I limiti della conoscenza.

Aperto da iano, 20 Aprile 2021, 20:54:07 PM

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iano

Laddove questi limiti non si superino con la fede, tutti li ammettiamo, ma forse vale la pena ragionare sulle loro conseguenze che non sembrano presentarsi in forma univoca.
Alcuni modi di illustrarle  sono fra  i più gettonati , credo.
Così ad esempio se il mondo è fatto di particelle superare i  limiti della nostra conoscenza significa scoprire sempre nuove particelle.
Una visione alternativa sarebbe che sono quei limiti a farci vedere il mondo come fatto di particelle , e quindi non riusciamo ad andare oltre la loro scoperta, ampliandone solo l'elenco, definendo sempre meglio i nostri limiti.
Le conseguenze dei nostri limiti si possono coniugare in diversi modi , anche perché non è chiaro quali essi siano in modo univoco.
Noi ne possiamo solo constatare le conseguenze , e solo da queste, se chiare ci fossero in modo univoco, provare a  risalire a quelli.
In via ipotetica però si può provare a farlo, e non mi è chiaro quanto questo esercizio sia stato praticato per mia ignoranza.
Vi sono noti esempi in campo filosofico?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

I limiti della conoscenza sono innanzitutto di natura materiale: grandi distanze, tecnologie inadeguate, gestione di grandi quantità di dati simultaneamente. In un librone l'ingegnere capo di Google individua tre fattori che amplieranno di molto la conoscenza: ingegneria genetica, nanoparticelle e robotica/IA.

Questioni molto poco filosofiche, per come le intende la tradizione filosofica. Ma ci stiamo già inoltrando verso l'umanesimo digitale e la spiritualità delle macchine sempre secondo Ray Kurzweil, per cui nella vicina singolarità potremo incocciare anche in una filosofia ad hoc.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

 Bisognerebbe intendersi cosa si intenda per conoscenza: teoretica, applicativa? Quantitativa, qualitativa?
La conoscenza filosofica non corrisponde con quella scientifica.
Se i limiti dei sensi sono stati ampliati dagli strumenti che hanno ampliato a tutte le frequenze elettromagnetiche le ricezioni di dati, non significa che i dati portino necessariamente conoscenze.
La quantità di informazione che gira per il pianeta Terra ogni giorno, oggi, rispetto ciò che c'era duemila anni fa, non è nemmeno paragonabile. Ma significa che proporzionalmente abbiamo acquisito conoscenze? A me non sembra, spesso è confusione se non errori.
Le applicazioni scientifiche sono tecnologie, tecnica, non  così spesso conoscenze.
Perchè la quantità e le applicazioni non necessariamente consistono in nuove conoscenze.


Se da sempre l'uomo vive in continue contraddizioni che si esplicano in cattivi governi, in guerre, violenza, signifca che l'essere umano ha preso dall'esterno dalla conoscenza, ma senza modificare il suo essere umano nel mondo. La qualità si esplica nel modo di vivere e praticare umano: a che serve andare su Marte se non sappiamo gestire globalmente una pandemia e raccattiamo vaccini ognuno per sé al mercato nero del farmaco ,ben sapendo che solo vaccinando 7 miliardi di umani, non avremmo più mutazioni.
Insomma quale conoscenza? La tecnica ci sta portando al nichilismo perfetto, ma per colpa dell'uomo. Se la tecnica è manipolazione di materia ed energia che ci dà la natura ,serbatoio non inesauribile di materie prime, questo tipo di conoscenza che come dice Heidegger ha entifcato l'Essere, per cui portando all'esterno il focus della conoscenza esplicata in potenza manipolativa, ha scordato la qualità dell'Essere, unica ad armonizzare l'esistenza umana fraternamente e in armonia con la natura.
Detto anche in altro modo, come fa il ragno a secerne re filamenti per costruire una tela, perfettamente rispondente alle misure degli insetti e flessibilmente esatta per non rompersi e nello stesso tempo per creare quelle vibrazioni che permettono al ragno di sapere se un insetto vi si è invischiato? Ha  avuto un master in ingegneria  al MIT di Boston? Nessuno sa dirlo e come il ragno praticamente moltissime attitudini diciamo naturali .
Se la filosofia, a detta di Aristotele, nacque dalla meraviglia, dallo stupore del mondo per quel che è , "quale mano ha deciso di accendere o spegnere le stelle ?".  La filosofia non dà nulla di scontato ,ciò che per la scienza non è indagabile e l'indagine non è necessariamente portatrice di conoscenze. Se l'indagine può misurare la velocità della lingua che si dispiega di un camaleonte quando cattura la preda è inspiegabile come un organismo "abbia deciso" seppur per adattamento a "scegliere" strategie all'interno della grande nicchia ecologica ,dove tutto sembra morire, per poi rinascere. Come se adattarsi significherebbe spingere il proprio DNA a mutare le sequenze delle quattro basi proteiche.....me lo vedo il ragno, il camaleonte, e l'infinità di organismi viventi che compongono la natura compreso il covid pandemico attuale che "decide" di mutare il suo RNA diventando inglese, brasiliano, sudafricano . I loro sistemi di ricerca e sviluppo ,che non hanno, superano l'intera ricerca e sviluppo umana nell'epoca della tecnologia digitale, della superconduttività, delle nanotecnologie , delle stampanti  3D ....e della strumentazioni su Marte telecomandata da Terra.
Questo è ancora stupore e meraviglia........... e l'Essere ,sparito dall'orizzonte, è ancora quello di duemila anni fa .

