Giochi di pensiero: la terza rivoluzione filosofica

Aperto da Vito J. Ceravolo, 02 Febbraio 2020, 18:09:52 PM

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Phil

Come definizione, proprio sulla Treccani online, ho trovato: «Invenzione della mente, ciò che si crea con l'immaginazione» (cit.); direi che «invenzione della mente» è pertinente a ciò che intendevo (soprattutto il chiamare in causa la mente); se invece usiamo «ipotesi razionali», secondo me, oltre al fatto che le ipotesi non sono sempre vissute come tali (bensì come certezze), non rendiamo comunque giustizia agli aspetti irrazionali che pure accompagnano la filosofia e "il gioco di società": l'arte, l'inconscio, etc. e poi non vorrei escludere i nietzschiani (battuta!).

iano

Citazione di: Sariputra il 04 Febbraio 2020, 12:58:57 PM
Mi sembra non corretto usare il termine 'finzione'. Per finzione s'intende qualcosa creato dalla mente con l'immaginazione ( diz.Treccani), non con la ragione. Mi sembra più consono dire: ipotesi razionali.
Finzione non si riferiva alle ipotesi, ma al quadro generale che sta per , o è  ( per chi lo crede ) la realtà.
Non so' invece se è consono "razionali" riferito alle ipotesi.
Le ipotesi nel loro insieme immagino debbano essere non contraddittorie , preferibilmente non ridondanti , etc...
Ciò che mi pare interessante è che il quadro che abbiamo scambiato per realtà, senza sapere come lo abbiamo costruito , si è dimostrato a posteriori coerente ( Vedi geometria Euclidea ) tanto da poterne trarre le ipotesi sottostanti , senza che nessuno le avesse immaginate.
Ciò ha rafforzato l'idea che la realtà fosse proprio Euclidea.
Oggi sappiamo che non è così, e che si trattava di realismo ingenuo.
Tuttavia quel quadro sottende ancora magnificamente alla nostra percezione , e non c'è nessun buon motivo per rinunciare ad essa.
Non va' considerata però come la nostra bussola esclusiva , e per motivi simili non è da considerare tale neanche la scienza .
Esse si affiancano. Si prendono e si ripongono nello scaffale dei nostri attrezzi , la cui forma e funzione non è predeterminata.
Imparare a maneggiare questi attrezzi e costruirne di nuovi liberamente immaginabili è roba nostra.
Noi siamo anche quegli attrezzi.
Questa relatività può non piacere ad alcuni , ma non si possono non riconoscere le potenzialità, che una rastrellliera di attrezzi assoluti e immutabili non può dare.
Ma il punto non è che noi dobbiamo perseguire ciò.
Il punto è che noi siamo ciò , almeno finché stiamo a questo mondo.
E poi anche altro , certo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Citazione di: Phil il 04 Febbraio 2020, 12:38:25 PM

La stessa interpretazione nichilista non ha un fondamento assoluto e veritativo (essendo molto più destruens che costruens), è piuttosto solo la (sconsolata?) constatazione che i fondamenti finora proposti come assoluti (dalle scienze umane, il nichilismo filosofico non parla di quanti e leggi fisiche), semplicemente non lo sono perché, al di là del loro successo storico, sono incapaci di uscire dalla propria autoreferenzialità (la scienza ci riesce infatti percorrendo altre vie, non solo teoretiche).

Non è detto che le scienze umane non possano percorrere le stesse vie, non solo teoretiche, della scienza, rinunciando ai fondamenti assoluti così come ha fatto la scienza. Nel caso del coronavirus vediamo come lo spazio teor-etico e pratico tra comunità scientifica e comunità umana tenda ad azzerarsi in una comune declinazione della ratio. Il che può valere in tutti i casi in cui il "gioco di società" oltrepassi l'ambito del sollazzo, trattando "convenzioni" vitali.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Vito J. Ceravolo

