Giochi di pensiero: la terza rivoluzione filosofica

Aperto da Vito J. Ceravolo, 02 Febbraio 2020, 18:09:52 PM

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bobmax

Citazione di: Ipazia il 10 Febbraio 2020, 11:44:44 AM
Mi ero illusa di trovare nella filosofia di Vito J. Ceravolo uno sviluppo fruibile dell'identificazione nichilismo=idealismo, ma la lettura del suo primo link: Cfr. V.J. Ceravolo, Scalata critica al nichilismo, 2017 mi ha totalmente spiazzata al punto che se tale identificazione vi è (come ritengo), essa è a totale insaputa dell'autore, al punto che rinominerei l'articolo: Discesa travisante al nichilismo.

Ipazia,
è il materialismo che cova in se stesso il nichilismo.
Nello specifico è la stessa oggettività in sé, creduta "verità", ad essere l'origine del pensiero nichilista.

L'idealismo non è che la risposta all'orrore del nulla nichilistico.
Una risposta che rischia tuttavia di far cadere dalla padella alla brace, finché c'è un io...

Ho letto anch'io l'articolo e concordo con te.
D'altronde la logica non ha alcuna possibilità di cogliere ciò che la fonda. Può essere utile solo come mezzo, da abbandonare una volta giunti al limite del comprensibile.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Vito J. Ceravolo

Ciao a tutti,
lo scontro assoluto-relativo... sì appunto: questo paradigma di riconoscimento della verità sia del fenomeno che dell'in sé, dove il soggetto fenomenico discende dal particolare relativo (individuale) e l'oggetto noumenico discende  dal generale assoluto (universale)... Tale scontro ha sì un il suo "perché" appunto perché né una tendenza né l'altra sciolte l'un l'altra (assoluto-relativo) sono in grado di non entrare in contraddizione con le proprie affermazioni o con ciò che descrivono, allora, in questo atavico scontro, "ognuno sceglie ciò che per sé è il meno peggio, ciò le cui contraddizioni sono le più accettabili".
Mai dissi che Kant è l'origine del nichilismo (solo il suo incipiente) ma si che possiamo ben aggiungere che il nichilismo trae oltremodo nutrimento dall'essere parmenideo, dalla mancanze di portare coerenza formale all'essere parmenideo, fra il suo essere assieme finito-infinito, il quale dilemma irrisolto ci ha posti davanti alla scelta fra due mondi: fra l'assoluto (propria della determinazione totale) e il relativo (propria dell'indeterminazione infinita); fra il diniego diveniente di Zenone e il diniego dell'immobilità eracliteo; fra il dominio platonico e gli schiacciati sofisti etc... Sì, tutto questo è sempre stato nella filosofia, fin dall'inizio, in questo atavico scontro che nell'una e nell'altra parte ha preso forme  e sviluppi diversi nel corso dei secoli e millenni. Quando scrissi "classificazione generalissima fra realismo e nichilismo" assegnando all'uno la perdita del soggetto e all'altro quella dell'oggetto...  in questo  passaggio voglio includere tutta la filosofia, senza riferirmi specificatamente a questo o quel filosofo di una o l'altra fazione, poiché all'una o all'altra prospettiva appartiene ogni filosofo occidentale. Però ho detto in senso "generalissimo".  
Ora immaginate un principio unico nel contempo finito-infinito senza contraddirsi formalmente, ma anzi necessariamente così. Se ne avrebbe che non si dovrebbe più scegliere fra immobilità-divenire, assoluto-relativo, fenomeno-noumeno, oggetto-soggetto etc giacché entrambi verità coesistenti benché diverse. Ciò che prima era un aut aut (o uno o l'altro) qui diviene una accettazione di entrambi, senza bisogno di scegliere ma con la capacità di armonizzare.
 
No viator, non hai bisogno di "saluti" perché mai ho affermato la sede dell'intuito in qualcosa di diverso dalla psiche. Mentre affermo la sede dell'istinto in ciò che viene chiamato "essere vivente": gli esseri viventi rilevano attività istintive, senza che questi abbiano necessariamente coscienza psicologica di tale istintualità né apparati centrali nervosi. Le piante superiori, dico, non i frutti, né i pezzi di legno morti... questi esseri vivi si compiono con istinto di sopravvivenza ("cosa è vivo?"). La rilevazione di questo fatto porta l'istinto a dislocarsi ma un mero aspetto psicologico (per quanto dalla psiche possa essere "manipolato") e a presenziarsi appunto in diversi esseri dotati di vita. Ora le cose sono due: o si nega il fatto di istintutalità negli esseri viventi; o l'attuale teoria di istinto proprio della psiche decade al pari delle idee cartesiana di urla animali solo come riscontro meccanico. Poi capisco il tuo disappunto su "esseri meccanici", ma puoi cambiare il termine se vuoi in "esseri fisici". Questa "meccanicità o fisicità" è la mia scelta terminologica  per identificare tutti gli esseri che si compiono senza instintualità vitale e intuitività psicologica, dai corpi macroscopici a quelli subatomici in semplici reazioni-azioni fisiche. A questo punto so bene che viene più facile giustificare l'istinto vivente come "nullo" per mantenere la teoria corrente di istinto come attività psichica, ciò comunque non toglie che la natura vivente (non meramente meccanica, fisica) continuerà a comportarsi con questi "strani" istinti di sopravvivenza, e di conseguenza voi (cioè questa vostra strana teoria di "istinto fisico nella psiche astratta") proseguirete con teorie di una certa confusione che faranno un giro immenso per provare a dire qualcosa con un adeguato riscontro naturale. Io, intendo, vedo tanta confusione in questa teoria attualmente dominante.

Vito J. Ceravolo

#92
Mi sembra che la prima 0nda d'urto delle vostre obiezioni principali sia stata contenuta; avete quantomeno visto le possibilità per cui tale nuovo paradigma può dirsi attendibile. Ora sembra rimanga di esaminarlo. Mi permetto solo di riassumere alcune problematiche evidenziate da voi:

Il problema metafisico  (in 10 argomenti d filosofia):
Nel momento che esiste una cosa fuori di sé inizia il calvario metafisico, che inizia a placarsi quando si portano i valori della cosa fuori di sé dentro di sé.

Il problema soggetto-oggetto (in 10 argomenti d filosofia):
La compartecipazione fra l'oggetto sovrasensibile come ordine in sé delle cose (ragione in sé) e il soggetto sensibile come ordine apparente delle cose (fenomeno) in un'unica unità, senza duplicazione di realtà, inscindibili ma distinguibili, il primo come generale l'altro come particolare.
O={S} <--> O(S)

Il problema forma-materia:
Non dico che non ci sia di più oltre la forma ma che questo "di più" non nega la forma, così come la forma non nega esso. Per questo codesto paradigma si pone di giustificare le proprie asserzioni in forma coerente sia formalmente a sé che materialmente alle cose che descrive. E questa è una posizione ragguardevole e di distinguo.