Alexander

Buongiorno a tutti



Penso che il grande limite della conoscenza stia nel controllo. Ciò che sta alla radice del bisogno di conoscere da parte dell'uomo è semplicemente il suo desiderio di controllare la realtà. Questo desiderio viene ammantato spesso di nobili intenti: etici, umanistici, ecc.  Il desiderio però è sempre lo stesso che portava  a fare sacrifici con lo scopo di controllare le divinità. Un tempo la magia con il rito, adesso la tecnologia. Il controllo della realtà  per renderla prevedibile per l'uomo, cercando di eliminare l'elemento ritenuto imprevedibile, quando questo provoca sensazioni spiacevoli. L'arte invece come forma e contenitore  deputato a controllare l' imprevedibilità ritenuta piacevole: ossia ciò che è tollerabile e piacevole essere ritenuto imprevedibile. Man mano che le conoscenze tecnologiche lo permettono, il tentativo di controllo si fa sempre più serrato. Lo vediamo dispiegarsi oggi con  forza sempre maggiore. Presto ci sarà la possibilità, e lo si farà allora, di controllare gli aspetti più imprevedibili delle società umane in ogni aspetto: comportamentale, sanitario, politico, di pensiero, ecc. La tecnologia lo permetterà. In questo senso la gestione "digitale" dell'evento imprevedibile "coronavirus" permette di iniziare ad intravedere, senza necessariamente avere doti visionarie alla Elon Musk, come evolverà nei prossimi anni l'umanità. Come la necessità di controllo diventerà sempre più evidente e pressante. Sarà ritenuta e venduta come una forma di progresso per la società stessa. Saranno forse gli stessi animi più aperti  a convincerci della necessità di questo controllo, proprio per ragioni di sicurezza, per il ben-essere di tutti, per senso di responsabilità ci diranno, forse. Io vedo chiaramente tutto questo venire avanti con forza, come quando vedo addensarsi nuvole nere all'orizzonte e allora so che arriverà il temporale.
In sintesi: conoscenza= desiderio di controllo

Ipazia

Concordo con Paul che la conoscenza  non è riducibile alla materia naturale micro e macro, oggetto di indagine scientifica. Vi è una materia più sottile e sfuggente delle più  arcane particelle e radiazioni, una materia fatta di senso, pertinenza esclusiva del sapere filosofico.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

#5
Salve Paul11. Citandoti : "Se la filosofia, a detta di Aristotele, nacque dalla meraviglia, dallo stupore del mondo per quel che è , "quale mano ha deciso di accendere o spegnere le stelle ?".

