Giochi di pensiero: la terza rivoluzione filosofica

Aperto da Vito J. Ceravolo, 02 Febbraio 2020, 18:09:52 PM

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Phil

A mio modesto parere, ci sono già abbastanza topic in cui il relativismo viene forzosamente assolutizzato così da risultare docilmente contraddittorio, o in cui viene fatto assurgere a fallace teoria della totalità (tuttavia, sospettamente, senza citare mai i filosofi e/o almeno i forumisti rei di tale leggerezza), sempre giocando sull'ambiguità fra «assoluto» come sostantivo ed «assoluto» come aggettivo, «assoluto» nel suo significato etimologico ed «assoluto» nel suo significato storico-filosofico, etc.
Qui, rimuovendo (in tutti i sensi) la questione del fondamento, che pure si intravvede fra le righe, credo che (per fortuna) il tema sia un altro; tema che mi pare prendere le mosse dalla constatazione:
Citazione di: Ipazia il 07 Febbraio 2020, 10:49:39 AM
Non esiste il nulla e non esiste l'assoluto. Esiste il reale. Spiace sia difficile inventarne uno di nuovo, visto che ne facciamo parte da qualche miliardo di orbite terrestri intorno al sole, e che le nostre possibilità di modificarlo sono assai relative.
e acquistare maggior slancio ed apertura con
Citazione di: Sariputra il 07 Febbraio 2020, 11:21:33 AM
cit.@iano: Ci sarà sempre qualcosa che sfugge alla nostra coscienza/conoscenza.
Sfugge , ma non perché l'insondabilita' sia un suo attributo , così come la coscienza non è una necessità ineludibile e men che meno una meta.
Come vogliamo chiamarlo questo qualcosa?
Assoluto?



Lo chiamerei semplicemente "ciò che non si conosce". Relativo o assoluto , in questo caso, non c'entrano nulla.
D'altronde la proposta di Vito intende, se ho ben capito, conciliare proprio il realismo con un "ulteriorità noumenica" accessibile per via intuitiva e quindi senza soluzione di continuità rispetto al soggetto, senza cioè ritenere preclusa la ragionevole (in tutti i sensi) accessibilità all'agognato "oggetto in sé".
Tuttavia, finendo poi con il parlare di reti neurali e simili, ecco che la bilancia mi pare pendere verso il soggetto (animale o vegetale che sia), essendo lo "strumento cognitivo" soggettivo (il sistema nervoso, il sistema neurovegetativo, la mente, etc.) non un passivo specchio della realtà, ma un attivo elaboratore, che quindi (ri)costruisce una sua realtà (pur senza "giocare a dadi") fondata sull'input di quella esterna. La questione di "decifrare" in tale input le tracce di una realtà incontaminata dalla soggettività è probabilmente la sfida scientifica a cui collaborano le neuroscienze.

davintro

Citazione di: Phil il 07 Febbraio 2020, 20:08:10 PMA mio modesto parere, ci sono già abbastanza topic in cui il relativismo viene forzosamente assolutizzato così da risultare docilmente contraddittorio, o in cui viene fatto assurgere a fallace teoria della totalità (tuttavia, sospettamente, senza citare mai i filosofi e/o almeno i forumisti rei di tale leggerezza), sempre giocando sull'ambiguità fra «assoluto» come sostantivo ed «assoluto» come aggettivo, «assoluto» nel suo significato etimologico ed «assoluto» nel suo significato storico-filosofico, etc. Qui, rimuovendo (in tutti i sensi) la questione del fondamento, che pure si intravvede fra le righe, credo che (per fortuna) il tema sia un altro; tema che mi pare prendere le mosse dalla constatazione:
Citazione di: Ipazia il 07 Febbraio 2020, 10:49:39 AMNon esiste il nulla e non esiste l'assoluto. Esiste il reale. Spiace sia difficile inventarne uno di nuovo, visto che ne facciamo parte da qualche miliardo di orbite terrestri intorno al sole, e che le nostre possibilità di modificarlo sono assai relative.
e acquistare maggior slancio ed apertura con
Citazione di: Sariputra il 07 Febbraio 2020, 11:21:33 AMcit.@iano: Ci sarà sempre qualcosa che sfugge alla nostra coscienza/conoscenza. Sfugge , ma non perché l'insondabilita' sia un suo attributo , così come la coscienza non è una necessità ineludibile e men che meno una meta. Come vogliamo chiamarlo questo qualcosa? Assoluto? Lo chiamerei semplicemente "ciò che non si conosce". Relativo o assoluto , in questo caso, non c'entrano nulla.
D'altronde la proposta di Vito intende, se ho ben capito, conciliare proprio il realismo con un "ulteriorità noumenica" accessibile per via intuitiva e quindi senza soluzione di continuità rispetto al soggetto, senza cioè ritenere preclusa la ragionevole (in tutti i sensi) accessibilità all'agognato "oggetto in sé". Tuttavia, finendo poi con il parlare di reti neurali e simili, ecco che la bilancia mi pare pendere verso il soggetto (animale o vegetale che sia), essendo lo "strumento cognitivo" soggettivo (il sistema nervoso, il sistema neurovegetativo, la mente, etc.) non un passivo specchio della realtà, ma un attivo elaboratore, che quindi (ri)costruisce una sua realtà (pur senza "giocare a dadi") fondata sull'input di quella esterna. La questione di "decifrare" in tale input le tracce di una realtà incontaminata dalla soggettività è probabilmente la sfida scientifica a cui collaborano le neuroscienze.

