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I fondamenti delle idee.

Aperto da iano, 31 Maggio 2020, 13:32:20 PM

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iano

Premetto che esprimerò idee estemporanee  ,appena appena legate alla storia del pensiero , neanche quel tanto che basta ,e quel niente in modo incerto ,come al mio solito.
In particolare ho seri dubbi che Parmenide abbia detto e pensato tutto ciò che gli attribuisco.
Nel qual caso vogliate considerarlo una mia licenza , e quanto segue è da  attribuire a me. Quindi ,dopo aver ristabilito , come vi prego di fare , un minimo di corretta storia della filosofia ,non vogliate da ciò trarre motivo di affossare questa discussione.😁


Scavando sotto le idee ,quando non si trova sepolto un paradosso ,si trovano dure fondamenta che ci impediscono di andare oltre senza far crollare l'idea.


Della località e d altro ancora.

Esistono cose separate se vi è uno spazio fra esse , il quale può essere annullato , creando contatto ,e questo annullamento di spazio è tramite fra causa ed effetto.
L'unico tramite che si ammette fino a un certo punto nella filosofia della natura.
Ma perché lo spazio possa essere annullato deve esistere . Per Newton diventa sufficiente tramite quella esistenza.
In sostanza egli dice , perché due oggetti si influenzino è sufficiente che esistano ed esistono se separati da uno spazio.
Quella esistenza è condizione necessaria e sufficiente a condurre causa ad effetto.
La non località, con sconcerto generale , compreso quello dello stesso Newton, si intrufola nella fisica.

Parmenide diffidava della località.
Non era convinto di questo fatto di dividere il mondo per provare a comprenderlo a pezzi.
È interessante notare che questa divisione può essere o non essere reversibile.
Le leggi fisiche sono un modo di ricucire questa divisione ,dimostrandone di fatto la reversibilità.
Ad Einstein appariva inspiegabile che il mondo fosse spiegabile.
Ma a fondamento di questa inspiegabile spiegabilita' credo vi sia il credere in una oggettività di fatto , cioè un mondo fatto di oggetti che sono dati e non derivano da una divisione arbitraria del mondo in pezzi.
Laddove questa divisione si consideri arbitraria , come Parmenide sembra suggerirci,la spiegazione del mondo altro non è  che è una ricucitura delle sue parti.
Che il mondo sia spiegabile diventerebbe quindi cosa banale trasferendo semmai la meraviglia al fatto che esso possa essere diviso in parti , che era il dubbio di Parmenide.
Quest'ultimo mi pare sia il fondamento della fisica per molti, e questo fondamento si chiama località.
Oggi però abbiamo scavato sotto questo fondamento , senza che la fisica sia crollata , a quanto pare.
Come si spiega?
La mia idea è che nella fisica di oggi alternative e inconciliabili divisioni del mondo in parti convivano ,disorientando , ma non annullando di fatto  , la nostra idea di località .
La fisica moderna ci suggerisce che il mondo a livello fondamentale non è locale.
Questo è vero se si crede che debba esistere una sola divisione in parti del mondo , e non ne possano convivere diverse, e possono certamente convivere se si ammette essere arbitrarie.
Tutti i bambini rompono i giocattoli per comprenderli , ma c'è da credere che ognuno lo comprenderà a modo suo perché ognuno lo romperà' e quindi ricomporrà in modo diverso.
E un solo bambino stesso , o una sola umanità , potrà' farlo in modi diversi .
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#1
Può apparire sorprendente poter ricomporre ( comprendere) il mondo solo se non si ha coscienza di averlo diviso , credendo ingenuamente perciò che quella divisione sia univoca e stia per il mondo intero.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

giopap

Mi sembra che tu consideri il mondo materiale naturale (che per me non esaurisce la realtà in toto).


Per parte mia cedo che questo mondo, ammesse alcune conditiones sine qua non indimostrabili (essere vere, né essere false), sia intersoggettivamente constatabile e che divenga ordinatamente (che non sia il mondo indistinguibile in parti e immutabile di Parmenide).


Secondo me bisogna innanzitutto distinguere fra il mondo (o meglio: questo mondo materiale naturale) quale intersoggettivamente é (e diviene) e il nostro pensiero di esso; pensiero che se vi é "conforme" (se lo predica essere quale é e/o non essere quale non é) ne costituisce per definizione conoscenza (vera).


