[GDL]Fenomenologia dello Spirito di Hegel parte due

Aperto da green demetr, 01 Maggio 2024, 15:37:13 PM

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Koba II

Ragione (cap. 5)

Nei primi tre capitoli, quelli dedicati ai tipi di relazioni che la coscienza cerca di costruire con il mondo, la certezza della coscienza era quella di avere a che fare con una realtà oggettiva, altra rispetto a sé, che si "offre" al soggetto come qualcosa di già formato che attende solo di essere conosciuta e compresa.
È questa la convinzione istintiva da cui parte la coscienza.
Poi, nel quarto capitolo, quello dedicato all'Autocoscienza, si mostra la coscienza concentrata su se stessa. La si vede fin dall'inizio come occupata ad agire, quando agisce, essenzialmente per avere un riscontro interiore della propria natura. Lo stesso desiderio, che sembra all'inizio desiderio di possedere l'altro, si rivela essere desiderio di riconoscimento. Cioè una prova non solo interiore ma riflessa in un'altra persona di essere un vero soggetto.

L'unilateralità di ciascuno dei due approcci, quello in cui è la realtà oggettiva ad essere certa e quello in cui invece è la soggettività a dominare su un mondo sentito come accidentale, l'unilateralità, dicevo, viene mostrata come insostenibile: è questo il fine della descrizione fenomenologica dello spirito umano. La descrizione di un cammino in cui ciascuna delle tappe mostra dei limiti che spingono verso un'altra posizione.

Alla fine la coscienza capisce di essere il mondo.
"La ragione è la certezza di essere ogni realtà" (p. 158)
Cioè la ragione corrisponde alla tesi dell'idealismo, l'identità di pensiero ed essere.
Ma questa posizione filosofica non viene semplicemente asserita.
L'originalità della Fenomenologia sta appunto nella ricostruzione di un cammino (che coinvolge insieme la coscienza singola e la storia delle civiltà) da cui dipende l'esito, la tesi dell'idealismo, la cui semplice esposizione risulterebbe incomprensibile.

Alberto Knox

#31
Vorrei esprimere la mia riflessione riguardo a questo interessante studio sulla fenomelogia dello Spirito per poi finire con una domanda. Anzitutto vorrei dire che tutti i filosofi prima di Hegel avevano cercato di fissare dei criteri eterni su ciò che l'uomo può conoscere del mondo. E questo vale tanto per Cartesio e Spinoza quanto per Hume e kant. Ognuno di loro ha cercato di scoprire quale fosse il fondamento della conoscienza umana, ma tutti hanno parlato di presupposti atemporali fra Facoltà percettive innate, idee innate, come formula il ragionamento la mente umana e via dicendo.
In Hegel questo non è possibile poichè per lui ciò che rappresenta il fondamento della conoscenza umana muta di generazione in generazione e per questo motivo non esistono verità eterne ne una ragione atemporale. L'unico punto fisso a cui il filosofo farà riferimento è la storia stessa. Perciò non è dato sostenere che un determinato pensiero vale in eterno , anche se quello stesso pensiero può essere giusto nel momento storico in cui ti trovi.
Citazione di: Koba II il 14 Maggio 2024, 08:37:51 AMAlla fine la coscienza capisce di essere il mondo.
"La ragione è la certezza di essere ogni realtà" (p. 158)
Cioè la ragione corrisponde alla tesi dell'idealismo, l'identità di pensiero ed essere.
capisce di essere il mondo nel senso dello spirito del mondo nella storia? 
 tutta la conoscenza è conoscenza umana che nella storia evolve, si corregge , implementa vecchi e nuovi pensieri . Lo sviluppo storico, pur con tutte le sue stranezze, va avanti. Oggi, siamo il risultato di questo sviluppo (nel bene e nel male)  Questo sviluppo è indirizzato ad uno scopo. Quale è per te oggi lo scopo? per me si è ridotto a sviluppo teconologico ai fini del profitto. L'ideologia è qulla basata sul profitto ed è essenzialmente un ideologia materialista.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Koba II

Citazione di: Alberto Knox il 16 Maggio 2024, 01:02:08 AMVorrei esprimere la mia riflessione riguardo a questo interessante studio sulla fenomelogia dello Spirito per poi finire con una domanda. Anzitutto vorrei dire che tutti i filosofi prima di Hegel avevano cercato di fissare dei criteri eterni su ciò che l'uomo può conoscere del mondo. E questo vale tanto per Cartesio e Spinoza quanto per Hume e kant. Ognuno di loro ha cercato di scoprire quale fosse il fondamento della conoscienza umana, ma tutti hanno parlato di presupposti atemporali fra Facoltà percettive innate, idee innate, come formula il ragionamento la mente umana e via dicendo.
In Hegel questo non è possibile poichè per lui ciò che rappresenta il fondamento della conoscenza umana muta di generazione in generazione e per questo motivo non esistono verità eterne ne una ragione atemporale. L'unico punto fisso a cui il filosofo farà riferimento è la storia stessa. Perciò non è dato sostenere che un determinato pensiero vale in eterno , anche se quello stesso pensiero può essere giusto nel momento storico in cui ti trovi.capisce di essere il mondo nel senso dello spirito del mondo nella storia? 
 tutta la conoscenza è conoscenza umana che nella storia evolve, si corregge , implementa vecchi e nuovi pensieri . Lo sviluppo storico, pur con tutte le sue stranezze, va avanti. Oggi, siamo il risultato di questo sviluppo (nel bene e nel male)  Questo sviluppo è indirizzato ad uno scopo. Quale è per te oggi lo scopo? per me si è ridotto a sviluppo teconologico ai fini del profitto. L'ideologia è qulla basata sul profitto ed è essenzialmente un ideologia materialista.