la mia scelta di argomentare senza citare filosofi o forumisti (se non quando strettamente necessario, comunque in rare occasioni) è dovuta, da un lato, alla mia preferenza per stare nell'analisi concettuale, contribuendo a far sì che la discussione possa restare a un tavolo comune tematico in cui ciascuno sulla base di una comune logica e razionalità possa prender parte, evitando riferimenti citazionisti, che, ritengo, non aggiungerebbero nulla alla discussione se i concetti, che dovrebbero essere l'unico contenuto di una filosofia che vuole distinguersi dalla "storia della filosofia" come autonoma riflessione personale senza vincolarsi a princìpi di autorità, sono ben chiari, o evitando di citare forumisti, anche per evitare di "rinserrarsi" in un botta e risposta personale. In molti casi preferisco lanciare riflessioni restando sul generale, lasciando a ciascuno piena libertà di inserirsi, senza timore di risultare in qualche modo, fuori luogo, nell'intervenire in un botta e risposta ristretto a pochi utenti che si citano. In questo caso non ho ritenuto fosse il caso, ma è solo una scelta "stilistica", nulla che debba far sospettare riguardo la validità o meno del mio discorso. 

Dato che ho notato come la discussione si fosse negli ultimi messaggi indirizzata sul problema dell'esistenza dell'Assoluto, mi son sentito di esprimere le mie perplessità riguardo dei punti di vista che ritengo, contraddittori. Non è mia intenzione, aprioristicamente, contestare l'autocontraddizione in cui il relativismo, posto in un certo senso, cade, in ogni topic, solo, se noto che ci sono riferimenti in tal senso, mi sento in diritto di replicare. Se la discussione sul relativismo fuoriesce dal tema del topic (cosa su cui ho dei dubbi, ma, non essendo stato io ad aprirlo, eviterei di giudicare per correttezza), non è stata mia intenzione promuovere questa uscita, mi sono limitato a inserirmi in una certa linea in cui la discussione, legittimamente, si è svolta. 

Al di là di questo, mi dispiace se, contro le mie intenzioni, ho contributo a deviare la discussione dalle intenzioni originarie, e se sembra che le mie critiche al relativismo appaiano così ripetitive e ambigue. Purtroppo sono una componente fondamentale all'interno dei miei modesti punti di vista filosofici complessivi, ed è inevitabile che riemergano con così tanta frequenza in tante occasioni, e, dovessi autocensurarmi da questo punto di vista, temo che la mia partecipazione in generale alle discussioni ne risentirebbe molto, cosa di cui personalmente sarei piuttosto dispiaciuto.

Phil

Citazione di: davintro il 07 Febbraio 2020, 20:50:31 PM
la mia scelta di argomentare senza citare filosofi o forumisti (se non quando strettamente necessario, comunque in rare occasioni) è dovuta, da un lato, alla mia preferenza per stare nell'analisi concettuale, contribuendo a far sì che la discussione possa restare a un tavolo comune tematico in cui ciascuno sulla base di una comune logica e razionalità possa prender parte, evitando riferimenti citazionisti, che, ritengo, non aggiungerebbero nulla alla discussione se i concetti, che dovrebbero essere l'unico contenuto di una filosofia che vuole distinguersi dalla "storia della filosofia" come autonoma riflessione personale senza vincolarsi a princìpi di autorità, sono ben chiari, o evitando di citare forumisti, anche per evitare di "rinserrarsi" in un botta e risposta personale. In molti casi preferisco lanciare riflessioni restando sul generale, lasciando a ciascuno piena libertà di inserirsi, senza timore di risultare in qualche modo, fuori luogo, nell'intervenire in un botta e risposta ristretto a pochi utenti che si citano. In questo caso non ho ritenuto fosse il caso, ma è solo una scelta "stilistica", nulla che debba far sospettare riguardo la validità o meno del mio discorso.
Il mio parere sulla ridondanza del diverbio assolutismo/relativismo non era rivolta a te in particolare, infatti anche altri utenti l'hanno chiamata in causa e io stesso non riesco ad astenermi dall'usare «assoluto» e «relativo»; ovviamente ognuno è libero di dare il suo contributo e di cavalcare i suoi "cavalli di battaglia", non era certo mia intenzione dire quali fossero i binari che lo sviluppo del discorso doveva seguire o stigmatizzare gli eventuali off topic (non sono nemmeno un moderatore). Mi ero solo fatto allettare dalla possibilità di un contributo nuovo per questi schermi, quello di Vito (nonostante non mi trovi concorde con lui) e quando ho avuto il déjà vu di temi e obiezioni, magari in topic, ma già molto presenti in questo forum, ho espresso la mia personale preferenza per una tutela del nuovo a discapito del già (mal)trattato; si tratta appunto di una preferenza personale, non certo un rimprovero (che da parte mia non avrebbe senso).