Veduta filosofica (in Scalata critica al nichilismo):
Immaginate da dove vi guardo io... Parmenide pone il problema dell'essere che subito dopo si mostra essere finito-infinito; e non potendo (dicevan loro) essere contemporaneamente finito e infinito allora era finito o infinito:

  • La filosofia realista conserva l' oggetto e perde il soggetto, è la corrente implicitamente tendente al finito, determinato, oggettivo, universale, assoluto. L'incipiente di tale filosofia è Platone, la massima espressione filosofica di questa corrente è il realismo.Fra i suoi membri: Pitagora, Parmenide, Aristotele, scolastica, Spinoza, Severino, etc;
  • La filosofia nichilista conserva il soggetto e perde l'oggetto, è la corrente implicitamente tendente all'infinito, indeterminato, soggettivo, particolare, relativo. L'incipiente di tale filosofia è Kant, la massima espressione filosofica di questa corrente è il nichilismo. Fra i suoi membri: sofisti, Eraclito, Hobbes, Heidegger, Nietzsche etc.
L'incipiente è colui che contiene le possibilità, in questo caso consolida le forme che permettono una filosofia: già ai tempi di Platone esistevano "nichilisti inconsapevoli" che erano i sofisti, atomisti etc, i quali però non riuscivano a consolidarsi perché le problematiche platoniche erano più forti... fino all'arrivo di Kant, in cui le cose si invertirono e adesso è il realista che  non riesce più a consolidarsi perché le problematiche kantiane sono più forti. E qui giungo io, che supero il diverbio antico consolidando problematiche più forti: YO!

Differenza fisica-vita-psiche e meccanica-istinto-razionalità (in Guida mistica al noumeno e Dieci argomenti di filosofia):
Qui, la sede dell'istinto sono gli esseri viventi, la sede della razionalità sono gli esseri psichici. La razionalità consta dello strumento intuitivo, inconscio a razionalità spenta, e dello strumento concettuale, conscio a razionalità accesa.
Sembra che la possibilità degli esseri viventi stia entro i 5 sensi, mentre la possibilità degli esseri psichici entro sistemi nervosi centrali.

Qui inerente trovate:
2 articoli filosofici (Dieci argomenti di filosofia; Scalata critica al nichilismo)
2 articoli logici (Teoremi di coerenza e completezza; Unificazione generale della logica)
1 articolo linguistico (Linguaggio e noumeno)
1 articolo mistico (Guida mistica al noumeno)
1 articolo antico (Verità. Unione fra realismo e costruttivismo)
2 libri (Mondo. Strutture portanti. Dio, conoscenza ed essere, 2016; Libertà, 2018)

Se non ho risposto a qualcosa, scusate, è possibile non abbia visto o inteso come problema.
Per ora... GRAZIE

green demetr

#93
Citazione di: Vito J. Ceravolo date=1580663392 link=topic=1952.msg40241#msg40241

color=black]Essendo l'in sé universale, cioè costante universale indipendente da chi la emette e riceve, allora la ragione di un oggetto resta la medesima indipendentemente dal linguaggio che la esprime; così come "casa" e "home" esprimono la medesima ragione in sé, si riferiscono allo stesso oggetto, pur davanti ai diversi effetti fenomenici che i diversi linguaggi possono produrre. Cosicché le interferenze dei linguaggi non alterino le verità di ragione.[5] [/color]

Definita la possibilità di accesso alla realtà in sé e la possibilità di comunicarla senza alterarne il valore in sé ma solo quello sensibile, ne segue il superamento del realismo e nichilismo. Ossia ripeto un terzo paradigma filosofico in grado di riconoscere la verità sia dell'in sé che del fenomeno, portando nuovo ordine intorno alla teoria della conoscenza e all'ontologia dell'essere.[6]





[4] ID. Guida mistica al noumeno, 2019. https://filosofiaenuovisentieri.com/2019/12/08/guida-mistica-al-noumeno-8-brevi-passi-per-accedere-allinvisibile/


Buonasera Vito J Ceravolo, intanto rispondo alla tua domanda iniziale.
Nei prossimi giorni recupererò i contributi degli altri utenti.


Ho letto con interesse il tuo ultimo articolo datato 2019 che ci hai linkato.

Naturalmente riconosco tutti i temi centrali della filosofia analitica contemporanea.


Per quel che mi riguarda mi ritengo un metafisico, quindi mi pare proprio che la abbiamo la stessa finalità di determinazione di cosa sia l'anima.
Mi pare che le nostre posizioni però si discostino in maniera considerevole.

Il materiale di cui parlare è vasto.


Ma direi di entrare subito a gamba tesa  ;)


Ho incontrato subito 2 errori fondamentali da cui potrà spero nascere un dialogo, in quanto anche io mi ritengo un idealista, e di fatto, sebbene mi sia chiaro che il tuo fine la porti in realtà alla negazione dell'idealismo stesso, da cui pure attinge a piene mani.

Il primo naturalmente è proprio di carattere complessivo, e che evita le infinite diverse argomentazioni di cui è imbevuta malamente la filosofia americana.

Vedi quando tu dici che la razionalità è la cosa in sè, stai facendo un torto anzitutto al buon Kant, in quanto la ragione è una facoltà dell'intelletto, il quale è puro proprio grazie alla intuizione, e di cui concordo insieme a te del valore CENTRALE, per un ordinamento della coscienza.

Il punto è che così facendo fai cortocircuitare il problema stesso che pure ti poni o dovresti porre, ossia che sia possibile accedere alla realtà.

Infatti il problema è che la realtà in quanto noumeno è fuori dalla ragione!

Invece tu sorvoli la questione ponendo come assioma la realtà come razionalità.

(attenzione è vero che Hegel dirà in seguito e differentemente da Kant che tutto ciò che è reale è razionale, ma lui non intende la razionalità come facoltà dell'intelletto! bensì come Spirito)


Un errore logico rispetto alla contemporaneità che invece come forse saprai dibatte non sulla realtà, bensì sul flusso di dati di cui la mente dispone (con dunque un sorpasso inaudito dell'idealismo, che pure rientra dalla finestra a mio modo di vedere nelle teorie del dualismo, che si riferiscono alla tradizone delle "teorie della cartolina (picturalism)" americane.)

Il secondo errore (anche se poi è semplicemente una diversa visione) è invece andando forse  nel cuore del nostro interesse comune, quando dici animo e non anima. Dando della spiritualità una concezione quasi individualista, mentre io la vedo come cosmologica. (Certo Jung qualcosa capisce, ma non rientra fra i miei filosofi preferiti).


Sintetizzando dunque ti chiedo come mai bypassi l'intera questione della analitica americana (anche se poi in realtà la affronti quando parli molto giustamente di sintesi attive e intenzionalità fenomenologica).
Il problema però che si imputa a Kant è proprio la mancanza invece del polo delle sintesi passive, che egli nega, ponendolo sul tavolo degli imputati come pensatori degli unicorni, ossia dei solipsisti.


Volendo inoltrarmi nella questione posso dirti che invece che personalmente la distinzione tra sintesi passive e negative (ossia quella degli oggetti che determinano il soggetto, o meglio oggi ridefinito riduzionisticamente "mente".) è ampiamente fraintesa, come se kant fosse solo la ragione pura e non anche quella pratica e del giudizio).

Ma appunto come dici giustamente tu (complimenti!) è proprio la mente che garantisce la presenza del soggetto. (ovviamente andrebbe ripensato il problema del dualismo cartesiano!anche qui non vorrei che non leggessi il problema, ma per oggi sorvoliamo).