[Mi riservo di tornare sulla questione una volta finito di studiare la Fenomenologia...
Per ora posso dirti, in base a quello che ho capito di Hegel, ciò che segue.]

Per Hegel la realtà è un processo. Ma in questo processo ogni soggetto (che sia un uomo o una qualsiasi cosa) lotta per dispiegare la propria essenza.
Un seme esprime la propria verità se "lottando" con le condizioni ambientali in cui è stato gettato riesce a realizzarsi come albero.
L'essenza dell'uomo è la libertà. La libertà cioè, per Hegel, è una categoria ontologica (quindi eterna), non è solo una condizione sociale preferibile. Nella libertà si esprime la verità dell'uomo.
E perché ciò avvenga è necessario negare (togliere, smontare) ciò che ostacola il dispiegamento della verità (l'importanza del pensiero negativo in Hegel sottolineata da Marcuse).
Quindi la storia è il luogo della lotta per il dispiegamento dello spirito, ma le due cose non coincidono mai.
In pratica lo spirito umano, la ragione, non vengono dedotti da quello che possiamo osservare nello sviluppo delle civiltà; lo spirito umano non cambia in base alle accidentalità della storia, ma al contrario, nelle tappe delle civiltà, nelle fasi della storia, possiamo riconoscere una maggiore o minore vicinanza rispetto alla verità dell'uomo.
Così nel passaggio dall'Ancien Régime alla Rivoluzione francese c'è un progresso ontologico, diciamo così, ma non coincidenza con lo spirito (come mostrato dal Terrore).
Il reale è razionale certamente in quanto nelle sue strutture (nella natura, nelle istituzioni) io ritrovo logica, senso, lo stesso logos che abita il soggetto umano, ma nello stesso tempo tale razionalità è sempre inadeguata e va quindi costruita infinitamente attraverso la potenza negativa della dialettica.
Così ciò che esiste è una determinata realtà, che può anche trovare la propria legittimazione nei processi storici, ma che comunque va negata se inadeguata rispetto la verità dell'uomo.
Ecco perché il passaggio dalle condizione della servitù e della signoria a quello dello stoicismo (che implica poi un altro superamento): perché seppure tale differenza di potere era stata determinata dalla vittoria per la propria libertà di uno dei due contendenti, nondimeno essa dà luogo a una condizione del tutto inadeguata e va superata. Cioè il fatto che sia stata determinata dalla lotta per la libertà (essere riconosciuto dall'altro come soggetto libero), non giustifica "ontologicamente" la realtà antropologica che ha prodotto, cioè uno stato di servitù. Non per ragioni etiche, appunto, ma per ragioni inerenti l'essenza dell'essere umano.

Infine, per quanto riguarda la condizione del nostro presente, penso sia un periodo particolarmente buio, non tanto per i pericoli presenti (guerre, disastri vari), ma perché si è, forse solo temporaneamente, smarrita la tendenza a pensare a nuove forme di esistenza. Sembriamo tutti schiacciati da un presente minaccioso e nello stesso tempo completamente idiota.

"Il progresso diviene quantitativo e tende a rimandare all'infinito il passaggio dalla quantità alla qualità, cioè l'affermazione di nuovi modi di esistenza con nuove forme di ragione e di libertà" (H. Marcuse, "Ragione e rivoluzione")

Alberto Knox

Citazione di: Koba II il 17 Maggio 2024, 08:54:01 AMQuindi la storia è il luogo della lotta per il dispiegamento dello spirito, ma le due cose non coincidono mai.
In pratica lo spirito umano, la ragione, non vengono dedotti da quello che possiamo osservare nello sviluppo delle civiltà; lo spirito umano non cambia in base alle accidentalità della storia, ma al contrario, nelle tappe delle civiltà, nelle fasi della storia, possiamo riconoscere una maggiore o minore vicinanza rispetto alla verità dell'uomo.
sì, mi rendo conto che non è possibile parlare di Hegel senza parlare della storia umana, la filosofia di Hegel non ci insegna niente sulla natura più profonda dell esistenza , ci insegna a pensare in modo fecondo. Hegel sosteneva che la verità è soggettiva e con ciò negava l'impotesi che esistesse una qualche verità al di sopra o al di fuori della ragione umana. Ti ricordi invece che kant aveva parlato della cosa in sè? postulava l'esistenza di una sorta di verità irraggiungibile. Per Hegel tutta la conoscenza è conoscenza umana , non c'è una verità oltre .
Citazione di: Koba II il 17 Maggio 2024, 08:54:01 AMIl reale è razionale certamente in quanto nelle sue strutture (nella natura, nelle istituzioni) io ritrovo logica, senso, lo stesso logos che abita il soggetto umano, ma nello stesso tempo tale razionalità è sempre inadeguata e va quindi costruita infinitamente attraverso la potenza negativa della dialettica.
anche ciò che è razionale contiua a mutare nel corso della storia . prendiamo ad esempio la questione della parità dei sessi , 150 anni fa la questione era molto dibattuta , al giorno d'oggi non faticheremme a comprendere quali delle due argomentazioni (favorevole alla parità e quella contro) presentasse le argomentazioni più razionali.  tuttavia noi parliamo con il "senno di poi". Molti di noi si vergognerebbero leggendo le affermazioni del nonno in merito alla questione. Anche Hegel, come nostro nonno,  era figlio del suo tempo .
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Koba II

