Giuspositivismo e Giusnaturalismo: c'è veramente differenza?

Aperto da Eutidemo, 04 Novembre 2016, 07:49:52 AM

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Eutidemo

Rammento che nella sua prima lezione in aula, il nostro Professore di Filosofia del Diritto (S.Cotta), ci espose la differenza tra Giuspositivismo e Giusnaturalismo.
Ricordo che il suo fu un discorso molto complesso ed articolato (anche se non lo rammento tutto molto bene), che lasciò perplessi molti di noi.
Al termine della sua esposizione, io alzai la mano per ottenere la parola, e chiesi: "Professore, si potrebbe sintetizzare il tutto, dicendo che i Giuspositivisti ritengono che sia giusto osservare solo la legge "scritta", mentre i Giusnaturalisti, invece, ritengono che sia giusto osservare anche la legge "non scritta", quale impressa nella nostra coscienza (sia pure condizionata culturalmente)?"
Lui rispose: "Sintetizzando all'estremo, in effetti, il nocciolo della questione è proprio questo.".
"Ma allora...", feci io "...in effetti anche i Giuspositivisti sono Giusnaturalisti, in quanto, "a monte" della loro asserzione di voler dare la preminenza alla legge scritta, c'è pur sempre un giudizio valoriale; e, cioè che è GIUSTO osservare la legge scritta, a prescindere da ciò che ci detta la nostra coscienza personale. MA NON E' FORSE SEMPRE LA LORO COSCIENZA PERSONALE, AD AVERLI INDOTTI A TALE SCELTA, CIRCA CIO' CHE E' GIUSTO O MENO OSSERVARE?"
::)

Il Professore si fece una risata, obiettando che il mio era un assunto un po' semplicistico.
Il che è vero.
Tuttavia, anche dopo avere approfondito l'argomento nella mia Tesi di Laurea su Giusnaturalismo, a distanza di più di quaranta anni sono sempre rimasto della stessa opinione; per cui, ad onta delle mie variegate esperienze in ambito legale e giuridico, sono sempre fondamentalmente rimasto un giusnaturalista (anche se di un genere molto particolare).
Ed infatti, sempre volendo io restare intenzionalmente "semplicistico", il dilemma di fondo è il seguente:
- se ciascuno seguisse il suo "uzzolo" personale di coscienza (o di convenienza), dettato dalle proprie opinioni o dal suo credo religioso, politico ecc., vivremmo nell'anarchia più totale, per cui l'osservanza di una legge scritta deve avere la preminenza, sia ai fini della "certezza del diritto", sia ai fini della pace e dell'ordine sociale (che ne conseguono);
- ma se asseriamo che l'osservanza di una legge scritta deve avere in ogni caso la preminenza, allora dovremmo obbedire bovinamente anche a leggi (tipo quelle razziali o, in genere, persecutorie) che urtano GRAVEMENTE la nostra coscienza, e che potrebbero anche condurci a legittimare il genocidio.
E' un bel dilemma!
Di solito mi sento obiettare che, in un regime democratico, la seconda ipotesi non si dovrebbe mai verificare; il che, in buona parte, è vero (anche se non risolve il problema teorico).
Ma, a parte il fatto che anche Hitler assunse il potere democraticamente, bisognerebbe però precisare che non ci riferiamo ad un regime democratico "in senso stretto" (tipo quello in cui tre leoni e due gazzelle decidono cosa si mangia a colazione); bensì ad un regime "liberal-democratico", in cui, anche per mezzo della divisione dei Poteri e di una Costituzione, vengono comunque posti dei limiti al volere indiscriminato della mera "maggioranza numerica" (che può essere la peggiore delle dittature).
Anche in tale ipotesi, però, sia a livello teorico che a livello pratico (sia pur raramente), possono verificarsi contrasti tra il tenore della legge scritta, e quello che ci detta la nostra coscienza; ad esempio, è questo il caso della obiezione di coscienza in campo medico e -una volta- in campo militare...che, però, in qualche modo, il nostro ordinamento rispetta (in quanto, appunto, liberal-democratico).
Peraltro, talvolta, possono verificarsi contrasti tra il tenore della legge scritta, e quello che ci detta il nostro buonsenso.
Ad esempio, tempo fa mi capitò di vedere due vigilesse che presidiavano un semaforo, il quale (presumo per mera dimenticanza) non era stato disattivato; in effetti, avrebbe dovuto esserlo, perchè, per lavori stradali all'incrocio, le due tangenziali erano verticalmente attraversate da trincee per la posa di tubi del gas...per cui, nè pedoni nè vetture avrebbero potuto in  nessun caso attraversarmi la strada (se non volando).
Sul momento, essendo il semaforo rosso, ed in presenza delle due vigilesse, fermai la mia automobile; ma poi, visto che l'inutile attesa si prolungava, ripartii attraversando lo (pseudo)incrocio...subito fermato dal fischietto di una delle due. :(
Quello che ne seguì, fu, più o meno, un dibattito filosofico sul Giuspositivismo e sul Giusnaturalismo, in quanto io sostenevo che, in quel caso, non aveva senso aspettare il verde, mentre loro eccepivano che il rosso va rispettato comunque; anche se -in effetti-, loro stesse ammettevano che in quel caso non serviva A NIENTE.
In sostanza, loro sostenevano la tesi giuspositivistica per la quale  "Befehl ist Befehl!" (Un ordine è un ordine!) e "Gesetz ist Gesetz!" (La legge è legge!), mentre io la tesi evangelica, per la quale: "Non l'uomo è fatto per servire la legge...bensì la legge per servire l'uomo." ;)
E, quando non lo fa...me ne sbatto!
Mi rendo conto che tale assunto, se generalizzato, condurrebbe al caos, perchè, anche se è vero che molte leggi vigenti sono assolutamente "idiote" (soprattutto nel nostro Paese), è anche vero che, spesso, le opinioni personali (comprese le mie), lo sono ancora di più; per cui, in via di principio, è comunque meglio uniformarsi alle leggi (quali che esse siano), se non altro per la certezza del diritto e la pace sociale, o per dirla latinamente "pro bono pacis", et "ne cives ad arma ruant".
A meno che, però, esse non violino drasticamente il nostro più intimo senso di giustizia e di umanità; ed infatti, per quanto anch'esso possa essere malinteso, io lo ritengo comunque prevalente sulla legge scritta (la quale, peraltro, è anche essa "posteriore" ad un nostro giudizio di valore su cosa sia meglio osservare). 
E' comunque singolare che la Costituzione del Lander di Brandeburgo (ed anche altre Costituzioni), all'art. 6 afferma: "Contro le leggi in contrasto con la morale e l'umanità sussiste un diritto di resistenza". 
In questo caso, è lo stesso diritto positivo a riconoscere la prevalenza del diritto naturale; peccato che, nella nostra Costituzione, non esista una norma analoga.
Ma, tanto, per fortuna, esiste comunque nella "Costituzione Naturale" della nostra coscienza.
:)

