Hegel e l'inizio della filosofia

Aperto da Koba II, 23 Marzo 2024, 09:51:14 AM

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Alberto Knox

Citazione di: Ipazia il 02 Aprile 2024, 08:33:22 AMSileno intendeva il senso come dato, invece il senso si pone sul mondo così come è dato
Sì, e credo sia un punto importante su cui tutti i filosofi del furom devono soffermarsi. Il senso della mia vita mi viene dato da qualcosa di molto più grande di me nella quale io sono iscritto o il senso lo pongo io sulla mia vita e sul mondo? Per Sileno mezzo uomo e mezzo capra che rappresenta l'animale razionale non c'è alcun senso dato, nessun senso universale a cui fare riferimento .  Saremo dunque noi a costruire il senso, a dare un senso alla vita e al mondo. 

Senso come direzione ,  qual'è la direzione? senso come significato, qual'è il significato? e senso come sentimento. Che cosa senti? dentro di te, di fronte alla vita e di fronte al mondo. Si tratta di sentire anche e non solo di capire con la ragione.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

Si è parlato di individualismo rispetto alla pluralità , ma non esiste un io separato . Lo sai che stai respirando? e che se non ci fosse questa continua connessione con l ambiente noi in meno di un minuto non ci saremmo più? Tutto parte da lì, dalla coscienza che respiriamo, respira, predi consapevolezza della tua connessione strutturale con il mondo . Per cui tu non sei un io da solo, separato, tu sei subito sistema, un sistema in relazione con altri sistemi . L'etica è dunque armonia dei sistemi in relazione e non buonismo come viene confusa oggi .
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Ipazia

#62
Il rapporto individuo-società è dialetticamente indeterminabile, alla Heisenberg, e più che la logica manichea occidentale sono applicabili le logiche indiane proposte da Phil negli stati simultanei di esistenza e inesistenza, più difficili da controllare di un computer quantistico, i cui qbit fuoriescono dalle griglie che gli apprendisti stregoni vorrebbero loro imporre.

Il chiacchericcio nasce dal fatto che tanto l'esistenza che l'inesistenza di individuo e società sono simultaneamente "syat", probabili, ma non certi, e quindi bisogna isolare rigorosamente il contesto e aver chiare le finalità per cavare un ragno probabilistico dal buco e servire al meglio il logos.

In ciò sta la scommessa umanistica (e filosofica), non nella resa di fronte all'indeterminabile.

@Phil

Proprio la logica indiana si regge sull'ontologia dell'evento e rifugge la gnoselogia dell'oggetto isolato da ciò che gli accade. Lo fa per ragioni ontologiche, non etiche. Che vengono, semmai, dopo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alberto Knox

appellarci all India come modello filosofico per costruire un etica condivisa è un offesa verso i diritti umani , specie delle donne . Che ancora oggi nella cultura tradizionale indiana la donna è considerata un essere sottomesso e infieriore all'uomo, che non ha diritto a godere di una propria indipendenza, pertanto vive prima sotto il controllo del padre, poi viene data in sposa quindi passa sotto quello del marito. Pochi anni fa ha fatto notizia quello di un padre che tagliò la testa della figlia diciassettenne perchè scoperta ad avere una relazione con un ragazzo di un altra casta sociale, la portò alla polizia e venne poi sospeso  anche un polizziotto perchè si era fatto fotografare tenendo in mano la testa in maniera gravemente irrispettosa. Nonostante esistano dati ufficiali imprecisi, è comprovato da varie organizzazioni per i diritti umani che i cosiddetti "delitti d'onore" come questo accadono migliaia di volte all'anno in tutta India. In questo caso il colpevole è stato sorpreso con una parte del corpo della vittima e, in stato di shock, non ha occultato l'orrore. La maggior parte delle volte quando le ragazze vengono bruciate o sedate con sonniferi e poi strangolate nel letto si fa passare la versione dell'incidente o del suicidio.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Pensarbene

le tragedie ridicolizzano ciò che rappresentano come il co trario lo fa con ciò  di cui parla 
Sembra che la terra serva per ridicolizzare tutto e tutti SALVO chi o il che cosa non è ridicolizzabile.
Forse questo è il senso del  pianeta,ne esce in buono stato chi obiettivamente non può essere veramente e realmente ridicolizzato.