#34
Aggiungo un paio di cose sulla natura della conoscenza in Hegel.
Con il rifiuto della distinzione kantiana tra cosa in sé e fenomeno, viene meno il limite ad una  conoscenza assoluta.
I modelli post kantiani del romanticismo e dell'idealismo in genere indicano la possibilità da parte dell'uomo, attraverso una qualche forma di introspezione, di arrivare all'intuizione di un'Attività che è l'essenza vivente della realtà (per esempio la Volontà di Schopenhauer).
In Hegel il cuore interno della realtà, l'essenza delle cose, è la ragione, che nell'uomo arriva a conoscersi (e la Fenomenologia dà conto di questo cammino, dalla coscienza all'autocoscienza fino alla ragione).
Hegel a questa razionalità vivente, essenza della realtà, dà il nome di Idea.
A differenza della concezione platonica, l'Idea non è trascendente, ma immanente, è appunto interna alla realtà.
Questa razionalità vivente quando nell'uomo giunge a conoscersi nella fase dell'autocoscienza, viene chiamata Spirito.
Lo Spirito è dunque l'Idea giunta alla piena coscienza di sé.
Quindi lo Spirito, come dicevo nel precedente post, non è qualcosa che si realizza dall'attività dell'uomo. Nel senso che non lo si deve pensare come un prodotto dell'uomo che viene poi elevato alla categoria di "Spirito" perché l'uomo stesso, riflettendoci su, lo sente come qualcosa che sembra avere una certa oggettività.
Piuttosto è la razionalità vivente, essenza eterna anche se dinamica (non ossatura statica della realtà come le idee di Platone), che prende coscienza di sé attraverso l'uomo.
Quindi l'impianto rimane metafisico, diciamo così.
Tant'è che in Hegel logica e ontologia coincidono.
Le categorie per Hegel non sono solo dei modi del nostro pensiero, ma strutture generali ed eterne della realtà.

Quindi il superamento della distinzione kantiana tra cosa in sé e fenomeno non deve far pensare che con l'idealismo si torni al realismo antico-medievale, per cui i limiti della conoscenza sono solo temporanei e accidentali, non strutturali (come invece sostenuto dallo scetticismo, e in fondo tutto il lavoro di Kant è stato un tentativo di rispondere alle obiezioni scettiche e nello stesso tempo dar conto del perché del successo della scienza sperimentale moderna). Cioè il realismo, anche quando mostra prudenza, di fatto è un approccio ben diverso da quello kantiano. Il realismo ci dice che potenzialmente la nostra conoscenza potrà coprire l'intera realtà. È solo questione di tempo.
Ma tale superamento non deve nemmeno condurre ad un soggettivismo in cui si rinuncia all'oggettività del sapere.

Soggetto e oggetto sono lo stesso, nel senso che io quando mi propongo di conoscere un oggetto del mondo, in questo oggetto, nella sua struttura interna, scopro la stessa razionalità che mi anima. Quindi vedo me stesso, ritrovo me stesso.
Studio una cellula animale e le funzioni che osservo nel suo interno, le attività dei suoi organelli, mi risultano razionali non perché io, essendo razionale non posso che comprendere le cose nelle forme del logos, ma perché questo stesso logos vive nell'interno del mondo biologico, nell'interno della cellula, così come in me stesso.

Nota personale: tant'è che ogni studio, anche quello più arido, conduce ad una conoscenza che sembra travalicare sia l'oggetto specifico, che un sapere legato all'uso delle funzioni logiche. È facile dimostrare che studiando una materia scientifica ovviamente si impara molto dell'oggetto di quella disciplina, e che si impara anche a usare meglio la propria testa, cioè che vi è un miglioramento dell'uso delle proprie facoltà razionali, ma molto meno facile è dar conto di una sensazione, quella cioè di capire qualcosa del mondo che va oltre sia l'oggetto specifico che il soggetto (la propria testa), come se si realizzasse un misterioso accrescimento conoscitivo reale quanto indefinibile.

Koba II

[In attesa che green demetr si rimetta in moto, io intanto vado avanti...]

