Giochi di pensiero: la terza rivoluzione filosofica

Aperto da Vito J. Ceravolo, 02 Febbraio 2020, 18:09:52 PM

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viator

Salve Vito Ceravolo. Citandoti : "Ciò che affermo di differente è invece questo: la psiche è propria solo degli esseri con intelletto; l'intelletto ha una funzione astratta preposta alle ragioni in sé e una funzione fisica preposta al coordinamento corporeo; la funzione preposta alla ragione in sé la chiamo razionalità; la razionalità ha una funzione inconscia (spenta 0, l'intuito) e una funzione conscia (accesa 1, il concetto)".
Invece secondo me la psiche è definibile come la sede (in realtà stiamo parlando di strutture e di funzioni, non di collocazioni anatomiche) propria degli istinti e quindi poi, oltre di essi e solamente per la specie umana, dell'inconscio e dell'irrazionale.

Essa è presente – ripeto, come struttura e funzione – secondo me in tutte le specie biologiche dotate di un sistema nervoso centrale.

Alla nascita la psiche ospita solamente appunto l'istinto fondamentale, quello di sopravvivenza, il quale rappresenta una sorta di memoria genetica inconsapevole la quale, entrando in contatto con l'ambiente dopo la nascita dell'individuo, provvede a tutelarne la sopravvivenza integrando le proprie pulsioni con i contenuti della memoria consapevole (rappresentante l'esperienza) che l'individuo comincia ad accumulare. Perciò la MENTE, alla nascita, è un puro contenitore privo di contenuti anche se ben pronto a riempirsene.

Quello che tu chiami intelletto (capacità di comprendere......nel suo doppio significato di INCLUDERE e di CAPIRE !) secondo me rappresenta struttura e funzione cerebrale CONSAPEVOLE e separata (benchè utilizzabile in contemporanea allo psichico), facente parte appunto della sfera MENTALE, al quale l'intuito risulta estraneo.

Hai mai udito qualcuno mettersi a spiegare in forma logica ed analitica il processo interiore che ha portato lui stesso o qualcun altro a generare un'INTUIZIONE ?. Se lo facesse (se affermasse di farlo) mentirebbe poichè la sua descrizione non potrebbe che riguardare un ragionamento, non una intuizione !.

La descrizione del processo intuitivo nel suoi dettagli è fuori della descrivibilità umana.

Circa infine la razionalità accendibile o spegnibile....sembrerebbe che tu ammetta che la condizione inconscia-intuitivistica o conscia-concettualistica possa realizzarsi solo in forma alternativa (OFF/ON) attraverso una qualche commutazione che non è chiaro da chi o cosa possa venir innescata.

Non trovo credibile la similitudine elettrotecnica. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Vito J. Ceravolo

Ciao Ipazia,

dici bene che l'a priori è un vecchio problema metafisico, vecchio e superato, come d'altronde i restanti, se immagini il rapporto  fenomeno-noumeno come il rapporto spazio-tempo. L'a priori della ragione in sé è solo dal punto di vista fenomenico, il qual problema si ritroverebbe invertito se per assurdo tu ti trovasti nella regione opposta: quale aspetto sensibile è la causa di questa ragione sovrasensibile?
Stiamo entrando in un concetto causale, e noi abbiamo bisogno di un concetto causale, ma ricordiamoci che fra i calcoli fisici, se non sbaglio di Einstein, sono previsti mondi in cui invece è l'effetto che precede la causa, nei quali, appunto, quegli abitanti si troverebbero a postulare il tuo stesso problema ma all'inverso.
Ciò non cancella il concetto causale, ci è necessario, anche solo per afferrare il bicchier d'acqua che abbiamo davanti, ma dobbiamo essere consapevoli che lo stesso rapporto causa-effetto deve armonizzarsi anche all'inverso. Ciò non toglie altresì che si tratti comunque di piani diversi, fenomeno e noumeno, spazio e tempo, inscindibili, distinguibili e... già, in alcuni casi anche invertibili.
Tu però insisti a voler entrare nel fondamento, di cui ti anticipo che le tue considerazioni nichiliste sono infondate è spezzate all'origine, come quelle parmenidee incapaci di giustificare formalmente un principio unico assieme finito-infinito, cioè senza fondamento lui. Ma non mi va questo gioco. C'è comunque un libro se ti può interessare, non posso fare di più qui e ora.
Sul restante... credo di condividere molto, considerando però che alcune cose potrebbero slittare visto il cambio del presupposto iniziale. P.S. leggo un leggerissimo astio pitagorico (maschile-femminile)  