Mi fermo qui.

ciao
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Vito J. Ceravolo

Ciao green demetr,
effettivamente attingo dall'idealismo e dal realismo, per poi unirli in questo paradigma così negandoli entrambi. Credo tuttavia che alcune tue obbiezioni svaniscano cogliendo le seguenti sfumature capaci di declinare il nostro discorso in altro modo.  


Io affermo la "ragione" come in sé, distinguendola dalla razionalità intesa invece come strumento astratto di accesso all'astratta ragione in sé delle cose, uno strumento presente negli esseri psichici, intellettuali; mentre la ragione in sé è l'ordine sovrasensibile proprio sia della psiche che della natura.
Così inquadrando si supera la problematica cartesiana: sia l'estensione (sensibile) che il pensiero (sensibile nel momento che si compie tramite linguaggio) hanno in comune la stessa unità di fondo che li lega e per cui si danno, la ragione in sé (sovrasensibile).
 
Ne segue, contrariamente a Kant, che non è la ragione la facoltà dell'intelletto bensì la razionalità. La ragione in sé è invece la realtà sottostante, l'oggetto, quel sovrasensibile sensibilmente insondabile, presente in sé sia in ambito psichico che non psichico. In questo modo si supera una problematica kantiana: la ragione in sé, sovrasensibile, è intelligibilmente accessibile. (Kant non definiva la cosa in sé, al contrario della ragione qui detta, per questo credo la sua incapacità a fornire una teoria della conoscenza esaustiva).
 
Ponendo la ragione in sé come ordine sovrasensibile da cui consegue l'ordine sensibile dei fenomeni e viceversa... da qui si supera il problema epistemologico/esperienziale: della cosa in sé si ha riscontro analitico mediato dalle sue conseguenze sensibili (p.s. lungo i vari sviluppi e implicazioni che si ritrovano intorno a questo passaggio, qui la problematica analitica).
 
Problematica kantiana:
Quando Kant afferma come scrivi tu che il problema della realtà in quanto noumeno è fuori dalla [razionalità], bisogna considerare che per mantenere tale posizione Kant ha dovuto sforzare il concetto di intuito, affermando appunto che non esiste un intuito intellettuale ma solo sensibile, poiché se esistesse l'intuito intellettuale esso potrebbe accedere a un noumeno intelligibilepoiché in grado di entrare in contatto con la realtà sottostante senza ricorrere alle classificazioni concettuali del soggetto, senza passare attraverso i ragionamenti concettuali, senza interferenze dell'osservatore sull'osservato.
 
Nella mia filosofia la psiche intellettuale ha due facoltà: una astratta razionale (preposta alle ragioni in sé) e una concreta corporea (preposta al fisico).Qui parliamo della facoltà astratta razionale divisa fra intuito (a razionalità spenta 0) e concetto (a razionalità accesa 1). In questo modo, tramite l'intuito intellettivo, diventa di principio possibile l'accesso immediato alla realtà in sé senza le interferenze dell'osservatore.  Naturalmente, poi, ogni descrizione di tale ragione in sé passa attraverso concettualizzazioni, le quali invece sono strumenti intellettuali a razionalità accesa (conscia), che quindi mediano personalmente l'universalità dell'in sé (p.s. il problema linguistico in merito a tale mediazione è superato in Linguaggio e noumeno).
 
Quindi lungi da me affermare cose come quelle hegelliane (tutto è razionale), in quanto la realtà può essere tanto razionale quanto irrazionale, essendo sia il razionale che l'irrazionale tali per la ragione in sé  per cui si dicono tali: la ragione in sé è l'ordine sia del razionale che dell'irrazionale (n.b. da qui possiamo convenire a casi di determinazione e altri di probabilità).
 
Il problema dello spirito lo possiamo condensare così: se vi è una ragione in sé (linguisticamente un senso) allora vi è un'unità, un ordine universale, uno spirito cosmologico (da intendersi diversamente dall'archetipo junghiano indicante invece un inconscio  patrimonio collettivo della specie umana). Tale "spirito cosmologico" non significa però conferire coscienza o mente propria alle cose (come una lampadina è tale per le ragione per cui è tale senza però essere cosciente), questo significa invece che vi è un ordine sovrasensibile in sé da cui consegue l'ordine sensibile.
 Il concetto di psiche, intesa come anima "individuale" e "cosciente", giunge invece negli esseri dotati di intelletto e razionalità, o come scrivi tu "dotati di mente propria". Allora si parlerà di psiche individuale (riferita a un soggetto pensate con mente propria), psiche collettiva (archetipo junghiano), psiche cosmologica (riferita brutalmente all'universale ragione in sé).
 
Il dibattito sui dati di cui la mente dispone, lo tratto un po' in questo articolo: Dieci argomenti di filosofia. Dove lo affronto sia dal punto di vista del "come li possiede?", "da dove li attinge?" etc.
 
Lo schema sopra condensato (da approfondire presso gli articoli) è così immune ad alcune tue obiezioni, green demetr, sotto questa sintesi:
1) Realtà di fondo, ragione in sé, sovrasensibilmente accessibile per via esclusivamente intelligibile (cfr. Cap. 1, Critica al nichilismo);
2) Razionalità come strumento di accesso alla ragione in sé, la quale ragione è razionalmente accessibile immediatamente attraverso l'intuito e mediatamente attraverso il concetto (cfr. Guida mistica al noumeno);
3) Analiticamente abbiamo l'affermazione epistemologica delle sovrasensibili ragioni in sé attraverso la mediazione del mondo sensibile che ne è una rappresentazione;
4) L'indifferenza della ragione in sé alle interferenze linguistiche che la comunicano o ai fenomeni che la manifestano (cfr. linguaggio e noumeno)
 
Per adesso io invece mi fermo qui, Green, sospendendo le tue chiare questioni su "attivo-passivo", "[pensiero] puro-pratico", (forse anche sul "materiale") perché penso che le stesse possano ricollocarsi una volta colta la delicatezza della struttura sopra presentata (p.s. la quale già da di per sé richiede un notevole sforzo di rimappatura  delle possibilità).


Grazie molte per adesso

green demetr

x vito j ceravolo

Mi piace l'idea che la cosmologia possa anche essere una caosmologia (ordine caotico), d'altronde le teorie della fisica inerziale parlano di quello.

Avevo già capito che la tua era una presa forte sulla problematica della teoria della percezione.

Dunque in effetti la realtà di cui parli, sebbene mi pare tu non attinga alla sua dialettica, è assimilabile per parallelismo o similitudine a quella hegeliana.

A mio parere c'è anche la possibilità della argomentazione tramite le categorie del buon Pierce, ossia delle inferenze. Ma mi va bene anche una posizione abbastanza dogmatica (in quanto contiene una assiomatizzazione, ossia che esista la realtà in sè)come la tua.