Le pagine da 162 a 164 della Fenomenologia (ed. Einaudi) sono fondamentali per la comprensione dell'idealismo hegeliano.
La ragione, che sappiamo essere per Hegel l'attività più elevata della coscienza, "consiste quindi nel levare l'oggetto in quanto differente, nell'appropriarsene" (p.162, a metà del paragrafo circa).

Nota mia: infatti che cosa significa conoscere un oggetto se non renderselo familiare, togliere l'estraneità di cui inizialmente è segno per abbracciarlo nell'estensione di un territorio comune, che se guardato dal lato del soggetto appare come l'attività dell'Io, se guardato invece dal lato dell'oggetto appare come un'immanente razionalità del mondo?

E continua: "[la ragione consiste nel levare l'estraneità dell'oggetto] e nell'enunciarsi come certezza di essere ogni realtà: tanto di se stessa quanto del proprio oggetto".

Dopodiché Hegel si sofferma su quello che lui definisce "idealismo vuoto": si tratta di un idealismo che si limita ad asserire "tutto è mio", "tutta la realtà sono io", senza però mostrare il processo, lo sviluppo da cui deriva la necessità di questa asserzione.
Per cui per uscire da questo vuoto, cioè dalla semplice asserzione dell'Io come fondamento di tutto, per dare sostanza a questa verità insomma, l'Io ha bisogno di un urto con l'Altro, ha bisogno di un po' di radicale empirismo.
[Qui, fanno notare tutti i commentatori, Hegel si riferisce alla filosofia di Fichte]
Ma in questo modo quello che appare è simile allo scetticismo, studiato prima della coscienza infelice.
Cioè, con questo cattivo idealismo sembra di ritornare alle stesse oscillazioni che avevamo visto in azione nello scetticismo: tra la certezza dell'Io e quella del mondo (lo scetticismo prima metteva in discussione la solidità del mondo, vivendo di rinculo la certezza dell'Io; poi però, rivolgendo lo stesso sguardo critico all'Io, la solidità passava all'oggetto, al mondo; e via dicendo).
Cioè con questo idealismo, dice Hegel, la ragione non sembra capace di assorbire realmente l'oggetto. Rimane come una sensazione di dissidio, opposizione e oscillazione, tra Io e mondo.

Commenta Hyppolite: "ma la ragione autentica, quella che studiamo in questo stadio della Fenomenologia [nelle pagine successive a questa critica al sistema di Fichte], non è così incoerente. Essa infatti sa di essere solo la certezza (soggettiva) di essere ogni realtà e non prende ancora questa certezza per verità. Ma cerca di metterla alla prova, di innalzarla alla verità. Per questo si dà a conoscere il mondo, s'impegna a darsi un contenuto autentico" (p. 296 "Genesi e struttura della FdS di Hegel").

E così siamo arrivati alla sezione della ragione "osservatrice della natura".

green demetr

Citazione di: Koba II il 10 Maggio 2024, 17:28:37 PMSul tema della morale nel seguito della Fenomenologia dovremo fare i conti con il problema dell'astrattezza della posizione di Platone (sì, il Bene, ok, ma cos'è il Bene), e di quella di Kant.
Già in queste pagine dedicate a stoicismo, scetticismo e coscienza infelice, si capisce quale sarà la critica di Hegel: appunto l'universalita' astratta che non riesce davvero a farsi carne, una dedizione lontana dallo spirito concreto dei popoli.
A quel punto ci toccherà fermarci, e studiare sia Platone (Repubblica), che Kant (le prime due Critiche).
Lo snodo Kant-Hegel è essenziale. Per me innanzitutto per la questione della conoscenza (la critica dell'idealismo al paradigma kantiano), per te per la questione di una fondazione realmente pensata della morale.
Ci divertiremo.
Oddio si fermandoci ai testi ci divertiremo.

Però avanzo anche alcune cose che mi frullavano nel pensiero quando dibattevo con un giovane universitario che sapeva Kant a memoria...
Perchè c'è bisogno della fondazione?

E' una cosa talmente distante dal mio pensiero che non riesco mai a capirla davvero.
Nel senso che la prendo sul serio, anche se dentro di me, so già che è una volonta di identità, con i suoi ordini interni "dettati" da strane voci interiori.
Sopratutto nei lavori sulla biologia per cui kant aveva una cattedra.
ordine biologico: a me sembra il solito problema della modernità, di vedere l'uomo come una macchina.
E' questa la fondazione?
Io temo di si.
Ma non mi sottrarrò dal pensare a qualcosa di diverso.
Magari appunto partendo dai testi.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Ipazia il 11 Maggio 2024, 16:39:35 PMMarx risolve il tutto nella società di uguali e l'inessenzialità, che chiama alienazione, scompare fondendosi con l'essenzialità del corpo mistico sociale. Hegel risolve con la rivelazione dello Spirito, mantenendo la contraddizione reale insanabile.