Ciao Viator,
affermare la psiche in tutte le creature con sistema nervoso centrale, sì. Questo però è l'apparato intellettivo per eccellenza (l'unico a nostra conoscenza), che in alcuni resta ad uno stato puramente inconscio, intuitivo, a razionalità zero; mentre in altri sfocia in uno stadio cosciente, concettuale, a razionalità accesa.
Affermare come dici tu (e non solo) che la psiche sia la sede istintuale, ad esempio priverebbe il mondo floreale (in cui risultano esserci apparati neurali solo nelle piante superiori) delle proprie attività istintive che di fatto invece mostrano coi propri atti di sopravvivenza della specie, oltre a creare una confusione e sovrapposizione fra istinto e intuito che invece sono diversi. Senza offesa: leggendoti denoto una sorta di confusione fra istinto e intuito, noto il declassamento vegetativo a luoghi lontani dagli aspetti biologici istintuali  propri di sopravvivenza della specie.
Dalle mie parti, per impedire tali incongruenze con mondo che ci capita davanti, l'istinto ha sede nel campo biologico mentre l'intuito nel campo psichico, cioè intellettivo, nelle forme espresse.

Nella nota tre dell'articolo apro al problema della rilevazione intuitiva: l'intuizione comune avviene in lampi; la capacità di prolungare questi lampi permette l'individuazione non solo dei processi di "prolungazione" ma anche delle aree cerebrali interessate all'attività intuitiva. Ma tutto questo è implicitamente dedotto dal capitolo 6, esattamente dove si parla di intelligenza mistica. Non riesco però a capire, forse non hai letto l'articolo, perché qui c'è poco da credere o meno, ci sono delle misure neurali che hanno riscontrato alcune aree cerebrali collegate anche ad attività razionali (es. intelligenza linguistica), di conseguenza la possibilità di spegnere o accedere alcune facoltà razionali (come avviene nella meditazione). E c'è poco da essere increduli davanti ai fatti: accade così. Al più possiamo discorrere sull'interpretazione di questi dati, ma no negare i dati.

Vito J. Ceravolo

ho sbagliato la risposta a Viator... non so perché scrivevo una cosa pensando a un'altra...
Datemi qualche ora per correggerla... scusate. Oggi giornata confusa.

viator

Salve Vito Ceravolo. Credo di aver capito che forse uno di noi due ha le idee confuse circa l'intuito, l'altro le ha invece confuse circa l'istinto. Ripeto,.......forse. Comunque saluti e buon viaggio.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Vito J. Ceravolo

Nel mio sopra commento ho erroneamente scritto "sistema neurale delle piante superiori". È sbagliato, mi stavo riferendo alla neurobiologia vegetativa che non significa "sistema nervoso centrale". Ciononostante, pur questa loro mancanza, le piante hanno comunque comportamenti istintuali: "sentono, provano emozioni (non sentimenti), operano coi sensi..." Ci sono diversi libri che pongono il problema: "come è possibile che le piante abbiamo comportamenti istintuali pur non avendo una psiche propriamente detta?". Non mi sembra però di aver mai letto delle soluzioni in merito, solo appunto il rilevamento di tale problema: "la presenza dell'istinto al di fuori della sede psichica".
Con questo ho corretto l'errore scritto sopra e nuovamente mi scuso: no "sistema neurale" ma sistema "neurobiologico vegetativo".
In questo senso, la soluzione proposta in Guida mistica al noumeno, è quella appunto di conferire alla biologia la sede istintuale e alla psiche la sede intuitiva. Così facendo si cancella la confusione (anch espressa da viator ma presente in generale ) fra istinto e intuito, oltreché rispondere coerentemente al comportamento delle cose.
 
Ciao viator, 
buon viaggio a te. Se ti dovessi poi trovare con delle risposte che credi interessanti, sono sicuro tornerai.

viator

Salve Vito Ceravolo. Nel mio intervento precedente avevo preferito sorvolare sulla "fisiologia neurale" dei vegetali poichè stavi presentandomi una visione secondo me un poco troppo balzana di tale aspetto. Prendo atto, ringraziandotene, delle tue precisazioni.