sgiombo

Mi sembra (da profano, totalmente inesperto di diritto; "a lume di buon senso") che tutto dipenda dal fatto che ciò che é "propriamente, particolarmente umano", contrariamente a ciò che é "genericamente naturale", per così dire, di cui il peculiarmente umano fa comunque parte, l' eccezione (obiezione di coscienza) conferma la regola (legge scritta, uguale per tutti).

Mentre nelle scienze naturali (secondo me; so che molti dissentono, anzi che la mia convinzione "laplaciana" é decisamente minoritaria), in linea di principio, e non di fatto (perché spessissimo ciò richiederebbe una conoscenza di precisione praticamente infinita di un numero elevatissimo di variabili reciprocamente interagenti in maniere certe e precise ma complesse), tutto é calcolabile, tutto segue inderogabilmente (senza eccezioni, per l' appunto) "regole ferree", invece nelle scienze umane (e nell' agire umano pratico di fatto), 2 + 2 fa quasi sempre 4, ma talora fa 3,99 o 4,01.

Come rilevato anche da altri nell' altra discussione "nulla é contro natura", la cultura é una sorta di "sviluppo particolare della natura" o di "seconda natura", che non contraddice ma é complementare alla "prima natura" (la natura in generale), introducendovi caratteristiche alla sola cultura peculiari.

P. S.: Una curiosità personale (le cui motivazioni i più perspicaci e fra coloro che mi conoscono meglio nel forum facilmente comprenderanno): l' articolo da te citato dello statuto del Brandeburgo quando é entrato in vigore (prima o dopo la caduta del muretto di Berlino e quella che personalmente, e anche in questo caso alquanto anticonformisticamente, considero l' annessione della RDT alla RFG)?

Sariputra

Approfitto della competenza dell'insigne Eutidemo per formulare un quesito che mi segue da quando ne combinai una delle mie in un seggio elettorale della Contea.
Molti anni fa ( sigh...) mi recai al seggio di Sotto il monte, di là della Contea, per esercitare il mio "diritto al voto". Avevo la ferma intenzione di votare scheda bianca, non trovandomi, come mi capita di solito, in accordo con i programmi di nessun partito. Giunto dinanzi al banco mi fu consegnata, come si fa , la scheda elettorale con un mozzicone di matita e mi fu indicata la "gabina" dove nascondermi.
Presi la scheda e, senza andare da nessuna parte, feci il gesto di infilarla direttamente nell'urna. Infatti trovavo palesememte assurdo dovermi recare in cabina, far finta di aver visionato la scheda, richiuderla lasciandola immacolata e poi inserirla nell'urna. Apriti cielo! Il presidente del seggio andò nel panico, mi disse che non era possibile, che non si era mai vista una cosa simile. Di fronte alla mia ferma risoluzione di non muovermi e inserire la scheda bianca nell'urna, perchè era un mio diritto votare, corse al consulto con il presidente generale, che telefonò al sindaco, al questore, all'anas, al parroco e infine a mia madre! Però non potevano impedirmi di votare e , seppur molto perplessi, furono costretti a vedermi lasciar scivolare nella scatola la scheda...
Al di là del gesto provocatorio e plateale ( tipico della giovinezza...) chiedo a Eutidemo un parere sulla vicenda. Avevo ragione io o il presidente del seggio?...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

