Giudizi analitici a priori, certezza, tempo

Aperto da Angelo Cannata, 05 Settembre 2017, 14:01:35 PM

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sgiombo

#15
Citazione di: Angelo Cannata il 20 Settembre 2017, 21:24:39 PM
Se dipendono da noi, come possiamo fidarci della nostra stessa idea che si tratti di giudizi veri? Quando ho la sensazione di aver pensato con correttezza un giudizio vero, per il fatto che è apriori, chi mi assicura che già gli stessi concetti di "vero", "giudizio", "analitico", ecc., non contengano improprietà, contraddizioni?
Ad esempio, se io provo a pensare "fuoco spento" o "acqua asciutta", il mio cervello mi avvisa che queste espressioni contengono contraddizione. Se ne accorge e mi avvisa. Ma quando non se accorge, chi mi avviserà? E quindi, su qualsiasi concetto, anche il più elementare, chi mi assicurerà che tale concetto non contiene già in se stesso, come semplice concetto, contraddizioni di cui il mio cervello non si accorge?
CitazioneQuando credo che ho pensato (correttamente) un giudizio analitico a priori sto formulando un giudizio sintetico a posteriori (espresso dalla precedenti parole evidenziate "in carattere obliquo").

I giudizi analitici a priori (se correttamente formulati; e se affermo che ciò sia accaduto di fatto, "nella realtà", allora anche questo é un giudizio sintetico a posteriori, ergo degno di dubbio) sono certamente veri per definizione proprio in quanto dipendono solo da noi (e non anche da come le cose stanno realmente, al contrario dei giudizi sintetici a posteriori).

Tralascio, perché con tutta evidenza é inutile cercare di fartela capire, la tua solita confusione fra mente e cervello (col quale tu credi di parlare, un po' come solitamente nelle rappresentazioni teatrali dell' Amleto costui pala con un teschio; io credo di parlare casomai con me stesso, ovvero con la mia mente).
A parte ciò, "mi potrà avvisare" (del fatto) che ho formulato correttamente (e non contradittoriamente) un giudizio analitico a priori (quindi certamente vero) unicamente un mio giudizio sintetico a posteriori (quindi "informativo circa la realtà", autentica conoscenza, ma incerto).

Come già precisato circa altre discussioni con Carlo Pierini, anche con te la mia pazienza (non certo "giobbesca"), ha raggiunto il suo limite.
Quindi, poiché non é che la verità o la certezza di una tesi sia proporzionale al numero di volte che viene pedissequamente ripetuta, non risponderò più alla prevedibile ripetizione da parte tua della solita obiezione, fondata sulla confusione -anche questa costante da parte tua- fra giudizi analitici a priori e giudizi sintetici a posteriori circa giudizi analitici a priori (ma casomai solo in caso di improbabilissime diverse e nuove argomentazioni).
Con l' ovvia precisazione che, anche in questo caso, chi tace non acconsente.

Angelo Cannata

La tua risposta è contraddittoria: "sono veri se correttamente formulati, in quanto dipendono solo da noi". Ma se dipendono solo da noi, chi stabilirà la correttezza della formulazione, se non noi stessi? È quindi di che verità si parla se tale verità è affidata al cento per cento al nostro arbitrio nello stabilirne la correttezza? Con questo criterio qualsiasi falsità può essere affermata come vera, basta semplicemente stabilire che è vera e che è stata correttamente formulata: chi potrà porre obiezioni, visto che tutto è affidato a noi stessi?

E in effetti non sopporti proprio di ricevere obiezioni, ti nasce un nervosismo tale da non resistere al bisogno di insultare l'interlocutore, esattamente come Pierini, quindi è sicuramente meglio interrompere la discussione.

green demetr

I dualisti Sgiombo e Pierini sono in realtà dei monisti materialisti. 
Prova a leggerli così (al di là delle loro posizioni teoretiche: e tutto torna).

Ma al di là di queste questione etiche (e spirituali di converso), non ho ancora capito perchè ritieni gli apriori kantiani (spazio e tempo) relativi?

E' chiaro che ogni soggetto vive il proprio tempo e il proprio spazio.

Ma è la concettualizzazione il punto non ancora discusso da te (in maniera relativista).

Infatti come spiegare il concetto di tempo? E quello di estensione?

Tempo ed estensione sono concetti che noi relativamente poniamo certo, ma come codici simbolici, ossia i semafori dell'esempio perfetto di Paul, ma quale realtà li sostiene?
Infatti non sono relativi a oggetti, e dunque cosa sarebbero?