Resta comunque il fatto che il significato che ciascuno di noi due attribuisce a certi termini è da me trovato troppo reciprocamente distante ed io purtroppo, pur non essendo restio ad illustrare la mia personale visione del mondo nonchè uso del dizionario, non posso ogni volta replicarla (inutilità a parte) ad ogni nuovo pur rispettabilissimo utente che appaia.

Certo, se definiamo una emozione come "reazione psico-(o)-somatica ad uno stimolo non previsto" (i vegetali, non possedendo una psiche, possiedono comunque un soma !) allora appunto potranno "emozionarsi".

Le loro reazioni "istintuali" saranno appunto tali "emozioni" e potranno tranquillamente verificarsi poichè l'istinto è basato sulla genetica e rappresentaa sua volta la base appunto "istintuale" dello psichismo, secondo quella che secondo me sarebbe la "scaletta" FISICA (annessa l'entropia) - CHIMICA (annessa l'ORGANICITA') - BIOLOGIA (annessa la genetica) - NEURALITA' (annessa l'emotività) - PSICHICITA (annesso il sentimento) - MENTALISMO (annesso il raziocinio) - IDEATIVITA' (annessa la capacità di astrazione) - TRASCENDENTALITA' (annessa la spiritualità).

Poi può darsi che mi sbagli. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

Provo a saltellare in telegrafico brainstorming fra differenti spunti (sperando di non sbandare troppo in off topic).

Citazione di: Ipazia il 04 Febbraio 2020, 14:52:41 PM
Non è detto che le scienze umane non possano percorrere le stesse vie, non solo teoretiche, della scienza, rinunciando ai fondamenti assoluti così come ha fatto la scienza.
La rinuncia ai fondamenti assoluti, o meglio al loro "monismo assolutistico", è stata vissuta troppo differentemente (ed era inevitabile): in un campo si è parlato di rivoluzione scientifica, scoperte di nuovi sistemi, apertura di nuovi campi di indagine, etc. nell'altro di crisi del pensiero, morte della filosofia e, appunto, nefasto nichilismo come «male estremo» (a cui estremi rimedi, come il ritorno all'imperituro noumeno e la riduzione della metafisica alla sua etimologia letterale). Suona piuttosto sintomatica ed eloquente la differenza dei rispettivi campi semantici a cui si fa ricorso quando una "frattura epistemologica" (direbbe Kuhn) bussa alla porta: c'è chi l'approccia come nuova possibilità da sperimentare, chi come ostile e/o ingenuo inciampo storico.
Citazione di: Ipazia il 04 Febbraio 2020, 14:52:41 PM
Nel caso del coronavirus vediamo come lo spazio teor-etico e pratico tra comunità scientifica e comunità umana tenda ad azzerarsi in una comune declinazione della ratio.
Nel caso del virus "made in China" (su cui non sono aggiornatissimo), non rinvengo alcuno "spazio" teor-etico, né filosofico; si tratta di rendere orgogliosa la buon'anima di Ippocrate, ma la teoresi non è soprattutto altro?
Se intendi invece la teor-etica delle mascherine preventive e degli sguardi obliqui rivolti a chi ha gli occhi un po' all'orientale, in tal caso il divario "spaziale" (in entrambi i sensi) fra comunità scientifica e comunità sociale mi pare piuttosto marcato.

Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2020, 19:07:29 PM
Ritieni il nichilismo occidentale una forma di profonda avversione verso l'essere (odio- implicita equiparazione dell'essere all'essere/Dio teologico. Anche perché il nichilismo radicale, come quello occidentale, non compare in altre culture filosofiche) ?
"Trafugo" la domanda perché molto sintomatica; presuppone infatti una visione del percorso nichilista, molto battuta da differenti viandanti, che ha come tappe: rilevamento di un vuoto ("nulla determinato", ovvero assenza di un presunta presenza), quindi negazione (logica e poi semantica ad ampio spettro), da cui avversione (antagonismo verso la suddetta negazione che viene intesa come rinnegazione dell'"essere del bene"). Più che risultare una prospettiva filosofica, il nichilismo viene infatti comunemente inquadrato come un movimento di insurrezione "negazionista" e pessimista (un po' anche per "colpa" degli aforismi ormonali di Nietzsche, con cui spesso, più che iniziare, si fa finire la propria concezione di nichilismo).
Sul perché altrove non ci sia stato il fenomeno del nichilismo: la geometria non-euclidea è anzitutto post-euclidea, dove non c'è ancora l'euclidea o dove essa è appena agli albori, difficilmente spunterà la post-euclidea; senza togliere che non è necessario, nè logicamente né tantomeno storicamente, che da l'euclidea nasca sempre la non-euclidea (in un contesto ciò è accaduto, ma non è un passaggio che abbia le basi per essere assolutizzato). In fondo è un po' come chiedersi come mai in altre culture, non occidentali, non sia sbocciata l'eresia dei catari o il cubismo.