baylham

IL Presidente del seggio era un incompetente, bastava che si leggesse le istruzioni ufficiali.
La scheda con voto espresso fuori dalla cabina elettorale andava immediatamente annullata e assolutamente non inserita nell'urna, l'elettore Sariputra non aveva diritto a votare ulteriormente e il fatto doveva essere verbalizzato.

Apeiron

I miei "two cents".
Giusnaturalismo=riconoscere la dignità intrinseca dell'uomo
Giuspositivismo=bisogna fare leggi per l'uomo (il portatore della dignità e quindi dell'etica). Bisogna fare leggi per convenzione e utilità pratica. Se tale diritto è ben fatto deve riconoscere la dignità dell'uomo come "assioma".
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Eutidemo

Citazione di: sgiombo il 04 Novembre 2016, 09:04:27 AM
Mi sembra (da profano,totalmente inesperto di diritto; "a lume di buon senso") che tutto dipenda dal fatto che ciò che é "propriamente, particolarmente umano", contrariamente a ciò che é "genericamente naturale", per così dire, di cui il peculiarmente umano fa comunque parte, l' eccezione (obiezione di coscienza) conferma la regola (legge scritta, uguale per tutti).

Mentre nelle scienze naturali (secondo me; so che molti dissentono, anzi che la mia convinzione "laplaciana" é decisamente minoritaria), in linea di principio, e non di fatto (perché spessissimo ciò richiederebbe una conoscenza di precisione praticamente infinita di un numero elevatissimo di variabili reciprocamente interagenti in maniere certe e precise ma complesse), tutto é calcolabile, tutto segue inderogabilmente (senza eccezioni, per l' appunto) "regole ferree", invece nelle scienze umane (e nell' agire umano pratico di fatto), 2 + 2 fa quasi sempre 4, ma talora fa 3,99 o 4,01.

Come rilevato anche da altri nell' altra discussione "nulla é contro natura", la cultura é una sorta di "sviluppo particolare della natura" o di "seconda natura", che non contraddice ma é complementare alla "prima natura" (la natura in generale), introducendovi caratteristiche alla sola cultura peculiari.

P. S.: Una curiosità personale (le cui motivazioni i più perspicaci e fra coloro che mi conoscono meglio nel forum facilmente comprenderanno): l' articolo da te citato dello statuto del Brandeburgo quando é entrato in vigore (prima o dopo la caduta del muretto di Berlino e quella che personalmente, e anche in questo caso alquanto anticonformisticamente, considero l' annessione della RDT alla RFG)?