Il mondo (materiale naturale) quale intersoggettivamente é diviene é un "tutto indistinto".
Nell' ambito del quale il nostro pensiero può ad libitum "prendere in considerazione" distintamente i più svariati aspetti, parti, componenti.
Ma, sempre poste certe conditiones sine qua non indimostrabili (essere vere né essere false), non tutte le indefinite, illimitate considerazioni di (o distinzioni teoriche fra) sue parti o aspetti hanno la stessa utilità teorica e pratica.
Talune sono perfettamente inutili, "insignificanti", "speciose", mentre talaltre consentono di rilevarne regolarità di mutamento, elementi od aspetti universali e costanti cui finora tutte le osservazioni mostrano che il suo divenire si é sempre ed ovunque accordato; e che é dunque ragionevole ritenere (ma non dimostrabile) vi si accorderà sempre e dovunque anche in futuro e altrove.
Questa é precisamente la conoscenza scientifca.

iano

#3
@Giopap
Mi sembra che tu consideri il mondo materiale naturale (che per me non esaurisce la realtà in toto).
———————————
Si , sottinteso , completato da chi lo conosce.



Per parte mia cedo che questo mondo, ammesse alcune conditiones sine qua non indimostrabili (essere vere, né essere false), sia intersoggettivamente constatabile e che divenga ordinatamente (che non sia il mondo indistinguibile in parti e immutabile di Parmenide).
——————————————————-
Non è indistinguibile , ne convengo , e le conditiones sono indimostrabili in quanto servono a dimostrare.



Secondo me bisogna innanzitutto distinguere fra il mondo (o meglio: questo mondo materiale naturale) quale intersoggettivamente é (e diviene) e il nostro pensiero di esso; pensiero che se vi é "conforme" (se lo predica essere quale é e/o non essere quale non é) ne costituisce per definizione conoscenza (vera).
———————————————
Distinzione basilare e non aggirabile. Conforme virgolettato. E se togli le virgolette?



Il mondo (materiale naturale) quale intersoggettivamente é diviene é un "tutto indistinto".
Nell' ambito del quale il nostro pensiero può ad libitum "prendere in considerazione" distintamente i più svariati aspetti, parti, componenti.
Ma, sempre poste certe conditiones sine qua non indimostrabili (essere vere né essere false), non tutte le indefinite, illimitate considerazioni di (o distinzioni teoriche fra) sue parti o aspetti hanno la stessa utilità teorica e pratica.
Talune sono perfettamente inutili, "insignificanti", "speciose", mentre talaltre consentono di rilevarne regolarità di mutamento, elementi od aspetti universali e costanti cui finora tutte le osservazioni mostrano che il suo divenire si é sempre ed ovunque accordato; e che é dunque ragionevole ritenere (ma non dimostrabile) vi si accorderà sempre e dovunque anche in futuro e altrove.
Questa é precisamente la conoscenza scientifca.
——————————————
Non tutte le distinzioni possibili hanno lo stesso peso, ma molte hanno e mantengono peso pur dimostrandosi inconciliabili , come se facessero parte di mondi diversi , pur avendo carattere imterosoggetivo e quan'altro occorra a dare patente di scientificità.
Non mi sembra un modo elegante di uscire da questa contraddizione il farne una questione dimensionale: una teoria per la piccola una per la media e una per la grande dimensione in una ottica sartoriale.
Al progredire della conoscenza ,come essa sembra dispiegarsi, non sembra necessario un progressivo conformarsi a qualcosa di univoco.

Ciò è sicuramente desiderabile , ma non necessario.
Seppure questo sia uno dei desideri che  anima l'impresa scientifica questa ha dimostrato di poter sopravvivere anche senza.
E non è un fatto da poco .
Ciò ci induce a ridefinire cosa si intenda per conoscenza.
Il mondo può essere diviso in diversi modi e ricomposto in altrettanti e queste ricomposizioni , che secondo me equivalgono al nostro capire , ovviamente non coincidono , ma convergono , in quanto uno e solo uno è il punto di partenza .

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

viator

Salve Iano. La scomposizione del mondo in "porzioni" - come effettuato dalla nostra mente - è la semplice ovvia conseguenza della limitatezza di chi esamina rapportata alla ampiezza inattingibile di ciò che viene esaminato.

Esattamente come mostrato dall'informatica, i problemi di analisi di situazioni troppo complesse (e l'esistenza del mondo è la situazione più complessa che possiamo esaminare) vanno affrontate spezzettandole in modo da sottoporre ciascun aspetto o frammento ad un singolo computer facente parte di batteria di computers posti in parallelo.

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I risultati parziali verranno poi fatti confluire - in uscita - ad un unico "mainframe" o computer principale il quale genererà la soluzione complessiva.