Per tornare a Kant è per questo che giunge tramite un ragionamento puro (appunto assolutamente sciolto dai legami fisici) agli apriori.

In effetti gli uomini sono accomunati da queste forme del Pensiero.

Se non vi fosse Pensiero, e le sue forme come potremmo sennò arrivare a Dio?

Come potremmo avere delle inferenze? (domanda di filosofia avanzata certo)

un inciso fuori dalla discussione:
La visione di Parmenide era molto più visionaria per poterla appiattire alla questione formale del principio di non contraddizione.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

Citazione di: green demetr il 21 Settembre 2017, 11:20:13 AMperchè ritieni gli apriori kantiani (spazio e tempo) relativi?
Li ritengo relativi perché pensati da mente umana. Tutto ciò che risulta pensato da mente umana è relativo a quella mente umana che l'ha pensato.

green demetr

Citazione di: Angelo Cannata il 21 Settembre 2017, 11:31:12 AM
Citazione di: green demetr il 21 Settembre 2017, 11:20:13 AMperchè ritieni gli apriori kantiani (spazio e tempo) relativi?
Li ritengo relativi perché pensati da mente umana. Tutto ciò che risulta pensato da mente umana è relativo a quella mente umana che l'ha pensato.

Sì ma l'uomo ha anche la capacità di astrazione.

Altrimenti anche il Pensiero è solo quello che pensa il soggetto: e non può essere così.

All'interno dell'astrazione vi sono delle forme concettuali, cosidette.

Si tratta di pensarli in maniera pura, fuori dal mondo reale.

Se per te le forme pure coincidono con le forme mentali (intendo quelle a contatto con l'oggetto), è un bel problema.

Infatti il problema sarebbe ma come può il soggetto dirsi "soggetto"?

Come farebbe Angelo a dirsi Angelo?
Vai avanti tu che mi vien da ridere

sgiombo

#20
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Settembre 2017, 10:42:44 AM


E in effetti non sopporti proprio di ricevere obiezioni, ti nasce un nervosismo tale da non resistere al bisogno di insultare l'interlocutore, esattamente come Pierini, quindi è sicuramente meglio interrompere la discussione.
CitazionePer favore cerchiamo qui nel forum di non fare come come quegli scadenti politicanti che nei talk show attribuiscono indebitamente agli interlocutori pretese, insistenti incazzature al fine di millantare presso i gonzi (telespettatori) altrettanto pretese, inesistenti incapacità di rispondere alle proprie tesi -generalmente errate e false e non meglio sostenibili- da parte degli interlocutori stessi.

Per lo meno Carlo Pierini non é mai ricorso a simili "bassezze dialettiche".

Grazie.

sgiombo

#21
Citazione di: green demetr il 21 Settembre 2017, 11:20:13 AM
I dualisti Sgiombo e Pierini sono in realtà dei monisti materialisti.
Prova a leggerli così (al di là delle loro posizioni teoretiche: e tutto torna).
Citazione"Ma mi faccia il piacere!"
                              (Totò)

Ma al di là di queste questione etiche (e spirituali di converso),

(evidenziazione in grassetto mia, Sgiombo)
CitazioneIdem (come sopra)

Angelo Cannata

Citazione di: green demetr il 21 Settembre 2017, 11:45:54 AMInfatti il problema sarebbe ma come può il soggetto dirsi "soggetto"?
Come farebbe Angelo a dirsi Angelo?
Affinché il soggetto possa dirsi soggetto e Angelo possa dirsi Angelo non c'è bisogno di trascurare la dipendenza dal soggetto. Un relativista può affermare le stesse cose di un metafisico, con la sola differenza che il relativista si riserva di aggiornare qualsiasi aspetto di ciò che pensa, qualsiasi struttura, qualsiasi forma mentale, mentre invece il metafisico si chiude nelle sue certezze: ciò che è certezza infatti non può essere soggetto ad aggiornamento, altrimenti sarebbe solo certezza relativa.
L'umiltà del relativista consiste in questo: egli accetta tutto, crede in tutto, fa tutto, ma con riserva di provvisorietà: per oggi faccio così, penso così, dico così; domani potrei accorgermi di aver sbagliato tutto e quindi mi manterrò in continua vigilanza su tutto. Il metafisico esclude vigilanza sulla certezza, perché, essendo certezza, non richiede alcuna vigilanza: è ormai assodato che è così, ciò su cui bisogna vigilare è solo il resto, affiché si adegui a quella certezza: adaequatio rei et intellectus.

green demetr

Si sono un metafisico, ma non ingenuo  e tanto meno nominalista. Odio Aristotele San Tommaso e chi per essi.