La mia Tesi di Laurea era centrata, appunto, proprio sul "Fondamento biologico del diritto naturale", ed affrontava la spinosa questione sia della distinzione tra "diritto naturale" e "morale" (che è molto esile e controversa), nonchè la ancora più scabrosa  questione della derivazione dei comportamenti "etici" ("latu sensu") dalla evoluzione filogenetica del comportamento, ovvero dal mero condizionamento culturale.
Scrissi la mia tesi nel 1974, in un epoca di prevalente "culturalismo" riduzionista, di stampo prettamente sociologico ed etnologico; a cui, però, non ho mai aderito in pieno.
Sgiombo scrive che, come anche rilevato da altri in un'altra discussione, "nulla é contro natura", in quanto la cultura é una sorta di "sviluppo particolare della natura" o di "seconda natura", che non contraddice ma é complementare alla "prima natura" (la natura in generale), introducendovi caratteristiche alla sola cultura peculiari.
Tutto questo è verissimo, in quanto l'uomo è un animale "naturalmente culturale" (se mi si passa il "calembour"), giacchè la "cultura", per il tramite del linguaggio, è il principale -sebbene non l'unico- elemento filogenetico che, selettivamente, ci ha fatto prevalere a livello evolutivo rispetto alle altre "grandi scimmie".
Benchè, "nel loro piccolo", anche molte di loro abbiano una vera e propria cultura.
Per cui, in larghissima misura, i nostri "valori etici", sia che collimino con il diritto positivo (come in genere dovrebbero), sia che non collimino con esso, derivano dalla CULTURA, e non "direttamente" dalla NATURA; ciò, però, non significa che i più importanti  di essi vengano mediati (sia pure in modi diversi) dalla cultura, ma trovino la lo radice prima nella natura...o, più esattamente, nella "filogenesi".
Per esempio, in genere:
- gli animali la cui prole è "a dispersione rapida e/o estesa", non hanno il "tabu dell'incesto", perchè la probabilità di accoppiamenti parentali (geneticamente nocivi) è talmente scarsa, da rendere inutile l'insorgere di tale tabu comportamentale (che, umanamente, definiremmo "etico");
- gli animali, invece, la cui prole è "a dispersione lenta e/o ridotta", di solito hanno il "tabu dell'incesto" -come l'uomo, l'"oca cinerina" ed altri-, perchè la probabilità di accoppiamenti parentali (geneticamente nocivi) è molto intensa, e, quindi, l'insorgere di tale tabu comportamentale è selettivamente utile alla specie. 
Il che, è stato verificato anche sperimentalmente .
Ovviamente, modificandosi la pressione selettiva dei vari habitat (e dei "modus vivendi" connessi), si evolvono e cambiano anche i comportamenti genetici da una specie all'altra; ma si tratta pur sempre di comportamenti "naturali".
Nell'uomo, però, a tali comportamenti "etici" primarii, si sovrappongono comportamenti "etici" culturalmente appresi; i quali, di solito, collimano con i primi, adattandoli nel miglior modo possibile, e differenziandoli geograficamente e storicamente.
Ma a volte tali adattamenti vengono patologicamente distorti da anomale situazioni "ideologiche", che quasi li ritorcono contro la nostra stessa natura; come, ad esempio, spesso avviene per quanto concerne l'aggressività "intraspecifica", i cui freni inibitori la cultura cerca talvolta di bypassare "deumanizzando" le vittime, e rendendo così eticamente neutra -se non addirittura auspicabile- la loro stessa soppressione fisica.
Ma i freni inibitori filogeneticamente acquisiti, per fortuna, tendono comunque a resistere a tali "forzature" (o inganni) culturali.
Ad esempio, nella prima fase della "Soluzione Finale" 'Nacht una Nebel' (notte e nebbia), le SS uccidevano le loro vittime direttamente con un colpo alla nuca, "culturalmente" convinte di porre in essere un compito socialmente meritorio; ma moltissime, dopo un certo numero di uccisioni, dovevano essere ricoverate in istituti di cura mentale, perchè lo "stress" della soppressione diretta "a freddo", era TROPPO in contrasto con la natura umana (come in genere lo è per tutti i mammiferi, e non solo).
E così tale tecnica, troppo "brutale", venne sostituita con altre meno dirette e, quindi più "indolori" (per gli assassini): le camere a gas.
Indubbiamente, in questo ed in altri analoghi casi, lo "stress" psicologico può essere provocato "anche" dal contrasto tra diversi valori culturali presenti nell'agente; ad esempio, nel caso delle SS, nella inconscia coesistenza di valori cristiani e nazi-razzisti.
Ma quest'ultimo tipo di contrasto -a ben vedere- vale per qualsiasi forma di uccisione, sia se praticata in modo diretto sia se praticata in modo indiretto, perchè ha una natura di carattere "intellettuale"; mentre, la ripugnanza "emozionale" ad uccidere direttamente e freddamente faccia a faccia (o, peggio ancora, faccia a nuca), risiede nel sistema delle pulsioni filogeneticamente acquisite dalla specie...per cui, pur intrecciandosi con la cultura, è "anteriore"ad essa.
Comunque, il discorso è MOLTO più complicato di così; per cui il mio va preso come mero quadro generale semplificativo.
:)
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Quanto alla Costituzione del Lander di Brandeburgo, risale a subito dopo la seconda guerra mondiale (46 o 47, non ricordo bene).
In effetti, la stessa Sottocommissione incaricata di elaborare la prima parte della nostra stessa Costituzione, al 2° comma dell'art.50, voleva inserire la seguente analoga disposizione, "Quando i pubblici poteri violino le libertà fondamentali ed i diritti garantiti dalla costituzione, la resistenza all'oppressione è diritto e dovere del cittadino". 
Ma poi, visto il clima di scontro politico tra DC e PCI, e poichè la parola "resistenza" suonava troppo vicina a quella di "rivoluzione", tale disposizione venne stralciata.
-----------------------------------------------------
:)