Riguardo al citare o meno autori o forumisti, sempre restando nelle mie preferenze personali, credo invece sia un gesto necessario alla chiarezza, oltre che alla sostanza, del discorso, ma non perché citando il filosofo Tizio, con cui supponiamo concordo, la mia opinione diventi allora più autorevole o addirittura verità; la sfida a chi sa più citazioni mi è sempre parsa sterile gioco da nozionismo televisivo. L'utilità e l'apporto contenutistico del citare nomi è piuttosto quello di innescare un collegamento sintetico, un link, ad un insieme di contenuti reperibili (di solito basta wikipedia) o argomentazioni più o meno note (a proposito: qui ho scoperto molti autori e teorie che non conoscevo in precedenza, sono debitore verso chi li ha citati). Soprattutto, si evita il fatale (per me) errore dell'approssimazione, della confusione fra concetti simili ma non identici, dello scontro fra vocabolari fatti in casa (che talvolta rende difficile persino inquadrare il tema del discorso). Non sempre la filosofia e il "secondo me" sono perfettamente compatibili (e non solo se parliamo di logica formale), anche se comunemente, far filosofia significa cercare di dire seriamente la propria su una questione astratta.
Ad esempio, riaccostandoci al topic, se parliamo di «nichilismo», senza voler citare autori, di cosa parliamo esattamente? Quando Vito (lo prendo come esempio) ci dice che il nichilismo afferma «A=-A», di quale nichilismo parla? Ha senso un discorso vago sul "nichilismo in generale" quando magari si vuole poi condensare tutto in un'asserzione logica? Se invece Vito si riferisce ad un autore in particolare, allora può essere una sintesi ottimale, ma come saperlo se non ne esplicita il nome? Il rischio è dunque quello di una filosofia di "slogan senza autori", di "filosofie senza sostenitori" (come forse è il relativismo assolutista), di motti che banalizzano e si aprono a mille interpretazioni decontestualizzate: «tutto è relativo», «Dio è morto», «cogito ergo sum», «il cielo stellato fuori di me e la legge morale in me», etc. chi l'ha detto in quale contesto lo ha fatto e, soprattutto, in che senso? Il richiamo all'autore o alla corrente filosofica non è un vezzo intellettualistico, è la chiave di lettura da cui dovrebbe, secondo me, partire un'interpretazione pertinente (se poi l'autore non c'è, forse siamo di fronte a fazioso stereotipo). Ben vengano riflessioni personali e originali, tuttavia se do la mia opinione sul neoplatonismo, sarebbe opportuno, deontologicamente, farlo con minima cognizione di causa (il che implica il riferimento ad autori e correnti; anche in formato bignami o wikipedia, è sempre meglio di niente).
Passando agli utenti; se ora facessi un commento sul «mistico», mi riferirei al mistico di Vito, quello di bobmax, o quello "secondo me"? Parlare all'interno di un gruppo senza far capire se ti rivolgi a Tizio o a Caio può essere infruttuoso, se non controproducente; soprattutto se, ad esempio, rivolgi una domanda, attività squisitamente filosofica, è per me piuttosto utile esplicitarne il destinatario (il che non toglie che altri possano poi "rubare" la domanda e rispondere o inserirsi in un dialogo a due voci, contribuendo non poco ad "allargare il campo").

viator

Citazione di: Vito J. Ceravolo il 06 Febbraio 2020, 23:55:17 PM
Ciao Viator,
non ho capito su cosa volevi sorvolare se avevo già avvisato che stavo correggendo... E fammi capire anche un'altra cosa, cosicché io possa adeguarmi a chi sei tu, esattamente: io dovrei sorvolare a risponderti con chiarezza perché tu appari qui per la prima volta? Qual onorevole persona sei tu per cui io non ti debba rispondere?  Anche perché non è che hai sbagliato a fare 2+2, ma una comune problema fra psiche e biologia. Qui, per entrare nel dettaglio corretto, sto parlando degli studi di neurobiologia vegetativa, dove si riscontra che le piante si compiono, oltre che meccanicamente, anche attraverso i 5 sensi udito, olfatto, gusto, vista, tatto. Naturalmente in forma diversa da come accade negli animali e diversa da come accade anche nell'uomo, ma pur sempre in forma istintuale (cfr. U. Castiello, La mente delle piante). L'emozione riguarda invece proprio il rilevamento nei vegetali delle basilari sensazioni primitive, come terrore o gioia (per la differenza fra emozioni e sentimenti cfr. A. Damasio, Alla ricerca di spinoza). Questo comportamento istintivo attraverso i sensi non è invece presente negli esseri prettamente meccanici, come le particelle, mentre il comportamento intuitivo non è mai stato rilevato in esseri privi di apparato nervoso centrale (per usare il tuo linguaggio). La sequenza è consequenziale: meccanica-reazioni; biologia-istinto; psiche-intuito.