Forse il superamento di Marx è un tantino utopistico, ma quello di Hegel è puramente immaginario, in linea con lo spirito dell'idealismo.
Ma vedi così non fai del bene allo studio, infatti per stare al "gioco" devi illustrare passo per passo cosa non ti torna.
Come al solito hai la fretta del principiante, che vuole hegel in 10 minuti.
Mi dispiace ma io su una pagina ci sto giorni interi.
Fra l'altro ho già spiegato che l'alienazione in marx non si intende di alcunchè di spirituale.
L'alienazione è semplicemente il processo di oggettivazione in forma merce del lavoro umano.
Mi pare strano che Marx consideri la merce inessenziale al suo progetto economico politico.
Semplicemente si sta rifacendo ad una FIGURA di Hegel, cioè ad un momento della ricerca dell'autocoscienza, che si rifà al lavoro del servo.
Il servo si vede riconosciuto, o meglio si riconosce per il fatto di aver prodotto qualcosa.
In Hegel la ricerca viene fatta secondo il principio secondo me morale (alla Platone) di riconoscere qualsi sono i veri scopi della vita.
Mentre il padrone non sa un cazzo, il servo comincia a capire che cazzo lui non è una merce anzitutto.
Questo valore del lavoro, come alienazione, verrà ripreso da Marx.
All'inizio del capitale sta scritto infatti che per lui il valore è anzitutto un valore SOCIALE, o di scambio.
Ovvero Marx porta avanti una intuizione di Hegel, ma per poi partire per la propria tangente.
Probabilmente chi dice che Marx è un hegeliano non ha capito niente nè di Hegel, nè di Marx. E rimando al contributo di phil, che ne fa un analisi precisa.

Ecco per dove siamo arrivati, dovresti cioà spiegare cosa c'è di immaginario nelle figure proposte da hegel (padrone-servo) e (stoico-scettico).

Altrimenti devo ignorare la tua posizione.
Ciao!  ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Ipazia

Immaginario è quello che la tradizione marxista chiamava "robinsonate" , ovvero l'immaginaria isola deserta dove si confrontano, nel loro isolamento sociale, le figure meramente psicologiche di Robinson e Venerdì.  Marx, fin dalle tesi su Feuerbach, pone il conflitto servo-padrone oltre la dimensione psicologica, nel contesto sociale che riproduce entrambi come classe, oltre che come individui.

E qui veniamo all'alienazione, che fin dalla "critica alla filosofia del diritto di Hegel" viene posta nella sua dimensione umanistica di uno "spirito senza spirito", che troverà nel prosieguo della ricerca oltre l'ambito religioso, il corrispettivo economico nell'alienazione lavorativa, propria del modo di produzione capitalistico.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr

Citazione di: Alberto Knox il 16 Maggio 2024, 01:02:08 AMVorrei esprimere la mia riflessione riguardo a questo interessante studio sulla fenomelogia dello Spirito per poi finire con una domanda. Anzitutto vorrei dire che tutti i filosofi prima di Hegel avevano cercato di fissare dei criteri eterni su ciò che l'uomo può conoscere del mondo. E questo vale tanto per Cartesio e Spinoza quanto per Hume e kant. Ognuno di loro ha cercato di scoprire quale fosse il fondamento della conoscienza umana, ma tutti hanno parlato di presupposti atemporali fra Facoltà percettive innate, idee innate, come formula il ragionamento la mente umana e via dicendo.
In Hegel questo non è possibile poichè per lui ciò che rappresenta il fondamento della conoscenza umana muta di generazione in generazione e per questo motivo non esistono verità eterne ne una ragione atemporale. L'unico punto fisso a cui il filosofo farà riferimento è la storia stessa. Perciò non è dato sostenere che un determinato pensiero vale in eterno , anche se quello stesso pensiero può essere giusto nel momento storico in cui ti trovi.capisce di essere il mondo nel senso dello spirito del mondo nella storia? 
 tutta la conoscenza è conoscenza umana che nella storia evolve, si corregge , implementa vecchi e nuovi pensieri . Lo sviluppo storico, pur con tutte le sue stranezze, va avanti. Oggi, siamo il risultato di questo sviluppo (nel bene e nel male)  Questo sviluppo è indirizzato ad uno scopo. Quale è per te oggi lo scopo? per me si è ridotto a sviluppo teconologico ai fini del profitto. L'ideologia è qulla basata sul profitto ed è essenzialmente un ideologia materialista.
Ciao alberto.
E' difficile rendere conto in maniera così generalista, è l'errore di chi pensa sia possibile Hegel in 10 minuti.
Sei capitato nel capitolo quarto (koba è già al quinto) in cui l'opera di Hegel si snoda.
Infatti è considerata dal Negri la seconda parte della fenomenologia, snodo tra la prima dove più propriamente si parla della distinzione tra coscienza ed autocoscienza.
E la terza che dobbiamo ancora iniziare (dove dovrebbe esserci la parte storica).