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Il problema umano della limitatezza di ogni nostro computer cerebrale ci condanna a non trovare alcuna soluzione complessiva (il programmatore originario infatti non ha caricato alcun algoritmo perchè la sua soluzione verrebbe a consistere nella "fine" del problema e quindi del mondo e della vita - ciò che è stato "caricato" infatti è semplicemente un "loop", cioè un girare infinito e circolare di "istruzioni" aventi il solo scopo di far appunto "girare il mondo" senza sosta).

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E' anche per questa ragione - inoltre - che per ciascuno dei 7 miliardi di computer cerebrali non è stata prevista alcuna specifica interconnessione sistematica (ma solamente occasionale e "casuale") e men meno la loro finale confluenza in un qualche "mainframe finalistico". Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#5
@Viator
👍 La nostra limitatezza è là località che non possiamo mettere in discussione perché ci definisce.
Sicuramente ho semplificato sottintendendo una dualità conoscente conosciuto , che , oltre a non poter essere messa , per ovvia convenienza , in discussione , non è comunque fissata.
Mi pare si possa dire però che per la relativa giovinezza della scienza non sia ancora da considerare la dinamica di questa dualità.
Oppure si?
Questa in effetti sarebbe la discussione delle discussioni.
In effetti questa dualità precede la scienza e la filosofia che altro non sono che la presa di coscienza di molte dualità , come le due gambe con cui  da più gran tempo procediamo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

giopap

Citazione di: iano il 31 Maggio 2020, 16:45:38 PM


Secondo me bisogna innanzitutto distinguere fra il mondo (o meglio: questo mondo materiale naturale) quale intersoggettivamente é (e diviene) e il nostro pensiero di esso; pensiero che se vi é "conforme" (se lo predica essere quale é e/o non essere quale non é) ne costituisce per definizione conoscenza (vera).
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Distinzione basilare e non aggirabile. Conforme virgolettato. E se togli le virgolette?


Le virgolette le ho messe perché quella "morfologica" é una metafora; il senso letterale é "se lo predica essere quale é e/o non essere quale non é".


Citazione di: iano il 31 Maggio 2020, 16:45:38 PM

Il mondo (materiale naturale) quale intersoggettivamente é diviene é un "tutto indistinto".
Nell' ambito del quale il nostro pensiero può ad libitum "prendere in considerazione" distintamente i più svariati aspetti, parti, componenti.
Ma, sempre poste certe conditiones sine qua non indimostrabili (essere vere né essere false), non tutte le indefinite, illimitate considerazioni di (o distinzioni teoriche fra) sue parti o aspetti hanno la stessa utilità teorica e pratica.
Talune sono perfettamente inutili, "insignificanti", "speciose", mentre talaltre consentono di rilevarne regolarità di mutamento, elementi od aspetti universali e costanti cui finora tutte le osservazioni mostrano che il suo divenire si é sempre ed ovunque accordato; e che é dunque ragionevole ritenere (ma non dimostrabile) vi si accorderà sempre e dovunque anche in futuro e altrove.

Questa é precisamente la conoscenza scientifica.
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Non tutte le distinzioni possibili hanno lo stesso peso, ma molte hanno e mantengono peso pur dimostrandosi inconciliabili , come se facessero parte di mondi diversi , pur avendo carattere imterosoggetivo e quan'altro occorra a dare patente di scientificità.
Non mi sembra un modo elegante di uscire da questa contraddizione il farne una questione dimensionale: una teoria per la piccola una per la media e una per la grande dimensione in una ottica sartoriale.
Al progredire della conoscenza ,come essa sembra dispiegarsi, non sembra necessario un progressivo conformarsi a qualcosa di univoco.

Ciò è sicuramente desiderabile , ma non necessario.
Seppure questo sia uno dei desideri che  anima l'impresa scientifica questa ha dimostrato di poter sopravvivere anche senza.
E non è un fatto da poco .
Ciò ci induce a ridefinire cosa si intenda per conoscenza.
Il mondo può essere diviso in diversi modi e ricomposto in altrettanti e queste ricomposizioni , che secondo me equivalgono al nostro capire , ovviamente non coincidono , ma convergono , in quanto uno e solo uno è il punto di partenza .


Non capisco quasi nulla, la "questione dimensionale" (?), la pretesa "ottica sartoriale" (?) e la questione dell' "univocità o meno delle teorie scientìtifiche" (?).


Comunque secondo me é evidente che se considero ("ritaglio ad libitum dal resto di esso") una parte del mondo fisico materiale rappresentata per esempio da un area di terreno con tre alberi e metà di una casa che vi si trovano sopra (cosa assolutamente "lecita"), questo "oggetto" così considerato non mi serve a conoscere alcunché.
Invece se considero le palle che Galileo faceva rotolare sui piani inclinati per studiare la gravità posso ottenere importanti conoscenze scientifiche (...veramente di fatto le ha ottenute Galileo).