Se tu ora vuoi continuare con certi toni da bar, per me era già sufficiente il tuo "buon viaggio" di un tempo. Diversamente il tuo schema è interessante, ciò non toglie però che in natura si riscontrano comportamento istintuali al di fuori di apparati psichici. Poi magari è corretta la tua giustificazione: ciò avviene per i semplici legami ad aspetti genetici, ma ciò non toglie, per quei casi, che un apparato neurologico centrale non è condizione necessaria a un comportamento istintivo. Mi ricordo che anche Cartesio, a suo modo, ci aveva costretto a credere ad animali senza anima... no, lui non aveva detto piante senza istinto.
Questa tua replica, in parte giustamente risentita, è frutto di un malinteso generato dall'accavallamento tra il tuo intervento [« Risposta #46 il: 06 Febbraio 2020, 19:01:48 pm »], la tua precisazione [« Risposta #47 il: 06 Febbraio 2020, 20:53:52 pm »] e la mia [« Risposta #48 il: 06 Febbraio 2020, 20:56:50 pm »].

In pratica la mia risposta nr. 48 veniva da me stesa mentre tu ancora avevi in scrittura la nr.47, e, venendo completata dopo le tue precisazioni  che ancora non potevo leggere, conteneva ciò su cui intendevo sorvolare in mancanza di tue precisazioni che poi ci furono.

Circa poi le "apparizioni della prima volta", evidentemente hai equivocato poichè non ero e non sono certo io quello che appare in questo forum per la prima volta, essendone tra i più prolifici frequentatori attuali (prolifico non significa certo autorevole, ovviamente).

Sono poi leggermente imbarazzato nel replicare ad alcune tue osservazioni (qui sotto riportate) che condivido ampiamente, per via dell'uso che fai di alcuni termini ed espressioni, che annoto  nerettate tra parentesi : "Qui, per entrare nel dettaglio corretto, sto parlando degli studi di neurobiologia vegetativa, dove si riscontra che le piante si compiono (si comportano ?), oltre che meccanicamente, anche attraverso i 5 sensi udito, olfatto, gusto, vista, tatto. (qui non capisco proprio) Naturalmente in forma diversa da come accade negli animali e diversa da come accade anche nell'uomo, ma pur sempre in forma istintuale (cfr. U. Castiello, La mente delle piante). L'emozione riguarda invece proprio il rilevamento nei vegetali delle basilari sensazioni primitive, come terrore o gioia (per la differenza fra emozioni e sentimenti cfr. A. Damasio, Alla ricerca di spinoza). Questo comportamento istintivo attraverso i sensi non è invece presente negli esseri prettamente meccanici, come le particelle (le particelle saranno corpuscoli od enti fisici e/o materiali, non certo ESSERI prettamente meccanici !)".

Circa poi i modi da bar, credo di averli dimenticati (fingendo di averli una volta conosciuti) dal 1° gennaio 2001 (entrata in vigore dell'Euro che generò l'automatico arrotondamento per eccesso di tutti i prezzi e le tariffe - io per solitaria protesta smisi di entrare a consumare nei bar).

Infine, circa "
Diversamente il tuo schema è interessante, ciò non toglie però che in natura si riscontrano comportamento istintuali al di fuori di apparati psichici. Poi magari è corretta la tua giustificazione: ciò avviene per i semplici legami ad aspetti genetici, ma ciò non toglie, per quei casi, che un apparato neurologico centrale non è condizione necessaria a un comportamento istintivo. Mi ricordo che anche Cartesio, a suo modo, ci aveva costretto a credere ad animali senza anima... no, lui non aveva detto piante senza istinto"
La genetica è fatta di chimica organica, cioè di scambi ed impulsi elettrochimici che agiscono a livello atomico e si fermano a livello molecolare (o ben poco oltre - biochimica del carbonio). La neurologia è basata sulla trasmissione di impulsi bioelettrici (per carità, non voglio e non posso liquidare certi argomenti in due parole !) che vengono trasmessi per via tissutale (i tessuti nervosi, cioè appunto un qualche sistema nervoso).