Si naturalmente a questo punto la questione come ben scrivi tu è una rimappatura di alcune problematiche contemporanee.
Ma di fatto ci siamo intesi che queste problematiche poichè provengono da una tradizione assai diversa, non potranno che essere assai facilmente aggirate. (non sono particolarmente interessato alle questione analitiche ma se vuoi darò una occhiata ai tuoi articoli)

Piuttosto.
Tornando al problema centrale, come pensi di aggirare il nichilismo contemporaneo? Pensi che sia una destinalità, una contraddizione dei nostri tempi, e ritieni la tua filosofia un antidoto forte ad esso?

Per quel che mi riguarda penso che il nichilismo sia una destinalità, esattamente descritto come da Severino.

Il fatto che esista una funzionalità attiva (la razionalità) ed una passiva (l'intuizione) sono entrambe problematiche a mio avviso per i seguenti motivi.

Che la funzionalità attiva è come ben detto da Brentano prima e poi con successo da Husserl poi, una intenzionalità.
Il problema è proprio nella dimensione psicologica, che come la psicanalisi insegna è facilmente vittima della ideologia.

Per quanto riguarda l'intuito, ossia la medianità umana (heidegger) al fondamento (od origine o Dio o Cosmo) il problema è ancora più arduo da affrontare.

In quanto se esiste un Dio, perchè non siamo salvati? e invece precipitiamo nel nichilismo?

Penso che la seconda questione è quella che mi sta più a cuore, mi chiedo se per caso hai già elaborato possibili piani di fuga o navigazione di quel mare in tempesta come scrive heidegger che si chiama nichilismo.


detto in altra maniera:
Quello che intendo dire se ti ho capito meglio è se credi veramente che una nuova teoria della consocenza basti da sola a far fronte ai problemi cosmologici(divini), piscologici (il soggetto, attivo o passivo che sia, non sono molto interessato alle definizioni, quanto alle problematiche sottese), e non di meno sociologici (per cui mi appoggio a Nietzche).


mi fermo qui 

ai prossimi dettagli! ciao!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

pensieri sparsi.

Citazione di: Ipazia il 03 Febbraio 2020, 09:03:20 AM
Ero rimasta ferma alla contrapposizione arcaica tra realismo e idealismo. Sussumere il secondo alla categoria del nichilismo ci può stare, ma mi pare uno scivolamento di bias filosofico verso lo spirito, o meglio moda, dei tempi. Con effetto boomerang sul realismo medesimo.

x ipazia

non credo che l'idealismo porti al nichilismo. perchè lo pensi? (ok domandona)
sono abbastanza d'accordo nel mettere l'accento sul fare attenzione al bias che riguardi lo spirituale, infatti il realismo non esiste come in sè. Per potersi dire ha bisogno dell'istituzione di una episteme. Che come tale è sempre spirituale, in quanto sempre presupposta.
Purtroppo è la moda analitica quella del bias. Non è quasi mai una questione del vero reale, ossia quello che si affronta sulla strada.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

pensieri sparsi venuti in mente dopo bobmax, che saluto.

Citazione di: bobmax il 03 Febbraio 2020, 09:48:34 AM
Il nichilismo ha più a che fare con l'oggetto che con il soggetto.

Il nulla nichilistico è infatti un nulla valoriale. Conclusione inevitabile a cui giunge il pensiero razionale per il quale l'oggettività in sé è verità assoluta.

Quando viceversa è il soggetto ad essere considerato assoluto si cade allora nel solipsismo. Che è l'orrore della solitudine assoluta, ma non nichilismo: l'oggetto è puro nulla, che importanza può averne il valore?

A mio avviso l'errore di entrambe le posizioni non riguarda l'annullamento di uno dei due poli, il soggetto in un caso o l'oggetto nell'altro.

Infatti, seppur paradossalmente, l'errore consiste invece nel considerare "reale" l'oggetto nel caso del nichilismo e "reale" il soggetto nel caso del solipsismo.
Mentre neppure loro lo sono.

L'Assoluto è solo nell'annullamento di entrambi i poli.


Il nichilismo esula dall'oggetto, in quanto è sempre questione del soggetto.

D'altronde non esiste un soggetto assoluto nell'idealismo, e a ben vedere pure nel solipsismo.

Diciamo che l'assolutizzazione delle pretese del soggetto (politico) e dell'oggetto (imagginato come tale) sono enrambe vittima del  nichilismo, che in fin dei conti è l'ascesca della pretesa di scienza dai greci ad oggi, quella sì assoluta.

Nella realtà invece le scienze sono miglialia, e migliaia le guerre all'interno fra loro.
Esattamente come nella politica.

Il nichilismo come ascesa della tecnica è invece esente da simili fantasie, ed esprime la potenza dell'oggetto, a detrazione del concetto di anima (greco-cristiano).


Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

ultimo pensieri sparsi odierno, saluto Iano che mi ha aiutato e ispirato la scrittura.

Citazione di: iano il 03 Febbraio 2020, 14:17:27 PM
@ Vito.
Io posso tutto perché niente è.
No non mi riconosco in ciò.
Evidentemente il mio è un nichilismo , se tale è, anomalo.
Io posso provare ogni percorso e sceglierne uno , anche se il punto di partenza non l'ho scelto io , ma mi ci sono trovato.
Posso analizzare quindi il punto di partenza come un percorso che altri , allo stesso modo , e in liberta' , hanno scelto.
Posso anche scegliere liberamente di restare al punto di partenza , una volta che lo abbia analizzato .
Il percorso può consistere semplicemente nella presa di coscienza di dove mi trovo veramente.
Ogni viaggio lo si fa' solo per tornare a casa , trovandola diversa da come la abbiamo lasciata.
Io voglio far progredire la mia conoscenza in modo responsabile e cosciente , riguardandola per quel che è, consapevole del fatto che non tutto passa per la coscienza , e che io non sono solo coscienza .
Non esistono soggetti e oggetti separati se non per conveniente convenzione.
Necessaria convenzione di cui il mio nichilismo pretende di far virtù , se nichilismo è.
Ciò che è negativo è credere fino in fondo ( realismo ingenuo) nelle distinzioni utili che facciamo per convenienza, bloccandone così le potenzialità.
Credo sia una pura questione di tempismo.
Una recita deve andare a termine , ma non si può ripetere in eterno , ciò a cui saremmo condannati se possedessimo la conoscenza delle cose in se'.
Un po' come essere in paradiso , dove mi auguro il tempo non esita , perché non saprei come riempirlo.
Direi che il segreto è nel coraggio di essere se stessi , anche se non sappiamo bene cosa siamo.
La coerenza la do' , magari incoscientemente , per scontata , per il motivo che l'unica definizione di caos possibile è la sua negazione e non viceversa.
Nel momento in cui definisco A , allora definisco non A , e non sono la stessa cosa.
Lo sono solo un attimo prima di definirli.
Nel momento in cui decido che A=non A , allora ho rigettato , come liberamente posso fare , la mia definizione di comodo , che non corrisponde alla realtà, ma .. risponde alla realtà. , e le risposte non sono univoche.
Ma ciò non significa che nulla ha valore.
Significa solo che il valore che diamo alle cose non ha una origine che possiamo controllare in modo cosciente .
Questo fa' si che possediamo il concetto di bene , senza sapere dire esattamente cos'e'.
Il bene non esiste solo perché io non ne ho il pieno controllo.