Ciao Ipazia,
lo sai che non ho scritto che la ragione ha l'in sé delle cose, bensì che la ragione è l'n sé delle cose, come sai anche la differenza fra essere e avere. Quando Hegel afferma che tutto è razionale, mette il soggetto nelle cose, annullando le cose sulla scia kantiana. Quando dico che la ragione è l'in sé delle cose (distinguendo la ragione dallo strumento razionale conoscitivo) tutelo l'oggetto permettendo l'accesso razionale ad esso. Che poi Hegel abbia raggiunto delle verità... forse da qualche parte, come tutti da qualche parte dicono alcune verità, ma il suo pensiero fondante, in generale, quello di passaggio nel nulla assoluto, è formalmente e naturalmente (scienze naturali) senza senso. Da tale non-senso (formale-naturale) ne segue la sua insistenza all'annullamento della cosa in sé (se nulla può essere, allora nulla è), cioè la sua insistenza post-kantiana a riconoscere nelle cose solo "il per noi". Chiamare tale conseguimento veritàè un presupposto assai pretenzioso: più che un "tesoro" (che tu sei libera di trovar luccichii dove ti pare) io lo chiamo inconsistenza (solo perché "inconsistente" si dice qualunque affermazione contraddittoria con sé o con le cose che descrive). Sai come si dice dalle mie parti? Se l'oggetto non fosse il soggetto oggettivamente non sarebbe. Eppur io di Hegel conservo comunque bei ricordi, qualcuno, come la forma tesi-antitesi-sintesi ben utile nello svolgimento dei discorsi almeno fenomenologici. Di tutti questi Grandi conservo sempre qualche bel ricordo.
 
Ciao boomax,
Per quanto riguarda la mia ontologia, A può essere tanto presente, quanto ogni tempo assieme o separatamente passato-presente-futuro. Nella mia filosofia, ogni cosa è essere, compreso il divenire e a esclusione del nulla assoluto. Quello che scrivi non ha alcun riscontro presso la mia ontologia, è uno strascico malforme del luogo da cui parli.  
 
Di nuovo ciao Ipazia,
parlare di autorità come di manualistica ha un certo limite per lo sviluppo del pensiero: è chiaro che il tuo affermare «del concetto hanno il difetto di non accedere al noumeno» sia una posizione corretta, però, ripetere tale posizione, denota due difetti: o non hai letto le possibilità presentate in "Guida mistica al noumeno" e "Linguaggio e noumeno"  dove si supera tale problematica concettuale; oppure le hai lette ma non hai posto alcuna critica su di esse (io non le ho lette tali critiche) così ripetendo inutilmente tale problematica già superata.
Voglio dire, se non ti piacciono le soluzioni proposte, sarai sicuramente in grado di indicarle e spiegarmi il perché.
 
Per me invece fu ingenuo Nietzsche, perché pur avendo l'ingegno di rilevare i difetti metafisici per i quali tale metafisica era difettosa, non cerco di sistemarla, ma scelse consapevolmente ("la mia filosofia è nata già morta") la via di negare tutto, pur avendo – ripeto – rilevato i punti tramite cui poter affermare tutto. Ma in fondo... per me è ingenuo tanto il realismo quanto il nichilismo, quindi non facciamocene un callo.
 
Per quanto riguarda la mia filosofia, non posso far altro che affermare quello che dici tu: l'ontologia è una questione più fattuale che astratta, cioè più scientifica che filosofica: un mero marasma di valori e dati da interpretare. Come filosofi non ci rimane altro che la buona interpretazione dei dati e l'indirizzamento entro le forme ontologiche in cui la scienza può muoversi. Tali forme, per necessità, nella mia filosofia hanno superato i paradossi e le difficoltà sia logiche di Gödel-Frege-Russell (da "Teoremi di coerenza e completezza" a "Unificazione generale della logica") sia linguistiche di Wittgestain (Linguaggio e noumeno - prima e seconda parte).
Però devo dirti una cosa: qui, con l'idea della sovrasensibile ragione in sé di principio non misurabile fisicamente se non tramite le sue conseguenze fisiche etc... In questa filosofia la scienza è rinchiusa in un ambito puramente fattuale, senza possibilità di accesso diretto a tale mondo.
 
 
A voi:
Ho un po' seguito il vostro discorso sulla finzione... oh certo, la fiction è un tarlo forte e irrisolto fra le attuali problematiche concettuali. Se vi può interessare, per quanto riguarda tale concetto di finzione, a livello prettamente formale, ben considerando che troverete forme che esulano dalla comune conoscenza... e che di ciò che troverete la finzione non è esplicitamente espressa ma detraibile in una commistione fra immaginazione/realtà o altro...
Capitolo 9 https://filosofiaenuovisentieri.com/2019/04/14/unificazione-generale-della-logica-classica-e-non-classica/
Questo però esula dal post di apertura. Quindi per ora mi limito a leggervi.

Poi sinceramente, se mi è sfuggito qualcosa a cui rispondere, è perché non ho visto il mio nome quindi penso che vi stiate un po' confrontandovi fra di voi.