Sono un metafisico anzitutto realista, ossia distinguo tra segno e oggetto.
L'oggetto ovviamente è relativo al soggetto che lo pensa. Comprese le forme epistemiche che lo accompagnano, e che sono sempre presunte.

Quello che voglio dire è che però il tempo è fuori dalla presunzione, come il numero e l'estensione.

Non mi paiono cose da poco.

Ovviamente sono d'accordo con te, se l'intento della discussione era quello di soffermarsi non tanto sul tempo e lo spazio, ma quanto sul fatto che per ognuno il tempo e lo spazio vanno a finire per essere, non delle formule univerasali per una composizione formale del giudizio analitico, ma bensì il pretesto per dei giudizi morali relativi al proprio tempo e al proprio spazio. ;)

"Ovviamente" perchè purtroppo quelle che dovrebbero essere delle mere formule aritmetiche nascondono come giustamente ben pensi dei pretesti per affondare i propri colpi politici di sopraffazione dell'altro. ( e tanti saluti alla spiritualità!)

Come al solito le formule dell'aritmetica diventano l'inferno delle geometrie che le sottendono. (Calciolari).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

Citazione di: green demetr il 21 Settembre 2017, 12:15:08 PMil tempo è fuori dalla presunzione, come il numero e l'estensione.
Per dire questo hai dovuto usare il tuo cervello. Quindi come fai a dire che il tempo è indipendente, fuori dalla presunzione contenuta nel tuo cervello? Riesci a dire a te stesso o a me cos'è il tempo senza usare il tuo cervello? Se non ci riesci, viene a risultare che è impossibile pensare al tempo senza inquinare il concetto di tempo con le presunzioni contenute nel nostro cervello.

green demetr

Citazione di: Angelo Cannata il 21 Settembre 2017, 12:19:47 PM
Citazione di: green demetr il 21 Settembre 2017, 12:15:08 PMil tempo è fuori dalla presunzione, come il numero e l'estensione.
Per dire questo hai dovuto usare il tuo cervello. Quindi come fai a dire che il tempo è indipendente, fuori dalla presunzione contenuta nel tuo cervello? Riesci a dire a te stesso o a me cos'è il tempo senza usare il tuo cervello? Se non ci riesci, viene a risultare che è impossibile pensare al tempo senza inquinare il concetto di tempo con le presunzioni contenute nel nostro cervello.

Ma perchè la gente non mi legge??? Oddio che fatica!

Nel cervello non c'è niente amico mio. Sono gli scienziati che te lo fanno credere.

Come ti ho già detto credo nei segni.

Nelle parole per far scadere un pò nel banale.

Per capirci credo che le parole puntino a qualcosa di concreto.

Ma il tempo a cosa punterebbe? Il numero? Lo spazio intenso come estensione?

Come il bambino forma il soggetto (il suo soggetto) tramite l'osservazione e la consapevolezza della resistenza del mondo alle sue sensazioni, di piacere e dispiacere.
Impara a conoscere le estensioni delle cose, per inferenza rispetto al suo piacere e dispiacere, così successivamente quando entra nel linguaggio, impara dagli adulti a formulare, a formare l'uso dei suoni, che sono fuori da lui tra l'altro, la Voce come indicatore della separazione tra corpo e sua estensione, e gli viene insegnato ad unire (intelletto) ciò che viene indicato con ciò che viene detto.

Al netto di queste brevi ma fondamentali considerazioni, il relativista si dice tale, perchè si interroga sulla deliberatezza con cui l'adulto fa associare al bambino le cose con le sue parole. Quello che dicesi Culturalizzazione.