Il nichilismo di cui parli che mi pare traspaia da questi interventi è il fatto che tu ritenga la coscienza a mò di realismo magico, come se fosse una chimera, meglio un genio benigno.

Il nichilismo risiede nella fattualità che per te il reale come antagonista al soggetto NON ESISTE.

Questo è un grosso problema, non ti permette di fare i conti con la politica e il suo fantasma ossia l'ideologia.

Come questo danneggi la tua anima, sarebbe discorso ampio, ma di fatto è quello il problema reale a cui porta il nichilismo.
Che il realismo magico (tuo sintomo) impedisce al soggetto di convenire su ciò che lo determina.

E che vito j ceravolo chiama giustamente ordine del reale, ossia ragione in sè.

Vai avanti tu che mi vien da ridere

paul11

#99
per Vito Ceravolo


Dopo essermi letto tutti i link attentamente rimango perplesso su diversi concetti e riformulazioni, ma la cosa essenziale su cui sono pienamente d'accordo con te riguarda il nucleo sull in-sè come ragione.Non c'è nessun oggetto nell'universo, filosoficamente, scientificamente, che non abbia ragion d'essere e sta a noi come umani saper costruire ,o meglio ricostruire quell'in sé a cui apparteniamo come senso. Personalmeente lo definisco come regola, come ordine che si dà come ragione,che si manifesta come insiemi di vite, linguaggi, fenomeni naturali, pensiero, che appartengono tutti a quell'in sé.

Il realismo ha il suo punto di forza che nonostante noi , la nostra presenza nell'universo, ogni oggetto, ogni fenomeno segue regole, leggi che persino la scienza moderna ha decretato, dopo che la filosofia aveva prima intuito. I soggetti umani vanno e vengono, e le leggi universali seguono il loro corso imperterrite: ciò induce già intuitivamente che vi sia un senso che relazioni i particolari all'interno di una ragione in sé, siamo insiemi e sottoinsiemi concentrici dove proprietà, caratteristiche decretano le categorie, le classificazioni, ma tutto dentro un' unica ragione in sé, per il semplice fatto che ogni cosa che è ha una sua ragion d'essere.

Le perplessità, che devono essere prese come eventuale critica costruttiva, riguardano tue risposte ai seguenti post di questa discussione: in nero le tue risposte, in verde le mie perplessità

# 15
è dove hai colto che io separo l'essere dal divenire se ho invece scritto che sono inscindibili?

Se l'in sé è la ragione soprasensibile e il sensibile è ciò che appare, l 'essere non è riducibile all'apparire e sparire: questo è nichilismo.

Se per inscindibili,invece, si intende non contrapposti, ma comunque inseriti nell'insieme in cui l'essere si fa esistenza, allora sono d'accordo.

# risposta a Phil
come già detto la forma logica dell'idealismo è la stessa del nichilismo, essendo quest'ultimo una conseguenza diretta del primo, una sua implicazione resa visibile da Nietzsche. In entrambi i casi, da Kant sino ad oggi, tutta la filosofia occidentale si è mossa sull'inesistenza della realtà in sé, cioè sulla forma
A=non-A.
Per quanto riguarda il realismo, invece, quindi da Platone sino a Kant, tutta la filosofia dominante si è mossa sulla forma parmenidea A=A e non può esser non-A, senza però essere in grado di giustificare tale forma (cfr. problemi parmenidei) e quindi con la conseguente caduta del sistema ingenuo realista.


Nietzsche a tuo parere pensa bene di Hegel e di Kant, se assumiamo che Nietzsche ne sia il continuatore?


La forma dialettica di Hegel, seguendo le tue terminologie, è soprasensibile(astratto) e sensibile(concreto) mediati dalla coscienza attraverso l'intelletto. Hegel, Kant e Nietzsche sono tre filosofi ben distinti.


L' in sé kantiano non è la ragione e il suo soggettivismo è nella gnoseologia, l'in sé hegeliano è quando un concetto astratto o fenomeno sensibile sono in-sè-e-per sé, ovvero senza la mediazione della coscienza che trasporta la percezione sensibile nell'astratto concettuale con l'intellegibile; l'in sé di Nietzsche non c'è proprio e non vuole nemmeno chiederselo, il suo nichilismo è la distruzione della tradizione.


Platone crede sia all'Essere (Uno) degli eterni che al divenire delle apparenze.

Parmenide sì, è vero ritiene l'essere non poter non-essere (a=a) e quindi ritene non possa esserci il divenire, ma è l'unico a sostenerla.

#38
Da me il dualismo è sepolto nel momento stesso che ciò che appare è conforme alla ragione per cui appare e viceversa


Quindi non c'è bene o male, giusto o sbagliato e le controversie, il pensare diversamente fra umani è giusto e quindi......tutto vada così poiché ogni cosa che appare è ragione in sè? Questo è una forma del relativismo..


Dalla tua filosofia spariscono termini semantici, mi pare volutamente, fondamentali nella costruzione filosofica, o che diventano ridotti in quanto significazione. Mi pare la filosofia non del "così è se vi pare", ma del così è e basta.


Se il pensiero è sensibile, quindi la geometria ,la matematica, li troviamo nei boschi e il pensiero è visibile al microscopio? Ci sono proprietà ,attributi umani che hai anche ben descritto che non appartengono alla natura, la natura non è un'interpretante che si fa domande e cerca risposte costruendo filosofie, si compie ed è bastevole a se medesima ripetendosi.


Il linguaggio è il tramite per cui il sensibile è possibile interpretarlo in segni, sensi, significati e per poterlo fare non può essere solo all'interno del sensibile per quanto razionale possa essere un concetto che ne faccia sintesi. E questo non è dualismo "forte".



La sintesi avviene sempre nel soprasensibile, quello di cui il linguaggio razionale sensibile "non può dire" secondo Wittgenstein Se rimanesse nel sensibile razionale il pensiero avrebbe ragione Wittgenstein che non può infatti inserirci il mistico.


Il dualismo rimane come contraddittorio, ma non scalfirebbe la ragione in-sè che lo comprende.

Ipazia

Citazione di: green demetr il 11 Febbraio 2020, 22:58:15 PM
Citazione di: Ipazia il 03 Febbraio 2020, 09:03:20 AM
Ero rimasta ferma alla contrapposizione arcaica tra realismo e idealismo. Sussumere il secondo alla categoria del nichilismo ci può stare, ma mi pare uno scivolamento di bias filosofico verso lo spirito, o meglio moda, dei tempi. Con effetto boomerang sul realismo medesimo.

x ipazia

non credo che l'idealismo porti al nichilismo. perchè lo pensi? (ok domandona)

Lo ha posto Ceravolo sostituendolo nella contrapposizione classica tra realismo-idealismo al secondo termine.

Poichè sul nichilismo, grande è la confusione sotto il cielo della filosofia (non è che realismo e idealismo se la passino meglio) Phil ha opportunamente chiesto di che nichilismo si stava parlando. Anche in questo forum mi pare ognuno ne abbia una sua idea particolare, più o meno supportata dai rispettivi "maestri".

Il mio, supportato dal maestro maledetto e non solo, è nella sua citazione, richiamata pure nelle note del primo link di Ceravolo (in totale disaccordo tra noi sul significato filosofico), che per me ha un senso totalmente antinichilistico e quindi il nichilismo sta dall'altra parte, nel mondo-dietro-il-mondo reificato e ontologizzato dall'idealismo.