Se a te piace pensare che esista una istintualità ed una intuività intrinseche di atomi e/o molecole................ Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

viator

Salve davintro e Phil. Dipende da come ci si vuol porre all'interno di un dibattito. C'è chi ama la polemica, chi vuole fare sfoggio di linguaggi e di fonti, chi illustra personali visioni del mondo, chi nutre complessi psicologici, chi crede di avere la verità in tasca, chi cerca risposte esistenziali................

Personalmente rifuggo dalle citazioni. Anzitutto perchè non ho mai tenuto aperto un testo di filosofia per più di 15-20 secondi, ritraendomene inorridito dalla cerebralità di certi linguaggi, poi perchè esistono migliaia di modi di esprimere concetti pur se vecchi quanto il mondo (mai nulla di nuovo sotto il sole.......e per fortuna i suoi raggi insistono monotonamente nel riscaldarci !). Certo se uno si è formato sempre e solo leggendo l'altrui !.

Dal mio punto di vista il possedere una anche colossale cultura filosofica non agevola affatto le tesi che si vogliano sostenere, al limite la cosa potrà impressionare chi si sente di converso insicuro dei propri mezzi espressivi.

Diciamo che la cultura specifica aiuterà certo (ma non sempre) nel non profferire delle castronerie e ad evitare argomenti troppo facilmente controvertibili. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Sariputra

#80
In generale, quando non si fa una citazione specifica di un autore o di una filosofia, s'intende un termine nell'accezione comune che viene data. Per esempio, visto che il termine 'nichilismo', che è diventato motivo di discussione in seguito ad una mia domanda specifica a @V.Ceravolo in relazione ad un suo scritto qui linkato,  può avere diverse interpretazioni, s'intende tacitamente il suo senso comune che è: "Ogni posizione filosofica che concepisca la realtà in genere o alcuni suoi aspetti essenziali, dai valori etici alle credenze religiose, dalla verità all'esistenza, nella loro nullità."  Oppure: "Dottrina che si caratterizza per la totale negazione dei valori e dei significati elaborati dai diversi sistemi filosofici. " (diz.Treccani).
Se s'intende una diversa concezione, minoritaria o più specialistica, si è allora tenuti alla citazione de/degli autori o loro opere, a mio parere.
Se invece s'intende una personale originale interpretazione allora ritengo sia bene specificarlo.
In mancanza di citazioni , riferimenti specifici o interpretazioni personali s'intende sempre generalmente il senso comune dato, imho.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

bobmax

Citazione di: davintro il 07 Febbraio 2020, 17:01:47 PM
negare l'esistenza dell'Assoluto vuol dire porre la dimensione del contingente come dimensione totalizzante. Cioè presentare un discorso sulla totalità, su ciò che non è limitato da alcunché di altro da se stesso. Ma questo "non essere limitato da alcunché di altro da se stesso" si identifica necessariamente con l' "assoluto" di cui si vorrebbe negare l'esistenza. Assoluto, vuol dire "sciolto dai legami", e la totalità, con cui si vorrebbe identificare il complesso degli enti contingenti, assume gli stessi caratteri che definiscono l'assoluto: se la totalità è ciò oltre cui non vi è nulla, allora necessariamente non potrà essere limitata da niente di estrinseco, cioè sarà pura Libertà, svincolata da altro, Assoluta, appunto. Ecco perché, in tutta evidenza, ogni negazione dell'Assoluto finisce con l'essere autocontraddittoria: nel momento in cui si afferma che "tutto è contingente", "tutto è mutevole", "tutto è relativo", si utilizza la categoria di totalità, che è a tutti gli effetti una determinazione dell'Assoluto, ciò che non ha nulla oltre di sè a limitarlo. Il che non vuol dire, pensare, superficialmente, che "Totalità" e "Assoluto" siano sinonimi. Se ogni discorso sulla totalità è anche discorso sull'assoluto, non vale però l'inverso. L'identificazione tra i due concetti è pensabile in un'ottica immanentista/panteista in cui si fa coincidere Dio, causa prima non subordinata ad alcun principio preesistente, con la totalità dell'Universo, ma non in un'ottica trascendentista/teista che vede Dio come Assoluto distinto dalle sue creazioni. In sintesi, se porre la totalità unica possibile determinazione dell'assoluto non è necessario (quantomeno), è però necessario affermare l'assoluto come modalità ontologica insita in ogni possibile idea di totalità.

Ma la totalità non è qualcosa.

Ritenere che sia qualcosa è un errore del pensiero razionale per il quale esiste solo ciò che è "qualcosa".
Così immagina di porsi fuori (!) dal Tutto per poter affermare:"È qualcosa!"
Mentre il Tutto non è affatto un qualcosa. È solo un'idea aperta.