Eutidemo

Citazione di: Sariputra il 04 Novembre 2016, 09:38:19 AM
Approfitto della competenza dell'insigne Eutidemo per formulare un quesito che mi segue da quando ne combinai una delle mie in un seggio elettorale della Contea.
Molti anni fa ( sigh...) mi recai al seggio di Sotto il monte, di là della Contea, per esercitare il mio "diritto al voto". Avevo la ferma intenzione di votare scheda bianca, non trovandomi, come mi capita di solito, in accordo con i programmi di nessun partito. Giunto dinanzi al banco mi fu consegnata, come si fa , la scheda elettorale con un mozzicone di matita e mi fu indicata la "gabina" dove nascondermi.
Presi la scheda e, senza andare da nessuna parte, feci il gesto di infilarla direttamente nell'urna. Infatti trovavo palesememte assurdo dovermi recare in cabina, far finta di aver visionato la scheda, richiuderla lasciandola immacolata e poi inserirla nell'urna. Apriti cielo! Il presidente del seggio andò nel panico, mi disse che non era possibile, che non si era mai vista una cosa simile. Di fronte alla mia ferma risoluzione di non muovermi e inserire la scheda bianca nell'urna, perchè era un mio diritto votare, corse al consulto con il presidente generale, che telefonò al sindaco, al questore, all'anas, al parroco e infine a mia madre! Però non potevano impedirmi di votare e , seppur molto perplessi, furono costretti a vedermi lasciar scivolare nella scatola la scheda...
Al di là del gesto provocatorio e plateale ( tipico della giovinezza...) chiedo a Eutidemo un parere sulla vicenda. Avevo ragione io o il presidente del seggio?...


Quello di votare è un diritto e un dovere civico (la cui violazione, peraltro, non viene sanzionata); ma non c'è nessun obbligo ad  esprimere la propria preferenza per un candidato o per un altro, ovvero, come per il prossimo REFERENDUM, per il Si' o per il NO, per cui è perfettamente lecito inserire nell'urna una scheda bianca.
Il problema, semmai, è un'altro: e, cioè, che se vai ad imbucare direttamente la scheda bianca nell'urna, senza passare per la cabina elettorale, violi (in un certo senso) il primo comma dell'art.48 della COSTITUZIONE, il quale sancisce che il voto deve restare SEGRETO.
Nel tuo caso, invece, si sarebbe trattato di un (non) voto PALESE!
Ora, nel caso di uno che imbuca nell'urna una scheda aperta, rendendo a tutti palesemente visibile la sua preferenza espressa, il Presidente non fa altro che annullare la scheda (per violazione della segretezza del voto.
Ma, nel caso di uno che imbuca nell'urna una scheda chiusa, senza nemmeno entrare in cabina, è evidente che sta rendendo a tutti palesemente visibile la sua NON espressa preferenza; in tal caso, pertanto, secondo me, il Presidente del Seggio -se proprio vuol fare il Pierino-  non dovrebbe fare altro che annullare la scheda (per violazione della segretezza del voto), tramutandola da scheda BIANCA in scheda NULLA.
;D

Ma il risultato, sempre lo stesso è...la scheda NON CONTA assolutamente NIENTE ai fini del voto!
In tutti e due i casi, però, si ha comunque una partecipazione al voto, e tutte e due le schede sono utili ad incrementare il numero totale dei partecipanti alla votazione; il che ha la sua rilevanza soprattutto nei REFERENDUM per i quali è necessario raggiungere un QUORUM
;)
P.S.
Grazie per l'immeritato "insigne".
:)

Eutidemo

A scanso di equivoci, nel prossimo REFERENDUM non è necessario nessun QUORUM.
:)

Sariputra

@ Eutidemo
 Grazie per la puntuale risposta. :)
Quindi, se ho ben compreso, il presidente del seggio di Sotto il Monte ha commesso due errori:
- non annullare la scheda
-lasciare che la inserissi nell'urna con la mia mano.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Eutidemo

Citazione di: Apeiron il 04 Novembre 2016, 10:18:48 AM
I miei "two cents".
Giusnaturalismo=riconoscere la dignità intrinseca dell'uomo
Giuspositivismo=bisogna fare leggi per l'uomo (il portatore della dignità e quindi dell'etica). Bisogna fare leggi per convenzione e utilità pratica. Se tale diritto è ben fatto deve riconoscere la dignità dell'uomo come "assioma".

Condivido in pieno l'assunto per il quale, un diritto ben fatto, "dovrebbe" sempre riconoscere la dignità dell'uomo come "assioma"; e, cioè, che l'uomo è sempre un "fine"...e giammai un "mezzo"  (per parafrase Immanuel Kant).
Dovrebbe...ma, purtroppo, talvolta non lo fa.
Secondo i giuspositivisti, però, il diritto scritto va sempre osservato, quale che ne sia il contenuto; altrimenti si darebbe la stura all'arbitrio dei singoli indivividui circa ciò che deve considerarsi giusto o ingiusto (o "ben fatto"  o "mal fatto" che dir si voglia), o, in altre parole, all'anarchia.
Secondo i giusnaturalisti, invece, il diritto scritto va osservato soltanto se corrisponde ai principi "naturali" di giustizia, che -a seconda delle propensioni- Dio ha scritto nei nostri cuori, o la Natura ha scritto nei nostri geni.
Sebbene le due cose non debbano necessariamente contrapporsi tra di loro, nè essere  entrambe necessariamente in contrasto con la "cultura" etica di un determinato periodo storico, in una determinata area geopolitica; anche se non di rado, purtroppo, tali discrepanze di fatto si verificano.
:)

paul11

Parecchi anni fa  leggendo La Stampa, imparai a stimare la competenza politica e del diritto di Norberto Bobbio.
Scriveva divinamente, la capacità di far capire concetti difficili con uno stile semplice.
Così lessi un libro in cui Bobbio spiegava la prima parte del giusnaturalismo, la seconda parte non era scritta da lui ed era sullo stato politico con riferimento ad Hegel e infine il diritto positivo di Kelsen.