Sariputra

#34
Ciao @ Vito J. Ceravolo.
Non entro nel merito della discussione perché non ne ho la competenza tecnica. Volevo solo porti una domanda...Ho letto questo tuo articolo:

https://www.azioniparallele.it/archivi/30-eventi/atti,-contributi/202-scalata-critica-al-nichilismo.html

L'ho trovato molto interessante. Mi sembra di capire che tu teorizzi il nichilismo occidentale  come una forma di 'odio' (faccio un'estrema sintesi ovviamente, veramente esagerata..). Nella filosofia buddhista il nichilismo viene di fatto associato con l'estremo negativo della speculazione filosofica, mentre l'eternalismo con l'estremo positivo. Ambedue le posizioni sono ritenute errate. Però c'è una differenza importante tra i due opposti: il nichilismo ha come causa-radice l'avversione (odio), mentre l'eternalismo ha come causa-radice il desiderio (la brama).
Leggendo questo tuo passo dal sopracitato articolo mi aleggiava questo dubbio...
"Nientità dell'essere, quanto odio c'è in te: il verde, il buono, la verità... sono niente! Niente è verde, buono, verità. Niente è qualcosa: "A = non-A". Quanto illogico disprezzo verso il valore proprio dei fiori, del mare, dell'oltre se stesso. Superuomo nell'apoteosi del male: saresti capace anche di distruggere il pianeta che ti dà vita, per la tua inconsistente superbia. E tanto urgentemente è in pericolo il mondo che pari è l'urgenza di sputargli fuori l'odio che gli hai iniettato col tuo morso, nichilismo occidentale. "

Ecco allora la domanda:
Ritieni il nichilismo occidentale una forma di profonda avversione verso l'essere (odio- implicita equiparazione dell'essere all'essere/Dio teologico. Anche perché il nichilismo radicale, come quello occidentale, non compare in altre culture filosofiche) ?

Grazie
un saluto
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Ipazia

Citazione di: Vito J. Ceravolo il 04 Febbraio 2020, 18:41:00 PM
Ciao Ipazia,
lo sai che non ho scritto che la ragione ha l'in sé delle cose, bensì che la ragione è l'in sé delle cose, come sai anche la differenza fra essere e avere. Quando Hegel afferma che tutto è razionale, mette il soggetto nelle cose, annullando le cose sulla scia kantiana. Quando dico che la ragione è l'in sé delle cose (distinguendo la ragione dallo strumento razionale conoscitivo) tutelo l'oggetto permettendo l'accesso razionale ad esso.

"La ragione è l'in sé delle cose": intendi dire che ne è il significato ? Se è così siamo comunque fuori dall'ontologia delle cose, ovvero la proprietà di essere un in sè che ha una sua essenziale noumenicità. Peraltro una ragione "in sè delle cose" distinta dallo strumento razionale conoscitivo non saprei proprio dove andarla a cercare. Forse nel luccichio che in sè, ovvero in me, vedo quando guardo il sole, al punto iniziale dei 10 punti in cui l'in sè inizia da in me la sua odissea metafisica con sdoppiamento tutelare della ragione al suo seguito e servizio ?

CitazioneDi nuovo ciao Ipazia,
parlare di autorità come di manualistica ha un certo limite per lo sviluppo del pensiero: è chiaro che il tuo affermare «del concetto hanno il difetto di non accedere al noumeno» sia una posizione corretta, però, ripetere tale posizione, denota due difetti: o non hai letto le possibilità presentate in "Guida mistica al noumeno" e "Linguaggio e noumeno"  dove si supera tale problematica concettuale; oppure le hai lette ma non hai posto alcuna critica su di esse (io non le ho lette tali critiche) così ripetendo inutilmente tale problematica già superata.
Voglio dire, se non ti piacciono le soluzioni proposte, sarai sicuramente in grado di indicarle e spiegarmi il perché.

Vedrò di focalizzare ...

CitazionePer me invece fu ingenuo Nietzsche, perché pur avendo l'ingegno di rilevare i difetti metafisici per i quali tale metafisica era difettosa, non cerco di sistemarla, ma scelse consapevolmente ("la mia filosofia è nata già morta") la via di negare tutto, pur avendo – ripeto – rilevato i punti tramite cui poter affermare tutto. Ma in fondo... per me è ingenuo tanto il realismo quanto il nichilismo, quindi non facciamocene un callo.

Forse era nata morta perchè la soluzione non era meramente metafisica e sistemarla metafisicamente, con un nuovo sistemone, era l'ultima cosa che desiderava fare. Già si era speso molto con il Wille e l'eterno ritorno, avendone alla fine ben poche gratificazioni teoretiche. Meglio con l'amor fati, ma sospeso sul nulla. Un nulla più grande delle esili forze rimaste (Ecce homo).