Non essendo un qualcosa, il Tutto seppur paradossalmente equivale al Nulla.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Phil

Citazione di: Sariputra il 08 Febbraio 2020, 00:47:15 AM
In generale, quando non si fa una citazione specifica di un autore o di una filosofia, s'intende un termine nell'accezione comune che viene data. Per esempio, visto che il termine 'nichilismo', che è diventato motivo di discussione in seguito ad una mia domanda specifica a @V.Ceravolo in relazione ad un suo scritto qui linkato,  può avere diverse interpretazioni, s'intende tacitamente il suo senso comune che è: "Ogni posizione filosofica che concepisca la realtà in genere o alcuni suoi aspetti essenziali, dai valori etici alle credenze religiose, dalla verità all'esistenza, nella loro nullità."  Oppure: "Dottrina che si caratterizza per la totale negazione dei valori e dei significati elaborati dai diversi sistemi filosofici. " (diz.Treccani).
Questo può essere un caso esemplificativo della ambiguità di cui parlavo: nel suo saggio, Vito parla del nichilismo di Nietzsche (da lui interpretato, non "in generale") e poi propone una sua ulteriore logicizzazione del nichilismo (con la formula della contraddizione logica); segue la tua domanda che riguarda il «nichilismo occidentale» (quindi, parrebbe, non solo Nietzsche) o forse il nichilismo in generale (e sai meglio di me come in oriente il nulla/vuoto non sia questione da poco...). Se consideriamo che il nichilismo è stato citato da Vito sin dal primo post d'apertura del topic, come macroarea di pensiero opposta al realismo, ecco che, secondo me, iniziare a chiarire di quale nichilismo stiamo parlando (à la Vito? à la Treccani? à la Nietzsche? à la "stretta la foglia, larga la via..."?), passando almeno dal dizionario Treccani (troppo generico per i termini settoriali) a Wikipedia (che non è prolissa come un manuale, ma meno vaga del dizionario), stringendo un po' il campo di riferimenti, gioverebbe a ridurre i fraintendimenti e agevolerebbe una conversazione coerente.
Fermo restando che non stiamo facendo ricerca universitaria, ma siamo su un forum aperto a tutti, quindi anche nella sezione "filosofia" l'opinionismo spensierato è comunque un diritto (sancito dal regolamento, se non erro).

viator

Salve davintro. All'interno del tuo intervento del 07/02, h.1701 condivido sino a prima di questo punto ; "......................L'identificazione tra i due concetti è pensabile in un'ottica immanentista/panteista in cui si fa coincidere Dio, causa prima non subordinata ad alcun principio preesistente, con la totalità dell'Universo".
Infatti il panteismo non include o presuppone certamente un concetto di "causa prima" (per inciso, concetto quest'ultimo molto -teistico e per nulla pan-). Io teorizzo - e nessuno può smentirmi - una circolarità dell'esistente la quale esclude ovviamente condizioni iniziali (prime) od ultime (finalistiche). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Sariputra

#84
@Phil
La domanda da me espressa @Vito Ceravolo era piuttosto chiara e si riferiva al "nichilismo occidentale" nell'accezione comune e non riferita ad un autore in particolare. Nichilismo nel senso come da me usato nel Topic "Civiltà Occidentale" che qui cito per esemplificare:

Il nichilismo moderno (diverso , che so, dal nichilismo foscoliano...) lo intendo personalmente come una sorta di mentalità largamente condivisa, maggioritaria. Lo troviamo nel tipo americano come nel consumatore compulsivo cinese o giapponese. Può essere visto come una conseguenza sia del tramonto di società fondate su valori ideali che una crisi del modello di sapere assoluto e omnicomprensivo che scaturiva da un razionalismo fideistico. Il nichilismo assume così attualmente i connotati dell'uomo consapevole della fine delle ideologie, e questo non sarebbe un dramma visti gli esiti novecenteschi di queste, se non che questa fine ha portato con sé anche la fine delle 'tensioni ideali' che le accompagnavano. La fine cioè della 'speranza'... Quale speranza? Quella di un umanità che possa/sappia/speri ancora di uscire dalla nevrosi egoistica e individualistica che l'opprime...
Il nichilismo made in West cerca di salvare la libertà, anzi formalmente sembra esaltarla, ma la relega nella sola sfera individuale come principio assoluto di autodeterminazione del singolo. Propugna dunque un relativismo generalizzato a livello etico. Distrugge il sistema valoriale precedente, ma non riesce  a proporne altri. Simile ad un medico che ti espone chiaramente la malattia, ma non sa darti una cura, se non dicendoti. "arrangiati, è un tuo problema"...
In senso massificato, comune si potrebbe darne , a mio parere, questa definizione:
La vita è semplicemente un'opportunità per sensazioni ed esperienze, in cui il carattere effimero primeggia.

Non c'è niente che in definitiva (anche se non lo riconosciamo o non ne siamo del tutto consapevoli..) 'valga'. Tutto è fugace e passeggero: goditela più che puoi!..
Oltre ad una riflessione teorica il nichilismo ha pure un risvolto 'tecnico'. La fine di ogni ideologia (politica o religiosa) ha creato uno spazio enorme al tecnocapitalismo che si ammanta, per i propri fini, di un' ideologia della scienza e della tecnica e se ne fa forte... Quindi impone un modello esistenziale basato sul dominio della sola razionalità strumentale che cerca di bypassare ogni domanda di senso.