Non è colpa di nessuno..........ma l'inciso di cui sopra è perfettamente tipico "dell'essere esseri umani" i quali sono costretti ad umanizzare tutto, incluso ciò che ha generato gli esseri umani e tutto il contorno cosmico materiale.
E' come un "tic" nervoso (in realtà una azione psichica automatica) che spinge Aristotile ma anche l'ultimo dei minorati mentali al trovar "NATURALE" il capovolgere origine e storia del Mondo ribaltando il ruolo tra le cause e gli effetti che lo hanno fatto quello che - esso Mondo - è.





Nello scrivere di certe cose a nessuno passa per la testa il concetto di assurdità.



Chissà perchè mi viene in mente un colorito modo di dire che mi capitò di udire in televisione e veniva narrato allo scopo di enfatizzare l'audacia esplorativa dei precursori del colonialismo. Essi - veniva detto - furono coloro che "osarono avventurarsi là dove la mano dell'uomo non aveva mai messo piede". Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#6
@Paul 11.
Hai ragione nel chiedere,di quale tipo di conoscenza intendo parlare.
Non saprei rispondere esattamente.
Forse intendo qualitativa, forse di ogni tipo.
Forse meglio la conoscenza di noi che possiamo indirettamente dedurre dalla nostra conoscenza in generale.
Intendo che, se noi conosciamo in un certo modo è perché siamo fatti in un certo modo.
Intendo che se noi intendiamo il mondo in certo modo, le nostre visioni dipendono dal mondo quanto da noi, e di solito si indaga la prima dipendenza piuttosto che la seconda.
Il mondo non corrisponde realmente a ciò che vediamo, ma quel che vediamo ci dice qualcosa al contempo del mondo e di noi, quindi la filosofia come creatrice di mondi la chiamò pesantemente in causa.
Forse impropriamente ho parlato di limiti.
Intendevo meglio chiedere come  la forma in cui la nostra conoscenza si presenta ci qualifichi.
Ci dica quel che siamo e che più non saremo al mutare della conoscenza cui a priori non si può porre alcun limite.
Intendevo che quel che conosciamo  ci delimita per quel che siamo.
In qualche modo siamo uno specchio del mondo, ma non deformato, seppur non fedele.
Che tipo di specchio siamo?
Nel porre finalmente la giusta domanda, chiamo in causa la filosofia pesantemente. Eccome!
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#7
Citazione di: Ipazia il 21 Aprile 2021, 10:04:10 AM
Concordo con Paul che la conoscenza  non è riducibile alla materia naturale micro e macro, oggetto di indagine scientifica. Vi è una materia più sottile e sfuggente delle più  arcane particelle e radiazioni, una materia fatta di senso, pertinenza esclusiva del sapere filosofico.
Ecco, appunto, intendo che la distinzione fra ciò che è pesante e ciò che è sottile qualifichi noi piuttosto che il mondo. Noi che siamo capaci di ritrattare ogni distinzione e ogni visione, come ci dice la storia della filosofia, pur non perdendo quella coerenza che occorre per continuare a far parte di questo mondo, anche quando ci sembra sempre di essere sull'orlo di un baratro, manifestando in tal modo il disagio che accompagna ogni cammino ignoto.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

@Alexander.
L'opinione che tendiamo a controllare la natura in qualche modo ci qualifica per quel che siamo, visto che in effetti non controlliamo la natura più di quanto essa non controlli noi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#9
@Viator.
È ovvio che umanizziamo tutto, perché la conoscenza è cosa nostra.
Meno ovvio è che lo facciamo anche quando non crediamo di farlo.
Appunto quel che volevo sottolineare è che la conoscenza, in quanto umana, ci dice qualcosa di noi certamente, e in seconda battuta forse anche del mondo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#10
Insomma ho fatto un pasticcio esemplare.
L'argomento voleva essere " come la conoscenza ci delimita" e invece ho parlato di limiti della conoscenza, laddove invece la conoscenza muta senza apparente limite, e noi con essa.
Abbiate pietà .
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

niko

Come detto in un'altra discussione di recente, lo riprendo perché secondo me c'entra molto con i limiti della conoscenza:

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Jalal Ad-Din Rumi, mistico sufi, proclamava:"

La Verità è uno specchio caduto dalle mani di Dio, e andato in frantumi.Ognuno ne raccoglie un frammento e sostiene che li è racchiusa tutta la Verità.