Citazione... Però devo dirti una cosa: qui, con l'idea della sovrasensibile ragione in sé di principio non misurabile fisicamente se non tramite le sue conseguenze fisiche etc... In questa filosofia la scienza è rinchiusa in un ambito puramente fattuale, senza possibilità di accesso diretto a tale mondo.

Sul dualismo cogito-physis penso ci sia ancora spazio di discussione. Ma chiamare il cogito: "sovrasensibile ragione in sé" mi turba alquanto.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Vito J. Ceravolo

Ciao Sariputra,
«avversione verso l'essere?» Sì.
Grazie a te, ho colto delle piccole piacevoli sfumature.
 
Ciao Ipazia,
in "linguaggio e noumeno" scrissi che la ragione in sé è il senso delle cose (in contrapposizione al non-senso) da distinguersi dal significato che è invece ciò che viene attribuito dal soggetto.
Se la ragione è l'in sé delle cose essa si ricerca nelle cose.
C'è uno sdoppiamento fra me e te in questo momento mentre io ricerco in te un discorso o tu in me una risposta? Se ora sostituisci me col lavello lo sdoppiamento rimane: tu sei il soggetto, io o il lavello l'oggetto. La tanto vituperata odissea metafisica esiste dal momento che esiste anche una sola cosa fuori di te. Eh sì, Ipazia, nei 10 hai visto bene: l'odissea metafisica finisce quando porti dentro di te il luccichio del sole fuori di te.
Hai visto anche la forma logica vero?
          Sole={Ipazia}  --> S(I)
          Se il Sole è l'insieme a cui appartiene Ipazia, allora il Sole è una proprietà di Ipazia.
 
Guarda, per Nietzsche proprio non saprei. Forse gli mancavano solo quegli strumenti formali e linguistici che seguirono alla sua scomparsa.
 
No, il pensare non è sovrasensibile ragione in sé, per questo ti turba, esso, in quanto si compie tramite linguaggio, è invece sensibile razionalità.  Ma ti d0 una mano a focalizzare meglio dove pongo la questione problematica del concetto e del cogito, però devi andare poi a vedere nel dettaglio perché sarò di manica larga qui di seguito:
 
Da Guida mistica al noumeno
1. La ragione è l'in sé (noumeno);
2. La razionalità (parlante il linguaggio della ragione) è lo strumento di accesso all'in sé;
3. La razionalità ha due strumenti:

  • L'intuizione (priva di schemi personali a razionalità spenta), il guardar dentro con la mente;
  • Il concetto (con schemi personali a razionalità accesa), il concepir fuori con la mente.
4. L'accesso immediato alla ragione in sé è possibile tramite intuizione (poiché senza schemi personali, senza interferenza dell'osservatore sull'osservato);
5. La descrizione mediata della ragione in sé è possibile tramite il concetto;
 
Da qui Linguaggio e noumeno
6. Ponendo la stessa ragione sullo stesso ordine del discorso (the house in beautiful; la casa è bella) posso esprimerla ugualmente, senza alterarla, attraverso qualsiasi linguaggio; benché ogni linguaggio diverso dia effetti fenomenici differenti.

Ipazia

Ho letto quello che c'era da leggere incluso il link 6 (mancante) che rimanda ad un libro di ca. 200 pagine dove la terza rivoluzione filosofica suppongo sia svolta per esteso. Poichè di un sistema la parte cruciale è il fondamento mi accanirei amichevolmente su di esso partendo dalla "mistica", in cui viene posto e sviluppato:

Citazione di: Vito J. Ceravolo - GUIDA MISTICA AL NOUMENO – 8 brevi passi per accedere all'invisibile
[1] Assumiamo:

    Un oggetto, una realtà in sé, un ordine sovrasensibile delle cose, un noumeno. Detto ragione in sé delle cose;

    Un soggetto, una realtà apparente, un ordine sensibile delle cose, un fenomeno. Detto immagine apparente delle cose.

[2] La ragione in sé delle cose è il tertium comparationis, ciò che permette la conoscenza razionale delle stesse, l'uguale che conosce l'uguale, il medio fra inanimato e animato, fra res extensa e res cogitans, fra meccanica-biologia-cultura, fra body-mind, ed è ratio efficiens:

    Ciò che appare necessita di ciò da cui apparire, il quale conseguentemente non può apparire, ma dal quale conseguentemente si dà quell'apparire;

    L'apparire sensibile è conforme alla ragione sovrasensibile per cui si dà, cosicché ogni fenomeno sia una manifestazione della ragione in sé per cui appare;

    L'esperienza fenomenica è di valori sensibili e ogni valore sensibile ha un ordine implicante la ragione per cui è tale. Anche ciò che rientra nell'ordine degli irrazionali è conforme alla ragione per cui è tale;

    La ragione in sé, noumeno, ha la sua conseguenza esperienziale che le si conforma, condizione basilare per essere presa in considerazione in una teoria della conoscenza che prevede la verificabilità condivisa dell'oggetto in esame;1

    Alla realtà in sé, alle ragioni sovrasensibili, si conformano casi di determinazione, probabilità, caos, causa, caso, libertà, contraddizioni, paradossi etc (cfr. Libertà).