 

Phil

Citazione di: Ipazia il 03 Aprile 2024, 11:08:58 AMProprio la logica indiana si regge sull'ontologia dell'evento e rifugge la gnoselogia dell'oggetto isolato da ciò che gli accade. Lo fa per ragioni ontologiche, non etiche. Che vengono, semmai, dopo.
Concordo e non a caso ho sottolineato la distinzione fra gnoseologia dell'ente e analisi dell'evento, distinzione fondamentale per il rigore logico di entrambi i discorsi, da non confondere fra loro (per questo mettevo in guardia da metafore come "la storia è la gnoseologia degli eventi" e sottolineavo la differenza ontologica fra un sasso, ente, e un'esplosione, evento).
Quando dicevo che la relazione con l'ente è un evento gnoseologico di coscienza (v. post 32), mi riferivo proprio alla contestualizzazione dell'evento percettivo-cognitivo (relazione soggetto/ente-oggetto), che la logica, indiana o meno, cerca di schematizzare. Contestualizzazione altrettanto rilevante (e differente dalla precedente) se si parla di evento etico, ossia relazione fra soggetti.

Ipazia

L'ente "cosa" non risente dello stesso limite percettivo-cognitivo dell'ente "evento" ?

(Poi è chiaro che, assai prima dell'etica, tutto va contestualizzato: l'acqua del marinaio non è la stessa acqua del chimico, pur essendo la stessa acqua, come insegnano gli indiani non dicotomici).
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: Alberto Knox il 03 Aprile 2024, 13:01:41 PMappellarci all India come modello filosofico per costruire un etica condivisa è un offesa verso i diritti umani , specie delle donne . Che ancora oggi nella cultura tradizionale indiana la donna è considerata un essere sottomesso e infieriore all'uomo, che non ha diritto a godere di una propria indipendenza, pertanto vive prima sotto il controllo del padre, poi viene data in sposa quindi passa sotto quello del marito. Pochi anni fa ha fatto notizia quello di un padre che tagliò la testa della figlia diciassettenne perchè scoperta ad avere una relazione con un ragazzo di un altra casta sociale, la portò alla polizia e venne poi sospeso  anche un polizziotto perchè si era fatto fotografare tenendo in mano la testa in maniera gravemente irrispettosa. Nonostante esistano dati ufficiali imprecisi, è comprovato da varie organizzazioni per i diritti umani che i cosiddetti "delitti d'onore" come questo accadono migliaia di volte all'anno in tutta India. In questo caso il colpevole è stato sorpreso con una parte del corpo della vittima e, in stato di shock, non ha occultato l'orrore. La maggior parte delle volte quando le ragazze vengono bruciate o sedate con sonniferi e poi strangolate nel letto si fa passare la versione dell'incidente o del suicidio.

Capisco perchè phil si preoccupa tanto dell'etica, che non è argomento logico, visto che si continuano a confondere i due piani del logos. Il patriarcato è nato assai prima del ragionamento logico, che servirebbe semmai a decostruirlo. Personalmente mi limito ad apprezzare ciò che del pensiero orientale merita apprezzamento, senza prendere tutto il pacco ideologico in blocco. Zero, cifre "arabiche", e logica non dicotomica restano cose apprezzabili e non mi avventurerei in acrobazie patafisiche per collegarli alla schiavitù della donna orientale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 03 Aprile 2024, 16:47:39 PML'ente "cosa" non risente dello stesso limite percettivo-cognitivo dell'ente "evento" ?
Per come la vedo, parlare di «ente "evento"»(cit.) confonde, nonostante le virgolette, i due concetti che anderebbero a mio avviso tenuti separati: l'ente può essere parte dell'evento per la coscienza che vi si relaziona (il mio osservare l'ente-sasso è un evento per la mia coscienza), ma l'evento non può essere un ente (il modo in cui si studiano gli enti non è quello con cui si studiano gli eventi). La definizione filosofica di ente è "affine" a quella di evento? Secondo me, no (anche se magari in fisica quantistica non esistono enti, ma solo eventi, per quanto quello sia un altro linguaggio, rispetto a quello filosofico).
Per fare un esempio un po' "brusco": l'altro uomo è per me un ente, non un evento; l'evento è la mia relazione (etica o anche solo percettiva) con lui. La vita dell'altro uomo, nel suo scorrere, può essere considerata un evento (nascita, durata e morte sono eventi, non enti), sebbene la sua presenza, qui ed ora, davanti a me, sia quella di un ente.
La tua domanda mi suona quindi piuttosto ambigua; potrei rispondere che i limiti percettivi-cognitivi sono propri dell'uomo in quanto tale, quindi riguardano sia gli enti che gli eventi, seppur in modo diverso, a seconda di quale dei due sia il campo d'applicazione. Sarebbe come dire, cambiando tema, che le limitazioni sensoriali dell'uomo ne condizionano sia la vista che l'udito, per quanto vista e udito restino da tenere distinte, se si parla di sensorialità.