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Questi per me sono i limiti della conoscenza, la conoscenza non semplicemente "ha" dei limiti, ma "si compone" intrinsecamente dei suoi stessi limiti, quindi dei limiti tra conosciuto e sconosciuto, tra se ed altro, per quanto grande o ingrandibile essa sia, quindi tali limiti non se ne andranno, non si supereranno mai, finché la conoscenza sarà conoscenza.


Lo scetticismo è iscritto nella mancanza desiderante che la filo-sofia come amore del spere indica, quindi se come ha detto qualcuno dietro il desiderio di conoscenza c'è l'ossessione del controllo, vale la pena di essere pessimisti fino in fondo e aggiungere che tale controllo, cioè tale conoscenza soddisfacente, non si realizzerà mai definitivamente, non possiamo controllare tutto come non possiamo sapere tutto.


L'unica ad essere un diamante in sé conchiuso, a non avere limiti intercorrenti tra sé ed altro ma solo tra sé e nulla, ad essere perciò un'entità in-finita, è, diversamente dalla conoscenza, quella che potrei chiamare l'esperienza (non solo quella sensibile, esperienza in senso lato) o l'appercezione immediata, in quanto essa è un nulla di conoscenza, non è di per sé in nessun senso conoscenza, anche se con la conoscenza entra in relazione.


E per tornare alla metafora dello specchio, non tutti i frammenti di esso vengono raccolti, alcuni vengono raccolti dagli uomini, altri giacciono sulla sabbia per sempre, o comunque a tempo indefinito; fuor di metafora, il prospettivismo non esaurisce la realtà per questo la realtà su cui si aprono le varie prospettive umane è essa stessa in divenire.




Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Ipazia

#12
La conoscenza filosofica è sommamente delimitante traendo origine dall'epigramma sul tempio oracolare di Delfi: γνῶθι σαυτόν.

Conoscere se stessi pone una delimitazione individuale, di specie, e gnoseologica, poiché delimitiamo la realtà con una esclusivamente nostra episteme.

Questi tre livelli delimitano aree di conoscenza distinte. Non sempre idilliache, perché il guardarsi dentro non è esente da pericoli ed abissi. Dai quali mette in guardia uno scrutatore certosino dell'animo umano e della conoscenza.

CitazioneChi combatte contro i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. E quando guardi a lungo in un abisso, anche l'abisso ti guarda dentro

Un invito a delimitare con giudizio, prendendosi anche salutari spazi di evasione tra i tre livelli della conoscenza.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

@Niko.
Se la verità è uno specchio frantumato allora, almeno potenzialmente , è ricomponibile.
Ma se tu sei convinto di ciò, come mi pare, cosa ti dice ciò di te, e nella misura in cui molti di noi lo condividono, cosa ci dice di noi?
Questo è il tema della discussione, come ho cercato di correggerlo, avendolo maldestramente intitolato " I limiti della conoscenza".
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Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#14
Citazione di: Ipazia il 21 Aprile 2021, 13:48:49 PM
La conoscenza filosofica è sommamente delimitante traendo origine dall'epigramma sul tempio oracolare di Delfi: γνῶθι σαυτόν.

Conoscere se stessi pone una delimitazione individuale, di specie, e gnoseologica, poiché delimitiamo la realtà con una esclusivamente nostra episteme.

Questi tre livelli delimitano aree di conoscenza distinte. Non sempre idilliache, perché il guardarsi dentro non è esente da pericoli ed abissi. Dai quali mette in guardia uno scrutatore certosino dell'animo umano e della conoscenza.

CitazioneChi combatte contro i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. E quando guardi a lungo in un abisso, anche l'abisso ti guarda dentro

Un invito a delimitare con giudizio, prendendosi anche salutari spazi di evasione tra i tre livelli della conoscenza.
C'è molta saggezza in quel che scrivi, ma credo che la conseguenza necessaria della coscienza sia di portar fuori ciò che è dentro, continuando pur a restare parte di noi.
Noi lo chiamiamo scienza e tecnologia, ma siamo sempre noi.
Mi sembra di vederti passeggiare per boschi inseguendo alcun pensiero.
Essendo te stessa , prendendoti salutari pause dal voler sapere cosa, o mentre curi i tuoi fiori con gioia per il motivo  di nulla.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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