Il giusnaturalismo riguarda soprattutto i filosofi che attingono dalla natura il diritto passando per i valori fondamentali, Rousseau rimane per me il migliore e il Contratto sociale è un capolavoro di filosofia politica ,il diritto positivo riguarda la forza della norma.
Forse, ma non sono sicuro, fu proprio Kelsen a dire che è il legislatore a fare il popolo, Quì c'è la coercizione della legge,
Il discorso è molto lungo, ampio e dipenderà che piega prenderà la discussione. 
ma è ben lungi trovare una soluzione al come coniugare i diritti naturali idnividuali, l'aspetto sociale come pluralità di individui e infine lo Stato.Non amo le coercizioni, sono per la resistenza morale, ma pur  sapendo che dobbiamo convivere .Riuscire a coniugare i valori,esprimerli nelle norme per far sì che gli individui si sentano popolo e ne siano sereni è un punto di arrivo non ancora ottenuto.
Le crisi istituzionali degli Stati, il concetto di democrazia, le stesse norme, i diritti fondamentali, la dignità umana,i diritti individuali e sociali, stanno rimettendo in discussione giustamente i principi

Eutidemo

Citazione di: Sariputra il 04 Novembre 2016, 14:31:06 PM
@ Eutidemo
Grazie per la puntuale risposta. :)
Quindi, se ho ben compreso, il presidente del seggio di Sotto il Monte ha commesso due errori:
- non annullare la scheda
-lasciare che la inserissi nell'urna con la mia mano.

Sì; ma non ha causato danni, perchè una scheda nulla vale esattamente quanto una scheda bianca.

Eutidemo

Citazione di: paul11 il 05 Novembre 2016, 00:46:25 AM
Parecchi anni fa  leggendo La Stampa, imparai a stimare la competenza politica e del diritto di Norberto Bobbio.
Scriveva divinamente, la capacità di far capire concetti difficili con uno stile semplice.
Così lessi un libro in cui Bobbio spiegava la prima parte del giusnaturalismo, la seconda parte non era scritta da lui ed era sullo stato politico con riferimento ad Hegel e infine il diritto positivo di Kelsen.

Il giusnaturalismo riguarda soprattutto i filosofi che attingono dalla natura il diritto passando per i valori fondamentali, Rousseau rimane per me il migliore e il Contratto sociale è un capolavoro di filosofia politica ,il diritto positivo riguarda la forza della norma.
Forse, ma non sono sicuro, fu proprio Kelsen a dire che è il legislatore a fare il popolo, Quì c'è la coercizione della legge,
Il discorso è molto lungo, ampio e dipenderà che piega prenderà la discussione.
ma è ben lungi trovare una soluzione al come coniugare i diritti naturali idnividuali, l'aspetto sociale come pluralità di individui e infine lo Stato.Non amo le coercizioni, sono per la resistenza morale, ma pur  sapendo che dobbiamo convivere .Riuscire a coniugare i valori,esprimerli nelle norme per far sì che gli individui si sentano popolo e ne siano sereni è un punto di arrivo non ancora ottenuto.
Le crisi istituzionali degli Stati, il concetto di democrazia, le stesse norme, i diritti fondamentali, la dignità umana,i diritti individuali e sociali, stanno rimettendo in discussione giustamente i principi

Norberto Bobbio è stato sicuramente un Grande, sia del diritto, sia della filosofia (della politica); ed era anche un abile divulgatore.
Quanto a Rousseau, era sicuramente un grande filosofo,  ma, non per sua colpa, bensì per l'arretratezza delle conoscenze scientifico-paleontologiche dell'epoca in cui viveva, incorse in un errore di base; ed infatti (detto in estrema sintesi), lui partiva dal presupposto che, nello stato di natura, l'uomo non avesse necessità di rapporti sociali, i quali successivamente derivarono dal venir meno dell'autosufficienza, che ci indusse a stipulare una sorta di "contratto sociale".
Ormai, invece, è inequivocabilmente appurato che, nello stato di natura, l'uomo è sempre stato un animale sociale; ed infatti, a somiglianza dei lupi -e a differenza di altre specie-, l'uomo è sempre stato un "animale gregario", per cui è SEMPRE "naturalmente" vissuto in società (sia pure di diverso genere), senza alcuna necessità di stipulare alcun contratto, o di fare alcun calcolo razionale di convenienza al riguardo.
La società è nel nostro DNA!
Quanto a Kelsen, sinceramente, non ricordo se fu lui a dire che è il legislatore a fare il popolo; anche se, a mio parere, non è solo chi governa a dover evitare che il popolo cada in errore...ma, a volte, anche viceversa. 
Però, per fortuna, nei Paesi liberal-democratici è la stessa Costituzione a prevedere tale possibilità; ad esempio con l'istituto del "referendum confermativo", per mezzo del quale saranno i cittadini a valutare se il legislatore abbia o meno operato bene.
Fermo restando, peraltro, che, purtroppo (come spesso accade) possono sbagliare entrambi.
Quanto a trovare una soluzione al come coniugare i diritti naturali individuali, l'aspetto sociale come pluralità di individui e infine lo Stato, in effetti, il discorso si fa MOLTO complicato; anzi, forse TROPPO per questa sede.
:)