Citazionesono abbastanza d'accordo nel mettere l'accento sul fare attenzione al bias che riguardi lo spirituale, infatti il realismo non esiste come in sè. Per potersi dire ha bisogno dell'istituzione di una episteme. Che come tale è sempre spirituale, in quanto sempre presupposta.

Il dualismo tra episteme e ontos, epistemico e ontico, vi è ma ha da essere trasparente. Consapevole del piano diverso in cui gli enti (cartesiani) operano e della loro gerarchia funzionale nell'"ordine del reale".

CitazionePurtroppo è la moda analitica quella del bias. Non è quasi mai una questione del vero reale, ossia quello che si affronta sulla strada.

Una moda che si combatte a sciabolate di (accuse di) "nichilismo" da una parte e dall'altra (effetto boomerang), senza mai chiamare in causa i fondamenti teoretici, forse perchè allora lo scontro diventerebbe troppo trasparente, veridico, ovverosia "ingenuo" secondo la prospettiva della cattedra.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Vito J. Ceravolo

Ciao Pauli11,
grazie per la cura. Quando tu dici «rimango perplesso su diversi concetti e riformulazioni» ... ciò lascia presagire un miglioramento, o di maggiore consolidamento o di migliore riformulazione. Quando tu dici «lo definisco [l'in sé] come regola, come ordine che si dà come ragione,che si manifesta come insiemi di vite, linguaggi, fenomeni naturali, pensiero, che appartengono tutti a quell'in sé» .... io rispondo "certo".  Quando tu dici «sono pienamente d'accordo con te riguardo il nucleo sull in-sè come ragione»... io dico "bene!".
 
Rispondo alla tua critica costruttiva (in rosso la mia tesi, in verde la tua antitesi, in nero la mia sintesi) 

 #1 è dove hai colto che io separo l'essere dal divenire se ho invece scritto che sono inscindibili?
Se l'in sé è la ragione soprasensibile e il sensibile è ciò che appare, l 'essere non è riducibile all'apparire e sparire: questo è nichilismo.
Da me in assoluto l'essere è il divenire perfetto di sé, cioè all'infinito l'essere diviene simultaneamente ogni cosa, l'Immobilità. Non c'è alcun sparire nel nonEssere presso la mia ontologia, ma, all'assoluto, un restare eterno dato dal perfetto divenire di tutte le possibilità. «Principio di immobilità: il divenire perfetto di sé» (cfr. Mondo, 2016, p. 124). La mia ontologia è diversa dalla vostra. Il mio piano ontologico si trova nel libro appena citato (Mondo, 2016)
Se per inscindibili,invece, si intende non contrapposti, ma comunque inseriti nell'insieme in cui l'essere si fa esistenza, 11allora sono d'accordo.

Inscindibilità può essere fra non contrapposti quanto fra contrapposti, benché inseriti nell'insieme che dici tu.


#2 come già detto la forma logica dell'idealismo è la stessa del nichilismo, essendo quest'ultimo una conseguenza diretta del primo, una sua implicazione resa visibile da Nietzsche. In entrambi i casi, da Kant sino ad oggi, tutta la filosofia occidentale si è mossa sull'inesistenza della realtà in sé, cioè sulla forma A=non-A. Per quanto riguarda il realismo, invece, quindi da Platone sino a Kant, tutta la filosofia dominante si è mossa sulla forma parmenidea A=A e non può esser non-A, senza però essere in grado di giustificare tale forma (cfr. problemi parmenidei) e quindi con la conseguente caduta del sistema ingenuo realista.
Nietzsche a tuo parere pensa bene di Hegel e di Kant, se assumiamo che Nietzsche ne sia il continuatore?
Che c'èntra? L'odio che si prova non è segno di discontinuità.
La forma dialettica di Hegel, seguendo le tue terminologie, è soprasensibile(astratto) e sensibile(concreto) mediati dalla coscienza attraverso l'intelletto. Hegel, Kant e Nietzsche sono tre filosofi ben distinti.
Sì.
L' in sé kantiano non è la ragione e il suo soggettivismo è nella gnoseologia, l'in sé hegeliano è quando un concetto astratto o fenomeno sensibile sono in-sè-e-per sé, ovvero senza la mediazione della coscienza che trasporta la percezione sensibile nell'astratto concettuale con l'intellegibile; l'in sé di Nietzsche non c'è proprio e non vuole nemmeno chiederselo, il suo nichilismo è la distruzione della tradizione.  
Da solo queste definizioni io scherzosamente leggo: Kant costringe la realtà alle categorizzazioni soggettive, hegel ricorda che la realtà in sé non è accessibile con categorie, Nietzsche la uccide. Io direi una bella consecuzione.
Platone crede sia all'Essere (Uno) degli eterni che al divenire delle apparenze.
«Di Platone si racconta che disse "Eterni, ma salviamo le apparenze!" Tutti lo applaudirono e poi uccisero le apparenze. Di Kant si racconta che disse "Soggetto, ma salviamo la cosa in sé!" Tutti lo applaudirono e poi uccisero la cosa in sé.» Questa storiella te l'ho raccontata per dire che c'è qualcosa di più profondo in una filosofia: sono le fondamenta che portano poi a determinati omicidi. E le fondamenta kantiane di sollevamento del soggetto sull'oggetto hanno portato al parricidio nietzscheniano dell'in sé.
Parmenide sì, è vero ritiene l'essere non poter non-essere (a=a) e quindi ritene non possa esserci il divenire, ma è l'unico a sostenerla.
Parmenide non sa.

#3 Da me il dualismo è sepolto nel momento stesso che ciò che appare è conforme alla ragione per cui appare e viceversa
Quindi non c'è bene o male, giusto o sbagliato e le controversie, il pensare diversamente fra umani è giusto e quindi...tutto vada così poiché ogni cosa che appare è ragione in sè? Questo è una forma del relativismo..
Se il meccanismo della ragione lascia aperte le possibilità di caso e libertà, allora rimangono vive le controversie etc. Di questa possibilità ne parlo nel libro Libertà (2018) e la sintetizzo ogni volta che dico che la ragione è l'ordine sia del razionale che dell'irrazionale.
Dalla tua filosofia spariscono termini semantici, mi pare volutamente, fondamentali nella costruzione filosofica, o che diventano ridotti in quanto significazione. Mi pare la filosofia non del "così è se vi pare", ma del così è e basta.