Citazione di: Vito J. Ceravolo il 05 Febbraio 2020, 13:07:40 PM
poi tutto si esaurisce nel fondamento (che non è il paradigma qui in esame), ma questa è un'altra storia. Andatelo a dire alle scienze: a loro mica interessa il perché (fondamento), a loro interessa il come (paradigma). A loro interessa che le cose funzioni... e questo paradigma funziona fin quando è in grado di giustificare le proprie asserzioni in coerenza formale a sé e materiale alle cose che descrive.
Il fondamento non è un paradigma, è ciò che rende possibile un paradigma; sia lo scienziato che l'idraulico più "esecutivi" e refrattari a domande fenomenologiche o fondamentali (sui fondamenti), loro malgrado, quando operano con le loro prassi e i loro strumenti, si stanno basando su un fondamento (uso impropriamente il singolare), non fondamento ontologico, ma fondamento che regge il paradigma all'interno del quale si muove il loro operare. Essere consapevoli di tale fondamento può essere il primo passo per instaurare un nuovo paradigma o soltanto ottimizzare quello già in uso.
Lo domanda filosofica sul fondamento in filosofia, è sempre meno la domanda sull'archè onto(teo)logico che fonda "ciò che è", e sempre più quella sull'(auto)fondamento logico-semantico del paradigma che ogni filosofia propone; senza tale riflessione sul fondamento, esso continuerà dissimulatamente, "inconsciamente", ad essere l'asse portante della rispettiva proposta filosofica: su cosa si fonda il parlare del noumeno? Su cosa si fonda il dualismo bene/male? Quali sono gli assiomi che non riesci a giustificare, o che sono indecidibili, all'interno del tuo sistema filosofico? Se non si risponde a queste domande e si passa direttamente all'usare come già dato, auto-evidente o auto-fondato, il concetto di noumeno o il dualismo bene/male o ogni assunto che sosteniamo con un inconsapevole circolo vizioso, allora ci si preclude la possibilità di capire i propri fondamenti e, eventualmente, modificarli per rimodellare il discorso che ne deriva. Ricollegandoci al caso noto del quinto postulato di Euclide: se non fosse stato prima individuato come postulato fondante, non sarebbe stato possibile metterlo, controintuitivamente e contro l'evidenza sensibile, in discussione e non ci sarebbe stato l'ulteriore fondamento, quello per una delle possibili geometrie non euclidee.


P.s.
@Vito
Sulla riconduzione del nichilismo ad «A=-A», resto perplesso sulla plausibilità che il nichilismo affermi davvero che l'«essere è il non-essere», o che «io sono il non-io» o che «una mela è una non-mela», perché il suo discorso, per come lo vedo (lasciando anche da parte i manuali), non è di assiomatizzazione logica, né di apologia della contraddizione del principio di identità: sostenere che un principio o un concetto non ha un fondamento assoluto, non significa affermare che non ha un fondamento, nè che tale principio o concetto non esiste. Si tratta quindi di non confondere la negazione logica (-) con l'insieme vuoto (Ø) o con la negazione dell'indicatore di necessità (-◻, se non ricordo male) debitamente usato (se proprio vogliamo giocare a tradurre in linguaggio logico qualcosa che mal vi si presta; l'utilità della logica non sta per me nella sua formalità astratta, ma nel saper compilare pertinentemente i suoi enunciati).