Naturalmente la tua conclusione e analisi è completamente sbagliata.
Infatti l'autocoscienza non solo ora si è sdoppiata in vera autocoscienza (del sè) e falsa autoscienza (degli altri).
Ma si è data forma come progattato dalla introduzione "PER CONCETTI".
Quali sono i 2 concetti su cui ci stiamo soffermando e ci soffermeremo ancora e ancora.
La prima è la figura padrone-servo, e la seconda è stoico-scettico.
Tutte e 4 queste posizioni sono sbagliate: ed Hegel spiega il perchè.

Tu parli di un mondo che sarebbe rimasto alla prima figura: quella del padrone.
(naturalmente puoi chiedere delucidazioni la FDS è drammaticamente difficile per questi tempo BUJ, lieto di aiutare).
Però prima chiediti come mai, e solo dopo potrai tornare a rileggere la FDS, fino a quando la capisci.
Ti consiglio di ripartire dal capitolo 1.
Cosa che farò anch'io, la costruzione di Hegel è in fieri, e dunque necessità di più riletture.

Anzitutto per capire quale è la posizione di Hegel, e quale è invece quella che deduciamo noi (che poi è la parte piu interessante in un forum filosofico), o quale quella di autori che partono da Hegel ma poi vanno per la loro strada (qua stiamo parlando molto di marx per via di ipazia che ci martella  :) )


Oppure la tua posizione sarà ignorata. Salve.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Koba II il 14 Maggio 2024, 08:37:51 AMRagione (cap. 5)

Nei primi tre capitoli, quelli dedicati ai tipi di relazioni che la coscienza cerca di costruire con il mondo, la certezza della coscienza era quella di avere a che fare con una realtà oggettiva, altra rispetto a sé, che si "offre" al soggetto come qualcosa di già formato che attende solo di essere conosciuta e compresa.
È questa la convinzione istintiva da cui parte la coscienza.
Poi, nel quarto capitolo, quello dedicato all'Autocoscienza, si mostra la coscienza concentrata su se stessa. La si vede fin dall'inizio come occupata ad agire, quando agisce, essenzialmente per avere un riscontro interiore della propria natura. Lo stesso desiderio, che sembra all'inizio desiderio di possedere l'altro, si rivela essere desiderio di riconoscimento. Cioè una prova non solo interiore ma riflessa in un'altra persona di essere un vero soggetto.

L'unilateralità di ciascuno dei due approcci, quello in cui è la realtà oggettiva ad essere certa e quello in cui invece è la soggettività a dominare su un mondo sentito come accidentale, l'unilateralità, dicevo, viene mostrata come insostenibile: è questo il fine della descrizione fenomenologica dello spirito umano. La descrizione di un cammino in cui ciascuna delle tappe mostra dei limiti che spingono verso un'altra posizione.

Alla fine la coscienza capisce di essere il mondo.
"La ragione è la certezza di essere ogni realtà" (p. 158)
Cioè la ragione corrisponde alla tesi dell'idealismo, l'identità di pensiero ed essere.
Ma questa posizione filosofica non viene semplicemente asserita.
L'originalità della Fenomenologia sta appunto nella ricostruzione di un cammino (che coinvolge insieme la coscienza singola e la storia delle civiltà) da cui dipende l'esito, la tesi dell'idealismo, la cui semplice esposizione risulterebbe incomprensibile.
Per me non c'è oscillazione.
Entrambe le posizione  (o meglio le 4 posizioni) sono scorrette.
Sia quella che si pensa soggetto, sia quella che si pensa mera autocoscienza, sia quella che si pensa mera nullità, sia quella che si considera mera identità.

Infatti Hegel sta cercando il sè.
Curioso di raggiungere anch'io il quinto capitolo, solo che ritengo il quarto semplicemente troppo importante per non stare attenti alle parole.

Vi sono cose nella versione einaudi che mi suonavano strane, e cosi ho consultato la versione della nuova italia.
Le due traduzioni mi sono sembrate diverse non tanto per via dei sinonimi, ma proprio perchè in un filosofo concettuale, non possono essere PENSATE in maniera "leggera"
E mi sta venendo paura che questi traduttori italiani non sono all'altezza.
comunque pazientate gente. sto cercando una edizione tedesca.
Se qualcuno ha per caso i link grazie.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Koba II il 17 Maggio 2024, 08:54:01 AM[Mi riservo di tornare sulla questione una volta finito di studiare la Fenomenologia...
Per ora posso dirti, in base a quello che ho capito di Hegel, ciò che segue.]