Quindi sono d'accordo con te, solo nell'argomentazione, non certo sui presupposti per cui come dice Sgiombo, anche tu saresti nè più nè meno che un monista materialista.
Come se nel cervello ci fossero dentro le parole.....RIDICOLO!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

Citazione di: green demetr il 21 Settembre 2017, 12:38:27 PMCome ti ho già detto credo nei segni.
Per capirci credo che le parole puntino a qualcosa di concreto.
Se dici "credo", nessuno può obiettarti nulla: credere non implica niente, non c'è bisogno di coerenza, di non contraddizione, di ragionamenti.
I problemi nascono se di qualcosa, invece di dire che ci credi, dici che si tratta di certezza. Allora mi nascono le obiezioni che ho già espresso nei messaggi precedenti.
Una volta che hai  scritto "credo", per me tutto è pacifico. Semmai possiamo avere il piacere di parlare di questo tuo credere, questa tua fede, sarà certo interessante, così com'è interessante parlare di religioni, musica, romanzi.

green demetr

Citazione di: Angelo Cannata il 21 Settembre 2017, 12:57:50 PM
Citazione di: green demetr il 21 Settembre 2017, 12:38:27 PMCome ti ho già detto credo nei segni.
Per capirci credo che le parole puntino a qualcosa di concreto.
Se dici "credo", nessuno può obiettarti nulla: credere non implica niente, non c'è bisogno di coerenza, di non contraddizione, di ragionamenti.
I problemi nascono se di qualcosa, invece di dire che ci credi, dici che si tratta di certezza. Allora mi nascono le obiezioni che ho già espresso nei messaggi precedenti.
Una volta che hai  scritto "credo", per me tutto è pacifico. Semmai possiamo avere il piacere di parlare di questo tuo credere, questa tua fede, sarà certo interessante, così com'è interessante parlare di religioni, musica, romanzi.

:)  Eh eh anch'io sono un soggetto!  ;) infatti siamo d'accordo nel confronto, e nel confronto siamo d'accordo nell'argomentazione. Ma non, nelle nostre presunzioni, di cosa sia a fondamento del nostro crederere.
Infatti tu sei un relativista e io un metafisico.  ;D
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

Un metafisico, almeno nel senso radicale in cui lo intendo io, non dice di credere che lì fuori c'è un mondo, c'è una realtà. Egli dice che è innegabile, inconfutabile, assoluto che esista la realtà; perciò, secondo il metafisico, la realtà non va creduta, ma semplicemente accettata. Il metafisico non concede a se stesso alcun dubbio, con la motivazione che l'uomo non ha a disposizione alcun motivo per dubitare di ciò che è certo, nessuna giustificazione. In questo senso la certezza metafisica è più forte e radicale delle certezze religiose. Secondo il metafisico, se tu metti in dubbio la realtà, stai mettendo in dubbio ciò che già a te stesso risulta indubitabile, quindi stai tradendo la tua stessa coscienza, la tua sincerità, stai andando contro ciò che la tua ragione, il tuo corpo e il tuo cuore dicono a te. Ne consegue che, secondo il metafisico, se uno dubita della realtà, e quindi ha deciso di andare contro se stesso, vuol dire che in costui ci dev'essere per forza qualcosa che non va: forse qualche malfunzionamento del cervello, oppure un modo di pensare sbagliato, oppure malafede, insomma o sei in errore o sei malato o sei cattivo. In questo senso, già il fatto che tu dica "credo", obbliga il metafisico a etichettarti come in errore, o malato, o cattivo: se dici "credo", in relazione all'esistenza della realtà, è sicuro che in te c'è qualcosa che non sta funzionando bene, perché "credo" significa mettere in questione l'assolutezza, mentre invece per il metafisico la realtà esiste in maniera assoluta, cioè esiste che tu ci creda o no.

In questo senso mi sembra che invece tu, a somiglianza di Sariputra, sia un metafisico moderato. Ma a me sembra che "metafisico moderato" sia un ossimoro, una contraddizione, come dire "fuoco freddo" o "ghiaccio bollente": metafisico significa assoluto, moderato significa non assoluto: ecco la contraddizione. In realtà non si tratta di una vera contraddizione, ma piuttosto di un modo di pensare che in voi due è piuttosto orientato al pratico. Tu dici che la realtà esiste, ma non intendi ciò con l'assolutezza del metafisico: quindi per me non sei un metafisico. Quando io ti dico che dubito della realtà, tu l'intendi in senso pratico, come se io fossi disposto a buttarmi dalla finestra per mettere in dubbio l'esistenza della gravità, mentre io invece mi riferisco alla teoria. Ecco il malinteso. È logico che tu e Sariputra rimaniate perplessi di fronte ai miei dubbi: perche li riferite al pratico.

