropologico, non configurabile in alcun ente incontrovertibile come l'episteme scientifica giustamente pretende".


Direi "come l'episteme scientifica ERRATAMENTE (ed un pochino vanitosamente) pretende".
Il fatto che gli "enti" di cui stiamo parlando non siano configurabili rappresenta la logica conseguenza della loro estensione.


Il "configurare" implica l'attribuire una certa forma, e le forme si concretano attraverso i loro limiti e confini. Circa confini e forma dell'Assoluto e del Tutto (etc. etc.) credo resteremo a rinfrescarci in mezzo al guado. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

viator

Salve anthonyi :

Citazione di: anthonyi il 18 Agosto 2020, 07:16:30 AM
Citazione di: viator il 17 Agosto 2020, 21:23:34 PM



Quindi metafisica come visione improduttiva, in un certo senso parassitaria, vuota, inutile, astrattamente spiritualistica e socialmente sterile.

 


A me pare, viator, che qui tu abbia una posizione pregiudiziale. Le stesse cose potrebbero essere dette in riguardo a tutta la filosofia che, per coloro che non se ne interessano, è un qualcosa di noioso e inutile. Qualcuno direbbe che con la filosofia non si mangia.
D'altronde se l'uomo fa filosofia lo fa per passione, perché ha bisogno di riflettere su qualcosa e, in passato, la sua riflessione cadeva sull'assoluto. Oggi magari non è più così, viste e considerate le tante distrazioni che la società della comunicazione ho imputatooffre, e su queste distrazioni si potrebbero argomentare tutte le ipotesi critiche che tu fai in riferimento alla metafisica.


Guarda che stai imputando a me l'atteggiamento che io ho ipotizzato potesse essere quello di Ipazia (ferma restando la facoltà di quest'ultima di smentirmi). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Citazione di: viator il 18 Agosto 2020, 12:27:20 PM
Il "configurare" implica l'attribuire una certa forma, e le forme si concretano attraverso i loro limiti e confini. Circa confini e forma dell'Assoluto e del Tutto (etc. etc.) credo resteremo a rinfrescarci in mezzo al guado. Saluti.

Già meglio che l'allucinazione di approdi illusori. Ma gli approdi reali sono tali e tanti che non resta nessuno che non lo desideri a rinfrescarsi in mezzo al guado.

Ipazia non disdegna la metafisica, posto che pure la scienza, nel rappresentare il reale, lo è. Ipazia disdegna la metafisica farlocca cacciatrice e sponsorizzatrice di chimere. Ne disdegna la falsità.
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Jacopus

Assoluto deriva dal latino e significa "sciolto da", ovvero senza un limite o limiti, a cui rimanda quel "da". Quindi etimologicamente, assoluto in realtà è un relativo anch'esso. In questo la cultura latina era più saggia della nostra, che invece ha ipostatizzato l'assoluto facendolo un facile eponimo del Dio monoteista, prima, del re dopo e di altri dittatori culturali e politici via via succedutisi nel tempo.
Psicologicamente l'assoluto è facilmente identificabile nel bambino nei primi anni di vita, quando gestisce come un tiranno la vita di due adulti, essendo sciolto da ogni limite, visto che lo scopo dei due adulti è il suo benessere non mediato da altri interessi. Una metafisica dell'assoluto è quindi, sotto svariate forme, un nostalgico richiamo ad una situazione del passato di ognuno di noi. Età dell'oro, belle epoque, nani che siedono sulle spalle di giganti. L'assoluto è un gioco psicotico che consola rispetto alla nostra ineludibile finitezza.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

viator

Salve jacopus."L'assoluto è un gioco psicotico che consola rispetto alla nostra ineludibile finitezza".

Sono d'accordo anche se io avrei impiegato termini poco diversi : "L'assoluto ci fa credere che il mondo non possa avere nè una fine nè un fine (il quale costituirebbe appunto anche la sua fine). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