Angelo Cannata

Forse la questione sembra troppo complicata perché non si sta tenendo conto del fattore evoluzione. Cioè, la natura non è un oggetto permanentemente uguale a se stesso, ma in continuazione cambia, si evolve, mi piace dire che critica se stessa. Questo comporta non solo una variabilità, che nell'arco di pochi anni o perfino di millenni può ritenersi trascurabile, ma soprattutto un continuo tentativo di variazione. Ciò, se è pur vero che nell'arco, diciamo, di cinquemila anni, la natura mantiene delle caratteristiche abbastanza omogenee, nell'arco anche di un secondo essa pone in atto continui tentativi di modificare se stessa.
Ciò comporta una radicale critica di ciò che vogliamo considerare come bene. Se nell'arco di cinquemila anni si può considerare naturale la ricerca della sopravvivenza, nell'arco di qualsiasi tratto di tempo, anche di un secondo, la natura porta avanti l'autocritica delle proprie stesse leggi e quindi anche di ciò che in essa può essere individuato come il bene di certi esseri.
Questo comporta una visione più critica del significato di giusnaturalismo: se anche si può individuare, per esempio, nell'arco di cinquemila anni una coscienza umana a cui ripugna uccidere, siamo costretti a tener presente che in ogni attimo la natura tende a mettere in questione anche questa legge di coscienza.
Ora, se il concetto di giusnaturalismo, a causa di questo perenne tentativo della natura di mettere in questione se stessa, è costretto ad essere un concetto molto più fluido di quanto si possa pensare a prima vista, ne consegue che anche quello di giuspositivismo, non potendosi sottrarre alle sue relazioni col primo, non può non risentire anche della sua fluidità.

Eutidemo

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Novembre 2016, 07:41:15 AM
Forse la questione sembra troppo complicata perché non si sta tenendo conto del fattore evoluzione. Cioè, la natura non è un oggetto permanentemente uguale a se stesso, ma in continuazione cambia, si evolve, mi piace dire che critica se stessa. Questo comporta non solo una variabilità, che nell'arco di pochi anni o perfino di millenni può ritenersi trascurabile, ma soprattutto un continuo tentativo di variazione. Ciò, se è pur vero che nell'arco, diciamo, di cinquemila anni, la natura mantiene delle caratteristiche abbastanza omogenee, nell'arco anche di un secondo essa pone in atto continui tentativi di modificare se stessa.
Ciò comporta una radicale critica di ciò che vogliamo considerare come bene. Se nell'arco di cinquemila anni si può considerare naturale la ricerca della sopravvivenza, nell'arco di qualsiasi tratto di tempo, anche di un secondo, la natura porta avanti l'autocritica delle proprie stesse leggi e quindi anche di ciò che in essa può essere individuato come il bene di certi esseri.
Questo comporta una visione più critica del significato di giusnaturalismo: se anche si può individuare, per esempio, nell'arco di cinquemila anni una coscienza umana a cui ripugna uccidere, siamo costretti a tener presente che in ogni attimo la natura tende a mettere in questione anche questa legge di coscienza.
Ora, se il concetto di giusnaturalismo, a causa di questo perenne tentativo della natura di mettere in questione se stessa, è costretto ad essere un concetto molto più fluido di quanto si possa pensare a prima vista, ne consegue che anche quello di giuspositivismo, non potendosi sottrarre alle sue relazioni col primo, non può non risentire anche della sua fluidità.