green demetr

#29
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Settembre 2017, 13:30:53 PM
Un metafisico, almeno nel senso radicale in cui lo intendo io, non dice di credere che lì fuori c'è un mondo, c'è una realtà. Egli dice che è innegabile, inconfutabile, assoluto che esista la realtà; perciò, secondo il metafisico, la realtà non va creduta, ma semplicemente accettata. Il metafisico non concede a se stesso alcun dubbio, con la motivazione che l'uomo non ha a disposizione alcun motivo per dubitare di ciò che è certo, nessuna giustificazione. In questo senso la certezza metafisica è più forte e radicale delle certezze religiose. Secondo il metafisico, se tu metti in dubbio la realtà, stai mettendo in dubbio ciò che già a te stesso risulta indubitabile, quindi stai tradendo la tua stessa coscienza, la tua sincerità, stai andando contro ciò che la tua ragione, il tuo corpo e il tuo cuore dicono a te. Ne consegue che, secondo il metafisico, se uno dubita della realtà, e quindi ha deciso di andare contro se stesso, vuol dire che in costui ci dev'essere per forza qualcosa che non va: forse qualche malfunzionamento del cervello, oppure un modo di pensare sbagliato, oppure malafede, insomma o sei in errore o sei malato o sei cattivo. In questo senso, già il fatto che tu dica "credo", obbliga il metafisico a etichettarti come in errore, o malato, o cattivo: se dici "credo", in relazione all'esistenza della realtà, è sicuro che in te c'è qualcosa che non sta funzionando bene, perché "credo" significa mettere in questione l'assolutezza, mentre invece per il metafisico la realtà esiste in maniera assoluta, cioè esiste che tu ci creda o no.

In questo senso mi sembra che invece tu, a somiglianza di Sariputra, sia un metafisico moderato. Ma a me sembra che "metafisico moderato" sia un ossimoro, una contraddizione, come dire "fuoco freddo" o "ghiaccio bollente": metafisico significa assoluto, moderato significa non assoluto: ecco la contraddizione. In realtà non si tratta di una vera contraddizione, ma piuttosto di un modo di pensare che in voi due è piuttosto orientato al pratico. Tu dici che la realtà esiste, ma non intendi ciò con l'assolutezza del metafisico: quindi per me non sei un metafisico. Quando io ti dico che dubito della realtà, tu l'intendi in senso pratico, come se io fossi disposto a buttarmi dalla finestra per mettere in dubbio l'esistenza della gravità, mentre io invece mi riferisco alla teoria. Ecco il malinteso. È logico che tu e Sariputra rimaniate perplessi di fronte ai miei dubbi: perche li riferite al pratico.

Ritengo le risposte che dai a Sariputra pertinenti.

D'altronde lui stesso si dice amante della riflessione, ma non della tradizione filosofica.

Io invece per formazione mi riferisco agli autori che mi hanno aiutato ad evolvere nelle linee generali del mio pensiero.

Giusto per onestà intellettuale aggiungo qualche distinzione, ma accetto volentieri che tu non mi ritenga un metafisico assoluto, nel senso di bigotto, alla fine.

Credo che tu non sopporti la metafisica nominalista, quella che nasce da Platone, ma in verità in maniera definitiva da Aristotele, che CREDE ( ;) ) che la verità non è nelle cose ma nelle parole (idee) prima di esse.

Ma la metafisica realista (o idealista che si voglia) invece distingue tra parole e cose.

E' proprio Kant in fin dei conti a far partire quello che diverrà poi la scuola del relativismo.
E' proprio dalle questioni che Kant solleva, che si inaugura l'età moderna.
E' Kant che introduce il soggetto per la prima volta nella storia di qualsiasi filosofia esistente a livello planetario.

Quindi in realtà il metafisico è di fatto relativista. Relativista rispetto al soggetto.
E oggettivista (nel caso di Kant) per quanto riguarda le relazioni fra soggetto e oggetto.
Cioè sono le relazioni a essere sogettive, non il soggetto che le pensa.
In questo Sgiombo è stato chiaro, e sono d'accordo con lui.

Ma io non mi intendo metafisico tanto per il fatto di essere relativista alla Kant (Hegel etc..) quanto per il fatto che credo esista DIO.

Questa è forse l'unico distinguo importante per me, rispetto a tanti pensatori contemporanei (Severino, Sini, Galimberti etc....).

Per capire la questione di come si faccia ad essere relativisti e credere allo stesso tempo i Dio, è la questione delle questioni. Almeno per me.
Ma appunto lo dico solo per onestà intellettuale.- Per il resto credo che ci siamo capiti.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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