davintro

la posizione di un Assoluto non è un'opzione fra tante altre, ma una necessità logica che nasce nel momento in cui si indaga la validità di un qualunque criterio di verità, anche quando applicato in sfere che non sono, almeno apparentemente, quelle della filosofia o della metafisica, ma della realtà empirica: un criterio di verità può essere autosufficiente nel legittimarsi nella capacità di fondare la validità di un discorso, ed in tal caso questo criterio potrà definirsi "assoluto", cioè indipendente da ogni condizione di validità ad esso estrinseca, oppure richiede un principio altro da sé, ed in questo caso il criterio non sarà "assoluto", e proprio per questo la tesi che a quel criterio si appoggia, fintanto che ad esso si ferma invece che continuare a regredire fino ad arrivare al criterio primo e assoluto, non potrà avanzare alcuna pretesa di verità, cioè di facoltà di corrispondere alla realtà oggettiva. Per questo la negazione di qualunque principio assoluto è necessariamente autocontraddittoria, nel negare l'assoluto, la tesi ammette di appoggiarsi su criteri di verità arbitrari, cioè non assoluti, e questo vale per qualunque giudizio, comprese quelli inerenti la realtà naturale oggetto delle scienze particolari, e non solo quelli inerenti la sfera religiosa. La scomparsa di ogni rapporto giudicante coscienza-mondo, farebbe sì che l'unica tipologia di relazione resti puramente estetica, non come "giudizio" estetico, ma come esperienza meramente fenomenale, gioco di apparenze, che in alcun modo sarebbe possibile per la ragione valutare riguardo la corrispondenza con una realtà oggettiva extrafenomenale. L'errore che si compie nel ritenere possibile una conoscenza scientifica in assenza della categoria di Assoluto, più o meno tematizzata riflessivamente sulla base della volontà e degli interessi di ricerca del soggetto conoscente, nasce a mio avviso dalla confusione tra metafisica e storia della metafisica, deducendo da un legittimo dissenso riguardo le soluzioni proposte da determinate proposte metafisiche avanzate nella storia, la condanna della metafisica tout court, quando in realtà la metafisica non è un'opinione, una particolare tesi su cui si può essere d'accordo o meno, ma un necessario livello di conoscenza, che, anche quando non tematizzato in modo sistematico, o si ritiene di fare dell'antimetafisica, continua a essere utilizzato, come applicazione dei criteri fondamentali, originari da cui derivano tutti gli altri che utilizziamo, senza che quelli derivino a loro volta da altro. Possiamo contestare un certo tipo di metafisica, una certa nozione di assoluto, mai la metafisica e l'assoluto in generale, pena la perdita dei criteri fondamentali di verità in ogni sua applicazione. Contro ciò non varrebbe neanche l'obiezione che questi criteri di verità trascendentali resterebbero necessari a livello di logica formale di pensiero, senza che da essi debba discendere un livello di sapere sulla realtà, sull'ontologia. Questa scissione così netta fra logica e ontologia non terrebbe conto della definizione classica di "verità", cioè tomisticamente, verità come corrispondenza di una preposizione alla realtà, da cui discende che la proposizione per cui riteniamo vero il fatto che un certo criterio logico di verità si pone come autosufficiente a livello formale, corrisponde nella realtà la presenza di un ente in cui tale criterio si applica. Ogni definizione è una convenzione, quindi non necessariamente assumibile, ma allora mi chiedo come i negatori della metafisica e dell'assoluto tout court potrebbero diversamente definire la nozione di verità per evitare che dai loro fondativi criteri di giudizio presunti validi debba discendere anche nella realtà l'esistenza di un principio fondativo

Jacopus

Mi ritrovo nel tuo discorso Davintro, solo se applico la tua tesi al principio sperimentale scientifico. Pertanto ritengo assoluto il metodo scientifico moderno che si fonda sulla necessità di dimostrare empiricamente la tesi sostenuta. Tesi e dimostrazione empirica dovranno essere validate dalla comunità scientifica di riferimento. L'accettazione per "vera", di quella tesi, dopo questi tre passaggi (teoria, verifica empirica, consenso della comunità scientifica), non prescinde però dalla consapevolezza che quella è una verità temporanea, che può lasciare spazio ad una verità più stringente  che può modificare la prima verità o integrarla ( vedi Kuhn e la sua teoria dei "paradigmi scientifici).
Questo per quanto riguarda le scienze dure.
Nell'ambito dell'etica, o, se vogliamo ampliare lo sguardo, nel campo delle scienze sociali, l'assolutismo si può declinare solo come necessario confronto intersoggettivo fra i diversi partecipanti alle discussioni pubbliche, e dato questo suo status debole, non può fregiarsi di una natura oggettiva, salvo nel caso in cui non si voglia assolutizzare visioni del mondo, che necessariamente conducono a forme di autoritarismo. La complessità delle scelte etiche, a partire dalla debolezza del modello conoscitivo, implica altre conseguenze estremamente importanti e difficili da ottenere, come ad esempio la necessità di allargare il più possibile la cultura media, di sviluppare il senso critico nelle nuove generazioni, ma anche di cercare e trovare un nuovo modello politico universale, che superi l'attuale dominio mortifero del libero mercato, senza distruggere ciò che di buono c'è nel libero mercato. Già questo breve accenno dimostra come in etica non può esistere una verità che scotomizza le altre verità, perché le verità etiche sono verità che toccano dimensioni intricate nella vita intersoggettiva degli uomini e non possono essere pesate e suddivise in buone e cattive, o in vere o false. Sarebbe un modo ingenuo, o meglio, atto a manipolare il dominio di una parte della società contro un'altra.
Ps: la radice di verità in molte lingue indoeuropee è fede, ed un reperto di ciò è ancora presente nella lingua italiana, secondo la quale l'anello nuziale si può chiamare "la fede" ma anche "la vera" (cfr Benveniste, "vocabolario delle istituzioni indoeuropee").



Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

davintro

la verità non è una categoria propriamente etica, in quanto riguarda giudizi di fatto e non di valore. In etica parlare di assoluto è apparentemente più difficile, perché il criterio di giudizio non è la corrispondenza a una realtà oggettiva, ma un sistema di valori dato dalla sensibilità soggettiva, senza che ci sia una razionalità a sancire la superiorità oggettiva di un sistema valoriale personale rispetto a un altro. Questo però non vuol dire che l'Assoluto sia in quest'ambito una nozione insensata o inutilizzabile... Anche se non ci sono ragioni oggettive a dimostrare la necessità della mia scala di valori morali, in ogni caso questa scala verrà da me assunta come assoluto criterio regolativo in base a cui giudicare la misura di come un'azione appaia giusta o meno. Anche se di tipo diverso rispetto alla teoretica, anche l'etica si configura come complesso di giudizi richiedente criteri che, fintanto che rimandino a delle condizioni estrinseche per la loro validità, cioè non assoluti, resteranno sempre inadatti a fondare la legittimità morale dei nostri giudizi e delle azioni che da essi conseguono. Il confronto intersoggettivo, la promozione dell'istruzione e del senso critico ecc. sono necessità che hanno ragion d'essere solo in quanto si ritenga giusto evitare un modello di società dove alcuni gruppi presumano di poter imporre violentemente i loro valori al resto delle persone. Ma questo "ritenere giusto" implica a sua volta un ideale regolativo di"giustizia" da assumere come parametro, e che si definisce come rispetto per la persona umana, contro ogni discriminazione arbitraria e violenta. Il relativista etico che teme che la nozione di Assoluto sia lesiva della convivenza in una società multiculturale, composta da individui di diverse convinzioni religiose/filosofiche/etiche, implicitamente pone la condanna della violenza e della sopraffazione come valore assoluto, quindi assume, pur non potendone dimostrare una razionalità oggettiva, non riguardando la teoretica, un ideale regolativo di "giustizia" definito in un certomodo, da qui la difesa del principio di tolleranza, fosse un relativista davvero coerente non potrebbe avere nulla in contrario rispetto violenza e sopraffazione (se non un indefinito e vago disgusto estetico, al massimo), perché non avrebbe criteri assoluti a partire da cui definire il suo modello ideale di società basata sulla convivenza pacifica

viator

Salve davintro. Personalmente trovo esista tranquillamente una etica assoluta. Incarnata a livello biologico nel principio di sopravvivenza (individuale o di specie) ed a livello cosmico nel principio di persistenza (l'entropia, la cui funzione è quella di impedire l'annichilimento del divenire complessivo).


Quindi l'etica assoluta consiste nei comportamenti (NIENTE E NESSUNO SOTTRAGGA O DISTRUGGA CI0' CHE NON SAREBBE PIU' IN GRADO DI RESTITUIRE O RIGENERARE) che realizzino il BENE ASSOLUTO.


Naturalmente tale principio è proprio quello rispettato dall'unico Ente che può restituire o rigenerare TUTTO : la Natura, la quale quindi è ciò che esprime tale PRINCIPIO NATURALE (ED ASSOLUTO) DEL BENE.