Vi vedo così distanti che per ora non ho tempo di strutturare le frasi lasciando spazio anche al dubbio. Quello ce lo puoi mettere da solo... dubitare. Per me ora è importante mostrare le possibilità di questa filosofia.
Se il pensiero è sensibile, quindi la geometria ,la matematica, li troviamo nei boschi e il pensiero è visibile al microscopio? Ci sono proprietà ,attributi umani che hai anche ben descritto che non appartengono alla natura, la natura non è un'interpretante che si fa domande e cerca risposte costruendo filosofie, si compie ed è bastevole a se medesima ripetendosi.
La tua domanda è come se tu mi chiedessi perché, se la voce è sensibile, allora non la vedo al microscopio... Ogni cosa sensibile ha il suo modo di sensibilizzarsi. La sensibilità del pensiero si manifesta nella  lingua adottata per svolgerlo, di cui ne puoi sentire il suono, le parole... e tutto quello che si sente è sensibile.  Una più giusta critica, invece, secondo me si svolge su queste domande: esiste un pensiero sciolto da un linguaggio? il linguaggio è sensibile?
Il linguaggio è il tramite per cui il sensibile è possibile interpretarlo in segni, sensi, significati e per poterlo fare non può essere solo all'interno del sensibile per quanto razionale possa essere un concetto che ne faccia sintesi. E questo non è dualismo "forte".
Il linguaggio è il tramite per cui il sovrasensibile e il sensibile possono essere interpretati in segni. Se poi vuoi dire che il pensiero deve avere un piede anche nell'astratto... mi va bene, lo trovo vero, il pensiero ha componenti astratte, ma devi argomentare meglio tanto il problema quanto le soluzioni...  
La sintesi avviene sempre nel soprasensibile, quello di cui il linguaggio razionale sensibile "non può dire" secondo Wittgenstein
In Linguaggio e noumeno argomento invece che non c'è nulla di cui non si possa dire... quindi posso parlare anche della cosa in sé, in quanto ragione è definibile, ma ne posso parlare solo attraverso alcuni schemi e non altri, schemi anche veri sì, ma non coprenti la totalità delle verità che si possono dire. Voglio dire: posso parlare della ragione in sé, definirla adeguatamente, dirne verità, anche se essa rimarrà sempre qualcosa di altro dalla pochezza descrittiva dei miei schemi concettuali, qualcosa di oltre qualunque nostro linguaggio, concetto e sensibilità.
Se rimanesse nel sensibile razionale il pensiero avrebbe ragione Wittgenstein che non può infatti inserirci il mistico.
Non ho capito.
 
Grazie Pauli11, con la pari conoscenza degli articoli abbiamo alzato di gran tenore il confronto.



Ciao green,
non credo che sia... dico invece che se regge, questo paradigma è un antidoto al nichilismo tanto quanto il nichilismo è un veleno a più alte astrazioni e a più ampie previsioni. 

  • Come si raggira il nichilismo? Il primo passo è assumere non solo la possibilità di una realtà oggetto, ma anche la possibilità di accedervi e successivamente di comunicarla;
  • Come si raggira il realismo? Il primo passo è assumere la verità dei fenomeni come mappatura della realtà in sé, quindi un "caos" (fenomenico)non come improprio ma come  seconda fase dell'ordine iniziale.
 
Mi chiedi se «ho elaborato possibili piani di fuga [da] quel mare in tempesta come scrive heidegger che si chiama nichilismo»? Bene: tutti gli articoli legati a questo gioco sono vie di fuga dal nichilismo, ognuno a suo modo, o meglio, ognuno a suo modo descrive un aspetto o più aspetti di questo nuovo paradigma: dalla teoria della conoscenza a quella della percezione e della mente (dieci argomenti di filosofia), sulle forme logiche etc. Perché io concordo con te quando dice che una teoria della conoscenza non   può dare tutte le risposte necessarie agli altri campi conoscitivi... essa però è comunque una via, a cui si deve risposta, (e a farmi domande di teoria della conoscenza lo hai fatto tu). Negli articoli e nei libri trovi i piani da cui la via di fuga...
 
Attenzione quando dici che la mia è una posizione dogmatica, perché pongo le condizioni di verificazione della ragione in sé,  mediatamente tramite le sue conseguenze sensibili e di coerenza formale, quindi ponendo interesse alle relazioni sino agli oggetti tramite cui la relazione si dà.
 
Fra le funzioni razionali abbiamo il concetto (attivo - razionalità accesa) e l'intuito (passivo - razionalità spenta):

  •  La problematicità del concetto è quella di concettualizzare l'oggettotramite linguaggi diversi, osservazioni diverse, intenzioni diverse, categorie proprie, etc (tale problematicità concettuale la affronto in Linguaggio e noumeno, dove la ragione in sé è indifferente al fenomeno che la manifesta);
  • La problematicità dell'intuito non credo che si concentri nel rispondere a certe tue domande di religiosità che non so (parlo dell'intuito in Guida mistica al noumeno cap. 6).
Però si, concetto attivo e intuito passivo.

Per ora mi fermo qui, Green. A presto.

paul11

Ciao Vito C.
in verde le mie risposte alle tue considerazioni che sono in nero.


Da me in assoluto l'essere è il divenire perfetto di sé, cioè all'infinito l'essere diviene simultaneamente ogni cosa, l'Immobilità. Non c'è alcun sparire nel nonEssere presso la mia ontologia, ma, all'assoluto, un restare eterno dato dal perfetto divenire di tutte le possibilità. «Principio di immobilità: il divenire perfetto di sé»(cfr. Mondo, 2016, p. 124). La mia ontologia è diversa dalla vostra. Il mio piano ontologico si trova nel libro appena citato (Mondo, 2016)
Capisco e può andare bene, a mio parere.

Inscindibilità può essere fra non contrapposti quanto fra contrapposti, benché inseriti nell'insieme che dici tu
Esatto

«Di Platone si racconta che disse "Eterni, ma salviamo le apparenze!" Tutti lo applaudirono e poi uccisero le apparenze. Di Kant si racconta che disse "Soggetto, ma salviamo la cosa in sé!" Tutti lo applaudirono e poi uccisero la cosa in sé.» Questa storiella te l'ho raccontata per dire che c'è qualcosa di più profondo in una filosofia: sono le fondamenta che portano poi a determinati omicidi. E le fondamenta kantiane di sollevamento del soggetto sull'oggetto hanno portato al parricidio nietzscheniano dell'in sé.
E' vero, i chiarimenti aiutano.

Se il meccanismo della ragione lascia aperte le possibilità di caso e libertà, allora rimangono vive le controversie etc. Di questa possibilità ne parlo nel libro Libertà (2018) e la sintetizzo ogni volta che dico che laragione è l'ordine sia del razionale che dell'irrazionale.
Concordo

La tua domanda è come se tu mi chiedessi perché, se la voce è sensibile, allora non la vedo al microscopio... Ogni cosa sensibile ha il suo modo di sensibilizzarsi. La sensibilità del pensiero si manifesta nella  lingua adottata per svolgerlo, di cui ne puoi sentire il suono, le parole... e tutto quello che si sente è sensibile.  Una più giusta critica, invece, secondo me si svolge su queste domande: esiste un pensiero sciolto da un linguaggio? il linguaggio è sensibile?
La voce è riproducibile perfettamente, il pensiero no.
La linguistica o meglio la logica proprosizionale moderna, da Frege in poi, compreso Wittgenstein, considera il termine sensato all'interno della natura, non della filosofia. Il maestro di Husserl, Brentano divenne famoso per la psicologia empirica, di cui fu allievo anche un certo Sigmund Freud. Husserl si scontrò con Frege, per il soggettivismo psicologico implicito nel concetto di intenzionalità. Frege voleva togliere la psicologia dal linguaggio, per matematicizzare il linguaggio.