Ipazia

Citazione di: Phil il 03 Aprile 2024, 17:44:28 PMPer come la vedo, parlare di «ente "evento"»(cit.) confonde, nonostante le virgolette, i due concetti che anderebbero a mio avviso tenuti separati: l'ente può essere parte dell'evento per la coscienza che vi si relaziona (il mio osservare l'ente-sasso è un evento per la mia coscienza), ma l'evento non può essere un ente (il modo in cui si studiano gli enti non è quello con cui si studiano gli eventi). La definizione filosofica di ente è "affine" a quella di evento? Secondo me, no (anche se magari in fisica quantistica non esistono enti, ma solo eventi, per quanto quello sia un altro linguaggio, rispetto a quello filosofico).
Per fare un esempio un po' "brusco": l'altro uomo è per me un ente, non un evento; l'evento è la mia relazione (etica o anche solo percettiva) con lui. La vita dell'altro uomo, nel suo scorrere, può essere considerata un evento (nascita, durata e morte sono eventi, non enti), sebbene la sua presenza, qui ed ora, davanti a me, sia quella di un ente.
La tua domanda mi suona quindi piuttosto ambigua; potrei rispondere che i limiti percettivi-cognitivi sono propri dell'uomo in quanto tale, quindi riguardano sia gli enti che gli eventi, seppur in modo diverso, a seconda di quale dei due sia il campo d'applicazione. Sarebbe come dire, cambiando tema, che le limitazioni sensoriali dell'uomo ne condizionano sia la vista che l'udito, per quanto vista e udito restino da tenere distinte, se si parla di sensorialità.

Se nel linguaggio comune ha ancora senso distinguere cosa da evento, nel linguaggio filosofico, attento all'ontologia, non si può prescindere dall'evoluzione gnoseologica in ambito scientifico, e ciò fa LW quando afferma che il mondo è la somma dei fatti non delle cose.

Mi rendo conto che per la filosofia, malgrado le conversioni e abiure, sia difficile liberarsi dallo schematismo kantiano centrato sulla cosa in sè, archetipo di ogni "ente", ma se l'ontologia si muove verso altre interpretazioni della realtà, la filosofia non può stare al palo e deve diventare un pochino poliglotta di fronte all'evoluzione degli enti nella temporalità (loro propria e gnoseologica).

Prendo atto che per comodità di dizionario, comunicativa e percettiva, è opportuno entificare l'istantanea del mondo, ma anche il dizionario ha imparato ad entificare eventi e astrazioni, e quindi non la vedo una difficoltà insormontabile nella forma e corretta nella sostanza in filosofia.

Terrò comunque conto che per talune posizioni filosofiche, "ente" va riferito esclusivamente alla cosa, così come la tradizione filosofica (occidentale ;D ) la intende.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 03 Aprile 2024, 18:33:38 PMSe nel linguaggio comune ha ancora senso distinguere cosa da evento, nel linguaggio filosofico, attento all'ontologia, non si può prescindere dall'evoluzione gnoseologica in ambito scientifico, e ciò fa LW quando afferma che il mondo è la somma dei fatti non delle cose.
Eppure, anche solo confinandoci al Wittgenstein del Tractatus, è eloquente come viene sviluppato il concetto di fatto: «il fatto, è il sussistere di stati di cose» (2), «Lo stato di cose è un collegamento di oggetti (cose, entità)»(2.01), «Gli oggetti costituiscono la sostanza del mondo» (2.021). Dunque: oggetti → stato di cose → fatti.
Viene infatti spiegata poco dopo la differenza fra ente ed evento ovvero, a parole sue, fra oggetto e stati di cose: «L'oggetto è ciò che è fisso, ciò che sussiste; la configurazione è ciò che è mutevole, instabile»(2.0271), «La configurazione degli oggetti costituisce lo stato di cose» (2.0272), «Nello stato di cose gli oggetti stanno in relazione l'uno con l'altro in modo determinato»(2.031), etc.
Tanto ad oriente quanto ad occidente, abbiamo bisogno del principio di identità/individuazione per fondare una qualunque logica praticabile, nonostante "la nota a fondo pagina" che ci ricorda che l'identità è convenzione (dunque, ontologicamente, è "nulla", dicono ad oriente, confondendo gli occidentali avvezzi a ben altra rigidità onto(teo)logica).

Ipazia

Ottima esegesi che non esclude l'entificazione dell'evento in prospettiva ontologica, vista la supremazia di esso nella configurazione dell'ente "mondo". Anche la relazione con enti materiali e personali è sempre in atto, restando in potenza solo in assenza della relazione reale.

Il principio d'identità e le convenzioni semantiche sono utilissime per orientarci nel mondo, ma ogni "stato di cose" precipita continuamente in dati di fatto, che sono il vero dato di cui si nutre l'approccio gnoseologico.