Ritengo sia un uso in linea con l'accezione comune contenuta in Wikipedia e in treccani.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

Citazione di: Sariputra il 08 Febbraio 2020, 15:03:39 PM
@Phil
La domanda da me espressa @Vito Ceravolo era piuttosto chiara e si riferiva al "nichilismo occidentale" nell'accezione comune e non riferita ad un autore in particolare. Nichilismo nel senso come da me usato nel Topic "Civiltà Occidentale"
[...]
Ritengo sia un uso in linea con l'accezione comune contenuta in Wikipedia e in treccani.
Mi sembra che ciò confermi ulteriormente l'ambiguità a cui mi riferivo: tu chiedi del «nichilismo occidentale» all'autore del saggio il cui primo capitolo è «Quando Kant anticipava la rovina del suo paradigma, e di tutto il nichilismo occidentale», saggio che citi poco prima di porre la tua domanda e che commenti con:
Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2020, 19:07:29 PM
L'ho trovato molto interessante. Mi sembra di capire che tu teorizzi il nichilismo occidentale  come una forma di 'odio' (faccio un'estrema sintesi ovviamente, veramente esagerata..).
intendendo però, a quanto scopro ora, con «nichilismo occidentale» quello che invece focalizzi nel topic «civiltà occidentale» (quindi non il nichilismo di Vito), che ti sembra1 simile al nichilismo comunemente inteso (cioè non solo all'occidentale, almeno a giudicare dalle definizioni).
Chiaramente, la filologia di questo domandare mi serve come esempio esplicativo per la considerazione che proponevo sopra (riguardo la necessità di esplicitare le coordinate di un tema), non certo perché mi interessi "fare le pulci" al tuo domandare (anche perché il mio stesso ragionare è poco più che un "mercato delle pulci").

1Scrivo «sembra» perché nella tua riflessione, tutt'altro che scontata e decisamente legittima, il nichilista diventa edonista (proponi come suo motto «goditela più che puoi!», sebbene non so quanti e quali nichilisti lo sottoscriverebbero), inoltre l'assenza di fondamento delle ideologie politico-religiose diventa per te propulsore del «tecnocapitalismo» (facendo del nichilismo un movente socioeconomico); definisci il nichilismo una «una sorta di mentalità largamente condivisa, maggioritaria»(cit.) e non mi pare poco la presa d'atto di tale eventuale "maggioranza" (in occidente o altrove).
Sicuramente il nichilismo che tratteggi è dunque molto più ragionato di quello definito dal dizionario Treccani, il che secondo me è un bene (il tuo tratteggiare intendo), in piena conformità con le finalità del forum.

Ipazia

La sostituzione vitiana del nichilismo all'idealismo della manualistica, in contrapposizione al realismo, ha delle suggestioni filosofiche che vale la pena di esplorare e che di primo acchito ho trascurato presa com'ero dalla mia avversione all'operazione di riciclaggio del noumeno.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Citazione di: Sariputra
Non c'è niente che in definitiva (anche se non lo riconosciamo o non ne siamo del tutto consapevoli..) 'valga'. Tutto è fugace e passeggero: goditela più che puoi!..

Sì il nichilismo è il nulla valoriale.

E non è che la necessaria conclusione a cui giunge il pensiero razionale, che considera se stesso fonte di Verità.

L'interpretazione logico/razionale della realtà è in sé stessa nichilista.
Il nichilismo è l'altra faccia della medaglia della razionalità.

Spesso se ne è inconsapevoli, e allora è un nichilismo debole, che fugge pur di non affrontare se stesso.
A differenza del nichilismo forte, come in Leopardi, di chi affronta lo sguardo della Medusa.

Comunque sia, sono convinto che il nichilismo sia una sfida necessaria.
Una sfida che ci costringe a ricercare noi stessi.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Sariputra

Citazione di: bobmax il 09 Febbraio 2020, 14:33:19 PM
Citazione di: SariputraNon c'è niente che in definitiva (anche se non lo riconosciamo o non ne siamo del tutto consapevoli..) 'valga'. Tutto è fugace e passeggero: goditela più che puoi!..
Sì il nichilismo è il nulla valoriale. E non è che la necessaria conclusione a cui giunge il pensiero razionale, che considera se stesso fonte di Verità. L'interpretazione logico/razionale della realtà è in sé stessa nichilista. Il nichilismo è l'altra faccia della medaglia della razionalità. Spesso se ne è inconsapevoli, e allora è un nichilismo debole, che fugge pur di non affrontare se stesso. A differenza del nichilismo forte, come in Leopardi, di chi affronta lo sguardo della Medusa. Comunque sia, sono convinto che il nichilismo sia una sfida necessaria. Una sfida che ci costringe a ricercare noi stessi.