Per Hegel la realtà è un processo. Ma in questo processo ogni soggetto (che sia un uomo o una qualsiasi cosa) lotta per dispiegare la propria essenza.
Un seme esprime la propria verità se "lottando" con le condizioni ambientali in cui è stato gettato riesce a realizzarsi come albero.
L'essenza dell'uomo è la libertà. La libertà cioè, per Hegel, è una categoria ontologica (quindi eterna), non è solo una condizione sociale preferibile. Nella libertà si esprime la verità dell'uomo.
E perché ciò avvenga è necessario negare (togliere, smontare) ciò che ostacola il dispiegamento della verità (l'importanza del pensiero negativo in Hegel sottolineata da Marcuse).
Quindi la storia è il luogo della lotta per il dispiegamento dello spirito, ma le due cose non coincidono mai.
In pratica lo spirito umano, la ragione, non vengono dedotti da quello che possiamo osservare nello sviluppo delle civiltà; lo spirito umano non cambia in base alle accidentalità della storia, ma al contrario, nelle tappe delle civiltà, nelle fasi della storia, possiamo riconoscere una maggiore o minore vicinanza rispetto alla verità dell'uomo.
Così nel passaggio dall'Ancien Régime alla Rivoluzione francese c'è un progresso ontologico, diciamo così, ma non coincidenza con lo spirito (come mostrato dal Terrore).
Il reale è razionale certamente in quanto nelle sue strutture (nella natura, nelle istituzioni) io ritrovo logica, senso, lo stesso logos che abita il soggetto umano, ma nello stesso tempo tale razionalità è sempre inadeguata e va quindi costruita infinitamente attraverso la potenza negativa della dialettica.
Così ciò che esiste è una determinata realtà, che può anche trovare la propria legittimazione nei processi storici, ma che comunque va negata se inadeguata rispetto la verità dell'uomo.
Ecco perché il passaggio dalle condizione della servitù e della signoria a quello dello stoicismo (che implica poi un altro superamento): perché seppure tale differenza di potere era stata determinata dalla vittoria per la propria libertà di uno dei due contendenti, nondimeno essa dà luogo a una condizione del tutto inadeguata e va superata. Cioè il fatto che sia stata determinata dalla lotta per la libertà (essere riconosciuto dall'altro come soggetto libero), non giustifica "ontologicamente" la realtà antropologica che ha prodotto, cioè uno stato di servitù. Non per ragioni etiche, appunto, ma per ragioni inerenti l'essenza dell'essere umano.

Infine, per quanto riguarda la condizione del nostro presente, penso sia un periodo particolarmente buio, non tanto per i pericoli presenti (guerre, disastri vari), ma perché si è, forse solo temporaneamente, smarrita la tendenza a pensare a nuove forme di esistenza. Sembriamo tutti schiacciati da un presente minaccioso e nello stesso tempo completamente idiota.

"Il progresso diviene quantitativo e tende a rimandare all'infinito il passaggio dalla quantità alla qualità, cioè l'affermazione di nuovi modi di esistenza con nuove forme di ragione e di libertà" (H. Marcuse, "Ragione e rivoluzione")


Sarebbe molto bello che Hegel avesse presente il concetto di libertà come verità morale.
Però stando ai testi il servo non viene liberato.
Per ora non vedo idea di libertà, e avanzo ipotesi che nemmeno vi sia, perchè se per lui Dio coincide con la totalità allora non esiste alcuna libertà, che non rimandi a quella totalità.
E dunque quale sarebbe questa partecipitività del singolo nell'universale?
Fino ad ora Hegel è alla ricerca di questo fantomatico sè.
Ecco per dare respiro maggiore alla riflessione: il sè è a mio avviso è sostibuile dalla libertà di cercare nella verità di un Dio che si mostra come dolore.
Perchè introdurlo? Non sarebbe meglio invece andare direttamente alla fonte, ossia al Dio?
O agli Dei.
Non sono forse loro questo sè, infinitamente multiforme e dispensatore del nostro conoscere morale?
Non è proprio dal dolore che l'essere umano conosce?
Curioso di vedere come Hegel procederà.

Comunque certo l'autocoscienza è questo pensiero che studia se stesso.
Ovvero che SI CONOSCE, e in questo non c'è nulla di astratto!
Infatti noi conosciamo sempre QUALCOSA.

E' per questo che mi sembra quasi che dovremo tornare spesso a queste 4 figure di Hegel.
Perchè l'autocoscienza è passibile di inciampare sempre in gradi inferiori della propria manifestazione, che in teoria avremmo dovuto interiorizzare.
Per questo le letture devono essere SEMPRE meditate.
Giorno dopo giorno.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Alberto Knox il 17 Maggio 2024, 12:59:09 PMsì, mi rendo conto che non è possibile parlare di Hegel senza parlare della storia umana, la filosofia di Hegel non ci insegna niente sulla natura più profonda dell esistenza , ci insegna a pensare in modo fecondo. Hegel sosteneva che la verità è soggettiva e con ciò negava l'impotesi che esistesse una qualche verità al di sopra o al di fuori della ragione umana. Ti ricordi invece che kant aveva parlato della cosa in sè? postulava l'esistenza di una sorta di verità irraggiungibile. Per Hegel tutta la conoscenza è conoscenza umana , non c'è una verità oltre .anche ciò che è razionale contiua a mutare nel corso della storia . prendiamo ad esempio la questione della parità dei sessi , 150 anni fa la questione era molto dibattuta , al giorno d'oggi non faticheremme a comprendere quali delle due argomentazioni (favorevole alla parità e quella contro) presentasse le argomentazioni più razionali.  tuttavia noi parliamo con il "senno di poi". Molti di noi si vergognerebbero leggendo le affermazioni del nonno in merito alla questione. Anche Hegel, come nostro nonno,  era figlio del suo tempo .