Spostare semanticamente la cosa in sè kantiana anteponendole una ragione non mi pare particolarmente rivoluzionario, ma un riformismo per restare all'interno dell'impostazione madre della questione, perdendo pure per strada la posizione ontologica, storicamente decaduta ma reale, dell'originale settecentesco, poi transitato nel positivismo ottocentesco fino al novecento che lo bloccò.

Se l'escamotage onto-logico rivitalizzante è: "un ordine sovrasensibile delle cose", mi pare si peggiori la situazione - ma evidentemente non si poteva fare diversamente - riproponendo metafisiche d'antan su cui il pensiero illuminista, Kant compreso, aveva già posto la sua critica. Critiche che lo sviluppo delle conoscenze neuro- e psico-scientifiche hanno rivestito di carne e sangue sperimentali.

Il problema è il "sovrasensibile". Già gli antichi, non totalmente animisti, avevano ipotizzato un sesto senso, quint'essenza, terzo occhio, per definire quel senso totalizzante che tutti li sussumeva in un "oggetto", più o meno immateriale, dai molteplici nomi, tra cui nous, spirito, atman, mente, coscienza, intelletto, ragione,...  che le neuropsicoscienze hanno unificato in psiche e sistema nervoso centrale (snc).

Vado brutalmente di sintesi, e i fini specialisti non me ne vogliano per l'uso grossolano dell'oggetto dualistico (1) per eccellenza, piallato nelle sue fenomeniche sottigliezze, ma un prodotto evolutivo che deve tutto, compresa la possibilità di sopravvivere, al sensibile, non può permettersi il lusso di far dipendere tutto ciò da un noumenico alieno sovrasensibile, depositario di una ragione superiore di fronte alla quale il suo raziocinio cogitante si collocherà sempre come il figlio di un dio minore, schiacciato tra il padre noumeno e il figlio "tertium comparationis", depositario del codice segreto ("ratio efficiens") per accedere al padre. Pur sempre in via limitata e sub gratia (trascendente ?).

Ontologicamente parlando, mi tengo pertanto la (auto)coscienza e sto a vedere quanto le Bigscienze e il nichilismo apocalittico ci si scornano contro. Razionale, irrazionale, immateriale, immaginifica, riflessa, gettata, poiettata, progettata, diversamente libera:  ma sensibile in toto, innanzi all'ordine duramente materico delle cose. Cui si sovrappone l'ordine immateriale - più opportunista che giocosamente fittizio (pur non escludendo in condizioni gioiose tale opportunità), ma pur sempre sensibilmente fondato sulla sua cogitante matericità - della riflessione filosofica e delle sue prassi.

(1) sui fondamenti, metafisicamente declinati, del dualismo la formula cartesiana - res cogitans vs. res extensa, rimane a mio avviso ancora oggi la più esplicativamente azzeccata.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Vito J. Ceravolo

Ciao Ipazia,
ben rivista e grazie della fatica.
Il libro in link 6 è la base di partenza. Lì c'è il piano ontologico e teoria della conoscenza da cui parte  il discorso, oltre alcune posizioni sul principio unico. È un marasma di forme e nozioni che sostengono alla base quello di cui stiamo discorrendo. Non è la fine della rivoluzione di pensiero, è l'inizio.
 
Però voglio chiarire: l'intuito non è un sesto senso né un terzo occhio. Da Eistein a Gödel alle scienze, dai presocratici, Platone, Nietzsche a tutta la storia filosofica occidentale sin al senso comune, l'intuizione non è considerata come sesto senso o terzo occhio, ma propria delle quotidiane attività umane. Se per di più si considera il suo incastrarsi all'interno delle possibilità razionali (in forma completamente inaspettata in confronto al terzo occhio orientale) e quindi misurabile e mappabile dalle neuroscienze come una qualsiasi altra forma di intelligenza... ... allora esso è al pari di altre quotidiane attività intellettive (una forma di intelligenza).
 