E poiché il mondo fisico materiale é uno solo non possono darsi più teorie reciprocamente alternative (cioé che dicono cose diverse, reciprocamente incompatibili e non complementari, degli stessi oggetti, degli stessi enti e/o eventi, degli stessi fenomeni intersoggettivamente osservabili) ed essere tutte vere.
La scienza, nel corso del suo sviluppo può passare periodi di incertezza, di irresolutezza fra teorie reciprocamente alternative, ma non può considerarle tutte vere; invece cerca osservazioni o esperimenti "cruciali" che possano dirimere fra vero (presumibilmente, e almeno limitatamente, relativamente) e falso, ovvero falsificare tutte le teorie in reciproca alternativa (prima o poi; ci vuole pazienza) tranne una.

iano

#7
@Giopap
Io invece ti capisco perfettamente da un po',con mia soddisfazione .
Ma dividere un pezzo di terreno con tre alberi e altro è una divisione  di seconda mano.
Perché tu possa fare quella divisione una è gia' avvenuta a tua insaputa ed è quella che ti permette di parlare di terreno e di alberi , cioè di vedere il mondo in quei termini ,e quindi perciò è utile.
Sia chiaro che la tua posizione è una buona base su cui stare ,e la tentazione di coabitarci con te è anche una piacevole tentazione .
Io però sto cercando di esplorare i confini di quel terreno, non tanto per vedere cosa ci sia oltre , ma per immaginare cosa potrebbe stare al posto suo , perché nel mondo della fisica oggi questa mi appare la situazione di fatto , che diverse cose stanno al posto di una in una coabitazione che ci sembra disdicevole.
L'ipotesi sartoriale è quella in voga per salvare diverse teorie , che stanno insieme in attesa di divenire una, come uno è il luogo in cui insistono.
Si cerca di farle convivere dicendo che una vale per la taglia microscopica e l'altra per la macroscopica. Questa è la moda del momento , ma non ci vedo grande eleganza.

Vedo meglio un mondo vestito a cipolla , con abiti che si sovrappongono ma che possono singolarmente sfilarsi.
Vestono tutti bene , ma restano indipendenti, come prodotti di tagli di diverse sartorie che lavorano tutti per lo stesso cliente .
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

giopap

Citazione di: iano il 31 Maggio 2020, 19:17:24 PM
@Giopap
Io invece da un po' ti capisco perfettamente da un po',con mia soddisfazione .
Ma dividere un pezzo di terreno con tre alberi e altro è una divisione  di seconda mano.
Perché tu possa fare quella divisione una è gia' avvenuta a tua insaputa ed è quella che ti permette di parlare di terreno e di alberi , cioè di vedere il mondo in quei termini ,e quindi perciò è utile.
Sia chiaro che la tua posizione è una buona base su cui stare ,e la tentazione di coabitarci con te è anche una piacevole tentazione .
Io però sto cercando di esplorare i confini di quel terreno, non tanto per vedere cosa ci sia oltre , ma per immaginare cosa potrebbe stare al posto suo.


Poiché per parte mia non capisco una beata mazza di quanto affermi tu, sarei molto dubbiosa circa la comprensione di quanto affermo io da parte tua.


Non vedo come, in che senso la mia distinzione dal resto del terreno coi tre alberi e la mezza casa (ma allora anche delle palle usate da Galileo) sia "di seconda mano" (quella delle palle -ovviamente non in senso anatomico, ha ha!- di Galileo in realtà la é perché il promo a farla é stato il grande pisano; anzi é per lo meno di terza o quarta mano perché non ho avuto la fortuna di conoscerlo; ma quella del pezzo di terra coi tre alberi e la mezza casa, fra l' altro del tutto immaginaria, non l' ho sentita fare mai da nessuno prima di me).


E quale mai "divisione" fra quali mai cose e da parte di chi mai sarebbe (a-ri-mai) quella che a mia insaputa (perbacco! che insolenza! Ma come si permette l' ignoto divisore?) sarebbe "quella che mi permette di fare tale mia distinzione" ? ? ?


Che cosa tu stia cercando (il significato metaforico del "terreno", dell' "esplorazione dei suoi confini", di "ciò che sta oltre il terreno" e di "ciò che potrebbe stare al posto del terreno" per me é -come dicevano una volta alle previsioni del tempo- "fitta nebbia in Valpadana".

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