La questione filosofica è che la realtà nel linuguaggio sposa la tesi naturale, ripudiando la metafisica e desoggettivando il linguaggio.
La mia tesi è che dall'empirismo (Locke, Hume) in poi, quindi dopo il razionalismo(Cartesio, Spinoza) e prima di Kant, la metafisica finisce, il campo razionale diventa la natura.Il soggettivismo è una conseguenza per cui la psicologia sostituisce lo spirito(l'ultimo è Hegel), tutto diventa a misura di uomo. Il soggettivismo c'è e non c'è contraddittoriamente nella realtà. I protocolli ,le procedure, i processi, le pratiche ,tendono a desoggettivare per togliere l'errore umano, compreso il metodo scientifico, Eppure contraddittoriamente c'è chi umanamente deve costruire standard, procedure, protocolli e intuire ,prima di concettualizzare ingegnosamente un pensiero innovativo scientifico, una scoperta,ecc.

L'intuizione è sciolta da uno standard procedurale, non è ancora pensiero concettuale, non ancora razionale. Il linguaggio denotando qualcosa; sposta l'oggetto,quel qualcosa, dal sensibile e lo segna(con una parola, con un suono, con un simbolo ecc), lo significa portandolo nel pensiero.
Ma il pensiero può pensare i propri pensieri raccolti nel sensibile, quindi anche in assenza del sensibile e può esprimerli in miti, logica, in metafora, in allegoria, in giochi di parole, in gesti,ecc.

L'in-sè della ragione non è accessibile tramite SOLO il sensibile, e infatti trovi l'opposizione di tutti i forumisti che non sanno uscire dalla natura, dal sensibile, dal materico, dal linguaggio in questo congeniale e convenzionale che oggi è cultura dominante.
Ti appoggeranno i metafisici, non certo i naturalisti e relativisti.
La soluzione è la via che stai tentando, unificando le antitesi, le dialettiche, le dualità, i contrapposti.

In Linguaggio e noumenoargomento invece che non c'è nulla di cui non si possa dire... quindi posso parlare anche della cosa in sé, in quanto ragione è definibile, ma ne posso parlare solo attraverso alcuni schemi e non altri, schemi anche veri sì, ma non coprenti la totalità delle verità che si possono dire. Voglio dire: posso parlare della ragione in sé, definirla adeguatamente, dirne verità, anche se essa rimarrà sempre qualcosa di altro dalla pochezza descrittiva dei miei schemi concettuali, qualcosa di oltre qualunque nostro linguaggio, concetto e sensibilità.
Certo che è così come dici, è l'unico modo per dare senso al tutto, all'universalità delle cose.

In conclusione: ogni teoria filosofica ha implicazioni teoriche e pratiche e la modalità in cui relaziona i concetti, soprattutto quelli paradigmatici, decidono la morale, l'etica,la politica, l'economia, insomma la nostra vita.

Ho letto la tua risposta a Green, va bene, il tuo modo di procedere ,parere mio personale, è sulla via giusta.

Vito J. Ceravolo

Ciao Paol11,
allora abbiamo questo problema: lo strumento astratto del pensiero si svolge con linguaggio sensibile (parole, suoni, simboli); poiché è solo tramite linguaggio sensibile che noi sentiamo i pensieri; come se il pensiero fosse un astratto fatto carne dal linguaggio con cui si conduce. Bel rompicapo. Come facciamo?
(In verde tu,nero io)
La voce è riproducibile perfettamente, il pensiero no.
Per dirti che hai ragione tu, ricordo che le scariche cerebrali o le l'attività dei neuroni o del sistema nervoso centrale, sono una misura fisica miserabile alla spiegazione delle attività del pensiero.
Il linguaggio denotando qualcosa; sposta l'oggetto,quel qualcosa, dal sensibile e lo segna(con una parola, con un suono, con un simbolo ecc), lo significa portandolo nel pensiero.
Allora è possibile che la funzionalità cosciente della razionalità (il concetto, per sua natura schematizzante) presupponga la costruzione di segni (parole suoni simboli) tramite cui conseguentemente si sente il pensiero?
 
Note a margine (In verde tu, nero io):
L'in sé come ragione è accessibile immediatamente solo con uno strumento razionale inconscio, passivo, spento, cioè capace di entrare in contatto con le ragioni in sé senza gli schemi concettuali del soggetto, senza interferenza dell'osservatore sull'osservato, oltreché in misura extrasensoriale. Noi conosciamo l'intuito quale strumento di tale tipo. Per quanto riguarda i materialisti invece, per impedire questa filosofia devono prima di tutto negare di affidarsi a delle ragioni sovrasensibili per spiegare la materia. Una volta che hanno capito che non possono negare ciò, si ricorda loro che un presupposto di correttezza di questa filosofia è la sua coerenza naturalistica: nel senso di coerenza materiale a ciò che descrive... e che questo paradigma, riconoscendo la verità dei fenomeni, presuppone la coerentizzazione della relatività. 
La soluzione è la via che stai tentando, unificando le antitesi, le dialettiche, le dualità, i contrapposti.
E tu che fai? Perché questo "nuovo mondo" è grande da costruire e mi pare che tu ti trovi anche tu qua, soprattutto in previsione di quando vedi: «ogni teoria filosofica ha implicazioni teoriche e pratiche e la modalità in cui relaziona i concetti, soprattutto quelli paradigmatici, decidono la morale, l'etica,la politica, l'economia, insomma la nostra vita»

green demetr

x Paul e Vito J Ceravolo  (con un accenno a Ipazia)

Il problema delle pratiche che scaturiscano dal dogma, è che quasi sempre non rispondono al nichilismo.

Il nichilismo non è legato tanto all'uccisione della realtà, semmai alla sua negazione come discorso.(nietzche)

Ossia nell'epoca moderna il concetto di verità è gravemente in difficoltà.

Le filosofie analitiche continentali che sinora si sono impegnate nel rispondere  a Nietzche mi paiono dogmatiche e pericolose.

Non a caso sono sfociate nel transumanesimo.

Come se la ragione in sè (nell'accezione di vito) o l'ordine naturale (nell'accezione di paul) potessero veramente porsi in un iperuranio.

Ha dunque ragione Ipazia nel sottolineare che la visione del mondo dietro al mondo, di solito è una modalità di non pensare alle pratiche quotidiane.

Detto questo per me l'idealismo è esattamente lo studio del soggetto a partire dal lato psicologico (hegel non kant)

Il soggetto che non si dedichi all'attività di critica del proprio agire difficilmente può attingere all'agire degli altri, figuriamoci del Mondo intero.

Naturalmente Vito J Ceravolo conosco e mi interesso dei processi conoscitivi, ma SOLO come mappatura critica della medianità che è l'uomo, esattamente come elaborato da Heidegger.
Ossia nella descrizione critica del Dio "che ci parla". (Le religioni sono solo un modo del discorso che tenta di dare parola al Dio.
Ma la religione è la parola dell'uomo ovviamente, non di Dio.)

Il muro del naturalismo è purtroppo un muro che ancora nella mia vita nessuno ha ancora capito.

Comunque si può rimanere nell'ambito della critica che stiamo facendo.

Effettivamente le nostre posizioni cari amici sono di fondo le stesse, o molto vicine.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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