Da me il dualismo è sepolto nel momento stesso che ciò che appare è conforme alla ragione per cui appare e viceversa. Il dualismo non esiste quando si parla della stessa unità. Le scienze stesse parlano di misurazione dell'invisibile, non in quanto tale, ma delle conseguenze sensibili che tali invisibili (es. bosoni) rilasciano nelle misurazioni sensibili. Questo è un procedimento ormai consolidato, che trova il suo perché in questo paradigma.
 
Il dualismo cartesiano fra estensione-pensiero parla esclusivamente dell'aspetto sensibile (l'estensione è sensibile, il pensiero, essendo una concatenazione linguistica, è sensibile: altrimenti come faresti a percepire ed esprimere il pensiero se non fosse sensibile?). La mia ragione in sé è ciò che anzi cancella tale dualismo cartersiano, collegando estensione-pensiero in un'unica unità. Quindi io non creo dualismo, lo cancello e da me l'ontologia non muore, si riforma in un nuovo consolidamento. Poi certo, il fatto di far parte di un'unità (formalmente inequivocabile) significa che noi non siamo Dio, significa l'esistenza di leggi universali e personali, significa determinazione e libertà.
 
In fondo Kant, la critica di Kant, l'illuminismo etc, mica avevano mai inteso l'oggetto in sé, per questo Nietzsche lo uccise definitivamente: non sapevano proprio cosa fosse, non riuscivano a immaginarlo né a ipotizzarlo in alcun maniera. Al più bisogna andare ancor più indietro nel tempo... da Platone, Aristotele... loro sì che provarono a definire l'in sé, sebbene in forme che non riuscirono poi a dimostrarsi attendibili. Quindi certo che il mio è un riformismo, ma non solo kantiano, a suo modo anche platonico, aristotelico, hegelliano, severiniano, positivista, materialista etc. E un riformismo dell'intera filosofia, incapace prima di giungere a giustificare (in coerenza formale-materiale) le proprie tesi: da nessuna parte.
 
Già... poi tutto si esaurisce nel fondamento (che non è il paradigma qui in esame), ma questa è un'altra storia. Andatelo a dire alle scienze: a loro mica interessa il perché (fondamento), a loro interessa il come (paradigma). A loro interessa che le cose funzioni... e questo paradigma funziona fin quando è in grado di giustificare le proprie asserzioni in coerenza formale a sé e materiale alle cose che descrive.
Qui, in questo gioco (terza rivoluzione), siamo nel campo del mondo (fenomeno-noumeno), o se volete chiamarla brutale scienza...  invece lì, nel fondamento, è un altro gioco.

Divertente leggerti Ipazia.

viator

Salve Vito Ceravolo: Citandoti : "Però voglio chiarire: l'intuito non è un sesto senso né un terzo occhio. Da Eistein a Gödel alle scienze, dai presocratici, Platone, Nietzsche a tutta la storia filosofica occidentale sin al senso comune, l'intuizione non è considerata come sesto senso o terzo occhio, ma propria delle quotidiane attività umane. Se per di più si considera il suo incastrarsi all'interno delle possibilità razionali (in forma completamente inaspettata in confronto al terzo occhio orientale) e quindi misurabile e mappabile dalle neuroscienze come una qualsiasi altra forma di intelligenza... ... allora esso è al pari di altre quotidiane attività intellettive (una forma di intelligenza)". Chiedo venia per la mia completa insufficienza dottrinaria, ma al di là di questa, mi permetto fornire la mia opinione (diversa da quella le cui nobili origini hai citato) circa l'intuizione, funzione cerebrale che secondo me non attiene affatto alla sfera del mentale (logico-razionale) ma, in virtù della sua radice poggiante sulla sintesi di parametri inconsapevoli ed ascientifici, appartiene piuttosto alla sfera psichica (rappresenta un frutto del sentire e solo subordinatamente del sapere).

Che poi i suoi risultati, i suoi prodotti possano risultare razionalissimi o razionabilissimi ciò - sempre a mio parere - non a ha nulla a che vedere con la sua natura intrinseca cui accenno sopra.

Essa funzione (l'intuito) tra l'altro incarna a meraviglia le peculiarità cerebrali di stampo femminile che tutti conosciamo.
Ovviamente sia maschi che femmine normodotati possiedono sia razionalità che intuito. Ma ciascuno dei due sessi ha la propria dotazione più specifica.

Indipendendentemente dal sesso - comunque - la mia tesi dovrebbe venir avvalorata - ad esempio - dal fatto che l'intuito risulta essere dote di stampo assai più "archetipico" rispetto alla razionalità, perciò istintualmente assai più utile e versatile ai fini della sopravvivenza individuale.