Vito J. Ceravolo

#52
Ciao Viator,
non ho capito su cosa volevi sorvolare se avevo già avvisato che stavo correggendo... E fammi capire anche un'altra cosa, cosicché io possa adeguarmi a chi sei tu, esattamente: io dovrei sorvolare a risponderti con chiarezza perché tu appari qui per la prima volta? Qual onorevole persona sei tu per cui io non ti debba rispondere?  Anche perché non è che hai sbagliato a fare 2+2, ma una comune problema fra psiche e biologia. Qui, per entrare nel dettaglio corretto, sto parlando degli studi di neurobiologia vegetativa, dove si riscontra che le piante si compiono, oltre che meccanicamente, anche attraverso i 5 sensi udito, olfatto, gusto, vista, tatto. Naturalmente in forma diversa da come accade negli animali e diversa da come accade anche nell'uomo, ma pur sempre in forma istintuale (cfr. U. Castiello, La mente delle piante). L'emozione riguarda invece proprio il rilevamento nei vegetali delle basilari sensazioni primitive, come terrore o gioia (per la differenza fra emozioni e sentimenti cfr. A. Damasio, Alla ricerca di spinoza). Questo comportamento istintivo attraverso i sensi non è invece presente negli esseri prettamente meccanici, come le particelle, mentre il comportamento intuitivo non è mai stato rilevato in esseri privi di apparato nervoso centrale (per usare il tuo linguaggio). La sequenza è consequenziale: meccanica-reazioni; biologia-istinto; psiche-intuito.

Se tu ora vuoi continuare con certi toni da bar, per me era già sufficiente il tuo "buon viaggio" di un tempo. Diversamente il tuo schema è interessante, ciò non toglie però che in natura si riscontrano comportamento istintuali al di fuori di apparati psichici. Poi magari è corretta la tua giustificazione: ciò avviene per i semplici legami ad aspetti genetici, ma ciò non toglie, per quei casi, che un apparato neurologico centrale non è condizione necessaria a un comportamento istintivo. Mi ricordo che anche Cartesio, a suo modo, ci aveva costretto a credere ad animali senza anima... no, lui non aveva detto piante senza istinto.

iano

#53
@Phil
Per quel che riesco a capire sono del tutto d'accordo con tutti i tuoi post.
Cioè, nel mio piccolo condivido le tue posizioni.
La rinuncia della ricerca di un fondamento assoluto credo sia la preoccupazione di molti , ma dubito che si possa fare retromarcia su ciò.
La questione per me è semplice.
Nell'eterno alternarsi fra conservazione e progresso siamo nel pieno della seconda fase , ma non so' quanti se ne rendano ben conto .
Non voglio qui intendere progresso in senso positivo , ma semplicemente come quella fase che si alterna alla conservazione.
Caratterizzare questo progresso con la nuova scienza è po' fuorviante.
Per necessità di descrizione si individuano date , fatti e punti di svolta, che però sono solo convenzionalmente tali.
Siccome poi tendiamo a porre fede alle storie che ci raccontiamo , la suddetta necessità descrittiva , tende a nascondere il carattere continuo della storia del fare umano.
Non è la scienza ad aver introdotto il relativismo , ma è l'esatto contrario.
Ma da cosa nasce questa tendenza al relativismo?
Dal fatto che abbiamo incentivato l'uso della coscienza.
La prossima tappa , la prossima fermata , il prossimo inevitabile punto di conservazione , quando arriverà, e come sarà ?
Non lo so' , ma immagino sarà completamente diverso da quelli che lo hanno preceduto.
Provare a rispondere a ciò sarebbe un buon esercizio filosofico.
Comprensibilmente c'è che teme che un tale nuovo punto di stabilità non verrà trovato e tende perciò a tornare al vecchio , magari provando a riformarlo.
Comprensibile , ma tempo perso temo.
Non sono mai state le nostre filosofie a determinare il corso degli eventi , ma il contrario.
Se anche ognuno di noi fosse dotato di libero arbitrio , non sembra che l'umanità nel suo complesso ne abbia uno.
I grandi sistemi filosofici non si diffondono in quanto grandi  , magari perché supportati da logiche inoppugnabili , ma perché trovano terreni fertili.
Resi fertili da cosa?
Questo bisognerebbe chiederlo all'umanita' , e lei ce lo direbbe , se avesse una coscienza , e non parliamo poi dell'intelletto , dell'intuito e altro.
Ciò detto , non è questo un invito ad essere irresponsabili.
Tutt'altro.
E aggiungo invece un invito ad avere fiducia e coraggio ,dato che non costa nulla.'
C'è sicuramente un rapporto ambiguo fra noi e la realtà, visto che se le parti esistono , noi ne siamo parte.
Questo è un limite per noi , scienza compresa , e la conseguenza è che ,per quanto si incrementi l'uso della coscienza , l'esito della qual cosa non do' per scontato , tutto non sarà mai coscienza , che non è comunque un bene in se'.
Noi , in quanto filosofi , non facciamo altro che esercizio di coscienza , allenandoci per qualcosa che verrà.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Citazione di: Phil il 06 Febbraio 2020, 23:50:53 PM
Citazione di: Ipazia il 04 Febbraio 2020, 14:52:41 PM
Non è detto che le scienze umane non possano percorrere le stesse vie, non solo teoretiche, della scienza, rinunciando ai fondamenti assoluti così come ha fatto la scienza.
La rinuncia ai fondamenti assoluti, o meglio al loro "monismo assolutistico", è stata vissuta troppo differentemente (ed era inevitabile): in un campo si è parlato di rivoluzione scientifica, scoperte di nuovi sistemi, apertura di nuovi campi di indagine, etc. nell'altro di crisi del pensiero, morte della filosofia e, appunto, nefasto nichilismo come «male estremo» (a cui estremi rimedi, come il ritorno all'imperituro noumeno e la riduzione della metafisica alla sua etimologia letterale). Suona piuttosto sintomatica ed eloquente la differenza dei rispettivi campi semantici a cui si fa ricorso quando una "frattura epistemologica" (direbbe Kuhn) bussa alla porta: c'è chi l'approccia come nuova possibilità da sperimentare, chi come ostile e/o ingenuo inciampo storico.