La posizione famosa di Hegel tutto ciò che è reale è anche razionale, e ciò che è razionale è anche reale.
Mi sa tanto di minestrone riscaldato.
Infatti manca completamente il punto di vista di chi dice questa frase.
Ovvero l'autocoscienza.
In questo modo di solito chi rimane alla prima figura ovvero quella del padrone, in cui hegel si legge in 10 minuti, si trova nella trappola di non pensare AFFATTO a quella frase.

E anzi dirò di più è proprio l'obiettivo della scuola di francoforte quella di avvisare che certi slogan vengono dritte dritte dalla pancia dell'università.

Infatti cosa succederebbe se chi pensa quella frase sia un soggetto (un servo)?
Che lo studente-servo pensa esattamente quello che il potere vuole, ossia che tu sei tu, ed è giusto che sia tu.
Lo studentello che non abbia letto i minima moralia è già esploso.
Non c'è più.

Hegel dice l'esatto opposto.

E di nuovo cosa deve fare lo studentello? deve lavorare? e cosa vuol dire lavorare?
vuol dire esentarsi da se stesso, dalle sue presunte certezze.

Oggi la società invece STRILLA di volere una identità. Ossia supplica di avere certezze. Ossia supplica di essere serva.
Ma nel supplicare vuol dire che è nella prima figura ossia quella del padrone.
Quella che gode del suo essere qualcosa.

Hegel ti dice: ragiona sei sicuro di esssere quel qualcosa?

Chi siamo noi? è da lì che nasce il tutto per una ricerca filosofica e spirituale.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Ipazia il 20 Maggio 2024, 23:24:44 PMImmaginario è quello che la tradizione marxista chiamava "robinsonate" , ovvero l'immaginaria isola deserta dove si confrontano, nel loro isolamento sociale, le figure meramente psicologiche di Robinson e Venerdì.  Marx, fin dalle tesi su Feuerbach, pone il conflitto servo-padrone oltre la dimensione psicologica, nel contesto sociale che riproduce entrambi come classe, oltre che come individui.

E qui veniamo all'alienazione, che fin dalla "critica alla filosofia del diritto di Hegel" viene posta nella sua dimensione umanistica di uno "spirito senza spirito", che troverà nel prosieguo della ricerca oltre l'ambito religioso, il corrispettivo economico nell'alienazione lavorativa, propria del modo di produzione capitalistico.

Non conosco altri testi di Hegel, però so che per motivi di tenersi la sedia universitaria, abbia scritto testi pensando alla committenza.
So che la FDS è considerata un testo anarchico.
A me non pare, probabilmente il potere chiama anarchia qualsiasi testo che si fa delle domande.

La dimensione sociale in Hegel però non è che non c'è.
Pensiamo di nuovo al problema dell'albero: se non vi fosse qualcuno che mi conferma che quell'albero è ancora lì, io non potrei averne certezza. Ossia la certezza è una questione universale.
Nell'inizio del Capitale oltre al problema della salute degli individui nelle miniere (cosa che visto le morti bianche "sembra" essere ancora attuale), vi è anche una meditazione sulla merceologia.
Marx si chiede come mai non esista una scienza che la riguardi.
La merceologia è qualcosa degna di entrare in una conoscenza universale, che però si ricordi del singolo.
Certo in Marx l'analisi parte subito dal concetto umano, di socialità.
Quando sento parlare di Marx sento invece parlare di lotta.
Si ma lotta non può dimenticarsi del suo contesto universale merceologico, ed umano.
Perciò io dubito che Marx possa mai essere superato. Perchè cambieranno le forme della lotta, andranno ripensate, ma alla base Marx ha dei valori.

Ecco sarà interessante fare un paragone fra Marx ed Hegel in questi termini, ossia nei termini PRIMA della "battaglia".
Altrimenti le battaglie rischiando di essere infinite rivolte a suon di ghigliottine, dove non c'è mai vera rivoluzione.
Rivoluzione umana.
Del soggetto che pensa però.

Ai posteri se riuscirà a pensare qualcosa rispetto ai contributi del novecento.
Al netto di quello che dice Adorno.
Sempre al netto cara Ipazia, nessuna concessione alla ignoranza.
Marx ha passato l'intera vita a pensare: entri all'università prima lezione di filosofia teoretica e sai che dicono ai giovani?
"Non si può fare sempre filosofia."

E bravi i nostri ingnavi eroi!!!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Ipazia

#44
Citazione di: green demetr il 21 Maggio 2024, 00:36:21 AMMarx ha passato l'intera vita a pensare: entri all'università prima lezione di filosofia teoretica e sai che dicono ai giovani?
"Non si può fare sempre filosofia."

E bravi i nostri ingnavi eroi!!!

Quante filosofie hanno prodotto più storia e cambiamento nel modo di vedere e agire entro l'universo antropologico, più Weltanschauung ?

Tu chiamala, se vuoi, ignavia.

(Hegel non mi pare sia andato molto oltre gli stadi di Kierkegaard e i tipi ideali della sociologia borghese, il massimo per una fenomenologia sociale messa sotto Spirito)
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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