L'intuito "puro" quindi, può esistere e fungere discretamente bene anche in assenza di qualsiasi base culturale razionalistica, mentre l'inverso non può darsi. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#40
@Vito.
Il post di Ipazia mi ha dato una visione schematica della tua posizione filosofica , quindi riprovo a mettermi in pista.
Ma.....
La ragione in se' delle cose...non riesco a figurarmi cosa sia.
Mi pare di capire invece che soggetto e oggetto sono legati da una "ragionevole simpatia" in modo indissolubile.
Una specie di matrimonio mai celebrato che non può essere quindi annullato ?
Perdona i miei pochi mezzi per cui faccio appello all'intuito.

Intuito che credo anch'io essere "intelligenza " ,ma che vive alle soglie della coscienza , e nn credo misurabile di fatto.
Ci saranno sempre cose che faremo senza sapere come , se è vero come credo che la coscienza sia solo un nostro strumento.

Dunque...
Soggetto e oggetto sono legati da un filo di ragione con carattere di continuità?
Soggetto e oggetto possono avere allora un confine sfumato , ma ciò non osta alla loro unità.
Quindi sono separati e uniti insieme?
Ma da cosa nasce la separazione , per quanto labile?
Il mio intuito mi presenta una immagine molto sfumata , dove vedo cose che potrebbero essere entità separate , ma non ne sono certo.
Questo è quello che vedo strizzando gli occhi e l'intuito.
Con l'intuito io sono d'accordo con te , ma con la ragione meglio.
Perdona se ho fatto domande inopportune.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Cioè, mi correggo , con la ragione il mio giudizio resta sospeso.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Vito J. Ceravolo

Ciao Viator,
nell'articolo Guida mistica al noumeno mi riferisco alla tua questione, alla sfera psichica a cui viene comunemente associato l'intuito.
Ti copio e incollo dall'articolo questo punto su cui di seguito mi spiego:

  •  L'intuito e il concetto non sono facoltà di tutti gli esseri meccanici o biologici o di tutti gli spiriti. Ne rimane che sono a facoltà degli esseri razionali, i quali tutti hanno facoltà di intuito e concetto;
Subito dopo tale punto, differenzio l'intuito conferendogli una funzione razionale spenta "0" dal il concetto conferendogli una funzione razionale accesa "1". Ciò significa, a conferma delle tue parole, che nel momento in cui sorge l'intelletto (psiche) in un essere, esso sorge necessariamente non nella sua massima espressione, ma in uno stato primordiale in cui la razionalità ancora è spenta, in una funzione archetipa di stampo intuitivo che può o meno svilupparsi successivamente nelle capacità di concettualizzare. Tale che, continuo a confermarti, potrebbero esserci esseri psichici in cui l'intelletto ha solo capacità intuitive ma non concettuali, ma non può essere il contrario.
Se tu potessi collegarti all'articolo Guida mistica al noumeno e leggere il capitolo 6 con le collegate note 3 e 4, vedresti che per quanto lontana sia la mia impostazione, il risultato mantiene viva le tue rilevazioni. Ciò che affermo di differente è invece questo: la psiche è propria solo degli esseri con intelletto; l'intelletto ha una funzione astratta preposta alle ragioni in sé e una funzione fisica preposta al coordinamento corporeo; la funzione preposta alla ragione in sé la chiamo razionalità; la razionalità ha una funzione inconscia (spenta 0, l'intuito) e una funzione conscia (accesa 1, il concetto).
Tale impostazione – ripeto – per quanto "particolare" mantiene comunque vive le implicazioni a te care, permettendo però di giustificare i risultati neuroscentifici di rilevazione delle attività mistiche e permettendo altresì di intendere l'intuito come una vera e propria forma di intelligenza (intelletto) per quanto primordiale.
L'articolo a cui ti chiedo di poterti collegare per entrare nello specifico della questione e così sviluppare meglio il nostro discorso, sta a questo link https://filosofiaenuovisentieri.com/2019/12/08/guida-mistica-al-noumeno-8-brevi-passi-per-accedere-allinvisibile/ dove mi pare giusto anticiparti che tale impostazione è sicuramente la parte più temeraria dell'articolo.
 