Il primo campo semantico da dissodare è cosa intendere per "scienze umane". Per me sono quelle che si occupano del comportamento dell'animale umano, dalla pratica all'immaginazione, e vanno dall'etologia alla filosofia passando per antropologia, psicologia, storiografia, politica, estetica, ... In tale ampio e specialistico ventaglio di sapere vedo, a seconda delle remore della tradizione, segnali incorraggianti verso l'unificazione dell'episteme, inclusiva pure della metodologia di ricerca. In questo prato stormente, la filosofia, essendo la disciplina più venerabile, ha qualche acciacco in più e qualche nostalgia di troppo per i bei tempi andati quando era ancilla di signori assai più elevati dell'impresentabile homo supponentemente sapiens e inguaribilmente immanente.

Citazione di: Phil il 06 Febbraio 2020, 23:50:53 PM
Citazione di: Ipazia il 04 Febbraio 2020, 14:52:41 PM
Nel caso del coronavirus vediamo come lo spazio teor-etico e pratico tra comunità scientifica e comunità umana tenda ad azzerarsi in una comune declinazione della ratio.
Nel caso del virus "made in China" (su cui non sono aggiornatissimo), non rinvengo alcuno "spazio" teor-etico, né filosofico; si tratta di rendere orgogliosa la buon'anima di Ippocrate, ma la teoresi non è soprattutto altro?
Se intendi invece la teor-etica delle mascherine preventive e degli sguardi obliqui rivolti a chi ha gli occhi un po' all'orientale, in tal caso il divario "spaziale" (in entrambi i sensi) fra comunità scientifica e comunità sociale mi pare piuttosto marcato.

La teor-etica più sensata aggrega, obtorto collo, tutte le comunità intorno a quella che, nel caso specifico, ne sa di più. Tale unificazione di comportamenti e saperi, (auto)rimossi i pochi ma rumorosi alberi che cadono fragorosamente nei loro pregiudizi, permette alla silente foresta di crescere nel suo insieme, sviluppando la riflessione metafisica sulla verità e i sentieri che ad essa conducono. Mappando pure gli Holzwege senza sbocco.

Sulle altre repliche mi fa piacere che Phil, come spesso accade, abbia focalizzato al meglio della discussione le questioni cruciali.

Rispetto al nichilismo ne sottolineerei la relatività "cosmologica", ovvero la necessità di indagare lo specifico universo valoriale che lo denuncia come altro da sè (non-Essere). Il "mondo dietro il mondo", che vede nichilismo dietro ogni angolo dell'universo, è, dal punto di vista immanente, la quintessenza del nichilismo del mondo (reale).

Anche in questo caso la questione dei fondamenti, peraltro mai assoluti ma di "sistema" (con un loro specifico "campo di esistenza"), torna ad essere metafisicamente "fondamentale" e al contempo si riduce, quando il fondamento è solido, la distanza dal paradigma, rendendo il tutto consistente.

Citazione di: iano il 07 Febbraio 2020, 02:35:35 AM
Non è la scienza ad aver introdotto il relativismo, ma è l'esatto contrario.
Ma da cosa nasce questa tendenza al relativismo?
Dal fatto che abbiamo incentivato l'uso della coscienza.