Condivido molte delle tue argomentazioni, Cannata...ma non tutte.
L'evoluzione, infatti:
- per alcuni aspetti è (relativamente) rapida;
- per altri aspetti è MOLTO lenta;
- per altri è quasi INDIFFERENTE.
Ad esempio, l'adattamento umano al latte bovino ed ovino, é stato reso possibile all'inizio del neolitico, circa 10.000 anni fa, con il passaggio dalla vita spesso nomade del nostro avo cacciatore-raccoglitore alla vita più stanziale basata sull'allevamento e l'agricoltura; e si può dire che si tratti di un adattamento evolutivo ancora in corso, in quanto ancora molta parte della popolazione umana del pianeta è refrattaria al lattosio.
Si tratta, quindi, di un adattamento evolutivo molto rapido.
Anche per quanto attiene al "comportamento", peraltro, gli adattamenti evolutivi a volte sono più rapidi, a volte meno; occorre distinguere tra:
a) imperativi comportamentali "categorici", e, cioè, gli imperativi di sopravvivenza della SPECIE (che sono incoercibili);
b)  imperativi comportamentali  "ipotetici", e, cioè, gli imperativi "strumentali" alla sopravvivenza della SPECIE, i quali, invece, "evolvono" più o meno rapidamente, a seconda della "richiesta" più o meno impellente dell'ambiente e delle circostanze.
Quanto al fatto che: "... si può individuare, per esempio, nell'arco di cinquemila anni una coscienza umana a cui ripugna uccidere, siamo costretti a tener presente che in ogni attimo la natura tende a mettere in questione anche questa legge di coscienza.".
Non è così! 
Ed infatti, è etologicamente dimostrato che pressochè TUTTI gli animali superiori (e non solo loro), sin dall'epoca dei dinosauri, ed anche da prima, hanno sempre avuto una naturale "tendenziale"ripugnanza ad uccidere i propri simili; il che è stato anche verificato sperimentalmente, perchè in tutti i casi in cui l'aggressività "intraspecifica" (cioè tra membri della stessa specie) aumenta oltre un certo livello, quella specie tende ad estinguersi.
Il che, peraltro, appare ovvio anche dal punto di vista logico.
Per cui, poichè l'inibizione all'assassinio "intraspecifico" è ESTREMAMENTE funzionale alla SOPRAVVIVENZA DELLA SPECIE, si può tranquillamente dire che ben difficilmente potrà aversi una EVOLUZIONE in senso opposto; quando essa si verifica, in effetti, di solito in conseguenza di condizioni patologiche o comunque anomale dell'ambiente, si ha una INVOLUZIONE che conduce all'estinzione di quella specie.
Ovviamente, stiamo parlando di "inibizione" innata all'uccisione "intraspecifica"...ma non che essa, di fatto, non avvenga.
Ed infatti, mentre l'aggressività "intraspecifica" OMICIDA è pressochè inesistente in tutti gli animali superiori, è invece diffusissima l'aggressività "intraspecifica" SESSUALE (o per altre ragioni, come per il CIBO); ma, per evitare che essa divenga OMICIDA, la selezione ha tarato specifici "rituali di combattimento", i quali, nella stragrande maggioranza dei casi, evitano la morte del soccombente.

  • Basta che quest'ultimo fugga o si sottometta.
Questo accade in pressochè tutti gli animali: uomo compreso.
Occorre poi tenere presenti fenomeni particolari (tipo l'uccisione dei cuccioli in determinate circostanze di emergenza ecc.), che, però, sarebbero troppo lunghi da esaminare in questa sede; ma che comunque, non invalidano il principio.
Per l'uomo, però, le cose sono un po' differenti, essendo un animale precipuamente "culturale"; per cui, pur essendo anche nell'uomo filogeneticamente innata la ripugnanza all'omicidio, si può dire che sia l'animale che abbia ucciso (e tutt'ora uccida) esseri della sua stessa specie, molto più frequentemente  di qualsiasi altro essere vivente.
Questo dipende precipuamente da DUE fattori:
a) la maggiore facilità psicologica di uccidere "a distanza"...con l'arco o con la bomba atomica, che rende meno efficiente l'inibizione naturale all'uccisione (pensate se un boia dovesse strangolare le vittime, una per una, con le sue mani);
b) l'ideologia culturale, che talvolta ci convince che altri uomini in realtà sono non-uomini o sotto-uomini (Untermenschen), per cui ci risulta psicologicamente più facile sopprimerli.
Ma anche i tali casi, l'inibizione ad uccidere, che è insopprimibile, continua lo stesso a funzionare: se non prima dell'omicidio...dopo!
Come già detto, infatti, molte SS finirono in cura psichiatrica per i sensi di colpa, e, dopo Hiroshima, il pilota USA Claude Eatherly, —benché avesse compiuto unicamente voli di ricognizione sopra Hiroshima, prima del bombardamento — dopo la guerra, entrò e uscì più volte dagli ospedali psichiatrici per veterani; e lo stesso altri piloti dell'operazione.
Solo per tale motivo, almeno finora, la nostra specie non si è ancora estinta.
Ciò non toglie, peraltro, che quando l'aggressività intraspecifica "culturale" ha prevalso troppo, questo ha portato (o, comunque, contribuito) all'estinzione di determinate culture; come, sembra, nell'isola di Pasqua.
Per cui non credo proprio che l'innata ripugnanza ad uccidere il proprio simile (sia nell'uomo che nei mammiferi in generale), possa essere evolutivamente superata; nè a medio, nè a breve, nè a lunghissimo termine.
;)

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