 
Ciao Iano,
ben rivisto. Non puoi figurarti cosa sia la ragione in sé poiché qualsiasi immagine ti fai di essa è necessariamente una sua rappresentazione fenomenica. Quindi su questo non sentirti in difetto, anzi, significa che ti stai mettendo sul piano giusto per rapportarti ad essa.
Quando chiedi se «soggetto e oggetto sono legati da un filo di ragione con carattere di continuità?» Sì.
La separazione fra soggetto e oggetto nasce invece nel fatto che il primo tende al particolare mentre il secondo al generale. Quando affermi che il loro confine è labile, hai completamente ragione, poiché possono essere invertiti: io ora sono il tuo oggetto di discussione e tu sei il soggetto, ma aspetta un attimo, tu ora sei il mio oggetto di discussione e io il tuo soggetto. Il tuo intuito sta scavando bene la questione, se stai cadendo nella sfumatura, giacché, attenzione all'intuito, fra le sue funzioni può tendere all'infinito e all'infinito l'oggetto è soggetto solo a se stesso e il soggetto è tutto l'oggetto esistente.
Qualcosa di questo rapporto oggetto-soggetto ho provato ad affrontarlo in Dieci argomenti di filosofia, mentre la questione che avanzi sullo "sposalizio" io non la conosco e credo sia una tua originalità, a buon sviluppo.
Tu pensa, hai appena chiamato "inopportune" domande cruciali per la questione.

Ipazia

#43
Per accendere qualcosa bisogna che vi sia a priori una corrente che fluisce e un interruttore. Una volta accesa la lampadina non mi è metafisicamente concesso invertire l'ordine causale delle cose facendo derivare corrente e interruttore dalla lampadina. O meglio: posso fare tale operazione ermenautica a livello gnoseo-epistemo-logico, ma non a livello onto-logico. Qui nascono tutti i problemi della vecchia metafisica, e delle sue attualizzazioni, incentrate sulla cosa-in-sè (noumeno).

La cui ricca costellazione "fase 1", che potremo definire "eziologia razionale della cosa-in-sè", potremmo illustrare nei seguenti termini, da non ritenersi esaustivi perchè il gioco di riflessioni e mimesi tra le dramatis personae del gioco razionale confonde sovente cause ed effetti, oggetti e soggetti, invertendone i ruoli:

Per mia comodità e bias, partirei dall'Essere che è la maschera immanente di Dio che a sua volta è la reificazione dei concetti di assoluto-infinito-eterno che la narrazione archeometafisica sintetizza solitamente in Tutto, consistente in sè e per sè (an und für sich). L'universo parallello del "negativo", del cattivo, necessario in ogni rappresentazione che si rispetti, lo potete ricavare da voi.

Dal negativo di cui sopra, si postula che una volta rimosso tutto l'ambaradan metafisico "positivo" si affonderà nel nichilismo. Dal quale metteva in guardia, tra i primi, il buon vecchio padre Parmenide quando lanciava anatemi (peraltro epistemologicamente fondati) contro il non-Essere. Così persuasivi che perfino un eracliteo incallito come FN li prese per veri e si mise ad annunciare l'età del nichilismo, proponendosi come suo profeta nella modernità *.

Che non sia così, è facile dimostrazione osservando quanto insensata sarebbe un'accusa di nichilismo al pitecantropo o al cane di casa, ma a livello "1"(ragione), che per definizione esclude cani e pitecantropi, includendo solo gli umani conclamati, potrebbe essere così. Il condizionale è d'obbligo perchè bisogna avere l'accortezza di non confondere i ta onta con l'episteme, il Tatsachenraum (spazio delle cose di fatto) di LW con il logos che lo tratta e nomina, la realtà con la ratio.

Morale della favola: la fase 1 (razionale) è epifenomenica di una fase 0 (intuitiva, prerazionale) archetipica di una fase basale con EEG piatto che regge, matericamente, il tutto. Tanto è dovuto all'ontologia e penso che anche la filosofia dovrebbe cominciare a tenerne conto.

* a onore del profeta maledetto della modernità va detto che le sue "intuizioni" su maschere, profondità e superfici, e pure il suo divincolarsi verso una ricomposizione postmetafisica del logos incentrata sulla vita (quindi antinichilistica in un contesto valoriale attuale), sono eredità di grande fecondità filosofica ed esistenziale.
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pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: viator il 05 Febbraio 2020, 21:50:04 PM
Essa funzione (l'intuito) tra l'altro incarna a meraviglia le peculiarità cerebrali di stampo femminile che tutti conosciamo.

Beh, certo c'è voluto molto fumo metafisico maschile (fase 1) per fornire una teoretica al patriarcato.

Di fronte alla quale teoresi il femminile si è difeso salvando il rapporto in-mediato con la realtà (fase0 intuizionismo "procreativo"), mantenendo la potenza di quel richiamo vitale da cui la vostra metafisica, in tutto il suo misogino decorso teoretico, non vi ha salvato. Facendo perfino impazzire il vostro profeta più veridico che in una donna intravide, per un attimo, la verità. Ma che, maschile, troppo maschile, non seppe tradurre compiutamente in filosofia.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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