Coscienza ... della realtà, che è l'approccio scientifico all'universo. Esso stesso concetto sistematico coerente in relazione a quanto se ne sa (episteme) nel divenire del sapere. E' lo stesso spazio-tempo dell'episteme ad essere relativistico. Tale relatività esperita è la critica più consistente all'ontologia degli assoluti e alle sue metafisiche.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Sariputra

#55
Ma voi ci credete in modo relativo al relativismo o in modo assoluto? Perché se ci credete in modo assoluto non siete più dei relativisti ma degli assolutisti del relativo. Se invece ci credete in modo relativo vuol dire che non ne siete del tutto convinti neppure voi... ;D
A parte gli scherzi, credo che si debba fare uno sforzo di uscire da questi due opposti: nichilismo-assolutismo (che io chiamo più correttamente 'eternalismo'). Essendo ambedue errati bisognerebbe tentare di superarli in qualcosa di veramente nuovo. Adesso siamo in una 'stasi' e la pochezza filosofica attuale, ormai ancella della scienza empirica, tutta votata all'utilitarismo, ne è solo un volto...
Dateci dentro perdiana, non ripetete solo il "già noto"...
buon lavoro filosofi!  :P
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Ipazia

Non esiste il nulla e non esiste l'assoluto. Esiste il reale. Spiace sia difficile inventarne uno di nuovo, visto che ne facciamo parte da qualche miliardo di orbite terrestri intorno al sole, e che le nostre possibilità di modificarlo sono assai relative. Su quel margine relativo ci stiamo dando da fare. Compito non meramente ancillare della filosofia è dare un senso alla realtà, seguendone il divenire e individuando le persistenze. Le quali possono, con tolleranza sperimentale, divenire costanti, quindi fondamenti di paradigmi esistenziali.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Sariputra

Citazione di: Ipazia il 07 Febbraio 2020, 10:49:39 AMNon esiste il nulla e non esiste l'assoluto. Esiste il reale. Spiace sia difficile inventarne uno di nuovo, visto che ne facciamo parte da qualche miliardo di orbite terrestri intorno al sole, e che le nostre possibilità di modificarlo sono assai relative. Su quel margine relativo ci stiamo dando da fare. Compito non meramente ancillare della filosofia è dare un senso alla realtà, seguendone il divenire e individuando le persistenze. Le quali possono, con tolleranza sperimentale, divenire costanti, quindi fondamenti di paradigmi esistenziali.

Quindi il reale ( materiale in questo caso) è l'assoluto?
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

iano

#58
@ Sariputra.
Ci sarà sempre qualcosa che sfugge alla nostra coscienza/conoscenza.
Sfugge , ma non perché l'insondabilita' sia un suo attributo , così come la coscienza non è una necessità ineludibile e men che meno una meta.
Come vogliamo chiamarlo questo qualcosa?
Assoluto?
Il suo contenuto però non è fisso e determinato.
Dal punto di vista utilitario poche cose sembrano così utili del non credere all'utilitarismo.
Nulla si mostra più utile della cieca fede.
Qui sta il paradosso che mi fa' ben comprendere l'ansia di chi aspira all'assoluto.
Non si tratta di trovare una via di mezzo fra apparenti opposti , ma come tu ben sai si tratta di riconoscerne il carattere unitario.
Mi pare sia questo l'intento di Vito.
L'assoluto , se c'è, è immutabile ? Se si....
Perché?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Sariputra

#59
cit.@iano: Ci sarà sempre qualcosa che sfugge alla nostra coscienza/conoscenza.
Sfugge , ma non perché l'insondabilita' sia un suo attributo , così come la coscienza non è una necessità ineludibile e men che meno una meta.
Come vogliamo chiamarlo questo qualcosa?
Assoluto?



Lo chiamerei semplicemente "ciò che non si conosce". Relativo o assoluto , in questo caso, non c'entrano nulla.

Ambedue le posizioni affermano che non si conoscono tutti i fenomeni... :)

Non ritengo si possa attribuire all'assoluto il carattere di 'immutabilità',che è semplicemente una concezione astratta data dal concetto di 'mutabilità'. L'assoluto, sciolto cioè dai legami, non può giocoforza essere  definito né mutabile né immutabile. "immutabile" ha un carattere di vincolo che non lo renderebbe più 'assoluto'...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
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