E' una sfida che volenti o nolenti si è costretti ad affrontare perché è lo spirito di questi tempi in cui viviamo. E' l'"aria" che si respira in giro. Ed è impossibile vivere senza respirare. La cosa che però mi sembra possibile fare è quella di scegliere se adeguarsi o non adeguarsi a quest'aria, pagandone ovviamente le conseguenze,in questo caso,dal punto di vista sociale...
Comunque ho una notizia buona: non siamo costretti in eterno su questo treno e a respirare quest'aria. Prima o poi arriva la stazione e si scende!  ;D
un saluto
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Ipazia

Mi ero illusa di trovare nella filosofia di Vito J. Ceravolo uno sviluppo fruibile dell'identificazione nichilismo=idealismo, ma la lettura del suo primo link: Cfr. V.J. Ceravolo, Scalata critica al nichilismo, 2017 mi ha totalmente spiazzata al punto che se tale identificazione vi è (come ritengo), essa è a totale insaputa dell'autore, al punto che rinominerei l'articolo: Discesa travisante al nichilismo.

La prima aporia è il riferimento a Kant come origine del nichilismo occidentale, quando esso prende le mosse molto prima nel mondo platonico delle idee che trae nutrimento dall'astrazione dell'Essere parmenideo e dal feticismo simbolico-sovrasensibile pitagorico. Processo compiutosi non in una ingenua catena causale, ma nella rete di sentieri interrotti (Holzweghe) cui queste intuizioni hanno condotto che fanno la storia dell'idealismo/nichilismo, non solo occidentale.

Sul piano logico tali intuizioni hanno un valore evolutivo: la patologia sta nell'inversione dei piani reale-logico laddove A (mondo) diventa -A (meno A: mondo-dietro-il-mondo) e viceversa.

E' ovvio che se operiamo questa inversione il nichilismo finisce tutto col gravare su chi tenta, come Nietzsche (FN), il non -A, ovvero la doppia negazione che dovrebbe dare giustizia alle ragioni del mondo. Tale travisamento non è certo dettato da ignoranza delle fonti perchè si cita perfino l'esortazione del FN più veridico:

Così parlò Zarathustra - Prefazione, 3: «Io vi scongiuro, fratelli miei, restate fedeli alla terra e non prestate fede a coloro che vi parlano di speranze ultraterrene! Sono avvelenatori, lo sappiano o no.»,

che non mette la maschera della verità sulla maschera della falsità, ma va dritto al sodo papale-papale. E' pur vero che spesso FN usa il doppio mascheramento per sostenere la doppia negazione che dovrebbe riportarci verso le ragioni del mondo e tale gioco dissimulatorio, motivato dalla semantica della realtà virtuale dominante da millenni, finisce con l'essere controproducente ai fini veridici intrapresi ed è stato usato ad abudantiam contro di lui dai sostenitori del virtuale mondo-dietro-il mondo.

Questo è quanto dovuto al "nichilismo" di FN e di Ceravolo. Su quello di Sariputra e Bob, bisognerebbe entrare nella fenomenologia dei valori e nei loro fondamenti.

Anche in questa fenomenologia valoriale la filosofia di Ceravolo mi pare invertire i termini della questione: La sua fase 0 non è spenta (apparente) ab origine, ma è stata spenta da una evoluzione patologica della fase 1 autocosciente (illusoriamente reale/accesa, nella sua metafisica), che ha acceso il fuoco in una caverna platonica di ombre sovrasensibili che tali rimangono.

FN ci invita invece a portare la coscienza fuori dalla caverna idealistico/nichilista nella luce reale della Lebenswelt (mondo della vita), ristabilendo la cronologia dei fatti che assume anche il carattere etico di una costellazione di valori veritativi ed esistenziali, mai dati da una superimpositiva ragione della cosa in sè, ma posti dalle ragioni (condivise e naturalmente/storicamente determinate) delle cose per noi.

Conflittuali, dialettiche, retroattive, metafisicamente protagoriche. Ben lungi dalla ratio ad una dimensione della causa efficiente, laminatoio, o meglio filiera, di una necessità alienata, drogata, meccanica, capitalistica.


P.S. consiglio a Ceravolo di evitare il trattino tra "non" e "A" che può apparire come doppia negazione, vista l'identità  :-\ grafica tra "meno" e "trattino". Meglio usare il segno logico ¬ , oppure scrive la negazione tal quale A = non A

P.S.S. che anche FN abbia bruciato incenso agli idola positivisti e sociodarwiniani del suo tempo è altra questione (che dà ennesima conferma al materialismo storico). Quegli idola sono morti a Stalingrado, sotto il muro di Berlino e - quotidianamente muoiono - nell'alienazione del Capitale. Ma il progetto di liberazione da tutti i mondi dietro il mondo rimane valido.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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