Evidentemente senza sopravvivenza (dei vivi) e senza persistenza (del mondo fisico in generale) verrebbero a mancare le condizioni per il sussistere di QUALSIASI ETICA E QUALSIASI BENE (RELATIVI OD ASSOLUTI)..........perciò tali due condizioni (ripeto : sopravvivenza e persistenza) sono necessarie e sufficienti a determinare la loro propria assolutezza "comportamentale" (cioè PROPRIAMENTE ETICA). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Caro davintro hai infilato una serie di assoluti relativi, passando dalla verità scientifica ai valori etici, che sono la negazione lampante di un Assoluto con la maiuscola davanti. Avevo pure io affermato che dobbiamo accontentarci di assoluti relativi ad ambiti dove possono giocare onorevolmente il loro ruolo assolutistico. Ad esempio: un record mondiale in atletica, lo zero assoluto, la velocità della luce,...
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

 Salve ipazia.

Citazione di: Ipazia il 22 Agosto 2020, 15:00:59 PM
Caro davintro hai infilato una serie di assoluti relativi, passando dalla verità scientifica ai valori etici, che sono la negazione lampante di un Assoluto con la maiuscola davanti. Avevo pure io affermato che dobbiamo accontentarci di assoluti relativi ad ambiti dove possono giocare onorevolmente il loro ruolo assolutistico. Ad esempio: un record mondiale in atletica, lo zero assoluto, la velocità della luce,...



A dire il vero, da te mi sarei aspettato ben altro che il concetto di "assoluti relativi". Ovviamente tu conosci benissimo la differenza tra gli aggettivi (sempre relativi a ciò cui vengono appiccicati) e i sostantivi, i quali - birbaccioni - all'interno della filosofia hanno talvolta (per la precisione, UNA UNICA VOLTA) l'ardire di mostrare assolutezza.


Ti metto a parte di un fatto curioso. Stavo rimuginando circa la possibilità di aprire un (?) nuovo topic a titolare come "Vuoto assoluto e zero assoluto" ma prima di accingermi a farlo ho consultato lo stato del nostro topic qui presente ed ho inciampato proprio nel tuo riferimento allo ZERO ASSOLUTO.


A questo punto rinuncio ed approfitto. Per notare sardonicamente come la scienza, regina (senza alcuna ironia) del sapere, tenda a far uscire dalle proprie porte ciò che sarà poi costretta a far rientrare dalle proprie finestre : la metafisica dell'assoluto.


Sotto forma - appunto - di "assoluti" ora relativi ora "assoluti" a seconda dei linguaggi e delle grammatiche.


Cosa si intende per "vuoto assoluto" ? Scientificamente - scusami - la cosa non è molto chiara. Sembra che anche i fisici chiamino in tal modo gli ambienti, gli spazi, i volumi (SEMPRE RIGOROSAMENTI LIMITATI, quindi relativi) privati di aria o altri gas (precisamente, gli ambienti al cui interno non esiste alcuna pressione rivolta al loro esterno). Resta inoltre aperta l'ammissibilità di considerare "sotto vuoto assoluto" un ambiente privo di gas ma ospitante materia - ad esempio una camera d'aria con dei granelli di sabbia al suo interno.


Ora, è corretto secondo te considerare "assoluto" un simile vuoto? Secondo me no, poichè l'espressione in oggetto va sempre interpretata come "relativa assenza di qualcosa (il gas), la cui mancanza GENERA E GIUSTIFICA l'uso dell'aggettivo "vuoto".


Il "vuoto assoluto" non esiste (perchè l'ASSOLUTO è sempre e soltanto un SOSTANTIVO) poichè non esistono camere d'aria, oppure spazi cosmici, che siano privi di tutto (se non c'è gas, potrà esserci materia, oppure onde elettromagnetiche (energia)).


Lo ZERO ASSOLUTO ? "ZERO", a differenza di "vuoto" - termine che può risultare sia come aggettivo che come sostantivo - è un SOSTANTIVO che incarna la ASSOLUTA mancanza di quantificabilità di un qualcosa (assoluta è la mancanza - il qualcosa resta relativo) (che esistano modi di dire che utilizzano lo zero come aggettivo, del tipo "zero fame", "zero voglia" etc. rappresenta solo un malvezzo linguistico).
Se manca la assoluta possibilità di quantificare, ovviamente vien meno anche quella di qualificare (non possono esistere qualità di ciò risulta azzerato, cioè ormai mancante).


Quindi il concetto di zero è applicabile solo a enti relativi, locali, parziali e non certo ad una TOTALITA' la cui intrinseca natura è ASSOLUTA. Pertanto l'espressione "zero assoluto" mostra la propria relatività confinabile al significato termico-energetico.[/size][/size]





Esistono solo gli zero relativi, poichè lo zero assoluto altro non sarebbe che il NULLA. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

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