Convenzione per convenzione, nulla per nulla, meglio tener conto, da Eraclito a Einstein, della quarta dimensione e delle interazioni, anche in sede filosofica. Con tutto il rispetto e la cura dovuti alle tre dimensioni di Parmenide, innanzi a chi moltiplica ed espande indiscriminatamente pure quel genere di enti.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr

Citazione di: Alberto Knox il 02 Aprile 2024, 01:33:49 AMtutto l'occidente è Platonico  , la grandezza di Platone è che da solo è riuscito a influenzare un intera nazione , l'intero occidente parla pensa e ragiona come Platone ha insegnato a parlare  e a pensare. Noi parliamo per soggetto predicato e complemento , esattamente come ci ha insegnato a parlare Platone , prima di Platone si parlava per analogie.  Platone è colui che ha inventato la logica per distinugere il vero dal falso . in ambito morale si distingue il bene dal male , in ambito antropologico pensiamo di essere composto di anima e corpo. Platone è l'occidente!

Si ma non il Platone aristotelico, quello è sbagliato.
Bisogna leggere Platone all'incontrario, infatti è un autore molto ironico, e i suoi spettacoli servivano a fare selezione fra chi poteva essere un iniziato orfico e chi no.
L'occidente contemporaneo ha fatto di Platone un nemico, perchè non può essere iniziato all'orfismo.
E dunque così che Popper può scriver quell'immondizia che è Platone Dittatore, etc....semplicemente non sa leggere, e con lui il 99.9 per cento della gente, tranne me.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Pensarbene il 03 Aprile 2024, 14:13:17 PMle tragedie ridicolizzano ciò che rappresentano come il co trario lo fa con ciò  di cui parla
Sembra che la terra serva per ridicolizzare tutto e tutti SALVO chi o il che cosa non è ridicolizzabile.
Forse questo è il senso del  pianeta,ne esce in buono stato chi obiettivamente non può essere veramente e realmente ridicolizzato.



 
Mi piace questa tua intuizione, e in fin dei conti la morale dentro di noi, è proprio ciò che non può essere ridicolizzata.
Ma nel Critone, oltre alla ridicolizzazione dei personaggi, delle maschere, vi è proprio un tema tragico: quello della paura.
Ho trovato straordinario il non detto, ovvero quello che il lettore è costretto a tirar fuori dalle righe straordinarie di quel dialogo.
Tant'è che lo sto facendo maturare nella mia anima.
Siamo già ad Aprile, devo però andare avanti: platone autore semplice: direi proprio di no!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Phil il 03 Aprile 2024, 17:44:28 PMPer come la vedo, parlare di «ente "evento"»(cit.) confonde, nonostante le virgolette, i due concetti che anderebbero a mio avviso tenuti separati: l'ente può essere parte dell'evento per la coscienza che vi si relaziona (il mio osservare l'ente-sasso è un evento per la mia coscienza), ma l'evento non può essere un ente (il modo in cui si studiano gli enti non è quello con cui si studiano gli eventi). La definizione filosofica di ente è "affine" a quella di evento? Secondo me, no (anche se magari in fisica quantistica non esistono enti, ma solo eventi, per quanto quello sia un altro linguaggio, rispetto a quello filosofico).
Per fare un esempio un po' "brusco": l'altro uomo è per me un ente, non un evento; l'evento è la mia relazione (etica o anche solo percettiva) con lui. La vita dell'altro uomo, nel suo scorrere, può essere considerata un evento (nascita, durata e morte sono eventi, non enti), sebbene la sua presenza, qui ed ora, davanti a me, sia quella di un ente.
La tua domanda mi suona quindi piuttosto ambigua; potrei rispondere che i limiti percettivi-cognitivi sono propri dell'uomo in quanto tale, quindi riguardano sia gli enti che gli eventi, seppur in modo diverso, a seconda di quale dei due sia il campo d'applicazione. Sarebbe come dire, cambiando tema, che le limitazioni sensoriali dell'uomo ne condizionano sia la vista che l'udito, per quanto vista e udito restino da tenere distinte, se si parla di sensorialità.

Salve Phil.
Dunque possiamo dire che il soggetto che è il fascio delle sensazioni dovute all'evento oggetto, differisce in termini morali, dalla descrizione meramente ontologica degli stessi (ente-oggetto)?
L'evento non è altro che ciò che emerge dallo scontro sociale fra essere gnoseologicamente diversamente interpretanti il medium che si finge oggetto del discorso.
Che sia una mela, o che vi sia o meno un assassinio.
In fin dei conti non potremmo ascrivere questo tempo come un tempo in cui sempre più la dimensione del racconto sovrasta quella dei fatti.
Portando alla famosa dissonanza cognitiva. Se non proprio ad una stupidità conclamata?

Ecco il rapporto tra la dimensione del discorso razionale (alla Habermas?) e quella politica, però a me sembra, ad oggi, avendo scoperto Platone, mancante di quella dimensione morale che in fin dei conti Kant ha sempre palesato come parte della sua filosofia.
Il mio maestro cita infatti spesso Kant-Platone e mai Hegel.
Mi chiedevo il perchè?
Cosa mi sai dire?
Saluti.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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